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venerdì 19 marzo 2021

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B) 21 marzo 2021

 


V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)


Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Viola

Antifona d'ingresso
Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa
contro gente senza pietà;
salvami dall’uomo ingiusto e malvagio,
perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2)

Colletta
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,
che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.
Egli è Dio e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (Ger 31,31-34)
Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato.

Dal libro del profeta Geremìa

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Crea in me, o Dio, un cuore puro.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

SECONDA LETTURA (Eb 5,7-9)
Imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza eterna.

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Parola di Dio

Canto al Vangelo (Gv 12,26)
Lode e onore a te, Signore Gesù!

Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore,
e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO (Gv 12,20-33)
Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Fratelli e sorelle, uniamo le nostre voci nell'invocare la misericordia di Dio. In Cristo, con Lui e per Lui ci rivolgiamo con filiale fiducia al Padre, che solo può ascoltare ed esaudire le nostre suppliche.
Preghiamo insieme e diciamo: Abbi pietà di noi, o Signore.

1. Quando la tristezza, la delusione e il dolore accecano la fede e rendono muta la preghiera...
2. Quando il lavoro frenetico, la corsa al successo, l'ansia di apparire ci fa smarrire il senso autentico della vita...
3. Quando incontriamo la sofferenza, la malattia, la morte e la nostra fede vacilla...
4. Quando il peccato appesantisce il nostro cuore e lo chiude alla speranza della misericordia...
5. Quando l'orgoglio acceca il nostro sguardo e impedisce di riconoscere i nostri errori.
6. Quando la paura ci spinge ad essere sordi di fronte ai problemi e ai dolori delle persone che ci passano accanto...
7. Quando impediamo alla nostra fede di provocare la nostra coscienza...

Signore onnipotente, da te attendiamo il dono della piena risurrezione. Ascolta le preghiere che ti rivolgiamo in questa Pasqua ormai vicina e guidaci, nella speranza, verso la meta del nostro pellegrinaggio terreno. Per Cristo nostro Signore.


Quarto Quaresimale della CP di San Giorgio di Nogaro 17 marzo 2021 «Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni»

Commento alla parola
 «Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni».


Una preghiera in ogni tempo

San Giorgio di Nogaro

17 marzo 2021


Dagli Atti degli Apostoli (1,6-14)

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: "Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per

Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma

riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la

Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra".

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il

cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di

Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo

stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo".

Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino

permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi

erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo,

Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad

alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.


Spirito Santo, testimonianza e liturgia. Sono i tre termini che raccordano le suggestioni di

questa sera.

Non possiamo non partire dal testo della Parola di Dio che abbiamo ascoltato. È il racconto

dell’ascensione di Gesù secondo il libro degli Atti degli Apostoli. Il brano inizia con una

domanda da parte dei discepoli che riguarda il tempo, il tempo della piena realizzazione

del regno di Dio. Ma la risposta è subito spiazzante: tempi e momenti, a questo proposito,

non riguardano gli uomini perché spettano soltanto al Padre. Piuttosto, i discepoli

riceveranno la forza dello Spirito per essere testimoni a Gerusalemme e oltre

Gerusalemme, fino dove c’è mondo e umanità.

Poi il racconto sembra interessarsi dello spazio: Gesù viene elevato in alto mentre i

discepoli fissano lo sguardo su di lui, ma una nube lo sottrae ai loro occhi. Loro continuano

a guardare in alto, ma improvvisamente la scena cambia: non c’è più Gesù, ma due

messaggeri vestiti di bianco che pongono una domanda decisiva: «Perché state a guardare

il cielo?». Perché fissare il cielo se lui tornerà?

Il fatto che Gesù ritorni nella gloria crea la possibilità per i discepoli di giocare la loro

partita nella storia, di essergli testimoni in mezzo agli uomini, di continuare l’opera di Gesù

con azioni e parole nuove che hanno il sapore di Dio e della storia. Non saranno soli in

questo, ma avranno forza dallo Spirito che scenderà su di loro.

Sono evidenti i riferimenti spaziali e temporali in questo brano: i discepoli vogliono

conoscere tempi, ma a loro non è concesso; guardano in alto, ma questo sguardo è messo

in crisi dalla parola dei messaggeri celesti; dall’alto però verrà lo Spirito per la loro

testimonianza.

Nello spazio e nel tempo si dà la vita dell’uomo e proprio spazio e tempo sono le coordinate

di ogni liturgia e di un autentico celebrare. Si celebra nel tempo per creare una breccia nel

tempo e raggiungere così il tempo di Dio che è grazia, dono, e si abita uno spazio non per


rinchiudervi Dio, ma perché solo se varchiamo una soglia, se interrompiamo la vita

ordinaria, possiamo sperimentare una presenza che è sempre straordinaria rispetto a noi.

Celebrare è innanzitutto percepire diversamente il tempo (non più schiavi dell’orologio) e

abitare diversamente lo spazio (non ci basta un tetto) perché in questa diversità

sperimentiamo la presenza di colui che proprio perché è Altro ci dona la sua salvezza, ciò

che noi non possiamo produrre da soli.

Fino al ritorno glorioso del Signore la Chiesa è impegnata a testimoniare e celebrare; anzi,

a celebrare per poter davvero testimoniare. E quanto meglio celebra, tanto più la sua

testimonianza sarà relativa a Cristo e non a se stessa.

È interessante che il l’inizio della vita della Chiesa avvenga all’insegna di un’attiva

passività: gli apostoli tornano a Gerusalemme, dove si era compiuto il mistero pasquale, si

mettono in cammino quanto è permesso di sabato e si riuniscono, ma in questo “fare”

(convenire e pregare) essi si “lasciano fare” dall’azione dello Spirito che scende su di loro.

È il segreto di ogni liturgia: attività e passività, fare e lasciarsi fare, resistenza e resa. Anzi

nel fare del rito passa un’azione che ci sovrasta ed è quella di Dio, un’azione che non può

essere imbrigliata nelle nostre definizioni e che, appunto, ha bisogno, per essere percepit,

di un linguaggio particolare, che dice e non dice, vela e mostra nello stesso tempo: il

linguaggio simbolico.

Lo Spirito e la liturgia

Celebrare è in primo luogo aprirsi all’azione dello Spirito, il grande partner di una Chiesa

che vuole fare esperienza del mistero del Signore Gesù. Celebrare che significa agire in

modo particolare, attivare i linguaggi propri del rito, sospendere il quotidiano e lasciare

che irrompa la novità di Dio.

La liturgia apre un varco tutto speciale all’azione dello Spirito ogni volta che lo chiede

esplicitamente al Padre, soprattutto nella celebrazione eucaristica: «Ti preghiamo:

santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito/Ti preghiamo umilmente: per la

comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo» (PE

II). Una parola che dice apertura e anche un bisogno, accompagnata dal gesto della

imposizione delle mani. Le mani sono l’organo che opera, che plasma, che trasforma come

lo Spirito modella ogni vita.

In alcuni casi (si pensi ai riti ordinazione) l’invocazione dello Spirito è accompagnata dal

silenzio che, come affermava Romano Guardini, è «il primo presupposto di azione sacra».

Anche la Parola di Dio ci ricorda che Dio agisce e si esprime nel mormorio di un vento

leggero (cfr. 1 Re 19,12) e in gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8,26). Il silenzio, in quanto

tacitamento di ogni inutile e dannoso rumore, è presenza di un Altro, è parola di un Altro.

In ogni Eucaristia c’è una particolare effusione dello Spirito affinché coloro che si nutrono

dell’unico Pane e dell’unico Calice diventino un corpo solo e siano testimoni di Cristo nel

mondo come afferma, in modo esplicito nella nuova traduzione, la PE III: «Lo Spirito

Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita». L’Eucaristia è la Pentecoste

permanente della Chiesa.

... nel tempo

Nel tempo dell’uomo si apre una breccia perché accada il dono di Dio. Questo il senso

dell’anno liturgico che non è una rassegna dei fatti della vita di Gesù, ma in un certo senso,

è “sacramento” della presenza di Cristo che salva: in esso si ri-presenta il mistero di Cristo.

Ecco perché la liturgia spesso ci fa dire: “oggi”, («Oggi Cristo è nato!»). Non perché mentre

celebriamo fingiamo che quei fatti accadano oggi, ma perché celebrando annulliamo la

distanza temporale tra noi e quegli avvenimenti. L’anno liturgico, nel suo scorrere di

giorni, tempi e feste, fa spazio a Dio e al suo mistero che si è rivelato in Cristo e che opera


in noi per mezzo dello Spirito Santo. Possiamo dire che la nostra vita ordinaria, con i suoi

problemi e le sue conquiste, la sua organizzazione e le sue agende, viene regolarmente

smentita e dis-organizzata, sovvertita, dal ritornare e dal ripetersi delle feste e dei tempi; il

tempo dell’uomo è smentito dal tempo di Dio, la logica dell’avere e del possedere, così

sentita nella nostra epoca, è messa in discussione dalla logica del dono, anzi da Colui che si

è fatto Dono per noi facendosi uomo, annunciando il Regno di Dio, morendo in croce e

risuscitando e inviando a noi il Paraclito. Solo perché viviamo l’anno liturgico come un

tempo “altro”, diverso, possiamo ritornare nel nostro tempo, nelle nostre ore, così

impegnate e qualche volta preoccupate, con un sapore nuovo, da testimoni: «Quello che

era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri

occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la

vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi

annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che

abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in

comunione con noi» (1 Gv 1,1-3).

Da qui la necessità di curare il nostro celebrare, i suoi linguaggi, le sue soglie in modo che

appaia la qualità “originale” del tempo liturgico, non perché estraniante o distraente, ma

perché capace di generare percorsi di vita nuova per l’uomo e la donna che vivono nel

tempo.

In modo particolare alcuni aspetti sembrano di particolare rilievo e urgenza.


• «Oggi si compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4, 20)

LA PAROLA E IL TEMPO

La cura per la Parola di Dio non deve venir meno. Il Lezionario è più che un libro che

raccoglie i testi scritturistici da leggere: è la forma che la Parola acquista per il cammino

della Chiesa, è il modo attraverso il quale ogni domenica e ogni giorno la Parola di Dio

viene riconsegnata alla Chiesa. Pertanto, cura della proclamazione, canto del salmo

responsoriale e dell’acclamazione al Vangelo, cura del luogo della proclamazione

(ambone), gestione sapiente dell’omelia per raccordare la Parola che risuona “oggi” con la

vita degli uomini, sono atteggiamenti indispensabili affinché la Parola non sia soltanto

“testo” (o uno dei tanti testi?), ma gesto di Dio che parla oggi (Sacrosanctum Concilium 7:

«è lui [Cristo] che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura»).

Spesso si ha la sensazione che la liturgia della Parola sia una cosa che si deve fare, al

massimo un’introduzione catechistica al resto della Messa, e non invece l’azione dove Dio

continua “oggi” a rivelarsi. Azioni e parole, invece, cooperano per far riconoscere

esattamente questo “oggi” di Dio e dell’uomo ed è esattamente quanto si afferma

nell’acclamazione che conclude la proclamazione della letture bibliche «Parola di

Dio/Rendiamo grazie a Dio». Dopo che la Parola è stata proclamata non è il momento di

discutere o di fare ragionamenti raffinati. Semplicemente si acclama perché si riconosce un

dono sempre nuovo.

• «Gesù... si alzò a leggere» (Lc 4,16)

A SERVIZIO DEL MISTERO

Non si può abbassare la guardia sulla situazione ministeriale delle nostre comunità.

Occorre lavorare perché ci siano uomini e donne che si dedicano a far sì che tutta

l’assemblea possa partecipare al mistero. A questo servono i ministeri, i tanti servizi nella

liturgia. È necessario che uomini e donne mettano a disposizione il proprio carisma e che

questo carisma prenda la forma della liturgia con la competenza che è richiesta. È la


liturgia, infatti, con le sue strutture e i suoi linguaggi, a dirci quale ministero serva in quella

celebrazione e che cosa sia giusto fare.

La lettura biblica, il canto, il servizio all’altare, quello della cura dei luoghi, la preparazione

delle celebrazioni non possono essere lasciati all’improvvisazione, ma domandano

coordinamento e competenza, capacità di supervisione e di azione, senza protagonismi e

lungi da ogni esibizionismo. Abbiamo imparato da questi lunghi mesi la preziosità del

ministero dell’accoglienza che non può, però, riguardare soltanto chi indica il posto o

ricorda le norme sanitarie, ma anche chi offre un saluto e un sussidio e così introduce alla

celebrazione.

Accanto ai ministeri tradizionali sarà sempre più necessario riconoscere nuovi ministeri al

servizio della celebrazione secondo quanto le esigenze del nostro tempo richiedono (si

pensi ad esempio all’accompagnamento delle fasi oranti dei riti esequiali: si potrà ancora

continuare a chiedere al sacerdote tutto?; oppure la guida delle celebrazioni domenicali in

assenza di presbitero; la guida dei alcuni momenti della preghiera comunitaria: è avvilente,

a questo proposito, che se si ammala il parroco si sospenda la liturgia domenicale del

Vespro). Non sarà e non dovrà essere una soluzione di ripiego rispetto alla mancanza di

ministri ordinati, ma espressione autentica della crescita della Chiesa che sa porsi

docilmente in ascolto dello Spirito.

• «Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate»

(Lc 22,12)

UNO SPAZIO PER CELEBRARE

Abbiamo bisogno di spazi per celebrare, di spazi accoglienti, funzionali, ma anche belli. E

soprattutto spazi dove l’occhio e il corpo si orientino volentieri verso quelli che sono i poli

decisivi della celebrazione: altare e ambone innanzitutto. Questi elementi devono essere

nobili, riconoscibili come luoghi dove Cristo si dona come Parola e come cibo e bevanda.

Spesso attorno e sopra all’altare si ammucchiano oggetti, sedie, piante. A volte l’altare

antico cattura lo sguardo e umilia l’unico altare, dove si celebra. A volte cartelloni e scritte

mortificano il luogo della Parola.

Curare lo spazio sempre e soprattutto nei tempi “forti” (penso in particolare alla

valorizzazione della croce in Quaresima e del cero nel tempo pasquale) significa favorire

quella percezione “diversa” del mistero: diversa rispetto al quotidiano e tipica di ogni

stagione dell’anno liturgico. Pensiamo alla sobrietà e allo “svuotamento” che deve

interessare anche lo spazio in questo tempo di Quaresima o alla festosità del tempo

pasquale e alla valorizzazione del fonte battesimale nei cinquanta giorni da Pasqua a

Pentecoste.

Si adegua lo spazio perché lo spazio plasma le nostre azioni e la nostra percezione.


• «Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi» (Mt 26,30)

CANTARE IL MISTERO

Una delle prime domande che ci si pone prima di una Messa è: «che cosa cantiamo oggi?».

È una domanda importante che rivela un atto di responsabilità. Infatti, si tratta di far

cantare quell’“oggi” che la liturgia pone al centro. Si tratta, in altri termini, di fare in modo,

che anche il registro canoro e musicale interpreti quell’“oggi”, lo faccia rivivere come unico,

affinché l’anno liturgico non sia semplice carrellata di contenuti, ma esperienza che forma

e trasforma. Allora nella progettazione dei tempi particolari dell’anno liturgico, ad

esempio, bisognerà evitare canti passe-partout e ricorrere a quei canti, che nel ritornare

ogni anno di quel giorno e di quel tempo, verranno percepiti come “nuovi”. Questo vale sia

per le parti mobili (i canti di ingresso, offertorio e comunione), sia per le parti fisse: perché


non riservare uno o più Alleluia per l’Avvento e il Natale e “quel” Santo per la Quaresima?

Perché non abituarci a cantare tutte le domeniche il Gloria che è inno festivo? Non è detto

che si debba cantare sempre tutto, ma è opportuno in determinati momenti dell’anno

privilegiare un elemento o l’altro.

In Avvento, Quaresima e nei tempi di Pasqua e Natale il canto iniziale non potrà essere

generico, ma un canto che davvero inizi, ovvero introduca nel mistero che si celebra. E

questo non per una o due domeniche, ma per tutta la durata del tempo. È triste non sentire

più canti pasquali in certe chiese dopo l’Ottava di Pasqua. Ed è triste sentire canti

cosiddetti “vocazionali” nella IV domenica di Pasqua, giornata mondiale di preghiera per le

vocazioni. Ma è innanzitutto domenica di Pasqua!

Non dimentichiamo quel materiale, apparentemente povero, ma che è l’ossatura della

liturgia, come i dialoghi, le litanie, le invocazioni, le acclamazioni, materiale che se ben

impiegato, scalda la celebrazione rendendo l’assemblea veramente partecipe e soggetto

della liturgia insieme con Cristo.

La nuova edizione del Messale ci esorta a cantare di più e a cantare il “gratuito”, il “non

necessario”, come le parti della PE. Può essere un valido invito a fare in modo che il

cantare la liturgia non sia semplice decorazione, ma atto di fede sincero, apertura

“cordiale” al mistero.

Papa Francesco così diceva nell’Udienza generale del 3 febbraio di quest’anno a proposito

della liturgia:

È un incontro con Cristo. Cristo si rende presente nello Spirito Santo attraverso i segni

sacramentali: da qui deriva per noi cristiani la necessità di partecipare ai divini misteri. Un

cristianesimo senza liturgia, io oserei dire che forse è un cristianesimo senza Cristo. Senza il

Cristo totale. Perfino nel rito più spoglio, come quello che alcuni cristiani hanno celebrato e

celebrano nei luoghi di prigionia, o nel nascondimento di una casa durante i tempi di

persecuzione, Cristo si rende realmente presente e si dona ai suoi fedeli.

Un cristianesimo senza liturgia è un cristianesimo senza Cristo perché non fa spazio

all’Oltre, all’ulteriore, al mistero di Dio. Un cristianesimo senza liturgia sarebbe un

argomentare continuo su se stessi.

Celebrare, allora, significa creare le premesse perché la nostra vita personale e comunitaria

si sporga sul dono di Dio affinché non ci costringa una religione dei diritti o dei doveri, ma

ci avvolga e ci trasformi di giorno in giorno l’esperienza viva dei doni di Dio.



domenica 14 marzo 2021

Vatican News 14 marzo 2021

 


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Vatican News

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14/03/2021

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mercoledì 10 marzo 2021

Vatican News 10 marzo 2021

 

VATICANO - La gratitudine di Papa Francesco per il viaggio in Iraq: “I musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee”
 
Roma (Agenzia Fides) – I musulmani di Mosul che invitano i loro concittadini cristiani tornare, “e insieme restaurano chiese e moschee”. E’ questa l’immagine che Papa Francesco ha voluto suggerire come segno della germinale rinascita di quella città martire e dell’intero Iraq, dopo anni di guerre, invasioni e terrore. Lo ha fatto all’Udienza generale di mercoledì 10 marzo, interamente dedicata a ripercorrere la sua visita apostolica in Iraq, appena conclusa. “Nei giorni scorsi” ha esordito il Papa “il Signore mi ha concesso di visitare l’Iraq, realizzando un progetto di San Giovanni Paolo II. Mai un Papa era stato nella terra di Abramo; la provvidenza ha voluto che ciò accedesse ora, come segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo e durante una dura pandemia”. Papa Francesco ha ricordato l’“indimenticabile” incontro con il Grande Ayatollah Ali al Sistani, che lo ha ricevuto nella sua residenza di Najaf, e si è soffermato sul tratto “penitenziale” da lui conferito all’intero pellegrinaggio iracheno: “Non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire” ha spiegato il Successore di Pietro “senza prendere su di me, a nome della Chiesa cattolica, la croce che loro portano da anni: una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh. L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio… E nello stesso tempo” ha aggiunto il Papa “ho visto intorno a me la gioia di accogliere il messaggero di Cristo; ho visto la speranza di aprirsi a un orizzonte di pace e di fraternità, riassunto nelle parole di Gesù che erano il motto della visita: ‘voi siete tutti fratelli’”. Una speranza che ila Papa ha detto di aver ritrovato anche “in tanti saluti e testimonianze, nei canti e nei gesti della gente. L’ho letta sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani. La gente che aspettava il Papa da cinque ore, in piedi…; anche donne con bambini in braccio… Aspettava, e nei loro occhi c’era la speranza”.
Ripercorrendo i vari momenti della visita, il Vescovo di Roma ha ricordato anche l’incontro ecclesiale svoltosi nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad, dove nel 2010 un attacco terroristico fece strage tra i fedeli riuniti per la celebrazione della messa. “La Chiesa in Iraq” ha sottolineato il Papa “è una Chiesa martire, e in quel tempio, che porta iscritto nella pietra il ricordo di quei martiri, è risuonata la gioia dell’incontro: il mio stupore di essere in mezzo a loro si fondeva con la loro gioia di avere il Papa con sé”. Accennando poi alle visite di Mosul e Quaraqosh, ancora segnate dalle devastazioni seguite all’invasione dei miliziani dello Stato islamico, ricordato “la fuga di migliaia e migliaia di abitanti, tra cui molti cristiani di diverse confessioni e altre minoranze perseguitate, specialmente gli yazidi” provocata dall’occupazione jihadista. “E’ stata rovinata l’identità di queste città. Adesso” ha aggiunto il Papa “si sta cercando faticosamente di ricostruire; i musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee. Fratellanza, è lì. E continuiamo, per favore, a pregare per questi nostri fratelli e sorelle tanto provati, perché abbiano la forza di ricominciare”.
Con un significativo riferimento alle vicende storiche recenti dell’Iraq, Papa Francesco ha ricordato che “La Mesopotamia è culla di civiltà” e “Baghdad è stata nella storia una città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo. E che cosa l’ha distrutta? La guerra. Sempre” ha insistito il Pontefice “la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra. La risposta alle armi non sono altre armi. E io mi sono domandato: chi vendeva le armi ai terroristi? Chi vende oggi le armi ai terroristi, che stanno facendo stragi in altre parti, pensiamo all’Africa per esempio? È una domanda a cui io vorrei che qualcuno rispondesse. La risposta non è la guerra ma la risposta è la fraternità”. Il Papa si è soffermato anche a ricordare l’incontro interreligioso svoltosi a Ur, dove il profeta Abramo “ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa. Abramo” ha proseguito Papa Francesco “è padre nella fede perché ascoltò la voce di Dio che gli prometteva una discendenza, lasciò tutto e partì. Dio è fedele alle sue promesse e ancora oggi guida i nostri passi di pace, guida i passi di chi cammina in Terra con lo sguardo rivolto al Cielo. E a Ur, stando sotto quel cielo luminoso, lo stesso cielo nel quale il nostro padre Abramo vide noi, sua discendenza, ci è sembrata risuonare ancora nei cuori quella frase: Voi siete tuti fratelli”. (GV) (Agenzia Fides 10/3/2021)
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EUROPA/ITALIA - Il Covid non faccia chiudere gli occhi sulle violenze e sugli abusi subiti dai migranti, soprattutto donne
 
Roma (Agenzia Fides) - “Il Covid non può far chiudere gli occhi davanti a una crisi economica e sociale senza precedenti e a un traffico di esseri umani che continua a contraddistinguere i Paesi più poveri del mondo. Più di una donna migrante su due è vittima di abusi psicologici e fisici, quasi quattro su dieci sono state colpite da torture. Sono questi numeri che devono far capire come l’aiuto alle donne che si trovano in situazioni che le rendono vulnerabili, in Italia, come nel resto del mondo, sia una delle priorità da seguire. Anche durante questo periodo di pandemia”. Lo sottolinea suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore missionarie Scalabriniane, congregazione che sin dalla loro fondazione si occupa di assistenza ai migranti. I dati citati si basano su uno studio della Fondazione Ismu/L’albero della vita su valori del 2019.
“Questi numeri testimoniano che nell’agenda dei politici non può esserci solo la gestione dell’emergenza coronavirus, anche se prioritaria e importante – aggiunge suor Neusa nella nota inviata a Fides –. Le donne hanno un ruolo fondamentale nella famiglia, nello sviluppo dei figli, della voglia di riscatto e crescita che deve contraddistinguere questo momento storico. Grazie al sostegno del Santo Padre abbiamo creato case di accoglienza ‘a tempo’, come quelle aperte a Roma del progetto ‘Chaire Gynai’ (Benvenuta Donna), dove diamo modo a persone in condizioni di fragilità e semi-autonome di potersi integrare e vivere una nuova vita” (vedi Fides 1/10/2018; 4/6/2019).
Suor Neusa infine lancia un appello: “Se da una parte la rete sociale vuole accogliere, integrare, proteggere e promuovere, dall’altra è opportuno che gli Stati di tutto il mondo decidano una linea chiara nella lotta contro la tratta, il traffico e la violenza contro le donne. Proteggerle vuol dire proteggere la vita, sempre, perchè un mondo senza le donne sarebbe sterile, perchè loro sanno guardare ogni cosa con occhi materni che vedono oltre e sono capaci di fare nascere la solidarietà e la fraternità universale dal di dentro dello stesso dramma dell’emigrazione, in vista di cieli nuovi e una terra nuova!". (SL) (Agenzia Fides 10/03/2021)
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AFRICA/SENEGAL - Appello al dialogo dei Vescovi dopo i violenti scontri dei giorni scorsi
 
Dakar (Agenzia Fides) – “Finché siamo in tempo, facciamo del nostro meglio per limitare i danni e magari bloccarli. Fermiamo il ciclo di violenza!” chiede Sua Ecc. Mons. Benjamin Ndiaye, Arcivescovo di Dakar, in una dichiarazione, firmata a nome della Conferenza Episcopale della provincia ecclesiastica di Dakar, nella quale si chiede di mettere fine al ciclo di violenze che nelle ultime settimane stanno sconvolgendo il Paese.
Il messaggio invita a perseguire la via del dialogo definito come “essenziale” per instaurare un clima di pace e serenità. “Possiamo e dobbiamo, non solo difendendo i nostri diritti, ma anche assumendoci i nostri doveri, stabilire le condizioni adatte per una migliore convivenza".
Le violenze sono scoppiate dopo l’arresto, il 3 marzo, di Ousmane Sonko, il principale avversario del Presidente Macky Sall. Sonko, 46 anni, presidente del partito Pastef, terzo alle elezioni presidenziali del 2019, che è stato accusato all'inizio di febbraio di "stupro e minacce di morte" contro una lavoratrice in un salone di bellezza a Dakar. Sonko ha respinto le accuse ed ha ribattuto di essere vittima di un "complotto" e di un "tentativo di liquidazione politica" per impedirgli di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024.
Per i suoi sostenitori, questa accusa è solo una manovra politica simile a quelle che negli ultimi anni, hanno portato alla rimozione per via giudiziaria di altri due grandi rivali del presidente, Karim Wade, figlio dell'ex Presidente Abdoulaye Wade, e Khalifa Sall, sindaco di Dakar.
Negli scontri tra polizia e dimostranti che hanno investito Dakar e le principali città del Paese sono morte una decina di persone, altrettante sono rimaste ferite, mentre 500 manifestanti sono stati arrestati. Inoltre diversi supermercati e diverse attività commerciali sono stati saccheggiati e distrutti.
"Vite umane sono state strappate, beni pubblici e privati, frutto di un patrimonio acquisito con il lavoro, sono stati saccheggiati e depredati senza alcuna considerazione morale o etica, sfidando ogni giustizia, rendendo ancor più precaria la situazione di molti lavoratori e delle loro famiglie” deplora Mons. Ndiaye.
Per placare gli animi il Presidente Macky Sall ha annunciato un allentamento del coprifuoco instaurato per bloccare il Covid-19 nelle regioni di Dakar e Thiès, che colpisce duramente i lavoratori dell'economia informale e ha promesso di reindirizzare le risorse finanziarie verso i giovani.
Al momento vige in Senegal una tregua precaria, ma si temono nuove violenze per le manifestazioni indette dai sostenitori di Ousmane Sonko per sabato 13 marzo, che si sono uniti sotto la sigla “Mouvement de défense de la démocratie” (M2D). (L.M.) (Agenzia Fides 10/3/2021)
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AFRICA/SUDAN - Covid-19: il Paese è il primo di Medio Oriente e Africa a ricevere le prime dosi di vaccino
 
Khartoum (Agenzia Fides) - Il Sudan ha iniziato a vaccinare gli operatori sanitari in prima linea contro il Coronavirus dopo aver ricevuto il primo lotto di 828.000 dosi del vaccino AstraZeneca, per i 414.000 operatori sanitari. La notizia è stata divulgata da un funzionario sanitario dall'ospedale Jabra nella capitale Khartoum; “Abbiamo iniziato a vaccinare gli operatori sanitari e altro personale delle strutture di isolamento”. Il ministro della Sanità, Omar al-Naguib, ha dichiarato che il vaccino ‘sarà disponibile gratuitamente’ e che avranno la priorità medici in prima linea, forze dell’ordine, anziani e persone di età superiore ai 45 anni affette da patologie croniche.
“I vaccini sono fondamentali per il controllo della diffusione del virus in Sudan e per tornare alla normalità” ha detto il ministro della Sanità invitando tutta la popolazione a registrarsi per farsi vaccinare.
La dottoressa Dalia Idris, membro del Comitato tecnico contro il Covid, ha spiegato che il programma inizialmente mira a vaccinare il 20 per cento del target totale. “La nostra speranza di riprenderci dalla pandemia sono i vaccini” ha affermato Abdallah Fadil, rappresentante di UNICEF Sudan. “I vaccini hanno ridotto il flagello di numerose malattie infettive, salvato milioni di vite e hanno efficacemente eliminato molte malattie potenzialmente letali”.
Attraverso COVAX, iniziativa congiunta guidata dalle Nazioni Unite in supporto ai paesi più poveri, il Sudan si è assicurato un totale di 3,4 milioni di dosi che dovrebbero arrivare in lotti fino alla fine di settembre 2021.
Il Sudan è stato il primo paese in Medio Oriente e Nord Africa (MENA) a ricevere vaccini. Secondo i dati ufficiali del Ministero della Sanità il Coronavirus, nel Paese africano, finora ha contagiato più di 28.500 e ucciso oltre 1.900, secondo i dati ufficiali.
(AP) (10/3/2021 Agenzia Fides)
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ASIA/MYANMAR - Il Cardinale Bo fa rimuovere l'account di Twitter che era indebitamente a suo nome
 
Yangon (Agenzia Fides) - E' stato il Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon, a chiedere alla compagnia di social network "Twitter" di rimuove un account indebitamente a lui attribuito e recante il suo nome. Lo conferma all'Agenzia Fides la segreteria del Cardinale, che già il 10 febbraio aveva pubblicamente annunciato sulla pagina Facebook della Conferenza Episcopale cattolica del Myanmar e su quella dell'Arcidiocesi di Yangon di "non avere e non gestire alcun account Facebook o Twitter". Come confermato a Fides, nessuno dei post pubblicati era da attribuire al Cardinale. Non è stato possibile, finora, rintracciare, secondo le informazioni ricevuta da Fides, chi fosse dietro e chi operasse nell'account posto a nome del Cardinale, ripreso dai mass-media di tutto il mondo per i post sulla crisi birmana.
Non è stato, dunque il governo della giunta militare a oscurare l'account Twitter del Cardinale, come hanno riferito alcune fonti di stampa , ma lo stesso Cardinale a inviare una richiesta di rimozione, accolta ed eseguita dalla compagnia.
Come appreso da Fides, in questa fase delicata della crisi politica post golpe, il Cardinale Bo risiede a Yangon e non sta rilasciando dichiarazioni pubbliche, se non quelle date ai fedeli nelle omelie delle domeniche di Quaresima .
Nell'ultimo messaggio rivolto ai fedeli, il Cardinale ha detto che "un nuovo Myanmar è possibile, una nazione senza conflitti è possibile, se questa nazione si trasfigura nella gloria che merita. Rendiamo la pace il nostro destino, non il conflitto. Le armi sono inutili. Bisogna riarmarsi con la riconciliazione e il dialogo". Il Porporato ha ribadito che "la pace è l'unica via; la pace è possibile. Papa Francesco ha chiesto la risoluzione di tutti i conflitti attraverso il dialogo. Chi vuole il conflitto non augura il bene a questa nazione".
Il suggerimento dato dalla Conferenza episcopale cattolica a tutto il personale ecclesiastico è quello di non coinvolgersi direttamente nella protesta di piazza. Numerosi preti, religiosi e suore, pur seguendo questa indicazione, si sono attivati come mediatori per le strade, cercando di fermare le violenze, per salvare le vite umane dei giovani che protestavano pacificamente, nelle fasi di dura repressione della polizia..
(PA) (Agenzia Fides 10/3/2021)
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ASIA/VIETNAM - Quaresima di fede e preghiera tra distanziamento e festa buddista
 
Danang (Agenzia Fides) - E’ una Quaresima che risente delle misure di “distanziamento sociale”, quella vissuta dalla comunità dei cattolici del Vietnam. Ma queste misure non intaccano a fede e la viva partecipazione spirituale dei fedeli. Nonostante il paese conti ad oggi solo poco più di 2500 casi e 35 morti legati al Covid-19, il governo sta continuando ad attuare misure di sicurezza sanitaria nelle zone considerate più a rischio: per questo, in alcune aree del paese, è stato impedito l’accesso alle chiese e l’organizzazione di eventi aperti al pubblico, tra i quali anche le messe. Le Chiese locali interessate da questi provvedimenti stanno comunque cercando di garantire le celebrazioni liturgiche in live streaming, giovandosi delle nuove tecnologie.
L’attività liturgica e pastorale continua con ardore, invece, nelle diocesi meno colpite: presso la Cattedrale di Danang, per esempio, la celebrazione del mercoledì delle Ceneri come quella delle Domeniche della Quaresima hanno visto una grande affluenza di fedeli, tenuti comunque a rispettare le norme sul distanziamento. Ogni venerdì, le varie parrocchie locali si riuniscono per rivivere la Passione di Cristo mediante la Via Crucis e per ricevere il sacramento della Riconciliazione. L’afflato spirituale e l’atteggiamento penitenziale di “conversione” caratterizza la partecipazione dei fedeli, tra i quali moltissimi giovani.
Va notato che in Vietnam, l’inizio della Quaresima coincide con una delle feste tradizionali più sentite del calendario nazionale: la festività del Tet, cioè il capodanno lunare, periodo caratterizzato da cerimonie e riti di ringraziamento a Buddha per l’anno trascorso e per quello che si apre. In questo contesto di festa, la Chiesa locale continua il suo cammino quaresimale con atteggiamento di preghiera comunitaria, digiuno ed elemosina, per prepararsi a celebrare la Pasqua. Come raccontano fonti di Fides, la festa e la gioia circostante, che coinvolgono tutti, non vengono rinnegate ma i fedeli cattolici del Vietnam accolgono poi calorosamente il tempo quaresimale, seguendo le indicazioni del Papa e della Chiesa per questo specifico tempo liturgico. Le parrocchie di tutto il paese si colorano di viola e ai fedeli viene chiesto di partecipare intensamente e in silenzio alla Quaresima, seguendo le tracce lasciate da Gesù e compiendo un cammino di purificazione interiore che porta alla celebrazione della Pasqua.
(AD-LF) (Agenzia Fides 10/3/2021)



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AMERICA/HAITI - I Religiosi al Presidente: “non può continuare ad essere uno spettatore, ha il dovere di dare risposte alle richieste della popolazione”
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – "Come religiosi e religiose, intervenendo in tutti gli ambiti della vita del popolo haitiano e nei luoghi più remoti e difficili del Paese dove lo Stato, sia per mancanza di mezzi, incompetenza, o disonestà, non arriva né manifesta l'intenzione di andare, siamo testimoni privilegiati della miseria del nostro popolo. Sfortunatamente, sembra che lo Stato ignori questa miseria. Forti delle nostre esperienze e della nostra missione profetica, siamo venuti, in questa data che ci ricorda il 38° anniversario della visita di Papa San Giovanni Paolo II, a ricordarLe queste famose parole della Chiesa ad Haiti dell'epoca, riprese nell'omelia per l'occasione: ‘Qui qualcosa deve cambiare e i poveri di ogni genere devono riprendere la speranza!’.”
Così si legge nella lettera inviata a Fides dalla Conferenza Haitiana dei Religiosi (CHR) indirizzata al Presidente di Haiti, Jovenel Moïse, in occasione del 38° anniversario della visita del Papa San Giovanni Paolo II all’isola (9 marzo 1983).
"Trentotto lunghi anni dopo questa visita del Papa - continua la lettera -, i semi della morte sembrano ora aver prevalso sui semi della vita. Il Paese sta morendo, l'insicurezza dilaga, i più poveri non ce la fanno più, la popolazione è allo sbando, al limite della disperazione, il Paese è senza governo. Siamo tutti testimoni e vittime di troppi crimini, troppe ingiustizie e troppe disuguaglianze".
I religiosi ricordano la denuncia dei Vescovi nel febbraio scorso: "Il paese è sull'orlo dell'esplosione! la vita quotidiana del popolo haitiano si riduce a morte, omicidi, impunità e insicurezza. Il malcontento è ovunque!" (vedi Fides 3/02/2021). Ricordano anche l'insicurezza alimentare (vedi Fides 27/02/2021), base fondamentale di un popolo.
Quindi proseguono: “Viene da chiedersi: che senso ha aggrapparsi al potere anche illegittimamente o illegalmente, quando più della metà della popolazione vive in condizioni di insicurezza alimentare cronica? Perché volere a tutti i costi estendere o revocare una parvenza di mandato senza poter garantire la sicurezza della vita e dei beni, la libera circolazione delle persone? A che serve un presidente o un governo incapace di fermare il treno della morte che semina quotidianamente il lutto nella popolazione?”
La lettera si conclude con un messaggio diretto al Presidente: "Di fronte a questo stato di cose, di fronte al processo costante di disumanizzazione di un intero popolo, Lei non può continuare ad essere uno spettatore. Al di là delle leggendarie menzogne e delle rozze giustificazioni, la Sua responsabilità in questa discesa agli inferi è totale, Lei ha il dovere di dare veloci e concrete risposte alle richieste del popolo, la prima delle quali è il rispetto delle leggi di questo bel paese".
(CE) (Agenzia Fides 10/03/2021)

venerdì 26 febbraio 2021

Vatican News 26 febbraio 2021

 


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26/02/2021

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