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venerdì 2 dicembre 2022

Congresso mondiale dell'Educazione Cattolica...Discorso del Papa

"Per la società, l'educazione è certamente un dovere ineludibile, e in molti casi una sfida pressante. Per il cristiano è anche una forma di partecipazione alla funzione profetica che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa. Pertanto, quando ci avviciniamo all'educazione, non possiamo farlo pensando a qualcosa di meramente umano, focalizzando la questione su programmi, formazione, risorse, ambiti di accoglienza, poiché la vocazione cristiana ci chiede di dare voce a una Parola che non è nostra, ma che ci trascende". Lo ha scritto il Papa al Segretario Generale dell’OIEC e ai partecipanti al Congresso Mondiale dell’Educazione Cattolica che ha luogo a Marsiglia, da oggi al 3 dicembre.

Papa Francesco ribadisce che "l'insegnamento della scuola cattolica non si limita alle questioni confessionali, l'attività della scuola non può ridursi a insegnare le materie, ma deve formare le persone nella loro integrità".

La scuola cattolica - è l'auspicio del Papa - deve essere "profetica", insegnando a "conoscere se stessi e riconoscersi come un essere capace di amare ed essere amato". Pertanto "non si parla di proselitismo, tanto meno di escludere dalle nostre scuole chi non la pensa come noi. La scuola nel suo insieme sia configurata come una lezione di vita in cui si integrano elementi diversi, in stretta collaborazione con altre istanze, come la famiglia o la società. Così, nel quotidiano, l'identità delle nostre scuole potrà rendersi presente e dialogare e gettare ponti di dialogo con i non credenti".

"Le nostre classi - prosegue il Pontefice - non sono monadi, le nostre scuole non sono compartimenti stagni. La nostra attività è in comunione con Dio che ci invia, con la Chiesa universale e locale, in un progetto comune che ci supera e ci trascende, al servizio dell'umanità".

Anche la scuola cattolica è in cammino. "Tutto ciò - conclude Papa Francesco - presuppone un lavoro artigianale che non possiamo svolgere senza l'aiuto di Dio e senza il sostegno di tutti, per questo chiediamo la forza dello Spirito del Risorto, dispensatore di tutti i doni".

venerdì 8 novembre 2019

Agenzia Fides 7 novembre

AFRICA/SUD SUDAN - I Vescovi sono “Pastori e amministratori della delicata vigna di Dio”
 
Juba (Agenzia Fides) – “Come Vescovi del Sudan e del Sud Sudan riteniamo prioritaria la tutela dei minori e ci impegniamo a lavorare per la prevenzione di ogni forma di abuso, atrocità e violenza contro i bambini. Sono contento che durante questa Plenaria, tra i molti argomenti sia stata scelta la tutela dei minori”: lo ha detto Mons. Edward Hiiboro, Vescovo di Tombura-Yambo e Presidente della Conferenza Episcopale del Sudan, a conclusione di un recente seminario organizzato a Juba dall’Associazione dei Vescovi delle Conferenze episcopali dell'Africa orientale (AMECEA), che ha coinvolto i Vescovi di Sudan e Sud Sudan sull’istituzione di un apposito Dipartimento per la tutela dei minori.
Oltre al tema della tutela dei minori, il Vescovo Hiiboro ha affermato che l'Assemblea Plenaria è stata “per i vescovi del Sudan e del Sud Sudan, un'opportunità di connettersi in primis con Dio, fonte della loro vita; in secondo luogo per rafforzarsi reciprocamente come Pastori e amministratori della delicata vigna di Dio; infine per meditare sulla loro missione verso il popolo di Dio nei due paesi.
I Vescovi di entrambi i paesi, nonostante le difficoltà che stanno affrontando, hanno preso posizione e hanno voluto agire per proteggere, individuare e bloccare qualsiasi abuso contro i minori e contro le persone più vulnerabili. “L’incontro è partito dalle raccomandazioni di Papa Francesco”, ha detto il funzionario per la tutela dei minori dell'AMECEA George Thuku, che ha condiviso con i Vescovi le politiche e le linee guida e le priorità stabilite da alcune Conferenze episcopali della regione.
(AP) (7/11/2019 Agenzia Fides)
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ASIA/INDONESIA - I Vescovi: attualizzare il Documento di Abu Dhabi per migliorare il dialogo con l'islam
 
Bandung (Agenzia Fides) - "La fraternità umana per un'Indonesia pacifica" è il tema dell'Assemblea dei Vescovi indonesiani, in corso a Bandung (4-11 novembre), con l'obiettivo di "comprendere bene il Documento di Abu Dhabi sulla fraternità umana per la pace e la vita nel mondo, firmato congiuntamente da Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmed el-Tayeb ad Abu Dhabi lo scorso febbraio, attualizzando il documento nel contesto indonesiano, al fine di rafforzare il dialogo della Chiesa indonesiana con l'islam nell'arcipalago" recita una nota inviata all'Agenzia Fides.
Come appreso da Fides, i Vescovi indonesiani hanno fortemente voluto dedicare la loro Assemblea alla riflessione su quel Documento, per trovare strade di applicazione nella realtà tanto diversa e plurale dell'arcipelago indonesiano. I relatori, ospiti nelle giornate di studio, sono stati l'Imam della Moschea Istiqlal di Jakarta, Nasaruddin Umar; il Segretario dell'Istituto internazionale per le relazioni della organizzazione islamica "Muhammadiyah", Wachid Ridwan; la coordinatrice nazionale del movimento "Gusdurian Network", Alissa Wahid; Padre Damiano Fadjar Tejo Soekarno, prete della diocesi di Malang, attivista in una comunità interreligiosa nell'isola di Madura.
Secondo il Cardinale Ignatius Suharyo, Presidente della Conferenza episcopale indonesiana, "il tema scelto dai Vescovi era conforme alla richiesta di Papa Francesco, che ha chiesto all'episcopato di tutto il mondo di trovare modalità di attualizzare le idee contenute nel documento di Abu Dhabi".
L'Arcivescovo Piero Pioppo, Nunzio Apostolico in Indonesia, nel suo discorso ai Vescovi indonesiani ha affermato che "quel Documento è molto importante soprattutto per la situazione nazionale dell'Indonesia, laddove la ricerca di pace, armonia e convivenza è una sfida che dobbiamo affrontare insieme".
“Come Vescovi della Chiesa cattolica che ha dato un grande contributo alla nascita della nostra nazione, e come nazione indipendente, unita e sovrana, ne avete bisogno per preservare i valori condivisi della società. Dobbiamo guidare la nostra comunità, umilmente, in un dialogo fraterno con tutte le persone, per proclamare sempre in Indonesia i valori del Vangelo e dell'unità ("Ut unum sint"), che sono il nostro contributo speciale al futuro della nazione”, ha affermato il Nunzio Apostolico.
Secondo il Segretario esecutivo della Commissione episcopale per la comunicazione, padre Steven Lalu, "le discussioni durante i giorni di studio dei Vescovi hanno portato a comprendere che tutte le parti coinvolte devono impegnarsi a diffondere i buoni valori del Documento e a concretizzarlo in attività che costruiscono la pace e la convivenza. Oltre a questo, si è detto durante i lavori, la tolleranza è necessaria non per trovare somiglianze ma piuttosto per abituarsi a vivere le differenze". (PP) (Agenzia Fides 7/11/2019)
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ASIA/NEPAL - I missionari Clarettiani: cura e istruzione dei bambini vittime del terremoto
 
Kathmandu (Agenzia Fides) - I missionari Clarettiani sono impegnati a costruire il futuro dei bambini orfani e poveri, vittime del terremoto del 2015 in Nepal, fornendo loro assistenza e istruzione. “Abbiamo visitato il Nepal dopo il terremoto del 2015 e abbiamo contribuito a ricostruire il villaggio di Wasbang, nel distretto di Chitwan, nel centro del Nepal. Ci siamo imbattuti in un bambino orfano e abbiamo iniziato a prendercene cura. Oggi stiamo aiutando e educando oltre 400 studenti. Il nostro obiettivo è aiutare 900 studenti entro il 2025 ”, dice all'Agenzia Fides il padre Clarettiano Jojo Peter Ancheril, tra i responsabili dell'iniziativa, avviata dai missionari Clarettiani di Macao.
Oltre 400 bambini, orfani, poveri e con disabilità fisiche, risiedono nella casa dei bambini di Antyodaya a Parsa, nel distretto di Chitwan. La casa è stata costruita il 13 maggio 2017. "Intendiamo raggiungere i bambini meno fortunati dei villaggi remoti offrendo loro l'educazione e lo sviluppo della personalità", afferma padre Ancheril.
Il 12 aprile 2015 il forte sisma colpì il Nepal, uccidendo migliaia di persone e lasciando milioni di persone senza tetto e senza la possibilità di soddisfare i bisogni primari. Imponente fu la mobilitazione internazionale e la casa dei bambini di Antyodaya rientrò in questa ondata di solidarietà.
Padre Ancheril, dopo un primo viaggio in Nepal, iniziò a coinvolgere parrocchiani e benefattori per ricostruire case per le famiglie colpite dal sisma, nel villaggio di Wasbang, anche grazie al supporto dei Padri della Little Flower Society di Narayangh. Dopo un successivo viaggio con circa 30 pellegrini, questo impegno si fortificò e stabilizzò. Un giorno Bobby Anthony, project manager in Nepal, si imbattè in una bambina di circa quattro anni che vagava nella giungla. Sua madre era malata di cancro (e poco dopo morì), suo padre era vecchio e fragile. Iniziarono così a prendersene cura e così venne l'ispirazione di occuparsi stabilmente di bambini in situazioni simili, costruendo una apposita casa per loro. Yessermaya, assistente sociale del luogo, si interessò ai lavori di costruzione e identificò altri bambini bisognosi. Ben preso si aggiunsero altri bambini da villaggi rurali, dove non vi erano scuole e le famiglie vivono in estrema povertà.
"Oggi la Casa per bambini di Antyodaya offre agli studenti una nuova vita per crescere, lavorare e sperare nel futuro. Agli studenti viene data la giusta attenzione e cure speciali per i bisognosi, oltre che istruzione e assistenza sanitaria. L'amore di Dio non conosce limiti". conclude suor Liza Franca Augustine, collaboratrice del progetto e missionaria in Nepal. (SD) (Agenzia Fides 7/11/2019)
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AMERICA/ARGENTINA - “Superare le diverse forme di violenza e costruire un'amicizia sociale” chiedono i Vescovi
 
Pilar (Agenzia Fides) – “Chiediamo a Dio di aiutarci affinché il percorso democratico si traduca in una vita dignitosa, sviluppo integrale, lavoro per tutti, accesso alla salute e istruzione di qualità”: lo affermano i Vescovi dell’Argentina in un messaggio dal titolo “Il rafforzamento della nostra nazione”, che hanno pubblicato mentre si svolge la loro Assemblea Plenaria nella città di Pilar. Dal 4 al 9 novembre infatti l’Episcopato argentino è riunito per affrontare diversi temi relativi alla realtà sociale e pastorale, tra cui la prevenzione degli abusi sessuali nella Chiesa, il Congresso Mariano dell’anno prossimo, l’elaborazione del catechismo argentino, il Sinodo per l’Amazzonia, la riforma economica.
Dopo le elezioni del 27 ottobre, che hanno decretato la vittoria al primo turno del candidato peronista Alberto Fernandez, che ha ottenuto il 48,10% dei voti, mentre il presidente uscente liberale Mauricio Macri non è andato oltre il 40,37%, i Vescovi nel loro messaggio pervenuto a Fides, ribadiscono che “all'inizio di un nuovo periodo della nostra democrazia, per il quale abbiamo optato irreversibilmente, vogliamo camminare con gli argentini per consolidarla ogni giorno di più”.
“La Patria richiede a tutti – proseguono - un rinnovato sforzo di dialogo sincero e di ricerca del consenso al fine di generare una sintesi superiore. La grandezza della nostra leadership si manifesterà in questo tentativo se saprà incorporare anche gli sforzi e le ricerche dei più poveri”.
I Vescovi sottolineano poi il crimine della corruzione e ribadiscono che il reale rafforzamento della democrazia non sarà possibile “senza una ferma opzione etica ai diversi livelli della vita sociale, senza una vera divisione dei poteri dello Stato e una partecipazione quotidiana e generosa di ogni argentino”. Infine esortano, come cittadini responsabili, “a formare un popolo che, al di là delle discrepanze, mantenga riferimenti stabili conformi ad un progetto comune”, questo presuppone “un rinnovato impegno per superare le diverse forme di violenza e per costruire un'amicizia sociale”. (S.L.) (Agenzia Fides 07/11/2019)
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AMERICA/PARAGUAY - L’Arcivescovo di Asunción: “immorale” aumentare lo stipendio dei politici invece di sostenere i più poveri
 
Luque (Agenzia Fides) – E’ "immorale" la richiesta di aumentare gli stipendi ai politici invece di destinare il denaro a creare e rafforzare programmi per la salute, l’istruzione e l’alloggio destinati ai settori più vulnerabili della popolazione, continuamente in crescita: lo ha denunciato l’Arcivescovo di Asunción, Mons. Edmundo Valenzuela, durante una conferenza stampa tenuta ieri, in occasione dell’Assemblea plenaria della Conferenza Episcopale del Paraguay, che si tiene a Luque (vedi Fides 5/11/2019) e prende in considerazione i principali temi legati alla realtà sociale ed ecclesiale del paese.
Durante la conferenza stampa, sollecitato dai giornalisti, Mons. Valenzuela ha sottolineato che la richiesta di aumento degli stipendi conviene solo ai politici, e ha aggiunto: "sappiamo già che con i politici non avremo certo giustizia e solidarietà". Ha quindi ribadito che la richiesta è "immorale" proprio perché non esiste da parte delle autorità l'interesse ad aumentare il bilancio per la salute, l'istruzione e l'edilizia abitativa, in particolare per quei settori che sono a rischio continuo.
L’Arcivescovo ha invitato i rappresentanti dei partiti politici a riconsiderare la richiesta e a ripensare la situazione usando come esempio gli avvenimenti in Cile e in Bolivia, in quanto ciò "può essere una causa di rivolta, in seguito alle ingiustizie, a causa di una realtà ingiusta".
“Con i soldi dati ai politici non ci sono progressi. Almeno finora non l'abbiamo visto. Chiediamo che il buon denaro pubblico sia ben utilizzato nei programmi che promuovono lo sviluppo dell'agricoltura familiare, dell'istruzione e della salute che sono sempre molto minacciati” ha ribadito Mons. Valenzuela.
Sebbene attraverso il programma Tekoporà del Ministero dello Sviluppo Sociale, 612 mila persone in estrema povertà percepiscano un bonus per i servizi fondamentali, la realtà dei circa 7 milioni di abitanti del Paraguay è che le famiglie povere ed in estrema necessità aumentano ogni giorno. Inoltre nei programmi di sostegno alle famiglie, le famiglie indigene vengono penalizzate ricevendo sussidi inferiori.
L'incontro dei Vescovi culminerà venerdì 8 novembre nella casa di riposo “Emmaus”, situata nella periferia della città di Luque.
(CE) (Agenzia Fides, 07/11/2019)

sabato 18 ottobre 2014

Messaggio del Sinodo



vaticanit - italiano has uploaded Sinodo: messaggio di consolazione ed esortazione
Sinodo: messaggio di consolazione ed esortazione
vaticanit - italiano
E’ un messaggio alle famiglie cristiane del mondo chiamate ad essere Chiesa domestica. Lo si legge chiaramente nel testo, votato a larga maggioranza dal Sinodo sulla Famiglia e presentato in Sala Stampa Vaticana. In un linguaggio chiaro, “si evidenziano – ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente della commissione per il messaggio – le ombre e le luci della famiglia di oggi”. Ci sono le sfide all’amore coniugale che mettono in crisi le unioni; fallimenti che poi danno origine a nuove relazioni, “creando situazioni complesse e problematiche”. C’’è poi la fatica della vita: la malattia, la precarietà lavorativa, il dramma dei profughi, la violenza sulle donne, quella sui bambini da parte di ch ...

mercoledì 1 dicembre 2010

Comune + parrocchia=SEGNI DI SPERANZA(dal nostro internauta Tony)

 www.glocalcity.org sotto "testimonianze" troviamo
Di Paolo Balduzzi

Il 30 Novembre 2008 sarà ricordato come un giorno particolare per la Valle di Ledro, in Trentino Alto Adige.  Quel giorno, un referendum popolare ha sancito la nascita di un comune unico, che ha visto la luce il 1° Gennaio 2010 dopo un anno di rodaggio.
Sei comuni prima distinti, Molina di Ledro, Tiarno di Sopra, Concei, Tiarno di Sotto, Bezzecca e Pieve di Ledro, hanno scelto, con una maggioranza schiacciante del 75% dei voti, di fondersi in un’unica realtà amministrativa con l’obiettivo di una maggiore efficienza, della riduzione dei costi e del miglioramento dei servizi al cittadino. La fusione dei comuni della Valle di Ledro è uno dei primi esperimenti in tal senso in Italia, e non nasce da interessi particolari ed economici, ma da un percorso che parte da lontano e che ha nella ricerca della fraternità una delle spinte innovative e concrete.
Don Giampietro Baldo è un esperto di “unioni”: le otto parrocchie della Valle sono tutte sotto la sua amministrazione pastorale da alcuni anni. A lui abbiamo posto alcune domande su questa esperienza che adesso vede la luce:
Don Giampietro, qual'è il suo commento sui dati del referendum? Tre cittadini su quattro hanno voluto l'unione. Come mai?
“Posso dire è che l'unione dei comuni non è frutto di una scelta a tavolino, ma è il risultato di un percorso che nel tempo ha visto le varie comunità conoscersi e apprezzarsi. Ognuna ha imparato dall'altra qualcosa di bello e utile per la propria gente. Penso sia stato questo contesto di reciprocità tra le parti ad aver permesso un risultato del genere al referendum. In fondo non è stato altro che uno sbocco naturale che gli eventi avevano preparato”.
Il suo essere pastore delle otto parrocchie della Valle ha contribuito secondo lei a sostenere la spinta all'unione?
“Più che il mio lavoro personale, penso che sia stata la testimonianza di fraternità vissuta con gli altri parroci ad aver contagiato la gente: Don Lino e Don Pio, il primo ora è in Cielo, il secondo è in pensione. Nel rapporto fra noi tre ci siamo messi sempre a confronto per capire le nostre diversità e offrire le ricchezze nate dalla nostra storia, dall'esperienza acquisita, l'uno all'altro. E questo non solo da un punto di vista dell'amicizia o della condivisione faccia a faccia, ma soprattutto nel rapporto con i nostri fedeli, cercando di spiegare loro la bellezza dell'unità, i lati positivi e creativi che sono dietro le cose fatte insieme. Avere un'unica programmazione pastorale nel tempo ha permesso questo percorso di conoscenza, attivando forze prima impensate, sia per un reciproco aiuto nelle varie necessità pastorali, e piano piano anche per condividere gioie e dolori della nostra gente, che poi, una volta imparato lo stile, si è messa in gioco in prima persona per il prossimo”.
Quando parla di “gente” si riferisce anche a coloro che lavorano nelle amministrazioni locali...
“Certamente. L'unità è contagiosa proprio per questo. Ci siamo messi sempre in gioco anche con i sindaci e i vari amministratori della Valle per vivere la stessa reciprocità di cui parlavo prima. Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari che ci ha fatto conoscere questo ideale, una volta aveva detto più o meno queste parole: “Il mio sogno è un paese unito attorno al parroco e al sindaco”. E mi pare che si stia verificando proprio questo fenomeno. Fare rete, collaborare per il bene di tutti, ha avuto dei benefici effetti dal punto di vista pastorale alle comunità prima arroccate sui loro campanilismi. Mi ricordo quando mancavano dei catechisti in una parrocchia, e quelli dell'altra sono venuti ad aiutarci. Non ce l'avremmo fatta senza di loro e questo ha confermato la necessità, ma anche la bellezza dell'unità. Tradotta in termini amministrativi questa esperienza può portare solo beneficio a tutta la comunità. Di questo, con lungimiranza, se ne sono accorti i sindaci per primi, che si sono impegnati in una campagna per l'unità della Valle portando a modello il nostro lavoro pastorale. Dal 1° Gennaio 2010 il comune unico è una realtà. Sta a noi farla fruttare come si deve”.
Nel Maggio 2010 si sono svolte le prime elezioni nel nuovo comune: per te è stata l'occasione, come parroco, di inviare una lettera a tutti gli eletti, proponendo una visione “alta” della politica.
Penso che la politica sia lavorare per la polis, la città. È il servizio più alto che si possa fare per la collettività. Ci vuole impegno, senso del dovere, visioni ampie, senza perdersi nel ‘partito’, che evidenzia la parte, ma volare alto per il bene della polis. E qui è successo un po' questo: alle elezioni si sono presentate nove liste, quella del PD era completa, quella civica di centro-destra era mancante di qualche elemento. Il responsabile del PD ha telefonato a quella dell'altra lista e le ha detto: "Non preoccuparti delle persone che non trovi, te le presento io; sono persone che vorrebbero impegnarsi, ma non con me che sono di sinistra. Sono sicuro che con te verrebbero." E così è stato”.

Sono segni di speranza, e qui, con l'esperienza vissuta, sono gesti che danno nuova credibilità alla politica.

“Come ho scritto nella lettera citata, penso che sei un politico se sai ascoltare tutti, anche le parti avverse, se sai costruire con tutti, evidenziando il positivo che ci può essere in ogni proposta. Sei un politico se ti lasci conquistare dai sogni e dalla fantasia per proporre novità, bellezza, armonia. Sei un politico se vivi i problemi della polis, se partecipi ai traumi dei cittadini, se sai costruire rapporti nuovi fra le varie persone e le varie comunità, divise per tanti anni. Sei un politico se sai rispettare ogni proposta, ogni persona, se sai accogliere, e se saprai convergere le varie proposte su binari condivisibili a tutti”.

martedì 23 marzo 2010

Una segnalazione per i papà: una presenza desiderabile

CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI TAVAGNACCO

Istituto Scolastico Comprensivo

di Tavagnacco

promuove l’incontro con

Dott. Ezio Aceti - Psicologo

Il papà: una presenza

“desiderabile”

Il suo ruolo educativo nella relazione con i propri figli.

Giiovedìì 8 aprile 2010

Ore 20::30

Auditorium Comunale

di FELETTO UMBERTO

(ingresso gratuito)


L’incontro, senza voler escludere le mamme che ne fossero

interessate, è riservato ai papà che vogliono riflettere insieme

sull’importanza della loro figura e loro presenza nella

promozione di una crescita equilibrata dei loro figli.

Il dottor Ezio Aceti, laureato in Psicologia all'Università di Padova, è consulente

psicopedagogico del Comune di Milano, direttore del Consultorio familiare di

Erba (Como) ed è stato molte volte ospite in Friuli in diversi eventi.

In questo incontro vorrebbe affrontare, per la prima volta, parlandone

direttamente con gli interessati, il tema dell’importanza della presenza

del papà per la crescita dei propri figli.

Tra le sue pubblicazioni:

Dialogo per crescere, Ancora, Milano, 1995

Pronti? si parte!, Città Nuova, Roma 1998, 2003* (con Lino Fignelli)

Adolescenti a scuola, Città nuova, Roma 2001, 2001* (con Cristina Pochintesta)

Basta cavoli e cicogne!, Città Nuova, Roma 2002 (con Alberta Rotteglia)

Comunicare fuori e dentro la famiglia, Città Nuova, Roma 2004, (a cura di)

Finestre sul mondo - i ragazzi e l'uso dei media, Città Nuova, Roma, 2004

lunedì 16 novembre 2009

La Chiesa prende le distanze dalla Lega: «Divide i cristiani in buoni e cattivi»


TREVISO (15 novembre) - In Veneto e Friuli i vertici della Chiesa non hanno gradito molto le recenti prese di posizione della Lega che, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sull'esposizione del crocifisso a scuola, aveva cominciato una vera e propria crociata per difendere il simbolo cristiano per eccellenza in nome della difesa della tradizione.
«Non è l'Europa che vogliamo, non ci sentiamo di dover difendere sentenze di questo tipo», avevano subito commentato esponenti di primo piano della Lega, dal presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro a Leonardo Narduzzi, capogruppo del Carroccio nel consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

Aveva cominciato Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova in procinto di andare a Treviso al posto di Andrea Bruno Mazzocato (appena trasferito a Udine), criticando il sindaco leghista di Cittadella Massimo Bitonci (mai nominato esplicitamente, anche se il riferimento era chiaro), che aveva pubblicamente offerto crocifissi.

Ieri è stata la volta della diocesi di Vittorio Veneto, con il direttore del settimanale diocesano don Giampiero Moret che, nell'ultimo numero dell'Azione, ha scritto un editoriale fortemente critico nei confronti della nuova campagna della Lega, presentata dal segretario veneto Gian Paolo Gobbo, che prevede la distribuzione di volantini choc, con il crocifisso spezzato. Don Moret ha parlato di «strumentalizzazione del crocifisso da parte della politica» e ha aggiunto: «Ci spiace sommamente che il crocifisso sia tolto dalle scuole e dai luoghi pubblici, ma se questo serve per una convivenza più pacifica e fraterna, in questa nostra società che ha perso in gran parte questa fede e nella quale c'è ormai la presenza di altre religioni, non facciamo la guerra».

Ora interviene anche don Lucio Bonomo, direttore della "Vita del Popolo", settimanale diocesano di Treviso. Secondo Bonomo «non è opportuno che di un simile problema si impossessino la politica e i partiti, facendo del crocifisso un uso strumentale». Una situazione surreale e spiacvole, giunge il direttore, dove «il linguaggio, le accuse di tiepidezza o di tradimento della cultura cristiana vengono brandite come una spada tagliente pronta a dividere i cristiani in buoni e cattivi».

mercoledì 26 agosto 2009

Radiovaticana: precisazioni

In materia di immigrazione, e in particolare per ciò che riguarda la dignità dei migranti che richiedono asilo, negli ultimi giorni alcuni esponenti politici italiani hanno duramente contestato alcune affermazioni rilasciate ai media vaticani dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti. Da parte sua, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha affermato oggi in un’intervista di aver vissuto “da cattolico” questa situazione “con qualche dispiacere a qualche imbarazzo”. Tuttavia, ha aggiunto, l'Italia - “e lo dimostreremo coi fatti - è il Paese che ha salvato il maggior numero di vite in mare, operando coi fatti nel senso proprio voluto dal Vaticano”. Lo stesso mons. Vegliò è intervenuto nella vicenda con una nuova precisazione, che Alessandro De Carolis riferisce nel dettaglio:

"In seguito alla mia dichiarazione alla Radio Vaticana di sabato 22 corrente, pubblicata su L’Osservatore Romano del 23 agosto, circa la morte di numerosi migranti nel Mediterraneo, il Ministro Roberto Calderoli, secondo l’Agenzia A.G.I., avrebbe detto: 'Le parole sugli immigrati pronunciate da monsignor Vegliò non sono quelle del Vaticano e della CEI da cui, anzi, spesso, lo stesso Vegliò è stato poi contraddetto'.


"Al riguardo - afferma mons. Vegliò - con tutto il rispetto possibile e per amore di verità, vorrei asserire che: come Capo Dicastero ho il grande onore di fare dichiarazioni a nome della Santa Sede, mai sono stato contraddetto dalla Santa Sede, mai sono stato contraddetto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Forse - osserva il presule - il Signor Ministro aveva in mente altre situazioni o si riferiva a qualcun altro".


"È poi inaccettabile e offensivo - continua il capo dicastero vaticano - quanto viene riportato più avanti nella dichiarazione del Ministro, quasi che io sia responsabile della morte di tanti poveri esseri umani, inghiottiti dalle acque del Mediterraneo. La mia dichiarazione - conclude mons. Vegliò - partiva solo da un fatto concreto, tragico: la morte di tante persone, senza accuse, ma chiamando tutti alla propria responsabilità".

mercoledì 17 giugno 2009

Da Radiovaticana

Uganda: una casa per bambini orfani

◊ “L'Uganda sembra a prima vista un vero paradiso eppure questo Paese vive il dramma della povertà che provoca sofferenza e morte” afferma padre Danilo Salezze in riferimento alla nascita in cantiere di una casa-famiglia per i bimbi orfani e per le mamme abbandonate a Mbarara, nel sud ovest dell'Uganda. Lo prevede un progetto di solidarietà promosso dai frati della basilica di Sant'Antonio da Padova. L'iniziativa si è concretizzata dopo il recente viaggio proprio di padre Salezze, direttore generale del «Messaggero di Sant'Antonio» ed ora è stata rilanciata anche dalla rivista mensile pubblicata dai francescani conventuali. Il direttore racconta delle enormi difficoltà vissute dalla popolazione, spiegando che alla lunga guerra civile, alla miseria e alla fame, si accompagna la piaga terribile della diffusione dell'Aids. Dei trenta milioni di persone infette da hiv nel mondo, due milioni infatti sono ugandesi e l'80% non sa neppure di essere in questa situazione di estremo rischio. Peraltro non esiste in Uganda una medicina di base, e solo chi può pagare riceve qualche assistenza. Nel Paese l'Aids, oltre a fare moltissime vittime, - riferisce l’Osservatore Romano, occupatosi dell’iniziativa dei frati - è diventato fra l'altro la causa prima di molte altre situazioni drammatiche, come quella dei milioni di bambini rimasti orfani. C'è infine un elevato numero di donne malate a causa del virus, le quali sono colpite anche da altre patologie, fisiche o mentali, tutte conseguenza dell'abbandono in cui si trovano. “A questi bambini e a queste donne, dunque — sottolinea il direttore — sarà dedicata la casa-famiglia Shalom, che rappresenta un segno della solidarietà concreta dei tanti devoti di sant'Antonio sparsi nel mondo”. “Il progetto — specifica padre Salezze — nasce in collaborazione con la comunità Yesu Aurire (Gesù è vivo) di Mbarara, fondata da un sacerdote della diocesi di Mbarara, padre Emmanuel Tusiime”. “Nel progetto — aggiunge — è coinvolto un gruppo di volontari laici, uomini e donne che hanno conosciuto direttamente il dolore, il lutto, la malattia e l'abbandono, e che oggi sono impegnati nel restituire dignità alle persone che chiedono aiuto”. Per i promotori, l'iniziativa di solidarietà è insieme un modello di assistenza e sviluppo, che si basa su una grande esperienza di fede. Casa Shalom sarà in grado di accogliere fino a un centinaio di persone: settanta bambini orfani e malati affetti dall'Aids, quindici mamme sofferenti per disturbi psichiatrici con i loro bambini; oltre a un gruppo del personale volontario e medico. Il terreno è già disponibile e la comunità di Mbarara è pienamente coinvolta nell'iniziativa. Padre Emmanuel pensa già agli sviluppi futuri della casa di accoglienza: essa sarà collegata all'ospedale e all'università e diventerà un luogo di formazione per gli operatori sociali. L'intera città verrà coinvolta nell'iniziativa, i bambini bisognosi di assistenza saranno così reintegrati nelle famiglie e le donne troveranno un lavoro. Manca per ora il denaro per comprare il materiale e pagare il lavoro degli operai, ma i francescani della basilica di Sant'Antonio di Padova, attraverso la Caritas antoniana, hanno comunque deciso di appoggiare questo progetto, convinti nell'aiuto di tanti amici. (A.V.)

martedì 26 maggio 2009

ACLI informa sulle badanti irregolari

COMUNICATO STAMPA

Le conseguenze del reato di immigrazione “clandestinità”

DDL SICUREZZA: L'ALLARME DELLE FAMIGLIE PER LE “BADANTI” IRREGOLARI

La denuncia delle Acli Colf: «Le famiglie ci chiamano, non sanno cosa fare. Le lavoratrici hanno paura». Decine di migliaia aspettano risposta dall’ultimo decreto flussi. Il presidente delle Acli Olivero: «Accogliere le domande di assunzione già presentate nel 2007 e procedere a nuove regolarizzazioni»

Roma, 22 maggio 2009 – C’è allarme e preoccupazione tra le famiglie italiane che si avvalgono dell’assistenza di “badanti” irregolari per le conseguenze del pacchetto sicurezza approvato dalla Camera la settima scorsa, con l’introduzione del reato di “clandestinità”. Lo denunciano con forza le Colf delle Acli riunite a Roma per la loro XVII Assemblea nazionale. 160 delegate da tutta Italia, il 40% immigrate.

«Continuiamo a ricevere ogni giorno segnalazioni e telefonate allarmate» dice Pina Brustolin, responsabile nazionale delle Acli Colf, l’organizzazione professionale delle Acli che dal 1945 organizza le lavoratrici domestiche. «Le famiglie non sanno cosa fare, temono per le conseguenze. Le lavoratrici straniere ovviamente hanno paura, sono preoccupate». «Queste donne – aggiunge – rappresentano oggi l’unica speranza per molte famiglie italiane rispetto alla cura dei bambini e l’assistenza di anziani e non autosufficienti».

In Italia si contano 600mila lavoratori domestici registrati all’Inps, in gran parte donne straniere. Ma le stime che comprendono le colf e le “badanti” irregolari arrivano a calcolarne fino al doppio. L’ultimo decreto flussi ne ha previsto l’ingresso per poco più di 100mila, in aggiunta ai 90mila del decreto precedente del 2007, quando al Ministero arrivarono 420.366 domande per lo svolgimento di attività domestiche e di cura sul totale di 740.813 istanze presentate.

Sono dunque decine di migliaia le famiglie che hanno inoltrato richieste per nulla osta all'ingresso di lavoratore straniero già nel 2007, che in buona parte hanno già in casa la persona, ma ancora non hanno ricevuto risposta. «Queste famiglie – spiega Brustolin - si sentono tra l'incudine e il martello: da un lato la necessità di avere in casa la persona a sostegno delle loro difficoltà, dall'altra la paura e il rischio di avere in casa una lavoratrice che se controllata dalle Forze dell'ordine rischia di essere denunciata ed espulsa, mentre la famiglia potrebbe incorrere nel reato di favoreggiamento ospitandola in casa».

Già in base alla Legge Bossi-Fini il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno rischia l'arresto da tre mesi a un anno e l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato (art.22, comma 12). Quando il pacchetto sicurezza diverrà legge ci sarà l’aggravante del favoreggiamento per il reato di “clandestinità”. Per il lavoratore straniero è prevista l’espulsione e l’ammenda da 5mila a 10mila euro.

Il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero, intervenendo all’assemblea delle Colf, chiede al governo «parole rassicuranti per queste famiglie e queste lavoratrici» e propone una via d’uscita: «Accogliere tutte quelle domande “non strumentali” di nulla osta per lavoratore straniero inoltrate dalle famiglie con il decreto flussi 2007, facendo evitare a quanti sono già qui e lavorano nelle nostre case il rientro nel proprio Paese per prendere il visto. Lo Sportello Unico Immigrazione della Prefettura si potrebbe riservare il diritto di fare eventuali e ulteriori indagini presso le Rappresentanze Diplomatiche italiane sulle reali situazioni delle persone "regolarizzate".

C’è poi il problema di tutte quelle famiglie che non avendo potuto usufruire del decreto flussi 2007 – l’ultima scadenza valida era il 30 maggio 2008, e il successivo Decreto Flussi 2008 non ha aperto a ulteriori richieste - hanno dovuto nel frattempo trovare risposte alle loro esigenze di assistenza nel mercato del “sommerso”, tra le lavoratrici irregolarmente presenti sul territorio. «Un azione di sostegno per queste famiglie – dice Olivero – e di giustizia per queste donne lavoratrici non può che essere quella di procedere a nuove regolarizzazioni».

domenica 26 aprile 2009

Il sagrato del Duomo...Parliamone!

Una riprovevole abitudine

Ogni sabato, giorno di mercato, il sagrato del Duomo viene aperto per dare la possibilità alla vetture di passare, dato che non esiste altro accesso, e parcheggiare nel cortile; ma molti di loro usano il sagrato come parcheggio e ciò è poco rispettoso del luogo oltre che ad occupare uno spazio che è riservato ai pedoni. Speriamo che le persone imparino ad essere più educate onde evitare di dover chiudere il piazzale ed impedire l’accesso al parcheggio!

venerdì 17 aprile 2009

Portale Diocesi ci informa sul sì all'integrazione

AVVIATA LA RACCOLTA FIRME. SABATO UN CONVEGNO
No alle discriminazioni, sì all'integrazione versione testuale
Appello alla Regione dalla Rete per i diritti di cittadinanza del Fvg e dal Centro Balducci

UDINE (17 aprile, ore 12.30) - «No ad un welfare regionale che discrimini minori, studenti e famiglie in base alla loro provenienza. Sì ad un welfare che promuova l'integrazione e la coesione sociale». Questo l'appello promosso dalla Rete per i diritti di cittadinanza del Friuli-Venezia Giulia e dal Centro Balducci di Zugliano, che sarà presentato sabato 18 aprile, dalle 16, nel salone del Parlamento del Castello di Udine in un «Incontro pubblico di riflessione e confronto sulle politiche discriminatorie in Friuli-Venezia Giulia».

Interverranno don Pierluigi Di Piazza, responsabile del centro «Balducci» di Zugliano, Walter Citti, consulente Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) Friuli-Venezia Giulia, Francesco Milanese, presidente Istituto per i diritti e l'educazione, Monica Villa, mediatrice culturale Acli e Franco Belci, segretario generale Cgil Friuli-Venezia Giulia.

Nel corso del convegno sarà presentato il documento della Rete per i diritti di cittadinanza del Friuli-V.G. «Per una regione di accoglienza, diritti e pari opportunità e dell'APPELLO per un welfare regionale che promuova l'integrazione e la coesione sociale. Si discuterà poi di «Analisi delle politiche regionali, con attenzione particolare alla proposta di legge 39/2009. Infine sarà affrontato il tema dei «Rischi di militarizzazione del territorio e di privatizzazione della sicurezza nella proposta di legge 45/2009».

Uleriori informazioni sul sito internet del Centro Balducci

lunedì 19 gennaio 2009

Gran Bretagna: sdegno per la campagna pubblicitaria che nega l'esistenza di Dio

Gran Bretagna: sdegno per la campagna pubblicitaria che nega l'esistenza di Dio

◊ “Probabilmente Dio non esiste. Smetti di preoccuparti e goditi la vita”: all’inizio di gennaio questo slogan pubblicitario è apparso su oltre 800 autobus in tutta la Gran Bretagna e nella metropolitana di Londra, scatenando la reazione dei cristiani inglesi. Come riportato dall’agenzia Zenit, la campagna pubblicitaria è sostenuta dall’Associazione umanista britannica, finanziata con oltre 140mila sterline (150mila euro) e dovrebbe essere riproposta, su scala minore, anche in Spagna. Il direttore nazionale dell’associazione Christian Voice, Stephen Green, ha dunque presentato una denuncia presso l’Advertising standards authority (Asa) accusando la pubblicità di essere ingannevole e di violare il codice “a meno che chi promuove l’annuncio non dimostri che probabilmente Dio non esiste”. Nel regolamento dell’Asa, infatti, si legge che “la pubblicità non può disorientare i consumatori. Ciò significa che chi la promuove deve avere prove che dimostrino ciò che annuncia sui suoi prodotti o sui servizi prima che l’annuncio compaia”. Secondo un portavoce dell’Asa, infine, l’authority ha accettato la denuncia e la valuterà nei prossimi giorni, riservandosi di decidere se contattare o meno chi ha promosso l’annuncio. (R.B.)

Presento un'intervista della Radiovaticana dal Bollettino del 13 gennaio:

Una trovata pubblicitaria che non giova al dialogo tra posizioni diverse: il commento di don Gianfranco Calabrese ai "bus dell'ateismo"

◊ Fa discutere la notizia diffusa ieri sui principali quotidiani italiani on line della campagna atea sull’inesistenza di Dio che sarà promossa a Genova dal prossimo 4 febbraio. Su alcuni autobus del capoluogo ligure campeggerà infatti lo slogan: "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno". Analoghe iniziative sono state lanciate nei mesi scorsi anche negli Stati Uniti, in Australia, in Inghilterra e in Spagna. Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di don Gianfranco Calabrese della diocesi di Genova, docente della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale:


R. - La pubblicità è sempre un modo di rendersi pubblico di alcune posizioni che vogliono, in qualche modo, farsi dello spazio. Se fosse un dibattito sereno, potrebbe starci, ma non vorrei fosse un modo polemico di reagire a delle posizioni nel segno di un anticlericalismo che ormai - secondo me - è datato, perché oggi c’è una forte ricerca d’incontro, di dialogo.


D. - La Chiesa, come dicono gli organizzatori di quest’iniziativa, è dunque così pervasiva da occupare tutti gli spazi?


R. - C’è un po’, in queste tesi, un motivo dominante: che la Chiesa parla sempre ed è sempre presente in tutte le cose. Ma io credo che il problema non sia che la Chiesa è presente: il fatto è che, in una società debole dal punto di vista dei valori, la maggioranza delle persone interpella la Chiesa perché vede in essa un riferimento a quei valori che vorrebbe trovare in altre figure, anche non della Chiesa, e che purtroppo non sono presenti. Quello che mi preoccupa di più, però, è che non vorrei che questi modi di agire - di tipo pubblicitario - creino polemicamente delle contrapposizioni che, in questo momento, nel nostro Paese non dovrebbero esserci, perché credo sarebbe bene lavorare insieme o almeno dibattere, ma non così, per slogan.


D. - Quanto impatto, quanta presa sulla gente può avere una pubblicità così?


R. - Può colpire all’inizio, ma di fatto non incide in profondità. Anche perché la gente, se è convinta, dentro, di certi valori positivi o negativi, conduce comunque la vita secondo questi valori, in particolare per cià che riguarda la religiosità, che io vedo - nel popolo italiano - molto radicata.

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La sobrietà dimenticata


di Dionigi Tettamanzi (Dal discorso, «La sobrietà dimenticata», che l’arcivescovo di Milano ha tenuto ieri sera a Varese nel primo incontro con gli amministratori locali della diocesi)

Specialmente nel momento difficile che l’economia mondiale sta attraversando, con la solidarietà non bisogna dimenticare la sobrietà, che costituisce la via maestra alla solidarietà. È infatti l’uso corretto e sapiente dei beni la prima forma che realizza una solidarietà piena e consente il dono a mani libere, senza trattenere nulla se non quanto necessario. In queste ultime settimane sempre più spesso si è insistito da molte parti e con grande enfasi sulla necessità di sostenere il più possibile i consumi. Certo le esigenze della moderna economia vanno in questo senso: se non si produce, se non si vende, se non si consuma, l’economia ristagna. Ma anche qui ritorna il tema della giusta misura: non ci sono forse troppi bisogni inutili, indotti da una pubblicità più che ingannevole?

Dovremmo forse cominciare a riflettere sulla giusta dimensione della crescita economica, perché non si può far crescere all’infinito la domanda di cose, e uso appositamente il termine «cose». Forse gli economisti potrebbero aiutarci a rispondere alla domanda: quanto è giusto crescere? E, ancora, in quali settori è giusto crescere di più? La medicina, la cultura, la ricerca scientifica, l’ecosostenibi-lità, l’agroalimentare per dare cibo a tutti...

È una domanda che riguarda anche la vita dei Comuni che amministrate. Le opere essenziali in genere non mancano: scuole, strade, fognature, acquedotti, centri sportivi ecc. Manca a volte la cura quotidiana di tutte queste realtà affinché siano effettivamente e utilmente a disposizione della gente. Mancano, molto spesso, o risultano inadeguati i servizi alle persone, soprattutto ai più bisognosi per motivi non solo economici. Diventa quindi necessario interrogarci: in quale direzione crescere? Che cosa è davvero necessario? Che cosa è davvero urgente e prioritario e cosa non lo è, rispetto al bene della gente che abita il territorio da noi amministrato? Dove investire le risorse che ci sono, anche se rischiano di essere sempre insufficienti? Tocca a voi cercare e trovare la risposta appropriata. È comunque importante, prioritario tenere viva la domanda.

Più che preoccuparci genericamente della crescita, urge chiederci perché e come crescere. È in gioco il nostro modello di sviluppo, la sua dimensione veramente e pienamente umana, il suo orizzonte sociale. È giusto crescere, dunque, ma quale è la giusta misura? Forse nessuno ci sta seriamente pensando, perché ci lasciamo travolgere dal meccanismo irrefrenabile del mercato. Un’economia seria non può non porsi la domanda e cercare la risposta; così come una politica seria. Parlando del-l’attuale crisi economica globale, come un «banco di prova» e «quale sfida per il futuro e non solo come un’emergenza a cui dare risposte di corto respiro», papa Benedetto XVI ha posto e motivato un interrogativo che chiede una riflessione accurata e una disponibilità alla «conversione»:

Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo. Sempre in rapporto a questa crisi, da leggersi in profondità «come un sintomo grave che richiede di intervenire sulle cause», il Papa afferma: «Non basta - come direbbe Gesù - porre rattoppi nuovi su un vestito vecchio (cfr. Mc 2,21)» (Angelus, 1 gennaio 2009).

Per esemplificare ci poniamo qualche domanda. Possiamo sostenere uno sviluppo che non si faccia carico delle esigenze del pianeta: dei popoli poveri ed esclusi dalla mensa imbandita dei Paesi ricchi, dell’ambiente, del risparmio delle risorse naturali? Questo non significa fermare il progresso economico, ma «ri-orientarlo», significa chiedersi dove stiamo andando e correggere la rotta per raggiungere approdi migliori. Porsi la domanda sul modello di sviluppo e sul tasso di crescita, sulla distribuzione delle risorse ha realmente a che vedere con il progresso e con il benessere di tutti. Non è l’atteggiamento di chi vuol tornare indietro, ma di chi vuole proseguire con assennatezza.

Eppure si tratta di domande che spesso infastidiscono, forse semplicemente perché toccano il cuore della questione. Ancora per esemplificare: perché tacitamente accettiamo che intere aree del pianeta siano tagliate fuori dal progresso, anche minimo?

(da La Stampa del 16 gennaio 2009)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024

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