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lunedì 24 agosto 2009

Internet secondo la rivista Città nuova

Internet, le sviste possibili
05-08-2009 di Riccardo Poggi -
Fonte: Città nuova

Crisi e rinascita dei media: che futuro ci aspetta? Spontaneità, passione, desiderio, ma anche consapevolezza.

Internet, le sviste possibili
Quando si ragiona di Internet si rischia sempre di cadere in alcune sviste. La prima è dimenticarsi del contesto tecnologico ed economico a cui ci riferiamo. In Mozambico molti bimbi a scuola imparano a fare le operazioni scrivendo col ditino nella sabbia. Pochi mesi fa parlavo via chat con Carlo, medico in Costa d’Avorio: io con linea veloce a banda larga, lui condividendo un vecchio lento modem a 56k con 3 o 4 giovani in un Internet café.
Parliamo quindi pure di miglioramenti nella nostra Rete, ma non dimentichiamo chi avrebbe diritto a un accesso diverso.
Seconda svista: pensare che ci siano “esperti” della Rete. In un ambito in continua espansione e soprattutto in continua trasformazione come la Rete, è difficile parlare di “esperti”.
Terza svista: dare per scontato che l’espansione e un più ampio uso della Rete sia automaticamente positivo. Occorrerebbe ragionare anche su questo.
Quarta svista: dimenticare che a fianco e oltre Internet e i computer ci sono altri nuovi media, come i cellulari di ultima generazione che – a patto di costi iniziali e tariffe più accessibili – potranno dare alla Rete stessa un impulso e una potenzialità probabilmente ancora difficili da immaginare.
Diffusione
Partiamo dalla situazione di Internet in Italia. Dal grafico della crescita di Internet in Italia (che proviene dal sito www.gandalf.it, frutto del lavoro paziente e costante di Giancarlo Livraghi), si vede che fino al 1999 la Rete è stata utilizzata più sul lavoro che a casa (vedi pag. 54). Nel 2000, il balzo in avanti dell’uso casalingo è legato al lancio dell’accesso gratuito alla Rete da parte di un operatore telefonico italiano.
Si vede poi, purtroppo, che nella scuola la crescita è quasi nulla, anche in tempi recenti, nonostante molti insegnanti – giovani e meno giovani – con passione e costanza si impegnino a introdurre le nuove tecnologie, aiutati a volte anche dai programmi ministeriali. In generale, a livello europeo l’Italia è al quart’ultimo posto per utilizzo di Internet e la sensazione è che ci siano luci ed ombre.
Le luci: sicuramente in famiglia l’uso della Rete è aumentato moltissimo, specie da parte dei giovani, ma anche gli adulti adoperano sempre più spesso applicazioni per la gestione del conto in banca, i servizi delle poste o di acquisto online.
Un discorso a parte merita poi l’enorme incremento nell’uso di Facebook, specie nelle età dai 35 ai 55 anni. Le aziende hanno capito da tempo che la rete non è semplicemente una vetrina, ma uno strumento per la relazione con clienti e fornitori.
Sospetti e divisione
Le ombre: sospetti e divisione. C’è sospetto in famiglia sull’uso della rete da parte dei figli, per il timore di uno strumento spesso poco conosciuto dai genitori. A me, che pure sono appassionato di Rete, capita spesso di dire a mio figlio: «Sei sempre al Pc, invece di studiare!». Salvo poi scoprire – anche su argomenti scolastici – una competenza inaspettata.
C’è sospetto a scuola, dove i Pc sono spesso confinati in aule informatiche, mentre gli studenti si collegano alla Rete via iPhone, magari all’insaputa degli insegnanti. Si ha l’impressione di un distacco troppo forte tra il mondo della Rete, in cui i ragazzi sono costantemente immersi, e i programmi ancora basati sul metodo “frontale” della scuola.
Sospetto nelle aziende che, pur in presenza di manager aperti all’innovazione, hanno spesso una struttura informatica vecchio stile, con propensione a mantenere le vecchie applicazioni conosciute e resistenza al nuovo. Anche a livelli alti si è organizzati per gestire il potere, più che il sapere, caratteristica della Rete.
C’è difficoltà – da parte di alcuni giornalisti della carta stampata – ad accettare un ruolo nell’informazione in Rete.
C’è sospetto nel potere politico: alcune proposte di legge, apparentemente contro la pedo-pornografia, lasciano trasparire il proposito di ingabbiare la libera circolazione delle idee.
C’è divisione perché, se è vero che è nella natura della Rete creare “isole” di dialogo su argomenti di comune interesse, si vede ancora una forte stratificazione per età (tra genitori e figli, tra anziani e giovani), per livello culturale e reddito (chi può permettersi la banda veloce e chi no).
Per non parlare del sostanziale ostracismo a tutto ciò che sa di religione, dove il dichiararsi cattolici provoca reazioni così forti da rendere difficile un dialogo sereno.
Rinascita?
In questo panorama, quale può essere la strategia per un migliore uso della Rete? Non esistono ricette. Dobbiamo verificare quali applicazioni e contenuti provocano una attiva partecipazione e favoriscono la comunicazione. Ad esempio i social network – l’esempio più noto è Facebook – convogliano interesse da parte di molti utilizzatori intorno a specifici campi.
Ci sono luoghi della Rete dove ognuno può “aiutare e farsi aiutare”, ad esempio i forum. Luoghi dove il sapere è liberamente fruibile; è recente la notizia che Microsoft ha deciso di abbandonare la sua famosa enciclopedia Encarta, venduta su Cd e pubblicata parzialmente in Rete. Il motivo non dichiarato ma evidente è l’enorme successo dell’enciclopedia libera Wikipedia. Ci sono applicazioni che offrono un libero spazio espressivo, unito a semplicità e trasparenza nella gestione, come i blog.
Singolarmente, questi elementi positivi della Rete coincidono con i quattro pilastri della comunicazione di cui parlava Chiara Lubich nel 2000:
1) comunicare è essenziale, perché parte costitutiva dell’uomo;
2) mettersi in ascolto dell’altro, nei panni dell’altro;
3) sottolineare il positivo;
4) importa l’uomo, non il medium, che è un semplice strumento.
Questi aspetti sono quelli che coinvolgono spontaneità, passione, desiderio e anche voglia di protagonismo: componenti di quel bambino che è in noi, che non vanno incanalate o strutturate – pena l’estinguersi di qualsiasi iniziativa in Rete –, ma sostenute da una adulta consapevolezza.
Dialogo e partecipazione
Avere un approccio consapevole alla Rete significa quindi soprattutto puntare su dialogo, partecipazione e progettualità. Qualunque iniziativa vogliamo intraprendere – dal sito web al gruppo di interesse via mail, dal corso di formazione al lavoro collaborativo a scuola, all’Intranet aziendale – richiede vigilanza e sostegno costante. Richiede dialogo, soprattutto tra età, competenze e livelli culturali diversi.
Richiede progettualità: ormai le possibilità sono enormi, per cui dobbiamo sapere cosa desideriamo e dove vogliamo arrivare, prima ancora di metter mano al mouse o alla tastiera.
Richiede partecipazione: ognuno deve poter dare un piccolo contributo, la Rete ha spazio in abbondanza. Più è aperta a tutti, più ne guadagna.
Se poi torniamo un attimo al grafico iniziale, che vedeva tre campi d’azione, lavoro, famiglia, scuola, e lo guardiamo non in termini di “luogo fisico” d’uso, quanto in termini di “ambito d’uso”, ci accorgiamo di un grande assente: il terzo settore, il volontariato, spazio per il quale, invece, la Rete sembrerebbe fatta apposta: gratuita, collaborativa, scalabile.
Alla fine, per una crescita vera (o una rinascita) della Rete serve ricordare un’idea su cui Livraghi (www.gandalf.it) insiste da tempo: «La Rete non è fatta di macchine, cavi, software, procedure e protocolli. È fatta di persone».
Riccardo Poggi
In Rete, per aiutare
Esempi che invitano all’azione.
 Poche ore dopo la prima forte scossa in Abruzzo, un piccolo gruppo di persone aveva pubblicato una pagina con le informazioni su donazioni di sangue, raccolta e distribuzione di aiuti, aggiornata in tempo reale con notizie verificate e verificabili (terremotoabruzzo.pbwiki.com). Per realizzarlo, uno strumento gratuito, Pbwiki: un wiki, un tipo di sito web aggiornabile senza conoscenze informatiche particolari.
 Riccardo Barlaam, giornalista de Il Sole 24 Ore, ha lanciato il sito www.africa-times-news.com per la pubblicazione continua di notizie fornite da una redazione di giornalisti sparsi in tutta l’Africa.
 In modo analogo è possibile creare redazioni virtuali che raccolgano e pubblichino notizie “dal basso”. Si chiama “citizen journalism” (giornalismo partecipativo).
 Sicurezza delle persone in città: tramite le mappe online è possibile raccogliere dai cittadini l’indicazione dei punti critici della città: attraversamenti pericolosi, marciapiedi stretti, buche, lampioni spenti, luoghi inaccessibili alle carrozzelle, aiuole sporche o percorsi tortuosi.
 Un esempio professionale è il progetto Polis (www.polislink.it) realizzato a Sesto Fiorentino.


venerdì 22 maggio 2009

"Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia."

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA XLIII GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

"Nuove tecnologie, nuove relazioni.
Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia."

24 maggio 2009




Cari fratelli e sorelle,

in prossimità ormai della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, mi è caro rivolgermi a voi per esporvi alcune mie riflessioni sul tema scelto per quest’anno: Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia. In effetti, le nuove tecnologie digitali stanno determinando cambiamenti fondamentali nei modelli di comunicazione e nei rapporti umani. Questi cambiamenti sono particolarmente evidenti tra i giovani che sono cresciuti in stretto contatto con queste nuove tecniche di comunicazione e si sentono quindi a loro agio in un mondo digitale che spesso sembra invece estraneo a quanti di noi, adulti, hanno dovuto imparare a capire ed apprezzare le opportunità che esso offre per la comunicazione. Nel messaggio di quest’anno, il mio pensiero va quindi in modo particolare a chi fa parte della cosiddetta generazione digitale: con loro vorrei condividere alcune idee sullo straordinario potenziale delle nuove tecnologie, se usate per favorire la comprensione e la solidarietà umana. Tali tecnologie sono un vero dono per l’umanità: dobbiamo perciò far sì che i vantaggi che esse offrono siano messi al servizio di tutti gli esseri umani e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile.

L’accessibilità di cellulari e computer, unita alla portata globale e alla capillarità di internet, ha creato una molteplicità di vie attraverso le quali è possibile inviare, in modo istantaneo, parole ed immagini ai più lontani ed isolati angoli del mondo: è, questa, chiaramente una possibilità impensabile per le precedenti generazioni. I giovani, in particolare, hanno colto l’enorme potenziale dei nuovi media nel favorire la connessione, la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità e li utilizzano per comunicare con i propri amici, per incontrarne di nuovi, per creare comunità e reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie idee e opinioni. Molti benefici derivano da questa nuova cultura della comunicazione: le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi distanze, gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche e possono, pertanto, lavorare in équipe da luoghi diversi; inoltre la natura interattiva dei nuovi media facilita forme più dinamiche di apprendimento e di comunicazione, che contribuiscono al progresso sociale.

Sebbene sia motivo di meraviglia la velocità con cui le nuove tecnologie si sono evolute in termini di affidabilità e di efficienza, la loro popolarità tra gli utenti non dovrebbe sorprenderci, poiché esse rispondono al desiderio fondamentale delle persone di entrare in rapporto le une con le altre.

Questo desiderio di comunicazione e amicizia è radicato nella nostra stessa natura di esseri umani e non può essere adeguatamente compreso solo come risposta alle innovazioni tecnologiche. Alla luce del messaggio biblico, esso va letto piuttosto come riflesso della nostra partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol fare dell’intera umanità un’unica famiglia. Quando sentiamo il bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle meglio e farci conoscere, stiamo rispondendo alla chiamata di Dio – una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio, il Dio della comunicazione e della comunione.

Il desiderio di connessione e l’istinto di comunicazione, che sono così scontati nella cultura contemporanea, non sono in verità che manifestazioni moderne della fondamentale e costante propensione degli esseri umani ad andare oltre se stessi per entrare in rapporto con gli altri. In realtà, quando ci apriamo agli altri, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più pienamente umani. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore. Naturalmente, non parlo di passeggere, superficiali relazioni; parlo del vero amore, che costituisce il centro dell’insegnamento morale di Gesù: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (cfr Mc 12,30-31). In questa luce, riflettendo sul significato delle nuove tecnologie, è importante considerare non solo la loro indubbia capacità di favorire il contatto tra le persone, ma anche la qualità dei contenuti che esse sono chiamate a mettere in circolazione. Desidero incoraggiare tutte le persone di buona volontà, attive nel mondo emergente della comunicazione digitale, perché si impegnino nel promuovere una cultura del rispetto, del dialogo, dell’amicizia.

Pertanto, coloro che operano nel settore della produzione e della diffusione di contenuti dei nuovi media non possono non sentirsi impegnati al rispetto della dignità e del valore della persona umana. Se le nuove tecnologie devono servire al bene dei singoli e della società, quanti ne usano devono evitare la condivisione di parole e immagini degradanti per l’essere umano, ed escludere quindi ciò che alimenta l’odio e l’intolleranza, svilisce la bellezza e l’intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi.

Le nuove tecnologie hanno anche aperto la strada al dialogo tra persone di differenti paesi, culture e religioni. La nuova arena digitale, il cosiddetto cyberspace, permette di incontrarsi e di conoscere i valori e le tradizioni degli altri. Simili incontri, tuttavia, per essere fecondi, richiedono forme oneste e corrette di espressione insieme ad un ascolto attento e rispettoso. Il dialogo deve essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità, per realizzare la promozione dello sviluppo nella comprensione e nella tolleranza. La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze: è piuttosto ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Occorre non lasciarsi ingannare da quanti cercano semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità.

Il concetto di amicizia ha goduto di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni. Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana. Nelle nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci sviluppiamo come esseri umani. Proprio per questo la vera amicizia è stata da sempre ritenuta una delle ricchezze più grandi di cui l’essere umano possa disporre. Per questo motivo occorre essere attenti a non banalizzare il concetto e l’esperienza dell’amicizia. Sarebbe triste se il nostro desiderio di sostenere e sviluppare on-line le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per la famiglia, per i vicini e per coloro che si incontrano nella realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo libero. Quando, infatti, il desiderio di connessione virtuale diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale. Ciò finisce per disturbare anche i modelli di riposo, di silenzio e di riflessione necessari per un sano sviluppo umano.

L’amicizia è un grande bene umano, ma sarebbe svuotato del suo valore, se fosse considerato fine a se stesso. Gli amici devono sostenersi e incoraggiarsi l’un l’altro nello sviluppare i loro doni e talenti e nel metterli al servizio della comunità umana. In questo contesto, è gratificante vedere l’emergere di nuove reti digitali che cercano di promuovere la solidarietà umana, la pace e la giustizia, i diritti umani e il rispetto per la vita e il bene della creazione. Queste reti possono facilitare forme di cooperazione tra popoli di diversi contesti geografici e culturali, consentendo loro di approfondire la comune umanità e il senso di corresponsabilità per il bene di tutti. Ci si deve tuttavia preoccupare di far sì che il mondo digitale, in cui tali reti possono essere stabilite, sia un mondo veramente accessibile a tutti. Sarebbe un grave danno per il futuro dell’umanità, se i nuovi strumenti della comunicazione, che permettono di condividere sapere e informazioni in maniera più rapida e efficace, non fossero resi accessibili a coloro che sono già economicamente e socialmente emarginati o se contribuissero solo a incrementare il divario che separa i poveri dalle nuove reti che si stanno sviluppando al servizio dell’informazione e della socializzazione umana.

Vorrei concludere questo messaggio rivolgendomi, in particolare, ai giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede. Carissimi, sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo. A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo "continente digitale". Sappiate farvi carico con entusiasmo dell’annuncio del Vangelo ai vostri coetanei! Voi conoscete le loro paure e le loro speranze, i loro entusiasmi e le loro delusioni: il dono più prezioso che ad essi potete fare è di condividere con loro la "buona novella" di un Dio che s’è fatto uomo, ha patito, è morto ed è risorto per salvare l’umanità. Il cuore umano anela ad un mondo in cui regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità e dove l’identità di ciascuno sia realizzata in una comunione rispettosa. A queste attese la fede può dare risposta: siatene gli araldi! Il Papa vi è accanto con la sua preghiera e con la sua benedizione.

venerdì 2 maggio 2008

42^ Giornata delle Comunicazioni Sociali: Ascensione 2008

Messaggio di Benedetto XVI
per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali versione testuale
«I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla»

Cari fratelli e sorelle!

1. Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - “I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla” – pone in luce quanto importante sia il ruolo di questi strumenti nella vita delle persone e della società. Non c’è infatti ambito dell’esperienza umana, specialmente se consideriamo il vasto fenomeno della globalizzazione, in cui i media non siano diventati parte costitutiva delle relazioni interpersonali e dei processi sociali, economici, politici e religiosi. In proposito, scrivevo nel Messaggio per la Giornata della Pace dello scorso 1° gennaio: “I mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza” (n. 5).

2. Grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie, ponendo nello stesso tempo nuovi ed inediti interrogativi e problemi. È innegabile l’apporto che essi possono dare alla circolazione delle notizie, alla conoscenza dei fatti e alla diffusione del sapere: hanno contribuito, ad esempio, in maniera decisiva all’alfabetizzazione e alla socializzazione, come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli. Senza il loro apporto sarebbe veramente difficile favorire e migliorare la comprensione tra le nazioni, dare respiro universale ai dialoghi di pace, garantire all’uomo il bene primario dell’informazione, assicurando, nel contempo, la libera circolazione del pensiero in ordine soprattutto agli ideali di solidarietà e di giustizia sociale. Sì! I media, nel loro insieme, non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale. Non manca, purtroppo, il rischio che essi si trasformino invece in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. Vi è infine la possibilità che, attraverso i media, vengano proposti e sostenuti modelli di sviluppo che aumentano anziché ridurre il divario tecnologico tra i paesi ricchi e quelli poveri.

3. L’umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale quanto ho scritto nell’Enciclica Spe salvi circa l’ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze. Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano “la formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore” (ibid.)? La loro straordinaria incidenza nella vita delle persone e della società è un dato largamente riconosciuto, ma va posta oggi in evidenza la svolta, direi anzi la vera e propria mutazione di ruolo, che essi si trovano ad affrontare. Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per “creare” gli eventi stessi. Questo pericoloso mutamento della loro funzione è avvertito con preoccupazione da molti Pastori. Proprio perché si tratta di realtà che incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana (morale, intellettuale, religiosa, relazionale, affettiva, culturale), ponendo in gioco il bene della persona, occorre ribadire che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente praticabile. L’impatto degli strumenti della comunicazione sulla vita dell’uomo contemporaneo pone pertanto questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili.

4. Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millennio. In maniera non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della famiglia, e nell’ambito delle grandi questioni contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco dimensioni costitutive dell’uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’“info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.

5. Occorre evitare che i media diventino il megafono del materialismo economico e del relativismo etico, vere piaghe del nostro tempo. Essi possono e devono invece contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla. Si può anzi dire che la ricerca e la presentazione della verità sull’uomo costituiscono la vocazione più alta della comunicazione sociale. Utilizzare a questo fine tutti i linguaggi, sempre più belli e raffinati di cui i media dispongono, è un compito esaltante affidato in primo luogo ai responsabili ed agli operatori del settore. E’ un compito che tuttavia, in qualche modo, ci riguarda tutti, perché tutti, nell’epoca della globalizzazione, siamo fruitori e operatori di comunicazioni sociali. I nuovi media, telefonia e internet in particolare, stanno modificando il volto stesso della comunicazione e, forse, è questa un’occasione preziosa per ridisegnarlo, per rendere meglio visibili, come ebbe a dire il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana (cfr Lett. ap. Il rapido sviluppo, 10).

6. L’uomo ha sete di verità, è alla ricerca della verità; lo dimostrano anche l’attenzione e il successo registrati da tanti prodotti editoriali, programmi o fiction di qualità, in cui la verità, la bellezza e la grandezza della persona, inclusa la sua dimensione religiosa, sono riconosciute e ben rappresentate. Gesù ha detto: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). La verità che ci rende liberi è Cristo, perché solo Lui può rispondere pienamente alla sete di vita e di amore che è nel cuore dell’uomo. Chi lo ha incontrato e si appassiona al suo messaggio sperimenta il desiderio incontenibile di condividere e comunicare questa verità: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi – scrive san Giovanni -, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita […], noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta” (1Gv 1, 1-3).

Invochiamo lo Spirito Santo, perché non manchino comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità che, fedeli alla consegna di Cristo e appassionati del messaggio della fede, “sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli” (Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Parabole mediatiche, 9 novembre 2002).

Con questo auspicio a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2008, Festa di San Francesco di Sales.

BENEDICTUS PP. XVI

giovedì 24 gennaio 2008

Comunicazioni sociali

In Sala Stampa, mons. Celli presenta il Messaggio del Papa e risponde a tutto campo sui media cattolici e l'etica dell'informazione






Stamani, dunque, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa vaticana, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio. Sono intervenuti, tra gli altri, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e mons. Paul Tighe, segretario del medesimo Pontificio Consiglio. Ha seguito per noi l’evento Alessandro Gisotti:

Il messaggio del Papa per le comunicazioni sociali torna ad essere presentato in Sala Stampa. Un segno di presenza importante, ha esordito mons. Celli, che ha voluto sottolineare come il dicastero vaticano da lui guidato, vuole essere, nel servizio alla Chiesa, una “voce amica di tutti gli operatori che ritengono sia loro dovere favorire una corretta informazione”. Tante le domande dei giornalisti per il nuovo presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Mons. Celli ha innanzitutto risposto sulla possibilità di un maggior coordinamento dei media vaticani, prendendo spunto dalla Messa celebrata stamani nella cappella della nostra emittente:


“Credo che sia stato molto bello che, questa mattina, alla celebrazione eucaristica in onore di San Francesco di Sales, ci fosse presente sì la Radio Vaticana, ma anche l’Osservatore Romano. E abbiamo cominciato ad accogliere anche amici dei media e quindi agenzie di stampa, che erano venuti. Vediamo come poter arrivare a fare una proposta omogenea dove si salva l’identità di ogni realtà che è già operativa, ma dove si mettono in essere dei concreti atteggiamenti per un migliore coordinamento”.

Mons. Celli si è così soffermato sulla dimensione etica dell’informazione, così a cuore a Benedetto XVI. Il presule ha annunciato che verrà aperto “un forum tecnologico per una riflessione più ampia sulla teologia della comunicazione” e ha ribadito l’urgenza di un approfondimento sulla formazione dei giornalisti. Quindi, ha spiegato il senso della parola “info-etica”, coniata dal Santo Padre in questo Messaggio:


“Uno dei temi forti che emerge è l’etica, perché ancora una volta il Papa lo sottolinea, è l’uomo che è all’origine di questa ricchezza dei media di oggi ed è l’uomo che è destinatario di ciò che i media producono. Il Papa nel suo messaggio conia questa nuova parola: ‘infoetica’”.

L’uomo deve diventare il vero riferimento per tutti i mass media non solo cattolici, ha proseguito mons. Celli. Benedetto XVI, ha detto ancora, riconosce gli aspetti positivi per l’umanità dei mezzi di comunicazione sociale. Tuttavia, non manca di indicare il rischio che i media possano creare piuttosto che rappresentare i fatti. E ancora possano influire negativamente sugli stili di vita delle persone. Il capo dicastero ha rivelato che è al vaglio la possibilità di realizzare un’intervista al Papa con giornalisti di lingua inglese, forse in vista del viaggio apostolico negli Stati Uniti. Quindi, ha messo l’accento sulla sfida posta dal Magistero di Benedetto XVI agli operatori dei media:


“Abbiamo un magistero pontificio di estrema chiarezza e di profonde riflessioni. Direi, un Papa che ci dà la testimonianza di essere uno strenuo ricercatore della verità, anche se alle volte questo suo stile può causare situazioni difficili e lascia pensosi determinati settori dell’umanità. Ma certo ha, e lui stesso lo ha detto e a me ha fatto molto piacere, questo suo amore per la ricerca della verità”.


La Chiesa, è stata la riflessione di mons. Celli, non è una “torre d’avorio”. La Chiesa sa accogliere, capire, dialogare. E i mezzi di comunicazione cattolici - ha detto - dovrebbero essere lo specchio di questa realtà:

“I nostri media non devono diventare strumenti di un fondamentalismo religioso. Non è questo che cerchiamo! E neanche di integralismi culturali, ma devono essere espressione di una diaconia della cultura. Dovrebbero essere, ancora una volta, strumenti di insegnamento e di cosa significa dialogare ed essere uomini che rispettano le posizioni degli altri, che sanno accogliere. Ecco perché – e lo sottolineo nuovamente – non stiamo cercando fondamentalismi religiosi”.

Mons. Celli ha auspicato di poter presto avere due collaboratori in più nel dicastero da lui presieduto: un asiatico e un mediorientale. Quindi, ha annunciato che entro il primo semestre del 2008 si terranno due convegni internazionali promossi dal Pontificio Consiglio, il primo dedicato alla comunicazione nelle università e il secondo rivolto ai responsabili delle radio cattoliche.
SAN FRANCESCO DI SALES
«Giornalisti, amate i vostri lettori» versione testuale
L'esortazione di mons. Brollo nel giorno del patrono della categoria

UDINE (24 gennaio, ore 14.00) - La comunicazione deve avere come fondamento sempre la verità e l’amore per coloro a cui si rivolge.
A ricordarlo è stato l’arcivescovo di Udine, mons. Pietro Brollo, nel corso della Santa Messa, celebrata oggi nella chiesa della Purità, a Udine, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono degli operatori delle comunicazioni sociali.
Il rito, cui hanno partecipato numerosi giornalisti, è stato concelebrato assieme all’arcivescovo da mons. Luciano Nobile, parroco della Cattedrale di Udine, e dal segretario dell’Arcivescovo, don Simone Vigutto, mentre don Loris Della Pietra, direttore dell’Ufficio di pastorale liturgica, ha guidato i canti.
La riflessione di mons. Brollo è partita proprio dal tema scelto dal Papa per la Giornata delle comunicazioni – «Strumenti di comunicazione sociale, al bivio tra protagonismo e servizio» – per affermare che è proprio l’amore per gli altri la discriminante affinché il giornalismo sia servizio.
«San Francesco di Sales – ha detto mons. Brollo – è famoso per la capacità che il suo cuore aveva di mettersi in rapporto con le persone con cui veniva in contatto. Forse oggi manca proprio la capacità di metterci in gioco come persone che sentono la responsabilità di ristabilire questi rapporti veri». È per questo che «a volte troviamo notizie distorte, a volte non controllate. Manca quella professionalità che porta a cercare di capire quali sono le vere notizie».
Già, perché una notizia ha prima di tutto bisogno «di essere vera», ha detto mons. Brollo. Ecco allora «l’importanza della ricerca della verità», una verità che, citando San Paolo, «vi farà liberi». Tuttavia, ha aggiunto l’arcivescovo rivolgendosi ai giornalisti, «è anche vero che la libertà rende veri. Nella misura in cui siete liberi dentro, allora, andate anche a cercare la verità».

Ma alla base di tutto, ha ribadito ancora mons. Brollo, ci dev’essere l’amore: «Come un padre non dà lo scorpione al proprio figlio che gli chiede del pane, così anche voi, se siete capaci di voler bene alle persone cui vi rivolgete, riuscirete a dare loro ciò di cui hanno

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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