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domenica 10 dicembre 2023

 

DON CARLOS BOTERO NUOVO PARROCO DI TORVISCOSA, CAMPOLONGHETTO, CASTIONS DELLE MURA E MALISANA

Nuovo parroco per le quattro comunità della Collaborazione pastorale di Torviscosa: don Carlos Alberto Botero Arias raccoglie il testimone da don Gianni Molinari, dimesso per motivi di salute. L’ingresso sarà a febbraio 2024.

Nato 36 anni fa a Florencia, in Colombia, don Carlos Alberto Botero Arias è stato ordinato sacerdote per l’Arcidiocesi di Udine nel 2016; dopo cinque anni lascia l’incarico di vicario parrocchiale nella Parrocchia di Codroipo. In precedenza, fino al 2018, egli aveva svolto servizio nella Parrocchia di Lignano. Da sempre vicino alla pastorale dei ragazzi, nell’ottobre 2023 è stato nominato vice-direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, ruolo che continuerà a svolgere anche dopo l’ingresso nelle comunità della Bassa friulana.

Don Carlos Botero entrerà ufficialmente nelle quattro Parrocchie domenica 11 febbraio 2024, lo stesso giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Lourdes. Egli raccoglie il testimone da don Gianni Molinari, dimessosi dalla guida delle quattro Parrocchie per motivi di salute: don Molinari si ritirerà in quiescenza a Cividale.

Dal momento del suo ingresso, don Carlos Botero sarà anche parroco coordinatore della Collaborazione pastorale di Torviscosa, coincidente con le quattro Parrocchie di cui sarà parroco.

In attesa dell’ingresso del nuovo parroco, le quattro Parrocchie saranno amministrate da mons. Igino Schiff; fino a febbraio esse potranno contare sul servizio di don Tacio Alexandre Puntel e del

sabato 11 marzo 2023

A TORVISCOSA AL VIA UNA SERIE DI INCONTRI PER APPROFONDIRE LA SACRA SCRITTURA

 

A TORVISCOSA AL VIA UNA SERIE DI INCONTRI PER APPROFONDIRE LA SACRA SCRITTURA

Prenderà il via venerdì 10 marzo, alle 20.30 in oratorio a Torviscosa, una serie di incontri per leggere e approfondire la Sacra Scrittura. L’iniziativa è rivolta ai fedeli adulti delle comunità della CP torzuinese: Torviscosa, Malisana, Campolonghetto e Castions delle Mura.

Le serate saranno condotte da sacerdoti, diaconi, religiosi, professori e volontari laici opportunamente preparati.
La modalità di svolgimento di ognuno degli incontri, prevederà il libero intervento da parte di tutti i partecipanti, nel pieno rispetto reciproco, ma sopratutto nel più puro spirito di una vera comunità cristiana e cattolica.

L’iniziativa è legata all’esperienza digitale del gruppo Facebook “Fede Consapevole”.

giovedì 16 febbraio 2023

Visita Pastorale alla Collaborazione Pastorale di Torviscosa

 

LA COLLABORAZIONE PASTORALE DI TORVISCOSA CONCLUDE LA VISITA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO NELLA BASSA FRIULANA

Torviscosa, Malisana, Campolonghetto e Castions delle Mura: è il territorio che l'arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato visiterà sabato 18 e domenica 19 febbraio 2023, nell'ultima tappa della Visita pastorale nelle Collaborazioni pastorali della Bassa friulana.

Cinque comunità – Torviscosa, Malisana, Campolonghetto, Castions delle Mura e il Villaggio Roma – comprese in quattro Parrocchie nelle quali, già prima dell’avvio della Collaborazione pastorale, in varie circostanze, ci si scambiavano momenti di incontro e preghiera. E che ora, dopo i primi passi incerti, pian piano sono impegnate nel delineare un nuovo cammino insieme.

Le quattro Parrocchie della Collaborazione pastorale sono guidate da un unico parroco, don Gianni Molinari, coadiuvato dal vicario don Tacio Alexandre Puntel. Nelle comunità presta servizio anche il diacono Luigino Vit. Direttore del Consiglio pastorale di Collaborazione è Michele Olivo.

 

Il programma della Visita pastorale

Sabato 18 febbraio 2023, alle 15.00 in oratorio a Torviscosa l’Arcivescovo incontrerà gli operatori pastorali. Alle 16.45 in oratorio a Torviscosa egli incontrerà i giovani. Alle 18.00 in chiesa a Torviscosa mons. Mazzocato presiederà la S. Messa.

Domenica 19 febbraio 2023 alle 10.15 a Castions delle Mura l’Arcivescovo incontrerà i sindaci e gli amministratori comunali. Alle 11.15 in chiesa a Castions delle Mura presiederà la S. Messa per tutta la C.P.

N.B.: Alle 9.00 a Campolonghetto ci sarà la S. Messa presieduta dal parroco. Il Vescovo passerà per un breve saluto alla fine della celebrazione.

 

L’inserto su «La Vita Cattolica»

Il settimanale diocesano «La Vita Cattolica» accompagna i passi dell’Arcivescovo nelle 54 Collaborazioni pastorali con altrettanti inserti, dedicati, di volta in volta, alle singole CP. Gli inserti, dal titolo «In viaggio nelle Collaborazioni pastorali» saranno pubblicati nel numero del settimanale diocesano immediatamente precedente il fine-settimana di Visita da parte dell’Arcivescovo.

L’inserto dedicato alla Collaborazione pastorale di Torviscosa, pubblicato con il numero del 15 febbraio 2023, si apre con un’intervista al parroco coordinatore, don Gianni Molinari, e la consueta “scheda” che descrive la CP. Nelle pagine interne, spazio alla storia di Torviscosa – unica in tutto il contesto diocesano – e del vicino Villaggio Roma, un vissuto che si riverbera anche nelle dinamiche ecclesiali. Spazio anche alla tradizione natalizia dei Cantori della Stella e al piccolo scrigno d’arte che è la chiesa dell’Immacolata Concezione a Malisana. Infine, l’esperienza di evangelizzazione digitale di “Fede consapevole”.

 

sabato 24 luglio 2010

Sì, con don Livio, siamo cresciuti......

Mons. Livio Carlino parroco e foraneo a Cividale
Nominato il nuovo arciprete della città ducale.
Don Del Missier delegato alla formazione dei laici

CIVIDALE DEL FRIULI (24 luglio, ore 11.30) - Mons. Livio Carlino (foto) parroco e vicario foraneo di Cividale; don Giovanni Del Missier delegato diocesano per la formazione dei laici. Sono questi gli ulteriori due importanti incarichi pastorali conferiti dall’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzoccato.

A pochissime settimane dall’annuncio della promozione dell’arciprete mons. Guido Genero all’incarico di vicario generale dell’Arcidiocesi, la comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta e la forania di Cividale possono già salutare con gioia il loro nuovo pastore.
Mons. Carlino, 56 anni, originario di Sevegliano di Bagnaria Arsa, è sacerdote dal 1978. Ha operato quasi per 5 anni come cooperatore parrocchiale della Cattedrale di Udine e poi, per altri 12 anni, col medesimo incarico a Tolmezzo. Nel marzo del 1995 la nomina a parroco nella comunità di Gonars. Nel 2001, mons. Brollo lo aveva nominato parroco di S. Giorgio di Nogaro e vicario foraneo di Porpetto. Un incarico importante e delicato, che mons. Carlino ha svolto con grande apprezzamento da parte della comunità sangiorgina, che ha ritrovato sotto la sua guida slancio e una rinnovata unità e che ora lo saluta con gratitudine e riconoscenza. E lo saluteranno anche le altre comunità che, di anno in anno, si sono aggiunte alle responsabilità pastorali di mons. Carlino: Porto Nogaro-Villanova (dal 2002), Porpetto (dal 2003 come amministratore parrocchiale e dal 2009 come parroco), Zellina (dal 2007).

Don Giovanni Del Missier, 41 anni, udinese ma con radici ampezzine, assume invece l’incarico di delegato per la formazione dei laici, molto importante in una fase che vede costantemente crescere nella Chiesa Udinese la comunione e la corresponsabilità dei fedeli laici e quindi anche il bisogno di una loro crescita formativa. Don Del Missier è collaboratore pastorale della comunità di S. Andrea a Paderno vicedirettore e segretario dell’Istituto di Scienze religiose e docente di Teologia morale, oltre che apprezzato esperto di bioetica.

giovedì 22 luglio 2010

Post 1079: Mons. Livio Carlino nuovo Parroco di Cividale

Questa sera alla 21.00 ol Parroco di San Giorgio di Nogaro, Porpetto, Porto Nogaro, Villanova Zellina, ha comunicato ai Consigli Pastorali il suo trasferimento alla Parrocchia di S. Maria Assunta in Cividale del Friuli
Alle comunità di San Giorgio, Porpetto, Porto Nogaro, Villanova e ZellinaÈ passato quasi un mese da quando l’Arcivescovo mi ha chiamato presso la sua residenza a Udine per comunicarmi che era sua intenzione provvedere alla comunità di Cividale del Friuli, resa vacante dalla nomina del parroco a Vicario Generale, attraverso la mia persona. Era già da tempo che circolavano voci tra il clero e i fedeli su un mio possibile trasferimento nell’ottica di una ridistribuzione del clero nella nostra Chiesa, pertanto, quando sono stato chiamato, ho subito intuito che c’era qualcosa di nuovo per il mio servizio ministeriale. La proposta della comunità di Cividale però è stata per me una sorpresa perché pensavo che altri potessero essere adatti ad una parrocchia ricca di storia e di cultura legata ai fasti passati del Patriarcato di Aquileia. E le mie perplessità le ho presentate all’Arcivescovo in un dialogo franco e sincero, mettendo anche in luce la situazione e le realtà pastorali delle comunità che avrei dovuto lasciare. Ed è certamente questo legame con le mie parrocchie che suggeriva al mio cuore di dire no! Ma poi durante il lungo dialogo, tra i tanti pensieri che velocemente frullavano nella mia mente, mi ricordai di una parola che ho richiamato durante la mia prima omelia a S. Giorgio: mandato! Ho sempre detto che, come prete, mi sento mandato dal mio Vescovo dove lui pensa essere utile il mio servizio. E poi un’altra parola legata al nostro servizio presbiterale: obbedienza. Parola fuori moda oggi che anche noi sacerdoti usiamo e richiamiamo spesso nelle nostre prediche; ma non dovrei essere io per primo a vivere quanto affermo con le mie parole? Ed è così che mi sono arreso a quella che vedo come volontà di Dio per la mia vita. È certamente questo trasferimento una salto nel buio in quanto della parrocchia di Cividale e di quella zona del nostro Friuli non conosco nulla se non quello che riguarda la sua storia.In queste settimane, in cui ero tenuto al segreto su questa decisione del Vescovo, ho continuato le nostre attività pastorali, l’oratorio estivo, la programmazione dei campiscuola, l’incontro con le persone; ma non passava giorno, anzi ora, che il mio pensiero non andasse a chi dovevo lasciare, alle persone che ho incontrato o salutato in questi anni, ai ragazzi battezzati, comunicati o cresimati, ai sacerdoti della mia forania, alle comunità di cui dopo San Giorgio sono divenuto parroco in questi nove anni, a don Gigi che ormai da sette anni condivide con me gli impegni pastorali. È certamente per voi e per me un momento difficile: lasciare per ricominciare, continuare la vita della propria comunità con altre persone. Ma è questo il cammino della nostra vita di discepoli del Signore. Mentre scrivo queste poche righe mi ritorna alla mente la storia dei due discepoli di Emmaus: quante delusioni, quante attese, quanti programmi non portati a termine. Ma alla fine del cammino c’è l’incontro, l’aprire gli occhi e vedere Colui per il quale viviamo la nostra vita ed è allora che ogni oscurità si illumina, che ogni delusione viene superata. Spero che il Signore guidi le nostre comunità e me in questo nuovo momento della nostra storia e ci faccia comprendere e attuare sempre con serenità la sua volontà.Ora, ci chiediamo, cosa succederà? La nostra vita pastorale continua come programmata. Io da domenica 24 luglio andrò ai Campiscuola a Fusine con i ragazzi delle medie prima e poi con quelli delle superiori fino a domenica 8 agosto. Nel mese di agosto poi con i miei superiori vedremo i tempi della mia partenza e dell’arrivo del nuovo parroco, quando sarà scelto. Ci sarà pertanto ancora tempo per stare insieme e vivere con fiducia e serenità questi mesi. Con la certezza che il Signore è con noi e con il dispiacere di dovervi lasciare chiedo a voi una preghiera per me e per tutte le nostre parrocchie.

giovedì 20 agosto 2009

L'annuncio di Mons. Pietro Brollo dal portale della Diocesi

Mazzocato nuovo Vescovo, l'annuncio

Carissimi Fratelli e Sorelle della Chiesa Udinese,

con profondo senso di gratitudine verso il Signore e con serenità di spirito vi annuncio che il Santo Padre ha nominato quale nuovo Arcivescovo Metropolita di Udine sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Andrea Bruno Mazzocato, già Vescovo di Treviso.

Nel mentre chiediamo al Signore che voglia benedire il nuovo Pastore della nostra Arcidiocesi, ringrazio il Papa Benedetto XVI che ha voluto designare come mio successore un Vescovo adorno di qualità spirituali ed intellettuali, unite ad una competente e collaudata esperienza pastorale.

Mons. Andrea Bruno Mazzocato è nato a San Trovaso di Preganziol, Provincia e Diocesi di Treviso il 1° Settembre 1948. Ha frequentato gli studi presso il Seminario vescovile di Treviso ed è stato ordinato sacerdote il 3 settembre 1972.

Dal 1972 al 1977 ha svolto il ministero sacerdotale come Cooperatore parrocchiale a S. Martino di Lupari (Pd). Contemporaneamente ha conseguito la Licenza in Liturgia Pastorale presso l'Istituto di Liturgia Pastorale di Santa Giustina (Pd). Successivamente ha conseguito la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale (Milano).

Dal 1977 al 2001 è stato docente di Teologia Dogmatica presso lo Studio Teologico del Seminario di Treviso, tenendo corsi anche presso lo Studio Teologico "San Massimo" dei Frati Conventuali di Padova e presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose.

Dal 1977 al 1986 ha avuto l'incarico di Padre Spirituale nel Seminario Maggiore diocesano. Dal 1987 al 1994 ha seguito la formazione del clero giovane come Delegato Vescovile. Nel 1990 venne nominato Pro-Rettore del Seminario Minore di Treviso e poi, nel 1994, Rettore del Seminario Vescovile.

Mons. Mazzocato è stato eletto alla Chiesa di Adria-Rovigo l'11 ottobre 2000 e consacrato vescovo nella Cattedrale di Treviso il 9 dicembre 2000. Ha guidato la chiesa rodigina per 3 anni, lasciando come successore il nostro Mons. Lucio Soravito de Franceschi.

Ha fatto l’ingresso nella diocesi di Treviso il 18 gennaio 2004 ed ora il Papa lo ha inviato come guida della nostra Arcidiocesi.

Anche Mons. Mazzocato è inserito nella ininterrotta catena che unisce i vescovi agli Apostoli, che trasmisero fedelmente tutto ciò che avevano ricevuto dal Maestro e ciò che in seguito appresero dallo Spirito Santo, che li guidava alla comprensione piena di Cristo e della sua opera.

Per disposizione dello stesso Cristo, gli Apostoli affidarono ai loro successori, i Vescovi, il proprio ufficio di Maestri e Pastori, perché il Vangelo venisse sempre trasmesso in modo integrale e vivo nella Chiesa. Così, per l’assistenza operosa dello Spirito Santo, tutti ricevono dagli Apostoli e dai loro successori la genuina parola di Cristo e i beni che Egli ha destinato a nostra salvezza.

Perciò, nella Chiesa, i legittimi Pastori trasmettono autenticamente la parola di Dio, coadiuvati dai sacerdoti, dai diaconi, da tutti i fedeli; Cristo tuttavia, per mezzo del suo Spirito, costituisce tutti i battezzati suoi testimoni, provvedendoli, in vario modo e grado, del senso della fede e della grazia della parola.

Con questo spirito di fede vogliamo anche noi accogliere Mons. Andrea Bruno Mazzocato che viene tra di noi, con il desiderio di inserirsi nella gloriosa tradizione della Chiesa Aquileiese, dei suoi Vescovi e Patriarchi. A Lui l’augurio che sappia cogliere e valorizzare le peculiarità della nostra fede, della nostra cultura, della nostra storia e della nostra lingua.

Vulintîr i prein il Signôr parcè che ancje cul jutori dal gnûf vescul i Furlans a sepin mantignî simpri vive l'anime dal nestri Friûl!

Lo assistano e lo illuminino i nostri santi Patroni, Ermacora e Fortunato e Lo accompagni la materna protezione della Vergine Annunziata, titolare della nostra Cattedrale.

Carissimi fratelli e sorelle, questo è ciò che oggi ho la gioia e il dovere di annunciarvi, assieme alla comunicazione che rimarrò come Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Udine fino alla presa di possesso di questa sede da parte del nuovo Arcivescovo.

Udine, dal Palazzo Patriarcale, il 20 Agosto 2009.
Pietro Brollo
Arcivescovo di Udine

mercoledì 30 aprile 2008

Premio Terzani: Malisana secondo Fabrizio Gatti

I ricordi, i legami, la famiglia del giornalista che narra da “infiltrato” le nuove schiavitù

Fabrizio Gatti: vi racconto la magica Malisana e la mia infanzia in Friuli

«Vengo da una famiglia che è andata per il mondo a cercare un lavoro»

La luce di nonno Pietro che dal campanile guidava gli aerei alleati

Il reporter errante nei deserti del mondo




di NICOLA COSSAR

Seduto a scrivere in uno dei tanti deserti del mondo, e dell’anima, lui non si perde, ha la sua bussola. La bussola della memoria degli affetti, del tempo fermo – quasi marqueziano – di un’infanzia felice. Di un’infanzia furlana a Malisana, paese di emigranti. Emigranti come mamma Teresa (a Milano) e zio Mario (in Sudafrica). Ecco, la piccola luce che riscalda e illumina il percorso umano e professionale di Fabrizio Gatti (l’inviato dell’Espresso vincitore del Premio Terzani 2008 per il viaggio nelle nuove schiavitù testimoniato nel suo splendido libro Bilal) viene proprio da questa terra che lui ama (riamato) con l’intensità di sempre.
– Fabrizio, ora ricevi il Premio Terzani proprio in quel Friuli che in qualche modo ti appartiene...
«Non so se mi appartiene il Friuli. Forse non è giusto così, forse appartengo io un po’ al Friuli...».
– Raccontaci un po’...
«Teresa, la mia mamma, è una delle emigranti friulane che nel 1957, in un Friuli post-bellico in grave crisi economica, ridotto quasi alla fame, decisero di partire da Malisana per cercare lavoro in Lombardia. Dalla famiglia era già partito un suo fratello, Mario, per il Sudafrica nel 1954, con la nave Africa da Trieste».
– Laggiù c’è ancora una colonia di gente partita da di Torviscosa...
«Quelli di Torviscosa andarono praticamente tutti a lavorare a Unkomaas, dove era in costruzione un impianto per la produzione di cellulosa, per poi produrre carta. Anzi, era il più importante del Sudafrica e credo lo sia tutt’ora. E così, fra tanti che sono partiti per cercare una prospettiva diversa, c’era anche lo zio Mario, che per me era lo zio: più un mito che una persona, dato che è venuto poche volte in Italia e io l’ho conosciuto soltanto nel 1981».
– Sembra si parli di un altro mondo, vero?
«In realtà, fa parte di una memoria del presente, che l’Italia, e l’Europa stessa, non tiene ben viva. E poi c’è questo aspetto che, secondo me, è bellissimo e che fin da bambino mi stupiva: dentro ogni nostra famiglia c’è un pezzo di storia del mondo, perché in fondo la storia viene fatta dalle persone. Dentro la mia famiglia, per quanto riguarda la parte friulana, ci sono storie di emigrazione che sono storie di grandissimo coraggio. Così, cominciare a viaggiare nella storia della propria famiglia è importante, perché serve a capire meglio chi siamo».
– Tuo zio in Sudafrica, tua madre invece a Milano. Come mai?
«È andata a Milano per i motivi che sono poi il motore del viaggio dall’Africa all’Europa raccontato nel libro per il quale sono stato premiato. Si cerca lavoro per migliorare le proprie condizioni di vita, mentre il luogo è spesso deciso sul passaparola. Nel suo caso, in provincia di Milano era arrivata una conoscente di mia mamma, giovanissima come lei, che del resto aveva 15 anni quand’è partita: le fece sapere che la famiglia di un medico cercava una persona che facesse da cameriera e così mia madre prese contatti, arrivò e cominciò a lavorare a tempo pieno, tantissimo. Poi si sposò e quando arrivai io fui adottato come fossi il nipotino. E li chiamavo nonni e davo loro del lei. Questa di mia madre è stata un’emigrazione fortunata: è arrivata in una famiglia dove ha comunque lavorato sodo e non le è stato regalato nulla, ma allo stesso tempo ha trovato un riferimento anche in caso di bisogno. Ora il medico e sua moglie (che è stata anche mia madrina di battesimo) non ci sono più. Erano legami forti, forse legami di altri tempi».
– Ti ricordi la tua prima venuta in Friuli?
«Io sono nato nel marzo ’66 e credo di essere venuto in Friuli la prima volta nell’agosto ’66, a cinque mesi insomma. Guardando anche le vecchie foto, le prime situazioni che mi ricordo sono all’età di tre anni a Grado Pineta e davanti alla casa del nonno Pietro a Malisana».
– Raccontaci la tua Malisana.
«Era il luogo più bello, quello in cui, quando partivo per Milano alla fine delle vacanze, non vedevo l’ora di tornare. Per vari motivi. Perché in qualche modo era un paese a misura di bambini. Arrivavo da Milano, dalla metropoli, dove non si giocava certo per strada, mentre Malisana dava la possibilità a noi bambini di giocare per strada anche fino alle 11 di di sera, con i genitori che erano tranquilli e sicuri: perché è un paese di gente per bene, ma anche perché era molto piccolo (allora aveva, credo, 800-900 abitanti), senza traffico e molto bello: era proprio a misura di bambino. Questo ha fatto nascere una sorta di sospensione del tempo, per cui tutt’ora, quando torno a Malisana, e purtroppo ci torno molto velocemente, è come se il tempo fosse rimasto sospeso, fermo all’ultima volta che ne ripartii al termine dell’ultima vacanza».
– Un luogo dell’anima, insomma...
«Sì, c’era questa sospensione del tempo. E c’è ancora adesso. Ci sono tornato ai primi di febbraio, dato che ero in Friuli per lavoro. Mi stupisco sempre nel vedere i cambiamenti che ovviamente il territorio ha: qualche casa in più costruita, quel passaggio a livello che finalmente non c’è più (un tempo già passare la ferrovia era un’impresa). Allo stesso tempo, però, la fabbrica rimane uguale. E poi le fontane! Per me Malisana era il paese dell’acqua: l’acqua che sgorga dal sottosuolo e che mi stupiva arrivando io da una città dove l’acqua si pagava e il rubinetto si chiudeva. Il ricordo forte è l’acqua clopa, l’acqua solforosa di Malisana. Ancora adesso, appena arrivo, la prima tappa è andare a bere l’acqua. È come riappropriarsi di quel gusto che ogni estate, quando tornavo, provavo intensamente. E poi rivedere le persone. Qualcuno purtroppo non c’è più, con alcuni compagni di giochi sono rimasto in contatto. E i cugini: i grandi amici erano loro! La famiglia era numerosa, per cui eravamo una bella banda di cugini. Rivedersi ancora adesso e vedersi anche addosso i segni del tempo che passa è comunque un tornare a quell’istante di allora. È come tenere dei punti di riferimento e dire: chissà, magari un giorno ci ritorno con la spensieratezza di allora. Ora avviene tutto di corsa».
– Ma è sempre un bel tornare...
«Sì».
– Quando oggi qualcuno ti dice Malisana, chi ti torna subito in mente?
«Il nonno, Pietro Passaro. Il nonno e la sua riservatezza. Lui era il sacrestano di Malisana e durante la Seconda guerra mondiale – ma questo l’ho scoperto dopo, perché lui mai ne parlava – è stato uno dei punti di riferimento per le forze alleate. Potendo salire sul campanile ( rischiando la pelle ogni volta) per andare a caricare l’orologio, riusciva in qualche modo a rompeva le regole del coprifuoco: accendeva la luce dicendo che altrimenti non sarebbe riuscito a caricare quel benedetto orologio. La luce sul campanile in realtà serviva agli aerei alleati per fare il punto, la posizione. Ma di questo il nonno non ha mai parlato: l’ho saputo da uno zio, lo zio Elvio, l’attuale punto di riferimento di tutta la famiglia e anche della storia locale, per le sue passioni e per la sua cultura. E poi di allora mi ricordo l’odore dello stabilimento chimico, le zanzare e i bambini, gli amici, il fatto di stare fino a tardi sulla strada, le corse in bicicletta, i tuffi nel Corno. La vita continuava nel resto dell’anno: io lasciavo un paese nelle condizioni di vacanza, ma poi durante l’anno Malisana sgobbava forte».
– Quando te ne tornavi a Milano era come se avessi fatto il pieno di belle cose...
«In realtà, me ne tornavo a Milano con una nostalgia struggente, perché fin da piccolo non vedevo l’ora di tornarci. Quindi le prime due settimane a Milano erano di una nostaglia forte, proprio da stare alla finestra e quasi avere la voglia di scappare e tornare indietro. Una nostalgia che non mi ha mai lasciato!».
– Forse perché lì c’è una radice tua?
«Forse sì. Non riconosco in me delle radici, e questo è anche il motivo che mi porta a girare con il lavoro: è una ricerca o una fuga, non lo so. Però Malisana è sicuramente un punto di riferimento, un faro per te che te ne stai, per esempio, in mezzo al deserto del Sahara ma hai la fortuna di aver avuto un punto di riferimento, un luogo tranquillo anche dell’anima come questo: grazie alle persone che lo abitano – parenti e amici –, che sono espressione di una terra, di un luogo che ha dato tantissimo al mondo, ma che sa ancora ricordare e ricambiare l’affetto ricevuto».
– È come quella luce che accendeva tuo nonno...
«Penso proprio di sì. Infatti, quando arrivi lì, lo sguardo va sempre al campanile. Anche perchè la chiesetta sta proprio al centro, nella piazzetta. Ma c’è un altro luogo che ricordo, che si allontana un po’ da Malisana: il Bar Bianco di Torviscosa. Lì si beveva un latte-cacao che era la fine del mondo: credo di averne bevuto ettolitri. E poi un altro zio, Giancarlo, lavorava proprio lì. E poi mi viene in mente il mare vicino, per cui quando con i miei genitori si veniva a Malisana si andava anche a Grado. Questo mi porta a un’altra considerazione sul tempo sospeso. Mi spiego. Quando ero piccolo, i miei viaggiavano sempre di notte, in auto, per evitare il traffico e perchè era più fresco: mi mettevano a dormire, poi alle due di notte mi prendevano, piccolissimo, dal letto e mi mettevano a dormire in macchina. Io mi svegliavo che ero a Malisana, così per me era come se ci fosse una continuità, come se fossi separato dal resto del mondo da una notte di sonno. Per cui era un po’ onirico arrivare a Malisana, perché mi mancava la strada. La prima volta che mi resi conto di quanto Malisana fosse relativamente lontana (370 chilometri da dove abito oggi) fu quando, a un ritorno, mi svegliai in auto mentre eravamo bloccati in autostrada: tra Malisana e la nostra vita del resto dell’anno non c’era una notte di sonno e di sogni, ma anche un percorso abbastanza faticoso».
– Malisana il perno e il faro. Da lì, poi, hai conosciuto anche il resto del Friuli, vero?
«Certo. Ho cominciato con i miei a girare. Grado come tappa turistica, però si dedicavano anche giornate a visitare l’interno, Udine, le colline. Ricordo il castello di Colloredo di Montalbano, dove tra l’altro c’era un enorme caprone: quando ero piccolo, un giorno ci andai con una maglietta rossa e quello mi caricò. Avevo cinque anni e per me questa cosa era enorme! E poi il terremoto. Il ’76 è stato un anno di angoscia tremenda. Ricordo che la sera del 6 maggio eravamo in casa a guardare un film di Mel Brooks, Il mistero delle 12 sedie, in bianco e nero. Cominciò a dondolare il lampadario. Eravamo a Milano, in provincia, eppure la scossa fu sentita anche qua. Finita la trasmissione, il telegiornale disse che c’era stato questo terremoto in Friuli. C’erano notizie di morti ma non si sapeva ancora null’altro. Non avevamo il telefono in casa, così andammo da una zia vicina: provammo a chiamare, ma non c’erano linee. La Bassa era stata per fortuna risparmiata dalla distruzione, però la zia Laura, la moglie di Giancarlo, mentre scappava con un’altra persona fu sfiorata dal camino caduto dal tetto. Quell’estate andammo comunque in vacanza dagli zii:loro non si arrendevano assolutamente e noi stessi non volevamo arrenderci a una forza della natura. Il nonno c’era ancora e lui aveva raccontato, anni prima, di un altro terremoto, avvenuto negli anni Trenta: il suo racconto fu la mia prima conoscenza del terremoto. Non ho avuto lutti né conoscenti coinvolti, però i miei cugini mi parlavano di compagni di scuola o di università che non c’erano più: questo mi spiegava quanto sia sottile il filo che lega alla vita. Ma c’era e c’è anche il grande orgoglio nel vedere la rinascita. Io non mi sento né friulano né lombardo e mi sento anche poco italiano girando così tanto il mondo, però sento sempre l’orgoglio di dire che comunque sono cresciuto in Friuli e che ho avuto questa fortuna. E ho provato orgoglio nel vedere come il Friuli sia rinato, come abbia avuto questa grande forza, dando un insegnamento che ancora adesso sarebbe utile ricordare, perché ritengo che l’Italia sia un Paese che vive a libertà condizionata: in Italia c’è una setta segreta armata che si chiama Camorra, ’Ndrangheta, Mafia. Tornando al Friuli, questa terra ha dimostrato come una società limpida, pulita e onesta soltanto con la propria forza sappia poi rimettersi in piedi. Non è poco con la distruzione e con il migliaio di morti che aveva avuto».
– Adesso il Friuli è crocevia, allora era l’ultima stazione...
«Sì, è vero, era proprio l’ultima stazione. Di allora mi rimane sempre questa sorta di mistero sospeso perché era la terra della guerra fredda, dove l’aeroporto di Ronchi non poteva avere tanti voli civili perché quella parte dello spazio aereo era militare».
– La terra dei silenzi.
«Certo. La terra dei silenzi, delle zone cui non si poteva accedere, delle colonne di carri armati. E poi anche la curiosità di andare in Jugoslavia. Ci siamo stati qualche volta in gita partendo da Malisana. Nel ’70, avevo 4 anni, andammo a visitare le grotte di Postumia e poi a fare un picnic in montagna. Mio padre, non sapendo leggere le indicazioni in serbo-croato, ci portò in una zona militare! Arrivarono immediatamente dei soldati di cui non comprendevamo nulla e loro non comprendevano niente di quanto dicevamo. Prima in malomodo, poi gentilmente, ci invitarono a raccogliere coperte e vettovaglie e ad andarcene al più presto!».
– Il tuo viaggio fa tappa adesso a Udine per il Premio Terzani. Come vivi la vigilia?
«So che stanno preparando una grande manifestazione. Penso che quella sera sarò molto emozionato e commosso, perchè il mio viaggio, quello che racconto anche nel libro, parte in realtà da Malisana: parte in qualche modo dall’esperienza di mio zio e di mia madre, della mia famiglia e degli altri che ho conosciuto e che sono emigrati. Percorrere la rotta dell’emigrazione attuale per me è stato un po’ come andare alla ricerca delle sorgenti del Nilo per rivivere quelle emozioni che mia madre Teresa nel 1957 può aver vissuto arrivando a 15 anni da sola in stazione centrale a Milano, o quelle di mio zio Mario salendo sulla motonave Africa nel 1954. Questa storia familiare mi ha aiutato nel mio lavoro di giornalista che va a cercare storie da raccontare agli altri. Mi ha aiutato a rivivere storie ed emozioni. Le rivivrò, con un po’ di timore, anche la sera del 17 maggio a Udine per la cerimonia del premio».

domenica 13 aprile 2008

Premio Terzani a Fabrizio Gatti per il libro “Bilal”

Fonte UDINE 20

L’associazione Vicino Lontano ha assegnato il premio Tiziano Terzani 2008 a Fabrizio Gatti autore del libro Bilal. Inviato del settimanale L’Espresso, a cui è passato nel 2004 dopo aver a lungo scritto per il Corriere della Sera, deve la sua notorietà alle numerose inchieste condotte sotto copertura. La cerimonia di premiazione si terrà a Udine sabato 17 maggio 2008. Il Premio sarà consegnato al vincitore da Angela Terzani nel corso di una serata speciale, ricca di ospiti e testimonianze.

L’associazione Vicino Lontano ha assegnato il premio Tiziano Terzani 2008 a Fabrizio Gatti autore del libro Bilal. Inviato del settimanale L’Espresso, a cui è passato nel 2004 dopo aver a lungo scritto per il Corriere della Sera, deve la sua notorietà alle numerose inchieste condotte sotto copertura.La cerimonia di premiazione si terrà a Udine sabato 17 maggio 2008. Il Premio sarà consegnato al vincitore da Angela Terzani nel corso di una serata speciale, ricca di ospiti e testimonianze.La giuria del premio Tiziano Terzani ha scelto come vincitore per il 2008 Fabrizio Gatti, autore di Bilal. Nel suo libro si mescolano qualità professionali ormai dimenticate nel giornalismo e rare qualità umane. La fatica fisica con cui accompagna la carovana dolente e instancabile degli immigrati, attraverso i deserti e le frontiere dell’Africa, lo aiuta a conoscere concretamente le umiliazioni, gli inganni, i pericoli, che questi uomini e donne devono affrontare. Gatti racconta senza retorica, e senza soggezione davanti alla “verità” dei rapporti ufficiali. Adotta una nuova identità, prende il nome di Bilal, ma non è un artificio letterario. Il cronista clandestino si confonde con l’emigrante occasionale, si stacca progressivamente dalla cronaca immediata per avvicinarsi alla dimensione corale di una moderna migrazione forzata, di una “corsa” al lavoro, a una vita dignitosa, che coinvolge milioni di uomini provenienti da ogni angolo del pianeta. L’Occidente sembra incapace di vedere, e più ancora di capire con lucidità le ragioni di questa fuga di massa, dove i violenti mettono in ombra gli uomini onesti, normali. Ma i clandestini del terzo millennio – alla ricerca di un mitico passaggio a nord ovest - hanno trovato in Occidente un compagno di viaggio che li ascolta e li guarda con intelligenza e rispetto.

Presidente della Giuria - Angela Staude Terzani

Membri della Giuria - Giulio Anselmi, Toni Capuozzo, Andrea Filippi, Ettore Mo, Valerio Pellizzari, Peter Popham, Paolo Rumiz

Bibal“Bilal – ha dichiarato Angela Terzani – è una sfida alla coscienza dell’Europa e dell’Occidente intero”. Per raccontare la sconvolgente odissea delle migliaia di “nuovi eroi” che inseguono il miraggio di una vita migliore, Gatti ha scelto di viverla in prima persona. Ne ha condiviso rischi e umiliazioni. Ha attraversato il deserto da Agadez, in Niger, fino alle coste del Mediterraneo su camion carichi di uomini, delle loro storie e dei loro destini. E’ divenuto, dall’interno, testimone di una vera e propria tratta, resa ancor più scandalosa dai cinici accordi tra i governi. “Per ogni euro investito nel mercato dei nuovi schiavi – denuncia l’autore - se ne guadagnano milletrecento.

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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