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mercoledì 6 agosto 2025

la Vita Cattolica ci informa sulla Triennale di Marano Lagunare

 

Marano Lagunare. Solenni celebrazioni per la “Triennale” fino al 31 agosto

Un’antica devozione la cui particolarità è nel nome stesso. “La Triennale” – in onore della Beata Vergine della Salute – a Marano Lagunare si svolge infatti ogni tre anni, sulle orme di una tradizione che affonda le radici nei secoli XVII e XVIII quando da Venezia si era diffusa a tutti i territori assoggettati, in particolare a Marano, in seguito a ininterrotte epidemie.

È ricco, come sempre, il programma delle celebrazioni religiose con al centro Maria invocata con il titolo di “Porta del cielo”. In questa edizione grande rilievo è dato dal fatto che dal 10 al 15 agosto la parrocchiale sarà ”chiesa giubilare”, con la possibilità di ottenere particolari indulgenze previste per l’Anno Santo.

La “Triennale”– che si inserisce nel celebre appuntamento “Fasolari in festa” – è stata avviata venerdì 1 agosto con la giornata dedicata all’Antico voto dei maranesi che ha avuto il suo momento principale a sera, con la traslazione dell’effigie della Madonna della salute dal Santuario alla Pieve (dove resterà fino a domenica 31 agosto), alla presenza dell’arcivescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato.

Mercoledì 6 agosto, in occasione della “Giornata del malato”, la Santa Messa con l’Unzione dei malati, alle 10, sarà presieduta da mons. Paolo Brida, parroco della Collaborazione di Rivignano Teor (e da settembre parroco di Palmanova). Venerdì 8, la Santa Messa sarà celebrata nella chiesetta di San Domenico in Bosco Bando, assieme alla comunità di Carlino. Sabato 9, alle 21, è prevista l’Adorazione eucaristica “Una notte con Gesù” fino al mattino, con le Confessioni fino alle 23.

Giornate giubilari

Domenica 10 agosto si aprono le “Giornate giubilari” con le Lodi del mattino e la chiusura dell’Adorazione eucaristica notturna; alle 9.45, nel cortile dell’oratorio ci sarà la lettura della Bolla papale di Indizione delle Giornate giubilari, a cui farà seguito la processione fino alla Pieve, con sosta al portale d’ingresso, prima della Santa Messa solenne; alle 20.45 prosegue il programma con la suggestiva accensione delle luminarie e degli archi nel centro storico. Quindi, alle 21, la serata di meditazione guidata da don Alberto Paschini, vicario della Cp di Palmanova, arricchita dai canti del coro “Symphonia” di Gris-Cuccana.

Da lunedì 11 a mercoledì 13 il programma prevede alle 9 la Messa, quindi le Confessioni fino alle 10.30 (il 12, alle 18, il Santo Rosario) e a sera, alle 20.30, la meditazione guidata: l’11 con don Ilario Virgili, parroco della Cp di Pasian di Prato, il 12 con Susy Del Pin, docente al Copernico e all’Istituto superiore di Scienze religiose di Udine, il 13 con don Alessio Geretti, curatore delle mostre di Illegio. Giovedì 14, alle 9 la Santa Messa, quindi le confessioni fino alle 10.30, alle 20.30 la celebrazione mariana della vigilia con il canto delle Litanie mariane solenni in tono patriarchino.

Assunzione della Beata Vergine, i vespri con l’Arcivescovo

Venerdì 15, la giornata si apre alle 9.45 con la Messa solenne; alle 17.30 la recita dei Vespri solenni presieduti dall’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba; alle 18, la Processione dalla Pieve al porto per l’imbarco dell’effigie della Madonna e alle 21.30 l’accoglienza della statua con canti e preghiere. Quindi, la Processione fino alla Pieve, preceduta dallo spettacolo pirotecnico, con successiva sosta in piazza Vittorio Emanuele per la solenne benedizione. Anche questo rito sarà presieduto da mons. Lamba.

S. Rocco e chiusura della Triennale

Sabato 16, giornata in cui si ricorda San Rocco, la Santa Messa sarà celebrata alle 18, in ricordo degli emigranti maranesi vivi e defunti.

Quindi, domenica 31 agosto, ci sarà la chiusura delle celebrazioni “Triennali” con al Santa Messa alle 9.45 e alle 18 il canto dei vespri e la traslazione della statua della Madonna dalla Pieve al Santuario, con l’offerta dell’olio per la lampada votiva e il canto del “Te Deum” di ringraziamento.

Le Triennali, promosse dalla Parrocchia, si svolgono col contributo del Consiglio regionale del Fvg e il patrocinio del Comune.

Monika Pascolo

mercoledì 20 novembre 2024

 

Francesco: siamo pellegrini, camminare ci avvicina a Dio e alla vita degli altri

Pubblichiamo il testo integrale della prefazione di Francesco al libro "La fede è un viaggio", una antologia di meditazioni del Pontefice per viandanti e pellegrini edita dalla Libreria Editrice Vaticana in vista del Giubileo

Papa Francesco

Quando ero prete a Buenos Aires, e questa abitudine l’ho mantenuta anche da vescovo nella mia città d’origine, amavo camminare a piedi nei vari quartieri per andare a trovare dei confratelli sacerdoti, visitare una comunità religiosa o parlare con gli amici. Camminare fa bene: ci mette in relazione con quanto accade intorno a noi, ci fa scoprire suoni, odori, rumori della realtà che ci circonda, in poche parole, ci avvicina alla vita degli altri.

Camminare significa non stare fermi: credere vuol dire aver dentro un’inquietudine che ci porta verso un “più”, verso un passo in più in avanti, verso un’altezza da raggiungere oggi, sapendo che domani la strada ci porterà più in alto – o più in profondità, nel nostro rapporto con Dio, che è esattamente come il rapporto con l’amato o amata della nostra vita, o tra amici: mai finito, mai scontato, mai appagato, sempre in ricerca, non ancora soddisfacente. Impossibile dire con Dio: «Fatto, tutto a posto, è abbastanza».

Per questo motivo il Giubileo del 2025, insieme alla dimensione essenziale della speranza, ci deve spingere ad una sempre maggior consapevolezza del fatto che la fede è un pellegrinare e che noi su questa terra siamo pellegrini. Non turisti né girovaghi: non ci spostiamo a caso, esistenzialmente parlando. Siamo pellegrini. Il pellegrino vive il suo camminare all’insegna di tre parole-chiave: il rischio, la fatica, la meta.



La copertina del libro LEV "La fede è un viaggio"

Il rischio. Oggi facciamo fatica a capire cosa significasse per i cristiani di un tempo compiere un pellegrinaggio, abituati come siamo alla velocità e comodità dei nostri spostamenti in aereo o in treno. Ma mettersi per strada mille anni fa significava assumersi il rischio di non tornare più a casa a causa dei tanti pericoli che si potevano incontrare sulle varie rotte. La fede di chi sceglieva di mettersi in cammino era più forte di ogni timore: i pellegrini di un tempo ci insegnano questa fiducia verso il Dio che li chiamava a porsi in cammino verso la tomba degli Apostoli, la Terra Santa o un santuario. Anche noi chiediamo al Signore di avere una piccola porzione di quella fede, di accettare il rischio di abbandonarci alla sua volontà, sapendo che è quella di un Padre buono che ai suoi figli desidera assegnare solo quanto è opportuno per loro.

La fatica. Camminare significa effettivamente fare fatica. Lo sanno bene i tanti pellegrini che oggi sono tornati ad affollare le antiche vie di pellegrinaggio: penso al cammino verso Santiago de Compostela, alla via Francigena, ai vari Cammini sorti in Italia che richiamano ad alcuni santi o testimoni tra i più noti (san Francesco, san Tommaso, ma anche don Tonino Bello) grazie ad una positiva sinergia tra istituzioni pubbliche e enti religiosi. Camminare comporta la fatica di alzarsi presto, prepararsi uno zaino con l’essenziale, mangiare qualcosa di frugale. E poi i piedi che dolgono, la sete che si fa pungente, soprattutto nelle assolate giornate d’estate. Ma questa fatica è premiata dai tanti doni che il camminatore incontra per strada: la bellezza del creato, la dolcezza dell’arte, l’ospitalità della gente. Chi compie un pellegrinaggio a piedi – tanti lo possono testimoniare – riceve molto di più della fatica compiuta: instaura bellissimi legami con persone incontrate nel suo itinerario, vive momenti di autentico silenzio e di feconda interiorità che spesso la vita frenetica del nostro tempo rende impossibile, capisce il valore dell’essenziale rispetto al luccichio dell’avere tutto il superfluo, ma di mancare il necessario.

La meta. Camminare come pellegrini significa che abbiamo un approdo, che il nostro spostarci ha una direzione, un traguardo. Camminare significa avere una meta, non essere alla mercé del caso: chi cammina ha una direzione, non gira a vuoto, sa dove andare, non perde tempo zigzagando da una parte all’altra. Per questo ho più volte richiamato quanto siano affini l’atto del camminare e l’essere credenti: quanti hanno Dio nel cuore hanno ricevuto il dono di una stella polare verso cui tendere – l’amore che abbiamo ricevuto da Dio è motivo dell’amore che dobbiamo offrire alle altre persone.

Dio è la nostra meta: ma non lo possiamo raggiungere come raggiungiamo un santuario o una basilica. E in effetti, lo sa bene chi ha compiuto pellegrinaggi a piedi, arrivare finalmente alla meta sospirata – penso alla cattedrale di Chartres, da tempo oggetto di una rinascita a livello di pellegrinaggi grazie all’iniziativa, risalente a un secolo fa, del poeta Charles Péguy – non significa sentirsi appagati: o meglio, se esteriormente si sa bene di essere arrivati, interiormente si è consci che il cammino non è finito. Perché Dio è proprio così: un traguardo che ci spinge oltre, una meta che ci chiama in continuazione a proseguire, perché è sempre più grande dell’idea che noi abbiamo di lui. Dio stesso ce l’ha spiegato attraverso il profeta Isaia: «Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,9). Con Dio non siamo mai arrivati, a Dio non siamo mai arrivati: siamo sempre in cammino, sempre rimaniamo alla sua ricerca. Ma proprio questo camminare verso Dio ci offre l’inebriante certezza che Egli ci aspetta per donarci la sua consolazione e la sua grazia.

 

Città del Vaticano, 2 ottobre 2024

martedì 22 febbraio 2022

Vatican News 22 febbraio 2022

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Vatican News

Le notizie del giorno

22/02/2022

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