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martedì 11 gennaio 2022

Agenzia Fides 11 Gennaio 2022

 

AFRICA - L’instabilità nel Sahel provoca un forte rialzo delle spese militari
 
Roma (Agenzia Fides) – Sono in rialzo le spese militari in Africa. Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2020 le spese per gli armamenti in Africa hanno superato i 43 miliardi di dollari, 5,1 per cento in più rispetto al 2019 e 11 per cento in più rispetto al 2011.
Le spese per la difesa hanno rappresentato una media dell'8,2% della spesa pubblica in tutta l'Africa nel 2020. La quota è considerevolmente più alta nei Paesi colpiti da conflitti come il Mali (18%) e il Burkina Faso (12%).
Ed è qui che si sono verificati gli aumenti più rapidi delle spese per la difesa. Secondo il SIPRI, tre dei cinque paesi africani in cui la spesa militare è in forte aumento negli ultimi dieci anni – Mali, in crescita del 339%, Niger (288%) e Burkina Faso (238%) – stanno combattendo le reti terroristiche nel Sahel, una regione estremamente povera che si estende dal Senegal al Sudan e all'Eritrea.
Le spese militari stanno indebolendo la capacità dei responsabili politici locali di effettuare investimenti pubblici in infrastrutture vitali per lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle loro popolazioni. Questo a sua volta genera malcontento e frustrazione specie tra i giovani, alcuni dei quali vanno ad alimentare i gruppi di guerriglia che operano nella regione.
La fragilità delle istituzioni dei Paesi del Sahel è testimoniata anche da golpe militari come quella in Mali dell’agosto 2020.
Per costringere i golpisti a restaurare il potere civile, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) ha deciso nel vertice straordinario tenutosi il 9 gennaio ad Accra, capitale del Ghana, il blocco dei confini terrestri e aerei tra i propri membri e il Mali, Paese senza sbocco sul mare. Questo dopo che i leader golpisti avevano rinunciato alla promessa di tenere elezioni nel febbraio 2022. (L.M.) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne: i poveri, sempre al centro
 
Abobo (Agenzia Fides) – “Appartengo alla Congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto. Già a 17 anni ho voluto consacrarmi a Dio, e dopo aver fatto la professione religiosa, sono partita per il Guatemala”: inizia così il racconto di suor Monica Auccello, nella testimonianza pervenuta all’Agenzia Fides. “Nel paese latinoamericano ho toccato con mano cosa significa scegliere i poveri, metterli al primo posto. Sono poi rientrata in Italia dove mi è stato chiesto di studiare scienze infermieristiche all’Università Tor Vergata di Roma, in vista di una partenza per la missione in Africa. Attualmente mi trovo a Abobo, la grande e misera periferia di Abidjan, dove mi occupo della formazione delle suore di voti temporanei e dirigo una scuola con 500 alunni: tra di loro anche un gruppo di bambini autistici, che accogliamo con affetto e pazienza.”
Raccontando la sua lunga e ricca esperienza, suor Monica mette in luce gioie e tristezze della sua missione nel nord della Costa d’Avorio, come “il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne”.
“Nel 2007 sono sbarcata in Costa d’Avorio, per lavorare nella città di Odienné, dove gestiamo un grande Centro Sanitario - scrive -. Io mi occupavo della salute di centinaia di bambini che ogni giorno venivano curati. Tra i tanti ricordi belli di Odienné, conservo la Casa-famiglia Arcobaleno, che ho contribuito ad aprire nel 2011. Siamo partiti da un bisogno concreto: tantissimi neonati abbandonati dalle mamme, ragazze-madri che in ambiente musulmano non potevano tenersi il bambino, oppure orfani, perché la mamma era morta durante il parto. Grazie a questa iniziativa, abbiamo dato un sorriso a tanti bambini sfortunati, procurando loro una casa e una famiglia e facilitandone l’adozione.”
Suor Monica parla anche delle sofferenze che si è portata da Odienné, in particolare la condizione nella quale vivono le donne lì. “Il carico della famiglia ricade tutto sulle spalle della donna, è lei da sola che deve crescere i figli, pensare a curarli se sono ammalati, sfamarli lavorando nei campi o vendendo quattro cose su un banchetto fuori casa. Gli uomini non fanno niente: guardano con indifferenza le loro mogli e figlie lavorare tutta la giornata, tornare dai campi con pesanti ceste sulla testa, o percorrere chilometri per procurarsi l’acqua. È una cosa che non ho mai accettato: la donna deve fare sforzi sovrumani, e l’uomo aspetta con impazienza che prepari il pranzo. Anche il modo in cui sono trattati i bambini mi ha fatto soffrire: in famiglia occupano l’ultimo posto. Quando il pranzo è pronto, il primo a sedersi a tavola e a servirsi è l’uomo. È per lui il pezzetto di carne nel sugo. Quando si è saziato, è il turno delle donne. Alla fine, se resta ancora qualcosa, è per i bambini. Non c’è allora da stupirsi se la malnutrizione è così diffusa, e se la mortalità infantile è così alta.”
Odienné si trova all’estremo nord-ovest del Paese, al confine con Guinea e Mali, e ha una popolazione di 250.000 abitanti, al 99% musulmani.
(MA/AP) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/EGITTO - Il Parlamento egiziano si prepara a approvare la nuova legge sullo statuto personale dei cristiani
 
Il Cairo (Agenzia Fides) - La nuova legge sullo statuto personale dei cristiani egiziani, attesa da decenni dalla Chiesa copta ortodossa e dalle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto, potrebbe essere esaminata e approvata in tempi brevi dal Parlamento del Cairo. I nuovi riferimenti all’imminente approvazione parlamentare del disegno di legge governativo, comprendente anche disposizioni su delicate questioni inerenti al diritto di famiglia, sono stati diffusi dal parlamentare Atef Maghawry, membro della Commissione legislativa del Parlamento. Sulla base delle informazioni a lui note in merito all’agenda dei lavori parlamentari, Maghawy ha riferito che il disegno di legge sta per essere sottoposto all’esame e al voto di approvazione dell’Assemblea parlamentare, chiamata a riprendere le sue sessioni plenarie il prossimo 23 gennaio.
La revisione del testo legislativo sullo statuto personale, prolungatasi per lungo tempo presso il Ministero egiziano della giustizia, si era conclusa nella prima metà del 2021 (vedi Fides 6/7/2021). Il processo di revisione aveva richiesto ben 16 sessioni di lavoro, ospitate presso il Ministero, che hanno visto riunirsi esperti, funzionari del Dicastero governativo e rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, convocati dalle autorità civili al fine di limare il testo e ottenere il consenso di tutte le Chiese e comunità ecclesiali in merito alla formulazione di tutti gli articoli del disegno di legge.
All’inizio di luglio 2021 il parlamentare Monsef Suleiman, consulente giuridico del Patriarcato copto ortodosso, aveva dichiarato al portale web egiziano Masrawy che la bozza rivista del testo sarebbe passata attraverso il vaglio del Consiglio di Stato prima di essere inviata alla Camera dei rappresentanti per essere sottoposta al voto parlamentare, che ne sancirà la definitiva approvazione e stabilità i tempi della sua entrata in vigore.
Il coinvolgimento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto nel lungo iter per la stesura di una nuova legge sullo statuto personale, era iniziato già nel 2014 (cfr. Fides 22/11/2014). Già a quel tempo il Ministero della giustizia aveva sottoposto ai responsabili delle diverse Chiese una bozza della legge, con la richiesta di studiare il testo e far pervenire in tempo breve le proprie considerazioni in merito. I tempi di stesura della bozza si sono allungati soprattutto per i negoziati volti a garantire la formulazione di un testo che, pur essendo unitario, tutelasse comunque i diversi approcci ecclesiali a materie come la separazione coniugale e il divorzio, regolate in maniera differente dalle varie confessioni cristiane. La bozza del testo legislativo unitario, elaborata in maniera consensuale dai rappresentanti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali, era stata consegnata alle autorità governative il 15 ottobre 2020. (GV) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Primi bilanci della rivolta ad Almaty: "Come dei bombardamenti"
 
Almaty (Agenzia Fides) – “La situazione nella zona di Almaty si sta lentamente stabilizzando. Ora si inizia a fare il bilancio dei disastri: ci sono zone della città totalmente distrutte, sembrano essere state colpite da bombardamenti. Ora è tempo di ricominciare: ci sarà non poco lavoro da fare per rimettere in piedi tutto, da ogni punto di vista, sia materiale sia umano, ma dobbiamo andare avanti”. E’ il commento rilasciato a Agenzia Fides da don Guido Trezzani, missionario in Kazakhstan, direttore nazionale della Caritas, in merito alla rivolta che si è scatenata nel paese nei giorni scorsi.
Il missionario ha poi aggiunto: “In questi giorni, il governo provvederà a stabilire un piano di intervento per la ricostruzione, sulla base del quale, se ce lo permetteranno, saremo pronti ad intervenire come Caritas Kazakhstan”.
L’organizzazione caritativa ha sede ad Almaty, capitale finanziaria del paese e città maggiormente colpita dagli scontri: proprio per questo, nei giorni scorsi, lo staff della Caritas non ha potuto recarsi a lavoro. Le manifestazioni in Kazakistan erano iniziate nelle prime ore del 5 gennaio, per protestare contro il caro bollette: sin da subito, le contestazioni hanno assunto i tratti della rivolta violenta, provocando morti e feriti e mettendo a ferro e fuoco diverse città del paese, soprattutto, appunto, l’ex capitale Almaty.
Nei giorni scorsi, riferisce all’Agenzia Fides una fonte locale, la totale assenza di connessione Internet ha reso difficile qualsiasi forma di acquisto: “Siamo ormai abituati a pagare tutto con il bancomat. Nessuno di noi era pronto all’eventualità che i metodi di pagamento elettronici fossero indisponibili per giorni, quindi tante persone hanno avuto difficoltà a fare la spesa. Inoltre, a causa dell’emergenza, per 3 giorni i supermercati sono rimasti chiusi. Da ieri hanno riaperto regolarmente: i rifornimenti non mancano, anche se al momento si registra una carenza di pane”. Dalla giornata di ieri, 10 gennaio, la possibilità di connettersi ad internet è stata ristabilita solo in alcune fasce orarie.
Nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AMERICA/BOLIVIA - E’ morto il primo sacerdote diocesano indigeno del Vicariato apostolico di El Beni
 
Trinidad (Agenzia Fides) - Don Maximiliano Noe Valverde era nato nella comunità di La Fortuna, sul fiume Mamoré, il 18 agosto 1962, terzo di otto fratelli. Nel decennio dal 1990 al 2000, il Vicariato Apostolico di El Beni ebbe la gioia di celebrare 9 ordinazioni diaconali e 7 ordinazioni sacerdotali. Tra questi ricevette l'ordinazione diaconale Maximiliano Noe Valverde, incardinato a Trinidad, Beni, dal 22 maggio 1994. Venne ordinato sacerdote a Trinidad il 4 giugno 1995, e fu il primo sacerdote diocesano indigeno della Chiesa di El Beni.
Secondo le notizie diffuse dalla Conferenza episcopale boliviana, giunte a Fides, d. Maximiliano è stato parroco della Parrocchia di La Resurrección dal 4 agosto 1995, missione che ha portato avanti fino ai suoi ultimi giorni di vita, nonostante la sua malattia diabetica, che ha poi complicato il suo quadro clinico fino a quando non è stato ricoverato all'ospedale Cossmil ed è morto nel pomeriggio di lunedì 10 gennaio, a 59 anni e 26 di sacerdozio.
Nella sua missione pastorale ed evangelizzatrice ha curato le comunità indigene del TIPNIS (Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Secure, area protetta e terra di comunità autoctone situata tra il nord del dipartimento di Cochabamba e il sud del dipartimento di Beni) e delle comunità circostanti. È stato anche Cappellano delle Forze Armate a Beni. Ha accompagnato i consigli di quartiere del Distretto 4 del comune della Santissima Trinità. I suoi funerali si tengono oggi, 11 gennaio, nella parrocchia che ha guidato per 26 anni.
Il Vicariato apostolico di El Beni o Beni, è stato eretto il 1° dicembre 1917 e affidato ai Frati Minori (OFM). Comprende quasi tutto il dipartimento boliviano di Beni, nella zona nord orientale del paese. Sede del Vicariato è la città di Trinidad, capoluogo del dipartimento. Ha una popolazione di 239.498 abitanti, di cui 191.598 cattolici. Le parrocchie sono 30, i sacerdoti diocesani 12 e quelli religiosi 13, 1 diacono permanente, i religiosi non sacerdoti sono 15 e le religiose 30. (SL) (Agenzia Fides 11/1/2022)

giovedì 26 agosto 2021

Agenzia Fides 26 agosto 2021

 

AFRICA - Non si fermano gli attacchi jihadisti nel Sahel: la preoccupazione dei Vescovi di Niger e Burkina Faso
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) - Si moltiplicano gli attacchi di gruppi jihadisti nei Paesi del Sahel, in particolare nella cosiddetta area dei tre confini dove tra Mali, Niger e Burkina Faso (vedi Fides 20/8/2021). In quest’ultimo Paese almeno 47 persone, tra cui 30 civili, sono morte il 18 agosto in un attacco a un convoglio sulla strada Arabinda-Gorgadji, nel nord.
Un “atto atroce che condanniamo fermamente” afferma la Conferenza episcopale del Burkina-Niger (CEBN) in una dichiarazione del 23 agosto. “In questa dolorosa circostanza, porgiamo le nostre sincere condoglianze alle famiglie in lutto e a tutto il popolo burkinabé, afflitto da questa tragedia. Auguriamo una pronta guarigione ai feriti” scrivono i Vescovi che invitano “i figli e le figlie della Chiesa della Famiglia di Dio in Burkina Faso ad intensificare la loro preghiera per la pace nel Paese”.
In Niger, nella notte tra il 24 e il 25 agosto a Baroua nella regione di Diffa, “una posizione dell’esercito del Niger è stata attaccata da un centinaio di elementi di Boko Haram provenienti dal lago Ciad” afferma un comunicato dell’esercito di Niamey. Secondo il comunicato nel combattimento sono stati uccisi 16 soldati nigerini e una cinquantina di membri di Boko Haram, Il 20 agosto 19 civili erano stati uccisi in attacco di sospetti jihadisti contro un villaggio nella regione di Tillabe'ri, nel Niger occidentale. I jihadisti hanno assalito i fedeli che stavano terminando la preghiera del venerdì nella locale moschea.
Il Niger deve fronteggiare sia gruppi, affiliati ad Al Qaida o allo Stato Islamico, che operano nell’’ovest del Paese, sia i il gruppo nigeriano Boko Haram e la sua ala dissidente divenuta lo Stato Islamico nell’Africa occidentale, che operano nella zona del lago Ciad.
Nel frattempo si precisano meglio le circostanze dell’agguato avvenuto in Mali il 19 agosto (vedi (vedi Fides 19/8/2021). Una quarantina di soldati di un reparto di élite, addestrato da militari statunitensi e spagnoli, sono morti in una serie di imboscate successive nella regione di Mopti, nel centro del Paese. I terroristi hanno anche catturato un numero imprecisato di soldati e numerosi veicoli militari e di armi. (L.M.) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Si apre il processo di beatificazione di Gertrude Detzel, missionaria nei Gulag
 
Karaganda (Agenzia Fides) - La Chiesa cattolica in Kazakhstan ha ufficialmente aperto la fase diocesana del processo di beatificazione di Gertrude Detzel, laica cattolica, che “attraverso la sua fede fervente e il suo esempio di vita, ha influenzato lo sviluppo di vocazioni sacerdotali e monastiche”. Lo ha riferito all'Agenzia Fides Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo della diocesi di Karaganda, città dove la serva di Dio ha risieduto fino alla morte, avvenuta nel 1971.
Fin da bambina, Gertrude Detzel desiderava consacrarsi a Dio e diventare suora e offrire la sua esistenza per l'annuncio del Vangelo, scontrandosi però con la realtà dell’Unione Sovietica: “E’ diventata, però, una servitrice di Dio nel mondo: ha annunciato la Buona Novella e ha istruito le persone con la sua parola, la preghiera, ma soprattutto con l’esempio di una vita santa, che era particolarmente preziosa e necessaria in assenza di sacerdoti e di chiese aperte”, spiega il Vescovo.
Nel 1941, con l’inizio della guerra, Gertrude Detzel fu deportata nella città di Pakhta Aral, nel Kazakhstan meridionale, dove raccoglieva cotone e continuava il suo ministero di preghiera e di evangelizzazione, conducendo nel silenzio le persone a Dio. Subì numerosi trasferimenti e condanne ai lavori forzati. Nel 1956 le permisero di lasciare l’ultimo campo in cui era stata deportata e si trasferì a Karaganda, dove si dedicò totalmente a servire i tanti credenti della zona.
“Questa donna coraggiosa non solo è riuscita a preservare la sua fede nella difficile condizioni situazione della repressione staliniana, ma ha anche predicato senza paura Gesù Cristo ai prigionieri del Gulag”, si legge nella breve biografia redatta dal postulatore padre Ruslan Rakhimbernov. Con l'inizio della fase diocesana del processo, è stata creata una apposita commissione che raccoglierà tutte le testimonianze sulla vita di Detzel. Una volta conclusa la fase diocesana del processo, se l'esito dell'istruttoria sarà ritenuto positivo, la documentazione verrà inviata alla Santa Sede, alla Congregazione per le cause dei Santi, che ne curerà la seconda fase.
(LF) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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ASIA/INDIA - "Per non dimenticare": i cristiani dell'Orissa chiedono giustizia per le violenze subite 13 anni fa
 
Bhubaneswar (Agenzia Fides) – Fedeli laici, sacerdoti, suore, accademici, leader cristiani, avvocati e credenti di altre religiosi hanno celebrato il 25 agosto la 13a "Giornata della Memoria" dedicata alle vittime dei massacri subiti dai cristiani dell'Orissa 13 anni fa. Le celebrazioni proseguono per diversi giorni, con incontri preghiera, liturgie, webinar, che intendono ricordare la feroce campagna di violenza anticristiana avvenuta nel 2008 a Kandhamal, nell'Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, nello stato indiano di Orissa (Odisha), nell'India orientale. Il National Solidarity Forum, un consorzio di oltre 70 gruppi della società civile, ha organizzato il webinar nazionale titolato "In difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche" che ha radunato migliaia di partecipanti in tutta la nazione. “Il governo statale dell'Orissa ha completamente omesso di agire per prevenire crimini orribili. Ha cercato di dipingere il massacro lo come una disputa inter-tribale, invece di riconoscere la gravità della violenza", ha affermato A.P. Shah, ex giudice dell'Alta Corte di Delhi e Madras, relatore al webinar.
“Il governo ha nominato due Commissioni, come di solito accade in queste materie, ma entrambe sono state inefficaci. Nessuna Commissione ha emesso alcun rapporto sui fatti. Quasi 13 anni dopo, non ci sono nemmeno i documenti con le segnalazioni. Tali Commissioni, specialmente quelle istituite dopo episodi di violenza inter-comunitaria, tendono ad essere organismi destinati a placare temporaneamente l'opinione pubblica, ma per lo più non producono mai qualcosa di significativo", ha affermato. "Il modo in cui è stata gestita la violenza di Kandhamal è un esempio da manuale del fallimento del sistema di giustizia penale indiano", ha detto. Shah ha consegnato il primo "Kandhamal Human Rights Award" alla "People's Union for Civil Liberties", una ONG con sede a Delhi, e il premio individuale al laico cattolico di Kandhamal, Paul Pradhan.
L'ex giudice ha ricordato che, alla guida del "Tribunale nazionale del popolo" a Delhi nel 2012 “abbiamo pubblicato un rapporto che concludeva inequivocabilmente che 'la carneficina di Kandhamal' è un atto preordinato diretto principalmente contro la comunità cristiana, per vasta maggioranza composta da dalit cristiani e adivasi (tribali); e contro coloro che hanno sostenuto o lavorato con la comunità"
Ha inoltre notato "la preoccupante ripresa del comunitarismo negli ultimi anni in India. Il nazionalismo religioso è venuto alla ribalta, sostenuto da potenti forze politiche. Questa ideologia immagina una nazione sotto il dominio indù, una nazione esclusivamente indù. Secondo questa visione, musulmani e cristiani sono stranieri e indesiderati. Questa è una tendenza pericolosa", ha detto Shah.
John Dayal, giornalista cattolico impegnato per la difesa dei diritti umani, ha affermato che "la violenza contro le minoranze religiose come cristiani e musulmani è in aumento in India. Bisogna resistere e denunciare questi crimini d'odio che vanno contro lo spirito di democrazia, pace e armonia".
Molte azioni e programmi sono organizzati a livello locale e nazionale. “Le vittime innocenti di Kandhamal dovrebbero ricevere giustizia. Sono passati 13 anni. Pace e l'armonia vano coltivate nella mente e nel cuore della gente di Kandhamal, partendo dalla giustizia", ha affermato Lambodar Singh, un leader locale.
Nell'area di Kandhamal, tra le celebrazioni, si è tenuto un "Festival cinematografico sulla giustizia, la pace e l'armonia". “Gli esseri umani hanno oppresso, mutilato, umiliato, ucciso i propri simili, con gravi violazioni dei diritti umani. Una delle ragioni di tali violazioni dei diritti umani in India è basata dell'identità. La gente è stata uccisa, maltrattata, linciata, molestata, violentata e bruciata. Le vittime e i sopravvissuti come dalit, adivasi, pescatori, donne, minoranze religiose e molte altre persone emarginate stanno ancora lottando in India per i loro diritti. Le violazioni dei diritti umani sul popolo di Kandhamal sono avvenute in questo contesto ", ha affermato Sasi K.P., regista e responsabile del Festival cinematografico. Svoltasi dal 24 al 26 agosto, la manifestazione filmica intende ricordare che "deve esserci unità tra tutti i gruppi e le comunità emarginate in India", ha detto Sasi.
Kandhamal, uno dei distretti più poveri dell'India, è stato sede di una delle più raccapriccianti campagne di violenza indiscriminata già nel dicembre 2007 e poi nell'agosto 2008. L'innesco della violenza è stato, apparentemente, l'uccisione di un leader religioso indù, Swami Lakshmananda Saraswati, In seguito alla propaganda di odio da parte di gruppi estremisti indù, la colpa dell'omicidio fu addossata ai cristiani e questo causò una spirale di attacchi contro i cristiani dalit e adivasi nel distretto.
Oltre 360 ​​chiese e luoghi di culto furono attaccati, 5.600 case sono state distrutte o date alle fiamme, oltre 100 persone sono state uccise, oltre 40 donne violentate, molestate o maltrattate. Oltre 60mila persone furono costretti a lasciare le loro case (dove non hanno mai più fatto ritorno) e a vivere da sfollati mentre l'istruzione di oltre 12.000 bambini è stata interrotta. Le vittime e i sopravvissuti non hanno ancora ricevuto giustizia. La Chiesa cattolica in Orissa è sempre stata accanto ai cristiani perseguitati con iniziative e solidarietà di carattere umano, spirituale, materiale, con assistenza legale e psicologica.
(SD-PA) (Agenzia Fides 26/8/2021)


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ASIA/IRAQ - Il movimento di Muqtada al Sadr rilancia la campagna per restituire case e terreni sottratti illegalmente a cristiani e mandei
 
Baghdad (Agenzia Fides) – Sono già più di ottanta i beni immobiliari – terreni e case – restituiti ai legittimi proprietari in virtù della campagna promossa dal leader sciita Muqtada al Sadr a favore di cittadini cristiani e mandei che negli ultimi anni avevano subito usurpazioni arbitrarie e illegittime delle loro proprietà da parte di soggetti singoli o gruppi organizzati. A riferire i risultati fin qui raggiunti dall’iniziativa ispirata da Muqtada al Sadr è stato Hakim al Zamili, esponente di spicco del Movimento sadrista (la formazione politica che fa capo a Muqtada al Sadr), che in passato ha anche guidato la Commissione parlamentare irachena per la sicurezza e la difesa.
In un comunicato, rilanciato mercoledì 25 agosto da diversi media iracheni, al Zamili ha specificato che gli ultimi beni immobili restituiti ai legittimi proprietari cristiani e mandei sono concentrati nell’area di Baghdad, e che finora il Comitato promosso ad hoc su indicazione di al Sadr per realizzare l’opera di riconsegna ha raccolto più di 140 richieste di restituzione avanzate da cittadini cristiani e mandei che nelle recenti, convulse fasi della storia irachena avevano subito anche l’esproprio illegale delle loro proprietà immobiliari.
All’inizio del 2021, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 4/1/2021), il leader sciita iracheno Muqtada al Sadr (a capo della formazione politica sadrista che gode di una forte rappresentanza nel Parlamento di Baghdad) aveva disposto la creazione di un Comitato ad hoc, incaricato di raccogliere e verificare notizie e reclami riguardanti i casi di esproprio abusivo di beni immobiliari subiti negli ultimi anni da proprietari cristiani e mandei (questi ultimi appartenenti a una minoranza religiosa che segue dottrine di matrice gnostica) in diverse regioni del Paese. L’intento dell’operazione sponsorizzata dal leader sciita – si leggeva nel comunicato - era quello di ristabilire la giustizia, ponendo fine alle violazioni lesive dei diritti di proprietà dei “fratelli cristiani”, anche quando a commetterle fossero stati membri dello stesso movimento sadrista. La richiesta di segnalare casi di espropriazioni illegali subite era estesa anche alle famiglie di cristiani che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, con la richiesta di far pervenire al comitato entro la fine del prossimo Ramadan le segnalazioni di usurpazioni fraudolente subite.
Il fenomeno della sottrazione illegale delle case dei cristiani ha potuto prendere piede anche grazie a connivenze e coperture di funzionari corrotti e disonesti, che si mettono a servizio di singoli impostori e gruppi organizzati di truffatori (vedi Fides 23/7/2015). Il furto “legalizzato” delle proprietà delle famiglie cristiane è strettamente collegato all'esodo di massa dei cristiani iracheni, accentuatosi a partire dal 2003, dopo gli interventi militari a guida Usa messi in atto per abbattere il regime di Saddam Hussein. Tanti truffatori si sono appropriati di case e terreni rimasti incustoditi, contando sulla facile previsione che nessuno dei proprietari sarebbe tornato a reclamarne la proprietà.
Il controverso leader sciita Muqtada al Sadr è noto per essere stato anche il fondatore dell'esercito del Mahdi, la milizia – ufficialmente sciolta nel 2008 - creata nel 2003 per combattere le forze armate straniere presenti in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Gli analisti hanno registrato negli ultimi dieci anni diversi cambi di passo del leader, che nel 2008 ha sciolto la sua milizia e non appare allineato con l'Iran. In passato, Negli scenari politici iracheni degli ultimi anni, Muqtada al Sadr ha provato anche a profilarsi come un potenziale mediatore. In questa prospettiva venne interpretata anche la visita da lui compiuta nel luglio 2017 in Arabia Saudita per incontrare il Principe Mohammed Bin Salman. (GV) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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AMERICA/PERU’ - I Vescovi condividono “sofferenze e incertezze del paese” e chiedono “riconciliazione e superamento delle polarizzazioni”
 
Lima (Agenzia Fides) – I Vescovi del Perù, in un loro messaggio del 25 agosto, affermano di condividere "le sofferenze e le grandi incertezze che il nostro amato Paese sta vivendo", ma anche in questa situazione, come sulla barca in tempesta, invitano a pensare che Gesù è sempre vicino a noi, ci dice che “non siamo soli, che abbiamo sempre motivi di speranza”.
Il messaggio, pervenuto a Fides, è articolato in 12 punti, nei quali l’Episcopato peruviano analizza la situazione del paese, evidenziando prima di tutto la sua profonda preoccupazione per l’incertezza creata dalla “polarizzazione politica estrema” che si ripercuote in tutti gli ambiti sociali e soprattutto nella vita dei più poveri ed emarginati. colpendo sempre più i valori della convivenza umana. Quindi i Vescovi denunciano "il doloroso e storico oblio della situazione di migliaia di connazionali provenienti dalle periferie del paese", che accentua le diseguaglianze sociali, genera dolore e risentimento, accresce la sfiducia tra le autorità e la popolazione. “Molti connazioli soffrono
per la mancanza di lavoro, l'alto costo della vita e la paura di investire nel nostro paese” proseguono, oltre che per la minaccia di una terza ondata di Covid-19. A questo riguardo, rilevano che molti genitori sono preoccupati in quanto l’insegnamento digitale non ha raggiunto gli obiettivi di apprendimento prefissati; molti alunni, soprattutto quelli più poveri, non hanno potuto acedere alle classi digitali; inoltre si avvertono nei ragazzi e nelle ragazze, chiari segnali di sofferenza mentale ed emotiva per la mancanza di contatto diretto con compagni di classe e insegnanti. “Ci appelliamo con insistenza al Governo, per la fornitura dei vaccini necessari per tutti, e allo stesso tempo invitiamo tutti i peruviani a vaccinarsi, come espressione di responsabilità per se stessi e per gli altri" chiedono i Vescovi, oltre al diritto di esprimere la nostra fede in maniera libera e responsabile, in un contesto di sicurezza sanitaria. La fede può contribuire "alla riconciliazione e al superamento delle polarizzazioni, generando una cultura dell'incontro e del dialogo. L'intolleranza, l'indifferenza e la discriminazione non devono continuare a prevalere nella nostra convivenza" ribadisce il testo.
I Vescovi peruviani quindi esortano, “in questo momento cruciale della nostra storia”, a camminare insieme “nella ricerca della riconciliazione e del benessere di tutti", avendo obiettivi comuni, superando la disillusione, uscendo da noi stessi e dai nostri interessi, per dire: “Sì alla vicinanza e no all’isolamento, sì alla cultura dell'incontro e no alla cultura dello scontro”.
Nella ricerca del bene comune e della democrazia, non aiuta certo "il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare", invece vanno usati i meccanismi previsti dalla Costituzione e dal sistema legislativo vigente. Per questo il messaggio invita: "Orientiamo la democrazia verso la libertà, evitando ogni autoritarismo. Verso l'uguaglianza combattendo ogni forma di discriminazione e povertà. Verso la fraternità, promuovendo l'amicizia sociale e la cura della nostra grande diversità culturale e della ricca biodiversità”.
Nella conclusione, i Vescovi ribadiscono la loro "disponibilità al dialogo con le autorità del Governo", facendo appello "a lavorare insieme per il bene comune attraverso tavoli di dialogo": “La Chiesa tende le sue mani e reitera la disposizione a costruire ponti e a lavorare insieme nella fraternità e nell’amicizia sociale, per il bene comune, lo sviluppo umano integrale e per rafforzare la nostra fragile democrazia". (SL) (Agenzia Fides 26/08/2021)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Cardinale Brenes invita a “non abbassare la guardia nell’osservare i protocolli sanitari”; il paese si prepara alla festa dell’Indipendenza
 
Managua (Agenzia Fides) – “Coscienti della situazione sanitaria critica che affrontiamo, vi invito, con fede e fiducia nella Divina Provvidenza, con serenità e molta responsabilità, a non abbassare la guardia nell’osservare il protocollo di base (uso delle mascherine, sanificazione delle mani e distanziamento fisico raccomandato); protocollo che deve essere seguito sia a livello personale che negli spazi liturgici ed ecclesiali che sono sotto la nostra responsabilità ecclesiale. E’ compito e dovere di tutti noi, pastori e fedeli, unire gli sforzi per la cura della nostra salute e per dare testimonianza di una Chiesa responsabile e solidale”. Lo raccomanda l’Arcivescovo di Managua, il Cardinale Leopoldo Brenes, in una circolare rivolta a tutti i fedeli dell’Arcidiocesi, diffusa in questi giorni.
Nel testo, pervenuto all’Agenzia Fides, l’Arcivescovo ricorda che chiese e cappelle saranno aperte “in orari opportuni, secondo la realtà di ogni comunità, seguendo il protocollo generale indicato ed il protocollo stabilito in ogni comunità parrocchiale”. Avverte inoltre che, qualora la situazione particolare di qualche comunità o istituzione ecclesiale richiedesse l’adozione di un piano di emergenza, dovranno essere consultati i rispettivi consigli pastorali e le autorità superiori, per valutare le circostanze e attuare le relative misure in comunione.
Il Cardinale ricorda che le celebrazioni liturgiche e le attività pastorali “si dovranno realizzare con creatività, sapendo armonizzare la cura della salute con l’attenzione spirituale dei fedeli”: è il momento di ricorrere per le attività pastorali, ai mezzi di comunicazione alternativi, limitando la durata e il numero dei partecipanti alle attività.
Ai fedeli l’Arcivescovo chiede di essere vicini ai loro parroci in questo momento, rendendo possibile l’uso delle chiese e ricorrendo alle alternative offerte dalla liturgia. “Preghiamo e imploriamo da Cristo e dalla sua Madre Santissima la loro protezione, il loro aiuto e la forza, in questi tempi di prova, perché tutto possiamo ‘in Cristo che ci dà forza’ (Flp 4,13)” conclude il Cardinale Brenes.
Dal 15 agosto al 15 settembre il Nicaragua sta vivendo il “Mese della Patria” in preparazione alla festa nazionale dell’Indipendenza del 15 settembre. Dal 16 al 23 agosto si è riflettuto sulla storia della Chiesa in Nicaragua, attraverso incontri virtuali e momenti di preghiera con la pastorale giovanile. Il tema di riflessione della settimana dal 24 al 31 è la figura di San Giuseppe, con incontri virtuali e momenti di preghiera con i movimenti laicali. Dal 1° al 4 settembre al centro ci sarà la famiglia, con un’ora di adorazione per le famiglie nicarguensi in tutte le chiese, il 2 settembre. Il 6 e 7 settembre saranno organizzate nelle diocesi giornate di preghiera per i sacerdoti, i religiose e le religiose. Infine la settimana dall’8 al 15 settembre sarà dedicata alla preghiera per la Patria. (SL) (Agenzia Fides 26/08/2021)

giovedì 19 agosto 2021

Agenzia Fides 19 agosto 2021

 

AFRICA/UGANDA - Ucciso un sacerdote
 

Kampala (Agenzia Fides) – Ucciso ieri, 18 agosto, un sacerdote in Uganda. P. Joshephat Kasambula della diocesi di Kiyinda-Mityana è stato assassinato a sangue freddo nella sera di ieri, da una persona che potrebbe avere problemi di tossicodipendenza.
Nel tardo pomeriggio del 18 agosto p. Joshephat era andato a supervisionare i lavori su un appezzamento di terra dove avrebbe incontrato il suo assassino che soggiornava illegalmente nella masseria. Il sacerdote ha chiesto al presunto killer chi lo aveva autorizzato ad accedere al terreno e alla casa ma è stato colpito alla schiena con un corpo contundete ed è morto sul colpo.
Secondo alcuni testimoni il presunto omicida è un noto tossicodipendente e si ritiene che fosse l’effetto di qualche sostanza stupefacente al momento dell’omicidio. I testimoni riferiscono che da diversi anni il sacerdote non si recava a visitare la casa e il terreno che appartenevano alla sua famiglia. Il presunto omicida aveva approfittato della mancata vigilanza e vi si era installato da qualche tempo.
P. Joshephat Kasambula 68 anni, ha servito la diocesi di Kiyinda-Mityana come parroco di Lwamata. La polizia ha prelevato il suo corpo per l'autopsia mentre le ricerche dell’omicida che si è dato alla fuga, continuano. (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)

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AFRICA/SUD SUDAN - Suore uccise; il Presidente Kiir: “I gruppi che non hanno firmato la pace responsabili della loro morte”
 

Juba (Agenzia Fides) – Sono i gruppi che non hanno firmato l’accordo di pace, i responsabili della morte delle due suore della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, uccise, insieme ad altre tre persone, in un agguato stradale il 16 agosto su un autobus lungo Juba-Nimule Road (vedi Fides 18/8/2021). Lo afferma il Presidente sud sudanese Salva Kiir, che accusa dell’imboscata degli Holdout Groups”, termine generico che indica i non -firmatari dell'Accordo rivitalizzato sulla risoluzione dei conflitti in Sud Sudan (R-ARCSS).
Nella sua dichiarazione il Presidente Kiir afferma che l'omicidio dei cinque "civili innocenti" dimostra la mancanza di impegno per la pace da parte dei non firmatari dell'accordo di pace del settembre 2018 e minaccia che il suo governo potrebbe dover " riconsiderare la sua posizione sull'Iniziativa di Roma guidata da Sant'Egidio”.
Il presidente sud sudanese aggiunge, in riferimento ai cinque sud sudanesi uccisi durante l'imboscata stradale del 16 agosto, “La responsabilità della loro morte ricade interamente sugli Holdout Groups, e il governo di transizione rivitalizzato di unità nazionale condanna questo atto di terrore nei termini più forti possibili.”
Papa Francesco ha espresso le sue condoglianze per la morte di suor Mary Daniel Abut, e suor Regina Roba delle Suore del Sacro Cuore di Gesù. “Profondamente addolorato nell'apprendere del brutale attacco a un gruppo di suore del Sacro Cuore di Gesù che ha causato la morte di suor Mary Abud e suor Regina Roba – si legge nel telegramma, inviato a nome del Pontefice dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin a Mons. Mark Kadima, della Nunziatura Apostolica in Sud Sudan. “Confidando che il loro sacrificio farà avanzare la causa della pace, riconciliazione e sicurezza nella regione"- Papa Francesco “prega per il loro eterno riposo e il conforto di quanti piangono la loro perdita”. (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)
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AFRICA/BURKINA FASO - Quasi 50 morti in un agguato jihadista nel nord del Paese
 

Ouagadougou (Agenzia Fides) - Quarantasette persone tra cui trenta civili, quattordici soldati e tre ausiliari dell'esercito sono state uccise ieri, 18 agosto, in un attacco compiuto da sospetti jihadisti contro un convoglio militare, che scortava civili, nel nord del Burkina Faso.
Lo ha annunciato il governo di Ouagadougou. “Un convoglio misto composto da civili, elementi delle forze di difesa e sicurezza (FDS) e volontari per la difesa della patria (VDP) è stato l'obiettivo di un attentato terroristico a 25 km da Gorgadji (Nord), con la morte di 30 civili, 14 soldati e 3 VDP" afferma il comunicato ufficiale. Nei combattimenti sono rimaste ferite altre 19 persone mentre “58 terroristi sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti e sono fuggiti" affermano le fonti ufficiali.
Il Presidente Roch Marc Christian Kaboré ha indetto oggi, 19 agosto, tre giorni di lutto nazionale per rendere omaggio alle vittime.
La località di Gorgadji, dove è avvenuto l’agguato, si trova nella provincia di Séno, nel nord del Burkina Faso, detta dei tre confini, dove il Burkina Faso confina con Mali e Niger. Zona più volte colpita da gruppi jihadisti che seminano terrore e morte nei tre Paesi.
L’attacco di ieri è il terzo di una serie in due settimane contro soldati impegnati nella lotta anti-jihadista nel nord e nord-ovest del Burkina Faso.
I gruppi jihadisti saheliani sono ora galvanizzati dal ritiro americano e occidentale in Afghanistan e dall’annuncio del termine entro i primi mesi del 2022 dell’operazione militare francese Barkhane in Mali. In un messaggio audio risalente al 10 agosto Iyad Ag Ghali, leader del Gruppo di Sostegno dell’Islam e dei Musulmani (GSIM) non ha aspettato la presa di Kabul per salutare la vittoria dei talebani in Afghanistan, rendendo omaggio “all’ emirato islamico dell'Afghanistan, in occasione del ritiro delle forze d'invasione americane e dei loro alleati". Un capovolgimento che- ha sottolineato - è il risultato di due decenni di pazienza". (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)
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AMERICA/PERU’ - I giovani profeti del Bicentenario: a novembre prima Giornata nazionale della Gioventù
 
Lima (Agenzia Fides) – “Giovane, alzati! Tu sei profeta del Bicentenario” è il motto della prima Giornata nazionale della Gioventù che il Perù celebrerà dal 19 al 21 novembre. L’evento prende spunto dalla celebrazione dei 200 anni dell’Indipendenza del Paese, il 28 luglio. Secondo la nota della Conferenza episcopale, pervenuta a Fides, ad organizzare la Giornata è la Commissione episcopale per i giovani e i laici, presieduta da Monsignor Alfredo Vizcarra, Vescovo del Vicariato di Jaén, con l’obiettivo di “riflettere e riconoscere l'importanza dei giovani del Paese alla luce del bicentenario di indipendenza” dalla Spagna.
Fin dall’inizio del 2021 sono stati creati diversi gruppi di lavoro dedicati ognuno ai vari aspetti dell’evento: la liturgia, la spiritualità, la comunicazione. Il logo dell’evento presenta tre grandi lettere “JNJ”, le iniziali di “Jornada Nacional de la Juventud” (Giornata nazionale della gioventù), dipinte con colori particolarmente accesi e vivaci, ad indicare la gioia e lo spirito di festa che anima l’incontro, ed il motto “Joven, ¡levántate! ¡Tú eres profeta del bicentenario!”. L’inno e la preghiera dell’appuntamento, invece, sono stati scelti grazie ad un concorso tra artisti cattolici, vinto da José Luis Vallejos Arias, autore dell’inno, e Eddy Alex Juárez Vergara, autore della preghiera. Entrambe le loro composizioni fanno riferimento alla testimonianza offerta da Santa Rosa da Lima, Patrona del Perù.
Nata a Lima il 20 aprile 1586, in una nobile famiglia di origine spagnola, fu battezzata con il nome di Isabella. Una serva affezionata, di origine india, che le faceva da balia, colpita dalla bellezza della bambina le diede il nome di un fiore, Rosa, che le rimarrà per sempre. Quando la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa si rimboccò le maniche e aiutò in casa. Sin da piccola aspirava alla vita claustrale, avendo come modello di vita santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l’abito del Terz’ordine domenicano, a vent’anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Dal 1609 si richiuse in una cella di due metri quadrati, costruita nel giardino della casa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate a pregare ed in stretta unione con il Signore. Ebbe visioni mistiche. Nel 1614 fu obbligata dalla famiglia a trasferirsi nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Era il 24 agosto 1617. Fu beatificata nel 1668 e canonizzata il 12 aprile 1671, prima Santa del continente sudamericano. E’ patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali.
La Commissione episcopale per i giovani e i laici ha organizzato una serie di attività che vengono lanciate il 19 di ogni mese, nello stesso giorno dell’inizio della Giornata nazionale della Gioventù, il 19 novembre. Per i mesi di agosto, settembre e ottobre verranno lanciati tre capitoli del Sussidio Spirituale. Secondo Álvaro Salazar, Segretario esecutivo della Commissione episcopale, i sussidi che saranno pubblicati permetteranno di preparare il nostro cuore e il nostro spirito a riflettere sulla nostra realtà prima del mese di novembre. "Questa Giornata ci permetterà di sapere cosa vogliono i giovani del Perù per il futuro del Paese nella prospettiva del Bicentenario" conclude Álvaro Salazar. (SL) (Agenzia Fides 19/08/2021)


lunedì 14 giugno 2021

 

AFRICA/BURKINA FASO - “A cosa servono le basi militari straniere nel Sahel?” chiedono i Vescovi dopo la strage di Solhan
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) – Il Burkina Faso è sotto choc per la strage di Solhan, il villaggio nel nord-est del Paese assalito nella notte tra il 4 e il 5 giugno, nel quale almeno 160 persone sono state uccise (vedi Fides 7/6/2021), affermano i Vescovi di Burkina Faso e Niger in un comunicato pubblicato al termine della loro seconda Assemblea Plenaria.
“Indubbiamente si stanno compiendo notevoli sforzi nella lotta al terrorismo e dobbiamo congratularci con tutte le parti coinvolte, in particolare le forze di difesa e di sicurezza. Il tragico evento di Solhan, ci ha però scioccati e fa apparire l'idra terrorista in una luce che uccide l'ottimismo che stava cominciando a rinascere tra le popolazioni” affermano nel documento pervenuto all’Agenzia Fides. All’Apertura dell’Assemblea, il Cardinale Philippe Ouedraogo, Arcivescovo di Ouagadougou, aveva espresso le condoglianza della Conferenza Episcopale di Burkina Faso e Niger alle vittime del massacro (vedi Fides 10/6/2021).
Nella nota i Vescovi si chiedono se la presenza di basi militari straniere nei Paesi del Sahel contribuisca o meno a rafforzare la sicurezza delle popolazioni locali. “La notte d’orrore di Solhan mostra che lo spettro terrorista sta diventando sempre più minaccioso per una popolazione che è tuttavia circondata da basi militari, sia nazionali che straniere. Questo crea forte perplessità nelle popolazioni, con una prospettiva allarmante di incommensurabile disagio degli sfollati in questo periodo di inizio inverno” scrivono i Vescovi facendo riferimento alla stagione secca saheliana, detta “invernale”.
“Naturalmente ci si interroga sul valore della presenza di tante forze straniere nei nostri territori, poiché la speranza dei frutti delude sempre più la promessa dei fiori. Questa osservazione è di grande preoccupazione per le popolazioni; preoccupazione che condividiamo. Quando arriva la fine del tunnel?” chiedono i Vescovi.
Il 12 giugno migliaia di persone si sono radunate a Dori, nel nord del Burkina Faso, per denunciare “l'inerzia” delle autorità dopo il massacro di Solhan (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AFRICA - Terrorismo e violenza: situazione insostenibile nei paesi dell’Africa occidentale
 
Abidjan (Agenzia Fides) – "La subregione dell'Africa occidentale sta purtroppo diventando il bastione del terrorismo in Africa. Una situazione che diventa sempre più preoccupante" scrive all’Agenzia Fides p. Donald Zagore, teologo ivoriano della Società per le Missioni Africane, esprimendo tutta la sua preoccupazione e l'allarme per la situazione dell'area. Il conflitto tra forze governative e gruppi armati legati a Isis e al-Qaeda, nella parte occidentale del Sahel, ha devastato gran parte della regione nell’ultimo decennio, innescando una significativa crisi umanitaria. Secondo i dati del progetto Armed Conflict and Location Event Data Project sono morte quasi 7.000 persone a causa del peggioramento dei combattimenti lo scorso anno. E, secondo quanto pubblicato dalle Nazioni Unite, le continue violenze hanno provocato lo sfollamento interno di oltre due milioni di persone.
Rileva padre Zagore: "Aumentano gli sfollati e i morti. Intere popolazioni che vivono in condizioni di totale precarietà non ce la fanno più - insiste il missionario -. Instabilità politica quasi permanente, violazione dei valori democratici, corruzione su vasta scala, povertà sempre più accentuata, ascesa al potere dei cartelli della droga e dell'oro clandestino, che contribuiscono enormemente al finanziamento del terrorismo, stanno aggravando le condizioni sociali, politiche ed economiche in questa parte dell'Africa".
"Fino a quando i nostri Stati rimarranno prigionieri di tutti questi mali senza mai combatterli con vigore, le loro porte saranno ampiamente aperte a tutte le forme di violenza e di terrorismo per eccellenza. Non è più tempo di discorsi ed eterni vertici sulla lotta al terrorismo. E’ il momento di agire. Le persone non devono diventare prigioniere nel proprio paese" dice accorato il missionario.
Tra gli altri gravi episodi di violenza registrati nella giornata di ieri, 13 giugno 2021, si segnala la morte di almeno due soldati e un gendarme, rimasti uccisi dall’esplosione del loro veicolo a causa di un ordigno esplosivo nella regione di Tèhini, nel nord-est della Costa d'Avorio, vicino al confine con il Burkina Faso. Secondo quanto riportato da fonti locali l'esplosione ha provocato anche tre feriti a meno di una settimana da un attacco di sospetti jihadisti nella cittadina di Tougbo, a pochi chilometri dal confine con il Burkinabè.
Il conflitto nella regione del Sahel ha causato una delle più grandi crisi umanitarie del mondo, con 24 milioni di persone bisognose di aiuti quest'anno e 13 milioni che soffrono la fame, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Con le sue vaste distese desertiche poco controllate e i confini porosi, il Sahel si è rivelato terreno fertile per l'ascesa della militanza islamista in una delle regioni più povere del mondo, mentre il cambiamento climatico ha peggiorato la competizione per le risorse in diminuzione. Secondo un recente studio commissionato dal Catholic Relief Services (CRS) in Mali, Burkina Faso e Niger la disoccupazione giovanile e la mancanza di opportunità economiche sono la causa principale della violenza, spingendo molti giovani a unirsi a gruppi armati. In Africa Occidentale una élites dell'1% possiede ricchezza più di tutto il resto della popolazione e i governi non fanno abbastanza per ridurre la disuguaglianza attraverso politiche come la tassazione e la spesa sociale, ha affermato l'Ong Oxfam.
(DZ/AP) (Agenzia Fides 14/06/2021)
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ASIA/MYANMAR - Preti cattolici arrestati e rilasciati dall'esercito: violenze a Mandalay
 
Mandalay (Agenzia Fides) - I militari birmani hanno arrestato e rilasciato sei sacerdoti cattolici e un laico cattolico nel villaggio di Chan Thar, nell'Arcidiocesi di Mandalay, 700 km a nord di Yangon. Come conferma all'Agenzia Fides p. Dominic Jyo Du, Vicario generale dell'Arcidiocesi di Mandalay, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, militari birmani hanno fatto irruzione nel complesso della chiesa dell'Assunzione e nella annessa casa del clero arrestando il parroco e altri sacerdoti che erano in visita da lui, compiendo una capillare perquisizione della struttura. L'irruzione è stata motivata dal fatto che, secondo alcuni informatori, alcuni parlamentari della Lega nazionale per la democrazia si nascondono in chiese cattoliche e monasteri buddisti. Nel blitz compito nelle ore notturne, i militari hanno divelto il cancello del complesso della chiesa cattolica dell'Assunzione, costruita 200 anni fa dai missionari francesi delle Missioni Estere di Parigi (MEP). A causa dell'arrivo dell'esercito, molti abitanti del villaggio, compresi anziani, donne, malati, sono fuggiti nelle vicine foreste e poi il giorno dopo, alla fine dell'operazione, sono potuti rientrare nelle loro case.
Come riferisce p. Dominic Jyo Du, dopo una notte di interrogatori in stato di fermo, il 13 giugno, intorno all'1,30 di pomeriggio, tutti sono stati rilasciati: "E' stata comunque un'esperienza terribile, dal carattere intimidatorio. Non sono stati maltrattati o torturati ma, quando a un sacerdote è stato intimato di spogliarsi dell'abito sacro, il parroco si è opposto, dicendo che avrebbero potuto anche ucciderlo, ma non l'avrebbe fatto. E' stato coraggioso. I militari non hanno insistito e li hanno rispettati. A volte i militari rispettano gli uomini di Dio, a volte no. Dipende dalle persone".
La gente del luogo ha potuto riabbracciare i preti cattolici. Nel villaggio di Chan Thar si ricorda il primo sacerdote missionario cattolico francese, p. Joseph Pho, MEP, che arrivò in questo villaggio nel 1902, mentre oggi nel villaggio è ancora operante una clinica aperta dalle suore francescane nel 1919. La presenza cattolica è molto apprezzata da tutta la popolazione.
Nell'attuale situazione di crisi, migliaia di persone di ogni ceto sociale vengono arrestate, incarcerate "a causa di informazioni errate, fornite da informatori pro militari", segnala una fonte di Fides. A Mandalay proseguono gli scontri tra le locali di difesa del popolo (People's Defence force) e agenti di polizia e dell'esercito birmano che continuano a compiere raid e perquisizioni notturne nelle case, in edifici civili come scuole, in luoghi di culto come chiese, pagode, monasteri. In risposta le forze della resistenza si organizzano per colpire obiettivi militari.
Mandalay, antica capitale della Birmania (oggi Myanmar) prima dell’arrivo degli inglesi, è disseminata di templi buddisti e rappresenta lo spirito mistico del paese, segnata dal buddismo Hinayana.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/AFGHANISTAN - Le donne afgane: senza giustizia, la guerra proseguirà
 
Kabul (Agenzia Fides) - È preoccupata Nargis Nehan, direttrice dell’Organizzazione non governativa “Equality for Peace and Democracy”. “Con il ritiro delle truppe, sembra che la società civile non sia più utile come prima alla comunità internazionale”. Già Ministra per il Petrolio e le risorse naturali, volto noto dell’attivismo nella capitale afghana, Nehan nota che al disimpegno militare sta corrispondendo un disimpegno diplomatico e finanziario. Il 14 aprile 2021 il Presidente degli Statu Uniti, Joe Biden, ha annunciato che il ritiro delle truppe statunitensi, incondizionato, avverrà entro l’11 settembre 2021. Lo stesso vale per i Paesi che contribuiscono coi i loro eserciti alla missione della Nato. Nelle ambasciate straniere si stilano piani di evacuazione. I donatori appaiono più riluttanti a sostenere nuovi progetti. “Non siamo coinvolte a sufficienza nelle discussioni di alto livello”, lamenta Nehan. Spesso, sostiene, “ le donne afgane sono chiamate a parlare soltanto di diritti delle donne, ma abbiamo idee su tutto: dal processo di pace al quadro regionale”.
Previsto dall’accordo bilaterale tra Usa e Talebani del febbraio 2020, il negoziato intra-afghano, tra Talebani e fronte repubblicano, è iniziato soltanto nel settembre 2020. Non ha prodotto risultati significativi. I Talebani hanno disertato una Conferenza dell’Onu prevista lo scorso aprile in Turchia, con il pretesto che la data scelta da Biden per il ritiro completo posticipava di 4 mesi quanto concordato a Doha. Da allora, la violenza è cresciuta.
"È la prima volta in vent’anni che mi sento veramente minacciata”. Così racconta all’Agenzia Fides Najba Ayoubi, giornalista, direttrice di “The Killid Radio”, rete indipendente di radio afgane con sedi in otto province del Paese. Negli ultimi mesi si sono registrati numerosi omicidi mirati contro giornalisti e giornaliste, membri della società civile, giudici, funzionari governativi. Nessun gruppo rivendica gli omicidi. La violenza cresce anche sui fronti militari, con i Talebani alla conquista di nuovi distretti e il governo concentrato nella protezione dei capoluoghi provinciali. Per Najiba Ayoubi “quando si entra in un negoziato il primo passo dovrebbe essere accettare un cessate il fuoco. Solo dopo si negozia”. I Talebani avrebbero scelto invece “la strada sbagliata. Vogliono andare al potere con la forza”. Per Najiba Ayoubi resta importante trovare un accordo politico tra il governo di Kabul e i Talebani. Ma nota che “firmare un documento non produrrà la pace”. “Il processo politico è importante, ma senza pace sociale ci saranno sempre altri conflitti. Qui c’è una società in guerra da 40 anni. Tante famiglie chiedono giustizia”. Se non si soddisfano le richieste di giustizia, la guerra proseguirà”, conclude la direttrice di The Killid Radio.
(GB-PA) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/TERRA SANTA - Gerusalemme, il Patriarcato latino indice la "Giornata annuale della pace per l'Oriente” e annuncia la consacrazione della regione alla Sacra Famiglia di Nazareth
 
Nazareth (Agenzia Fides) – Una “Giornata della Pace per l’Oriente”, da celebrare ogni anno con una speciale liturgia eucaristica “per implorare la Misericordia di Dio e la sua Pace su questo amato Medio Oriente, dove la fede cristiana è nata ed è ancora viva, nonostante le sofferenze”. L’inedita iniziativa è stata annunciata dall’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. Il Patriarca, che è anche Presidente della Assemblea dei Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, in aggiunta ha dato notizia che in quest’anno 2021, dedicato a san Giuseppe, nella Messa della prima Giornata per la pace, in programma domenica 27 giugno a Nazareth, presso la Basilica dell’Annunciazione, verrà compiuta anche una speciale Consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia.
“In occasione della celebrazione del 130° anniversario della Rerum Novarum, l'enciclica emanata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891 sui ‘Diritti e doveri del capitale e del lavoro’ – spiega il Patriarca Pizzaballa in un messaggio diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme -, il Comitato episcopale ‘Giustizia e Pace’, che emana dal Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente, ha lanciato l’iniziativa della celebrazione annuale di una Santa Messa durante una giornata che si chiamerà ‘Giornata della Pace per l'Oriente’, e che quest'anno sarà domenica 27 giugno 2021, alle ore 10:00”.
Una liturgia eucaristica per la pace nella regione mediorientale verrà celebrata in ciascuno dei Paesi su cui il Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente esercita la sua opera di coordinamento. Domenica 27 giugno, a Nazareth, nella Basilica dell’Annunciazione, nella Messa presieduta dal Patriarca Pizzaballa e concelebrata dai Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, verrà benedetta un'icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con reliquie custodite nella stessa Basilica. L'icona riproduce l’immagine della Sacra Famiglia raffigurata sopra l'altare della chiesa di San Giuseppe, a Nazareth, dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dello Sposo di Maria.
“Una volta benedetta” riferisce il Patriarca Pizzaballa nel suo messaggio, “l'Icona sarà portata in pellegrinaggio, partendo dal Libano, verso i paesi dell'Oriente, fino al suo arrivo a Roma verso la fine dell'anno di San Giuseppe, l'8 dicembre 2021. Da Roma, l'Icona farà il suo viaggio di ritorno in Terra Santa”. Anche Papa Francesco, domenica 27 giugno, impartirà da Roma la sua speciale benedizione apostolica per la “Giornata della Pace per l'Oriente”. (GV) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AMERICA/MESSICO - Sacerdote ucciso in una sparatoria tra cartelli del narcotraffico
 
Jalisco (Agenzia Fides) - Il Ministro Provinciale della Provincia Francescana dei santi Francisco e Santiago in Messico, padre Angel Gabino Gutiérrez Martinez, OFM, ha informato della morte violenta del suo confratello, padre Juan Antonio Orozco Alvarado, OFM, vittima, insieme ad altre persone, di uno scontro fra bande armate tra i cartelli che si disputano il territorio.
La comunicazione del Superiore francescano porta la data del 12 giugno, ed è pervenuta a Fides domenica 13 giugno festa di Sant'Antonio di Padova. La notizia è stata confermata da una nota della Prelatura di Jesús María (del Nayar), suffraganea di Guadaljara, che indica la mattina di sabato 12 giugno come data del sanguinoso evento, in cui oltre al sacerdote ci sono altri morti e feriti.
La comunità cattolica di Guadalajara ha riferito che il sacerdote ha perso la vita mentre si stava recando a celebrare la messa nella comunità di Tepehuana de Pajaritos. Alcuni membri armati del cartello di Jalisco Nueva Generación (CJNG) e del cartello di Sinaloa hanno iniziato ad attaccarsi a vicenda, il sacerdote e il piccolo gruppo di fedeli della comunità che lo avevano accolto e con lui si stavano recando in chiesa, si sono trovati nel mezzo dello scontro.
Padre Juan Antonio Orozco Alvarado aveva 33 anni, era parroco a Santa Lucía de la Sierra, nel municipio di Valparaíso nello stato di Zacatecas, Jalisco. "Padre Juanito", come era conosciuto, aveva iniziato solo 6 mesi fa il suo lavoro pastorale nella zona.
La Conferenza Episcopale Messicana (CEM) ha deplorato il fatto, auspicando che Nostra Signora de Guadalupe "consoli il nostro dolore con il suo cuore di madre e ripristini la giustizia e la pace nella nostra società". La CEM ha inoltre ricordato che Fray Juan - originario di Monclova - è stato "vittima della violenza che esiste nel nostro Paese".
(CE) (Agenzia Fides 14/06/2021)

lunedì 7 giugno 2021

Fides News 6 giugno 2021

 

AFRICA - “Non dimentichiamo suor Gloria ancora in mano ai rapitori in Mali”: appello di padre Gigi Maccalli ex ostaggio
 
Crema (Agenzia Fides) – “Da quando sono tornato libero, non cesso di pregare e di invitare tutti a mantenere vivo il ricordo e la preghiera per gli altri ostaggi prigionieri nel Sahel.” Lo scrive all’Agenzia Fides padre Gigi Maccalli, sacerdote della Società per le Missioni Africane (SMA), che era stato rapito in Niger il 17 settembre 2018 e liberato il 9 ottobre 2020. “Tra di loro – prosegue il missionario - mi è caro ricordare oggi, 7 giugno 2021, suor Gloria Cecilia Narvaez Agoti, rapita in Mali il 7 febbraio 2017. In questo giorno in cui si assommano ben 4 anni e mezzo di cattività per lei, alzo il mio accorato appello: non dimentichiamola!”
Padre Maccalli racconta di come abbia raccolto personalmente la testimonianza di Sophie Pétronin (vedi Agenzia Fides 15/10/2020) e di Edith Blais che hanno condiviso con suor Gloria la sorte di ostaggio prima di essere liberate. “Entrambe mi attestavano la loro preoccupazione nel saperla sola a gestire la dura prova del sequestro.”
“Faccio appello all’attenzione dell’opinione pubblica e chiedo a tutti i cristiani di pregare per la sua liberazione, memore e riconoscente per la preghiera incessante con cui avete pregato numerosi per la mia liberazione. P. Gigi Maccalli, ex ostaggio”.
Suor Gloria, religiosa di nazionalità colombiana della Congregazione delle Suore Francescane di Maria Immacolata, è stata rapita la notte del 7 febbraio 2017 quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella parrocchia di Karangasso a Koutiala. Dopo aver sequestrato la suora dal centro missionario sono fuggiti con l’ambulanza del centro medico della missione per andare a riprendere le moto con le quali erano arrivati.
(GM/AP) (Agenzia Fides 7/6/2021)
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AFRICA/BURKINA FASO - “Chi ha compiuto il massacro vuole affermare il controllo su un’area di collegamento strategica” dicono fonti di Fides
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) – “Il Paese è sotto choc. È dal 2015 che non accadeva un massacro del genere” dicono all’Agenzia Fides fonti della Nunziatura Apostolica da Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, dove nella notta tra il 4 e il 5 giugno almeno 160 persone sono state massacrate nel villaggio di Solhan, nel nord-est del Paese.
“Al momento le notizie sono ancora frammentarie” dicono le fonti di Fides. “Non sappiamo il numero esatto delle vittime, si parla di 160 morti ma potrebbero essere di più, né quale sia il gruppo che ha commesso il massacro”.
“In attesa di informazioni più accurate possiamo fare alcune considerazioni" continuano le fonti di Fides. "Da una prima valutazione le autorità del Paese sembrano ritenere che chi ha perpetrato il massacro abbia voluto affermare la sua capacità di controllare il territorio. L’esercito infatti ha organizzato dei gruppi di autodifesa dei villaggi dell’area. Con queste massacri i terroristi sembra che abbiano voluto rispondere a queste iniziative di difesa. In ogni caso questa area è strategica perché collega il Mali e il Niger, attraverso il Burkina Faso”.
Solhan è un piccolo comune situato a una quindicina di chilometri da Sebba, capoluogo della provincia di Yagha che ha registrato negli ultimi anni numerosi attacchi attribuiti a jihadisti legati ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico. Al massacro di Solhan se ne è aggiunto subito un altro, commesso nella serata del 4 giugno in un villaggio della stessa regione, Tadaryat, con un bilancio di almeno 14 morti. Il 17 e il 18 maggio, 15 civili e un soldato sono stati uccisi in due assalti a un villaggio e a una pattuglia nel nord-est del Paese.
Lo Stato ha decretato un lutto nazionale di 72 ore da domenica 7 giugno mentre la Conferenza Episcopale ha invitato le parrocchie a tenere un momento di preghiera per le vittime al termine delle celebrazioni per il Corpus Domini.
Anche Papa Francesco ha ricordato i massacri di civili in Burkina Faso. Dopo l’Angelus di domenica 6 giugno, il Santo Padre ha detto: “Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime della strage compiuta la notte tra venerdì e sabato in una cittadina del Burkina Faso. Sono vicino ai familiari e all’intero popolo Burkinabé, che sta soffrendo molto a causa di questi ripetuti attacchi. L’Africa ha bisogno di pace e non di violenza!”. (L.M.) (Agenzia Fides 7/6/2021)
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ASIA/MYANMAR - Bombardata un'altra chiesa cattolica nello stato Kayah: non confermata la notizia del massacro a Yangon
 
Demoso (Agenzia Fides) - Nella città di Demoso, nello Stato di Kayah, in Myanmar orientale, la chiesa cattolica di Nostra Signora della Pace della parrocchia di Dongankha, nella diocesi di Loikaw, è stata intenzionalmente attaccata dall'esercito birmano e gravemente danneggiata. E' la sesta struttura cattolica interessata da attacchi o raid dell'esercito. Secondo quanto riferisce all'Agenzia Fides un prete della diocesi, p. Paul Tinreh, non sono stati segnalati feriti o vittime, e la chiesa rientra tra gli edifici attaccati nella zona: diverse abitazioni sono state danneggiate o bruciate da bombardamenti indiscriminati di artiglieria compiuti ieri, 6 giugno, fin dalle prime ore del mattino.
La Chiesa locale da settimane ha messo a disposizione le proprie strutture a benefici degli sfollati che fuggono dai bombardamenti: accanto al complesso della chiesa, sorge una casa di riposo gestita dalla Suore della Riparazione dove, insieme con le religiose più anziane, si sono rifugiate circa 150 persone vulnerabili del villaggio di Dongankha, tra donne, anziani e bambini. "Con loro soggiorna anche il parroco ma in realtà, non sono al sicuro. Da quando lo stato Kayah è divenuto zona di guerra, nessun luogo è sicuro", nota a Fides p. Francis Soe Naing, altro sacerdote locale.
"Abbiamo lanciato ai militari un appello a non attaccare le chiese perché molte persone, soprattutto quelle vulnerabili, si stanno rifugiando in esse. Ma l'appello è caduto nel vuoto . Uno dei motivi per cui stanno attaccando la Chiesa cattolica è che, collaborando con molti donatori, la Chiesa cattolica ha preso iniziative di soccorso per più di un terzo della popolazione totale dello Stato di Kayah (oltre 300.000 persone) che è stata sfollata con la forza a causa degli attacchi indiscriminati del regime militare", aggiunge in un messaggio pervenuto all'Agenzia Fides il Gesuita p. Wilbert Mireh SJ. "Un'altra ragione è che attaccano le chiese è perché non hanno più un briciolo di umanità o di cuore", rileva.
Nella parrocchia di Dongankha, intorno alla chiesa colpita ieri, vivono circa 800 famiglie cattoliche, per una popolazione cattolica è di circa 4.600 persone , assistite pastoralmente da 3 sacerdoti, 2 fratelli religiosi, 4 suore, 1 catechista e 15 volontari assistenti pastorali.
Secondo informazioni diffuse dalla Chiesa locale, è la sesta volta in due settimane che chiese o istituti cattolici in Myanmar sono colpiti o interessati da violenze dell'esercito. Nei giorni scorsi sono state interessate da attacchi: la chiesa del Sacro Cuore di Gesù nel villaggio di South Kayanthayar, colpita da artiglieria che ha distrutto la parte sinistra della chiesa, facendo 4 morti e molti feriti; la Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, nella diocesi di Phekhon; la Chiesa cattolica di San Giuseppe, parrocchia di Demoso; la Chiesa di Nostra Signora di Lourdes, nella parrocchia di Domyalay, chiesa di nuova costruzione e non ancora inaugurata; va aggiunto, poi, il raid nel Seminario Maggiore Intermedio (dove si trovano 1.300 profughi) con l'uccisione di un volontario.
In un altro scenario, i mass-media hanno parlato di "massacro" nel villaggio di Hla Swe, nella parte occidentale di Yangon. La notizia, secondo fonti di Fides, è notevolmente gonfiata dato che la situazione resta quella che si registra da settimane. Infatti, nota la fonte di Fides, 3 persone sono state uccise dai militari e circa 10 persone sono state arrestate, mentre oltre mille sono fuggite, in azioni militari che però non configurano una carneficina. Secondo un prete locale la gente della zona si nasconde nelle aree rurali e in altri villaggi ma, a causa di posti di blocco costruiti dai militari, non è possibile far pervenire aiuti umanitari. Nell'area vis sono 4 piccoli villaggi cattolici ma nessuna chiesa è stata attaccata.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 7/6/2021)
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ASIA/LIBANO - “Siamo un popolo che non muore”. Il Patriarca maronita Raï rinnova la consacrazione del Libano al Cuore immacolato di Maria
 
Harissa (Agenzia Fides) - Il Cardinale libanese Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei maroniti, ha rinnovato l’atto di consacrazione del Libano e di tutto il Medio Oriente al Cuore Immacolato della Vergine Maria, durante la celebrazione della liturgia eucaristica da lui presieduta ieri, domenica 6 giugno, presso il Santuario di Nostra Signora del Libano, a Harissa. Alla celebrazione liturgica ha preso parte anche l’Arcivescovo Joseph Spiteri, Nunzio apostolico in Libano, insieme a un numero contingentato di fedeli provenienti da diverse regioni del Paese, nel rispetto delle misure di sicurezza sanitaria imposte dalla pandemia.
Ancora una volta, durante l’omelia, il Patriarca ha usato i toni della denuncia per deplorare il modus operandi della classe politica libanese. “In questi giorni difficili” ha affermato tra le altre cose il porporato libanese “i funzionari stanno cercando di salvare se stessi e i loro interessi”, e non si preoccupano di un popolo stanco di vivere umiliazioni “davanti a banche e cassieri, davanti a distributori di benzina e forni, di fronte a farmacie e ospedali”.
Riferendosi allo scenario devastante della crisi libanese, il Cardinale si è chiesto se lo stallo istituzionale che impedisce di formare un nuovo governo non nasconda in realtà l'intenzione di rinviare e di fatto sabotare le elezioni parlamentari e quelle presidenziali in agenda tra maggio e ottobre del 2022, o addirittura il disegno di provocare il collasso del sistema-Paese, proprio in concomitanza con il centenario dell’indipendenza nazionale. “Noi siamo un popolo che non muore” ha aggiunto il Primate della Chiesa maronita “e non permetteremo quindi che questo programma venga completato”.
Il Patriarca Béchara Boutros Raï consacrò per la prima volta il Libano e tutto il Medio Oriente al Cuore Immacolato di Maria il 16 giugno 2013 (vedi Fides 17/6/2013). In occasione di quel primo atto solenne di consacrazione, celebrato anche allora presso il Santuario mariano di Harissa, il Patriarca maronita pregò affinché tutti i popoli della regione fossero liberati “dai peccati che portano a divisioni, aggressioni e violenza”. Quella volta, tutt'intorno alla Basilica si è raccolta una moltitudine di fedeli per implorare che il Paese dei Cedri non fosse travolto dal contagio di conflitti settari che stavano dilaniando la vicina Siria. Allora, durante l’omelia, il cardinale libanese aveva associato i musulmani all'atto di consacrazione, ricordando che il Libano è l'unico Paese dove la Solennità dell'Annunciazione, il 25 marzo, viene celebrata insieme da cristiani e musulmani come festa nazionale.
Mercoledì prossimo, 9 giugno, prenderà il via il Sinodo annuale dei Vescovi della Chiesa maronita. La prima parte della riunione sinodale, da mercoledì 9 a sabato 13 giugno, avrà la forma di ritiro spirituale, con meditazioni guidate da padre Fadi Tabet, rettore del Santuario di Harissa. (GV) (Agenzia Fides 7/6/2021)
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AMERICA/COLOMBIA - Visita della Commissione Interamericana per i Diritti Umani, mentre i negoziati tra governo e manifestanti sono bloccati
 
Cali (Agenzia Fides) - “La pandemia globale, che ci ha reso tutti figli dello stesso bisogno, e lo sciopero nazionale che colpendo la mobilità e la distribuzione, ha fatto sentire a tutti la scarsità, la fame e l'assoluta necessità, cosa significa il sostentamento vitale per ogni persona…”: con queste parole, l’Arcivescovo di Cali, Mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, ha voluto proporre una forte riflessione nella giornata in cui la Chiesa celebra la solennità del Corpo e Sangue del Signore. “È la festa del Corpus Domini – ha sottolineato -. Senza le grandi processioni del passato, ancora limitate dalla pandemia e dallo sciopero nazionale, la celebriamo nelle nostre chiese, magari in qualche piazza. Ma, soprattutto, come solennità che, al di là del nome popolare di ‘Corpus’, ci pone dinanzi al sacrificio di Cristo, ‘corpo donato per tutti, sangue versato per molti e per tutti’. Corpo e Sangue, separati, significa una vittima, una vita ferita o uccisa, vite torturate, massacrate”.
Quindi l’Arcivescovo ha proseguito: “Quest'anno la Parola ci centra sul ‘Sangue di Cristo’, in contrasto con il sangue dei tori nei riti dell'alleanza, e il sangue dell'agnello pasquale, in ricordo della liberazione del popolo dall'oppressione dei faraoni in Egitto...Nell’ultima Pasqua di Gesù, diventata la prima messa del cristianesimo, non c'è agnello da macellare e da mangiare, perché Gesù stesso è l'Agnello Immolato: diventa pane per essere mangiato da tutti, diventa vino, in modo che ‘tutti ne bevano’.” L’Arcivescovo ha quindi collegato la festa con la vita dei colombiani: “la violenza malvagia e perversa, con cui alcuni si sono infiltrati nella protesta pacifica, e hanno fatto scontrare cittadini armati contro cittadini senza armi, ci fa vedere scorrere il sangue umano non nelle vene, ma per le strade e per i territori.”
Ecco perché nella sua riflessione ha esortato tutti a “bere dal calice del sangue di Cristo, che significa purificare l'anima, ricevere il perdono da Dio e a giurare di non uccidere”. Ha concluso chiedendo di decretare uno stop totale alla violenza e di accogliere la grazia del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo.
La Colombia continua a vivere la tensione del “paro", lo sciopero generale per protestare contro il governo. I negoziati tra il governo colombiano e il Comitato Nazionale del Paro si sono bloccati ieri, a Bogotà, dopo oltre un mese di proteste in cui sono morte più di 40 persone (vedi Fides 24/05/2021). La stampa internazionale informa che una delegazione della Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR) è arrivata sempre ieri, domenica 6 giugno, nel Paese per valutare la situazione che sta attraversando, scossa dalle proteste sociali dallo scorso 28 aprile. Dall'8 al 10 giugno la Commissione effettuerà la sua visita ufficiale in Colombia per valutare la situazione dei diritti umani nel Paese.
(CE) (Agenzia Fides 7/06/2021)
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AMERICA/CILE - I Vescovi di Antofagasta denunciano la detenzione, la vessazione e la deportazione dei migranti venezuelani
 
Antofagasta (Agenzia Fides) – "Come Vescovi della Chiesa cattolica nel Norte Grande, chiediamo il rispetto dello Stato di diritto che deve governare tutte le azioni degli organismi statali, a maggior ragione quando si tratta di misure che incidono sulla libertà di circolazione delle persone che abitano il territorio nazionale. Una procedura conforme alla legge non è un'opzione in uno Stato democratico come la Repubblica del Cile, indipendentemente dal fatto che le persone coinvolte siano cittadini di altri paesi”.
La richiesta è contenuta nella dichiarazione che i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Antofagasta hanno pubblicato il pomeriggio di sabato 5 giugno 2021, esprimendo “rifiuto e preoccupazione per i diversi episodi di detenzione, deportazione e vessazione che la popolazione migrante del Norte Grande ha subito da parte dall'Amministrazione Statale”.
Il testo, pervenuto all’Agenzia Fides, è firmato dai Vescovi Ignacio Ducasse Medina, Arcivescovo di Antofagasta; Moisés Atisha Contreras, Vescovo di San Marcos de Arica; Guillermo Vera Soto, Vescovo di Iquique e Óscar Blanco Martínez, Vescovo di San Juan Bautista de Calama. I Presuli ricordano che dal mese di febbraio hanno assistito “con grande rammarico, a situazioni di detenzione e deportazione subite dai migranti, principalmente di nazionalità venezuelana”. Con particolare allarme hanno poi sentito l'annuncio del Governo che 15 voli di espulsione saranno effettuati nel corso del 2021, il primo dei quali si è realizzato il 25 aprile dalla città di Iquique. “Purtroppo tale operazione è stata replicata questo venerdì e sabato, fissando la deportazione per domenica 6 giugno, trasferendo i detenuti da Santiago e da altre località a Iquique, per essere infine portati in Venezuela”.
I Vescovi denunciano: "abbiamo appreso che gli attuali processi di detenzione e deportazione hanno registrato importanti vizi di legalità", ricordando che la Cassazione “ha più volte dichiarato l'illegittimità degli atti amministrativi che espellono i migranti e il modo in cui questa è stata effettuata”.
Nella loro dichiarazione i Vescovi inoltre sottolineano che le deportazioni vengono effettuate entro il termine fissato dalla nuova legge sulle migrazioni e gli stranieri, perchè i
migranti che sono entrati clandestinamente nel paese possano lasciarlo volontariamente. "Espellere le persone in questo scenario significa trasformare il contenuto dell'articolo 8 transitorio in lettera morta. Tanto più che i confini terrestri del paese sono chiusi e le condizioni per lasciare il Cile per altre destinazioni rimangono estremamente difficili e costose a causa della pandemia”.
Infine esprimono la loro particolare preoccupazione per il fatto che la maggior parte delle persone colpite da queste politiche migratorie sono cittadini venezuelani, "che per la maggior parte hanno lasciato il loro paese d'origine in condizioni praticamente forzate, diventando persone che richiedono una protezione speciale da parte delle organizzazioni internazionali e certamente del nostro Paese", quindi sollecitano la ricerca di strade percorribili e umanitarie che consentano che il Cile e il resto dei paesi della regione “assumano la realtà che vive il nostro subcontinente”. (SL) (Agenzia Fides 07/06/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...