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mercoledì 18 maggio 2022

Vatican News Dio preferisce una preghiera arrabbiata al moralismo ipocrita e freddo

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18/05/2022

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giovedì 28 aprile 2022

L'Arcivescovo Vesco: la sua fratellanza universale è il “marchio di fabbrica” dei discepoli di Cristo

AFRICA/ALGERIA - Verso la canonizzazione di Charles de Foucauld. L'Arcivescovo Vesco: la sua fratellanza universale è il “marchio di fabbrica” dei discepoli di Cristo
 
Algeri (Agenzia Fides) – Charles de Foucauld non è solo un’icona suggestiva. Se la sua vicenda continua a toccare il cuore di una moltitudine di persone in ogni parte del mondo, ciò non accade in virtù della sua immagine romantica di “eremita perduto nelle sabbie del deserto”. A prevalere è piuttosto lo stupore grato davanti alle tante “conversioni” che hanno segnato una vita donata nella sequela del suo Signore, fino alla dono di riconoscersi “fratello universale”, coinvolto in una esperienza di fratellanza “offerta a tutti, senza considerazione per le appartenenze religiose, etniche o nazionali”. Così l’Arcivescovo di Algeri Jean-Paul Vesco rende omaggio alla feconda testimonianza del monaco francese che visse buona parte della sua imparagonabile avventura spirituale in Algeria, in vista della sua imminente canonizzazione (sarà proclamato Santo a Roma, il prossimo 15 maggio).
Charles De Foucauld fu ucciso da una banda di predoni a Tamanrasset, al centro del massiccio dell’Ahaggar, nel profondo sud dell’Algeria. il 1° dicembre 1916. La sua morte – sottolinea l’Arcivescovo di Algeri nella sua riflessione, pubblicata sul sito della Chiesa cattolica d'Algeria - ha contribuito a forgiare una icona di “eremita perduto nelle sabbie del deserto”. Immagine che non esprime in maniera compiuta la verità del suo destino tanto singolare di portata così universale. Con il passare del tempo – nota l’Arcivescovo Vesco - è potuta affiorare una immagine “più bella e più umana della personalità di Charles de Foucauld”, svincolata dalla staticità della sua ‘icona’.
La testimonianza resa da De Foucauld coincide con un cammino segnato da “successive conversioni”, dal succedersi di nuovi inizi, che scandiscono la vita del futuro santo, rimasto orfano all’età di cinque anni, che aveva presto “disappreso” le preghiere imparate nella prima infanzia. Questa testimonianza - sottolinea l’arcivescovo, appartenente all’Ordine dei Frati Predicatori - parla ancora al cuore di una moltitudine di persone. Fa parte dell’itinerario cristiano di Charles de Foucauld il consenso da lui dato alla propria ordinazione sacerdotale, il 9 giugno 1901, nella cappella del Seminario di Viviers, scelta in cui si tocca con mano “il suo zelo missionario e la sua sollecitudine di andare a raggiungere i più lontani dall'annuncio evangelico, fino ai confini del Sahara francese di allora, non riuscendo ad evangelizzare il Marocco, esplorato in modo eroico e straordinario prima della sua conversione”. Al culmine del suo cammino esistenziale e spirituale, nella sua singolare confessione di fede resa tra i popoli della regione – prosegue l’Arcivescovo di Algeri - “Charles scoprirà uomini e donne, sicuramente sconosciuti ai buoni francesi del suo tempo, ma radicati in una tradizione, una religione e una cultura per cui si appassionerà fino al punto di sacrificare ore e ore di preghiera”, e fino a stabilire con loro “il rapporto di alterità e reciprocità proprio dell'amicizia. Fu allora, e solo allora – rimarca Jean-Paul Vesco - che Charles diventò il fratello universale che tanto desiderava essere”. E la sua “fraternità offerta a tutti, senza considerazione per le appartenenze religiose, etniche o nazionali, è il marchio di fabbrica della fratellanza dei discepoli di Cristo”.
Nella parte finale del suo intervento, l’Arcivescovo Vesco affianca la vicenda di Charles de Foucauld a quelle di altri testimoni della fede uccisi in Algeria e in Francia in tempi più recenti: “Come per altri grandi testimoni, quali sono stati i monaci di Tibhirine o il Vescovo Pierre Claverie, la morte di Charles de Foucauld non è stata intenzionalmente ricercata, e non vale per se stessa. Essa mette in luce il compimento di una vita di cui Charles, il fratello universale, non ha potuto intravvedere l’immensa fecondità. Più vicino a noi, la morte di padre Jacques Hamel non dice niente in se stessa, se non l’accecamento dei suoi assassini. Piuttosto, essa mette in luce la bellezza e la fedeltà di una vita donata fino alla fine da un umile sacerdote, nella sequela del suo Signore”.
(GV) (Agenzia Fides 28/4/2022)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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