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domenica 22 settembre 2024

Vatican News 22 settembre 2024

 


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Vatican News

Le notizie del giorno

22/09/2024

Ucraina, gli effetti dei bombardamenti russi di ieri su Kharkiv
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Dopo la preghiera dell’Angelus, Francesco invita a pregare sempre per la “martoriata” Ucraina, la Palestina, Israele, il Myanmar, e i tanti Paesi che sono in guerra. E chiede un impegno concreto per le condizioni di chi è in carcere, perché “ognuno può sbagliare”, ma deve poter “riprendere una vita ... 

Juan Lopez, attivista sociale e ambientale cattolico, ucciso in Honduras il 14 setttembre, @Remam
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Francesco, dopo l’Angelus, ha ricordato con dolore l’uccisione di Juan Antonio López, “delegato della Parola di Dio, coordinatore della pastorale sociale della ... 

Papa Francesco all'Angelus
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All’Angelus il Papa invita a riconoscere il volto di Gesù nei piccoli. Il segreto per essere grande è mettersi al servizio di tutti 

Un migrante
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Pubblichiamo la prefazione del Papa al libro di don Mattia Ferrari dal titolo “Salvato dai migranti. Racconto di uno stile di vita”. Nel volume, pubblicato nei ... 

SANTA SEDE

Il cardinale Mario Zenari durante la messa nella  Parrocchia romana di Santa Maria della Grazie alle Fornaci
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Il nunzio apostolico in Siria, cardinale Mario Zenari, nell’omelia di oggi presso la parrocchia romana di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, di cui è ... 

mercoledì 1 settembre 2021

Agenzia Fides 1 settembre 2021

 

AFRICA/CAMERUN - Liberato il Vicario generale della diocesi di Mamfe rapito domenica scorsa
 
Yaoundé (Agenzia Fides) - È stato liberato senza il pagamento del riscatto il Vicario generale della diocesi di Mamfe, nel sud-ovest del Camerun, rapito domenica 29 agosto (vedi Fides 31/8/2021). Lo ha annunciato nella serata di ieri, 31 agosto, il cancelliere della diocesi camerunese, p. Sébastien Sinju.
“Ringraziamo l’Altissimo che ha tenuto al sicuro durante la prigionia Mons. Julius Agbortoko Agbor e lo ha riportato a noi sano e salvo” afferma un comunicato firmato da p. Sinju, giunto a Fides. Il cancelliere ringrazia “le comunità cristiane e tutti coloro che, in patria e all’estero, sono stati al nostro fianco mentre eravamo uniti in preghiera. (…). Che Dio vi benedica”.
Per la liberazione del sacerdote i rapitori avevano chiesto un riscatto di 20 milioni di franchi CFA (circa 30.489 euro). A quanto pare la somma non sarebbe stata pagata.
Mons. Agbortoko Agbor era stato catturato domenica 29 agosto da alcuni giovani armati, che si erano qualificati come separatisti, che avevano assalito il Seminario maggiore di Mamfe. La loro intenzione iniziale era quella di catturare Sua Ecc. Mons. Francis Teke Lysinge, Vescovo emerito di Manfe. Ma vista l’età avanzata del Vescovo, i separatisti hanno preferito prelevare Mons. Agbor. (L.M.) (Agenzia Fides 1/9/2021)
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AFRICA/LIBERIA - Catechisti d’Africa: punto di riferimento dei cristiani delle piccole comunità
 
Foya (Agenzia Fides) – “In Africa mai avrei potuto svolgere il mio servizio missionario senza l’aiuto e il sostegno di tanti catechisti” ha raccontato p. Walter Maccalli in riferimento al Motu Proprio “Antiquum ministerium” del 10 maggio 2021, con cui Papa Francesco ha istituito il ministero dei catechisti.
Il sacerdote, missionario della Società per le Missioni Africane (SMA), nella nota pervenuta all’Agenzia Fides, ha spiegato cosa fa il catechista nella Chiesa africana. “Sono loro il punto di riferimento dei cristiani delle piccole comunità, dato che vivono a stretto contatto con loro e animano le celebrazioni domenicali quando il missionario non può farlo. Ad esempio, in Angola, durante la lunga guerra civile i catechisti sono sempre rimasti al loro posto, anche quando preti e suore avevano dovuto abbandonare le missioni per ragioni di sicurezza. Hanno dato prova della loro fede, pur nel pericolo e nella persecuzione”, sottolinea p. Maccalli. “Non hanno mai interrotto l’opera dell’evangelizzazione, hanno continuato a dare formazione cristiana e assistenza ai fedeli, pur in condizioni precarie, in villaggi isolati della foresta, nei quartieri degli sfollati, o nei campi di rifugiati al di là delle frontiere angolane.”
A testimonianza del ruolo insostituibile dei catechisti, il missionario SMA ne ricorda uno, Estêvão Tomais, nato due anni prima del 1961, anno di inizio della guerra di liberazione angolana. “Era destinato a morire perché meticcio – racconta. Suo padre infatti era portoghese. Fu salvato dalla madre angolana, fuggita in foresta. Catechista per vocazione e responsabile delle comunità sparse nella grande parrocchia di Nambuangongo, è divenuto il fedele collaboratore dei missionari. È ancora oggi formatore di nuovi leader di comunità, ai quali insegna la liturgia e il modo di spiegare la Bibbia.”
“La Chiesa cattolica angolana deve molto ai catechisti per l’incalcolabile contributo che hanno dato all’evangelizzazione lungo i quarant’anni che è durata la guerra – ha dichiarato p. Walter. L’impatto della parola di un catechista africano sui cristiani delle loro comunità è molto forte, maggiore certamente di quella di noi missionari europei. In quanto conoscitore della cultura e delle tradizioni locali, la sua parola è di stimolo e incoraggiamento a vivere la fede cristiana in quelle situazioni in cui il Vangelo entra un pò in conflitto con certe pratiche e certe mentalità ancestrali. Essi sanno come fare la sintesi tra le tante cose buone che ci sono nella tradizione africana e la novità dell’annuncio di Gesù.”
“Qui nella missione di Foya, in Liberia, dove mi trovo ora, - conclude p. Walter - nella nostra parrocchia possiamo contare su un catechista inviatoci dalla diocesi. Tra i vari servizi offerti prepara i catecumeni adulti al Battesimo, esercita un ministero itinerante nei villaggi, per la catechesi e la liturgia in lingua locale, il kissi, oltre ad aiutare a riportare la pace nelle famiglie e nei villaggi dove sono nati dei conflitti.”
(WM/AP) (Agenzia Fides 1/9/2021)

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ASIA/MYANMAR - Militari dell'esercito birmano occupano e profanano due chiese
 
Hakha (Agenzia Fides) - L'esercito birmano ha requisito e profanato due chiese, la chiesa cattolica di San Giovanni e una chiesa battista, nel villaggio di Chat, nel comune di Mindat, nello stato birmano di Chin, nel Myanmar occidentale. Come confermano all'Agenzia Fides fonti ecclesiali nella diocesi di Hakha, dove si trova Mindat, l'assalto è avvenuto ieri, 31 agosto 2021. I militari del Myanmar hanno sequestrato gli edifici di culto e creato un loro quartier generale all'interno delle due chiese.
Il parroco cattolico della chiesa di san Giovanni, padre John Aung, scacciato, esprime a Fides tutto il suo sdegno: "E' esecrabile. I militari hanno requisito la chiesa per loro uso. Hanno aperto il tabernacolo, hanno preso le ostie consacrate e le hanno buttate a terra, calpestando e saccheggiando. Hanno distrutto tutti gli armadi chiusi a chiave. L'esercito dovrebbe rispettare gli edifici religiosi e non dovrebbe toccare nulla all'interno delle chiese. Condanniamo l'aggressione e la violenza gratuita e la profanazione della nostra chiesa, con la palese violazione della libertà di culto". Nel villaggio di Chat ci sono 68 case, 42 delle quali sono di famiglie cattoliche. Tutta la parrocchia abbraccia 20 villaggi dell'area. All'arrivo dei militari, che nell'area si sono scontrati con alcuni militanti delle forze di resistenza locali, il parroco è fuggito nella foresta con gli abitanti del villaggio.
Riferisce Shane Aung Maung, uno dei fedeli cristiani battisti del villaggio: "I soldati hanno distrutto le nostre bibbie, gli arredi sacri, i generatori elettrici e l'amplificatore dei suoni. Bevono alcolici all'interno dell'edificio della chiesa. Macellano il bestiame e cucinano carne nella chiesa". "Tatmadaw (l'esercito regolare birmano, ndr) sta destabilizzando il Paese, colpendo persone e proprietà delle Chiese cristiane, uccidendo civili disarmati e pacifici e bruciando villaggi e case. Siamo davvero sconcertati", aggiunge.
Commenta a Fides il sacerdote cattolico locale p. David Hmun: "Siamo scioccati. E' davvero impensabile. I militari del Myanmar non sono più un esercito popolare ma diventano così un gruppo militante terrorista, che compie violenza sul popolo, sui civili innocenti".
L'occupazione della chiesa da parte dell'esercito è avvenuta quando i combattimenti tra i militari e i gruppi di resistenza civile (Chinland Defence Force, CDF) si sono intensificati nello stato di Chin, area prevalentemente cristiana. L'Institute of Chin Affairs, ente non profit creato da leader di etnia Chin, attualmente con base in India, ha condannato gli atti di violenza compiuti dalle truppe durante l'occupazione delle chiese. "L'occupazione della chiesa e la devastazione delle proprietà della chiesa è una violazione della Convenzione di Ginevra. Chiediamo la fine immediata di atti contro il diritto internazionale umanitario e contro i diritti umani", afferma l'Istituto in un comunicato pervenuto a Fides. L'Istituto condanna l'uccisione di centinaia di civili Chin nei mesi scorsi e segnala che, come effetto del colpo di stato militare del 1° febbraio, "il paese sta scivolando in una guerra fratricida che conduce alla rovina". Data la reazione "intraprendente e resiliente della popolazione, il golpe è fallito", si afferma, notando la formazione e la tenacia delle "Forze di difesa popolare" in tutta la nazione.
(JZ-PA) (Agenzia Fides 1/9/2021)
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ASIA/TURCHIA - La chiesa armena di Malatya riapre al culto dopo 106 anni
 
Malatya (Agenzia Fides) - La chiesa armena apostolica di Surp Yerrortutyun (Santissima Trinità), nella provincia turca orientale di Malatya, ha riaperto le porte al culto divino dopo una interruzione di 106 anni. La divina liturgia, celebrata nella chiesa domenica 29 agosto, è stata presieduta da Sahak Maşalyan, attuale Patriarca armeno di Costantinopoli, e ha visto la partecipazione di un cospicuo numero di cristiani armeni residenti nella regione. Il giorno prima, sabato 28 agosto, l’edificio era stato riaperto come “Centro culturale di arte e cultura Tashhoran”, L’opera architettonica, la cui costruzione era stata completata nel 1893, si trovava in uno stato di degrado dopo decenni di totale abbandono. L’ultima celebrazione liturgica vi si era svolta nel 1915, quando il luogo di culto era sotto la giurisdizione del Patriarcato armeno di Costantinopoli, e prima che l’Anatolia divenisse teatro delle deportazioni e dei massacri noti come “Genocidio armeno”.
I lavori di restauro e ripristino della chiesa – riferisce la testata bilingue armena-turca Agos - sono stati promossi dalla locale associazione Hayder. Le autorità politiche locali, presenti all’inaugurazione, hanno spiegato che il complesso architettonico viene riaperto al pubblico come centro culturale. Nel contempo, su richiesta, le locali comunità cristiane armene potranno utilizzare la chiesa per iniziative ecclesiali, celebrazioni di battesimi e matrimoni, incontri di preghiera e divine liturgie.
“La chiesa, restaurata 100 anni dopo come centro artistico e culturale” ha dichiarato il Patriarca Maşalyan nel discorso tenuto durante le celebrazioni inaugurali, “apre anche ai cittadini cristiani per il culto. Naturalmente, prendiamo questo come un messaggio molto importante in termini di pace, unità e fratellanza per questo Paese”.
In tempi recenti (vedi Fides 23/1/2021 e 27/1/2021) in Turchia aveva suscitato rammarico la sorte di antichi luoghi di culto cristiani ridotti in stato di abbandono che erano stati messi in vendita da proprietari privati o erano stati addirittura smantellati per liberare terreni a vantaggio di nuove iniziative edilizie e immobiliari.
Anche il Patriarcato armeno ortodosso di Costantinopoli aveva diffuso una dichiarazione al riguardo, esprimendo rammarico per il fatto che "edifici ecclesiastici siano percepiti come un bene commerciale e siano visti da alcuni come una fonte di guadagno". In passato – proseguiva la dichiarazione del Patriarcato armeno con sede a Istanbul – i luoghi di culto cristiani erano istituiti, costruiti o restaurati grazie agli ‘editti del Sultano’. Sappiamo che proteggere gli edifici ecclesiastici che contribuiscono alla ricchezza culturale del nostro Paese, che non sono più a disposizione delle comunità di riferimento, rappresenta comunque un dovere delle istituzioni competenti dello Stato”. (GV) (Agenzia Fides 1/9/2021)
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AMERICA/MESSICO - Ucciso un sacerdote nello stato di Morelos
 
Galeana (Agenzia Fides) - Il corpo senza vita del sacerdote messicano don José Guadalupe Popoca è stato ritrovato la mattina del 31 agosto all'interno della parrocchia di San Nicolás de Bari, nella città di Galeana, municipio di Zacatepec, nello stato di Morelos. Secondo le prime informazioni pervenute all’Agenzia Fides, il parroco è stato ucciso da colpi d’arma da fuoco alla testa. Don José Guadalupe era nato a Jiutepec, Morelos, il 12 dicembre 1977, ed era stato ordinato sacerdote il 15 agosto 2007. Ha svolto il ministero sacerdotale in diverse parrocchie della diocesi di Cuernavaca, dedicandosi in particolare ai giovani.
Mons. Ramón Castro Castro, Vescovo di Cuernavaca, diocesi a cui appartiene la parrocchia, ha espresso in un videomessaggio costernazione e dolore, chiedendo alle autorità di indagare sui motivi del crimine, e ha invitato a pregare per l’eterno riposo del sacerdote e perché Dio conceda alla sua comunità il coraggio e la forza di affrontare questa perdita.
Monsignor Alfonso G. Miranda Guardiola, Vescovo ausiliare di Monterrey e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Messicana (CEM), in un messaggio afferma: “Con profondo dolore, esprimiamo la nostra tristezza e sgomento per l'omicidio di p. José Guadalupe Popoca, appartenente al clero della diocesi di Cuernavaca. Esprimiamo le nostre condoglianze a Mons. Ramón Castro Castro, alla sua famiglia, agli amici e ai fedeli che ha servito nella vita come loro pastore. Chiediamo la conversione a coloro che producono dolore e sofferenza, affinché possano tornare sulla via del bene. Dio non ha creato nessuno per fare il male, ci ama perché siamo Suoi figli e Si aspetta che scegliamo la strada della vita”. Infine il Segretario generale della CEM ringrazia i sacerdoti, “che svolgono il loro lavoro in tutto il Paese” e chiede loro di “non perdere la speranza, di continuare con ardore la loro missione ecclesiale nonostante le difficoltà, sull'esempio di Gesù, il Buon Pastore”.
Secondo il Sistema nazionale di pubblica sicurezza, tra gennaio e luglio 2021 nello stato di Morelos ci sono stati 769 omicidi e 10 rapimenti. Secondo il Mexico Peace Index 2021, Morelos è il nono stato più violento dei 32 stati messicani. (SL) (Agenzia Fides 1/09/2021)
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AMERICA/CILE - Settembre: dal “Mese della Bibbia” al “Mese della Parola”
 
Santiago (Agenzia Fides) - La Commissione Nazionale per l'Animazione Biblica della Pastorale in Cile, ha deciso quest’anno di cambiare il nome del tradizionale "Mese della Bibbia", che si celebra a settembre in diversi paesi dell’America Latina, in "Mese della Parola". La ragione, spiega la nota pervenuta a Fides, è che i cristiani non sono una religione "del Libro", ma un popolo convocato, che ascolta la voce di Colui che è il "Verbo" fatto carne, e che questa Parola è quella che "ascolta con pietà, custodisce con devozione e spiega con fedeltà" come ricorda la Dei Verbum.
L'obiettivo di questo cambio di nome, prosegue la Commissione, è quello di sottolineare che la Parola di Dio va letta e messa in dialogo con le sfide del tempo presente. “La Parola guidi quindi il nostro processo di discernimento ecclesiale, personale e comunitario. Che possiamo scoprire nella Parola, la nostra vocazione di popolo sinodale che si fa pellegrino con il Signore”. Per dare vita a questo "Mese della Parola", sono state preparate diverse attività per tutto il mese di settembre, che saranno trasmesse sul canale YouTube della Conferenza Episcopale.
L’appuntamento è per ogni lunedì, martedì e mercoledì del mese di settembre, alle ore 19,30. Il lunedì, sul tema "Parola e Interpretazione", si cercherà di illuminare con la Parola alcuni grandi concetti come Popolo di Dio, Discernimento, Sinodalità… Il martedì, la "Lettura orante della Parola" raccoglierà il contributo di diverse diocesi e movimenti sui loro modi di fare lettura orante. Il mercoledì, con "La Parola e la Cultura", verranno presentati alcuni temi propri del momento culturale che stiamo vivendo: la Parola letta dai giovani, la Parola letta dalle Donne, la Parola letta dalle Migrazioni e la Parola letta in dialogo con i Popoli Indigeni. Tutte le informazioni e i materiali sono disponibili nell'apposito sito web preparato per l'occasione. (SL) (Agenzia Fides 1/09/2021)
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AMERICA/EL SALVADOR - Il 22 gennaio la beatificazione dei quattro martiri Rutilio Grande, Manuel Solórzano, Nelson Rutilio Lemus Chávez e Cosma Spessotto
 
San Salvador (Agenzia Fides) - La Chiesa cattolica salvadoregna ha annunciato che la Beatificazione dei martiri salvadoregni padre Rutilio Grande, gesuita, Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus Chávez, laici, e del francescano italiano Fray Cosme Spessotto, OFM, avrà luogo il 22 gennaio 2022, sul sagrato della Cattedrale metropolitana di San Salvador.
"E’ stato deciso che la beatificazione sarà a San Salvador, ma sta a noi Vescovi scegliere il luogo, e lo abbiamo già scelto, e sarà la Cattedrale di San Salvador" ha spiegato durante la conferenza stampa per l’annuncio, domenica 29 agosto, l'Arcivescovo di San Salvador, Monsignor José Luis Escobar Alas. Mons. Escobar Alas ha anche confermato che Papa Francesco ha nominato il Cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chávez suo Delegato speciale a presiedere la celebrazione per questi altri quattro martiri che saliranno “agli onori degli altari”, unendosi così a Sant'Oscar Arnulfo Romero, canonizzato nell'ottobre 2018 dallo stesso Papa Francesco.
L'Arcivescovo si è rammaricato in quanto la celebrazione della beatificazione dei martiri non sarà come quella di Sant’Oscar Arnulfo Romero, avvenuta in Plaza del Divino Salvador del Mundo, il 23 maggio 2015, con un numero considerevole di fedeli, perché il contesto della pandemia di coronavirus non lo consente. "Non pensiamo a una festa con un grande afflusso di persone, piuttosto a una celebrazione dove ci siano delle rappresentanze, in quanto la piazza può ospitare un buon numero di persone, sempre rispettando le misure di biosicurezza come mascherine e gel alcolico. La messa sarà trasmessa sulle reti sociali, in modo che le persone possano seguirla ed essere partecipi della beatificazione" ha spiegato.
Il sacerdote gesuita Rutilio Grande era nato il 5 luglio 1928 a El Paisnal, ed è stato assassinato il 12 marzo 1977 dagli squadroni della morte dell'esercito salvadoregno, mentre era parroco nella città di Aguilares. Fu amico di Sant'Oscar Arnulfo Romero, che fu assassinato tre settimane prima di lui. Insieme a padre Rutilio furono uccisi anche il 72enne Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus Chavez, 15 anni. Tutti e tre si trovavano su una jeep diretta a El Paisnal, dove il sacerdote avrebbe dovuto celebrare una messa, ma sulla strada furono fermati e fucilati. Il missionario francescano italiano p. Cosma Spessotto, OFM, nato a Mansué nel 1923, in El Salvador dal 1950, venne ucciso a colpi di arma da fuoco da alcuni sconosciuti a San Juan Nonualco, il 14 giugno 1980, mentre pregava davanti all’altare prima di celebrare la Santa Messa.
(CE) (Agenzia Fides 01/09/2021)

giovedì 19 agosto 2021

Agenzia Fides 19 agosto 2021

 

AFRICA/UGANDA - Ucciso un sacerdote
 

Kampala (Agenzia Fides) – Ucciso ieri, 18 agosto, un sacerdote in Uganda. P. Joshephat Kasambula della diocesi di Kiyinda-Mityana è stato assassinato a sangue freddo nella sera di ieri, da una persona che potrebbe avere problemi di tossicodipendenza.
Nel tardo pomeriggio del 18 agosto p. Joshephat era andato a supervisionare i lavori su un appezzamento di terra dove avrebbe incontrato il suo assassino che soggiornava illegalmente nella masseria. Il sacerdote ha chiesto al presunto killer chi lo aveva autorizzato ad accedere al terreno e alla casa ma è stato colpito alla schiena con un corpo contundete ed è morto sul colpo.
Secondo alcuni testimoni il presunto omicida è un noto tossicodipendente e si ritiene che fosse l’effetto di qualche sostanza stupefacente al momento dell’omicidio. I testimoni riferiscono che da diversi anni il sacerdote non si recava a visitare la casa e il terreno che appartenevano alla sua famiglia. Il presunto omicida aveva approfittato della mancata vigilanza e vi si era installato da qualche tempo.
P. Joshephat Kasambula 68 anni, ha servito la diocesi di Kiyinda-Mityana come parroco di Lwamata. La polizia ha prelevato il suo corpo per l'autopsia mentre le ricerche dell’omicida che si è dato alla fuga, continuano. (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)

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AFRICA/SUD SUDAN - Suore uccise; il Presidente Kiir: “I gruppi che non hanno firmato la pace responsabili della loro morte”
 

Juba (Agenzia Fides) – Sono i gruppi che non hanno firmato l’accordo di pace, i responsabili della morte delle due suore della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, uccise, insieme ad altre tre persone, in un agguato stradale il 16 agosto su un autobus lungo Juba-Nimule Road (vedi Fides 18/8/2021). Lo afferma il Presidente sud sudanese Salva Kiir, che accusa dell’imboscata degli Holdout Groups”, termine generico che indica i non -firmatari dell'Accordo rivitalizzato sulla risoluzione dei conflitti in Sud Sudan (R-ARCSS).
Nella sua dichiarazione il Presidente Kiir afferma che l'omicidio dei cinque "civili innocenti" dimostra la mancanza di impegno per la pace da parte dei non firmatari dell'accordo di pace del settembre 2018 e minaccia che il suo governo potrebbe dover " riconsiderare la sua posizione sull'Iniziativa di Roma guidata da Sant'Egidio”.
Il presidente sud sudanese aggiunge, in riferimento ai cinque sud sudanesi uccisi durante l'imboscata stradale del 16 agosto, “La responsabilità della loro morte ricade interamente sugli Holdout Groups, e il governo di transizione rivitalizzato di unità nazionale condanna questo atto di terrore nei termini più forti possibili.”
Papa Francesco ha espresso le sue condoglianze per la morte di suor Mary Daniel Abut, e suor Regina Roba delle Suore del Sacro Cuore di Gesù. “Profondamente addolorato nell'apprendere del brutale attacco a un gruppo di suore del Sacro Cuore di Gesù che ha causato la morte di suor Mary Abud e suor Regina Roba – si legge nel telegramma, inviato a nome del Pontefice dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin a Mons. Mark Kadima, della Nunziatura Apostolica in Sud Sudan. “Confidando che il loro sacrificio farà avanzare la causa della pace, riconciliazione e sicurezza nella regione"- Papa Francesco “prega per il loro eterno riposo e il conforto di quanti piangono la loro perdita”. (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)
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AFRICA/BURKINA FASO - Quasi 50 morti in un agguato jihadista nel nord del Paese
 

Ouagadougou (Agenzia Fides) - Quarantasette persone tra cui trenta civili, quattordici soldati e tre ausiliari dell'esercito sono state uccise ieri, 18 agosto, in un attacco compiuto da sospetti jihadisti contro un convoglio militare, che scortava civili, nel nord del Burkina Faso.
Lo ha annunciato il governo di Ouagadougou. “Un convoglio misto composto da civili, elementi delle forze di difesa e sicurezza (FDS) e volontari per la difesa della patria (VDP) è stato l'obiettivo di un attentato terroristico a 25 km da Gorgadji (Nord), con la morte di 30 civili, 14 soldati e 3 VDP" afferma il comunicato ufficiale. Nei combattimenti sono rimaste ferite altre 19 persone mentre “58 terroristi sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti e sono fuggiti" affermano le fonti ufficiali.
Il Presidente Roch Marc Christian Kaboré ha indetto oggi, 19 agosto, tre giorni di lutto nazionale per rendere omaggio alle vittime.
La località di Gorgadji, dove è avvenuto l’agguato, si trova nella provincia di Séno, nel nord del Burkina Faso, detta dei tre confini, dove il Burkina Faso confina con Mali e Niger. Zona più volte colpita da gruppi jihadisti che seminano terrore e morte nei tre Paesi.
L’attacco di ieri è il terzo di una serie in due settimane contro soldati impegnati nella lotta anti-jihadista nel nord e nord-ovest del Burkina Faso.
I gruppi jihadisti saheliani sono ora galvanizzati dal ritiro americano e occidentale in Afghanistan e dall’annuncio del termine entro i primi mesi del 2022 dell’operazione militare francese Barkhane in Mali. In un messaggio audio risalente al 10 agosto Iyad Ag Ghali, leader del Gruppo di Sostegno dell’Islam e dei Musulmani (GSIM) non ha aspettato la presa di Kabul per salutare la vittoria dei talebani in Afghanistan, rendendo omaggio “all’ emirato islamico dell'Afghanistan, in occasione del ritiro delle forze d'invasione americane e dei loro alleati". Un capovolgimento che- ha sottolineato - è il risultato di due decenni di pazienza". (L.M.) (Agenzia Fides 19/8/2021)
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AMERICA/PERU’ - I giovani profeti del Bicentenario: a novembre prima Giornata nazionale della Gioventù
 
Lima (Agenzia Fides) – “Giovane, alzati! Tu sei profeta del Bicentenario” è il motto della prima Giornata nazionale della Gioventù che il Perù celebrerà dal 19 al 21 novembre. L’evento prende spunto dalla celebrazione dei 200 anni dell’Indipendenza del Paese, il 28 luglio. Secondo la nota della Conferenza episcopale, pervenuta a Fides, ad organizzare la Giornata è la Commissione episcopale per i giovani e i laici, presieduta da Monsignor Alfredo Vizcarra, Vescovo del Vicariato di Jaén, con l’obiettivo di “riflettere e riconoscere l'importanza dei giovani del Paese alla luce del bicentenario di indipendenza” dalla Spagna.
Fin dall’inizio del 2021 sono stati creati diversi gruppi di lavoro dedicati ognuno ai vari aspetti dell’evento: la liturgia, la spiritualità, la comunicazione. Il logo dell’evento presenta tre grandi lettere “JNJ”, le iniziali di “Jornada Nacional de la Juventud” (Giornata nazionale della gioventù), dipinte con colori particolarmente accesi e vivaci, ad indicare la gioia e lo spirito di festa che anima l’incontro, ed il motto “Joven, ¡levántate! ¡Tú eres profeta del bicentenario!”. L’inno e la preghiera dell’appuntamento, invece, sono stati scelti grazie ad un concorso tra artisti cattolici, vinto da José Luis Vallejos Arias, autore dell’inno, e Eddy Alex Juárez Vergara, autore della preghiera. Entrambe le loro composizioni fanno riferimento alla testimonianza offerta da Santa Rosa da Lima, Patrona del Perù.
Nata a Lima il 20 aprile 1586, in una nobile famiglia di origine spagnola, fu battezzata con il nome di Isabella. Una serva affezionata, di origine india, che le faceva da balia, colpita dalla bellezza della bambina le diede il nome di un fiore, Rosa, che le rimarrà per sempre. Quando la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa si rimboccò le maniche e aiutò in casa. Sin da piccola aspirava alla vita claustrale, avendo come modello di vita santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l’abito del Terz’ordine domenicano, a vent’anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Dal 1609 si richiuse in una cella di due metri quadrati, costruita nel giardino della casa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate a pregare ed in stretta unione con il Signore. Ebbe visioni mistiche. Nel 1614 fu obbligata dalla famiglia a trasferirsi nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Era il 24 agosto 1617. Fu beatificata nel 1668 e canonizzata il 12 aprile 1671, prima Santa del continente sudamericano. E’ patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali.
La Commissione episcopale per i giovani e i laici ha organizzato una serie di attività che vengono lanciate il 19 di ogni mese, nello stesso giorno dell’inizio della Giornata nazionale della Gioventù, il 19 novembre. Per i mesi di agosto, settembre e ottobre verranno lanciati tre capitoli del Sussidio Spirituale. Secondo Álvaro Salazar, Segretario esecutivo della Commissione episcopale, i sussidi che saranno pubblicati permetteranno di preparare il nostro cuore e il nostro spirito a riflettere sulla nostra realtà prima del mese di novembre. "Questa Giornata ci permetterà di sapere cosa vogliono i giovani del Perù per il futuro del Paese nella prospettiva del Bicentenario" conclude Álvaro Salazar. (SL) (Agenzia Fides 19/08/2021)


venerdì 5 marzo 2021

Agenzia fides 5 marzo 2021

 


 
News
 
AFRICA/CONGO RD - Ucciso il magistrato che stava indagando sull’omicidio dell’Ambasciatore italiano e dei suoi accompagnatori
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – Ucciso il magistrato che stava indagando sull’agguato del 22 febbraio, nel quale sono rimasti vittime l’Ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, il carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, e l’autista congolese Mustafa Milambo (vedi Fides 23/2/2021).
“Fonti locali dichiarano che stava tornando da una riunione a Goma, nell’ambito dell’inchiesta sulla sicurezza dell’area e in particolare sull’omicidio dell’Ambasciatore italiano e dei suoi due accompagnatori” confermano a Fides fonti missionarie che operano nel Nord Kivu, nell’est della RDC, di cui Goma è capoluogo.
In un comunicato inviato a Fides, l’Ong locale CEPADHO (Centro Studi per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani) afferma di “aver appreso con forte sgomento dell'assassinio del maggiore William Assani, magistrato presso il Tribunale militare di Rutshuru il 2 marzo, rimasto vittima di un agguato all'altezza di Katale, sull'asse stradale Rutshuru – Goma, da dove proveniva”. “Questo crimine è stato perpetrato da uomini armati, non identificati, uno dei quali è stato neutralizzato dalla risposta avviata dalle FARDC (l’esercito congolese)” precisa la dichiarazione.
“Il CEPADHO condanna con veemenza questo atto spregevole e barbaro, da considerarsi un vero sabotaggio alla magistratura, visto l'impegno e l'abnegazione che ha caratterizzato il Magistrato Militare nel Territorio di Rutshuru. La nostra Organizzazione, scioccata e scandalizzata per la morte del maggiore William Assani, sollecita le autorità perché avviino indagini credibili per trovare gli assassini, affinché gli autori di questo delitto non restino impuniti” conclude il CEPADHO. (L.M.) (Agenzia Fides 5/3/2021)
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AFRICA/TANZANIA - Covid-19: in due mesi, più di 25 sacerdoti e 60 suore, infermiere cattoliche e medici, sono morti per problemi respiratori
 
Dar es Salaam (Agenzia Fides) – “In due mesi, più di 25 sacerdoti e 60 suore, infermiere cattoliche e medici, sono morti per problemi respiratori” ha annunciato p. Charles Kitima, Segretario generale della Conferenza episcopale della Tanzania (TEC). “Una cosa mai successa prima in un così breve lasso di tempo” ha aggiunto.
P. Kitima ha però affermato che ufficialmente non può affermare che tutti questi decessi sono legati al Covid-19. “Noi come Chiesa non effettuiamo test Covid e i medici non possono dircelo perché non tutti sono autorizzati a condurre test per il virus" ha detto p. Kitima.
Si noti che le autorità della Tanzania non hanno aggiornato i dati Covid-19 dall'inizio di maggio, lasciando l'ultimo numero di casi confermati a 509 e il bilancio delle vittime a 21.
Nonostante la politica di negare la presenza del virus nel Paese da parte delle autorità locali, p. Kitima ha richiamato tutti al senso di responsabilità: “Il coronavirus esiste. Vi chiediamo di prendere precauzioni. Dobbiamo aumentare i nostri sforzi per proteggerci. Abbiamo la responsabilità di proteggere gli anziani e le persone con condizioni di salute precarie prendendo le precauzioni necessarie”.
P. Kitima ha poi chiesto maggiore trasparenza sull’andamento della pandemia nel Paese. "I tanzaniani hanno il diritto di ricevere accurate informazioni scientifiche sul Covid-19 perché la mancanza di informazioni concrete sul virus sta propagando paura e confusione tra le persone”.
A febbraio, il Presidente della TEC, Sua Ecc. Mons Gervais Nyaisonga, Arcivescovo di Mbeya, ha incoraggiato i tanzaniani a non rimanere schiavi della paura, ma a seguire i consigli degli esperti: “Tanzaniani, siamo incoraggiati a non essere ridotti in schiavitù dalla paura. La paura è un'arma che può indebolire una persona”.
A fine gennaio i Vescovi locali, avevano messo in guardia i fedeli sulla “nuova ondata di infezioni da coronavirus”, che ha comportato un aumento dei decessi (vedi Fides 29/1/2021). "Il nostro Paese non è un'isola ... Dobbiamo difenderci, prendere precauzioni e pregare Dio con tutte le nostre forze in modo che questo flagello non ci raggiunga". (L.M.) (Agenzia Fides 5/3/2021)

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ASIA/MYANMAR - Leader cattolico birmano: "Ci appelliamo alla Santa Sede, perchè sia coinvolta nella mediazione"
 
Yangon (Agenzia Fides) - "In questo momento di sofferenza e di repressione, rivolgiamo un appello accorato a Papa Francesco: la Santa Sede ci aiuti e si coinvolga nel ruolo di mediazione per migliorare la situazione della popolazione in Myanmar": lo dice all'Agenzia Fides Joseph Kung Za Hmung, leader laico cattolico, direttore di "Gloria News Journal", il primo giornale cattolico su web in Myanmar. Il leader ritiene che questo appello potrà essere condiviso anche dalle guide delle comunità cattoliche, come Vescovi, preti e religiosi, che spesso hanno aiutato e assistito i manifestanti. E nota: "Ricordiamo ancora con gioia e commozione la visita di Papa Francesco in Myanmar, nel novembre 2017. Allora il generale Min Aung Hlaing, oggi a capo della giunta militare, gli ha fatto visita nella sua residenza, all'Arcivescovado di Yangon. Venimmo a sapere che il Santo Padre ricordò e ammonì il generale perché fosse responsabile di una pace sostenibile e della democrazia in Myanmar. Oggi, mentre vediamo morire i nostri giovani, crediamo che un'azione mediatrice della Santa Sede potrà aiutarci a porre fine alla violenza e a riportare pace e riconciliazione".
Joseph Kung Za Hmung ricorda a Fides che ieri è stata uccisa una giovane 19enne a Mandalay: "Kyal Sin è il nostro angelo. Era una ragazza di 19 anni, di famiglia cinese, di Mandalay. E' stata uccisa da un proiettile sparato dai cecchini dell'esercito mentre manifestava pacificamente. E' già considerata un'eroina e una martire per la libertà. Credo diverrà un simbolo per i tanti giovani che affollano le strade e continuano la protesta. Prima di morire Kyal aveva scritto in una lettera: 'Ho paura, ma per la nostra libertà, combatteremo. Non abbandoneremo la nostra lotta'. E' stata una ragazza coraggiosa. Al suo funerale, ieri a Mandalay, vi erano oltre duemila persone, soprattutto giovani, di tutte le fedi". Rileva Hmung che "il movimento di protesta e disobbedienza civile, nonostante la repressione dell'esercito, prosegue sulla strada della non violenza. I giovani organizzano sit-in, ed è l'esercito che avanza per disperderli, con tutti i mezzi, anche sparando e uccidendo. E' un movimento che nasce dal basso, e che non ha leader riconosciuti".
Come appreso da Fides, a Mandalay anche le Suore di San Giuseppe dell'Apparizione sono scese in strada per aiutare curare, accudire i manifestanti, spesso percossi e feriti. "Siamo tristi per la morte di giovani innocenti e inermi. Quello che ci muove è la compassione" notano le religiose. Fin dall'inizio della protesta, le suore hanno deciso di visitare i parenti delle persone uccise per alleviare un po' le loro sofferenze e donare conforto: "La nostra preghiera è importante per loro, anche se sono buddisti. In questo modo dimostriamo la nostra solidarietà e rafforziamo il legame umano e spirituale".
Manifestando empatia e solidarietà, le religiose hanno vegliato e pregato dopo la morte del 36enne Ko Min Min, ucciso nei giorni scorsi a Mandalay, quando la polizia ha sparato sulla folla per disperdere la protesta. E hanno poi pianto e pregato con la famiglia di un'altra giovane vittima, Wai Yan Htun, 16 anni, anch'egli colpito da un cecchino.
I fedeli birmani ricordano e apprezzano le parole pronunciate da Papa Francesco nell'Udienza generale del 3 marzo: "Giungono ancora dal Myanmar tristi notizie di sanguinosi scontri, con perdite di vite umane. Desidero richiamare l’attenzione delle autorità coinvolte, perché il dialogo prevalga sulla repressione e l’armonia sulla discordia. Rivolgo anche un appello alla comunità internazionale, perché si adoperi affinché le aspirazioni del popolo del Myanmar non siano soffocate dalla violenza. Ai giovani di quell’amata terra, sia concessa la speranza di un futuro dove l’odio e l’ingiustizia lascino spazio all’incontro e alla riconciliazione. Ripeto, infine, l’auspicio espresso un mese fa: che il cammino verso la democrazia intrapreso negli ultimi anni dal Myanmar, possa riprendere attraverso il gesto concreto della liberazione dei diversi leader politici incarcerati".
I cristiani, che sui 54 milioni di abitanti del Myanmar sono circa il 6% (tra i quali circa 650mila cattolici), fin dalle prime giornate dopo il golpe del 1° febbraio si sono uniti ai manifestanti, nello spirito della non-violenza e della resistenza pacifica contro l'ingiustizia.
(PA) (Agenzia Fides 5/3/2021)
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ASIA/IRAQ - Infondere speranza attraverso la solidarietà verso tutti: gli iracheni aspettano Papa Francesco
 
Roma (Agenzia Fides) - “La visita di Papa Francesco è un momento importante, specialmente in questo tempo di Quaresima. È un segno di speranza per i cristiani, è un messaggio di pace e riconciliazione per le diverse comunità per costruire ponti con altre fedi” commenta Aloysius John, Segretario generale di Caritas Internationalis, in occasione del viaggio di Papa Francesco in Iraq, iniziato questa mattina 5 marzo 2021.
“Caritas Iraq - si legge nella nota di Caritas Internationalis pervenuta all’Agenzia Fides - semina la speranza e i semi di riconciliazione attraverso la propria presenza e le proprie opere in favore delle comunità irachene e ci ricorda che l'unità prevarrà solo quando i diritti umani saranno rispettati e sarà promossa la dignità umana”.
Nabil Nissan, direttore di Caritas Iraq, si rivolge al Papa dicendosi più che certo che il Santo Padre non li lascerà soli e li ispirerà ad essere presenti ovunque vi siano dolore e sofferenza. “La nostra forza è ispirata dalla nostra fede e dalla nostra speranza che saranno entrambe rafforzate dalla Sua visita”.
Insieme all'aiuto materiale, il sostegno di Caritas Iraq contribuisce a restituire ai cristiani la fiducia in loro stessi, a riconoscerli in quanto cittadini al pari degli altri iracheni, a mostrare la presenza e il sostegno della Chiesa alle comunità più vulnerabili, a offrire ai cristiani l'opportunità di vivere la propria fede attraverso il loro servizio in Caritas.
La struttura opera in quattro governatorati dell'Iraq (Baghdad, Anbar, Mosul, Duhok) grazie all’impegno di oltre 270 collaboratori e circa 200 volontari.
(MP/AP) (5/3/2021 Agenzia Fides)
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ASIA/EMIRATI ARABI - Il Vescovo Hinder: anche i nostri cristiani guardano al viaggio del Papa in Iraq. E i musulmani elogiano il suo coraggio
 
Abu Dhabi (Agenzia Fides) – Oggi Papa Francesco ha iniziato il viaggio in Iraq, e proprio ieri, il 4 marzo, cadevano i cinque anni esatti dalla strage in cui a Aden, nello Yemen, vennero uccise quattro suore di Madre Teresa, assieme a una dozzina di impiegati prevalentemente musulmani. A far notare la singolare coincidenza è il Vescovo Paul Hinder, ofmCap, Vicario apostolico dell’Arabia meridionale. Mentre si realizza la prima visita di un Papa nella terra da cui è partito Abramo, Padre di tutti i credenti, quella storia di martirio e di sofferenza condivisa tra cristiani e musulmani richiama analoghe vicende che hanno segnato anche di recente le Chiese dell’Iraq e il popolo iracheno. “Il frutto del loro martirio” riconosce il Vicario apostolico, “non si misura con le statistiche. Rimangono però per noi un segno provocante di un amore che va aldilà del sentimentalismo, e può condurre a condividere la stessa sorte di Gesù crocifisso. Quelle suore sapevano del rischio ma non hanno preso la via della fuga. Sono sicuro che il loro martirio porterà dei frutti”.
Il viaggio di Papa Francesco in un vicino Paese arabo – riferisce a Fides il Vescovo Hinder – suscita emozione e attese singolari nella variegata comunità cattolica del Vicariato: “i nostri fedeli seguono con interesse e curiosità la visita di Papa Francesco in Iraq. Questo – aggiunge il Vicario apostolico - vale soprattutto per i cristiani iracheni che vivono nel Paese. Ci sono due scuole a Dubai e a Sharjah, tenute dalle suore irachene di Maria Immacolata. Tra gli altri, in maggioranza indiani e filippini, sono soprattutto i nostri fedeli di lingua araba provenienti dai Paesi del Medio Oriente, incluso l’Egitto, che guardano all’Iraq durante questi giorni. Molti di loro hanno legami se non con l’Iraq almeno con gente che è vissuta in Mesopotamia o ancora ci vive. Anche i musulmani mostrano il loro interesse. Uno di loro mi ha espresso esplicitamente la sua ammirazione per il coraggio del Papa di visitare l’Iraq in questo momento critico”.
Poco più di due anni fa, il 4 febbraio 2019, Papa Francesco e il grande Imam di al Azhar, lo Sheikh Ahmed al Tayyeb, firmarono proprio a Abu Dhabi il Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la Convivenza comune. Da allora, la riscoperta del legame fraterno che unisce tutti i figli di Dio è stata proposta da Papa Francesco – anche nell’Enciclica “Fratelli Tutti” - come punto di partenza per affrontare insieme le i conflitti e le emergenze globali che feriscono e affaticano le vite dei popoli. Anche il viaggio papale in Iraq, primo Paese a maggioranza sciita visitato da Papa Francesco, ha come motto la frase evangelica “Voi siete tutti fratelli” e come parola chiave la Fratellanza. Il futuro dirà se d’ora in avanti anche istituzioni e circoli dell’islam sciita si coinvolgeranno nel cammino di condivisione iniziato a Abu Dhabi – a cui finora hanno aderito soggetti dell’islam sunnita – o se prevarranno diffidenze e obiezioni condizionate anche della contrapposizioni geopolitiche. “Sappiamo bene” riconosce a tal proposito il Vescovo Hinder “che anche nel mondo musulmano ci sono dei discordie, e non soltanto tra sunniti e sciiti. Sfortunatamente questi contrasti sono approfonditi da ragioni ideologiche e soprattutto politiche. Ma il fatto che c’è un abisso tra Riyad e Teheran non vuol dire che un dialogo tra i rappresentanti religiosi non sia più praticabile. In questo campo non credo a progressi repentini” premette con realismo il Vicario apostolico “ma sono io stesso testimone di uno sviluppo promittente nel dialogo inter-religioso. Ciò che ho visto e sperimentato nei 17 anni vissuti in Arabia mi conferma che con pazienza e fiducia è possibile di avvicinarsi e di progredire assieme. La visita di Papa Francesco nel 2019” ricorda il Vescovo Hinder “fu un segno forte e ben visto anche dai musulmani della zona. I rapporti con le autorità sono segnati da un rispetto reciproco crescente. La pandemia he messo il freno agli incontri in presenza, ma i contatti continuano con i mezzi virtuali disponibili”.
I profili delle comunità cristiane presenti in Iraq e nella Penisola arabica sono diversi. I Cristiani dei Paesi della Penisola sono lavoratori immigrati, venuti in cerca di occupazione. Quelle presenti in Iraq sono comunità cristiane autoctone, assottigliatesi negli ultimi anni a causa dei flussi migratori. Non di meno, i Vescovo Hinder mostra di condividere le considerazioni espresse dal Patriarca caldeo Louis Raphael Sako nella recente intervista rilasciata a Fides (vedi Fides 3/3/2021), nella quale il Cardinale iracheno ha ribadito che il Papa non è andato in Iraq per “rafforzare i cristiani” nel vortice dei conflitti settari, e ha respinto anche le teorie di chi sostiene che solo gli aiuti dall’esterno – di tipo economici, militari o di altro tipo) possono salvare le comunità cristiane mediorientali dall’estinzione. “Anche se le condizioni politiche, sociali, economiche e religiose giocano un ruolo importante per cristiani e non-cristiani” sottolinea il Vicario apostolico “bisogna riconoscere che la permanenza dei cristiani in una regione non è solo un prodotto di condizioni favorevoli, ma è soprattutto il frutto della grazia che opera nei cuori dei fedeli. L’abbiamo visto durante la storia in tanti Paesi del mondo. E lo stesso accade in Iraq. Non dimentichiamo mai che la fede in Cristo è prima di tutto un dono dello Spirito Santo che soffia dove vuole, anche e soprattutto in condizioni difficili. Dobbiamo prendere congedo dalla mania di guardare solo le statistiche e i numeri. Ci sono in Iraq cristiani che sono testimoni del Signore crocifisso e risorto e rimangono così un segno di vita che supera tutte le tragedie”. Riguardo alla situazione delle comunità cristiane nella Penisola arabica, il Vescovo Hinder conferma le conseguenze negative che la pandemia da Covid-19 ha prodotto sulle attività lavorative degli immigrati cristiani e sulla stessa vita ecclesiale: “E’ ancora presto per fare un bilancio“ avverte il Vicario apostolico “ma già si nota una diminuzione numerica dei migranti e quindi anche delle nostre comunità cristiane. Ciò che pesa forse il più è l’insicurezza che molto spesso si abbina all’isolamento dovuto alle restrizioni. Il fatto che le chiese sono rimaste chiuse per molti mesi e in parte continuano ancora a essere chiuse è un peso per tanti che frequentano la casa del Signore come luogo di consolazione nelle paure e nelle sofferenze. Mi fa piangere il vedere gente che prega fuori dalle mura della chiesa, perché non ci è permesso siamo permessi di mantenere aperto il comprensorio parrocchiale. Poi grazie a Dio ci sono quei segni di solidarietà aperta e discreta verso i fedeli che si trovano in difficoltà. Molto si fa virtualmente. Però non ho mai sentito così importante il fatto di avere un contatto reale con le persone come adesso, nel tempo in cui tale contatto è molto limitato. E percepisco che tanti condividono questa mia stessa esperienza. (GV) (Agenzia Fides 5/3/2021)
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ASIA/INDIA - La Chiesa nello stato del Tripura chiede di rinviare le elezioni fissate la domenica di Pasqua
 
Agartala (Agenzia Fides) - I cristiani nello stato indiano nordorientale del Tripura sono amareggiati per lo svolgimento delle elezioni del Consiglio distrettuale autonomo, la domenica di Pasqua, e chiedono il rinvio del voto. “Programmare le elezioni per il giorno di Pasqua, dedicato al mistero centrale della fede per tutti i cristiani nel mondo, non solo renderà gli elettori cristiani impossibilitati a partecipare al processo elettorale, ma danneggerà anche i sentimenti religiosi della comunità cristiana”, rileva in una nota inviata all'Agenzia Fides, il Vescovo di Agartala, Mons. Lumen Monteiro.
"I cristiani nello stato di Tripura, circa 160mila fedeli in tutto, sono rimasti "delusi e scioccati" quando hanno saputo la data delle elezioni", ha detto padre Joseph Pulinthanath, portavoce della diocesi di Agartala. La diocesi di Agartala occupa tutto lo Stato. L'elezione per il Consiglio distrettuale autonomo del Tripura è fissata il 4 aprile, domenica di Pasqua. Il Consiglio distrettuale autonomo amministra le aree dominate dalle tribù indigene di Tripura. Quasi il 68% dell'area dello stato, che è per lo più coperta da foreste e colline, rientra nella competenza e sotto la giurisdizione del Consiglio.
Mons. Monteiro ha scritto una lettera diretta al Commissario statale per le elezioni, esprimendo la preoccupazione della comunità cristiana per la data dello scrutinio, coincidente con la domenica di Pasqua. Nella missiva si chiede di riprogrammare la data delle elezioni "per consentire a tutti i cittadini di esercitare il proprio diritto di voto e di potere, nel contempo, adempiere ai propri obblighi di fede come cristiani".
Parlando delle elezioni che si terranno la domenica di Pasqua, Sagar Sagma, leader laico cattolico, ha detto a Fides: “La Commissione elettorale non ha preso in considerazione i sentimenti religiosi dei cristiani e l'importanza della Pasqua. Non è opportuno ed è per noi disagevole. Speriamo in un rinvio".
Tripura è il terzo stato più piccolo dell'India. Copre 10.491 kmq e confina con il Bangladesh a nord, sud e ovest, e gli stati indiani di Assam e Mizoram a est. A causa del suo isolamento geografico, per lo più dovuto alle catene montuose, il suo progresso economico è ostacolato. La povertà e la disoccupazione continuano ad affliggere Tripura, che dispone di infrastrutture limitate. La maggior parte dei residenti è impegnata nell'agricoltura e nelle attività connesse, sebbene il settore dei servizi sia il maggior contributore al prodotto interno lordo dello stato.
La Chiesa continua a lavorare per persone e gruppi etnici in termini di lavoro sociale, istruzione, assistenza sanitaria ed evangelizzazione. Su circa, 3,6 milioni di abitanti, l'83% sono indù, i musulmani sono 8,6%, i cristiani circa il 4,3%, la parte restante è tra sikh e religioni tribali.
(SD-PA) (Agenzia Fides 5/3/2021)
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AMERICA/COLOMBIA - Minacce al Vescovo di Buenaventura, cresce la violenza, i Vescovi: “non ci rassegniamo ad accettare queste situazioni”
 
Buenaventura (Agenzia Fides) - “Esprimiamo solidarietà, vicinanza, affetto e sostegno al nostro fratello Vescovo di questa diocesi, monsignor Rubén Darío Jaramillo Montoya, per le minacce che da tempo riceve contro la sua integrità e la sua vita, lui e altri che sono a servizio della comunità. Estendiamo la solidarietà alle diverse comunità del territorio che lui accompagna con dolore”. Lo scrivono i Vescovi del Pacifico e del sud-ovest della Colombia, che si sono riuniti dal 2 al 4 marzo nella città di Buenaventura, la cui diocesi è guidata da Monsignor Jaramillo Montoya, per esaminare i gravi problemi di questa zona.
I Vescovi di Apartadó, Quibdó, Itsmina - Tadó, Buenaventura, Tumaco, Guapi, Popayán, Tierradentro, Pasto, Ipiales, Cartago, Buga, Palmira e Cali, scrivono nel loro comunicato, pervenuto a Fides: “abbiamo avuto modo di avvicinarci alle realtà di incertezza, povertà, dolore, morte e disperazione, generate dal confluire di situazioni di ordine diverso che, purtroppo, percepiamo e denunciamo sempre più in crescita, come il traffico di droga, l’aumento di gruppi armati, la corruzione, le estorsioni, la perdita della fede e dei valori, l’inefficienza di ampi settori pubblici e privati e i maltrattamenti della casa comune”.
Di fronte a questa difficile realtà, i Vescovi ribadiscono: “come Pastori, non ci rassegniamo ad accettare queste situazioni, al contrario, ci impegniamo e esortiamo i governanti e tutta la nostra gente, a lavorare decisamente alla ricerca di soluzioni globali, a breve e medio termine, che rendano possibile la reale trasformazione di questa triste e angosciante realtà. Continueremo ad essere facilitatori del dialogo e della pace”.
Ricordando l’appello della Quaresima ad una conversione integrale e l’invito di Papa Francesco ad ascoltare il grido dei poveri, i Vescovi concludono il comunicato invocando l’intercessione di San Giuseppe, perché si mostri padre anche per quanti sono pellegrini nelle terre del Pacifico e del sud ovest della Colombia, donando grazia, misericordia e coraggio, e difesa da ogni male. (SL) (Agenzia Fides 05/03/2021)
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AMERICA/CILE - La testimonianza di un missionario spagnolo, da 32 anni in Cile: “rendere realtà la presenza di Gesù il Samaritano"
 
Santiago (Agenzia Fides) – In Spagna si celebra domenica prossima la Giornata dell’Ispanoamerica, e per questa occasione l’Agenzia Fides ha ricevuto dalla diocesi spagnola di Toledo, la testimonianza di padre Félix Zaragoza, l'unico sacerdote diocesano di Toledo che è missionario in Cile. Insieme a lui ci sono altri 10 tra religiosi e laici missionari della stessa diocesi spagnola.
Il Cile è stato uno dei Paesi dell'America Latina in cui si è verificata la prima presenza di sacerdoti diocesani di Toledo che, attraverso l'OCHSA (Obra de Cooperación Sacerdotal Hispanoamericana), sono stati inviati dall'Arcivescovo di Toledo a vivere l'impegno missionario insieme alle comunità cristiane locali.
Padre Félix Zaragoza, sacerdote diocesano originario di Villacañas (Toledo), ha già trascorso 32 anni di servizio missionario nella periferia di Santiago del Cile, “una città che ha un terzo di tutti gli abitanti dell'intero Paese”, e sottolinea che la sua parrocchia, “in cui sono solo, è composta da una popolazione giovane, con più di 50.000 abitanti”. Sebbene sia l’unico sacerdote, sottolinea comunque “la collaborazione dei laici”.
Tra le attività della parrocchia Niño Dios de Malloco, situata nel Comune di Peñaflor, padre Félix sottolinea che, accanto alla chiesa, la parrocchia gestisce una scuola con circa 2.000 studenti, con più di 400 bambini da accudire nella scuola materna. Inoltre ha una residenza - casa per anziani, con “70 nonni, che in questa situazione di pandemia non possono ricevere visitatori e dove molti purtroppo sono morti". La parrocchia ha anche una farmacia per fornire medicinali e organizza “le pentole comunitarie, come le chiamiamo qui, per preparare il cibo raccolto e consegnare a tutti, qualcosa da mangiare".
Queste azioni caritative e solidali si realizzano perché "crediamo che la Chiesa, soprattutto in un tempo di secolarizzazione forte come quello che sta avendo il Cile per diverse cause, deve rendere realtà la presenza di Gesù il Samaritano". Ricorda che "la solidarietà è reale nel servizio, soprattutto dei più vulnerabili".
Padre Félix Zaragoza ringrazia la diocesi di Toledo per la collaborazione nelle missioni, e chiede di continuare a ricordarlo per il suo ministero, che svolge "in una parrocchia dove la maggioranza si considera cattolica, con più di 50.000 abitanti e un solo sacerdote per le messe, con più di 700 battesimi, più di 300 comunioni e circa 200 cresime, con più di 700 funerali nel 2020".
Per questo, padre Félix chiede preghiere, per “poter continuare a svolgere la missione in questa comunità, con queste persone, perché la Chiesa ha bisogno di dare testimonianza di fede e di impegno”. Ci tiene infatti a ricordare che "l'evangelizzazione deve essere anche un processo di umanizzazione, di una vita dignitosa", ecco perché si parte dai bambini più piccoli con gli asili nido, fino alla casa di cura, per dare loro una intera vita più dignitosa possibile.
(CE) (Agenzia Fides 05/03/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024

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