ASIA/SIRIA - I miliziani islamisti di Tahrir al Sham consentono ai cristiani di celebrare pubblicamente una messa nella provincia di Idlib |
Idlib (Agenzia Fides) – Hanno celebrato la messa in una chiesa chiusa da dieci anni. Lo hanno fatto nella provincia di Idlib, in un’area ancora controllata dalle milizie islamiste anti- Assad. E a concedere il permesso di riaprire il luogo di culto cristiano e celebrare la liturgia eucaristica in un clima sereno e festoso è stato lo stesso capo della fazione di matrice jihadista che negli anni passati aveva sequestrato beni e case dei cristiani come “bottino di guerra”. Il fatto rappresenta una vicenda emblematica della condizione reale vissuta dalle comunità cristiane in quell’area della Siria. Quest’anno, dopo una sospensione durata dieci anni - riferiscono testate come al Monitor e Independent Arabia - hanno potuto celebrare la messa nella chiesa armena apostolica di Sant’Anna, presso il villaggio di Yacoubia, nelle campagne a nord-ovest di Idlib. In quella chiesa la festa dedicata alla madre della Vergine Maria si celebrava tradizionalmente nell’ultima domenica di agosto. Negli ultimi dieci anni, da quando quella zona era caduta sotto il controllo delle milizia jihadiste, la chiesa era chiusa, e negli ultimi tempi era stata utilizzata anche come rifugio per profughi. Decine di cristiani appartenenti a confessioni diverse hanno partecipato alla liturgia, le cui immagini sono state fatte circolare dalle stesse milizie islamiste che controllano l’area. Lo scorso 19 luglio, Muhammad al Jawlani, capo delle milizie diHayat Tahrir al Sham – “Organizzazione per la Liberazione del Levante”, formazione di matrice jihadista conosciuta in passato come Jabhat al Nusra – aveva voluto incontrare i rappresentanti delle comunità cristiane ancora presenti nei villaggi di Qunaya, Yacoubia e al-Jadida, e aveva annunciato loro l’intenzione di voler ‘proteggere’ le loro celebrazioni liturgiche, garantendo anche la progressiva restituzione dei beni immobili sequestrati negli ultimi anni ai proprietari cristiani.I miliziani di Tharir el Sham – riferiscono le fonti locali – durante la celebrazione hanno istituito posti di blocco nelle vicinanze del villaggio, per garantire lo svolgimento della liturgia. La mossa di al Jawlani e dei miliziani di Tahrir al Sham è divenuta oggetto di valutazioni diverse. Altre formazioni islamiste di matrice salafita come Hurras al Din, ancora collegate a al Qaida, hanno accusato al Jawlani di aver reso “meno musulmana” la provincie di Idlib. Per analisti e osservatori delle travagliate vicende siriane, la scelta dei Tahrir el Sham va letta alla luce della strategia anche mediatica di riposizionamento avviata da quel gruppo islamista per ripulire la propria immagine e accreditare internazionalmente la propria ostentata “svolta moderata”. Miliziani di Tahir el Sham rilasciano dichiarazioni in cui sostengono ora la necessità di avviare una integrazione tra le varie comunità di fede presenti nella Provincia di Idlib, aprendo “una nuova pagina” e prendendo atto che l’islam non vieta ai non musulani – cristiani compresi – di praticare liberamente i propri rituali. Nel 2013, lo stesso Al Jawlani era bollato come “terrorista globale” dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti d’America. Adesso, anche analisti collegati a centri di studio statunitensi seguono con interesse l’evoluzione interna di gruppi all’interno della galassia jihadista. Aaron Y. Zelin, in un’analisi di Hayat Tahrir el Sham consultabile sul website del Washington Institute for Near East Policy, scrive che adesso “Jawlani non è più solo un leader di un gruppo terroristico o di una fazione ribelle” ma anche il rappresentante di una svolta che include anche un cambio di atteggiamento verso gli USA. “Secondo l'ambasciatore James Jeffrey, ex inviato speciale di Washington sia per l'impegno in Siria che per la Coalizione globale per sconfiggere l'ISIS” riferisce Zelin “Hayat Tahrir el Sham avrebbe usato canali secondari per inviare ai funzionari statunitensi il seguente messaggio: ‘Vogliamo essere vostri amici. Non siamo terroristi. Stiamo solo combattendo Assad. Non siamo una minaccia per voi’ ”. Nei giochi di potere che coinvolgono nel nord della Siria l’esercito di Assad, i gruppi provenienti dalla galassia jihadista, potenze regionali come la Turchia e globali come Russia e Stati Uniti, desta ancor più stupore e gratitudine il miracolo dei cristiani che proprio in mezzo alle convulsioni sanguinose di quella zona hanno continuato a confessare in questo tempo tremendo la fede in Cristo, rendendo gloria al Suo nome. (GV) (Agenzia Fides 8/9/2022). |
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venerdì 9 settembre 2022
Agenzia Fides I miliziani islamisti di Tahrir al Sham consentono ai cristiani di celebrare pubblicamente una messa nella provincia di Idlib
sabato 28 agosto 2021
Agenzia Fides 28 agosto 2021
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AFRICA/SUDAFRICA - Il Vescovo Sipuka: economia inclusiva e istruzione, antidoto alla violenza | |||
Johannesburg (Agenzia Fides) - “Dopo le violenze scoppiate a luglio, abbiamo suggerito al governo di adottare delle misure per la riconciliazione, chiedendo a chi ha rubato e saccheggiato i negozi di riportare entro breve la merce sottratta per ottenere una amnistia. Il governo ha dato l’ok e alcune persone stanno rispondendo”. Lo afferma Mons. Sithembele Sipuka, Vescovo di Mthatha, Sudafrica, e Presidente della SACBC (Southern African Catholic Bishops' Conference, che raccoglie i Vescovi di Sudafrica, Botswana ed eSwatini) in una intervista rilasciata all’Agenzia Fides. Più di 300 persone sono morte e circa 3.000 negozi sono stati saccheggiati quando a luglio sono scoppiate proteste e violenze, innescate dalla detenzione dell'ex presidente Jacob Zuma ma in seguito guidate dalla rabbia per la povertà e la disuguaglianza. Dice il Vescovo, che ha illustrato la questione anche all'Assemblea plenaria della Southern African Catholic Bishops’ Conference (vedi Fides 6/8/2021): “La situazione è tornata alla calma, ma ora ci si chiede come sia stato possibile che migliaia di cittadini prendessero d’assalto negozi, locali, case senza che ci sia stato un intervento immediato per fermarli”. Il Sudafrica, dopo giorni di scontri che in varie città hanno lasciato segni di saccheggio e devastazione, fa i conti con le profonde divisioni che la attraversano, specie dopo l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma, accusato di corruzione nel periodo del suo mandato e incarcerato lo scorso 7 luglio. Zuma, condannato a 15 mesi di reclusione per essersi sempre rifiutato di venire giudicato per i crimini di cui è sospettato, ha ancora molti seguaci nel Paese, alcuni dei quali hanno scelto la rivolta. “La violenza non è solo risposta all’incarcerazione dell’ex presidente – riprende Mons. Sipuka -. Dietro a simili avvenimenti ci sono doversi motivi: in prims una polarizzazione politica tra quanti continuano a supportare Zuma e quelli che invece si professano dalla parte della legge e vogliono che la giustizia faccia il suo corso. Tutto ciò ha una conseguenza diretta sulla società perché organismi istituzionali come l’esercito o la polizia, dipendono da ministeri alla cui guida ci sono esponenti di fazioni diverse. Le profonde divisioni nel partito al governo hanno portato a separazioni nei servizi segreti, nella polizia e nell’esercito, generando una sostanziale inazione perché chi pensa ai propri interessi non mette il Paese al primo posto. Una seconda ragione che pesa è la povertà della popolazione, ridotta in alcune fasce alla fame. Migliaia di persone facilmente utilizzabili da chi vuole fomentare la violenza. C’è un terzo elemento poi, che è la criminalità: i criminali utilizzano queste opportunità per allargare il raggio di azione e creare caos.”. La Chiesa cattolica, che ha emanato un accorato appello a firma della SACBC (affiancato da un documento della South African Council of Churches - SACC -, ndr) richiama alla pace e, nel contempo, sviscera le radici del conflitto. Spiega Mons. Sithembele Sipuka: “La violenza è sempre da condannare e se ci sono differenze nel partito, nella politica o nella società, l’unica via è sedersi e dialogare. Mai strumentalizzare i poveri per servire i propri interessi, prima di tutto viene il bene del Paese. Il nostro messaggio ai più poveri è ‘non permettete che vi usino’. Sono loro le prime vittime: il pane in molti luoghi non si può acquistare a prezzi equi perché i negozi sono stati devastati”. Prosegue il Vescovo: “Crediamo poi che un punto fondamentale sia la collaborazione tra imprese, mondo del lavoro e governo. Bisogna viaggiare verso una economia che includa e che riduca la povertà, dato l’alto numero di disoccupati. L’istruzione è di scarsa qualità e i giovani escono dai percorsi formativi senza che possano essere produttivi da subito. Il nostro sguardo va anche alle zone più rurali del Paese: il governo si deve occupare di favorire lo sviluppo perché le popolazioni che vi abitano possano guadagnarsi la vita dignitosamente e perché sono zone fondamentali per offrire un contributo notevole all’economia”. Il Vescovo conclude auspicando che “la voce Consiglio delle Chiese sia ascoltata, come avvenuto, ad esempio, per la consulenza su come affrontare la pandemia. In alcuni casi le nostre proposte sono divenute azioni, come per i sussidi per chi ha perso il lavoro per il Covid”. (LA) (Agenzia Fides 28/8/2021) | |||
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ASIA/MEDIO ORIENTE - Vescovi armeni cattolici convocati a Roma dal 20 settembre per eleggere il nuovo Patriarca | |||
Aleppo (Agenzia Fides) – I vescovi armeni cattolici, provenienti dalle diocesi sparse in Medio Oriente e nei Paesi di maggior concentrazione della diaspora armena, si riuniranno a Roma, a partire dal prossimo 20 settembre, per eleggere il loro nuovo Patriarca. Lo conferma all’Agenzia Fides l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati, attuale Amministratore della Chiesa patriarcale di Cilicia degli armeni. “Il Santo Sinodo elettivo svoltosi a partire dallo scorso 22 giugno presso il Convento libanese di Nostra Madre di Bzommar” ricorda l’Arcivescovo Marayati “non è andato a buon fine. In quindici giorni, nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti dei dodici vescovi partecipanti al Sinodo, soglia richiesta per essere eletto successore del Patriarca Krikor Bedros XXI Ghabroyan, scomparso lo scorso 25 maggio (nella foto, durante la concelebrazione eucaristica con Papa Francesco, ndr). A quel punto, secondo quanto è stabilito dal Codice dei Canoni delle Chiese orientali, le sessioni del Sinodo elettivo sono state interrotte, e la questione è stata rimessa al Papa. Ora ci ritroveremo il prossimo 20 settembre, presso il Pontificio Collegio armeno di Roma, per due giorni di ritiro spirituale. Poi, a partire dal 22 settembre, inizierà l’assemblea sinodale per eleggere il nuovo Patriarca, che si svolgerà sotto la presidenza del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali”. Riguardo alle procedure di elezione dei Patriarchi, il canone 72 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, al primo comma, stabilisce che “è eletto colui che ha riportato due terzi dei voti, a meno che per diritto particolare non sia stabilito che, dopo un conveniente numero di scrutini, almeno tre, sia sufficiente la parte assolutamente maggiore dei voti (eventualità attualmente non contemplata nel diritto particolare della Chiesa armena cattolica, ndr) e l’elezione sia portata a termine a norma del canone 183, §§3 e 4”. Il secondo comma del medesimo canone 72 chiarisce che “Se l’elezione non si porta a termine entro quindici giorni, da computare dall’apertura del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la cosa viene devoluta al Romano Pontefice”. Se anche il Sinodo elettivo della Chiesa patriarcale armena cattolica dovesse registrare una nuova situazione di stallo, l’esito positivo dell’assemblea elettorale sarà comunque garantito dal ricorso a alcune deroghe, che dopo un certo numero di votazioni avvenute senza esito consentiranno di eleggere Patriarca il candidato che raggiunge la maggioranza assoluta (la metà più uno) dei voti espressi. Se l’impasse elettorale dovesse perpetuarsi, sarà eletto Patriarca il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei consensi. Se infine i voti dei vescovi votanti dovessero concentrarsi in maniera assolutamente paritaria intorno a due candidati, diverrà Patriarca il vescovo più anziano per ordinazione sacerdotale. (GV) (Agenzia Fides 28/8/2021). | |||
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ASIA/BANGLADESH - I cattolici piantano un milione di alberi nello spirito della Laudato Si' | |||
Dacca (Agenzia Fides) – Piantare circa un milione di alberi in occasione dell'Anno Laudato Si', nel centenario della nascita del "Padre della Nazione", lo Sheikh Mujibur Rahman, e nell'anno in cui il Bangladesh celebra i 50 anni dell'indipendenza. E' l'obiettivo raggiunto dalla piccola Chiesa cattolica bangladese, che, nella nazione di oltre 165 milioni di persone, rappresenta solo 400.000 fedeli. Il programma di piantumazione è stato avviato il 14 agosto 2020 in un impegno collettivo promosso dal Cardinale Patrick D'Rozario e da tutti i Vescovi cattolici del Bangladesh. In occasione dell'Anno Laudato si', tutte gli enti e comunità cattoliche si sono dati da fare: 400.000 alberi sono stati piantati da gruppi e parrocchie delle varie diocesi cattoliche; 360mila da Caritas Bangladesh; 215mila da Christian Cooperative Credit Union Ltd; 10.000 alberi sono stati affidati dalla Bangladesh Christian Association, per un totale di 931.000 alberi. Padre Jyoti Francis Costa, Segretario Generale aggiunto della Conferenza Episcopale del Bangladesh, ha dichiarato all'Agenzia Fides: "Il Santo Padre ha chiamato i fedeli a prendersi cura della terra, e i fedeli cattolici di questo Paese hanno risposto piantando alberi perché gli alberi possono rendere il mondo più verde e produrre ossigeno". E ha aggiunto: "Tutti i Vescovi sovrintendono alla campagna di piantumazione degli alberi nelle diverse diocesi, che entro quest'anno sarà completata". Anche Caritas Bangladesh sta lavorando nella stessa direzione. Sebastian Rozario, Direttore Esecutivo di Caritas, ha dichiarato all'Agenzia Fides di aver piantato alberi nelle loro aree di lavoro che coprono 49 distretti. "Stiamo consegnando altri alberi a quanti beneficiano del nostro sostegno, e si stanno piantando gli alberi aggiuntivi. La maggior parte degli alberi è già stata piantata; il resto degli alberi lo pianteremo entro quest'anno". Rozario ritiene che questa iniziativa sia una pietra miliare per la Chiesa cattolica. "Oltre a distribuire alberi ai beneficiari, tutti e 6.000 i volontari della Caritas hanno piantato un albero con il loro impegno personale", ha spiegato. La cooperativa cristiana "Credit Union Ltd", organizzazione cooperativa fondata a Dacca dal sacerdote della Santa Croce padre Charles J. Young, sta facendo la stessa campagna. Pankaj Gilbert Costa, presidente dell'organizzazione ha confermato l'impegno a piantare 215mila alberi. Nirmol Rozario, presidente della Bangladesh Christian Association, ha informato che la sua organizzazione ho distribuito 10.000 alberi da frutti e piante ad amici persone che se ne prenderanno cura. Il giovane Sujon Haldar ha ricevuto una piantina di mango dalla Bangladesh Christian Association e l'ha piantata nel giardino della sua abitazione: "Questi alberi in futuro mi forniranno ombra, frutti e legno. Gli alberi sono amici per sempre", dice, apprezzando l'iniziativa della Chiesa cattolica. (FC-PA) (Agenzia Fides 28/08/2021) | |||
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AMERICA - Nasce la piattaforma “MigraSegura” per offrire informazioni utili e sicure ai migranti venezuelani in Brasile ed Ecuador | |||
Brasilia (Agenzia Fides) – E’ nata la piattaforma digitale “MigraSegura”, rivolta ai migranti, soprattutto venezuelani, che vi potranno trovare informazioni sicure e affidabili sui servizi di base e sulle politiche migratorie di Brasile e Ecuador. Frutto della collaborazione tra Caritas Ecuador e Caritas Brasile, con il sostegno della fondazione “JuntosEsMejor Challenge”, dell’USAID e della Banca Interamericana dello Sviluppo, con il supporto del Catholic Relief Services (CRS), la piattaforma è stata lanciata ufficiale il 26 agosto attraverso il sito web www.facebook.com/migrasegura. Come spiega la nota pervenuta all’Agenzia Fides, l'obiettivo è di fornire informazioni tempestive ai migranti venezuelani, che possono essere vittime delle reti di tratta di persone e di gruppi criminali, per mancanza di una guida che li orienti. Infatti, "l'entità della crisi venezuelana, in cui si stima che più di 5 milioni e mezzo di persone abbiano lasciato il proprio Paese, richiede di mettere al servizio dei rifugiati e dei migranti venezuelani informazioni che hanno lo scopo di salvare vite umane, oltre a contribuire al processo decisionale con informazioni veritiere, in modo che possano avere un transito migratorio sicuro". Questo progetto è iniziato alla fine del 2020. Per la sua realizzazione è stato condotto uno studio interpellando un campione di 807 rappresentanti di famiglie venezuelane (400 in Ecuador e 407 in Brasile), e 15 informatori-chiave (6 donne e 9 uomini) in rappresentanza di organizzazioni che hanno una vasta esperienza di lavoro con questa popolazione. La raccolta dei dati è stata effettuata in 8 città del Brasile e 6 città dell'Ecuador. Lo studio ha rivelato che circa il 66% delle persone che hanno lasciato il Venezuela per il Brasile e l'Ecuador, non hanno informazioni sui paesi ospitanti. Le ragioni principali per cui le famiglie lasciano il Venezuela sono la carenza di cibo nel paese (75%), la mancanza di occupazione (70%) e l’accesso limitato ai servizi sanitari e alle medicine (58%). I motivi per cui hanno scelto come paese di destinazione il Brasile e l’Ecuador sono principalmente le prospettive di lavoro più vantaggiose (68%), una maggiore situazione di sicurezza (47%) e migliori prospettive educative per i bambini e i giovani (39%). (SL) (Agenzia Fides 28/08/2021) | |||
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mercoledì 26 maggio 2021
Agenzia Fides 26 maggio 2021
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AFRICA/MALI - Un missionario: "Golpe nel golpe", vecchie pratiche che affamano i popoli africani | |||
Bamako (Agenzia Fides) - Lo hanno definito un "golpe nel golpe" quello compiuto, ieri 25 maggio 2021, dai militari contro i vertici dell’esecutivo transitorio che non piace ai colonnelli autori del colpo di stato dell'agosto scorso (vedi Agenzia Fides 19/8/2020). "Questo ennesimo colpo di stato in Mali getta ancora una volta il continente africano nella desolazione", scrive all’Agenzia Fides p. Donald Zagore, teologo ivoriano della Società per le Missioni Africane (SMA). "Quando finiranno queste vecchie pratiche?" domanda p. Zagore. "Gli anni passano ma gli scenari rimangono gli stessi. Laddove i popoli africani si impegnano e lottano per lo sviluppo e per una vita migliore, si perpetuano colpi di stato, corruzione, violazione dei diritti, dittature e presidenze a vita. L'Africa, il vecchio continente, sta lottando per abbandonare queste vecchie pratiche, ma l'instabilità politica può solo portare alla miseria economica. Queste crisi politiche affamano i popoli africani." Il missionario ribadisce che "l'Africa di ieri come quella di oggi continua tristemente a scrivere la sua storia su linee storte": "L’intera popolazione del continente aspira ad una vita in Europa. Infatti, mentre le élite africane hanno un lavoro in Africa, vivono in Europa, dove mandano i propri figli a studiare o in vacanza, i più poveri non hanno altra scelta che l'immigrazione clandestina, attraversano rischiosamente il deserto o trovano la morte in mare." P. Zagore è convinto del fatto che il continente africano possa migliorare, ma a una condizione: che la mentalità dei popoli africani cambi. "Possano le coscienze africane risvegliarsi al buono, al giusto e al vero. Non possiamo in alcun modo sperare in nuove politiche, promesse di stabilità e pace se rimaniamo prigionieri di quelle vecchie. Cambiare mentalità per abbracciare una nuova politica, difendere i valori di giustizia, verità, sviluppo e pace sono la chiave per la salvezza e la prosperità. Abbiamo bisogno di ‘Vino nuovo, otri nuovi’ come dice l’apostolo Marco nella Scrittura", conclude padre Zagore. (DZ/AP) (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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AFRICA/KENYA - “Subito un processo trasparente per il voto di ottobre 2022” chiedono i leader religiosi del Kenya | |||
Nairobi (Agenzia Fides) – “La Commissione elettorale indipendente (IEBC) continua a soffrire di una grave crisi di leadership e di credibilità” afferma il gruppo di riferimento per il dialogo delle principali confessioni religiose del Kenya, in una dichiarazione inviata all’Agenzia Fides. “La sentenza dell'Alta Corte ha posto seri dubbi sulla capacità della Commissione di organizzare e gestire le elezioni generali previste dalla Costituzione nell'agosto 2022” affermano i leader religiosi facendo riferimento alla Sentenza della Corte Costituzionale del 13 maggio che stabilisce che la IEBC non dispone del quorum per svolgere il suo mandato. Attualmente vi sono solo due commissari in carica più il presidente Wafula Chebukati, a seguito delle dimissioni di tre componenti nel 2018 e di uno nel 2017. “La Corte Costituzionale ha scoperto che la mancanza di quorum, come stabilito dalla legge, ostacola in modo significativo la commissione dal condurre affari chiave, gettando IEBC nel limbo” afferma la dichiarazione. I leader religiosi chiedono all'IEBC di iniziare a fare i preparativi necessari al voto e di comunicarli tempestivamente ai keniani per accrescere la fiducia e la sicurezza nelle istituzioni. “I preparativi dovrebbero includere la nomina trasparente dei funzionari elettorali a tutti i livelli, gli appalti per i materiali elettorali e la creazione di sistemi di gestione e trasmissione dei risultati delle elezioni”. “Chiediamo al Parlamento di finalizzare con urgenza lo sviluppo e l'emanazione delle varie leggi che riguardano le elezioni, tra cui: un progetto di legge sulle elezioni primarie all’interno dei diversi partiti politici; una legge che regoli i referendum; il progetto di legge sul finanziamento della campagna; la legge sulla rappresentanza di gruppi di interesse speciale; la legge sulla parità di genere”. “Occorre fare tutto il possibile per assicurare ai kenioti elezioni pacifiche, credibili, libere ed eque nell'agosto 2022” conclude la dichiarazione. Il Gruppo di riferimento per il dialogo è stato costituito nel 2016 per far sì che il dialogo sia il mezzo per affrontare le cause alla base dei conflitti e della violenza in Kenya. “Vogliamo ricordare che i leader religiosi sono stati in prima linea nella difesa dell'unità nazionale e della pace nel Paese” sottolinea la dichiarione Oltre alla Conferenza dei Vescovi Cattolici del Kenya (Kenya Conference of Catholic Bishops), fanno parte del gruppo: Evangelical Alliance of Kenya, Hindu Council of Kenya, National Council of Churches of Kenya, Organisation of African Instituted Churches, Seventh Day Adventist Church Shia Asna Ashri Jamaat. (L.M.) (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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ASIA/MYANMAR - Appello del Cardinale Bo dopo le bombe alla chiesa: è tragedia umanitaria, fermate gli attacchi | |||
Yangon (Agenzia Fides) - “Con immensa sofferenza esprimiamo angoscia per l'attacco a civili innocenti, che hanno cercato rifugio nella chiesa del Sacro Cuore, la notte del 23 maggio”: è quanto afferma il Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon e Presidente della Conferenza episcopale birmana, in un nuovo accorato appello che condanna gli “atti violenti e i bombardamenti continui, con armi pesanti, su un gruppo spaventato di donne e bambini”. Il Cardinale si riferisce ai recenti attacchi di forze militari ai villaggi nell'area di Loikaw, nello stato birmano di Kayah, nel Myanmar orientale, al confine con la Tahilandia. Nel villaggio di Kayanthayar anche la chiesa cattolica del Sacro Cuore è stata sventrata da colpi di mortaio e, tra gli sfollati che vi si erano rifugiati, quattro persone sono morte e molti sono i feriti, tra donne e bambini. L’edificio della chiesa ha subito ingenti danni, “a testimonianza dell'intensità dell'attacco ad un luogo di culto”, che ha costretto gli sfollati a fuggire nella giungla. Ora migliaia di persone sono allo stremo, nota il Porporato, mancando di cibo, acqua, riparo, igiene, medicine. "Tra loro ci sono tanti bambini e anziani, costretti alla fame e senza assistenza medica", nota l'Arcivescovo, che afferma con amarezza: “E' una grande tragedia umanitaria”. L'appello del Cardinale Bo ricorda tutte le convenzioni internazionali sulla tutela di chiese, templi, scuole, ospedali, e luoghi di valore storico-culturale anche durante i conflitti, ma si sofferma soprattutto su un aspetto, quello della guerra civile: “Ricordiamo che il sangue che viene versato non è il sangue di un nemico; quelli che sono morti e quelli che sono stati feriti sono i cittadini di questo paese. Non erano armati; erano dentro la chiesa per proteggere le loro famiglie. Ogni cuore in questo paese piange per la morte di persone innocenti”. Il Cardinale Bo è anche rappresentante dell'organizzazione “Religions for peace”, che unisce leader religiosi di diverse comunità. Tutti costoro rinnovano l'appello per la pacificazione, in un paese che potrebbe ben presto affrontare una nuova ondata di Covid-19. “Il conflitto è un'anomalia crudele in questo momento. La pace è possibile; la pace è l'unica strada”, scrive ancora una volta l’arcivescovo Bo, indicando il criterio per garantire un futuro prospero alla vita sociale, civile e politica in Myanmar. “Preghiamo per la pace in questa grande terra – conclude il messaggio del Cardinale – e speriamo che tutti noi possiamo vivere come fratelli e sorelle in questa grande nazione” I leader religiosi birmani (cristiani, buddisti e di altre religioni) si dicono disponibili a impegnarsi in un forum consultivo sulla pace e la riconciliazione come uno spazio aperto per il dialogo, partendo da “un desiderio di pacificazione e di rispetto per la sacralità della vita umana e dei diritti fondamentali di tutti i cittadini”. (PA) (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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ASIA/MYANMAR - Preghiera interreligiosa nella Chiesa italiana per la pace e la fratellanza | |||
Milano (Agenzia Fides) - Porre fine alla violenza, alla tensione e alla guerra in Myanmar, e pregare perché la popolazione birmana possa tornare a vivere in un clima di pace e di fratellanza: con questo spirito sabato 29 maggio alle ore 12.30, l’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, presiederà un incontro interreligioso di preghiera per il Myanmar, promosso in collaborazione con la Comunità birmana in Italia e il Pontificio Istituto Missioni Estere. Saranno presenti nel Duomo di Milano monaci buddisti e religiose cattoliche di tre istituti femminili birmani che hanno religiose in Italia: le Suore della Riparazione, le Suore di Maria Bambina e le Suore di San Francesco Saverio. "Di fronte alla spirale di violenza che non risparmia nemmeno le chiese, i cristiani reagiscono con la forza della preghiera, della solidarietà e della testimonianza e accolgono come graditi ospiti una comunità di monaci buddisti", spiega in un comunicato inviato a Fides il Vicario episcopale, mons. Luca Bressan. "Cristiani e buddisti insieme - prosegue Bressan - vogliamo essere segno del destino di pace che Dio ha posto come meta del cammino dell’umanità. Con l’Arcivescovo, tutti pregheremo perché dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra e perché la parola che ci fa incontrare sia sempre fratello, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam" Durante l’incontro sono previsti canti in lingua birmana, l’intervento dell’Arcivescovo e la lettura delle parole di suor Ann Rose Na Tawng, la religiosa delle suore di San Francesco Saverio che in due occasioni (il 28 febbraio e l’8 marzo) ha avuto il coraggio di inginocchiarsi davanti ai soldati per chiedere di non sparare sui manifestanti pro democrazia durante le manifestazioni di protesta avviate dopo il colpo di Stato. Quell’immagine ha fatto il giro del mondo ed è diventata il simbolo del difficile momento che sta attraversando il Myanmar. Commenta all'Agenzia Fides padre Maurice Moe Haung, dei Missionari della carità, prete birmano residente in Italia: "È un bellissimo evento, è molto prezioso per noi ed è solo un inizio. Vogliamo dire al mondo che il popolo del Myanmar è unito anche nelle diversità della fede. Con queste iniziative, che speriamo si moltiplicano in Europa e nel mondo, sosteniamo la gente che soffre, che subisce violenza, che vive l'incertezza del proprio domani. Le nostre armi sono le preghiere incessanti. Crediamo fermamente che solo l'amore fraterno è il rispetto reciproco porteranno un futuro migliore in Myanmar". (PA) (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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ASIA/PALESTINA -Dopo i bombardamenti, il Patriarca Pizzaballa lancia una raccolta fondi per la comunità cristiana di Gaza | |||
Gerusalemme (Agenzia Fides) – Una raccolta fondi per venire incontro alle necessità urgenti “dei nostri fratelli e sorelle in Cristo, specialmente a Gaza e nei luoghi gravemente colpiti” durante l’ultimo conflitto armato che per undici giorni ha di nuovo sparso sangue e rovine in Terra Santa. L’iniziativa è stata lanciata ieri, martedì 25 maggio, dall’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme del Latini. In un breve messaggio, diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato, l’Arcivescovo si rivolge in primis ai parroci e ai fedeli di tutte le parrocchie patriarcali, invitandoli a destinare alla comunità cristiana di Gaza tutte le offerte raccolte durante le messe di domenica 30 maggio, solennità della Santissima Trinità. “Vi chiedo - si legge nel messaggio patriarcale - di condividere alcune delle vostre risorse per alleviare le sofferenze dei nostri fedeli cristiani a Gaza”, sofferenze “dopo la guerra di questi ultimi giorni”, mentre nella Striscia si combatte anche la battaglia contro la pandemia da Covid-19, “che continua a diffondersi nella loro zona”. Il Patriarca ringrazia i destinatari dell’appello per la generosità con cui risponderanno alla sua richiesta, ricordando “che nostro Signore ha promesso di restituire il centuplo a chi si sacrifica per gli altri”. Il sito web del Patriarcato latino pubblica anche i numeri di una serie di conti correnti bancari aperti presso banche di Palestina, Israele e Giordania, conti su cui possono essere versate donazioni in denaro destinate alla comunità cristiana di Gaza. Alle ore due di venerdì 21 maggio, dopo 11 giorni di conflitto, Israele e le fazioni armate palestinesi di Hamas e della Jihad islamica hanno accettato il cessate il fuoco. La tregua ha comportato l’interruzione dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza e del lancio di razzi sul territorio israeliano da parte di Hamas. Secondo i dati ufficiali forniti da Hamas – la fazione islamista che controlla la Striscia di Gaza - i raid dell’aviazione israeliana sulla Striscia hanno provocato 227 vittime (di cui 65 bambini, 39 donne) e circa 1.900 feriti. Il lancio di più di 4mila razzi da parte di Hamas ha provocato 12 morti sul territorio israeliano. Lo scorso 14 maggio, il Vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario patriarcale del Patriarcato Latino di Gerusalemme per la Palestina e la Città Santa, aveva confermato all’Agenzia Fides che i bombardamenti della aviazione israeliana sulla Striscia di Gaza avevano colpito anche abitazioni di famiglie cristiane collocate nei pressi della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia, provocando danni anche al converto e all’asilo delle Suore del Rosario. (GV) (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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ASIA/LIBANO - Addio a Krikor Bedros Ghabroyan, Patriarca degli armeni cattolici | |||
Beirut (Agenzia Fides) – La mattina di martedì 25 maggio si è spento per malattia in una clinica di Beirut Krikor Bedros XX Ghabroyan, Patriarca di Cilicia degli armeni cattolici. Nato a Aleppo (allora sotto protettorato francese) il 14 novembre 1934, aveva compiuto gli studi primari presso il convento armeno cattolico di Bzommar (villaggio 36 km a nord-est di Beirut) prima di trasferirsi a Roma, presso il Pontificio Collegio Armeno, dove aveva completato i suoi studi di filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote il 28 marzo 1959, era tornato in Libano dove fino al 1975 aveva ricoperto diversi incarichi presso le istituzioni del Patriarcato armeno cattolico, fino a diventare rettore del Seminario di Bzommar. Nel 1976 era stato nominato a capo dell’esarcato armeno cattolico della Santa Croce a Parigi (divenuto eparchia nel 1986). Aveva ricevuto l’ordinazione episcopale nel febbraio 1977. Dopo trentasei anni spesi nella cura pastorale degli armeni cattolici di Francia, si era ritirato nel febbraio 2013. Il 25 luglio 2015, quando aveva giù raggiunto l’età di 80 anni, il Sinodo della Chiesa armena cattolica lo aveva scelto come 20esimo Patriarca di Cilicia degli armeni cattolici. (Agenzia Fides 26/5/2021) | |||
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AMERICA/PERU’ - I Vescovi: “La Chiesa è stata e sarà sempre al servizio del paese, come sta dimostrando in questo tempo di pandemia” | |||
Lima (Agenzia Fides) – Seguendo la consuetudine, la Conferenza Episcopale Peruviana (CEP) ha invitato ad un “incontro fraterno” i due candidati al ballottaggio per la Presidenza della Repubblica, previsto per il 6 giugno. Lunedì 24 maggio, nella sede della CEP, si è svolto l’incontro con Keiko Fujimori, di Fuerza Popular, mentre l’Episcopato è in attesa di una risposta dall’altro candidato, Pedro Castillo, di Perú Libre, come informa la nota inviata all’Agenzia Fides. Nel contesto della solennità di Pentecoste e in prossimità del secondo turno delle elezioni presidenziali, i Vescovi peruviani hanno inviato una “Lettera al Popolo di Dio” dal titolo “Una buona politica è al servizio della pace” in cui propongono alcune riflessioni per “accompagnare i difficili momenti” che il paese sta vivendo. Articolata in 12 punti, la lettera porta la data del 25 maggio e ricorda innanzitutto che “é un dovere cittadino andare a votare ed esprimere un voto responsabile, pensando al presente e al futuro del paese”. Quindi i Vescovi invocano da Dio il dono della sapienza, per discernere ed eleggere il candidato migliore per la nazione, “per avviarci a superare la crisi sociale, politica, economica, educativa, sanitaria e la corruzione che colpisce tutti, in maniera particolare i più deboli e vulnerabili”. La Chiesa invita a votare “in modo libero e ben informato”. Nel contesto del bicentenario dell’indipendenza nazionale, “queste elezioni devono essere occasione di rafforzare i valori fondamentali della nazione: democrazia, libertà, stato di diritto, indipendenza dei poteri, dignità umana, la vita, la famiglia, la proprietà, il rispetto dei trattati internazionali”. Inoltre attraverso queste elezioni “dobbiamo ribadire i grandi valori etici, morali e religiosi che sorreggono la nostra nazione dai suoi inizi e che costituiscono la grande riserva morale del paese”. Nella Lettera si ricorda poi che la Chiesa ha sempre respinto e condannato il comunismo, in quanto riduce l’essere umano all’ambito economico e restringe le sue libertà fondamerntali, come anche il capitalismo selvaggio, inoltre “condanna il terrorismo, la violenza da qualsiasi parte venga, e ogni attentato contro la vita”. La Chiesa ha come fonte dei suoi insegnamenti il Vangelo, e lo annuncia in comunione con il Magistero pontificio e con il Magistero della Chiesa in America latina e nei Caraibi, “basato sulla dignità umana, il bene comune, l’opzione preferenziale per i poveri, promuovendo una società fraterna, solidale, e una economia inclusiva”. Nel ribadire che “la Chiesa, fedele al Vangelo di Gesù Cristo, è stata e sarà sempre al servizio del paese, come sta dimostrando in questo duro tempo della pandemia”, i Vescovi sottollneano che “la buona politica deve anche occuparsi delle necessità più urgenti, soprattutto dei più poveri e vulnerabili, e seve essere capace di unirci, non di dividerci”. Infine il testo evidenzia che “per rafforzare la democrazia è necessaria “una cittadinanza attiva e vigilante, che sia molto attenta a preservare l’ordine democratico da qualsiasi tentativo di infrangerlo” ed è necessario recuperare la fiducia tra noi, “perchè insieme e con generosità, costruiamo un Perù davvero fraterno, solidale, in pace”. (SL) (Agenzia Fides 26/05/2021) |
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