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giovedì 10 dicembre 2020

Agenzia Fides 10 diember 2020

 

EUROPA/SVIZZERA - "La vita continua e i Cantori della Stella l'accompagnano con amore": videomessaggio di Mons. Alain de Raemy
 
Friburgo (Agenzia Fides) - Il Vescovo ausiliare di Friburgo, Mons. Alain de Raemy, incaricato della pastorale giovanile nella Conferenza episcopale svizzera, ha inviato un videomessaggio ai Cantori della Stella, per incoraggiare i bambini e i loro animatori a intraprendere la loro consueta azione missionaria di questo periodo di Natale nonostante la pandemia. Nel videomessaggio in tedesco, francese e italiano, il Vescovo esorta a seguire le misure di distanziamento sociale e sottolinea l'importanza dell'azione dei Cantori della Stella per i progetti sostenuti.
"La vita continua e voi Cantori della Stella accompagnate questa vita con amore” esorta Mons. Alain de Raemy invitando a trovare nuovi modi per svolgere la loro missione quest’anno e per benedire le persone colpite dalla pandemia. “La stella di Betlemme è l'espressione di questo amore e voi continuate a cantare sotto questa stella” afferma il Vescovo, che rileva anche il difficile contesto in cui si trovano i bambini che beneficiano dei progetti sostenuti dai Cantori della Stella e l'importanza di "continuare la loro missione".
La preoccupazione di adattare l'azione dei Cantori al contesto pandemico è stata portata avanti da diversi mesi dalla responsabile dell’Infanzia Missionaria, Nadia Brügger: "Gli animatori dei gruppi hanno avuto scambi via Zoom per fare proposte compatibili con la situazione. Abbiamo pubblicato una guida per promuovere l'azione dei Cantori durante il coronavirus, nonché un piano B se il porta a porta non si possa svolgere. Infine un tour virtuale dei Cantori della Stella permette di visitare le persone via internet".
"L'azione dei Cantori della Stella porta gioia e speranza, è particolarmente importante quest'anno - sottolinea Nadia Brügger nella nota inviata a Fides -. I bambini dei progetti sostenuti hanno bisogno dei Cantori della Stella più che mai". Infatti i Cantori non solo portano la benedizione di Dio nelle case della loro località nel tempo di Natale, ma raccolgono anche donazioni a favore dei progetti di aiuto ai bambini sostenuti dall’Infanzia Missionaria. (SL) (Agenzia Fides 10/12/2020)
LINK
Il videomessaggio di Mons. Alain de Raemy ai Cantori della Stella -> https://youtu.be/E_FEeTfUKtQ
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AFRICA/ETIOPIA - Almeno 25 missionari Salesiani intrappolati nella guerra nel Tigrai
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - Venticinque missionari salesiani sono bloccati senza comunicazioni nella regione del Tigrai - nel nord dell'Etiopia, al centro dello scontro tra i militari regolari e le milizie del Fronte di liberazione popolare del Tigrai (TPLF). "La situazione è molto tesa, da un momento all'altro può succedere di tutto e non abbiamo informazioni perché tutto è tagliato, sia internet che il telefono", afferma all'Agenzia Fides un Salesiano da Addis Abeba. Il missionario aggiunge che i Salesiani hanno quattro comunità nel Tigrai e che "l'ultimo collegamento con una di queste è stato dieci giorni fa - con le altre non è stato possibile - e ci hanno detto che i beni essenziali cominciavano a scarseggiare, come elettricità, benzina e cibo".
Uno dei missionari di cui non si hanno notizie è lo spagnolo Alfredo Roca, di Barcellona, che ha 87 anni. “È qui da tanti anni, è arrivato negli anni '80. Era già stato durante la guerra contro il governo comunista di Mengistu e nel conflitto contro l'Eritrea, e purtroppo ha molta esperienza in queste situazioni” racconta il missionario con cui ha parlato COPE.
I 25 Salesiani svolgono attività di evangelizzazione ed educazione in quattro comunità a Adrigrat, Adwa, Mekelle e Shire - nella regione del Tigrai -, con scuole, istituti tecnici e centri giovanili dove offrono attività per gli adolescenti più indigenti. Offrono servizio a più di 5.000 bambini e giovani e a migliaia di famiglie. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Un fondo di riserva per la Caritas per sostenere le persone vulnerabili
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Come da tradizione in Costa d'Avorio, ogni anno, la terza domenica di Avvento, la Chiesa locale dedica un'attenzione particolare al suo ramo sociale, la Caritas, attraverso la Giornata Nazionale della Caritas, il cui tema quest'anno è "Spinti dalla carità di Cristo, apriamo il nostro cuore alla miseria dei nostri fratelli e le nostre mani alla condivisione". Quest'anno è la diocesi di San Pedro, nel sud-est del Paese, che è stata scelta per ospitare le celebrazioni ufficiali, domenica 13 dicembre.
In preparazione alla giornata, la Direzione nazionale della Caritas ha deciso di precederla con una settimana di attività, la cui apertura è avvenuta domenica 6 dicembre presso la parrocchia di Saint Pierre d'Anoumabo comune di Marcory nell'arcidiocesi. da Abidjan. L'obiettivo è consentire all'intera comunità dei donatori di prepararsi al meglio.
In apertura della Settimana nazionale della Caritas, P. Jean Pierre Tiémélé, Segretario Esecutivo Nazionale della Caritas Costa d'Avorio ha fornito importanti informazioni contenute nel messaggio consegnato in questa occasione da Sua Ecc. Mons. Bruno Yedo Essoh Vescovo di Bondoukou e Presidente della Commissione episcopale per lo sviluppo umano integrale. Si tratta di istituire un Fondo di riserva della Caritas, per venire incontro alla volontà dei Vescovi ivoriani che desiderano rispondere in modo efficace alle esigenze dei più svantaggiati in ogni circostanza, in particolare durante le grandi crisi.
Ma, “una delle loro strutture, specializzata nella pastorale sociale, la Caritas, non ha risorse stabili e solide”, si legge nel messaggio di Mons. Bruno, da cui l'appello dei Vescovi a sostenere questo progetto di comunione della Chiesa cattolica” Il Fondo di Riserva della Caritas dovrebbe consentire di avviare attività generatrici di reddito per sostenere le persone vulnerabili sia a livello diocesano che a livello nazionale. La Settimana Nazionale della Caritas, il cui epicentro è domenica 13 dicembre, Giornata Nazionale della Caritas, è ricca di numerose attività tra cui incontri e visite ai malati attraverso la Caritas diocesana e parrocchiale. (S.S.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/ZIMBABWE - L'Esortazione apostolica Christus Vivit per i giovani dell’Africa australe
 
Harare (Agenzia Fides) – Come far conoscere e fare propria l'Esortazione Apostolica Christus Vivit ai giovani dell’Africa australe? È quello che si sono chiesti cappellani e leader giovanili della Regione IMBISA (Inter-Regional Meeting of the Bishops of Southern Africa) che hanno tenuto una riunione virtuale per discutere l'accoglienza e l'attuazione dell'Esortazione Christus Vivit nei loro paesi.
I partecipanti hanno condiviso le varie iniziative in corso nei rispettivi paesi per promuovere il documento papale. Rispondendo alla chiamata di Papa Francesco a "discernere i percorsi in cui gli altri vedono muri, a riconoscere il potenziale dove gli altri vedono solo pericoli", i partecipanti hanno condiviso le varie piattaforme che sono state utilizzate per "mantenere viva" la pastorale giovanile durante la pandemia Covid-19 attraverso l'uso di piattaforme di social media come YouTube, Facebook, Whatsapp e Twitter.
I partecipanti alle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù di Panama 2019 si sono lamentati della mancanza di condivisione nel pellegrinaggio, a causa della barriera linguistica: l'evento era principalmente in spagnolo e non includeva altre lingue, mentre la maggior parte dei volontari non parlava inglese, per cui alcuni iscritti hanno svolto attività diverse rispetto a quelle previste per il pellegrinaggio. Altri problemi segnalati sono stati i costi troppo alti rispetto all'Europa, la scarsità dei collegamenti aerei che hanno costretto i pellegrini a prendere diversi voli di collegamento che hanno comportato ritardi e altri disagi.
Nonostante queste sfide, ai giovani “piace fare viaggi, scoprire nuovi luoghi e persone, fare nuove esperienze” (Papa Francesco). Per questo motivo i giovani della regione IMBISA sono incoraggiati a partecipare al prossimo pellegrinaggio intercontinentale in Portogallo 2023, ponendo l'accento sulla corretta pianificazione, valutazione e preparazione spirituale per i potenziali partecipanti.
Sottolineando che la solidarietà e la cooperazione regionale sono vitali, i partecipanti hanno discusso e concordato sulla necessità di creare piattaforme di condivisione delle informazioni per i giovani della regione; intensificare i rapporti di lavoro a livello diocesano, congressuale e regionale; creare un gruppo di lavoro IMBISA per i giovani.
È stato deciso di creare un cammino per i giovani IMBISA basato sulla Christus Vivit per giugno 2021, organizzato e facilitato dal Segretariato IMBISA. Tra i partecipanti erano presenti cappellani della gioventù e dirigenti giovanili di Eswatini, Lesotho, Sao Tomé, Sudafrica e Zimbabwe. Aderiscono all’IMBISA le Conferenze Episcopali di Angola, Botswana, Eswatini, Lesotho, Mozambico, Namibia, São Tomé e Príncipe, Sudafrica e Zimbabwe. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Nella Giornata dei diritti umani, il presidente Widodo solleva il nodo della libertà di culto
 
Jakarta (Agenzia Fies) - Ci sono ancora molti problemi legati ai diritti umani in Indonesia, uno di questi è la questione della libertà di culto. Tutte le forze sociali della nazione hanno il compito di affrontare in modo congiunto la questione: è quanto ha affermato il Presidente indonesiano Joko Widodo in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, che si celebra oggi, 10 dicembre. Come appreso dall'Agenzia Fides, Widodo nel discorso commemorativo della Giornata, ha detto: "Ci sono ancora problemi di libertà di culto in diversi luoghi della nazione. Per questo, chiedo che i funzionari del governo centrale e regionale siano attivi e reattivi per affrontarli pacificamente e saggiamente".
Widodo ha confermato che il governo assume lo stesso impegno in quanto "la protezione e il rispetto dei diritti umani sono pilastri importanti affinché l'Indonesia diventi una nazione più civile, resiliente e progredita". Per questo motivo, ha rimarcato, il governo promuove sforzi per sostenere i diritti umani: ad esempio, costruisce infrastrutture, promuove attività educative e iniziative di carattere socio-economico, soprattutto nelle aree remote e nelle isole periferiche, senza trascurare le persone più deboli o vulnerabili. "Prestiamo anche particolare attenzione ai nostri fratelli e sorelle con disabilità. Abbiamo formato una Commissione nazionale sulle disabilità e siamo orientati a un approccio che tuteli i diritti umani a tutti i livelli" ha detto il Presidente.
"Il governo - ha aggiunto - non ha mai smesso di affrontare le sfide legate al rispetto dei diritti umani con saggezza e dignità. Dobbiamo lavorare insieme, dedicando le nostre energie al progresso della nazione", ha affermato, illustrando lo speciale Piano d'azione nazionale per i diritti umani 2020-2025. Adottato dall'esecutivo, il Piano punta, tra l'altro, a promuovere la libertà di culto e a combattere l'intolleranza e l'estremismo religioso.
Il Presidente, come ha fatto già diverse volte in passato, ha rimarcato il valore della libertà di religione e di culto per ogni cittadino indonesiano, secondo la filosofia della "Pancasila", la Carta dei cinque principi che è alla base della nazione.
A conclusione del suo intervento per la Giornata dei diritti umani, Widodo ha esortato tutti i cittadini indonesiani a "giocare un ruolo attivo nel rispetto dei diritti delle altre persone, aumentando il rispetto, la protezione e l'adempimento dei diritti umani in Indonesia". L'Indonesia è un paese con 270 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali sono musulmani. Ci sono 24 milioni di cristiani nel Paese, e tra loro 7 milioni sono cattolici.
(ES-PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDIA - "Un anno negativo per i diritti umani in India": l'analisi di un Gesuita
 
New Delhi (Agenzia Fides) - "Il 2020, segnato dalla pandemia di Covid-19, è stato un anno particolarmente negativo per i diritti umani in India: in modo sistematico e brutale, i diritti legittimi delle persone sono stati repressi e negati. Le vittime principali sono i poveri e gli emarginati; gli adivasi e i dalit; donne e bambini; i lavoratori vulnerabili. In aggiunta, i difensori dei diritti umani che hanno criticato il governo, invocando la difesa della Costituzione e della democrazia, sono stati destinatari di provvedimenti che hanno il sapore della vendetta": lo dice all'Agenzia Fides il Gesuita p. Cedrik Prakash, impegnato per la promozione dei diritti umani e l'integrazione sociale in India. Padre Parakas sollecita un pieno e assoluto impegno del governo, di tute le forze sociali e religiose per la tutela dei diritti umani in India.
Il religioso ricorda, tra le recenti iniziative che confermano la situazione piuttosto critica, che il 26 novembre scorso oltre 250 milioni di persone in India hanno scioperato per protestare contro le politiche del governo nocive ai diritti degli agricoltori e dei lavoratori. "I contadini - nota il Gesuita - sono sul piede di guerra perché vedono negati i loro diritti. Non vogliono essere trattati con disprezzo o come 'una banca dei voti' , e chiedono la revoca di tre provvedimenti approvati dal governo".
Un'altra categoria debole è calpestata quella dei migranti e degli sfollati interni: "Abbiamo visto, nel marzo scorso, quando è stato annunciato il primo lockdown per la pandemia, milioni di migranti che sono rimasti bloccati senza cibo, denaro e alloggio”. “Ai lavoratori - prosegue padre Prakash - vengono negati i loro diritti: la classe operaia ha sofferto tremendamente durante la pandemia e molti lavoratori, alla mercé del loro datore di lavoro, hanno dovuto sopportare carichi superiori di lavoro ma con salari ridotti”.
Il Gesuita cita poi gli "adivasi", ovvero le popolazioni tribali, “delegittimati e abusati in quanto le aree in cui hanno abitato per secoli sono destinate all'industrializzazione, all'estrazione mineraria, alle cosiddette opere di "sviluppo" e ad altri mega-progetti. Oltre due milioni di loro, e altri abitanti delle foreste, rimangono a rischio di sfollamento forzato” nota.
Nell’intervento del religioso si parla poi della sofferente condizione delle minoranze religiose: "Musulmani e cristiani sono destinatari di velenosi discorsi di odio, denigrazione costante e persino aggressioni fisiche”, afferma, toccando un altro dei diritti umani fondamentali, la libertà religiosa.
Un altro punto è poi quello dedicato ai diritti ambientali che, come spiega l'enciclica “Laudato si’”, sono strettamente collegati ai diritti delle persone: “L'ambiente viene distrutto con la crescita delle industrie inquinanti senza le necessarie salvaguardie ambientali a causa dell'insensibilità e della corruzione” rimarca.
Il quadro risulta particolarmente allarmante perché, osserva p. Prakash, "questo governo non ammette dissenso e viola sistematicamente le prerogative dei difensori dei diritti umani e delle ONG, danneggiando una dimensione essenziale della democrazia”, come ha rilevato anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Emblematico risulta il caso del Gesuita padre Stan Swamy (vedi Fides 9/10 e 20/20/2020) e di altri quindici attivisti, ora in prigione ai sensi del draconiano "Unlawful Activities Prevention Act" , in base al quale sono accusati di complicità con gruppi terroristi o sovversivi.
(PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/IRAQ - Patriarca caldeo Sako ai cristiani iracheni: la visita del Papa sia per noi un “ritorno alle sorgenti” della nostra vocazione missionaria
 
Baghdad (Agenzia Fides) – L’annunciata visita apostolica di Papa Francesco in Iraq sarà per i cristiani iracheni e di tutto il Medio Oriente una occasione provvidenziale per compiere un “pellegrinaggio” di conversione e un “ritorno alle nostre prime sorgenti”, per annunciare con più entusiasmo la salvezza promessa nel Vangelo, a vantaggio di tutti. Per questo tutti devono vigilare affinché questa circostanza propizia non passi “senza lasciare un segno in noi, nella nostra Chiesa e nel nostro Paese”. Lo scrive il Cardinale Louis Raphael Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, in un messaggio rivolto “ai cristiani e a tutti gli iracheni” in vista della visita che Papa Francesco ha intenzione di compiere in Iraq dal 5 all’8 marzo 2021 (vedi Fides 7/12/2020).
Il messaggio del Patriarca caldeo, pervenuto anche all’Agenzia Fides, contiene suggerimenti preziosi per vivere la visita del Papa in modo che “la Chiesa torni con più entusiasmo alla radicalità spirituale evangelica, e più vicina al popolo, servendolo con generosità e gioia con ogni mezzo, sull’esempio dei nostri Padri, dei nostri santi, e dei nostri martiri”. Il Cardinale Sako riconosce che “la nostra Chiesa caldea e le altre Chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente vivono pressioni e sfide diverse, politiche, economiche e sociali, a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus”.
Le tribolazioni e i problemi affrontati – prende atto il Patriarca caldeo – hanno rattristato il cuore e annebbiato lo sguardo di tanti. Ma anche in tale situazione – rimarca il Cardinale Sako – invece di ripiegarsi nel vittimismo e nella lamentela, conviene approfittare di tutto ciò che favorisce il “ritorno alle sorgenti” della propria fede. Solo “attingendo alle fonti, e non ai rivoli” confessa il Patriarca – si può riscoprire che “la nostra esistenza come cristiani in Iraq e nell’Oriente non è un caso”, e non ha come destino fatale l’esodo dell’emigrazione, ma si realizza nella storia “secondo un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà. Come pastori, dobbiamo continuamente capire la situazione presente, con mentalità aperta”.
Annunciare il Vangelo, dare ragione della propria speranza nelle circostanze del tempo presente e “rimanendo ancorati nella nostra autenticità orientale”, è la missione propria a cui sono chiamati i cristiani in Medio Oriente. Il Patriarca Sako riconosce che chi abbraccia questa vocazione può anche essere condotto a cambiare i modi e le strade utilizzati per condividere l’annuncio della salvezza: “Vivendo nel XXI secolo” si legge nel messaggio del Cardinale Sako, "dobbiamo capire l’importanza di rivedere e cambiare il modo della nostra riflessione teologica e spirituale, liturgica e pastorale, ecumenica e pedagogica, e anche il nostro comportamento come credenti, come servi consacrati chiamati dal Signore per pascere il suo gregge in modo armonico, lontano dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio”.
Questo orizzonte missionario, secondo il Patriarca Sako, è l’unica cornice adeguata in cui vanno collocate le domande sul presente e sul futuro delle comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, compresa la tentazione all’esodo e la ricerca delle ragioni e della forza per rimanere: “Questa” si legge nel messaggio patriarcale “è la nostra terra, non possiamo rinunciarvi, né immaginarla senza i suoi cristiani”. E i cristiani del Medio Oriente possono “rimanere” nelle terre dei loro padri solo riscoprendo anche la propria comunanza di destino con i loro connazionali, senza separare la propria strada dal comune cammino per la riconciliazione e la cura di ferite condivise.
Quella che sta a cuore al Patriarca Sako è la Chiesa “del dialogo ecumenico con le Chiese sorelle”, la “Chiesa della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam”. La Chiesa “che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia”. Anche nel Medio Oriente martoriato dei nostri tempi – conclude il Patriarca caldeo Sako nel suo messaggio – i cristiani possono restare “come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza”. (GV) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AMERICA/HONDURAS - Gli Stati Uniti prolungano fino ad ottobre il TPS: un aiuto alla ricostruzione dopo pandemia e uragani
 
Tegucigalpa (Agenzia Fides) – Il Presidente dell'Honduras, Juan Orlando Hernández, ha annunciato lunedì 7 dicembre che lo stato di protezione temporanea, noto come TPS (Temporary Protected Status), sarà esteso ai cittadini honduregni presenti negli Stati Uniti. Il TPS è una forma di aiuto umanitario concesso dagli Stati Uniti. "Durante il nostro incontro con il segretario ad interim del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, ci è stato detto che il TPS, che doveva terminare a gennaio, sarà prolungato" ha riferito Hernández.
Il ministro degli Esteri dell'Honduras, Lisandro Rosales, ha presentato la richiesta di persona, all'attuale direttore del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, nell'ambito di una visita guidata dal presidente Juan Orlando Hernández, che dal 3 dicembre è a Washington.
La motivazione della richiesta è stata che questa decisione degli Stati Uniti "aiuterà ad affrontare l'enorme sfida della ricostruzione sociale ed economica sostenibile, della post-pandemia e della distruzione che Eta e Iota hanno lasciato in Honduras". L'Honduras sostiene che i suoi cittadini inviano una media di 5 miliardi di dollari all'anno ai loro parenti, il che rappresenta un forte movimento nell'economia del paese.
Domenica scorsa, 6 dicembre, il Cardinale Óscar Andrés Rodríguez si era espresso riguardo alla ricostruzione del paese dopo gli uragani: "La ricostruzione dell'Honduras non sarà fatta da maghi o con il denaro che scorre da altri paesi, si tratterà di usare bene ciò che abbiamo e di non continuare a cedere alla tentazione di sfruttare chi ha meno, per alzare i prezzi". "È un momento difficile e desolato per il nostro povero Honduras" ha lamentato il Cardinale Arcivescovo di Tegucigalpa durante l'omelia domenicale, invitando a preparare la via del Signore che viene.
Un post sul sito web US Citizenship and Immigration Services (USCIS) ha confermato che il TPS per Honduras, El Salvador, Haiti, Nepal, Nicaragua e Sudan durerà fino all'ottobre 2021. Il TPS protegge le persone che andrebbero incontro a difficoltà estreme se costrette a tornare nei loro paesi di origine, devastati da conflitti armati o disastri naturali. La protezione riguarda le persone che sono già negli Stati Uniti. Il TPS per l'Honduras e per il Nicaragua è stato concesso per la prima volta dopo che l'uragano Mitch aveva colpito l'America centrale nel 1998. Alcuni beneficiari del programma vivono negli Stati Uniti da decenni.
(CE) (Agenzia Fides 10/12/2020)

martedì 1 dicembre 2020

Agenzia Fides 1 dicembre 2020

 

AFRICA/ETIOPIA - La Chiesa continua a pregare per la pace mentre rimane incerta la situazione nel Tigrai
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) – Mentre il governo di Addis Abeba afferma di avere catturato la capitale regionale del Tigrai. Mekelle nel fine settimana, dichiarando la vittoria sul Fronte di liberazione popolare del Tigrai (TPLF), il leader tigrino Debretsion Gebremichael ha negato di essere fuggito in Sud Sudan e ha detto che le sue forze hanno catturato alcuni soldati della confinante Eritrea nei pressi Wukro, a circa 50 km (30 miglia) a nord di Mekelle, lasciando intendere che il conflitto non è finito e anzi rischia di estendersi ad altri Paesi.
Nel frattempo i cattolici in Etiopia continuano a pregare per la pace nel loro Paese. Con l'intensificarsi dei combattimenti, Sua Eminenza il Cardinale Berhaneyesus Souraphiel, Arcivescovo di Addis Abeba, ha sottolineato l'importanza di assistere i fratelli in un momento in cui il Paese è “sotto tensione”. Rivolgendosi ai funzionari della Commissione apostolica della Chiesa cattolica etiope, il Cardinale ha ricordato loro che la Chiesa era con loro in tutte le aree del Paese anche se la diocesi di Adigrat nella città di Mekelle non ha potuto partecipare.
All’inizio di novembre i Vescovi cattolici dell'Etiopia hanno chiesto la fine delle violenze e l'avvio di un dialogo pacifico nella regione del Tigrai (vedi Fides 6/11/2020).
Papa Francesco ha di recente invitato le parti a cessare i combattimenti. “Il Santo Padre segue le notizie che giungono dall’Etiopia, dove da alcune settimane è in corso uno scontro militare, che interessa la Regione del Tigrai e le zone circostanti. A causa delle violenze, centinaia di civili sono morti e decine di migliaia di persone sono costrette a fuggire dalle proprie case verso il Sudan" aveva riferito una dichiarazione del direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni.
Il portavoce dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Babar Baloch, ha avvertito il 17 novembre che "una crisi umanitaria su vasta scala si sta svolgendo mentre migliaia di rifugiati fuggono ogni giorno dai combattimenti in corso nella regione del Tigrai in Etiopia per cercare sicurezza nel Sudan orientale".
Baloch ha detto che le Nazioni Unite erano anche in trattative con le autorità federali e regionali per ottenere l'accesso umanitario alla regione del Tigrai. Secondo le Nazioni Unite, circa 40.000 rifugiati sono passati dall'Etiopia al Sudan. (L.M.) (Agenzia Fides 1/12/2020)

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AFRICA/CENTRAFRICA - Il Cardinale Nzapalainga ricorda l’imam Kobine Lamaya, “operatore di pace”
 
Bangui (Agenzia Fides) - "È un baobab che è caduto, perché quest'uomo è stato uno studioso, un uomo di saggezza, che ha saputo raccogliere, che aveva in bocca la parola dell'unità, che aveva rispetto e stima per l' altro”. Così Sua Eminenza il Cardinale Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, ha reso omaggio all’imam, Omar Kobine Lamaya, Presidente del Consiglio Islamico Superiore della Repubblica Centrafricana, morto a Bangui il 28 novembre all'età di 66 anni.
Rispettato da tutti, l’imam è stato uno dei fondatori della Piattaforma delle Confessioni Religiose della Repubblica Centrafricana (PCRC), che dal 2012 riunisce chiese cattoliche e protestanti, nonché la comunità musulmana da lui rappresentata. Il PCRC è stata un'importante organizzazione di mediazione nella guerra civile che ha sconvolto il Paese nel 2013. L'organizzazione ha anche ricevuto il Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 2015 in omaggio al suo lavoro per la pace.
“Abbiamo lottato insieme per preservare l’unità invitato al rispetto e alla stima dell’altro” - ricorda il Cardinale che ha definito l’imam scomparso “il mio fratello maggiore”.
Tra le recenti iniziative promosse dall’iman scomparso insieme agli altri leader religiosi ricordiamo la Partnership interconfessionale per il consolidamento della pace nella Repubblica Centrafricana (CIPP, vedi Fides 16/5/2016).), un progetto comune finanziato da un gruppo di ONG cristiane e islamiche per sostenere il processo di pacificazione nel Paese africano che sta compiendo importanti progressi per uscire dalla guerra civile, promosso dalla piattaforma interreligiosa per la pace del Centrafrica. (L.M.) (Fides 1/12/2020).
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ASIA/INDONESIA - I Vescovi indonesiani: urge sradicare il terrorismo e fare giustizia, per la prosperità dell'Indonesia
 
Jakarta (Agenzia Fides) - "Gli atti sanguinosi e violenti avvenuti a Poso sono al di là della nostra umanità e civiltà, sono totalmente contrari ai valori dell'umanità e agli insegnamenti religiosi". Con queste parole i Vescovi cattolici indonesiani stigmatizzano la recente strage di Sigi, nei pressi di Poso, dove quattro fedeli cristiani dell'Esercito della Salvezza sono stati uccisi da un commando terrorista del Mujahidin Indonesia Timur (MIT).
In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, e pubblicato ieri, 30 novembre, i Vescovi e tutti i fedeli cattolici dell'arcipelago "esprimono profondo cordoglio alle famiglia delle vittime" e "condannano fermamente la brutalità avvenuta a Sigi che ha causato la morte di 4 persone la distruzione di diverse case e di un'aula liturgica".
Nel testo, firmato da Mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, Arcivescovo di Jakarta e Presidente della Conferenza Episcopale cattolica, i Vescovi ribadiscono di "sostenere fermamente il governo locale e federale, per affrontare con misure adeguate la lotta al terrorismo, fare giustizia e garantire la sicurezza sociale dei cittadini".
L'Episcopato indonesiano chiede con fermezza che sia "debellato il gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur fino alle sue radici in tutta la nazione", per garantire giustizia e preservare l'unità e la prosperità dell'Indonesia, in tute le sue pluralistiche componenti religiose.
La Chiesa cattolica in Indonesia, nel confermare il pieno sostegno alle istituzioni e alle forze dell'ordine, nella lotta al terrorismo e ogni forma di violenza e odio religioso, "incoraggia vivamente tutte le parti sociali a intessere buoni rapporti interreligiosi e a coltivare il dialogo, la convivenza e l'armonia", tratti tipici della cultura del popolo indonesiano, nel rispetto del motto nazionale "unità nella diversità".
La comunità cattolica in tutta l'Indonesia assicura preghiera e profonda solidarietà alle comunità colpite dal terrorismo e, nel tempo di Avvento, intensifica la preghiera per la pace a Cristo Gesù, principe della pace.
(PA) (Agenzia Fides 1/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Strage di Sulawesi, i cattolici: "No" al terrorismo e all'odio religioso
 
Poso (Agenzia Fides) - "Bisogna salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. Condanniamo ogni atto di terrore e fondamentalismo religioso, corruzione e distruzione dell'ambiente": è quanto affermano le organizzazioni cattoliche indonesiane all'indomani della strage di Poso, sull'isola indonesiana di Sulawesi, dove il 27 novembre sono stati uccisi quattro cristiani dell'Esercito della Salvezza, membri della medesima famiglia. Una vittima è stata giustiziata per decapitazione e le altre sono state uccise a colpi di arma da fuoco, poi i loro corpi sono stati dati alle fiamme. I quattro contadini cristiani sono stati avvicinati da un commando del gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur (Mujahidin dell'Indonesia orientale, MIT). Il leader del gruppo terroristico Ali Kaliora ha ordinato alle quattro vittime di inginocchiarsi: improvvisamente le hanno giustiziate e poi hanno bruciato i loro corpi insieme a una chiesa e a diverse altre case.
L'Organizzazione delle Donne cattoliche Indonesiane (WKRI), l'Associazione degli Intellettuali Cattolici (ISKA) e l'organizzazione della Gioventù cattolica hanno espresso sgomento e preoccupazione per l'incidente, chiedendo alle istituzioni di intervenire con prontezza per salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. I gruppi cattolici hanno condannato fermamente "gli atti brutali che colpiscono la vita umana e offuscano la coscienza della nazione", afferma una dichiarazione pervenuta all'Agenzia Fides.
"Chiediamo all'intera società indonesiana di avere il coraggio di fermare tali atti violenti e promuovere l'unità. Dobbiamo prendere parte attiva nello spezzare la catena della violenza e dell'intolleranza", ha asserito Karolin Margret Natasa, presidente della Gioventù cattolica.
L'attacco terroristico a Sulawesi ha scosso la nazione, provocando nella società civile un'ampia reazione di organizzazioni religiose di diverse fedi e una ferma condanna da parte dei leader politici. Il presidente dell'Indonesia, Joko Widodo, ha inviato un messaggio alla nazione ammonendo: "Non esiste alcun posto nel suolo indonesiano per atti terroristici". Il presidente ha annunciato di aver dato ordine diretto alle forze di polizia di effettuare un'operazione di caccia all'uomo per rintracciare gli autori della strage . "Questi brutali atti di terrore sono al di là della nostra umanità e civiltà", ha detto il presidente, annunciando aiuti finanziari alla famiglia delle vittime. Tali atti "intendono provocare terrore e distruggere l'unità nazionale. Ecco perché auspichiamo di restare uniti come nazione per smantellare questi gruppi terroristici".
Poso, nella provincia delle Sulawesi centrali, ha assistito a molte sanguinose violenze inter comunitarie tra il 1999 e il 2001, tra cristiani protestanti e gruppi radicali musulmani. Il conflitto si è ampliato quando ex combattenti jihadisti indonesiani delle Filippine e dell'Iraq si sono uniti ai musulmani locali per fare la guerra contro i cristiani. A dicembre 2001, una tregua è stata firmata dalle parti in guerra attraverso l'Accordo di pace di Malino.
Gli attentati terroristici sono continuati fino ad oggi, poiché alcuni ex combattenti riunitisi nel gruppo Mujahidin Indonesia Timur sono ancora in azione . Nel 2016 è stata creata nelle forse dell'ordine la "Tinombala Task Force", che ha dato la caccia ai jihadisti uccidendone il leader Santoso, detto Abu Wardah. Gli è succeduto al vertice dell'organizzazione Ali Kaliora che continua a promuovere atti di terrore come quello recente di Poso.
(MH-PA) (Agenzia Fides 1/12/2020)
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ASIA/TURCHIA - Patriarca Bartolomeo: l’unità dei cristiani non è “utopia ecumenicista”, ma volontà di Cristo stesso
 
Istanbul (Agenzia Fides) – Il cammino verso la piena unità dei cristiani non si è fermato, e può proseguire con tenacia, realismo e “piena fiducia nella provvidenza”, proprio perché non si fonda su una sterile “utopia ecumenicista” e non esprime alcun “minimalismo teologico”, ma rappresenta “il volere di Nostro Signore”. E’ un messaggio realista e pieno di fiducia sulla testimonianza che i cristiani uniti possono dare nel tempo presente quello espresso dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in occasione della festa patronale dell’apostolo Andrea, celebrata ieri, 30 novembre, nella sede patriarcale del Fanar. Nel suo intervento, pronunciato alla fine della divina liturgia, il Patriarca ecumenico ha rivolto parole di ringraziamento per la delegazione vaticana guidata dal Cardinale Kurt Koch (Prefetto del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani), giunta a a Istanbul per prendere parte alle celebrazioni patronali in onore di Sant’Andrea, nonostante le difficoltà di spostamento dovute alla pandemia. Il Patriarca ha sottolineato che proprio nel 2020 cadono i quarant’anni dall’inizio del dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, inaugurato nel 1980 con l’incontro a Patmos e Rodi, avendo fin dall’inizio come scopo dichiarato “il ristabilimento della piena comunione”, basata “sull’unità di fede secondo l’esperienza comune e la tradizione della Chiesa primitiva”, che “troverà la sua piena espressione nella comune celebrazione dell’Eucaristia”.
L’unità dei cristiani – ha proseguito il Patriarca nel suo intervento – è chiamata anche in questo tempo a diventare dono fecondo per tutto il genere umano, offrendo solidarietà a tutti anche nell’affronto delle emergenze sociali e morali che assediano il mondo. Secondo il Patriarca,il degradare del pluralismo in nichilismo e indifferentismo, che minaccia la tenuta delle società, “non può portare e alla rottura dell'identità e della dimensione cristiana nella vita ecclesiale”. Non è possibile per la Chiesa di Cristo “adattare i principi morali e antropologici divini delle ‘scelte alternative’ della moderna civiltà secolarizzata”. La vita della Chiesa stessa, SECONDO IL Patriarca Bartolomeo, “ è una risposta indistruttibile alle domande dell'antropologia e della morale”. E il crescere di differenze nel terreno dell’antropologia e della morale “rende difficile il progresso dei dialoghi tra cristiani”. Per questo, secondo il Patriarca, in questa fase storica “la formulazione di un'antropologia cristiana comunemente accettata e il rispetto pratico dei suoi principi saranno un importante sostegno al corso delle relazioni tra le nostre Chiese”. A questo riguardo, il Patriarca Bartolomeo, nel suo intervento, ha confermato in più passaggi la fraterna sintonia con cui condivide le premure pastorali di Papa Francesco, citando esplicitamente la recente Enciclica papale “Fratelli Tutti”: "Sosteniamo l'iniziativa” ha detto il Patriarca ecumenico “che promuove la pace e il cambiamento. Esprimiamo il messaggio filantropico della Chiesa promuovendo la fratellanza e la solidarietà, la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani. Siamo coinvolti nello sforzo di affrontare le cause e le conseguenze della grande crisi contemporanea dei rifugiati e dell'immigrazione. Siamo sconvolti dai tragici episodi di violenza in nome di Dio e della religione. Ciò rivela ancora una volta il valore del dialogo interreligioso, della pace e della cooperazione tra religioni”.
Alla liturgia in onore dell’Apostolo Andrea ha preso parte anche una delegazione proveniente dall’Ucraina, guidata dal Primo Ministro Denys Shmyhal. Salutando la delegazione ucraina, il Patriarca Bartolomeo ha confermato l’intenzione di visitare l’Ucraina nel 2021, nel trentennale dell’indipendenza del Paese. (GV) (Agenzia Fides 1/12/2020).
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AMERICA/HAITI - Tre giorni di preghiera e digiuno in tutte le diocesi: “Diamo una possibilità ad Haiti!”
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – "Preghiera, digiuno e intercessione per la conversione e per la liberazione del paese" è quanto chiedono i Vescovi di Haiti ai fedeli, dal 5 al 7 dicembre, nelle parrocchie delle dieci diocesi del paese. In un messaggio a conclusione dell’Assemblea plenaria e in vista del Natale, con il titolo: "Non lasciatevi rubare la vostra speranza" (Papa Francesco), la Conferenza Episcopale di Haiti ha espresso preoccupazione sulla realtà di violenza e ha denunciato situazioni che devono cambiare.
"Oggi la nostra cara Haiti ha più che mai bisogno di salvezza, redenzione, pace, trasformazione profonda: trasformazione delle mentalità, delle strutture, del modo di governare e di fare politica. Da luglio 2018 non abbiamo mai smesso di chiedere ai protagonisti di tutti i settori della vita nazionale di unirsi. Durante questo anno 2020 abbiamo anche denunciato gli abusi dell'Esecutivo che, attraverso alcuni decreti, destano crescente preoccupazione" (vedi Fides 7/7/2020).
Il testo continua: "Siamo profondamente colpiti ed esprimiamo il nostro dolore e sgomento per il peggioramento della situazione nel paese, che sta sprofondando sempre più nella violenza, nella miseria e nell'insalubrità. Oggi assistiamo ad un avvelenamento della vita sociale a causa di una proliferazione di atti di rapimento, banditismo, stupro, omicidio e barbarie che seminano terrore, morte e lutto, inducendo le persone ad abbandonare le loro case”.
“Piangiamo e ripetiamo con tutte le nostre forze, con tutto il popolo haitiano esasperato ed esausto: No al caos! No alla violenza, no all'insicurezza, no alla miseria, ne abbiamo abbastanza! Il popolo haitiano è stufo! Quando è troppo è troppo! Quanto a voi che commettete tali atti, come a coloro che vi sostengono, chiediamo, in nome del Dio della vita: fermatevi! Le vostre azioni sono condannate da tutto il popolo haitiano, non vi porteranno da nessuna parte" si legge nel messaggio della CEH.
I Vescovi propongono una soluzione a tale grave situazione: "Abbiamo bisogno di un accordo nazionale interhaitiano per ricostruire la nazione. Dobbiamo trovare insieme la formula per tesserlo. Incoraggiamo le iniziative nazionali che vogliono unire le forze del Paese al fine di raggiungere un consenso per rimettere in piedi le istituzioni e ripristinare la fiducia del popolo…Perché la soluzione è nella speranza che attiva il consenso per un'amicizia sociale e una nuova cultura" affermano i Vescovi nel documento.
"Il paese non cambierà finché la mente e il cuore non cambieranno": ecco perché invitano ai tre giorni di preghiera e digiuno. Alla fine lanciano un appello: "Il Natale è la festa dell'Amore, la festa della Fraternità, la festa della Pace. Questa pace, cerchiamola insieme. Diamo una possibilità ad Haiti! Risparmiamo ulteriore sofferenza all'amato popolo haitiano. Bandite la violenza per sempre! Mettiamo definitivamente fine all'insicurezza e all'impunità!"
(CE) (Agenzia Fides 01/12/2020)
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AMERICA/ARGENTINA - La Caritas: no alla legge sull’aborto, proteggiamo la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili
 
Buenos Aires (Agenzia Fides) - "La pandemia che ancora soffriamo ha dato la priorità all'assistenza sanitaria di tutti gli abitanti dell'Argentina, come in ogni paese. La Caritas ha raddoppiato i suoi sforzi per soddisfare i bisogni fondamentali dei nostri fratelli. Ci ha sorpreso e ha causato grande dolore il fatto che ora siamo alle porte della discussione di una legge per legalizzare l'aborto, un disegno di legge che due anni fa non è stato approvato”. Lo afferma Mons. Carlos Tissera, Vescovo di Quilmes, Presidente di Caritas Argentina, in una nota pervenuta a Fides in cui esprime il rifiuto del progetto di legalizzazione dell'aborto e invita gli argentini a "proteggere la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili, fin dal loro concepimento".
Mons. Tissera prosegue: “La nostra missione come Caritas è quella di accogliere la vita come viene e di accompagnare le famiglie, aiutando le madri, i padri e i figli nelle loro necessità e proteggerli nelle loro fragilità, non solo cercando di includerli nella vita sociale, ma promuovendoli per integrarli, in modo che non siano solo beneficiari di programmi sociali, ma siano protagonisti di un progetto di paese per tutti gli argentini".
La Caritas accompagna le madri che affrontano gravidanze indesiderate, qualunque strada abbiano percorso, prosegue la nota. È difficile capire come i legislatori possano votare una legge con cui lo Stato toglie il principale diritto umano della vita ad alcune persone, che sono anche indifese. “Legalizzare l'aborto sarebbe una brutale battuta d'arresto come società umana, assimilabile all'eliminazione di altre vite nate e che a causa del loro status di povertà possono infastidire in modo particolare alcuni”.
“Se ci causa dolore una possibile legge sull'aborto - conclude mons. Tissera -, lo stesso dolore ci provoca vedere cristiani che difendono la vita non ancora nata e dimenticano la vita già nata; disonorando la dignità dei poveri sostenendo leggi di spogliamento dei diritti acquisiti; o coloro che lottano rumorosamente contro l'aborto e non muovono un dito per stare accanto alle madri che vivono la gravidanza in situazioni di povertà, scarto o sfruttamento".
Attraverso una recente lettera a Papa Francesco, un gruppo di donne dei villaggi e dei quartieri popolari ha espresso il suo sentimento: "ci sentiamo preda di una situazione in cui la nostra famiglia, le nostre figlie adolescenti e le generazioni future, stanno crescendo con l'idea che le nostre vite sono indesiderate e che non abbiano il diritto di avere figli perché sono povere". Di fronte all'imminente dibattito sull'aborto, Caritas Argentina vuole amplificare queste voci, come una delle istituzioni che lavorano quotidianamente per trasformare la vita delle famiglie e delle comunità vulnerabili in ogni angolo del paese. (SL) (Agenzia Fides 1/12/2020)

venerdì 27 novembre 2020

Agenzia Fides 26 novembre 2020

 

AFRICA/ETIOPIA - Assalto alla capitale del Tigrai; la testimonianza di un’italiana rimpatriata: “bombardati obiettivi civili”
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) – Da giorni, le truppe federali etiopi stanno combattendo contro le milizie del Fronte di Liberazione Popolare del Tigrai (TPLF) alla periferia di Macallè (Mekele), la capitale della provincia del Tigrai. Ieri, 26 novembre, il Presidente Abiy Ahmed ha ordinato l’offensiva finale contro la città di mezzo milione di abitanti (vedi Fides 26/11/2020).
Lo scontro è molto duro. La battaglia si è accesa soprattutto nei pressi di Wukro, una località non lontana dalla capitale del Tigrai. I federali non sono riusciti a sfondare perché la resistenza dei miliziani è stata molto tenace. Il rischio è che l’offensiva riprenda con forza dopo l'ordine di attacco del premier etiope Abiy Ahmed e la resistenza tigrina non riesca a opporsi. A testimoniarlo è Rosa Anna Mancini, italiana, docente di architettura all’università di Macallè, fuggita dai combattimenti pochi giorni fa.
A ottobre, Rosa Anna era tornata in Tigrai per riprendere i corsi dopo la sospensione a causa della quarantena imposta per la pandemia di coronavirus. «Sono tornata - sottolinea - perché la situazione mi era sembrata, tutto sommato, calma. Dopo le contestate elezioni regionali, lo scontro tra governo federale e regionale si limitava alla polemica politica, con rispettive invettive. Ma tutto si limitava allo scontro verbale e la stessa popolazione locale non credeva sarebbe scoppiato un conflitto».
La situazione è precipitata il 3 novembre. All’aeroporto di Macallè si è verificato uno scontro tra forze fedeli ad Addis Abeba e le milizie del TPLF. «È stata a goccia che ha fatto traboccare il vaso - continua Rosa Anna -. Sono iniziati gli scontri e la vita per la popolazione civile ha iniziato a diventare sempre più difficile».
L’aviazione militare di Addis Abeba ha iniziato a bombardare il Tigrai. Velivoli hanno sganciato bombe anche nelle zone periferiche di Macallè. «Io stessa ho visto i velivoli militari sorvolare la città e sganciare le bombe - osserva -. Una situazione veramente difficile, gli obiettivi non erano solo i campi militari, ma anche i quartieri. Alcuni giorni prima che venissi via, un aereo è stato abbattuto dalla contraerea. Una moto ha portato in giro i resti per fare vedere che le forze etiopi non stavano prevalendo».
Tutte le vie di comunicazione, strade, ponti, ma anche le linee telefoniche, sono state bloccate. Il denaro ha iniziato a scarseggiare così come il carburante. «Cibo ce n’era - spiega -, ma la gente aveva paura di rimanere senza scorte e così accumulava derrate a casa. La corrente elettrica è stata tagliata per un certo periodo, poi è ripresa, ma non veniva fornita tutto il giorno».
Rosa Anna è stata evacuata insieme a 200 persone di origine straniera «Più che un viaggio è stata un’odissea – conclude -. Siamo dovuti passare dalla regione Afar e poi scendere ad Addis Abeba. Nel viaggio abbiamo assistito a una scena durissima. I soldati etiopi se la sono presa con alcuni tigrini con passaporto straniero. Se non fosse stato per l’intervento di alcuni mediatori, probabilmente per loro sarebbe finita male». (E.C.) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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AFRICA/BURKINA FASO - Il Presidente uscente Kaboré rieletto al primo turno
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) - Il Presidente uscente del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré, è stato rieletto con il 57.87% dei voti, dopo una votazione pacifica, che però è stata in alcune zone irta di difficoltà, a causa della minaccia terroristica e dei problemi logistici (vedi Fides 23/11/2020). Difficoltà che spiegano l'affluenza relativamente contenuta, intorno al 50% (rispetto al 60% nel 2015), cioè 2,9 milioni di votanti su 5,8 milioni di aventi diritto al voto.
Da cinque anni il Burkina Faso deve fare fronte alla violenza jihadista che ha provocato più di 1.600 morti e 1 milione di sfollati, ma nonostante il bilancio non sempre positivo della sua Presidenza, i burkinabé hanno preferito riconfermare il Capo dello Stato uscente, scegliendo la continuità a un'opposizione divisa tra dodici avversari, tra i quali vi sono alcuni importanti esponenti del vecchio regime dell'ex Presidente Blaise Compaoré, estromesso da una rivolta popolare nel 2014.
A causa della minaccia dei gruppi jihadisti affiliati ad Al-Qaeda e all'organizzazione dello Stato Islamico (IS), la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha classificato quasi un quinto del territorio nella zona rossa, escludendolo automaticamente dalla votazione, in base alla modifica della legge elettorale approvata il 25 agosto che prevede che in caso di "forza maggiore o circostanze eccezionali", vengano presi in considerazione solo i risultati dei seggi elettorali aperti.
Più di 2.000 seggi elettorali (su 21.154), principalmente nel nord e nell'est del paese, non sono stati in grado di aprire domenica 22 novembre a causa dell'insicurezza, per un totale di circa mezzo milione di elettori che non hanno potuto esercitare il proprio diritto di voto.
La Chiesa cattolica attraverso la Commissione Episcopale Giustizia e Pace ha fornito 400 osservatori elettorali. Dai loro rapporti non si segnalano particolari problemi che possono inficiare la correttezza del voto, come attestato da altri organismi nazionali e internazionali. (L.M.) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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AFRICA/EGITTO - Assalti settari nel villaggio di al Barsha. Saccheggiati e incendiati negozi e case di cristiani copti
 
Minya (Agenzia Fides) – Il villaggio di al Barsha, nel governatorato egiziano di Minya, nella giornata di giovedì 26 novembre è stato di nuovo teatro di assalti settari perpetrati nei confronti di membri della locale comunità copta ortodossa. Gruppi di soggetti facinorosi, vicini a gruppi islamisti, hanno attaccato la chiesa e alcune case e negozi di cristiani copti con pietre e bottiglie molotov. Alcune delle botteghe assaltate sono state anche saccheggiate. Una anziana donna copta è stata ricoverata in ospedale per le ustioni subite nell’incendio della sua casa.
Gli attacchi sarebbero iniziati dopo che un giovane copto ha pubblicato sul suo account facebook un articolo considerato offensivo nei confronti dell’islam e del Profeta Mohammad. L’intervento delle forze di polizia per sedare gli scontri settari ha portato al fermo di un centinaio di persone, compresi 35 copti.
Il Generale Osama Al Qadi, Governatore della Provincia di Minya, ha subito convocato una riunione con una rappresentanza di notabili del villaggio e della regione per trovare tempestiva soluzione alla crisi e por fine agli attacchi settari. All’incontro, svoltosi in una scuola della città di Mallawi, hanno preso parte anche rappresentanti del Comitato per la riconciliazione e le dotazioni religiose, dell’Università di al Azhar e della Chiesa copta e della Casa della Famiglia egiziana, organismo di collegamento interreligioso attivato da alcuni anni per prevenire o mitigare le contrapposizioni settarie. Il Governatore ha fatto riferimento alle misure tempestive che verranno disposte contro «chiunque offende gli altri», ribadendo che «non verrà consentito a nessuno di seminare discordia tra persone che appartengono alla stessa nazione», e ha invitato anche gli imam a concentrare i loro sermoni nelle moschee sui temi della convivenza e della tolleranza. Malgrado tali appelli, attraverso le reti social continuano a essere diffusi proclami che fomentano la contrapposizione e lo scontro tra musulmani e cristiani copti, istigando a compiere nuovi attacchi di matrice settaria.
In passato, incidenti analoghi a quelli appena registrati a al Barsha sono stati superati attraverso i cosiddetti “incontri di riconciliazione”, raduni pubblici imposti dalle autorità locali in cui membri autorevoli delle diverse comunità di fede compiono atti pubblici di pacificazione. Negli ultimi tempi, diverse organizzazioni hanno contestato l’efficacia di tale prassi. (GV) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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ASIA/FILIPPINE - 500 anni di Vangelo: i Vescovi esortano i fedeli alla "missio ad gentes"
 
Manila (Agenzia Fides) - Essere discepoli missionari, pronti alla "missio ad gentes": è l'invito rivolto dai Vescovi filippini ai fedeli, in vista dell'importante anniversario del paese che segnerà i 500 anni dall'arrivo della fede cristiana nelle Filippine (1521-2021). L'anno speciale indetto dalla Conferenza episcopale delle Filippine - dopo un periodo di preparazione decennale - in vista dell'anniversario, è proprio dedicato alla “missio ad gentes”.
“La Chiesa filippina gioisce nell'entrare nella celebrazione nazionale dei 500 anni dall'arrivo del cristianesimo nella nostra preziosa patria. Cinque secoli fa abbiamo ricevuto il meraviglioso dono della fede: i nostri cuori traboccano di gioia e gratitudine" scrive l'Arcivescovo Romulo G. Valles, Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), in una lettera pastorale pervenuta all'Agenzia Fides, che sarà letta in tutte le parrocchie, comunità e istituzioni nazionali il 29 novembre, la prima domenica di Avvento e inizio del nuovo Anno liturgico.. L'Arcivescovo Valles, alla guida della comunità di Davao, osserva che "l'amore magnanimo, traboccante e gratuito di Dio", ha voluto scegliere le Filippine "per ricevere questo prezioso dono tra tutte le nazioni e i popoli dell'Asia".
La fede cristiana - ricorda poi il testo - è arrivata, si è sviluppata e ha prosperato nel paese grazie "alla dedizione e ai sacrifici eroici di migliaia di missionari, uomini e donne provenienti da varie parti del mondo". Costoro, ha ricordato l'Arcivescovo notando la dinamica missionaria, "hanno apprezzato il dono della fede, che avevano ricevuto, e desideravano condividere questo dono con gli altri". “Questo 'talento', che ha motivato nei secoli missionari generosi, deve anche infiammare i cuori di tutti noi oggi, impegnandoci nella missione qui, nel nostro territorio, e in altri paesi, verso coloro che non conoscono Dio: la missio ad gentes”, si legge nella lettera.
“Preghiamo per un rinnovamento missionario della nostra Chiesa - sia 'ad intra' sia oltre i nostri confini, ad extra -, durante la nostra celebrazione dei 500 anni dall'arrivo del Vangelo" ribadisce Mons. Valles.
Prendendo spunto dal documento di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, l'Arcivescovo Valles rileva che il paese ha bisogno di una “trasformazione missionaria” che rimetta al centro l'evangelizzazione del mondo di oggi. "Cerchiamo di rinnovare in tutti i battezzati l'entusiasmo missionario" scrive l'Arcivescovo, che ricorda anche le parole di Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita nelle Filippine del 1981: "Desidero parlarvi del mio desiderio speciale: che i filippini diventino i primi missionari della Chiesa in Asia". "Questo - nota Mons. Valles - è un chiaro invito a partecipare alla missio ad gentes!"
Il Presidente della Conferenza episcopale ha ricordato a tutti che ogni attività pastorale della Chiesa deve essere orientata alla “missione” e che tutti i fedeli sono chiamati a essere autentici “discepoli missionari”. Per esserlo, aggiunge, "è necessario avere una profonda relazione personale con Cristo” come enunciato da Papa Francesco nella “Evangelii gaudium” in modo che tutti i cristiani diventino “agenti di evangelizzazione”.
I cristiani - rileva - sono chiamati a irradiare misericordia, gioia e pace nel loro servizio in parrocchie, comunità, associazioni e movimenti. "Lo slancio missionario deve diventare il metro di giudizio per ogni cristiano", dice il presidente della CBCP.
La Conferenza episcopale ha deciso di organizzare un ciclo preparatorio di nove anni (dal 2013 al 2021), assegnando ad ogni anno un tema particolare, con l'obiettivo di approfondire il carattere missionario della Chiesa filippina per celebrare il 500° anniversario dell'arrivo del cristianesimo nelle Filippine.
Il culmine delle commemorazioni e delle attività pastorali e missionarie sparse sul territorio dell'arcipelago - in un primo tempo previsto per aprile 2021 - è stato prorogato all'aprile 2022. La decisione di spostare la data dello storico evento è dovuta alla crisi sanitaria di Covid-19 che la nazione sta attraversando.
I missionari spagnoli hanno portato la fede cristiana nel Paese 500 anni fa e oggi il Paese registra la più apia popolazione cattolica in Asia con l'80% di fedeli cattolici su 110 milioni di abitanti. Il paese ha 86 diocesi.
(SD-PA) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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ASIA/PAKISTAN - Il presidente di Signis Pakistan: "I mass media sono strumenti di pace e di speranza in tempo di pandemia"
 
Lahore (Agenzia Fides) - "I mass-media secolari e i media cristiani in Pakistan hanno un ruolo importante in questo tempo difficile: hanno evidenziato la tragedia del Covid-19 e i suoi effetti sulla vita familiare, in particolare come le persone hanno perso il lavoro e non avevano alcuna fonte di sostentamento per prendersi cura dei bisogni fondamentali della loro famiglia. Il coronavirus ha influenzato ampiamente la vita sociale, le attività religiose, le attività politiche, l'economia e la cultura. Non solo ha distrutto la serenità delle persone, ma ha anche portato le persone a vivere nella paura. Molti malati avevano paura di andare in ospedale per paura di morire”. lo afferma all'Agenzia Fides p. Qaisar Feroz, OFM Cap, Segretario esecutivo della Commissione episcopale delle comunicazioni sociali e presidente di "Signis Pakistan".
A margine della recente assemblea di Signis Asia, p. Qaisar Feroz rileva a Fides: “In mezzo alla pandemia i mass-media hanno svolto un ruolo molto importante per sensibilizzare le persone sui bisogni dei più vulnerabili e poveri del Pakistan e dell'Asia, e hanno dato un messaggio positivo di speranza e incoraggiamento. Hanno inoltre contribuito a creare la giusta consapevolezza sulle misure necessarie e hanno segnalato gli effetti negativi del Covid-19 sulla vita familiare e sociale”.
Tra gli aspetti positivi, il frate Cappuccino aggiunge: "I media hanno anche denunciato e condannato alcuni dei gruppi islamici fondamentalisti che hanno iniziato a strumentalizzare gli aiuti umanitari, distribuendoli in cambio della conversione all'islam, e hanno stigmatizzato quanti hanno agito con mentalità discriminatoria, negando aiuti ai cittadini non musulmani".
Parlando dell'azione di "Signis Pakistan", il Presidente racconta: "Abbiamo prodotto video canzoni, programmi radiofonici, poster, cartoline e videomessaggi per portare speranza nella vita delle persone. Ci siamo concentrati sull'impegno di incoraggiare le famiglie, in particolare quelle persone che hanno perso il lavoro a causa dei blocchi imposti per il Covid-19. Abbiamo dato un tributo molto speciale a medici, infermieri, personale paramedico per il loro straordinario impegno e sacrificio durante questa pandemia”. Il team di volontari di Signis Pakistan ha anche distribuito razioni di cibo a 300 famiglie bisognose, in particolare a quelle che lavorano con salari giornalieri e hanno perso il lavoro.
P. Qaisar sottolinea inoltre: "I media hanno anche evidenziato, criticato e condannato alcuni dei gruppi islamici fondamentalisti, che hanno iniziato a distribuire le buste delle razioni per convertire le persone all'Islam invece di mantenere la priorità di aiutare le persone in mezzo a questa pandemia, e anche pochi gruppi con mentalità discriminatoria e di parte che hanno negato aiuti ai non musulmani nelle loro zone”.
Il frate conclude: “La pandemia di Covid-19 ci ha insegnato che la famiglia è il posto più importante e più sicuro del mondo. Ci ha insegnato che abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio, che non siamo padroni della vita ma amministratori. È una lezione per l'intera umanità".
(AG-PA) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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AMERICA/CILE - I Vescovi: "Testimoni di speranza in un tempo nuovo per il Cile"
 
Santiago (Agenzia Fides) – “Vi invitiamo a un grande sforzo per rinnovare la speranza, quella di ogni persona nella sua famiglia e nei suoi ambienti educativi, di lavoro e comunitari”: è l’esortazione che i Vescovi cileni rivolgono nel messaggio pubblicato all’inizio del tempo di Avvento, e a conclusione della loro Assemblea plenaria, svoltasi in videoconferenza in due momenti, dal 9 al 12 e dal 24 al 25 novembre. “Il nostro Paese – scrivono i Vescovi - vive momenti intensi che colpiscono e coinvolgono gli individui e le loro famiglie, in una situazione sanitaria, economica, sociale e politica complessa, e in un rilevante processo costituente segnato dal grande desiderio di una società più giusta ed equa”.
L'arrivo improvviso del Covid-19 ha costretto a modificare gli stili di vita e a fare sacrifici, soprattutto per aiutare i più deboli. Il messaggio rileva che persistono anche “situazioni di violenza prolungata”, che colpiscono particolarmente le donne e i minori, in settori con risorse limitate per il traffico di droga, oltre alla ferita permanente che sanguina nella regione dell'Araucanía. La denigrazione reciproca nel dibattito politico e una leadership debole “non hanno fatto altro che aumentare la crisi della vita sociale” sottolineano. “Invitiamo umilmente i responsabili del lavoro pubblico ad affrontare le sfide che abbiamo come paese, pensando in particolare ai più poveri e vulnerabili”.
“Non possiamo permettere che l'aggressione e l'intimidazione siano imposti come un modo legittimo di vivere insieme” ribadiscono i Vescovi, ricordando che la stragrande maggioranza delle persone lotta ogni giorno per un futuro più dignitoso, nel rispetto degli altri. Costoro si sono recati pacificamente alle urne per esprimere il loro parere, che deve essere ascoltato (vedi Fides 27/10/2020). “Quello che compete a tutti noi – esortano - è collaborare perché il cammino tracciato si realizzi in pace e in modo chiaro. Come abbiamo sottolineato, coloro che sono chiamati al servizio della politica, nelle loro varie espressioni, ricevono un mandato che è soprattutto al servizio del bene comune della società, e ciò richiede l'apertura di tutti a un dialogo sincero e franco. Anche nella Chiesa, noi Pastori, esprimiamo la nostra disponibilità ad ascoltare ciò che il Popolo di Dio vuole manifestarci”.
Infine i Vescovi ricordano che “i cristiani sono chiamati a partecipare agli affari rilevanti della comunità”. Come la solidarietà in tempi di scarsità e pandemia, il sostegno ai migranti e la preoccupazione per la crisi climatica ci hanno mobilitato, “oggi il processo costituente è di tutti noi”. Nel corso dei secoli diversi popoli, compreso quello cileno, sono stati illuminati dai valori del Vangelo, dall'inalienabile dignità di ogni essere umano, dalla giustizia, dalla pace, dal bene comune e da tanti altri valori tanto amati. “Speriamo – concludono - che i leader democraticamente eletti dai cittadini siano in grado di tradurre questi valori in una Carta, in leggi e decisioni fondamentali che rispettino i valori umani per il bene di tutti”. (SL) (Agenzia Fides 27/11/2020)
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AMERICA/HAITI - Campagna per le donne e i bambini oggetto di violenze da parte dei soldati della Minustah
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Commissione Episcopale per la giustizia e la pace dell'Arcidiocesi di Port-au-Prince, insieme alla Piattaforma haitiana per la difesa dello sviluppo alternativo (PAPDA), alla Rete nazionale di difesa dei diritti umani e ad altre Organizzazioni sociali per i diritti umani, hanno lanciato una campagna a favore delle donne e dei bambini che hanno subito violenze dai soldati della MINUSTAH (Mission des Nations Unies pour la Stabilisation en Haiti).
Secondo la nota pervenuta a Fides, durante una conferenza tenutasi il 23 novembre, Camille Charlemers, tra i responsabili della PAPDA, ha annunciato una serie di attività dal 25 novembre al 10 dicembre in diverse città di tutto il paese. Gli atti commessi contro la popolazione haitiana non devono rimanere impuniti, secondo la Charlemers, che accusa le Nazioni Unite di contribuire a rafforzare la cultura dell'impunità ad Haiti.
Le critiche alla Missione ONU ad Haiti risalgono a molti anni fa. L'11 settembre 2014 la PAPDA, che raduna quasi tutti i movimenti sociali presenti ad Haiti, aveva presentato un rapporto che contestava l'intervento dell’allora Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sulla situazione politica ed istituzionale di Haiti, fatto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU (vedi Fides 23/9/2014).
Paradossalmente solo gli organismi internazionali sono quelli che, in pratica, intervengono per segnalare la vera situazione di questo paese e chiedere aiuto. In un rapporto pubblicato questo mese di novembre 2020 sull'aumento dei tassi di fame nel mondo, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e il Programma alimentare mondiale (WFP) chiedono un'azione urgente e coordinata per evitare un peggioramento dell'insicurezza alimentare ad Haiti.
Il rapporto stima che ad Haiti 4 milioni di persone (il 40% della popolazione) sono in uno stato di insicurezza alimentare: Fase 3 (Crisi) e Fase 4 (Emergenza) dell'Integrated Food Security Classification Framework (IPC). La situazione potrebbe peggiorare tra marzo e giugno 2021.
Oltre alle condizioni meteorologiche estreme, le crisi socio-politiche, il clima di insicurezza, l'impatto socio-economico del Covid-19 sono tra i principali fattori che hanno contribuito al peggioramento dell'insicurezza alimentare nel Paese, spiega José Luis Fernández il Rappresentante della FAO ad Haiti.
(CE) (Agenzia Fides 27/11/2020)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

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