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venerdì 19 novembre 2021

Solo callar, para que Dios me defienda - Agenzia Fides 19 novembbre 2021



 


VATICANO - “Solo callar, para que Dios me defienda”: suor Gloria Cecilia Narvaez Argoti e il suo sequestro da religiosa perseguitata per la fede
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Era il 7 febbraio 2017 quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella casa delle Suore Francescane di Maria Immacolata di Karangasso, nel sud del Mali, e ha portato via in ostaggio suor Gloria Cecilia Narvaez Argoti. La religiosa, di nazionalità colombiana, si è offerta al posto di una sorella più giovane. Preghiere, veglie, incontri hanno mantenuto vivo il ricordo di suor Gloria per i 4 lunghi anni e 8 mesi durante i quali è stata sequestrata.
A salvare suor Gloria certamente ha contribuito una fede ferrea, non ha mai accettato la continua minaccia a convertirsi all’islam e il suo “motto” nei giorni più bui è stato: “Solo callar, para que Dios me defienda” (Solo silenzio, così che Dio possa difendermi).
In attesa di poter rientrare in Colombia suor Gloria è stata per un periodo di riposo nella casa delle religiose a Riano. Venerdì 12 novembre, in occasione dell’incontro che la religiosa ha avuto con il cardinale Luis Tagle, presso la Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli del quale è Prefetto, l’Agenzia Fides ha potuto rivolgerle alcune domande.

Agenzia Fides: Suor Gloria, benvenuta e bentornata. Abbiamo tanto pregato per lei e siamo onorati di averla qui. Può raccontarci come si svolgeva la sua vita prima del rapimento?
Suor Gloria: Prima di essere sequestrata svolgevo la mia missione in Africa con le mie consorelle dove ci dedicavamo alla promozione delle donne. Insegnavamo loro a ricamare, cucire a macchina, leggere oltre ad offrire strumenti che permettessero l’avviamento di attività di microcredito. Tra le nostre priorità ci sono stati sempre anche i bambini, neonati che spesso vengono abbandonati dalle mamme al giorno del parto perchè non hanno di che sfamarli. Seguivamo il centro sanitario e assistevamo gli ammalati facendo visita anche alle famiglie. La mia vita e il mio pensiero di persona e di consacrata era concentrata sull’incontro e la vicinanza.

Agenzia Fides: Quattro anni e otto mesi sono tanto tempo. Come trascorreva le sue lunghe giornate di prigioniera?
Suor Gloria: La mattina pregavo contemplando il sorgere del sole nel deserto, qualcosa di meraviglioso, sentivo il vento a volte violento e a volte soave che si sollevava dalla sabbia. Scrivevo lettere a Dio, con pezzetti di carbone, manifestandogli la mia totale e sconfinata fiducia in Lui. Raccoglievo la legna per riscaldare quel poco di acqua che mi veniva dato ogni giorno per prepararmi il te. Pregavo sempre per la libertà dei tanti ostaggi che ci sono in tutto il mondo e pensavo alla sofferenza di tanta gente che muore di fame. Mi sono tornati alla memoria tutti i momenti della mia vita, dal cammino fatto con le sorelle della mia Congregazione, la mia famiglia, la mia vita come religiosa e la risposta che stavo dando alla volontà di Dio. La mia preghiera era rivolta anche ai gruppi che mi tenevano in ostaggio, per ognuno di loro. Quando era il momento di spostarci di luogo mi dedicavo a sgombrare il campo.

Agenzia Fides: Che idea si era fatta di questo protrarsi della sua prigionia? I suoi carcerieri le spiegavano i motivi del protrarsi del sequestro?

Suor Gloria: Tutti i gruppi ai quali sono stata affidata facevano riferimento alla religione. Volevano mettere a dura prova la mia fede. Per loro in Mali dovrebbe esistere solo l’Islam. Ho pensato anche che fossero sopraggiunti problemi tra di loro che hanno fatto ritardare la mia liberazione.

Agenzia Fides: Il tempo passava, riusciva a dare un senso a questa dura esperienza che stava vivendo?
Suor Gloria: E’ stata un’esperienza di profonda fede, di riaffermarmi in Dio, di aumentare la mia fiducia in Lui nell’accettare ogni tipo di umiliazione e vessazione per crescere e vivere quello che la nostra Fondatrice, la Beata Madre Carità Brader Zahner, diceva: ‘rimanere in silenzio affinchè Dio ci difenda’. Allo stesso tempo, è stata per me una opportunità di vivere il rispetto verso le altre religioni, -in questo caso la loro- e mi tornava alla mente l’enciclica di Papa Benedetto XVI, Deus Caritas est, nel documento che parla del rispetto verso la libertà religiosa e come noi cristiani dobbiamo essere messaggeri di pace e riconciliazione con i nostri atteggiamenti.

Agenzia Fides: I suoi carcerieri erano sempre con Lei? Come si comportavano, l’hanno maltrattata?
Suor Gloria: In generale i gruppi mi umiliavano molto, mi insultavano in maniera offensiva e dura a causa della religione o per il fatto di essere donna. Però anche tra di loro vedevo che c’era gente buona che voleva liberarmi anche per non correre tanto pericolo.

Agenzia Fides: Ci sono stati gesti particolari di umanità – o di cattiveria – da parte dei sequestratori nei suoi confronti, che Lei ricorda?
Suor Gloria: La notte in particolare vedevo che i gruppi erano molto agitati, urlavano tra di loro, si avvicinavano alla tenda dove ero io. Verso la mezzanotte arrivava da me il capo e mi diceva: Gloria! Stai bene?

Agenzia Fides: La mamma è morta aspettando il suo ritorno. Questo dolore aggiunto alla storia dolorosa del rapimento non è troppo?
Suor Gloria: Ho pregato tanto e ho pensato al fatto che mia madre fosse già avanti con l’età. Ripensavo alle parole che mi aveva detto quando sono andata in vacanza a casa e poi sono tornata in Mali: ‘non andare così lontano, perché il Mali è la religione dell'Islam e può succederti qualcosa o forse non puoi più vedermi’. Le risposi: ‘Mamma, lascia che sia ciò che Dio vuole. Potrebbe succedere qualcosa a te o a me. Non siamo sicuri di quale sia la volontà di Dio’.

Agenzia Fides: Quale frase o gesto rivolto a lei da Papa Francesco l’ha colpita di più, e non dimenticherà?
Suor Gloria: Non dimenticherò mai il suo gesto di accoglienza e la sua benedizione come padre e pastore della nostra Chiesa. Nè la sua richiesta: ‘prega per me’.

Agenzia Fides: Pensa di rientrare in Africa e riprendere da dove ha lasciato? Come guarda al suo futuro? Cosa l’aspetta? E in che modo l’esperienza vissuta ha cambiato il suo sguardo sulla vita e sulle cose del mondo?
Suor Gloria: Se Dio mi dona la salute, continuerò ad essere missionaria, vicina ai più poveri e bisognosi, continuerò ad elevare a Dio la mia preghiera di eterna gratitudine, ma più incarnata nelle sofferenze delle persone prive di libertà, di coloro che hanno fame e sete. Continuerò a pregare per la pace in tanti paesi in guerra. Per il Santo Padre Francesco, sacerdoti, religiosi e religiose di tutto il mondo perché abbiamo il coraggio di dare la vita per chi soffre. Questa esperienza mi porta a vedere la vita come un compito per creare fratellanza universale. Non chiudersi in noi stessi ma essere portatori di speranza e testimoni della nostra vita di fede.
Non è necessario fare tante cose ma dare una testimonianza di fede, di ascolto, per valorizzare tutti coloro che hanno bisogno di noi, agli anziani per tutta la loro saggezza e per quanto hanno contribuito, ai giovani per il loro coraggio e profetismo. Dobbiamo continuare a pregare Dio affinchè susciti vocazioni buone e sante per la Chiesa che possano raggiungere luoghi lontani dove quasi nessuno arriva. Come diceva la nostra Fondatrice: Dio non si lascia vincere nella generosità e non dobbiamo dimenticare le opere buone che la Congregazione ha nelle sue mani: i poveri e tanta carità e fratellanza con tutti. Il che significa dare la vita per l'altro.

Suor Gloria il 15 novembre 2021 finalmente è tornata in Colombia dove si fermerà per un periodo di riposo con i familiari e le consorelle.
(AP) (19/11/2021 Agenzia Fides)
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giovedì 28 ottobre 2021

AFRICA/SUDAN - I Vescovi: la nazione torna al passato; dietro le Forze armate ci sono i Fratelli musulmani

 

AFRICA/SUDAN - I Vescovi: la nazione torna al passato; dietro le Forze armate ci sono i Fratelli musulmani
 
El Obeid (Agenzia Fides) - “Stiamo tornando all’era militare del Sudan, alla guerra piuttosto che la pace”. Lo dice all’Agenzia Fides Mons. Yunan Tombe Trille, Vescovo di El Obeid, in Sudan, e Presidente della Conferenza episcopale di Sudan e Sud Sudan, all’indomani del golpe che ha riportato l’orologio del Paese indietro di due anni e mezzo, quando a governarlo, dopo oltre tre decenni, c’era ancora il dittatore Omar al-Bashir. “Credo che dietro le forze armate ci siano i Fratelli Musulmani; da giorni, prima del golpe, li si vedeva nel Palazzo della Repubblica. La loro richiesta alla società civile e al governo era molto chiara: fatevi da parte e consegnate tutto nelle mani dei militari. Nel frattempo è stato dichiarato lo stato di emergenza e il Consiglio Supremo, il governo, le cariche istituzionali, sono state sciolte”.
Il Sudan, a quattro giorni dal golpe, resta in una situazione di sospensione generale. Il capo dell'esercito, Abdel Fattah al Burhan, ha dichiarato “finita l’esperienza del governo di transizione per difendere la Rivoluzione”. Il discorso ha diviso l’opinione pubblica, creando maggiore opposizione da una parte e attendismo dall’altra. I toni sono stati moderati e, come li definisce una fonte di Fides che chiede l’anonimato, “perfino suadenti”. Hamdok, il capo del governo che godeva di grande prestigio, dopo aver invitato la popolazione a "scendere in piazza e riprendersi la democrazia che ci è stata scippata”, si è ritirato da giorni in un totale silenzio. Secondo alcuni, potrebbe essergli impedito di parlare e potrebbe essere minacciato e costretto ad accettare il nuovo corso.
“Purtroppo lo scenario che si apre davanti a noi – riprende il Vescovo Tombe Trille, – non è affatto roseo; credo che i militari prenderanno tutto il potere e irrideranno il mondo con la celebrazione di elezioni (che i golpisti hanno annunciato per il 2023, ndr) che saranno l’ennesima farsa e che legittimeranno un potere illegittimo, esattamente come è successo con i governi nel passato. La gente con tutta probabilità continuerà a scendere in piazza, ma con questa situazione, prevedo che ci sarà molta sofferenza”.
Il 26 ottobre, il capo dell’esercito Burhan, in una lunga conferenza pubblica ha giustificato il colpo di stato addossando le principali responsabilità alle Forze per la Libertà e il Cambiamento (la maggior piattaforma firmataria dell’accordo con l’esercito per la transizione, siglato nell’agosto 2019, ndr). Tali Forze, secondo lui, avrebbero per troppo tempo attaccato l’esercito e reso la transizione impossibile. Burhan ha richiamato tutti alla calma e chiamato il capo del governo spodestato Hamdok “fratello”, evitando di toccare la questione della violenza che sta insanguinando il Sudan, mentre si rincorrono voci su “uccisioni di massa”. “La piattaforma civile – informa la fonte di Fides - annuncia manifestazioni imponenti per sabato prossimo. Tensioni e incertezza sono a livello altissimo”.
(LA) (Agenzia Fides 28/10/2021)

martedì 14 settembre 2021

La testimonianza cristiana nasce dal trionfo della Croce, e non segue le vie dei “trionfalismi” mondani

 




EUROPA/SLOVACCHIA - Il Papa: la testimonianza cristiana nasce dal trionfo della Croce, e non segue le vie dei “trionfalismi” mondani
 
Prešov (Agenzia Fides) – La missione della Chiesa non persegue le vie mondane del “trionfalismo” e dell’affermazione di sé. Ogni autentica testimonianza cristiana prende vita dal misterioso trionfo della Croce di Cristo e lo attesta, configurando anche le sue forme e le sue movenze all’ «amore umile» di Cristo «che è fecondo nella quotidianità e fa nuove tutte le cose dal di dentro, come seme caduto in terra, che muore e produce frutto». Così Papa Francesco, nella solennità liturgica della Esaltazione della Santa Croce, è tornato a indicare il vincolo che unisce inseparabilmente la croce di Cristo e il cammino della Chiesa nella storia. Lo ha fatto nell’omelia pronunciata durante la Divina Liturgia Bizantina di San Giovanni Crisostomo, da lui presieduta nella città di Prešov, nel piazzale del Mestská športová hala, la mattina del terzo giorno della sua visita apostolica in terra slovacca.
Il mistero della croce di Cristo – ha rimarcato il Vescovo di Roma - suggerisce e configura per sempre le movenze stesse con cui i cristiani sono presenti e operano nel mondo, testimoniando ai loro compagni di cammino la salvezza di Cristo annunciata nel Vangelo. La modalità inaudita con cui il Mistero stesso ha scelto di rivelarsi rimane per sempre sorgente della testimonianza cristiana, che proprio per questo è imparagonabile rispetto a ogni forma di propaganda culturale, politica o religiosa.
Agli occhi della sapienza del mondo – ha ricordato il Papa all’inizio della sua omelia, citando san Paolo – la croce di Cristo è «scandalo» e «stoltezza», simbolo di fallimento. Essa era «strumento di morte, eppure da lì è venuta la vita. Era ciò che nessuno voleva guardare, eppure ci ha rivelato la bellezza dell’amore di Dio. Per questo il santo Popolo di Dio la venera e la Liturgia la celebra nella festa odierna».
A volte – ha riconosciuto il Papa – anche tra chi si dice cristiano affiora la tentazione di «non accettare che Dio ci salvi lasciando che si scateni su di sé il male del mondo». Una tentazione che sembra prevalere in chi aspira «a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore. Ma un cristianesimo senza croce è mondano, e diventa sterile». Chi invece per grazia riconosce «in Cristo crocifisso la gloria di Dio», attesta con il dinamismo dell’incarnazione, che traspare in qualche modo dalle movenze stesse in cui prende forma la testimonianza cristiana.
Il mistero della croce - ha riconosciuto Papa Francesco – può essere accolto solo nella gratitudine – commossa fino alle lacrime – di chi riceve un dono immeritato e inimmaginabile. Fare discorsi sulla croce «Non serve, se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d’amore per noi». Per questo – ha rimarcato il Papa – la croce non può mai essere ridotta a «un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale».
Per questo la testimonianza che nasce dalla contemplazione del crocifisso, e ha il suo vertice nel martirio – ha suggerito il Papa – non ha mai i connotati di una prestazione supponente e “trionfalista”, ma si configura e si assimila ai tratti propri della croce. «Se si immerge lo sguardo in Gesù» ha detto il Papa «il suo volto comincia a riflettersi sul nostro: i suoi lineamenti diventano i nostri, l’amore di Cristo ci conquista e ci trasforma. Penso ai martiri, che hanno testimoniato in questa nazione l’amore di Cristo in tempi molto difficili, quando tutto consigliava di tacere, di mettersi al riparo, di non professare la fede. Ma non potevano non testimoniare. Una testimonianza compiuta per amore di Colui che avevano lungamente contemplato. Tanto da somigliargli, anche nella morte».
Nei nostri tempi, anche nei luoghi in cui i cristiani non affrontano persecuzioni – ha fatto notare Papa Francesco - la testimonianza «può essere inficiata dalla mondanità e dalla mediocrità». Il segno distintivo di ogni autentica testimonianza non è la trasformazione della croce in «una bandiera», ma la vita vissuta «secondo il Vangelo, quello delle Beatitudini». Il testimone della Croce – ha proseguito il Successore di Pietro «non ricorda i torti del passato e non si lamenta del presente», «non usa le vie dell’inganno e della potenza mondana: non vuole imporre sé stesso e i suoi, ma dare la propria vita per gli altri. Non ricerca i propri vantaggi per poi mostrarsi devoto». I connotati propri della testimonianza cristiana, conformati alla Croce di cristo, risultano di altra natura rispetto a quelli di ogni tipo di “propaganda”, visto che «il testimone della croce persegue una sola strategia, quella del Maestro: l’amore umile». Per questo la testimonianza che si trasmette per osmosi, da persona a persona, è la via con cui la salvezza di Cristo può raggiungere e toccare i cuori degli uomini e delle donne del tempo presente. «I testimoni - ha detto il Papa nella parte conclusiva della sua omelia - generano altri testimoni, perché sono donatori di vita. È così che si diffonde la fede: non con la potenza del mondo, ma con la sapienza della croce; non con le strutture, ma con la testimonianza» (GV) (Agenzia Fides 14/9/2021)

sabato 12 ottobre 2019

Agenzia Fides 12 ottobre 2019


 


VATICANO - "Cor ad Cor loquitur": Atto accademico all'Università Urbaniana sul Beato John Henry Newman

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - "John Henry Newman, un anno prima della morte, nel 1879, creato cardinale da Papa Leone XIII, scelse come motto per il suo stemma cardinalizio l’espressione, direi di sapore agostiniano, 'Cor ad cor loquitur', riassuntiva della profondità del suo percorso di ricerca intellettuale e spirituale. La Chiesa del nostro tempo, ormai determinata a percepirsi e a operare “in uscita missionaria” verso il ‘tutto’ di tutti, ha la consapevolezza di godere il bene della sua testimonianza e della sua vasta opera di ricerca della verità. Sa di potersi affidare a lui come ad un maestro della carità del sapere integrale dell’uomo illuminato dalla Rivelazione cristiana": così si è espresso il Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione dell'Evangelizzazione dei Popoli, presenziando, in qualità di Gran Cancelliere, all'Atto accademico straordinario in onore del Beato John Henry Newman, organizzato l'11 ottobre alla Pontificia Università Urbaniana. John Henry Newman - che, già fatto beato nel 2010 da papa Benedetto XVI, domenica 13 ottobre verrà canonizzato da Papa Francesco - fu "celebre e amato alunno" dell'Urbaniana dal 9 novembre 1846 fino al 28 giugno 1847.
il cardianle ha epsresso "compiacimento per aver dato vita a questo momento di riflessione sul significato della santità e della dottrina di un singolare figlio e della Chiesa Anglicana (prima) e della Chiesa Cattolica (dopo)".
"Compiuti gli studi teologici previsti nel Collegio di Propaganda Fide e ordinato sacerdote il 30 maggio del 1847 nella cappella interna al Collegio - ha ricordato il Prefetto - Newman fece ritorno in Inghilterra dove, nel 1848, a Birmingham fondò il primo Oratorio inglese di San Filippo Neri, dando avvio ad una nuova stagione di studi e di attività pastorale. Accolto l’invito dell’arcivescovo Cullen a fondare la prima Università cattolica irlandese ne fu ispiratore e primo Rettore dal 1851 al 1856". Negli anni successivi Newman sperimentò dapprima incomprensioni da parte cattolica soprattutto a causa delle sue idee sul "consensus fidelium" come parte integrante dell’indefettibilità della Chiesa in materia di fede e poi - ha proseguito il Cardinale Filoni - all’indomani dei Decreti del Concilio Vaticano I, una certa ostilità da parte di esponenti della Chiesa anglicana.
Il Gran Cancelliere ha rimarcato: "La sua presenza nella Chiesa rinata con l’evento del Concilio Vaticano II rimane viva anche in quest’ora della piena attuazione degli insegnamenti da esso generati", accennando, poi, al legame tra Newman e il rinnovamento della Chiesa tracciato dal Vaticano II.
"Un anno prima della chiusura dei lavori conciliari, il filosofo cattolico Jean Guitton su L’Osservatore Romano del 1964 osservò: “I grandi geni sono dei profeti sempre pronti a rischiarare i grandi avvenimenti, i quali, a loro volta, gettano sui grandi geni una luce retrospettiva che dona loro un carattere profetico. È come il rapporto che intercorre tra Isaia e la passione di Cristo, reciprocamente illuminati: così Newman rischiara con la sua presenza il Concilio e il Concilio giustifica Newman”.
Il Cardinale ha rilevato "i molteplici e profondi i segni" della "reciproca illuminazione": il ruolo del laicato in tutte le espressioni della vita e missione della Chiesa; la tensione ecumenica come permanente compito dell’unica Chiesa di Cristo; il primato della coscienza personale, da lui definita come “l’originario vicario di Cristo”, e la conseguente corretta dottrina sulla libertà religiosa; il fecondo rapporto tra la fede e la ragione come tra la Rivelazione e i saperi delle scienze moderne. Il Card. Filoni ha chiesto ai presenti: "Effettivamente, non appare un Agostino dei tempi moderni?".
Parlando della concezione newmaniana della coscienza, il Cardinale ha citato un articolo apparso sulla rivista "Euntes Docete" del 1990, in cui il Card. Joseph Ratzinger ne evidenziò il suo carattere “veritativo”: "Secondo Newman la coscienza – scriveva il futuro Papa Benedetto XVI – deve essere nutrita come un modo di obbedienza alla verità oggettiva”; e ha poi spiegato la "dialogicità tra fede e ragione, quale rimedio all’arroganza della ragione e alla cecità della fede".
Il Prefetto ha concluso augurando all’Università Urbaniana "di distinguersi come luogo e laboratorio della formazione morale e intellettuale integrale e universale": "Così come concepita da Newman, l’Università sia permanentemente aperta, si ponga in ascolto di ogni cultura, fede religiosa e forma di sapere, e ‘impari a imparare’ dalla realtà oggettiva umana e divina". (PA) (Agenzia Fides 12/10/2019)

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EUROPA/ITALIA - Mese Missionario Straordinario: "Battezzati e inviati": attratti dall’amore verso Dio, per riscoprire il dono della vita

Roma (Agenzia Fides) – “Lasciamoci attrarre e conquistare da Gesù Cristo, dal suo amore, affinché possiamo essere suoi testimoni nel quotidiano”. Lo ha detto in un colloquio con l’Agenzia Fides suor Vijaya Stella John Joseph, religiosa indiana appartenente alla Congregazione delle Suore missionarie Scalabriniane, parlando del tema suggerito da "Missio Italia" per la seconda domenica del Mese Missionario Straordinario dell’ottobre 2019, che ha per titolo “Attratti”. “Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae”, ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale del 2019. Proprio sul significato più intrinseco di "attrazione", il 13 ottobre, tutti i battezzati sono invitati a riflettere: “Tutti gli uomini e le donne - prosegue la religiosa - nascono come esseri appassionati. La nostra vita non va avanti per ordini o divieti, ma per una passione: la passione verso Dio che nasce dall’aver scoperto la bellezza di Cristo e del suo amore”.
Facendo riferimento all'esortazione apostolica di Papa Francesco, “Evangelii Gaudium", la missionaria sottolinea: “Il Papa richiama a una 'conversione missionaria' della Chiesa e invita ogni fedele a discernere quale sia il cammino che il Signore gli chiede per raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”. “Dio - continua - ci attira con il volto e la storia di Cristo. Lui è la bella notizia che ci dice che è possibile vivere meglio, per tutti”. Donarsi agli altri, quindi, crea "attrazione": “Non si tratta un compito che qualcuno ci impone - spiega suor Stella - né un onere da sommare ai nostri doveri quotidiani, ma è l’espressione più esatta della nostra stessa identità”. “C’è una direzione e un significato in tutto quello che viviamo - evidenzia in conclusione suor Vijaya Stella John Joseph - è il Regno di Dio che viene, portando a compimento in noi il disegno che il Padre ha su tutta l’umanità e sul cosmo intero”.
(ES) (Agenzia Fides 12/10/2019)


LINK
Guarda la video intervista a suor Stella J. Joseph sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://youtu.be/4obR5-Iprow

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AFRICA/SUDAFRICA - Disuguaglianze sociali e "discorsi di odio" alla radice delle violenze xenofobe

Johannesburg (Agenzia Fides) - Diseguaglianze profonde, mancanza di servizi, politici spregiudicati: è questo il mix esplosivo che ha innescato le violenze xenofobe in Sudafrica. Un fenomeno, quello della xenofobia contro i migranti, che torna ciclicamente con raid che distruggono case, negozi, piccole officine e lasciano sul terreno decine di vittime. «Dopo gli attacchi dei primi giorni di settembre che hanno causato decine di morti- spiega a Fides Pablo Velasquez, religioso Scalabriniano che lavora nelle periferie di Johannesburg - in città è tornata la calma, ma c’è ancora tanta paura. Ho trascorso qualche periodo in un campo profughi irregolare dove vivono zimbabweani, mozambicani, somali, etiopi, nigeriani, ghanesi, congolesi. Qui ho toccato con mano la paura. La gente non si fida a lasciare l’area e ad andare in città per vendere le loro povere merci. Temono di essere maltrattate, picchiate, che le loro cose siano distrutte».
Ma da dove nasce tutto quest’odio verso lo straniero? Non c’è una ragione sola, ma un insieme di ragioni. «Vent’anni di democrazia - continua padre Pablo - non hanno risolto i problemi del Paese. Le differenza tra i ricchi, la maggior parte dei quali bianchi, e i poveri è tuttora enorme. La disoccupazione è altissima (ufficialmente è al 30%, ma probabilmente è più elevata, ndr). In molte zone rurali mancano i servizi di base: acqua, elettricità, linee telefoniche, gas, strade, scuole. Il problema della casa è molto sentito. Tutto ciò provoca forti tensioni».
Molti sudafricani si spostano infatti dalla campagna alle township (le baraccopoli) delle grandi città. Qui incontrano gli immigrati, altrettanto poveri. «In molti sudafricani neri - osserva padre Pablo - è ancora vivo il senso di inferiorità imposto per decenni dal regime di segregazione dei bianchi boeri. Il fatto di essere stati sempre trattati come 'cittadini di serie B' fa sì che la loro frustrazione si riversi sui immigrati che oggi sono gli ultimi degli ultimi. Molti sudafricani vedono nei nuovi arrivati un nuovo nemico di combattere perché poyrebbero sottrarre loro le poche risorse a disposizione. Così scattano violenti pogrom che distruggono le attività dei migranti e, in alcuni casi, arrivano a uccidere gli stranieri».
Alcuni politici locali, in cambio dei voti, soffiano sul fuoco dell’intolleranza. Spiega il sacerdote: «Alcuni politici accendono l’odio e istigano alle violenze. Penso, per esempio, a Jules Malema, capo degli Economic Freedom Fighter, una formazione di estrema sinistra, che prima ha accusato gli immigrati di ogni nefandezza e poi ha rivolto le sue parole di fuoco contro i bianchi. Distilla odio che permea nella società e infuoca gli animi. La Chiesa cattolica, pur minoritaria nel Paese, ha levato il suo grido contro questi atti xenofobi. Mons. Buti Tlhagale, Arcivescovo di Johannesburg ha paragonato la xenofobia al nazismo. Ha ragione. Se non fermiamo subito questi atti ci troveremo di fronte a una violenza senza pari». (ES) (Agenzia Fides 12/10/2019)


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ASIA/PAKISTAN - Le Chiese: "No" alla nazionalizzazione di un antico collegio cristiano

Islamabad (Agenzia Fides): “Le Chiese cristiane stanno facendo un ottimo lavoro per lo sviluppo del Paese; vogliamo continuare a lavorare per migliorare la comunità, soprattutto nel settore del'istruzione. Condanniamo la decisione del governo della provincia di Khyber PakhthunKhwa (KPK) e ci appelliamo per revocare l'ordine di nazionalizzazione dell'Edwardes College”. Lo dice all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Joseph Arshad, alla guida della diocesi di Islamabad-Rawalpindi e Presidente della Conferenza episcopale del Pakistan.
L'Arcivescovo Joseph Arshad, che è anche a capo della Commissione episcopale "Giustizia e pace" (NCJP) inoltre afferma: "Queste azioni possono influenzare la qualità e il livello di istruzione dell'istituzione. L'opera di istruzione non deve fermarsi a causa di interventi politici. Il governo dovrebbe immediatamente affrontare tali questioni che feriscono i sentimenti delle minoranze in Pakistan".
Martedì scorso l'Alta Corte di Peshawar ha emesso un ordine di nazionalizzazione del più antico istituto di istruzione del territorio, l'Edwardes College di Peshawar. L'Edwardes College nacque come scuola missionaria cristiana chiamata "Edwardes High School" fondata dalla "Church Missionary Society" nel 1853. Nel 1900 si trasformò in Collegio e da allora ha funzionato come istituzione privata, gestita ufficialmente dalla diocesi di Peshawar della "Chiesa del Pakistan", la comunità cristiana Anglicana presente in Pakistan.
Nel 1972, quando tutte le istituzioni private furono nazionalizzate dal governo, il suo status indipendente di prestigiosa istituzione privata fu riconosciuto e non fu coinvolto in quel processo, mentre oggi il governo della Khyber PakhthunKhwa sostiene che l'istituto era già stato incluso nella lista degli enti da nazionalizzare.
La Commissione "Giustizia e pace" ha espresso serie preoccupazioni per questa "occupazione illegale di proprietà della Chiesa". In una dichiarazione congiunta della Commissione, l'Arcivescovo Joseph Arshad, Presidente, p. Emmanuel Yousaf Mani, Direttore nazionale e Cecil Shane Chaudhry Direttore. esecutivo hanno deplorato questa "azione illegale" del governo provinciale, chiedendo di restituire alla Chiese istituti come l'Edwardes College, il Gordon College (Rawalpindi),il Murray College (Sialkot) e altri istituti nazionalizzati negli anni '70 e mai resi alle Chiese.
Secondo p. Emmanuel Yousaf Mani, direttore nazionale della NCJP, "questo tipo di azioni scoraggiano le comunità cristiane a lavorare per il progresso del Pakistan", mentre Cecil Shane Chaudhry ha rimarcato "il sabotaggio dei diritti delle minoranze religiose".
A Peshawar diverse organizzazioni cristiane, come la Ong "Pakistan Minority Rights Commission" (PMCR), e semplici cittadini hanno protestato contro la decisione della nazionalizzazione, dicendosi pronti a "marciare fino a Islamabad" per difendere i legittimi diritti. (AG-PA) (Agenzia Fides 12/10/2019)







giovedì 26 settembre 2019

Agenzia Fides 26 settembre 2019

EUROPA/PORTOGALLO - Giornata dei migranti: è possibile vivere l’accoglienza
 
Lisbona (Agenzia Fides) – Le comunità cristiane hanno l'obbligo di dimostrare che è "possibile vivere l'accoglienza, la protezione, l'integrazione e la promozione" con rifugiati e migranti. Lo afferma Eugenia Quaresma, direttrice dell'Opera Cattolica Portoghese di Migrazioni (OCPM), rimarcando: “Il primo appello è alle nostre comunità. Abbiamo un mandato evangelico che invita ad accogliere, che parla di protezione, che ci dice che in ogni nazione ci sono discepoli di Cristo per adempiere questo mandato”. La direttrice ha parlato della prossima celebrazione della Giornata Mondiale dei migranti e dei rifugiati, che la Chiesa cattolica ricorda questa domenica 29 settembre.
La direttrice dell'OCPM afferma che "nel prendersi cura dei migranti e dei rifugiati, ogni persona si prende cura anche di se stessa, delle sue paure, perché conoscendo cosa spaventa e superando queste paure, se riesce a promuovere l'incontro e l'accettazione". La donna sottolinea il "forte richiamo" sul modo in cui "la società vive l'umanità" e come "l'accento è posto sullo sfruttamento umano", sulla tratta di esseri umani e "sulla responsabilità di ogni persona, non solo del cittadino, dei consumatori, ma anche delle aziende e di tutti”.
Papa Francesco ha scelto il tema "Non si tratta solo di migranti" e il sottotitolo "riguarda anche le nostre paure" per la 105a Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati. “Il tema è molto bello, anche a causa del modo pedagogico in cui ci è stato presentato, parte del messaggio biblico. Poi c'è un messaggio del magistero e quindi esempi pratici di come la Parola può essere messa in pratica nella vita di tutti i giorni", conclude Eugenia Quaresma.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dalle Nazioni Unite, in Portogallo ci sono 880.188 immigrati, che rappresentano l'8,55% della popolazione del Portogallo. L'immigrazione femminile è più elevata rispetto agli uomini, con 469.533 donne, che rappresentano il 53,34% degli immigrati totali, rispetto ai 410.655 immigrati maschi, che sono il 46,65%. Guardando la classifica della presenza di immigrati, il Portogallo è il 64° paese al mondo in percentuale. I principali paesi di origine degli immigrati presenti in Portogallo sono Angola, 18,19%, Brasile, 15,62% e Francia, 10,57%.
(CE) (Agenzia Fides, 26/09/2019)
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EUROPA/UNGHERIA - Il piccolo seme dell’Infanzia Missionaria è diventato in dieci anni un grande albero
 
Budapest (Agenzia Fides) – “Gesù parla del Regno di Dio nella parabola del seme di senape. Un seme che è molto piccolo, cresce diventando una grande pianta e in seguito porta frutti, persino gli uccelli del cielo fanno il loro nido sui suoi rami. Qualcosa di simile è successo in terra ungherese dieci anni fa. Un piccolo seme che è stato piantato 10 anni fa è cresciuto diventando una grande pianta e ora porta molti frutti”. Così scrive p. Benvin Sebastian, SVD, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Ungheria, in una nota pervenuta all’Agenzia Fides sul decimo anniversario della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria nel suo paese, festeggiato il 21 settembre. “Quando ebbe fine il comunismo in Ungheria, nel 1992, le Pontificie Opere Missionarie (POM) iniziarono di nuovo la loro missione – racconta -. Ma ci sono voluti molti anni per iniziare la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. Nel 2009 abbiamo iniziato con 34 bambini. Ora abbiamo 31 comunità con più di 1000 bambini che pregano e raccolgono fondi con i loro piccoli sacrifici per la missione della Chiesa universale”.
La celebrazione del decennale si è svolta nella Basilica di Santo Stefano a Budapest e al Parlamento ungherese. Alle ore 10 il Vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest ha dato il benvenuto ai bambini, cui è seguito l’intervento del rappresentante della Commissione episcopale per le missioni, László Kiss- Rigó. Quindi è stata la volta del messaggio del Nunzio apostolico, Michael August Blume, SVD, ed il rapporto del Direttore nazionale delle POM, p. Benvin Sebastian SVD. Alle 11,15 la Santa Messa di ringraziamento presieduta dal Cardinale Peter Erdo, Arcivescovo della diocesi di Esztergom-Budapest.
Nel pomeriggio i bambini sono stati accolti nella sede del Parlamento, dove è stato letto il messaggio del Presidente ungherese e del Presidente del parlamento. Quindi è seguito il discorso di Soltész Miklos, Segretario di Stato per le Chiese, le minoranze e gli affari civili. “Abbiamo concluso la celebrazione del Giubileo pregando per il mondo intero e per i leader del mondo, in particolare per i leader ungheresi – scrive il Direttore nazionale delle POM -. La presenza di suor Roberta Tremarelli AMSS, Segretaria generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria ha reso la celebrazione più ricca e incoraggiante. Ha potuto visitare una parrocchia e una scuola greco-cattolica dove è attiva l’Opera”. (SL) (Agenzia Fides 26/9/2019)
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AFRICA/NIGERIA - “Superiamo la situazione di precarietà nella quale viviamo” esortano i Vescovi
 
Abuja (Agenzia Fides) - “Occorre rafforzare il senso di appartenenza nazionale” scrivono i Vescovi della Nigeria nel documento conclusivo pubblicato al termine della loro seconda Assemblea Plenaria tenutasi dal 10 al 20 settembre ad Agbamaya, Obada-Oko, Abeokuta, nello Stato di Ogun.
“Notiamo con sgomento che a diversi mesi dalle elezioni generali, svariate aree della nostra nazione vivono ancora in una situazione precaria. Il Paese è profondamente diviso. Questo risulta evidente nelle nomine di funzionari in posizioni d’importanza nazionale, nelle modalità di condivisione delle risorse e nella distribuzione di servizi sociali” sottolinea la dichiarazione, pervenuta all’Agenzia Fides. “Sollecitiamo in particolare il governo federale a garantire che non prevalgano considerazioni di egemonia etnica o religiosa nel nostro Stato multi-religioso e secolare. Il senso di appartenenza ad un’unica nazione deve prevalere sulle differenze tribali, religiose o politiche”.
Le divisioni alimentano gli atti violenti, denunciati dai Vescovi: “Vi sono sfortunatamente ancora troppe morti derivanti dalla diffusione di banditismo, rapimenti, assassini, rapine a mano armata, uso sconsiderato della forza da parte delle agenzie di sicurezza e linciaggi. Ultimamente, si è avuta un'impennata nei casi di suicidio, anche tra i nostri giovani. Inoltre, sono continuati gli scontri tra pastori e comunità locali e le attività degli insorti di Boko Haram, con la morte di tante persone innocenti. Queste violenze rendono molto precaria la vita in Nigeria”.
Pur riconoscendo gli sforzi compiuti dal governo per combattere l'insicurezza, i Vescovi osservano che “il governo federale, cui è affidato il potere di controllare le principali agenzie di sicurezza, è sopraffatto”. I Vescovi auspicano pertanto “un decentramento delle forze di sicurezza per ottenere risultati efficaci”.
“La Nigeria è dotata di notevoli risorse naturali, umane e spirituali. Purtroppo, le autorità politiche non sono state capaci di metterle a frutto adeguatamente, né di ridistribuirle in modo equo. Laddove non esiste una condivisione equa della ricchezza e delle opportunità, è inevitabile che ci sia una crisi” sottolineano i Vescovi. “Chiediamo ai cristiani e alle persone di buona volontà di predicare quotidianamente questo messaggio di giustizia e pace e di viverlo coerentemente. Possa la Beata Vergine Maria Nostra Madre, Regina della Pace e Patrona della Nigeria intercedere per noi” conclude il messaggio. (L.M.) (Agenzia Fides 26/9/2019)
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AFRICA/SUDAFRICA - Incontro di riconciliazione tra sudafricani e nigeriani dopo gli attacchi xenofobi
 
Johannesburg (Agenzia Fides) - “Abbiamo ritenuto importante cercare di conciliare nigeriani e sudafricani e gli altri cittadini. I nigeriani hanno contribuito alla liberazione del Sudafrica ... Pensiamo che dobbiamo mantenere buoni rapporti con loro” ha affermato il reverendo Kenneth Meshoe, leader dell’African Christian Democratic Party, uno degli animatori dei colloqui di riconciliazione tra sudafricani e immigrati nigeriani che si sono tenuti il 19 settembre.
I colloqui, promossi dal Forum Unity di Nig-SA, un organismo composto da sudafricani e da cittadini stranieri, sono volti a concordare un percorso per superare le tensioni dopo gli assalti xenofobi contro i nigeriani e cittadini di altri Paesi che vivono in Sudafrica. Attacchi che sono stati condannati dai diversi Paesi africani (vedi Fides 11/9/2019).
I Vescovi nigeriani hanno denunciato “gli orrendi attacchi xenofobi in Sudafrica in cui molti stranieri, tra cui i nigeriani, hanno perso la vita e/o hanno subito saccheggiati e/o sono stati costretti a fuggire dal Paese per non perdere la vita. “Preghiamo per coloro che hanno perso la vita, porgiamo le nostre condoglianze a quelli che hanno perso i propri cari, e siamo vicini ai feriti e a quelli che hanno subito gravi perdite” scrivono i Vescovi della Nigeria nel documento conclusivo pubblicato al termine della loro seconda Assemblea Plenaria tenutasi dal 10 al 20 settembre. “Lodiamo la Conferenza Episcopale Cattolica sudafricana (SACBC vedi Fides 5/9/2019) per essere stata profetica nella sua condanna degli attacchi e per sollecitare il governo a prendere provvedimenti decisivi per mettervi fine”.
“Notiamo che il Sudafrica e la Nigeria hanno fatto molta strada nelle relazioni fraterne e diplomatiche. Esortiamo i nigeriani che vivono in patria e all'estero di essere bravi cittadini rispettosi della legge” concludono i Vescovi nigeriani. (L.M.) (Agenzia Fides 26/9/2019)
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ASIA/AFGHANISTAN - La preghiera come strumento di pace in uno scenario di nuove tensioni
 
Kabul (Agenzia Fides) - “Negli ultimi secoli hanno provato a convincerci che la religione fosse una delle principali cause di divisione e di mancanza di pace, e che quindi bisognasse metterla da parte. Dove potremo andare a cercare la pace, allora? Nella politica? Nelle ideologie? Nell’economia? Essa è possibile solo nel Regno di Dio, un regno in cui sono giunto arrivando come pellegrino di pace in Afghanistan, un paese in guerra da quarant’anni”. E’ la testimonianza espressa in una inviata all’Agenzia Fides da padre Giovanni Scalese sacerdote Barnabita, responsabile della Missio sui iuris afgana.
Nel paese asiatico, dove l’Islam è religione di Stato e la conversione ad altre fedi è inquadrabile con il reato di apostasia, la presenza cattolica deve limitarsi allo svolgimento di azioni caritative e all’assistenza spirituale della comunità internazionale. Ma, spiega p. Scalese, l’impegno dei cattolici in Afghanistan è soprattutto quello di pregare senza sosta per la pace: “Due anni fa, il 13 ottobre 2017, alla fine del centenario delle apparizioni di Fatima, abbiamo consacrato l'Afghanistan al Cuore Immacolato di Maria. Quest'anno, nella domenica delle Palme, abbiamo piantato, di fronte alla chiesa della Missione, l'Ulivo della Pace, proveniente da Nazareth, il luogo in cui dove la Parola di Dio si è fatta carne e il Principe della pace ha messo le sue radici tra noi. A luglio scorso, infine, sono andato personalmente in pellegrinaggio presso il Santuario mariano nazionale di Oziornoje, in Kazakistan, per invocare la Regina della pace affinché possa operare in Afghanistan, in Asia e in tutto il mondo”.
Intanto, dopo il fallimento dei dialoghi di pace tra Stati Uniti e movimento talebano, il paese sta vivendo una nuova escalation di violenza. Tra gli ultimi episodi, un raid compiuto domenica 22 settembre da forze speciali afgane, col supporto di aerei statunitensi, sui nascondigli dei talebani, ha provocato la morte di almeno 40 civili riuniti per festeggiare un matrimonio.
In Afghanistan, la presenza cattolica fu ammessa a inizio Novecento come semplice assistenza spirituale all’interno dell’Ambasciata italiana a Kabul e fu poi elevata a “Missio sui iuris” nel 2002 da Giovanni Paolo II. Oggi la missione continua ad aver base nella struttura diplomatica ed è affidata al Barnabita padre Giovanni Scalese. Nella capitale afghana sono presenti anche le suore Madre Teresa di Calcutta e l’Associazione intercongregazionale Pro Bambini di Kabul. (LF) (Agenzia Fides 26/9/2019)
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AMERICA/BOLIVIA - L’entusiasmo missionario del CAM 5 si trasmette al Mese Missionario Straordinario
 
Santa Cruz (Agenzia Fides) – Il team di Giovani Missionari dell'Arcidiocesi di Santa Cruz in Bolivia, ha lanciato ieri l’appello a tutti i giovani interessati a partecipare alla Missione Giovane ("Mision Joven") che si svolgerà nella Parrocchia di Nostra Signora del Rosario, il 27 ottobre, con l'obiettivo di vivere con gioia il tema della Giornata Missionaria Mondiale: “Battezzati ed inviati”.
L'Arcidiocesi ha preparato un calendario di incontri per i giovani: 28 settembre, 5, 12 e 19 ottobre ci saranno dei workshop di preparazione e formazione, La "Mision Joven" si svolgerà il 27 ottobre con tutti i giovani e i fedeli dell'arcidiocesi impegnati a svolgere attività missionarie. I temi degli incontri di formazione sono: il Mese Missionario Straordinario (28/9), Catechesi sul Battesimo (5/10), la Comunione Missionaria (12/10), Profilo Missionario (19/10) infine l'invio alla Missione Giovane.
Ci si attende di vivere il Mese Missionario Straordinario con grande entusiasmo fra i giovani e tutti i fedeli perché la Bolivia sente ancora l’effetto dei giorni del CAM 5, che hanno lasciato una Chiesa boliviana rinnovata nella missione. L’evento missionario continentale ha segnato non solo coloro che hanno potuto assistere agli incontri, ma tutte le piccole comunità che hanno accolto i partecipanti. E’ stato il primo Incontro Continentale Missionario dove i partecipanti hanno condiviso la vita delle famiglie della comunità di Santa Cruz e di altre città della Bolivia.
(CE) (Agenzia Fides, 26/09/2019)
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OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Limitare gli effetti dei cambiamenti climatici: appello degli studenti
 
Port Moresby (Agenzia Fides) – “I leader del mondo e quelli della Papua Nuova Guinea devono elaborare politiche, regolamenti e leggi che riducano i livelli di produzione delle aziende per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici”: è l’appello lanciato dai giovani della Papua, studenti della scuola secondaria St Charles Lwanga di Port Moresby, che hanno partecipato al programma dal titolo “Il cambiamento climatico: la più grande minaccia nella storia umana”, nel corso dello spazio “Chat Room” sulla emittente Tribe 92 FM, stazione radiofonica dedicata e incentrata sui giovani in Papua Nuova Guinea.
Dopo una breve introduzione, gli studenti hanno parlato delle implicazioni ambientali, sociali ed economiche che interessano i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo e si sono soffermati su una rielaborazione delle raccomandazioni delle Nazioni Unite per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici.
In Oceania essi sono ben evidenti: “Non abbiamo bisogno di ulteriori spiegazioni su cosa siano, perché sta accadendo intorno a noi e colpiscono i nostri fratelli e sorelle nelle nazioni insulari più piccole. I segnali sono evidenti e il cambiamento climatico ha purtroppo una tendenza a lungo termine”, ha detto uno degli studenti intervenuti.
“Le popolazioni in Oceania dipendono prevalentemente dall'agricoltura e dalla pesca sia per sostentamento che come fonte di reddito” ha sottolineato un’altra dei partecipanti, rimarcando gli effetti devastanti su alcune popolazioni indigene degli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico.
Nel corso del dibattito, i giovani hanno invitato le grandi aziende multinazionali di tutto il mondo a “dare un contributo per migliorare la qualità della vita dell'umanità invece di cercare di realizzare maggior profitto a spese del benessere e della dignità del genere umano”. Bainam Bani, vice preside della scuola, ha affermato di essere rimasta colpita dalla fiducia dimostrata dai suoi studenti nelle discussioni: “le aziende manifatturiere devono iniziare a utilizzare energia pulita, è necessario piantare più alberi, dobbiamo iniziare a utilizzare materiali riciclabili”, ha evidenziato. (AP) (26/9/2019 Agenzia Fides)

venerdì 2 marzo 2018

Pugnalato a morte in India

ASIA/INDIA - Sacerdote indiano, Rettore di un santuario, pugnalato a morte in Kerala
 
Kochy (Agenzia Fides) - Un sacerdote del Kerala, India del Sud, è stato pugnalato a morte mentre si recava al centro di pellegrinaggio Kurisumudi a Malayattoor nell'Arcidiocesi di Ernakulam-Ankamaly oggi, 1° marzo. Come confermato all'Agenzia Fides da fonti ecclesiali locali, p. Xavier Thelakkat, 52 anni, è stato pugnalato dall'ex sagrestano della chiesa parrocchiale della chiesa di Malayattoor con un'arma da taglio. La polizia ha lanciato una caccia all'uomo per rintracciare l'uomo, di nome Johnny, che si ritiene si sia nascosto in una foresta vicino a Malayattoor dopo aver commesso il crimine. L'uomo era stato licenziato dal servizio tre mesi fa e,secondo la polizia, aveva ha avuto un alterco con il sacerdote il 28 febbraio.
P. Thelakkat aveva intrapreso un'azione disciplinare contro Johny su alcune questioni riguardanti il ​​funzionamento del Centro di pellegrinaggio di cui Don Thelakkat era rettore da sette anni. Dopo l'alterco, il prete è stato pugnalato alla gamba verso mezzogiorno. Sebbene sia stato portato di corsa al Little Flower Hospital ad Angamally, è deceduto per le profonde ferite riportate, a causa della grave perdita di sangue. P. Thelakkat era stato ordinato sacerdote il 27 dicembre 1993 ed era anche un avvocato e un attivista sociale, impegnato contro le mafie locali.
La chiesa di Malayattoor, situata a 52 chilometri da Kochi e situata sulla omonima collina, è dedicata a San Tommaso, l'apostolo che si ritiene abbia pregato in questo santuario intorno al 52 d.C. È meta di migliaia di pellegrini durante tutto l'anno. La chiesa è uno dei più antichi santuari cattolici al mondo. Nel 2004, il Vaticano gli ha conferito lo status di "Centro internazionale di pellegrinaggio", il primo in India.
Secondo la tradizione, San Tommaso ha visitato il Kerala nel 52 d.C. come parte della sua missione di diffondere la Parola di dio. La chiesa cade sotto l'arcidiocesi Ernakulam della Chiesa cattolica siro-malabarese. (SD) Agenzia FIdes 1/3/2018)

martedì 27 febbraio 2018

ASIA/ISRAELE - Santo Sepolcro chiuso per il terzo giorno. Anche la Lega Araba contro le tasse sui beni ecclesiastici

Gerusalemme (Agenzia Fides) – Anche oggi, martedì 27 febbraio, il portone della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme è rimasto chiuso alle visite di pellegrini e turisti che visitano la Città Santa. Molti gruppi di fedeli – riferiscono fonti locali consultate dall'Agenzia Fides – fanno soste nello spiazzo davanti alla Basilica e recitano preghiere appoggiandosi anche alle mura esterne e al portone della Basilica.
La “serrata” del Santo Sepolcro è stata decisa dai responsabili delle tre realtà ecclesiali – Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme, Patriarcato armeno apostolico di Gerusalemme e Custodia francescana di Terrasanta – che condividono la gestione della Basilica, come misura di denuncia pubblica contro quella che considerano una “sistematica campagna contro le Chiese e la comunità cristiana in Terra Santa, in flagrante violazione dello 'Status Quo'”, messa in atto dalle autorità israeliane. Una campagna che a giudizio dei Capi delle Chiese di Gerusalemme ha raggiunto “livelli senza precedenti” con la richiesta della municipalità di Gerusalemme di riscuotere tasse su beni ecclesiastici, disponendo anche il blocco dei conti correnti delle diverse realtà ecclesiali per spingerle a pagare gli arretrati.
Nella giornata di lunedì 26 febbraio, anche Saeed Abu Ali, vice Segretario generale della Lega Araba per la Palestina e i territori arabi occupati, ha condannato l'imposizione di tasse su beni ecclesiastici disposta dalle autorità israeliane, bollandola come “una ennesima aggressione contro il popolo palestinese”, messa in atto per consolidare “l'occupazione della Città Santa”, e che ha anche l'effetto di svuotare gli accordi già firmati e le trattative ancora in corso tra Israele e Santa Sede. (GV) (Agenzia Fides 27/2/2018).

lunedì 26 febbraio 2018

ASIA/ISRAELE - Dopo la”serrata”del Santo Sepolcro,congelato il disegno di legge sulla confisca dei beni delle Chiese



Gerusalemme – Agenzia Fides) – Dopo la “serrata del Santo Sepolcro”, disposta domenica 25 febbraio dai capi delle Chiese che ne condividono la gestione per protestare contro la politica di “flagrante violazione dello Status Quo” attribuita alle autorità israeliane, è stata rinviata la discussione per far approvare dal Parlamento d'Israele un disegno di legge – sostenuto da un terzo dei parlamentari - che a determinate condizioni consentirebbe allo Stato ebraico di espropriare le proprietà ecclesiastiche sparse nel Paese. Sempre domenica 25 febbraio, le commissioni parlamentari incaricate avrebbero dovuto far avanzare l'iter parlamentare del progetto di legge che permetterebbe allo Stato di confiscare proprietà ecclesiastiche cedute in passato ai privati, e che in futuro potrebbero diventare oggetto di contese giudiziarie.
Il progetto di legge – sostengono i suoi promotori – mira a proteggere gli israeliani che risiedono in case costruite su terre appartenenti alle Chiese, e in particolare al Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme. In molti casi, i contratti di affitto erano stati sottoscritti tra le istituzioni ecclesiastiche e il Fondo ebraico nazionale negli anni Cinquanta del secolo scorso, e garantivano agli affittuari la fruizione temporanea dei beni immobiliari per un periodo di 99 anni . Ma in tempi recenti recenti, per far fronte a debiti consistenti, il Patriarcato greco ortodosso avrebbe venduto parte del suo patrimonio a grandi gruppi immobiliari privati, che alla scadenza dei contratti d'affitto potrebbero non rinnovarli o imporre condizioni insostenibili per il loro prolungamento. Per questo il Parlamento israeliano vorrebbe garantirsi la possibilità di confiscare terre e beni immobiliari, sottraendoli a possibili contese proprietarie, soprattutto per tutelare gli interessi degli attuali affittuari.
Il disegno di legge sulla confisca delle proprietà rappresenta solo un elemento di quella che Capi della Chiese di Gerusalemme presentano come una “campagna sistematica” di attacco alla presenza cristiana nella Città Santa messa in atto dalla attuale leadership israeliana. La mobilitazione delle realtà ecclesiali di Gerusalemme è scattata unanime anche davanti alle misure messe in atto dalla municipalità di Gerusalemme per imporre tasse su beni ecclesiastici e reclamare il pagamento di imposte fiscali finora non corrisposte. Tra le altre cose, i legali della municipalità hanno chiesto il congelamento dei conti bancari del Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme fino a quando non verrà saldato il conto di quasi nove milioni di dollari di presunte tasse inevase. Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme, sostiene che le esenzioni fiscali garantite dallo Status Quo (il complesso di regole e consuetudini su cui si fonda fin dai tempi dell'Impero ottomano la coesistenza delle diverse comunità religiose nella Città Santa) non possono essere estese alle proprietà ecclesiastiche che non hanno come principale o esclusiva destinazione d'uso il culto divino. Issa Kassissieh, Ambasciatore dello Stato di Palestina presso la Santa Sede, in un messaggio inviato all'Agenzia Fides sottolinea che le autorità israeliane, congelando i conti bancari delle Chiese, hanno “superato la linea rossa”, e che l'attuale dirigenza israeliana ha messo in atto una vera e propria escalation per “porre fine alla presenza cristiana nella Città Santa di Gerusalemme”. Kassissieh fa appello alla Santa Sede e ai Paesi che si considerano custodi dei Luoghi Santi, affinchè si ponga fine alle illegalità politiche del governo israeliano”, e fa anche notare che la successione di recenti misure israeliane sulle proprietà ecclesiastiche di Gerusalemme ha preso forza dalla dichiarazione del Presidente USA Donald Trump del 6 dicembre 2017, che preannunciava il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d'Israele. (GV) (Agenzia Fides 26/2/2018).

ASIA/PAKISTAN - Un cristiano in fin di vita per le violenze della polizia

 
Lahore (Agenzia Fides) - C'è sdegno, preoccupazione e protesta nella comunità cristiana in Pakistan dopo il trattamento riservato dagli agenti della Federal Investigation Agency (FIA) sul 24enne cristiano Sajid Masih, nel corso delle indagini relative al caso di blasfemia che nei giorni scorsi ha coinvolto suo cugino, il 17enne Patras Masih. Patras Masih, giovane cristiano di Shahadra, sobborgo di Lahore, è stato accusato di aver commesso blasfemia con un post blasfemo su Facebook (vedi Fides 20/2/2018). Secondo quanto appreso dall'Agenzia Fides, Patras Masih è stato consegnato alla FIA per essere interrogato. La polizia ha convocato anche suo cugino Sajid Masih nel suo quartier generale. Durante l'interrogatorio la polizia ha riferito che Sajid Masih, nel tentativo di evadere, è saltato fuori dal quarto piano dell'edificio e ora è in gravi condizioni in ospedale, in terapia intensiva.
Sajid Masih dall'ospedale ha spiegato la sua versione, dichiarando che alcuni funzionari di polizia lo hanno malmenato e hanno cercato di forzarlo ad avere un rapporto sessuale con suo cugino Patras. Per evitare questa tortura e quest'atto di infamia, Sajid ha scelto di saltare fuori dalla finestra.
Come appreso da Fides, il ministro cristiano Kamran Micheal ha preso atto dell'incidente e ha contattato il direttore generale della FIA, Bashir Memon, chiedendo un'indagine adeguata in merito. La direzione ha assicurato un'inchiesta trasparente e ha promesso di portare i colpevoli sul banco degli imputati. Inoltre una scorta è stata assegnata a Sajid per evitare ritorsioni ai suoi danni.
In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, Michelle Chaudhry, laica cattolica e presidente della "Cecil & Iris Chaudhry Foundation" (CICF) di Lahore, esprime rabbia e costernazione: “Siamo indignati e inorriditi per il comportamento dei funzionari della FIA. Chiediamo una indagine seria che accerti le responsabilità. Questa brutalità della polizia è inaccettabile. Il governo e la polizia devono proteggere la vita e la dignità di ogni singolo pakistano”.
Un appello al primo Ministro del Punjab è stato rivolto da Adan Farhaj, cristiano pakistano, membro della “Pakistan Minority Rights Organization” nel Regno Unito: “Urge intervenire - rileva a Fides - contro questa ingiustizia commessa da criminali che hanno ferocemente disonorato i nostri confratelli in Pakistan. Nella società pakistana si insegnano ogni giorno odio e discriminazione verso la comunità cristiana. Chiediamo al governo pakistano di tutelare la giustizia e salvaguardare i diritti delle minoranze religiose, specialmente dei cristiani che subiscono violenze. La libertà è un diritto di tutti e va tutelato”. (PA) (Agenzia Fides 26/2/2018)

sabato 17 febbraio 2018

I preti sposati sappiano conciliare ministero pastorale e cura della famiglia

AFRICA/EGITTO - Patriarca copto: i preti sposati sappiano conciliare ministero pastorale e cura della famiglia
Alessandria d'Egitto (Agenzia Fides) – I sacerdoti coniugati della Chiesa copta ortodossa sono chiamati a occuparsi con dedizione dellaproprie famiglie, trovando il giusto equilibrio tra il tempo riservato al ministero pastorale e quello dedicato ai propri impegni familiari. Lo ha ribadito nei giorni scorsi il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, dopo aver ordinato 15 nuovi sacerdoti chiamati a vivere il proprio sacerdozio ad Alessandria d'Egitto. Il Primate della Chiesa copta ortodossa ha aggiunto che la vita familiare non deve essere trascurata dai sacerdoti, chiamati a viverla e abbracciarla come parte della propria vocazione e del proprio ministero.
Nel luglio 2015, come riferito dall'Agenzia Fides (vedi Fides 7/7/2015), il Patriarca copto ortodosso Tawadros II aveva voluto partecipare a un incontro di riflessione e preghiera con più di venti mogli dei sacerdoti copti ortodossi operanti nel settore orientale di Alessandria d'Egitto. In quell'occasione, Papa Tawadros aveva svolto la sua meditazione unendo considerazioni sulla vita e la vocazione del sacerdote a riflessioni sulla realtà della maternità e sul matrimonio così come vengono delineati nei testi biblici.
Nelle Chiese copte esiste la possibilità di scegliere i candidati al sacerdozio sia tra coloro che vivono il celibato sia tra coloro che sono sposati, mentre i Vescovi provengono tutti dalle file dei monaci e sono celibi.
Giovedì 15 febbraio, in una celebrazione dedicata alla commemorazione dei nuovi martiri copti, Papa Tawadros ha riproposto una citazione di San Giovanni Crisostomo, ricordando che “il martire muore una volta per il suo Signore, ma il pastore muore ogni giorno per il gregge del suo Maestro”. Chi non è disposto a abbracciare la connotazione martiriale del sacerdozio, sacrificandosi senza riserve nella cura del popolo di Dio – ha sottolineato il Patriarca - non è degno di essere pastore del gregge. (GV) (Agenzia Fides 17/2/2018).

lunedì 13 novembre 2017

Bollettino Agenzia Fides 13/11/2017

AFRICA/CENTRAFRICA - Un attentato al concerto della pace nel quartiere musulmano riaccende le tensioni a Bangui
 
Bangui (Agenzia Fides) - Quattro morti ed una ventina di feriti è il bilancio dell’attacco esplosivo ad un caffè avvenuto la sera dell’11 novembre a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana.
Alcuni sconosciuti hanno scagliato un ordigno esplosivo (probabilmente una bomba a mano) contro gli avventori del locale “Au carrefour de la paix”, mentre si stava esibendo il cantante Ozaguin, che è una celebrità in Centrafrica.
Il caffè si trova nel quartiere PK5, abitato in maggioranza da musulmani, ma al concerto stavano assistendo musulmani e cristiani. La manifestazione era stata infatti organizzata da giovani cristiani e musulmani con lo scopo di riavvicinare le due comunità divise da odio e risentimento a causa delle guerra civile scoppiata nel 2012, quando i ribelli Seleka, in gran parte musulmani, si impossessarono di Bangui, cacciando l’ex Presidente François Bozizé.
Dopo l’attentato è scattata la rappresaglia della popolazione del PK5 che ha fatto almeno tre vittime, tra i cristiani che si erano recati nel quartiere musulmano per fare i loro acquisti. A loro volta alcuni giovani cristiani hanno assalito i conducenti musulmani di moto-taxi che si recano nei loro quartieri.
“Non si capisce ancora chi ha commesso questo attacco e perché” dicono all’Agenzia Fides fonti della Chiesa locale. “Se volevano riaccendere gli animi ci sono riusciti, perché sono partite delle rappresaglie alla cieca su gente innocente. La situazione rimane molto tesa. I quartieri nell’area del PK5 si sono svuotati di nuovo, come ai tempi della guerra civile, e chi è rimasto ha eretto barricate a protezione delle proprie case e dei propri negozi” dicono le fonti di Fides, confermando che “alcuni giovani cristiani che si erano recati al KM5 per acquistare merci per i loro negozi sono stati accoltellati e uccisi”.
Il Primo Ministro Simpli-Mathieu Sarandji, ha condannato fortemente “questo atto criminale”, che ha colpito sia le famiglie musulmane che cristiane, ed ha riacceso le tensioni intercomunitarie a Bangui, che finora era stata risparmiata dalle violenze che sconvolgono altre parti del Paese. (L.M.) (Agenzia Fides 13/11/2017)
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ASIA/TIMOR EST - La priorità per Timor Est è lo sviluppo sociale ed economico
 
Dili (Agenzia Fides) – “Il popolo di Timor Est ha bisogno di un reale sviluppo. La gente del mio paese ha bisogno di istruzione e di un sistema sanitario di qualità, di sicurezza alimentare che si genera grazie a competenze tecniche sull'agricoltura, di infrastrutture come mezzi di trasporto e strade, elettricità e acqua potabile sicura, progetti immobiliari": lo rileva, in un colloquio con l'Agenzia Fides, il laico cattolico Jenito Santana, condirettore del “Kdadalak Sulimutuk Institute” (KSI, "Istituto di istruzione sociale") a Dili. Negli ultimi tempi, l'instabilità politica a Timor Est rende difficile concentrarsi sullo sviluppo della popolazione: l'urgenza, allora, è la stabilità politica, in modo che “un governo possa affrontare le reali esigenze della gente”, nota Santana.
Un potenziamento dell'agricoltura, dei mezzi di comunicazione, delle scuole e della sanità “farebbe aumentare il benessere di tutti, contribuendo a creare una società pacifica e armoniosa, in cui vi è una feconda cooperazione della Chiesa cattolica e del governo”, aggiunge.
Timor Est, che oggi ha 1,2 milioni di abitanti, è divenuta indipendente nel 2002, dopo un periodo di amministrazione transitoria gestito dall'Onu. La popolazione ha affrontato una lunga lotta per l'autodeterminazione e l'indipendenza dall'Indonesia, che aveva annesso l'isola quando i coloni portoghesi si ritirarono nel 1975. Circa l'85% della popolazione si affida all'agricoltura per il sostentamento. Il riso è la coltivazione più diffusa. Il tasso di disoccupazione nel settore agricolo è alto, nonostante circa 15.000 giovani entrano ogni anno come forza di lavoro.
Il KSI è un'organizzazione della società civile che opera con le associazioni degli agricoltori e promuove lo sviluppo sostenibile, in partnership con istituzioni pubbliche e con la Chiesa cattolica. L’Istituto si concentra su tre dimensioni: la sostenibilità ecologica, economica e sociale, con l’'obiettivo generale di costruire una società in cui tutti vivano nell'uguaglianza sociale, nella pace, nella solidarietà e nel rispetto dell'ambiente. A livello di strumenti, l'Istituto promuove il commercio equo, i piccoli prestiti, i gruppi di risparmio, l'organizzazione collettiva, le cooperative e le reti, regionali e nazionali, per influenzare i responsabili politici.
Tra le sfide più importanti oggi, vi sono le controversie sulla proprietà e lo sfruttamento dei terreni. Ad esempio, il governo ha in mente di dare terreni nel distretto di Ermera - noto per la coltivazione di caffè - in concessioni al multinazionali, minacciando il sostentamento di piccoli contadini.
Da tempo si parla di una riforma agraria, per beneficiare i piccoli agricoltori, che non è mai arrivata. In tale cornice, "la Chiesa cattolica, in cui si riconosce la maggioranza dei timoresi, si è impegnata accanto alla popolazione per promuovere giustizia, solidarietà, pace e promozione dei diritti umani” conclude Santana. (SD-PA) (Agenzia Fides 13/11/2017)
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ASIA/PALESTINA - Il “Premio Arafat” al Patriarca latino emerito di Gerusalemme Michel Sabbah
 
Ramallah (Agenzia Fides) – Il Primo Ministro Rami Hamdallah ha consegnato il “Premio Arafat” a Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, per il ruolo eccezionale da lui ricoperto nel servire “la causa della Palestina e di Gerusalemme”. La cerimonia di consegna del premio si è tenuta venerdì 10 novembre presso il Palazzo della Cultura di Ramallah. La stessa onorificenza è stata conferita anche a Muhammad Ahmad Hussein, Gran Mufti di Gerusalemme.
Nel discorso pronunciato in occasione della premiazione, organizzata dalla Fondazione Arafat a tredici anni dalla scomparsa del leader palestinese, il Patriarca emerito Sabbah ha invitato i leader palestinesi a chiedere a Dio la saggezza di preparare la pace e di renderla possibile. “Continuiamo a soffrire per un uragano globale che minaccia noi e l'intera regione” ha detto il Patriarca emerito, invitando tutti a porre la propria fiducia nell'Onnipotente: “Dio Onnipotente parla di pace” ha detto tra l'altro Sabbah “e i padroni di questo mondo parlano di guerra”. "Il premio ricevuto - ha aggiunto il Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini - ci ricorda che il Presidente Arafat ha inaugurato il sogno di uno Stato palestinese. Vediamo quel sogno da lontano. Ma crediamo che quel sogno si realizzerà davvero”. (GV) (Agenzia Fides 13/11/2017).
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ASIA/KAZAKHSTAN - Con la Caritas nasce il “volontariato” in Asia centrale
 
Almaty (Agenzia Fides) - “Una delle sfide della Caritas di Almaty è creare nella gente uno spirito e una sensibilità verso le azioni caritative. Il Kazakistan non vuole essere considerato un paese ‘in via di sviluppo’: al contrario, ci si sente quasi gli Emirati Arabi, visti gli immensi giacimenti di petrolio a disposizione. Molti non riescono a capire per quale motivo incentivare un’organizzazione assistenziale, quindi spesso troviamo resistenza nella realizzazione di progetti, anche se piccoli. Queste situazioni rendono il decollo delle nostre opere un po’ lento”: a raccontarlo all’Agenzia Fides è p. Guido Trezzani, responsabile della Caritas della Diocesi di Almaty. “Siamo una realtà ancora molto piccola perché siamo operativi da soli tre anni: la Caritas è stata fondata nel 2001, ma le attività hanno preso corpo solo a partire dal 2015, in uno spazio geografico enorme”. L’amministrazione apostolica di Almaty, istituita da Giovanni Paolo II nel 1999 ed elevata a diocesi nel 2003, abbraccia infatti un territorio di circa 712.000 kmq, con una popolazione di quasi 6 milioni e mezzo di abitanti.
P. Trezzani spiega: “Uno dei problemi da affrontare è la mancanza di risorse umane. Qui il volontariato quasi non esisteva, complice il retaggio sovietico: la gente, durante il regime, era abituata a pensare che i problemi sociali fossero di pertinenza dello Stato. Questo ha creato un atteggiamento di generale disinteresse; ma ora lentamente si sta sviluppando il senso di responsabilità personale e l'idea di contribuuire, come cittadini e come società civile, per rispondere alle sfide e ai problemi sociali”. Per questo in cima alla lista delle priorità della Caritas di Almaty c’è “la formazione di potenziali volontari all’interno delle comunità cattoliche della zona”.
I progetti realizzati dalla Caritas toccano i settori della salute e della protezione sociale: a maggio scorso è stato avviato un centro di riabilitazione e di attività prescolastiche per bambini affetti da sindrome di Down, mentre dall’inizio del 2017 si offre un servizio di assistenza agli anziani. Si tratta di due focus fondamentali in un paese in forte crescita e con un tasso di povertà inferiore al 5%, in cui permangono fasce di popolazione indigente, soprattutto nelle periferie, prive di servizi essenziali come l’acqua o l’elettricità.
Come spiega p. Guido, la carità rappresenta anche un’importante opportunità di dialogo interreligioso all’interno di una popolazione al 67,8% di fede islamica: “In molte situazioni riusciamo a collaborare con musulmani e ortodossi. Si tratta quasi sempre di un sostegno che parte da singoli individui, perché, soprattutto nel caso dell’islam, non c’è una vera e propria istituzione paragonabile alla Caritas, che promuova opere sociali anche con il volontariato”. (LF-PA) (Agenzia Fides 13/11/2017)
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ASIA/LIBANO - Il Patriarca maronita atteso a Ryiad nel pomeriggio. In agenda anche l'incontro con Hariri
 
Beirut (Agenzia Fides) – Il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai si appresta a realizzare l'annunciato viaggio in Arabia Saudita: la partenza del Patriarca da Beirut per Riyad è prevista per il pomeriggio di oggi, lunedì 13 novembre. Questa sera stessa – riferiscono fonti libanesi contattate dall'Agenzia Fides – il Patriarca avrà un incontro con gli immigrati libanesi che lavorano in Arabia Saudita, e che dopo gli ultimi, concitati sviluppi dei rapporti tra Beirut e Ryiad temono di perdere i propri posti di lavoro. Nel programma di domani, tra gli altri impegni del Patriarca è stato inserito anche l'incontro con il Primo Ministro dimissionario libanese Saad Hariri, che ha comunicato dall'Arabia Saudita in diretta tv la sua intenzione di dimettersi dall'incarico di premier.
Il Primate della Chiesa maronita è stato invitato all'inizio di novembre dalle autorità saudite, e erano già stati annunciati in precedenza i colloqui del Patriarca con Re Salman e con il Principe ereditario Mohammad Bin Salman.
L'invito saudita era giunto al Patriarca prima della complessa fase politica aperta dalle dimissioni di Hariri, che ha confermato come sui fragili politici libanesi si scarichino le tensioni regionali scatenate dal confronto-scontro tra Iran e Arabia Saudita.
Il Patriarcato maronita ha sempre sostenuto l'opportunità di non coinvolgere il Libano nei conflitti e nei giochi di forza regionali che stravolgono il Medio Oriente.
Secondo le fonti del Patriarcato maronita, la visita del Patriarca si concentrerà sui temi del dialogo, del rifiuto del terrorismo e dell'estremismo, e toccherà anche la condizione dei lavoratori libanesi residenti in Arabia Saudita, che secondo i dati del ministero degli Esteri libanese sarebbero circa 300mila, e che ora temono di essere espulsi dal Paese.
L'invito ufficiale a visitare l'Arabia Saudita era stato consegnato al Patriarca Rai da Walid Bukhari, incaricato d'affari dell'ambasciata saudita in Libano, mercoledì 1° novembre scorso (vedi Fides 3/11/2017). “La visita come tale” aveva dichiarato in merito all'Agenzia Fides il Vescovo Camillo Ballin MCCJ, Vicario apostolico per l'Arabia Settentrionale, “potrebbe essere l'inizio di un atteggiamento nuovo dell'Arabia Saudita verso le altre religioni”. In passato, tra i Patriarchi d'Oriente, solo il Patriarca greco ortodosso di Antiochia Elias IV visitò ufficialmente l'Arabia Saudita nel 1975. Il Patriarca maronita Rai è anche membro del Collegio cardinalizio, e in tale veste potrebbe diventare il primo Cardinale a visitare ufficialmente l'Arabia Saudita per incontrare le autorità del Paese. Nel frattempo, le dimissioni del Premier libanese hanno accentuato anche la valenza politica e geopolitica della visita patriarcale. (GV) (Agenzia Fides 13/11/2017).
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AMERICA/GUATEMALA - Hogar del niño minusvalido: una mano tesa verso i piccoli disabili
 
Quetzaltenango (Agenzia Fides) - L’Hogar del niño minusvalido (Casa del fanciullo portatore di handicap), inaugurato nel 1989 nella città di Quetzaltenango, ospita bambini non vedenti, sordi, con gravi forme di ritardo mentale e altre disabilità. “Attualmente sono 71 i piccoli che seguiamo” racconta a Fides padre Gian Luigi Lazzaro, missionario francescano, da 30 anni in Guatemala. “Non si tratta di un ospedale, ma di una vera e propria comunità dove, oltre a cibo, alloggio, cure e terapie di recupero, i piccoli ricevono anche tanto affetto, si sentono al sicuro e possono comportarsi con gioia spontanea”, continua il missionario.
“Sono sempre di più i bimbi che arrivano da diversi dipartimenti del Guatemala, anche in condizioni di grave denutrizione, vengono portati nella struttura dalle rispettive famiglie, spesso poverissime che non sono in grado di occuparsi di loro. Le malattie riscontrate in questi piccoli sono una più grave dell’altra. Alcuni ci vengono mandati dal Tribunale dei Minori perché abbandonati dai genitori”, dice padre Lazzaro.
“Non tutti riescono ad avere miglioramenti, dipende dal problema neurologico che hanno. Nell’Hogar ricevono, tra le altre, cure e attenzioni di ogni genere, dal linguaggio all’insegnamento di braille e abaco, terapia fisica, comunicazione alternativa, attività per favorire la loro autonomia. Alcuni possono frequentare la scuola per i bambini ‘normali’, sempre a seconda della loro situazione. Tutti i nostri piccoli, all’atto dell’ammissione, sono valutati dal neurologo e da altri specialisti in base al problema che presentano. Spesso vengono sottoposti a interventi medici e chirurgici. Per poter garantire una assistenza più completa a questi piccoli nel centro abbiamo circa una cinquantina di persone tra personale di cucina, pulizie, lavanderia, più sette suore francescane che seguono direttamente i bambini e la vita dell’ Hogar. Questa opera vive di carità”, continua padre Lazzaro. “Proveniendo da famiglie molto povere, nessun bambino paga niente. Non abbiamo alcun aiuto dal governo nè da istituzioni private guatemalteche o internazionali. Alcune scuole collaborano con noi con vari tipi di contributi. Le cose che ci servono costantemente sono pannolini monouso per adulti e bambini, vestiti, lenzuola, scarpe, giocattoli, materiale didattico, forniture scolastiche, disinfettanti per pavimenti, cloro, sapone in polvere, sapone, detersivi, mais, verdure, avena, altri cereali, etc.”.
Secondo i dati della ENDIS 2005, il primo Studio Nazionale sulla Disabilità, in Guatemala circa il 4% (3,74%) delle persone è affetto da una qualche forma di disabilità ed il 77% di queste ha più di 19 anni. Nonostante il Guatemala abbia ratificato la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, queste hanno scarse opportunità di integrarsi e partecipare nella società guatemalteca. Secondo la ENDIS, il 52% delle famiglie con persone con disabilità sono povere, il 50,3% delle persone con disabilità è analfabeta, quelle inserite nel mondo del lavoro sono solo lo 0,4% del totale della popolazione guatemalteca. Ciò significa che la maggioranza delle persone con disabilità dipende da altre persone per il suo sostentamento e la maggior parte sono le donne. Sempre la ENDIS rivela che solo il 2% di persone con disabilità ha partecipato a programmi di formazione lavorativa. Un ulteriore fattore che dimostra le scarse possibilità di integrazione delle persone con disabilità è la difficoltà di accesso ai servizi di assistenza medica a causa dei costi degli stessi piuttosto che della non conoscenza dei servizi o proprio dell’inesistenza degli stessi. Per quanto riguarda l’assistenza specializzata che comprende tra gli altri servizi di diagnostica, trattamento, riabilitazione, consultazione mediche e integrali, questa arriva solamente al 25% delle persone con disabilità. Ciò rende evidente che i ¾ del totale di questa popolazione non ha accesso a questo tipo di servizio e non c’è differenza tra uomini e donne. Il 52% ricevono assistenza da servizi sanitari del settore pubblico (ospedali o Instituto Guatemalteco de Seguridad Social), il 25% da un medico privato, il 25% da realtà benefiche private.
La città di di Quetzaltenango fa parte dell’arcidiocesi di Los Altos Quetzaltenango-Totonicapán che su una popolazione di 1.401.273 abitanti conta 1.121.000 cattolici e 9.543 battezzati.
(GLL/AP) (13/11/2017 Agenzia Fides)
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AMERICA/ECUADOR - Per costruire il “volto amazzonico” della Chiesa cattolica
 
Quito (Ecuador) - La chiamata a dar vita ad una "Chiesa con un volto amazzonico" è una grande sfida che si apre dopo l'invito di Papa Francesco a "esplorare percorsi, espressioni e processi che aiutino a costruire e a strutturare un modello di Chiesa pienamente cattolica e pienamente amazzonica”: lo afferma Mauricio López, laico ignaziano, Segretario esecutivo della Red Eclesial Panamazónica (REPAM) e di Caritas Ecuador, in una intervista diffusa da “Iglesia viva”, giunta a Fides. Per la costruzione di questa Chiesa dal volto amazzonico, López ritiene necessario che “i membri della società amazzonica possano essere formati secondo la propria realtà, l'identità culturale, le loro pratiche…che possano inserire, ad esempio, all'interno delle liturgie segni coerenti e vicini alla loro realtà".
Il 15 ottobre, all’Angelus, Papa Francesco ha annunciato la convocazione di un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica, che avrà luogo a Roma nel mese di ottobre 2019, per “individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta”.
López ricorda che “già il Concilio Vaticano II ci ha chiesto di cercare i semi del Vangelo presenti in tutte queste culture precedenti all'arrivo del cristianesimo. Lì c'è il seme della Parola”. Per esempio nel Chiapas, in Messico, viene rispettato l’insieme degli usi e dei costumi della comunità, e i diaconi permanenti ricevono la formazione in coppia, l'uomo infatti riceve il ministero e la moglie accompagna l'esercizio del ministero del marito. E’ stata inoltre tradotta la Bibbia nella lingua tzeltal e tzotzil (vedi Fides 16/1/2015; 8/10/2015;14/10/2015), non in modo letterale, ma con gli adattamenti alla cultura locale, il testo è stato approvato e consegnato al Santo Padre.
Come ha evidenziato lo stesso Papa Francesco, l’Amazzonia ha una importanza capitale per l’intero pianeta, e López sottolinea che “uno ogni cinque bicchieri d'acqua bevuti da chiunque sul pianeta, si deve all'Amazzonia, il 20% dell'acqua non congelata destinata al consumo umano è prodotto in Amazzonia, il 25% dell'ossigeno viene prodotto in questo polmone verde, uno o due dei cinque respiri che facciamo lo dobbiamo all'Amazzonia”.
Le nostre decisioni sui consumi stanno producendo la devastazione delle foreste - prosegue -, si cancellano i territori ancestrali indigeni per il desiderio dell’estrazione mineraria, si impone la monocultura per soddisfare le esigenze del consumo mondiale. Se non modifichiamo il modello di sviluppo, l'Amazzonia finirà per diventare uno spazio semi-desertico e l'impatto sul pianeta sarà terribile.
“Rispondere a una crisi sociale e ambientale, la questione della cura del creato o dell'Amazzonia, o di qualsiasi spazio vitale, hanno a che fare con le generazioni future" ribadisce Mauricio Lopez, e indipendentemente dall'ideologia politica e dal credo religioso, ognuno ha la responsabilità delle generazioni successive. Infine il Segretario esecutivo della REPAM invita ad approfondire l'Enciclica “Laudato Si”, a cercare di influire sulle politiche pubbliche, a difendere e proteggere gli spazi naturali, le terre indigene e ad essere consapevoli che "ciò che non facciamo ora, avrà un impatto su coloro che vengono dopo di noi". (SL) (Agenzia Fides 13/11/2017)
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AMERICA/PANAMA - Più spazio e diritti alle donne nella società
 
Panama (Agenzia Fides) - Condividere esperienze di lavoro, incoraggiare l'incidenza delle donne in diversi settori della società, promuovere la presenza e i diritti delle donne a livello politico, economico, sociale: questo l'obiettivo dell'incontro tenutosi nei giorni scorsi nella città di Panama tra donne rappresentanti di quattro aree pastorali dell'America Latina e dei Caraibi (Bolivariana, Cono Sud, Camex e Caraibi), impegnate nel sociale. Alla riunione, titolata “Donne, sicurezza alimentare, sradicamento della povertà e incidenza”, si è rilevato che, negli ultimi tempi, i paesi dell'America Latina e dei Caraibi hanno preso importanti impegni nei confronti dei diritti delle donne. Tutti hanno ratificato la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e 14 di loro hanno anche ratificato il protocollo facoltativo.
Ma nonostante ciò, secondo l'ultimo rapporto delle Nazioni Unite su “Progresso delle donne in America Latina e nei Caraibi 2017”, consultato dall'Agenzia Fides, esiste ancora una disuguaglianza strutturale, ad esempio nei salari o nel lavoro non retribuito.
La disoccupazione tra le donne nella regione è del 50% superiore rispetto al tasso degli uomini e le disparità salariali sono di circa il 20%. Inoltre, il 90% delle donne a basso reddito partecipa al lavoro in condizioni di informalità e instabilità. Secondo il rapporto, discriminazione, molestie sessuali e violenze, continuano ad essere un flagello per le donne. La violenza contro le donne - denuncia l'Onu - è l'abuso più diffuso dei diritti umani e “il femminicidio è la sua espressione estrema”. Purtroppo, l'America Latina è la regione in cui ci sono più omicidi di questo tipo: 14 dei 25 paesi al mondo con tassi più alti di femminicidio si trovano in questo continente.
Con l'intenzione di affrontare tutti questi problemi che interessano le donne, il Segretariato Latinoamericano e dei Caraibi della Caritas (SELACC), insieme con il Dipartimento di Giustizia e Solidarietà (DEJUSOL) hanno esaminato la condizione delle donne e come queste ultime possono partecipare nelle questioni rilevanti nella regione (migrazione, sicurezza alimentare, violenza, salute e incidenza politica) allo scopo di trovare soluzioni e condividere esperienze. Inoltre uno spazio è stato dedicato a discutere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, indicandoli come un'opportunità per iniziare a sradicare questi mali dalla società. Come riferisce all'Agenzia Fides la Caritas dell'America Latina, le partecipanti si sono impegnate a fare diventare realtà i diritti che accompagnano ciascuno degli Obiettivi, basandosi sull'etica nel servizio pubblico e sulla gestione dei beni globali”. Intervenendo all’incontro “Donne, sicurezza alimentare, sradicamento della povertà e incidenza” il Card. José Luis Lacunza, Vescovo di David, e Mons. José Domingo Ulloa, Arcivescovo di Panama, hanno espresso l’auspicio che la prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Panama nel 2019, possa includere una speciale attenzione alle donne. (L.G) (Agenzia Fides 13/11/2017)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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