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giovedì 26 maggio 2022

AFRICA/NIGERIA - Rapiti due preti nella diocesi retta da Mons. Kukah, fatto oggetto di pesanti minacce

AFRICA/NIGERIA - Rapiti due preti nella diocesi retta da Mons. Kukah, fatto oggetto di pesanti minacce
 
Abuja (Agenzia Fides) – Rapiti due sacerdoti nel nord della Nigeria. A riferirlo è p. Christopher Omotosho, Direttore delle Comunicazioni Sociali della diocesi di Sokoto. "Alla mezzanotte di oggi, 25 maggio 2022, uomini armati hanno fatto irruzione nella canonica della chiesa cattolica di San Patrizio, Gidan Maikambo, Kafur LGA dello stato di Katsina” afferma in un comunicato p. Omotosho. “Il parroco p. Stephen Ojapa, MSP (Missionary Society of St. Paul ) e il suo collaboratore don Oliver Okpara e altri 2 ragazzi che erano in casa sono stati rapiti. Non abbiamo alcuna informazione su dove si trovino. Vi chiedo di pregare per la loro salvezza e liberazione”.
Secondo le testimonianze raccolte i rapitori, armati, sono arrivati in gran numero, non sono stati visti in sella a delle moto come accade di solito negli assalti a fine di sequestro di persone avvenuti in Nigeria.
Don Oliver Okpara era stata ordinato sacerdote a settembre da Sua Ecc. Mons. Mathew Hassan Kukah, Vescovo di Sokoto, oggetto di recenti minacce (vedi Fides 24/5/2022). Il Vescovo aveva denunciato con forza l’uccisione di Deborah Samuel Yakubu, studentessa cristiana, linciata il 12 maggio per “presunte blasfemia” (vedi Fides 18/5/2022). La diocesi di Sokoto guidata da Mons. Kukah copre per intero gli Stati di Sokoto e Katsina, e in parte quelli di Zamfara e Kebbi.
(L.M.) (Agenzia Fides 25/5/2022)

martedì 31 agosto 2021

Agenzia Fides 31 agosto 2021

 

AFRICA/CAMERUN - Rapito il Vicario generale della diocesi di Mamfe
 
Yaoundé (Agenzia Fides) – Rapito il Vicario generale della diocesi di Mamfe, nel sud-ovest del Camerun, una delle due regione anglofone del Paese, dove è in corso una guerra tra l’esercito regolare e miliziani che rivendicano l’indipendenza delle due aree. “Con grande tristezza vi informo del rapimento di Mons. Agbortoko Agbor, ieri domenica 29 agosto” afferma il comunicato della diocesi di Mamfé, firmato dal cancelliere p. Sébastien Sinju.
“Il Vicario generale ha trascorso il weekend a Kokobuma per una visita pastorale e l’inaugurazione del presbiterio della parrocchia, era appena rientrato nel Seminario maggiore nel tardo pomeriggio. Mezz’ora dopo alcuni giovani armati, che si sono qualificati come separatisti, hanno assalito il Seminario dove vive Sua Ecc. Mons. Francis Teke Lysinge, Vescovo emerito di Manfe. Vista l’età avanzata del Vescovo, i separatisti hanno preferito prendere Mons. Agbor".
“I rapitori chiedono un riscatto di 20 milioni di franchi CFA (circa 30.489 euro) per la liberazione di Monsignor Agbortoko Agbor” afferma p. Sinju, che ha chiesto ai fedeli di pregare per la liberazione del sacerdote.
Quello di Mons. Agbor non è il primo rapimento di un prete della diocesi di Mamfe. Il 22 maggio p. Christopher Eboka, direttore delle comunicazioni per la diocesi, era stato rapito dai separatisti e rilasciato 10 giorni dopo, il 1° giugno.
Neppure i Vescovi sono stati risparmiati dai rapimenti. Il defunto Cardinale Christian Tumi, Arcivescovo emerito di Douala e principale mediatore della crisi anglofona, è stato rapito due volte, prima il 5 e il 6 novembre 2020, poi il 30 gennaio 2021.
Mons. Michael Miabesue Bibi, allora Vescovo ausiliare di Bamenda, nel Nord-Ovest, attualmente Vescovo di Buea nel Sud-Ovest, era stato rapito il 5 e 6 dicembre 2018.
Nel giugno 2019 è stato rapito anche l'Arcivescovo emerito di Bamenda, Mons. Cornelius Fontem Esua e due mesi dopo, Mons. George Nkuo, Vescovo della diocesi di Kumbo (nord-ovest) ha subito la stessa sorte. (L.M.) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/MALAYSIA - "Costruire un futuro migliore per la Malaysia": appello dei Vescovi
 
Kuala Lumpur, Malaysia (Agenzia Fides) - “Costruiamo un futuro migliore per la Malaysia”: così recita l'appello diramato da alcuni Vescovi cattolici in occasione del Merdeka Day (31 agosto) e del Malaysia Day (16 settembre), due date importanti per la storia e la vita civile della nazione. La 64a "Giornata Nazionale" (Hari Merdeka o Merdeka Day), il 31 agosto, commemora la Dichiarazione di Indipendenza della Malesia, avvenuta il 31 agosto 1957; il 16 settembre la nazione commemora l'istituzione della Federazione della Malesia, avvenuta nel 1963.
"Celebriamo la nostra nazione ringraziando Dio per la pace e l'armonia di cui godiamo in molti modi diversi, nonostante le sfide e gli ostacoli che ci attendono" affermano tre Vescovi in ​​un messaggio congiunto, diffuso per l'occasione e inviato all'Agenzia Fides. Il testo è firmato dall'Arcivescovo Julian Leow, che guida la comunità di Kuala Lumpur; da Mons. Sebastian Francis, Vescovo di Penang; e da Mons. Bernard Paul Vescovo di Malacca-Johore.
Il tema su cui si incentra il messaggio è "Malaysia Prihatin" ("La Malaysia si prende cura") e tocca naturalmente, come da un anno a questa parte, la questione della pandemia. A causa della pandemia, sono state penalizzate o sospese le celebrazioni e liturgie religiose, "mentre ombre oscure della crisi sanitaria, economica e politica hanno appesantito i cuori di molti malesi".
La pandemia, notano i Vescovi, ha avuto un impatto sulla vita dei malaysiani. Ha colpito l'economia malese poiché le imprese stanno chiudendo, i redditi sono ridotti e la perdita di posti di lavoro tocca migliaia di famiglie: sono solo alcune delle conseguenze immediate sulla vita dei cittadini comuni. “Le nostre vite sono state impoverite in modi che non avremmo mai potuto immaginare: psicologicamente, emotivamente e spiritualmente. Non solo stiamo cercando di trovare un certo equilibrio in questo periodo di disperazione, ma la realtà di aver perso i propri cari a causa della pandemia ha reso la vita ancora più difficile da sopportare per molti", notano i Vescovi.
La crisi politica iniziata all'inizio del 2020 sembra aver causato una maggiore instabilità nel Paese, con il governo che è cambiato due volte dalle elezioni generali del 2014 in poi. “C'è un senso generale di frustrazione e di impotenza nel paese, in questo momento. Speriamo che il Primo ministro nominato di recente, insieme con il suo esecutivo, ci porti fuori da questa triplice crisi, per il bene di tutti”, si legge nel messaggio.
I Vescovi invitano il nuovo Primo ministro Ismail Sabri Yaakob, nominato il 20 agosto scorso, a onorare le promesse esposte nel suo discorso inaugurale alla nazione: dare priorità alla ripresa della Malaysia su tutti i fronti con integrità, responsabilità e trasparenza, senza timori o favori. "Guardiamo al Primo Ministro perché guidi i malaysiani ad apprezzare la ricchezza e la diversità di ogni cultura, religione e razza", affermano i Vescovi.
Il 2021 segna il 51° anniversario della carta "Rukun Negara" (la Carta dei "Principi nazionali", ovvero la dichiarazione della filosofia nazionale stabilita nel 1970, in occasione della proclamazione della Giornata Nazionale). Quel documento costituisce l'orientamento per la vita della nazione, guidata dai seguenti principi: fede in Dio; lealtà al re e alla patria; supremazia della Costituzione; Stato di diritto; rispetto e moralità.
I Vescovi richiamano quella Carta: “La politiche del piano Malaysia Prihatin vanno fondate sui principi del Rukun Negara se vogliamo costruire una società unita, rispettosa, inclusiva e sostenibile. Chiediamo a tutti i leader politici, al governo e ai partiti di opposizione del paese, di mettere da parte le differenze e le ambizioni personali e di lavorare insieme per aiutare tutti i malaysiani che hanno un serio bisogno di assistenza per ricostruire le nostre vite".
A nome della Chiesa cattolica malaysiana, il documento ringrazia le persone per la loro generosità, abnegazione e determinazione mostrate durante la pandemia. E ricorda, oltre agli operatori sanitari di "prima linea" negli ospedali, gli "eroi sconosciuti" come guardie di sicurezza, addetti alle pulizie, netturbini, fattorini addetti alle consegne a domicilio e molti altri, che rischiano per mantenere attivi i servizi essenziali per tutti i cittadini.
“La costruzione di una nazione non appartiene né all'élite né a pochi eletti. Appartiene a tutti i cittadini. Mentre dobbiamo ritenere tutti i leader che eleggiamo responsabili nei confronti del ruolo che occupano, anche noi dobbiamo lavorare per promuovere l'unità e l'armonia alla base”, notano i Vescovi, che lanciano un forte appello all'unità, al bene comune e al servizio del prossimo.
“La politica della divisione non deve mai essere la narrativa che perpetuiamo perché ognuno di noi ha l'opportunità di promuovere l'unità nella nostra vita quotidiana. Non lasciamo che il senso di apatia, di non curarsi delle preoccupazioni degli altri, ci faccia perdere di vista la nostra responsabilità collettiva e il nostro dovere di cittadini. Se soccombiamo alla tentazione di essere isolati nel nostro modo di vivere, esprimiamo solo egoismo e insensibilità", affermano.
"Uniamo gli sforzi, per costruire, con l'aiuto di Dio e sotto la Sua guida, un futuro migliore per la Malesia mentre continuiamo ad essere Malaysia Prihatin", includendo i poveri e i bisognosi, conclude l'appello.
Su oltre 30 milioni di abitanti, il cristianesimo in Malesia è una religione praticata da circa il 9, 2% della popolazione (censimento 2010). Due terzi dei 2,6 milioni di cristiani vivono nella Malaysia orientale, composta dalle province di Sabah e Sarawak (nella grande isola del Borneo).
(SD-PA) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/PAKISTAN - Donna cristiana accusata di blasfemia per un messaggio What's App; giunti in Europa due coniugi salvati
 
Islamabaad (Agenzia Fides) - Una donna cristiana, Shagufta Kiran, residente a Islamabad, è stata accusata di blasfemia per aver semplicemente inoltrato un messaggio su WhatsApp che includeva contenuti ritenuti blasfemi. Come comunica a Fides l'organizzazione "Centre for Legal Aid Assistance & Settlement" (CLAAS) Shagufta è stata arrestata il 29 luglio dalla Federal Investigation Agency (FIA) ed è ancora sotto custodia.
Il marito di Shgufta, Rafique Masih, ha dichiarato che agenti armati hanno fatto irruzione nella loro casa e hanno arrestato sua moglie e i suoi due figli, accusandoli di aver violato la legge sulla blasfemia, inoltrando un post su WhatsApp che includeva contenuti blasfemi. Ha raccontato: “Con violenza si sono impossessati dei nostri telefoni, computer e altri oggetti di valore. Hanno arrestato Shagufta e i miei due figli senza previa informazione o mandato di arresto. Hanno portato mia moglie e i miei figli alla stazione di polizia, accusandoli in base agli articoli 295-A e 295-B del Codice penale del Pakistan (la cosiddetta legge sulla blasfemia), in seguito hanno liberato i miei figli”.
Rafique Masih e i figli sono fuggiti da Islamabad per la paura e le minacce, e si sono trasferiti in un luogo sicuro. Secondo la ricostruzione, Shagufta è stata arrestata perché inclusa in un gruppo WhatsApp in cui qualcun altro dei membri avrebbe condiviso un messaggio blasfemo, che Shagufta ha inoltrato ad altre persone senza leggerlo e senza conoscerne le conseguenze. "Shagufta non sapeva nulla del post, non era nemmeno l'autore del post in questione, ma è stata accusata di averlo diffuso", ha spiegato Rafique.
Nasir Saeed, direttore del CLAAS, ha espresso la sua preoccupazione per il continuo abuso della legge sulla blasfemia, che colpisce soprattutto membri poveri e analfabeti delle minoranze religiose: “Questa non è la prima volta che qualcuno è stato accusato di condividere un SMS o un post sui social media. Andrebbero cercati e perseguiti gli autori di tali messaggi. Ora per Shagufta Kiran inizia un calvario giudiziario e una sofferenza che potrà durare anni, finché non potrà dimostrare la sua innocenza".
Saeed ricorda la vicenda dei coniugi cristiani Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar, recentemente rilasciati dopo sette anni di carcere (vedi Fides 4/6/2021): i due erano stati condannati a morte in base ad accuse di presunta blasfemia commessa tramite un SMS ritenuto blasfemo. All'inizio di giugno, l'Alta Corte di Lahore ha annullato la condanna a morte comminata loro nel 2014, riconoscendo la macchinazione ai loro danni, dato che i due sono analfabeti e non avrebbero potuto scrivere personalmente alcun messaggio di testo. Non è stato appurato, però, chi abbia scritto quei messaggi e li ha incastrati, dunque l'abuso della legge resta, anche nel loro caso, impunito.
Nei giorni scorsi, grazie all'interessamento del loro avvocato difensore, il musulmano Saif-ul Malook (che è stato anche l'avvocato nel noto caso di Asia Bibi), i due hanno raggiunto sani e salvi i Paesi Bassi, in Europa. Il Parlamento dell'Unione Europea ha adottato nello scorso aprile una risoluzione in favore di Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel, chiedendo che il Pakistan conceda spazio alla libertà religiosa ed esortando le autorità della UE a rivedere gli accordi commerciali con il Pakistan, se non saranno rispettati i diritti e le libertà individuali.
(PA) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/IRAQ - Patriarca Sako: la visita di Macron a Mosul rischia di alimentare equivoci
 
Baghdad (Agenzia Fides) – “Il vertice internazionale svoltosi a Baghdad con la partecipazione del Presidente francese è stato un evento importante, un segno forte di supporto all’Iraq e al suo cammino per ritrovare stabilità. Ma poi, altri momenti della visita di Emmanuel Macron in Iraq, e soprattutto la sua trasferta a Mosul, sono stati segnati da gesti e parole che a molti iracheni appaiono inadatti, e rischiano di alimentare equivoci”. E’ un bilancio articolato e in chiaroscuro quello tracciato dal cardinale iracheno Louis Raphael Sako, Patriarca della Chiesa caldea, in merito alla visita appena conclusa del Capo dell’Eliseo in terra irachena.
In una conversazione con l’Agenzia Fides, il Patriarca si sofferma sugli aspetti generali e particolari che lo inducono a definire quella di Macron come una “visita frettolosa e mal preparata”.
In primis, il cardinale Sako ritiene fuorviante il cliché ormai obsoleto delle visite di leader occidentali che si recano nelle aree di crisi presentandosi come potenziali “risolutori” di conflitti e situazioni degradate di lungo corso: “Abbiamo visto tante ‘missioni’ politiche e militari occidentali in Medio Oriente, abbiamo visto tante promesse d’aiuto, e alla fine tutto rimane a livello di vuote parole, se non peggio. Pensiamo a quello che è successo in Afghanistan. Pensiamo alle tante promesse fatte di recente al Libano, che continua a dibattersi in una crisi gravissima. La realtà è che i Paesi occidentali non possono fare niente, soprattutto ora che sono tutti presi a risolvere i loro problemi economici e a concentrare le loro risorse nella lotta alla pandemia”.
L’errore di attendersi dall’Occidente la salvezza e la soluzione dei problemi – fa notare il Patriarca caldeo – ha avuto effetti devastanti anche quando ha riguardato nello specifico le comunità cristiane del Medio Oriente. “Quella dell’Occidente che difende i cristiani nelle altre aree del mondo” dichiara a Fides il patriarca Sako “è una leggenda che ha fatto tanti danni. E alcuni momenti della visita di Macron a Mosul sono apparsi come una ennesima riproposizione di quella leggenda”. Nella città- martire, il Presidente Macron ha visitato la chiesa latina conosciuta come Nostra Signora dell’Ora, officiata tradizionalmente dai Padri Dominicani. “In quella circostanza” fa notare il Patriarca Sako “gli interlocutori di Macron erano soprattutto europei, e anche i vescovi iracheni presenti sembravano ospiti. Si è visto un clima di cordiale familiarità tra connazionali europei, in contrasto alla atmosfera formale e fredda creatasi quando il Presidente francese ha visitato la Grande Moschea di Al Nuri. Alcuni imam sunniti hanno criticato la visita di Macron mentre era ancora in corso. Quello che voglio dire – aggiunge il Patriarca caldeo – è che il nostro primo desiderio è quello di vedere tornare e rimanere nelle proprie case i cristiani che sono fuggiti da quelle terre. Occorre favorire il ripristino di un tessuto di convivenza armoniosa tra le diverse comunità etniche e di fede, lo stesso che connotava Mosul nei tempi passati. A questo riguardo, la visita di Macron non ha aiutato, è stata un’occasione persa e ha rischiato anzi di alimentare diffidenza nei concittadini musulmani. L’ultima cosa da fare per i cristiani di qui è quella di riporre la propria fiducia nelle politiche occidentali. Se la Francia apre un consolato a Mosul o costruisce un aeroporto da quelle parti, questi non sono affari che riguardano i vescovi e le cose che i vescovi devono chiedere alle autorità civili locali”.
Nella sua trasferta di due giorni in terra irachena, Macron ha visitato Baghdad, Mosul e Erbil. Nella capitale irachena, il Presidente francese ha preso parte sabato 28 settembre al vertice regionale organizzato dal governo iracheno che ha visto la partecipazione, tra gli altri, dei ministri degli esteri (ma non dei capi di Stato) di Arabia Saudita, Iran e Turchia. “L'Iraq non può essere il teatro degli scontri regionali!”, ha dichiarato il primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi all'apertura dei lavori. (GV) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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AMERICA/VENEZUELA - “La carità non ha limiti, né discrimina i destinatari”: i Vescovi lamentano ostacoli agli aiuti per le zone alluvionate
 
Caracas (Agenzia Fides) – Un appello alle autorità nazionali, regionali e militari, perché operino “non per interessi particolari”, ma ricordino che “sono al servizio di tutti i venezuelani” è venuto dai Vescovi del Venezuela, che in un messaggio del 30 agosto lamentano il comportamento di alcune autorità civili e della Guardia nazionale che domenica 29 agosto hanno impedito il passaggio di parte degli aiuti umanitari inviati alla popolazione dello stato di Mérida, colpita da violente piogge.
Secondo dati provvisori, l’ondata di maltempo che si è abbattuta sul Venezuela occidentale nei giorni scorsi con piogge torrenziali, inondazioni e frane, ha colpito 35.000 persone, causando almeno 20 morti e altrettanti dispersi, ha distrutto 8.000 case e provocato danni enormi alle infrastrutture. All’Angelus di domenica 29 agosto, Papa Francesco ha espresso la sua solidarietà con queste parole: “Sono vicino alla popolazione dello Stato venezuelano di Mérida, colpita nei giorni scorsi da inondazioni e frane. Prego per i defunti e i loro familiari e per quanti soffrono a causa di questa calamità”.
Nel comunicato della Presidenza della Conferenza episcopale del Venezuela, giunto all’Agenzia Fides, si legge: "Ci rammarichiamo e condanniamo l'atteggiamento di alcune autorità civili, così come della Guardia Nazionale Bolivariana, che, lungi dal cooperare disinteressatamente, non solo hanno impedito l'accesso di gran parte degli aiuti inviati da varie parti del Paese, ma hanno avuto un atteggiamento di disprezzo e offesa nei confronti di membri della Chiesa e di altre istituzioni". Costoro affermano di aver ricevuto ordini superiori, proseguono i Vescovi, che li esortano, “a nome delle comunità colpite, a cambiare atteggiamento e a mettersi al servizio delle istituzioni che stanno collaborando, in modo che le spedizioni di aiuti arrivino presto a destinazione, dando priorità al transito dei carichi di forniture; aprendo strade e promuovendo altre iniziative a favore della popolazione colpita”. Tutto questo, sottolineano, secondo i principi della Costituzione nazionale.
I Vescovi ribadiscono la loro solidarietà alla popolazione di Merida, soprattutto agli abitanti della Valle del Mocoties, colpita da questi fenomeni naturali violenti, e sottolineano la pronta risposta della Chiesa cattolica e di altre istituzioni nell’organizzare i soccorsi. “Grazie alla risposta immediata di tante persone di buona volontà, si sono potuti portare aiuti di diverso tipo, dalle medicine e dal cibo ai vestiti e alle altre forniture necessarie. La carità non ha limiti, né stabilisce le condizioni per praticarla, come non discrimina i destinatari delle opere di misericordia" evidenziano.
La rapidità con cui la Caritas nazionale e le Caritas diocesane hanno raccolto gli aiuti necessari provenienti da diverse parti del paese, sottolineano i Vescovi, ha dimostrato “la generosità dei cattolici e delle persone di buona volontà che, sebbene in mezzo ad una crisi che ha impoverito molte persone nella nazione”, non hanno avuto dubbi nel condividere il poco e il molto che possiedono.
La rete Caritas è stata una delle prime a dare l'allarme su quanto stava accadendo nella Valle dei Mocotíes a seguito delle intense piogge che ancora cadono sul territorio nazionale. Nella notte di lunedì 23 agosto 2021, ricorda una nota di Caritas Venezuela, Caritas Mérida ha ricevuto l'allerta dalla Caritas parrocchiale situata nella valle di Mocotíes sui danni che le forti piogge avevano iniziato a causare nei comuni di Ofvar, Zea e Antonio Pinto Salinas. Immediatamente la Caritas arcidiocesana di Mérida ha iniziato a raccogliere le informazioni per stilare un rapporto della situazione e ha contattato la Caritas nazionale. In meno di 12 ore, si è saputo del tragico bilancio di perdite di vite umane, di persone scomparse e di famiglie colpite. Già allora la rete di solidarietà era stata attivata da Caritas Merida, Caritas Caracas e di altre diocesi, guidate da Caritas Venezuela.
Il 25 agosto, Caritas Mérida insieme a Ulandinos First Aid (PAULA) ha istituito una serie di centri per raccogliere cibo non deperibile, acqua potabile, coperte, calzature e abbigliamento in buone condizioni, prodotti per l'igiene personale, medicinali, mascherine, batterie e altre fonti alternative di energia. Contemporaneamente, l'arcidiocesi di Caracas ha istituito punti di raccolta in sei parrocchie della capitale. Venerdì 26 agosto è stata effettuata la prima partenza dei camion della solidarietà per portare a Merida quanto raccolto. Sabato 28 agosto, 38.000 litri di acqua e più di 30 tonnellate di aiuti raccolti a Merida, Caracas e negli altri stati in cui la Caritas ha istituito centri di raccolta, sono giunti a destinazione. La Caritas a livello nazionale è ancora attiva per assistere, non solo la popolazione di Merida, ma anche gli abitanti di altre zone colpite dalle piogge. (SL) (Agenzia Fides 31/08/2021)
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mercoledì 17 febbraio 2021

Agenzia Fides 17 febbraio 2021

 

AFRICA/CONGO RD - Covid-19: migranti burundesi bloccati nel Sud Kivu per la chiusura del confine
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – “A causa dell'isolamento per la lotta al Covid-19, attualmente nel villaggio di Katogota osserviamo la chiusura dei confini. Quindi è impossibile per gli immigrati burundesi che si trovano nel nostro villaggio tornare nel loro Paese” afferma una nota inviata all’Agenzia Fides dall’organizzazione umanitaria ACMEJ, che opera in questo villaggio del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), al confine col Burundi.
Gli espatriati burundesi sono arrivati nella RDC per visitare parenti e amici, altri per cercare un lavoro, altri ancora fuggono dall'insicurezza nel loro Paese. Al momento, alcuni sono ospitati dalle famiglie d’accoglienza, altri stanno in case prese in affitto. Si moltiplicano però i conflitti tra la popolazione di Katogota e gli immigrati che non possono più permettersi di pagare l’affitto della casa, mentre alcuni di loro sono diventati un pesante fardello per le famiglie che li ospitano.
Anche il centro medico locale che non ha i mezzi economici per garantire cure gratuite, si è lamentato di essere sopraffatto dalla situazione degli immigrati burundesi affetti da diverse malattie che non sono in grado di sostenere le spese mediche. I burundesi hanno bisogno urgente di aiuti umanitari soprattutto per i bambini che continuano ad ammalarsi. È quindi altamente auspicabile e urgente che le organizzazioni umanitarie inviino aiuti agli immigrati in difficoltà, in primis medicinali e assistenza medica.
"Auspichiamo che i governi del Burundi e della RDC guidino una discussione bilaterale per la riapertura delle frontiere, nel rispetto delle misure di barriera contro il Covid-19. Ciò consentirebbe a questi immigrati di tornare a casa e la situazione della comunità di Katogota potrebbe alleggerirsi” conclude l’ACMEJ. (L.M.) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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AFRICA/SUD SUDAN - Aumentano i contagi da Coronavirus: la polizia emana sanzioni anche per le celebrazioni religiose
 
Bor (Agenzia Fides) - I continui assembramenti dovuti alle riunioni pubbliche in occasione di eventi, comprese le funzioni religiose domenicali, hanno causato l’intervento delle autorità della polizia di Bor, capitale dello stato di Jonglei, situato nell’est del paese. A causa della mancata adesione alle misure di prevenzione previste contro il Covid durante le funzioni religiose, le autorità hanno ammonito le chiese di severe sanzioni contro quanti verranno trovati in condizione di violazione.
Alla fine del mese scorso, in seguito ad una nuova ondata di contagi da Coronavirus, la National Taskforce sul Covid-19, ha emesso un ordine che vieta tutte le forme di incontri sociali fino al 3 marzo. In una dichiarazione ad una emittente locale, il portavoce della polizia di stato, John Mawut Ngangha, ha affermato di aver applicato misure preventive contro il Coronavirus nei luoghi di culto già dalla scorsa settimana. Mawut ha sottolineato che oltre a far rispettare il divieto del governo la Taskforce è impegnata a garantire educazione sanitaria sul Covid-19.
“Come forze di polizia, siamo impegnati a rafforzare l'ordine governativo che vieta ogni forma di raduno sociale. Domenica ho assistito alla funzione presso la Nigel Church, le persone osservavano il distanziamento sociale ed erano radunate in preghiera sotto gli alberi” ha detto Mawut.
La reazione degli abitanti di Bor non ha tardato ad arrivare. I cittadini si sono detti consapevoli della pandemia ma di non essere sempre in grado di attenersi ai protocolli di prevenzione a causa delle difficoltà logistiche e strutturali.
Il vescovo James Deng, della chiesa episcopale del Sud Sudan, diocesi di Makuac, ha detto che "le funzioni domenicali proseguono" , sottolineando che Dio è l'unico faro di speranza per il sud sudanese. “Non vedo motivo per cui le chiese dovrebbero essere chiuse visto che luoghi di assembramento come i mercati sono sempre congestionati. Come Chiesa, crediamo, che sconfiggeremo questo virus anche con la preghiera”, ha detto il vescovo Deng. “Non siamo contro il governo - ha sottolineato. La pandemia esiste ma non c'è bisogno di vietare l'apertura delle chiese. Oltre a predicare il Vangelo educhiamo le persone a detergere le mani e osservare le pratiche di igiene e il distanziamento sociale, sebbene vi sia carenza di disinfettanti”.
Il mese scorso il direttore sanitario del Bor State Hospital, attraverso le stazioni radio locali, ha avviato la formazione sull'educazione sanitaria sul virus, anche se le tradizioni e gli sfollamenti causati dalle inondazioni e dalle difficoltà economiche rendono difficile l'adesione alle misure COVID-19.
Dall’inizio di questa settimana il Paese ha registrato 148 nuovi casi, portando il numero totale di contagi registrati a 5.710.
(AP) (17/2/2021 Agenzia Fides)
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ASIA/PAKISTAN - Due giovani cristiani incriminati con false accuse di blasfemia: gli avvocati contestano i reati
 
Lahore (Agenzia Fides) - Due giovani cristiani sono stati incriminati per blasfemia, accusati di aver predicato il cristianesimo a giovani musulmani e di aver disonorato pubblicamente l'islam, il Corano e il Profeta Maometto al Model Town Park di Lahore. I due sono Haroon Ayub Masih di 25 anni e Salamat Mansha Masih di 30 anni, membri di una comunità cristiana evangelica. L'arresto di uno degli imputati (l'altro è fuggito) è avvenuto subito dopo che Haroon Ahmad, un uomo musulmano, ha presentato denuncia alla stazione di polizia di Model Town contro i due giovani il 13 febbraio scorso, contestando la violazione delle "leggi sulla blasfemia", ovvero l'articolo 295 ai commi "a", "b" e "c" del Codice penale del Pakistan.
Secondo il denunciante, i due Haroon Ayub Masih e Salamat Mansha Masih si sono avvicinati a un gruppo di persone musulmane iniziando a predicare il cristianesimo e consegnando loro un libro in lingua urdu intitolato "Zindagi ka Paani" (Acqua della vita). Il musulmano Haroon Ahmad nel primo rapporto di indagine (First Information Report) dice: "I due uomini hanno iniziato a commettere blasfemia disonorando il Profeta Maometto, dicendo che era un vagabondo, che si è sposato per aumentare la sua generazione mentre Gesù non si è sposato e ha proclamato la verità". Aggiunge il rapporto, pervenuto a Fides : "Hanno detto che la Torah e i Vangeli sono libri veri e il Sacro Corano non dice la verità, hanno continuato a disonorare l'Islam, ferendo le nostre emozioni e sentimenti religiosi apertamente e pubblicamente ”. Il denunciante afferma inoltre: “Gli uomini cristiani hanno commesso blasfemia disonorando il Profeta Muhammad, il Sacro Corano e l'Islam. Vi chiedo di punire i due e la casa editrice secondo le leggi sulla blasfemia, per aver pubblicato e stampato questa letteratura ”.
La polizia ha avviato un procedimento ai sensi delle leggi sulla blasfemia 295 al comma "A" che incrimina "atti deliberati o dolosi volti a oltraggiare i sentimenti religiosi di qualsiasi persona, insultando la sua religione e credenze religiose", che prevede 10 anni di reclusione o multa; si cita poi il comma 295 B cioè "aver vilipeso il Sacro Corano" per il quale la pena è la reclusione a vita; e si formulano accuse secondo il 295 C per aver "usato osservazioni dispregiative, pronunciate, scritte direttamente o indirettamente che offendono il nome del Profeta Maometto o altri profeti" per cui è prevista la pena di morte obbligatoria.
Uno dei due cristiani, Salamat Mansha Masih, è stato arrestato dalla polizia mentre Haroon Ayub Masih è riuscito a fuggire e anche la sua famiglia si è nascosta.
L'avvocato cristiano Aneeqa Maria Anthony, responsabile della Ong "The Voice", che ha assunto la difesa legale di Haroon Ayub Masih, così chiarisce all'Agenzia Fides l'accaduto, rifendendo quanto ha raccontato Haroon Masih: "Stavamo studiando e discutendo per conto nostro del Nuovo Testamento, quando alcuni giovani di passaggio si sono fermati per ascoltare cosa stavamo dicendo. Dopo aver sentito che stavamo parlando della Bibbia, hanno chiesto informazioni e allora abbiamo dato loro un piccolo libro chiamato 'Acqua della vita' con alcuni estratti dal Nuovo Testamento. Non c'è niente di blasfemo in quel libro. Uno di loro ci ha chiesto di smettere di leggere e parlare della Bibbia in un luogo aperto, poiché non sarebbe consentito. Siamo rimasti scioccati nel sentire questo, perché non li abbiamo invitati ad ascoltarci. Abbiamo detto loro di non interferire poiché stavano , secondo i nostri diritti di cittadini, semplicemente parlando tra noi. A quel punto il confronto è diventato una discussione accesa e abbiamo preferito abbandonare il luogo".
Prosegue l'avvocato: "Alcuni dei giovani musulmani, però, hanno preso Salamat e lo hanno portato al responsabile della sicurezza del parco, accusandolo proditoriamente i due di aver predicato il cristianesimo e aver bestemmiato contro l'islam, ma questo è del tutto falso. Così lo hanno portato alla polizia ed è scattata la denuncia". Haroon Masih ha dichiarato: "Leggo la Bibbia con i miei fratelli, serviamo Dio in diversi luoghi del Pakistan. Non ho mai parlato contro nessuna religione. Rispetto il Profeta Maometto ”.
L'avvocato Anthony riferisce un altro aspetto delicato: la denuncia è registrata è firmata da Haroon Ahmad che non era presente sul luogo , non è un testimone oculare dei fatti, ma che è membro del movimento estremista "Tehrik-e Labaik", che ha voluto assumersi la responsabilità di accusare i due cristiani, affermando di "voler continuare a proteggere l'Islam da ogni male".
L'avvocato informa che la prima udienza sul caso è prevista il 24 febbraio e che, intanto ha ottenuto una cauzione provvisoria per Haroon Ayub Masih. E conclude: "Cerchiamo giustizia per due giovani cristiani innocenti. Il gruppo Tehrik e Labaik sembra aver preso il caso molto seriamente e violentemente e agisce in maniera minacciosa. Non ci lasceremo intimorire ma abbiamo bisogno del sostegno e della preghiera di tanti".
(PA-AG) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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ASIA/IRAQ - Il Patriarca caldeo Sako: è sbagliato pretendere che la visita del Papa risolva tutti i nostri problemi
 
Baghdad (Agenzia Fides) – Papa Francesco “non viene in Iraq per risolvere tutti i problemi” delle comunità cristiane locali. Non dipende certo da lui riportare in Iraq “i cristiani che sono emigrati all’estero”, o “recuperare le loro proprietà usurpate”. Spetta piuttosto al governo iracheno “creare le condizioni per il ritorno”. Così il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako ha voluto rispondere con un comunicato ufficiale a quelle da lui stesso indicate come “critiche messe in circolo attraverso i social media” alla imminente visita papale in Iraq, in programma dal 5 all’8 marzo. Nel breve comunicato, diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato caldeo, il Patriarca ha preso atto che il Papa “non potrà visitare tutti i santuari”, ma nel contempo ha messo in evidenza la forte portata simbolica dei luoghi toccati dalla visita papale – compresi Ur, Najaf, Mosul e Quaraqosh – da dove il vescovo di Roma potrà diffondere “parole di amore, fratellanza, riconciliazione, tolleranza e rispetto per la vita, la diversità e il pluralismo”.
Intanto, in questi giorni, il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, continua a incontrare rappresentanti di istituzioni, forze politiche e raggruppamenti sociali e religiosi, tutti desiderosi di esprimere interesse e compiacimento per la prossima visita papale. Tra gli altri, il Patriarca ha ricevuto anche una delegazione dell’Alleanza politica sciita al Hikma (”Corrente di Saggezza nazionale”, nonché il parlamentare Saib Khidir, rappresentante della minoranza yazida.(GV) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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AMERICA/CILE - Una Quaresima di conversione, purificazione e speranza
 
Santiago (Agenzia Fides) – Nel suo messaggio per la Quaresima, il Comitato Permanente della Conferenza Episcopale del Cile sottolinea l’imposizione delle ceneri con cui inizia questo tempo liturgico, invitando a partecipare di persona o da remoto, secondo le disposizioni relative alla pandemia, "per vivere questo profondo segno di umiltà senza minacciare la nostra salute o quella degli altri". Questo tempo di conversione ci invita a rinnovare la nostra fede e la nostra speranza, è anche un tempo di purificazione e penitenza per il dolore causato con i nostri peccati. "I Pastori della Chiesa chiedono ancora una volta perdono a Dio e ai nostri fratelli e sorelle che sono stati abusati, maltrattati, esclusi o ignorati da alcuni dei loro ministri”.
“L'ultimo anno è stato difficile per tutti – scrivono i Vescovi -. La pandemia di Covid-19 ha evidenziato la nostra fragilità; dobbiamo piangere i gravi danni alla salute di molte persone, tra cui molte che hanno perso la vita; abbiamo anche subito le sue gravi conseguenze sociali che diventano più drammatiche tra i più vulnerabili”. Invitano tuttavia a ringraziare Dio “per le innumerevoli espressioni di solidarietà fraterna, carità e vicinanza, nonché per l'impegno professionale di coloro che lavorano al servizio dei malati negli ospedali e nei centri sanitari. Ringraziamo anche sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi e laici che hanno cercato di accompagnare con i sacramenti, la preghiera e il conforto in questo momento di incertezza.”
I Vescovi lamentano anche gli atti di violenza che continuano a verificarsi nella società cilena, con la perdita di vite umane, aggressioni a persone, case, luoghi pubblici e persino luoghi di culto di diverse confessioni religiose. Aumenta significativamente la migrazione nel nord del paese, di persone provenienti da nazioni con un'enorme crisi sociale e politica. Alcune manifestazioni climatiche di insolita intensità, hanno causato gravi danni alle famiglie che hanno perso le loro case, le attività agricole ed economiche, portando incertezza e insicurezza.
“In questo insieme di situazioni, molte persone si chiedono cosa ci sta dicendo il Signore? Cosa possiamo fare per vivere il nostro status di cristiani in questo momento?” I Vescovi rispondono: “Meditare con cuore sincero la Parola di Dio, fonte permanente di salvezza e luce, per il discernimento quotidiano, riveste una particolare importanza in questo tempo liturgico della Quaresima”. Ricordano quindi la preghiera personale e comunitaria, che è sempre un modo sicuro per scoprire la volontà di Dio. "Non smettiamo mai di pregare incessantemente per il dono della vita e della salute, della giustizia e della pace" aggiungono, e citano il Messaggio di Quaresima 2021 di Papa Francesco: "la via della povertà e della privazione (digiuno), lo sguardo e i gesti dell'amore verso l'uomo ferito (elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (preghiera) ci permettono di incarnare fede sincera, speranza viva e carità attiva".
Questo tempo complesso che stiamo vivendo ha portato vari tipi di privazione a molti, gli sprechi non hanno posto in una società che cerca di superare le sue disuguaglianze, e “la Quaresima ci dà la possibilità di tornare all'essenziale della nostra vita di credenti, mettendo Cristo al centro". Quindi esortano: "Dobbiamo rinnovarci in atteggiamenti di speranza! La possibilità di accedere a uno dei vaccini contro il Covid-19 ci apre una finestra di speranza per avviare il processo di superamento di questa grave pandemia”. Tutti sono invitati a vaccinarsi, perché “non c’è alcun motivo ragionevole per sospettare che i vaccini siano dannosi o che il loro uso possa essere soggetto a divieti morali.”
Infine i Vescovi cileni ricordano che inizia un anno di importanti decisioni per la vita del Paese "in cui ogni connazionale deve essere protagonista", chiamando a partecipare attivamente e ad essere informati su ciò che riguarda le elezioni, i progetti e i programmi dei candidati. "Come la Quaresima è un cammino per credere e testimoniare un tempo nuovo – concludono -, aiutiamoci con i nostri atteggiamenti personali, familiari e civili perché le giovani generazioni continuino a credere nel Cile e nei valori umani e cristiani che nel corso della storia hanno ispirato la nostra società". (SL) (Agenzia Fides 17/02/2021)
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AMERICA/PERU' - Emergenza sociale e sanitaria: centinaia di migranti provenienti dal Brasile bloccati alla frontiera
 
Puerto Maldonado (Agenzia Fides) – Il Vicario Apostolico di Puerto Maldonado ha rivolto un appello alle autorità governative per quanto accade alla frontiera con il Brasile: dopo l'arrivo di più di 300 migranti, nella maggioranza provenienti da Haiti, il ponte che segna il passaggio di frontiera fra Acre (Brasile) e Madre de Dios (Perù) è diventato luogo di una vera emergenza sociale e sanitaria, dovuta alla chiusura per legge stabilita dalle misure sanitarie.
"Riteniamo che si debba fornire una soluzione immediata a questa situazione per evitare che si scateni un grave conflitto sociale" ha sottolineato il Vicariato nel suo comunicato pubblicato sui social network e sui media locali, e inviato anche a Fides. "I nostri operatori pastorali al confine tra Brasile e Perù riferiscono che attualmente ci sono circa 380 migranti, per lo più haitiani, ma provenienti anche da Senegal, Burkina Faso, Pakistan, Bangladesh e India, che devono entrare in Perù per andare nella regione di Tumbes, al confine con l'Ecuador, e da lì raggiungere le rispettive destinazioni” si legge nel comunicato.
“Tra i migranti ci sono donne incinte, minori e donne che allattano con i loro figli – prosegue il testo -. Infatti, domenica 14 febbraio, il comune brasiliano di Assis, ha inviato un'equipe medica per verificare lo stato di salute dei più vulnerabili alla frontiera e curare i casi che ne avevano bisogno".
"A Iñapari (Perù) - informa il comunicato -, il governo regionale di Madre de Dios dispone delle infrastrutture necessarie per sottoporre tutti i migranti al test PCR molecolare e, in questo modo, garantire che questa azione umanitaria venga svolta con successo senza mettere a rischio la salute pubblica nazionale”.
“Esortiamo le autorità governative regionali e nazionali, e soprattutto la Cancelleria della Repubblica, a trovare la formula che consenta di rispondere immediatamente a questa emergenza, evitando un grave conflitto sociale che si aggiunge ai gravi problemi che già abbiamo" conclude il messaggio del Vicario Apostolico, che teme anche il rischio di un conflitto sociale con i residenti del luogo, dovuto al numero elevato di migranti perché vanno crescendo di giorno in giorno.
(CE) (Agenzia Fides 17/02/2021)
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martedì 2 febbraio 2021

Agenzia Fides 2 febbraio 2021

 


AFRICA/NIGERIA - I Vescovi della Provincia di Ibadan: “Chiediamo una revisione delle forze di sicurezza”
 
Abuja (Agenzia Fides) – "Con la realtà attuale è diventato più che mai necessario chiedere la revisione dell'architettura di sicurezza della Nigeria" affermano i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan al termine del loro incontro del 25-26 gennaio. L’insicurezza che colpisce aree sempre più vaste della Nigeria sta suscitando sconforto e risentimento nei confronti delle autorità federali. “Date le promesse elettorali dell'attuale governo e i focolai d'insicurezza che eruttano in tutto il Paese, è un peccato che il governo federale sia rimasto insensibile a queste sfide" scrivono i Vescovi.
"Di conseguenza, facciamo sfilare un esercito nigeriano che non è stato in grado di controllare efficacemente le atrocità di Boko Haram per oltre un decennio”. Il rischio è la formazione di milizie e di gruppi locali di autodifesa. "Tale modo di governo, che si adopera per proteggere gli interessi di un segmento della popolazione a scapito della sicurezza della vita e della proprietà della maggioranza, rende inevitabile l'emergere di milizie e di leader auto-nominati" affermano i Vescovi, secondo i quali però alcune iniziative come il South Western Security Network (SWSN), noto come Amotekun, potrebbero essere utili complementi alle forze di sicurezza statali e ferali.
In riferimento alle proteste giovanili contro gli abusi della polizia (End-SARS vedi Fides 26/10/2020) i Vescovi chiedono “ai governi federali e statali di mantenere le promesse fatte sulla scia delle proteste e di non ignorare le ragioni per le quali le proteste si sono verificate, come normalmente accade in Nigeria”. Lanciano inoltre un appello alle organizzazioni religiose e pubbliche e ai cittadini perché offrano posti di lavoro ai giovani per far fronte a una situazione potenzialmente esplosiva.
Sul piano dell’Evangelizzazione, i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan esprimono apprezzamento per il Documento di Kampala del Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar (SECAM) e hanno esortato i leader della Chiesa nel Paese a trarne vantaggio nella loro missione di evangelizzazione. "Esortiamo tutti i nostri sacerdoti, religiosi, fedeli laici, seminari e altre case di formazione ad accedere, studiare e applicare il documento di Kampala ai bisogni pastorali concreti. Ciò è necessario affinché gli sforzi di evangelizzazione degli ultimi 50 anni in Africa possano essere ulteriormente alimentati, e i frutti che ne derivano, sfruttati per un'ulteriore crescita e consolidamento". (L.M.) (Agenzia Fides 2/2/2021)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Al via la Fondazione "I missionari di San Giuseppe" per una maggiore devozione al Patrono della Chiesa universale
 
Abidjan (Agenzia Fides) - L'8 dicembre 2020, nella solennità dell'Immacolata Concezione, Papa Francesco ha dedicato un intero anno a San Giuseppe per celebrare il 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale. E per celebrare con una pietra miliare questo anno speciale, il gruppo di preghiera "Amici di San Giuseppe della Costa d'Avorio" intende dare vita ad un progetto, la Fondazione "I missionari di San Giuseppe" della Costa d'Avorio (FMSJ-CI).
Lo scopo della Fondazione, la cui sede si trova nella parrocchia di Saint Jacques, nell'arcidiocesi di Abidjan, è quello di: creare e gestire un database relativo alle competenze di tutti gli Amici di San Giuseppe della Costa d'Avorio; costruire centri di spiritualità; aiutare i poveri e le persone vulnerabili, compiere atti di beneficenza; costituire fondi speciali con istituzioni finanziarie per programmi destinati a promuovere e sostenere gli obiettivi della fondazione. Lo statuto e il regolamento interno della fondazione "I missionari di San Giuseppe" della Costa d'Avorio sono stati presentati sabato 30 gennaio. Durante questo incontro sono stati costituiti anche gli organi di gestione della fondazione ed è stato nominato l’Avvocato Boli Zouckou Léa, Presidente del consiglio di amministrazione per un mandato di 6 anni rinnovabile una volta.
"Il fondamento dei missionari di San Giuseppe, è far conoscere a tutti la devozione a San Giuseppe, specialmente in quest'anno consacrato a San Giuseppe. Attraverso questa fondazione oggi, dopo 21 anni di esistenza, vogliamo entrare in azione ed è insieme che faremo in modo che questa fondazione prenda forma” ha affermato il Presidente del consiglio di amministrazione. (S.S) (Agenzia Fides 2/2/2021)
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ASIA/PAKISTAN - Leader religiosi islamici difendono l'infermiera cristiana accusata di blasfemia
 
Karachi (Agenzia Fides) - “A nessuno deve essere permesso di farsi giustizia da sé, né di abusare delle leggi sulla blasfemia. Tutte le organizzazioni religiose e i leader hanno condannato le torture inflitte all'infermiera cristiana in ospedale. Il Governo del Pakistan non tollererà questi abusi": come appreso dall'Agenzia Fides, è quanto ha dichiarato Hafiz Tahir Mehmood Ashrafi, assistente speciale del Primo Ministro per l'armonia religiosa. Hafiz Tahir Mehmood Ashrafi, religioso musulmano a capo del Consiglio degli Ulema del Pakistan, ha espresso indignazione e dolore per il trattamento violento riservato a Tabitha Nazir Gill, donna cristiana accusata di blasfemia il 28 gennaio mentre lavorava al Sobhraj Maternity Hospital, e ha promesso una attenta indagine sull'incidente, per scandagliare ogni abuso.
Tabitha Nazir Gill è stata accusata di aver commesso blasfemia dai suoi colleghi il 28 gennaio mattina, dopodiché è stata trascinata sul pavimento dell'ospedale, percossa, minacciata, legata e torturata per ore, fino a quando la polizia non ha raggiunto l'istituto e l'ha presa in custodia. I funzionari di polizia, dopo una prima indagine, l'avevano rilasciata senza alcun addebito (vedi Fides 29/01/2021), ma il giorno successivo hanno registrato una denuncia (First Information Report) contro dei lei dopo le proteste dei gruppi musulmani (vedi Fides 30/01/2021), che la accusano di aver usato termini dispregiativi sui profeti Adamo, Abramo e Maometto, reato punibile secondo l'articolo 295 C del Codice penale pakistano.
Il leader islamico Allama Shehryar Raza Abidi ha condannato l'attacco e la violenza e, in un videomessaggio consultato da Fides, afferma: “È stato vergognoso vedere donne musulmane che picchiano una donna cristiana e usano un linguaggio offensivo verso di lei. Quella violenza mostra il loro estremismo e fondamentalismo, che non sono insegnamenti dell'Islam, e comunica un messaggio e un'immagine sbagliata dell'Islam. Questo fondamentalismo non ha nulla a che fare con l'Islam, che non diffonde violenza".
Condividendo le sue preoccupazioni sul recente caso di Tabitha Gill, Shehryar Raza Abidi cita uccisioni extragiudiziali avvenute in passato, ricordando il caso del governatore del Punjab, Salam Taseer, ucciso nel 2011, che aveva solo rimarcato l' uso improprio delle leggi sulla blasfemia . E aggiunge: “Se poi si trasformano gli assassini in eroi dell'Islam, è un'altra cosa triste che rovina l'immagine dell'Islam e del Pakistan. L'Islam ci insegna a stare con gli oppressi, ad opporci alla violenza, a proteggere i deboli: come seguaci del Profeta Maometto, dobbiamo essere misericordiosi ”.
Il leader musulmano, esprimendo preoccupazioni per il crescente estremismo e fondamentalismo nel paese, chiosa: “Le azioni violente non offrono il vero messaggio dell'Islam e danneggeranno anche le nostre generazioni future. Esorto tutti i miei fratelli musulmani ad essere messaggeri di misericordia e amano testimoniare l'autentico Islam ”.
(AG-PA) (Agenzia Fides 2/2/2021)
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ASIA/INDIA - I cattolici: piena solidarietà con gli agricoltori in protesta, si chiede l'abrogazione delle nuove leggi sul settore
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Piena solidarietà agli agricoltori che dallo scorso novembre sono in stato di protesta, chiedendo il ritiro delle nuove leggi che regolano il settore agricolo: la esprime la "All India Catholic Union" (AICU), storica organizzazione del laicato cattolico indiano, fondata nel 1920. In una nota inviata all'Agenzia Fides, "l'AICU riafferma la vicinanza agli agricoltori e ai lavoratori della nazione", dice il Presidente nazionale Lancy D'Cunha.
L'AICU è il più grande movimento di questo tipo in Asia, con membri in ogni stato dell'India. I membri sono professionisti, operano nei servizi e nelle piccole imprese. Molti di loro lavorano nel settore agricolo, e sono coltivatori di risaia e altri cereali, come proprietari e lavoratori in aziende agricole.
"Noi siamo naturalmente solidali con le persone di tutte le fedi che sono agricoltori, pescatori e lavoratori nelle fabbriche. Sappiamo e comprendiamo quanto lavoro e sudore dell'agricoltore servano per produrre cibo per il paese e raccogliere raccolti per l'esportazione" dice D'Cunha. "Conosciamo l'amore che l'agricoltore ha per la terra, per gli animali che alleva, per l'ambiente in cui lavora. Questa passione non si misura solo in termini di denaro" si legge nel comunicato. "Pertanto - prosegue - siamo in totale solidarietà con gli agricoltori che ora protestano alle porte della capitale nazionale, Nuova Delhi. Gli agricoltori lottano per salvare l'agricoltura e quindi salvare l'India dal disastro" ha detto il presidente dell'AICU.
Il governo federale ha approvato nell'autunno dello scorso tre progetti di legge: il disegno di legge per il commercio dei prodotti agricoli; l'accordo per l'assicurazione dei prezzi; la legge sui servizi agricoli, riformando così in toto il settore agricolo. Le nuove leggi abbandonano i sistemi di marketing assistiti dal governo e promuoveranno l'agricoltura a contratto e gli investimenti multinazionali nel settore agricolo. Gli agricoltori hanno espresso la loro diffidenza contro il nuovo sistema, che rischia di esporli - senza più la mediazione statale - alla mercé dei grandi gruppi internazionali. Per questo dal novembre scorso promuovono manifestazioni per l'abrogazione delle leggi, tra l'altro promulgate dal governo federale nel settembre 2020 senza alcuna consultazione né dibattito nazionale, e senza alcun passaggio parlamentare.
"Sappiamo anche che in Europa e in molti altri paesi, i governi onorano l'opera degli agricoltori. I governi, quindi, danno enormi sussidi ai loro agricoltori" dice a Fides il portavoce dell'AICU, John Dayal. Secondo Dayal, “la situazione in India varia da stato a stato e gli agricoltori sono molto stressati. In caso di siccità, grandinate o inondazioni, il lavoro di un intero anno è perso. Sappiamo che negli ultimi dieci anni più di 350mila agricoltori si sono suicidati perché non potevano ripagare i loro prestiti e lo stress era diventato troppo forte". Dayal conclude: "Il governo ha adottato un atteggiamento disumano nei confronti dei contadini, accampati fuori dalla capitale nazionale in un clima pungente e piovoso. Chiediamo che le nuove leggi siano immediatamente ritirate".
(SD-PA) (Agenzia Fides 2/2/2021)
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ASIA/TERRA SANTA - “Vengo da una terra di conflitti”. Margaret Karram, palestinese di Galilea, eletta Presidente dei Focolari
 
Haifa (Agenzia Fides) - «Sono nata ad Haifa, una città in Galilea, e la mia terra da sempre è stata una terra di conflitti». Così parla di sé Margaret Karram, 58 anni, palestinese, appena eletta nuova Presidente dei Focolari. A sceglierla per la successione a Maria Voce sono stati i 359 delegati partecipanti all’Assemblea generale del Movimento, in corso in questi giorni in modalità virtuale. Le elezioni si sono svolte il 31 gennaio. Margaret ha raccolto le preferenze espresse dai rappresentanti dei Focolari sparsi in tutto il mondo. La nomina è stata ufficializzata lunedì 1° febbraio, dopo che è arrivata la conferma da parte del Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita, come previsto dagli Statuti generali dei Focolari.
In una video-intervista di alcuni anni fa, oggi accessibile sui media ufficiali dei Focolari, Margaret Karram ha raccontato come la sua nascita in Galilea, la sua provenienza familiare e il lungo tratto di vita trascorso in Medio Oriente abbiano connotato con tratti indelebili la sua spiritualità, le sue attese interiori e il suo sguardo sulle cose del mondo.
«La nostra casa» ha raccontato Margaret «si trovava sul Monte Carmelo, in un quartiere ebraico. Eravamo l’unica famiglia araba cristiana cattolica, di origine palestinese. Ricordo che da piccola, avevo sei anni, alcuni bambini iniziarono ad offendermi pesantemente dicendomi che ero araba e non potevo stare in quel quartiere. Corsi dalla mia mamma piangendo, chiedendole il perché di quella situazione. Per tutta risposta, mia mamma mi chiese di invitare questi bambini a casa. Aveva preparato del pane arabo e ne ha dato loro pregandoli di portarlo alle loro famiglie. Da questo piccolo gesto sono nati i primi contatti con i vicini ebrei che vollero conoscere questa donna che aveva fatto un gesto del genere». Cittadina israeliana, Margaret Karram si è laureata in ebraismo all’Università ebraica di Los Angeles. Molti dei suoi familiari sono emigrati Libano durante gli anni della guerra. E lei stessa ha vissuto nel suo intimo momenti di smarrimento comuni a quanti vivono e crescono in situazioni di conflitto. «Spesso» ha raccontato di sé Margaret «mi recavo nei quartieri arabi a Gerusalemme, a Betlemme o in altri territori palestinesi. Se parlavo in arabo, che è la mia prima lingua, le persone riconoscevano dal mio accento la provenienza dalla Galilea che si trova in territorio israeliano. Viceversa, se parlavo in ebraico mi si faceva notare che il mio accento era diverso dal loro. Questo mi ha creato un senso di smarrimento della mia identità: non ero palestinese, né israeliana … All’età di 15 anni ho incontrato il Movimento dei Focolari e la spiritualità di Chiara Lubich... Ho sentito che non dovevo cambiare le persone ma cambiare io, il mio cuore. Sono tornata a credere che l’altro è un dono per me e io posso essere un dono per l’altro».
Margaret Karram ha lavorato per 14 anni presso il Consolato italiano a Gerusalemme, durante il tempo dell’Intifada, segnato anche da sanguinosi attentati nei luoghi pubblici, «anche nei pullman che io usavo ogni giorno per andare al lavoro. Avevo paura. Sono andata avanti grazie al fatto di avere con me una comunità che condivideva la spiritualità del Focolare. E ho finalmente ritrovato la mia vera identità: quella di essere cristiana, cattolica, testimone di speranza. È stata una tappa importante nella mia vita, che mi ha liberato dalle paure ed incertezze. Potevo amare tutti, arabi e israeliani, rispettando la loro storia e fare di tutto per creare spazi di dialogo, per costruire ponti, fiducia, assistendo a piccoli miracoli, vedevo persone ebraiche e musulmane cambiare atteggiamento e cercare insieme di fare qualcosa per la pace».
Nel giugno 2014, Margaret Karram ha fatto parte della delegazione cristiana presente alla preghiera di “invocazione per la pace” condivisa nei Giardini vaticani da Papa Francesco insieme al Patriarca ecumenico Bartolomeo I, al Presidente israeliano Shimon Peres e al Presidente palestinese Abu Mazen. Dopo quell’incontro, è ricominciata la guerra nella Striscia di Gaza. «Ho capito» ha raccontato Margaret, ricordando quel tempo «che il cuore degli uomini lo può cambiare solo Dio. Dobbiamo continuare a invocare la pace a Dio. Come gli alberi d’ulivo che abbiamo piantato quel giorno, che la pace metta radici e si possano vedere i frutti». (GV) (Agenzia Fides 2/2/2021)
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AMERICA/EL SALVADOR - Il Cardinale Rosa Chávez critica i conflitti tra i poteri dello Stato e la mancata applicazione della legge anti Covid
 
San Salvador (Agenzia Fides) – Il Cardinale Gregorio Rosa Chávez, Vescovo ausiliare di San Salvador, in un breve incontro con alcuni giornalisti della capitale ha criticato domenica scorsa la poca "volontà" da parte delle autorità, di tenere conto della recente legge transitoria speciale per contenere la pandemia dovuta al virus Covid-19, dal momento che si vede solo la tensione tra gli organi legislativo ed esecutivo.
“È un tiro alla fune permanente tra due potenze dello Stato chiamate a lavorare insieme, a cercare insieme il meglio per il Paese, cosa che non è avvenuta, e questa legge ne è un esempio. Viene approvata, viene pubblicata, è una strada aperta, ma non c'è davvero la volontà di prenderla come base” ha detto il Cardinale. Quindi ha evidenziato che questo genere di azioni in cui non c'è accordo, "non aiutano il Paese", ma hanno generato e continuano a generare conflitti e tensioni, "provocando tristezza, indifferenza e anche frustrazione".
Non è la prima volta che il Cardinale critica questo atteggiamento dei poteri dello stato. Nel suo messaggio alla fine del 2020 aveva detto chiaramente: "In questo drammatico clima di sofferenza per la pandemia, c'è una realtà deplorevole a livello di potere politico, c'è un confronto permanente tra i poteri dello Stato, soprattutto tra il potere esecutivo e il potere legislativo. Il dialogo è stato impossibile, ci sono state offese, discredito reciproco, squalifiche e questa è stata una grande sofferenza per chi vuole vedere un Paese che affronta il dolore in serenità e pace, è un debito che abbiamo quest'anno con le persone che aspettano dai loro leader un atteggiamento diverso”.
Con molta fatica, la legge per contenere la pandemia Covid-19 è stata pubblicata dall'Assemblea legislativa ed è entrata in vigore sabato 23 gennaio 2021, dopo che la Camera costituzionale della Corte suprema di giustizia (CSJ) ha ordinato di procedere con tale azione; ma adesso sembra che la mancanza di una normativa pratica venga usata per non applicarla.
(CE) (Agenzia Fides 02/02/2021)
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AMERICA/PARAGUAY - Continuare ad evangelizzare e a catechizzare ancora di più in questa situazione molto difficile
 
Asuncion (Agenzia Fides) - “L'iniziazione e l'educazione alla fede con l'accompagnamento delle nuove generazioni di cristiani per vivere questa fede, è una delle attività primarie della Chiesa. Vi ringraziamo tutti per i vostri sforzi nell'anno 2020, che ha posto a tutti noi una grande sfida. Quest'anno 2021 dobbiamo prepararci a continuare ad evangelizzare e a catechizzare ancora di più in questa situazione molto difficile che ci colpisce”. E’ l’esortazione che il Coordinamento Nazionale della Catechesi (CNC) della Conferenza Episcopale Paraguaiana rivolge ai catechisti offrendo alcune linee guida per l’anno pastorale 2021 che sta per iniziare nel paese sudamericano.
In ogni diocesi la situazione è differente, come anche tra le zone urbane e quelle rurali, e il documento invita a tenere conto delle due modalità dell’attività catechistica, virtuale e in presenza, anche se l’auspicio è di tornare al più presto possibile agli incontri in presenza. “Dobbiamo animare costantemente adulti, famiglie, giovani e bambini, specialmente in questo tempo eccezionale. La Chiesa non può sentirsi svincolata dalla comunione tra i credenti nel Signore” è l’obiettivo generale di queste indicazioni, che invitano i catechisti e i responsabili a fare incontri periodici anche se virtuali, a non perdere il contatto con gli interlocutori attraverso il telefono o le reti sociali, e le relazioni con le famiglie.
Per quanto riguarda gli incontri di catechesi in presenza si raccomanda di osservare le norme sanitarie stabilite dalle autorità: è preferibile svolgere gli incontri all’aria aperta o in locali molto ampi e ventilati, necessario usare mascherine gel disinfettante, attuare il distanziamento, fare incontri ridotti…
In questa situazione, il CNC esorta i catechisti: “Dobbiamo educarci e uscire dall’analfabetismo digitale per entrare nella cultura digitale. Dobbiamo prepararci sempre di più ad usare bene i mezzi telematici” come Zoom, WhatsApp, Facebook… La CNC offrirà un corso di formazione nei mezzi virtuali. Si raccomanda poi in alcuni luoghi di preferire i mezzi più semplici, come la messaggeria, il telefono; inoltre gli audio e i video realizzati siano brevi e offrano possibilità di interazione.
“Tenendo conto che la pandemia non è ancora terminata e che molte cose ci condizionano e ci fanno soffrire, apriamo le iscrizioni alla catechesi in forma virtuale, animata, attraente nonostante la situazione” raccomanda il CNC, che ribadisce: “Abbiamo tanti adulti che dobbiamo animare e rafforzare nel loro incontro con Gesù Cristo, perché abbiano la forza di guidare i bambini e i giovani, di sostenere gli anziani: tutti hanno bisogno di essere iniziati alla vita di fede. Siamo creativi, coinvolgiamo gli adulti. Se a volte la parte dottrinale risulta meno forte in questi tempi, è il momento di dare enfasi alla preghiera, alla vita di carità e alle opere di misericordia come parte della catechesi”. (SL) (Agenzia Fides 02/02/2021)
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mercoledì 7 ottobre 2020

Agenzia Fides 7 ottobre 2020

 

AFRICA/ESWATINI - Verso la Giornata Missionaria: evangelizzare con creatività durante la pandemia
 
Mbabane (Agenzia Fides) – “Quando, un anno fa, Papa Francesco ha invitato la Chiesa a celebrare un Mese Missionario Straordinario, abbiamo accolto con gioia questo invito: nel Regno di Eswatini e abbiamo deciso di prorogarlo per tutto l'anno”, racconta all’Agenzia Fides Mons José Luis Ponce de León IMC, Vescovo di Manzini, eSwatini (Swaziland). Quello slancio missionario non si è fermato nemmeno durante la pandemia e oggi, dice il Vescovo, si rinnova con l’avvicinarsi della Giornata Missionaria Mondiale, il 18 ottobre prossimo. “Con la pandemia, la Chiesa, chiamata a uscire, si trovò improvvisamente a predicare: resta a casa”, racconta il Vescovo. Quindi aggiunge: “Ben presto, però, ci siamo resi conto che il Covid-19 avrebbe potuto cambiare il contesto in cui stavamo vivendo ma non la nostra chiamata ad annunciare il Vangelo. Rimaniamo 'battezzati e inviati’ e quindi ci siamo tutti rialzati dicendo: Eccoci Signore, manda noi, in nuovi modi, creativi”.
Mons Ponce de Leon elenca alcune attività creative di apostolato avviate: formando un piccolo coro, membri delle associazioni e sacerdoti si sono resi disponibili per le celebrazioni domenicali su YouTube; i giovani hanno avviato campagne di sensibilizzazione sul coronavirus nelle zone rurali, tra le più vulnerabili del Paese; gli infermieri si sono resi disponibili nelle diverse parrocchie per guidare o supportare questi team; un gruppo di laici e sacerdoti ha iniziato a offrire brevi podcast radiofonici quotidiani di preghiera e riflessione basati sulle letture del giorno e oltre mille persone si sono registrate su WhatsApp per riceverle.
Conclude mons, Ponce de Leon: “Inoltre tramite la radio siamo stati vicini alle famiglie in modo che il messaggio del governo riguardante l’emergenza arrivasse anche a loro, e anche i bambini hanno potuto continuare a studiare da casa. Siamo attivi con iniziative di solidarietà consegnando dispositivi di protezione individuale (DPI), pacchi di cibo per chi rischia la fame e fornitura di acqua nelle aree in cui la pioggia è scarsa”.
Una fervente testimonianza di fede, in questa situazione, viene da James McBride, laico cattolico, sposato da 54 anni con Anne; 3 figli e 3 nipoti, da 35 anni coinvolto nell'insegnamento del Catechismo: James continua a restare in ogni modo possibile in contatto con ragazzi e giovani per alimentare il loro rapporto quotidiano con Dio. (EG) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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AFRICA/MOZAMBICO - A 28 anni dagli accordi di pace, diverse aree del Mozambico vivono nell’ansia della guerra
 
Maputo (Agenzia Fides) – A 28 anni dalla storica firma degli accordi di pace che hanno messo fine alla guerra civile in Mozambico, diverse zone del Paese vivono nell’ansia della guerra. Lo ha detto Sua Ecc. Mons. João Carlos Hatoa Nunes, Vescovo di Chimoio, secondo il quale “la pace è ancora un desiderio nel nostro Paese ... Vediamo ancora diversi segnali molto chiari, come gli attacchi nelle aree del centro e del nord e la paura senza fine che incombe su diverse popolazioni che si trovano in queste zone di conflitto”. "Tutto questo dimostra che la pace è ancora un desiderio per molti mozambicani e che non siamo ancora riusciti a incontrarci e a lavorare insieme per la crescita del nostro Paese".
Il 4 ottobre 1992 a Roma, il governo del Mozambico e la Resistenza nazionale mozambicana (RENAMO), firmavano il trattato di pace che pose fine alla guerra civile del Paese scoppiata nel 1975 subito dopo l’indipendenza dal Portogallo. L’accordo venne raggiunto grazie alla mediazione della Comunità di Sant'Egidio, dell’allora Arcivescovo di Beira, Sua Ecc. Jaime Gonçalves, e del rappresentante del governo italiano Mario Raffaelli.
Il Mozambico si trova ora confrontato da un lato dalle difficoltà che ancora si incontrano nella piena attuazione degli accordi di Roma, e dall’altro dall’esplosione della violenza jihadista nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, Per quanto concerne il primo punto, nel 2014, la Renamo aveva rigettato il risultato delle elezioni riprendendo la via delle armi. Nel dicembre 2016 era stata raggiunta una tregua provvisoria che aveva congelato il conflitto armato. Il 6 agosto 2019 alla vigilia della visita di Papa Francesco nel Paese, il Presidente Filipe Nyusi e il leader della RENAMO Ossufo Momade avevano firmato un accordo per mettere fine alle ostilità (vedi Fides 7/8/2019).
Dall’ottobre 2017 nella provincia di Cabo Delgado, le violenza dei ribelli sono costate più di 1.000 morti e hanno provocato 250.000 sfollati.
Secondo l'ex Presidente del Mozambico, Joaquim Chissano, è necessario trovare le ragioni profonde delle violenze a Cabo Delgado per garantire la pace nel Paese. Per l'ex presidente della Repubblica è necessario fare una diagnosi chiara su quanto sta accadendo nella regione più settentrionale del Mozambico, ricca di gas e petrolio. Chissano dubita che le motivazioni degli insorti siano economiche. Ricorda che ci sono Paesi africani con risorse naturali, come gas e petrolio, ma che vivono in pace. "La ragione di questa guerra deve essere scovata per trovare i mezzi per sedarla. In guerra hai un avversario dichiarato con cui combatti. Ma questa ... è questa una guerra? ", ha chiesto Chissano, evidenziando così le incognite che circondano un'insurrezione, che ha già causato numerose vittime.
L'ex capo di Stato sottolinea che il dialogo è l'unico modo per risolvere questa guerra senza volto. "Il dialogo non va mai messo da parte. Ora dobbiamo scoprire con chi parlare e di cosa parlare. Lo abbiamo fatto a suo tempo con i portoghesi e con la RENAMO e dobbiamo farlo ora”. (L.M.) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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AFRICA/CENTRAFRICA - Il 60% della popolazione centrafricana necessita di protezione umanitaria, afferma l’ONU
 
Bangui (Agenzia Fides) – “Oggi, 2,8 milioni di centrafricani hanno bisogno di aiuti umanitari e di protezione, ovvero quasi il 60% della popolazione del Paese… Le crescenti violazioni commesse dai gruppi armati stanno creando nuovi sfollati e nuovi bisogni umanitari. E, naturalmente, tutto questo è aggravato dall'impatto del Covid-19 ", ha affermato il Sottosegretario generale per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite, Mark Lowcock, a due mesi dalle elezioni presidenziali e legislative previste per il prossimo dicembre nella Repubblica Centrafricana.
L’alto ufficiale dell’ONU ha deplorato la situazione della sicurezza nel Paese, che mette a rischio il lavoro degli operatori umanitari, ricordando che "solo nei primi nove mesi di quest'anno sono morti due colleghi operatori umanitari e altri 21 sono stati feriti in diversi episodi”.
Con l'avvicinarsi del rinnovo del mandato della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (MINUSCA), previsto per metà ottobre dal Consiglio di sicurezza, Lowcock ha invitato gli Stati membri a "continuare a dare priorità alla protezione dei civili nei loro impegni nella Repubblica centrafricana, visti i numerosi rischi e le dinamiche dei conflitti nel Paese e nella regione in generale”.
Lowcock ha affermato che lo Stato fa fatica ad erogare ai cittadini i servizi di base (sanità, istruzione, ecc.), lacune cui cercano di ovviare le organizzazioni umanitarie.
"Se queste attività sono un'ancora di salvezza per le persone, penso che sarà molto positivo vedere un cambiamento nel supporto dei partner di sviluppo per migliorare l'erogazione dei servizi e per investire in infrastrutture critiche” ha detto Lowcock che ha ringraziato i paesi per i loro generosi contributi al Piano di risposta umanitaria che sta cercando di raccogliere 553 milioni di dollari e di cui è finanziato poco più della metà.
Nella loro lettera pastorale del 6 settembre (vedi Fides 7/9/2020) i Vescovi centrafricani hanno denunciato la presenza di gruppi armati che minacciano il futuro del Paese. “Notiamo con amarezza che il 70% o addirittura l'80% del nostro Paese è occupato da gruppi armati, alcuni dei quali sono guidati dai mercenari più feroci” affermano i Vescovi nel denunciare i crimini commessi contro le popolazioni di diverse aree del Paese. (L.M.) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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ASIA - Un Atlante geopolitico della pandemia: il virus non ferma le guerre
 
Roma (Agenzia Fides) - “Il 23 gennaio 2020 la città cinese di Wuhan viene sigillata. Poi è la volta di Huanggang e quindi di Ezhou. Secondo l’OMS isolare una città grande come Wuhan è senza precedenti nella storia della salute pubblica. Da qui comincia la storia del Covid-19 verso cui il continente più vasto e popoloso del Pianeta adotterà risposte molto diverse”, a volte con reazioni virtuose e innovative, a volte con gestioni tardive o mistificando i dati, a volte facendo pagare la pandemia ai più poveri, agli immigrati, alla gente delle periferie". E’ quanto si legge, nella parte dedicata all’Asia, nello “Speciale Covid” prodotto dall’Associazione “46mo Parallelo”, che da dieci anni pubblica un “Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo” (edito in Inglese e in Italiano), che dà conto dello stato di salute della pace nel pianeta.
Nell’edizione 2020, pervenuta all’Agenzia Fides, lo Speciale riflette sullo sviluppo del Covid19 e sui suoi riflessi sugli equilibri geopolitici mondiali, riferendo gli effetti della pandemia non solo dal punto di vista sanitario e indagando le principali strategie per contenerla e sconfiggerla. Soprattutto se ne osservano le conseguenze socio-economiche e politiche a livello mondiale. L’Atlante descrive, inoltre, i riposizionamenti strategici e militari, la rete delle alleanze internazionali, gli scontri che la pandemia ha alimentato o creato, la tregua inascoltata lanciata dall’Onu e da Papa Francesco e i casi in cui il “pretesto” del Coronavirus ha permesso “leggi speciali” e la sospensione dei diritti. Infine degli effetti sulle aree di conflitti più o meno conclamati o intesivi.
“La pandemia Covid-19 non ha fermato le guerre – si legge nella presentazione dell’Atlante – e ha sostanzialmente lasciato ignorato l’appello delle Nazioni Unite e del Pontefice per una tregua. Non ha riequilibrato la distribuzione della ricchezza e il Pil mondiale è crollato, ma ad essere colpiti sono stati soprattutto i poveri. L’economia informale, quella di strada, che consentiva a miliardi di persone di vivere in Africa, America Latina e Asia, è stata spazzata via. E mentre tutto questo accade, immense risorse, che potrebbero essere impiegate per contrastare l’epidemia sul piano sanitario, sociale ed economico, vengono investite in armi”.
(MG) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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ASIA/PAKISTAN - Assolto un cristiano accusato falsamente di blasfemia. Ora si chiede giustizia per la violenza commessa alla Joseph Colony
 
Lahore (Agenzia Fides) - Sawan Masih, l'uomo cristiano che era stato falsamente accusato di blasfemia nel 2013, è stato assolto ieri, 6 ottobre 2020, dalla Corte di appello di Lahore. Come appreso dall'Agenzia Fides, dopo 7 anni di carcere e una sentenza di condanna in primo grado, la Corte ha riconosciuto che Sawan era stato falsamente implicato in questo caso con intenzioni illecite dalla mafia legata al "land grabbing", prosciogliendolo da ogni accusa e disponendone l'immediato rilascio.
L'avvocato della difesa ha sottolineato il fatto che esisteva un ritardo di trentaquattro ore tra il presunto reato di blasfemia e la denuncia presentata alla polizia: questo elemento va a confermare la tesi di un'accusa orchestrata a tavolino per incastrare l'uomo, abusando della legge sulla blasfemia. Inoltre, i testimoni chiamati in causa per convalidare le accuse di blasfemia, hanno reso dichiarazioni contraddittorie e non coerenti. Basandosi su questi elementi, il giudice ha ribaltato la sentenza di primo grado.
Sawan Masih è stato accusato di blasfemia nel marzo 2013. In seguito al suo caso, oltre 178 case del quartiere cristiano Joseph Colony a Lahore furono bruciate da una folla di musulmani. Nel 2014 è giunta la condanna a morte per blasfemia (vedi Fides 4/4/2014), mentre nessun musulmano è stato ancora punito per la devastazione compiuta nel quartiere cristiano. L'uomo dall’aprile del 2014 era nel braccio della morte nel carcere di Faisalabad ma "restava fiducioso sulla sua liberazione e sulla sua salvezza" dice, in una nota inviata all’Agenzia Fides, il cristiano Joseph Francis, leader dell’Ong CLAAS (Centre for Legal Aid Assistance & Settlement) che segue e assiste casi di cristiani discriminati o bisognosi di assistenza legale in Pakistan. Afferma a Fides l'Ong CLAAS: "Siamo estremamente orgogliosi e felici perchè oggi, dopo otto anni di incessante impegno, è stata resa giustizia a un uomo innocente. Continuiamo a lavorare per tutti i cristiani accusati ingiustamente, vittime di una legge draconiana che andrebbe modificata per evitare gli abusi". Masih ha detto di aver pregato ogni giorno in carcere "per i giudici, perché Dio infondesse in loro coraggio, e potessero applicare la vera giustizia nelle loro decisioni".
Ricorda all'Agenzia Fides il Domenicano p. James Channan, Direttore del "Peace Center" a Lahore: “I cristiani, così come gli induisti e altri membri di fedi minoritarie, in Pakistan sono oggetto di discriminazione e ingiustizie che si consumano spesso sfruttando in modo scorretto le leggi sulla blasfemia, causando poi attacchi gratuiti e immotivati sulle comunità cristiane innocenti. Grazie ai buoni rapporti con leader musulmani, come Abdul Khabir Azad, l’imam della Moschea reale di Lahore, abbiamo lavorato insieme per risolvere situazioni di tensione, come l’attacco al quartiere cristiano 'Joseph Colony' nel cuore di Lahore, a marzo 2013. Siamo grati alla Corte per aver prosciolto reso la libertà a Masih, riconoscendone l'innocenza. Ora occorre rendere giustizia alle famiglie che persero le loro case e proprietà, nelle aggressione generata da una falsa accusa di blasfemia verso Sawan Masih".
Vi sono attualmente almeno 80 persone in prigione in Pakistan per il reato di "blasfemia", e almeno la metà di loro rischia l'ergastolo o la pena di morte. Le persone accusate in base alle legge sono principalmente musulmani, in un paese in cui il 98% della popolazione segue l'Islam ma, come notano la gli attivisti cristiani della Commissione "Giustizia e pace" dei Vescovi cattolici pakistani, "la legge prende di mira in modo sproporzionato membri di minoranze religiose come cristiani e indù".
non va sottovalutato il caso di esecuzioni extragiudiziali, dato che leader radicali esortano i militanti a "farsi giustizia da soli", uccidendo persone ritenute colpevoli di blasfemia, anche se non sono condannate in tribunale o sono accusate falsamente. Secondo la Ong "Centro per la giustizia sociale", fondata e guidata dal cattolico pakistano Peter Jacob, a partire dal dal 1990, almeno 77 persone sono state uccise in esecuzioni extragiudiziali, in relazione ad accuse di blasfemia: tra gli uccisi vi sono persone accusate di blasfemia, i loro familiari, avvocati e giudici che hanno assolto gli accusati del reato.
(PA) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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ASIA/TERRA SANTA - Il Patriarcato latino di Gerusalemme ringrazia l’Ordine del Santo Sepolcro. Estinti i debiti per l’Università di Madaba
 
Gerusalemme (Agenzia Fides) – Un ringraziamento intenso e non formale per essere stati “il segno concreto e tangibile della Provvidenza divina” per il Patriarcato latino di Gerusalemme: lo ha rivolto ai Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro l’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Amministratore apostolico del Patriarcato, in un messaggio in cui, tra le altre cose, conferma che è stato interamente estinto il debito legato alla costruzione dell’Università americana di Madaba che pesava sulle casse patriarcali, eliminando in tal modo il 60 per cento del deficit che pesava sui bilanci del Patriarcato.
“In questi quattro anni di servizio alla diocesi latina di Gerusalemme, nel Patriarcato Latino” sottolinea l’Arcivescovo Pizzaballa nel suo messaggio “ho potuto constatare personalmente quale sia per questa Chiesa il ruolo dei Cavalieri e delle Dame del Santo Sepolcro, non solo nel contesto delle attività educative e pastorali, ma in generale per la vita di tutta la diocesi”. Viene ricordato che quattro anni fa, “in un momento particolarmente difficile per il Patriarcato”, l’Ordine equestre del Santo Sepolcro ha mostrato “solidarietà e vicinanza incoraggiando e sostenendo anche concretamente i processi di revisione e controllo della vita amministrativa della diocesi, resisi ormai necessari e improcrastinabili”. Una prossimità rinnovatasi davanti alla nuova, improvvisa emergenza rappresentata dalla pandemia da Covid-19: “A causa delle misure decise dai vari governi per fronteggiare la pandemia” ricorda l’Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, “gran parte della nostra popolazione si è trovata di fronte ad un taglio drastico di salari, e ad una situazione economica generale ancora più fragile di quella usuale. Grazie al supporto del Gran Maestro (attualmente il Cardinale Fernando Filoni, ndr) con il Gran Magistero, il nostro appello ai Cavalieri e Dame ha avuto una risposta che è andata molto oltre le nostre aspettative e che ci ha dato il respiro necessario per gestire questa emergenza con maggiore serenità. Siamo rimasti tutti stupiti e colpiti dall’immediata risposta e dalla sua portata”.
In Terra Santa gli effetti collaterali della pandemia – blocco delle attività economiche, perdita del lavoro, stop dei pellegrinaggi e del turismo, chiusura delle scuole e crisi delle reti assistenziali – hanno penalizzato le fasce più deboli della popolazione. Per questo, a metà maggio – vedi Fides 14/5/2020), il Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro, ha annunciato la costituzione un Fondo ad hoc per la raccolta di sovvenzioni straordinarie da destinare al sostegno per le famiglie più in difficoltà nella Terra di Gesù.
L’Ordine del Santo Sepolcro sostiene il funzionamento ordinario di 38 scuole in Palestina, Israele e Giordania, dove 1300 tra docenti e impiegati operano al servizio di 15mila studenti, musulmani e cristiani. Dai 30mila membri dell’Ordine, e dalle luogotenenze sparse nei cinque continenti – ha riferito il cardinale Gran Maestro - è arrivata «una risposta generosa» alla richiesta a finanziare il Fondo speciale emergenza-Covid per la Terra Santa: da maggio a settembre è stato raccolto un contributo economico extra di circa tre milioni di euro, che si è andato a aggiungere all'aiuto ordinario fornito alla diocesi latina di Gerusalemme. L’aiuto extra fornito dall’Ordine del Santo Sepolcro ha permesso di garantire sostegno economico a più di 2.400 famiglie in oltre 30 parrocchie. (GV) (Agenzia Fides 7/10/2020)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Vescovo di Matagalpa: “Ci stiamo giocando il nostro futuro, il futuro del paese”
 
Matagalpa (Agenzia Fides) - Dopo le dichiarazioni di Mons. Mata riguardo alle ultime proposte di legge (vedi Fides 1/10/2020), anche Mons. Rolando Álvarez, Vescovo della diocesi di Matagalpa, si è espresso durante una conferenza stampa domenica scorsa: "Il Nicaragua sta vivendo un momento molto delicato e complesso. Ci stiamo giocando il nostro futuro, il futuro del paese. Perché i protagonisti politici non dovrebbero provocare una frattura sociale maggiore di quella già esistente, e dovrebbero legiferare pensando al bene comune, seguendo la Costituzione".
Secondo Mons. Álvarez "il popolo è il sovrano, da cui scaturisce il potere politico", per questo "i responsabili delle leggi devono ascoltare con umiltà il popolo e conoscere da vicino le sue esigenze". Tuttavia, le proposte di legge saranno approvate il 13 ottobre senza aver consultato la società civile.
Riguardo alla proposta di regolamento sulla criminalità informatica, il Vescovo ha avvertito: lo Stato deve essere "molto attento a non ledere le libertà fondamentali e i diritti umani universali, come il diritto di informare in modo veritiero e il diritto di esprimere liberamente i propri pensieri".
Da quando la proposta sul cybercrime è entrata in Parlamento, diverse organizzazioni contrarie al regime di Daniel Ortega e giornalisti indipendenti hanno denunciato che questa legge cerca di mettere a tacere le voci critiche, in quanto stabilisce pene detentive per i cittadini che, dal loro punto di vista, diffondono notizie ritenute false "attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione".
(CE) (Agenzia Fides 07/10/2020)
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AMERICA/MESSICO - La legge deve essere al servizio della vita e della dignità di ogni essere umano
 
Nuevo Casas Grandes (Agenzia Fides) – “Considerando la situazione che sta attraversando il nostro Paese, avvertiamo il grave pericolo che comporta un'altra iniziativa che divide, polarizza la società e frantuma l'istituzione più importante per i messicani, che è la famiglia”. Così si esprimono i Vescovi messicani mentre è al Senato della Repubblica una iniziativa che intende riformare diverse disposizioni di legge con il pretesto di promuovere il diritto alla salute dei messicani, e in particolare delle donne, dei bambini e degli adolescenti. I Vescovi invitano tutti i cittadini messicani a vigilare che tali iniziative siano orientate al bene di ogni persona coinvolta, in quanto “vediamo con preoccupazione che, alla base di queste iniziative, in realtà c'è un attacco alla vita, alla dignità della persona, alla libertà di coscienza, al superiore interesse dei bambini e all'autentico diritto alla salute”.
Il comunicato è firmato dal Presidente della Conferenza Episcopale Messicana (CEM), l’Arcivescovo di Monterrey, Rogelio Cabrera Lopez, dal Responsabile della Commissione episcopale per la Vita della CEM, il Vescovo di Nuevo Casas Grandes, Jesús José Herrera Quiñones, e dal Segretario generale della CEM, Alfonso G. Miranda Guardiola, Ausiliare di Monterrey. I Vescovi ribadiscono quanto già affermato nella loro Dichiarazione del 16 luglio (vedi Fides 18/7/2020), in cui invitavano alla vigilanza su alcuni programmi di governo, leggi e provvedimenti che attentano alla dignità della persona umana e in particolare sono contro la vita.
Quindi osservano che la “cultura della morte colpisce duramente e ripetutamente il cuore del popolo messicano” ed esortano tutti coloro che sono coinvolti in questa iniziativa di riforma legislativa, “a garantire il rispetto incondizionato e il bene di ragazze, adolescenti e donne, valorizzando la dignità intrinseca di ogni essere umano dal momento del concepimento e fino alla morte naturale”. Chiedono quindi “rispetto e, soprattutto, attaccamento alla dignità e ai diritti umani dei messicani, in ogni fase della vita e in ogni circostanza”.
“Non è attraverso soluzioni ideologiche – concludono - che si dovrebbe rispondere ai bisogni della gente, in particolare a un problema così complesso come la violenza sessuale che colpisce in modo particolare le donne messicane. Questa proposta di riforma comporta un rischio enorme di produrre effetti negativi, perché può facilitare i meccanismi di vittimizzazione e sfruttamento a fini sessuali di ragazze, adolescenti e donne”. (SL) (Agenzia Fides 07/10/2020)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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