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giovedì 16 gennaio 2020

Agenzia Fides 16 gennaio 2020

AFRICA/SUDAFRICA - Ucciso un missionario belga in un presunto tentativo di rapina
 
Johannesburg (Agenzia Fides) - Gli Oblati di Maria Immacolata in Sudafrica (OMISA) sono devastati dalla morte di P. Jozef (Jef) Hollanders, ucciso in una rapina nella parrocchia della città di Bodibe, vicino a Mahikeng, nella provincia nord-occidentale del Sudafrica, domenica notte 12 gennaio” afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides. “Il suo corpo è stato scoperto lunedì pomeriggio da un parrocchiano. La polizia è impegnata a fondo nell’indagare sul suo omicidio”.
“Siamo profondamente colpiti da quello che è successo. P. Jeff è stato trovato legato mani e piedi e con una corda intorno al collo. Una morte terribile per qualcuno che ha dedicato tutta la sua vita alla sua missione ", afferma p. Daniël Coryn, superiore provinciale dei Missionari Oblati di Maria (OMI), da Blanden in Belgio. Secondo Sua Ecc. Mons. Victor Phalana, Vescovo di Klerksdorp, nella cui giurisdizione si trova Bodibe, il missionario probabilmente è morto a causa di un infarto o di uno strangolamento.
Non si esclude che p. Hollanders sia stato vittima di un tentativo di rapina, ma secondo Mons. Phalana, i rapinatori erano male informati: “Tutti sanno che non aveva soldi. Ha servito una comunità povera. Ha usato ogni centesimo che abbia mai posseduto per il suo popolo. Ha dato via tutto quello che aveva”. Secondo il Vescovo, la comunità ecclesiale è stata colpita duramente. P. Hollanders era "pieno di entusiasmo, vita e dedizione" e parlava fluentemente afrikaans e tswana, una lingua bantu parlata in Sudafrica e Botswana. "Faceva parte della vita delle persone."
P. Hollanders era nato in Belgio il 4 marzo 1937. Ha emesso i primi voti come Oblato l'8 settembre 1958 ed è stato ordinato sacerdote il 26 dicembre 1963. È arrivato in Sudafrica il 31 gennaio 1965.
“Per 55 anni è stato un missionario dedicato e fedele nell'area di lingua Tswana, ora Provincia del Nord Ovest del Sudafrica” sottolinea il comunicato. “Gli piaceva creare nuove comunità cristiane, che sono diventate parrocchie o stazioni parrocchiali in quella che è diventata la diocesi di Klerksdorp”. “Ci è stato ricordato che Gesù è morto per mano di altri e abbiamo immaginato che anche padre Jef avrebbe detto: "Perdonali, perché non sanno quello che fanno" conclude il comunicato dell’OMISA. Il funerale di p. Hollanders, si terrà mercoledì 22 gennaio, alle ore 10, nella Cattedrale di Klerksdorp. (L.M.) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AFRICA/NIGER - P. Luigi Maccalli ancora prigioniero: il filo della speranza non è spezzato
 
Niamey (Agenzia Fides) - “Nel cortile della missione di Bomoanga, sempre tenuta in ordine, ora non c’è più nessuno a ricevere chi desiderava ascolto, conforto e una mano aperta per condividere il dolore” scrive p. Mauro Armanino, della Società per le Missioni Africane, confratello di p. Luigi Maccalli, rapito il 17 settembre 2018 e tuttora nelle mani di ignoti sequestratori. Nonostante le note di scoraggiamento che si vanno diffondendo a causa del prolungato silenzio da quel giorno di sedici mesi fa, quando il missionario venne prelevato dalla sua missione di Bomoanga (vedi Agenzia Fides 18/7/2018), la preghiera e la speranza di tante persone continua incessante.
“Una signora del posto, che si occupa di bambini malnutriti, diceva che la partenza del padre ha rappresentato la morte della comunità. Ha aggiunto che è sorpresa del ‘mancato agire’ di Dio che, secondo lei, si limita a ‘guardare’ ” nota ancora p. Armanino. “Forse non si è accorta che da Niamey, passando per Bomoanga, il villaggio del rapimento di Pierluigi, c’è un filo sottile che non è stato spezzato. Un filo di fuoco e di sabbia chiamato speranza”. Sono tanti infatti i confratelli del missionario rapito e i fedeli in Niger, in Italia e in altre parti del mondo, che continuano a pregare e sperare di poter riabbracciare padre Luigi Maccalli.
(MA/AP) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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ASIA/BANGLADESH - Formazione e dialogo interreligioso: le priorità della diocesi di Khulna  
 
Khulna (Agenzia Fides) - La formazione permanente dei fedeli cattolici e il dialogo interreligioso sono le priorità del piano pastorale della diocesi di Khulna per il 2020. "La nostra gente ha bisogno di sviluppo e promozione umana, per un miglioramento sociale ed economico delle condizioni di vita, ma è entusiasta di crescere nella fede", ha detto all'Agenzia Fides il Vescovo James Romen Boiragi, che guida la comunità ecclesiale a Khulna. "In generale - ha notatao il Vescovo - esiste una certa timidezza tra i fedeli nel testimoniare la propria fede o annunciare il Vangelo" ha detto. In tale contesto la diocesi di Khulna ha intrapreso diversi programmi di formazione permanente nelle parrocchie rivolti ai battezzati, "in modo che le persone possano rafforzare la loro fede e affrontare le sfide della vita" afferma Mons. Boiragi.
Un aspetto su cui si focalizza la pastorale, rileva, è anche quello di "impegnarsi nel dialogo e a vivere in armonia con persone di altre fedi, in un paese a maggioranza musulmana" racconta il Vescovo.
"La maggior parte dei servizi offerti da strutture e istituti cattolici, come programmi educativi, sanitari e di sviluppo sociale, sono pensati e rivolti indistintamente a tutti, senza alcuna discriminazione di fede o etnia. Attraverso questo impegno nella società e per il benessere della popolazione, promuoviamo la convivenza pacifica e reciproca con persone di altre religioni”, riferisce.
Va notato, poi, che il Bangladesh è un paese soggetto a calamità naturali come inondazioni, tifoni e cicloni, effetti dei cambiamenti climatici. L'impatto più forte di tali fenomeni si rileva soprattutto sulla vita di fasce della popolazione già indigenti o vulnerabili, che si ritrovano sotto la soglia di sopravvivenza. Le varie diocesi cattoliche bengalesi, inclusa quella di Khulna, organizzano e partecipano, accanto a gruppi governativi e della società civile, a programmi di sensibilizzazione e prevenzione rivolti alla popolazione che vive in aree a rischio.
La diocesi di Khulna è stata creata nel 1952 e oggi ha oltre 35.000 cattolici sparsi in 10 parrocchie, in cui operano 42 sacerdoti e oltre 80 suore, su una popolazione complessiva di circa 15 milioni di abitanti, per lo più musulmani. (SD) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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ASIA/TURCHIA - Scarcerato il monaco siro ortodosso accusato di complicità con il PKK
 
Mardin (Agenzia Fides) – E’ fuori dal carcere, ma non potrà allontanarsi dalla sua residenza il monaco siro ortodosso Sefer Bileçen, arrestato lo scorso 9 gennaio dalle forze di sicurezza turche con l’accusa di aver offerto aiuto e copertura a militanti del PKK, il Partito Curdo dei Lavoratori bollato come organizzazione terroristica dal governo di Ankara. La scarcerazione del sacerdote è avvenuta martedì 14 gennaio su istanza dei suoi avvocati, e dopo che il religioso si era impegnato a non lasciare la sua abitazione e a vivere in una condizione di libertà parziale fino a quando le accuse di complicità con i membri del PKK non saranno confermate e smentite.
Padre Sefer Bileçen, sacerdote del Monastero di Mor Yakup a Nusaybin (l’antica Nisibi, attualmente compresa nella Provincia turca di Mardin), dopo il suo arresto era stato condotto davanti a un giudice del tribunale locale con l’accusa di fiancheggiamento nei confronti di “un'organizzazione terroristica"”. Per lui si erano aperte immediatamente le porte del carcere.
Nei giorni successivi all’arresto, i media turchi avevano riferito che le indagini sul monaco erano iniziate nel settembre 2018, quando le telecamere montate su due droni dei servizi di sicurezza turchi avevano filmato due militanti del PKK che entravano nel monastero di Mor Yakup. Da quel momento, il monastero e in particolare il monaco Sefer erano stati posti sotto sorveglianza dai servizi di intelligence. Nel settembre 2019, un miliziano del PKK arrestato dalle forze di sicurezza turche aveva confessato di aver visitato più volte il monastero di Mor Yakup per mangiare, bere e rifocillarsi. Anche altre testimonianze riportate sui media turchi confermano che la presunta “complicità” contestata dalle autorità turche al monaco siro-ortodosso si è limitata alla semplice offerta di cibo e bevande a persone che dicevano di essere affamate e di aver sete. (GV) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AMERICA/REP. DOMINICANA - I Vescovi per le elezioni del 2020: “Come dominicani e come Pastori ci preoccupa tutto ciò che riguarda l'essere umano"
 
Santo Domingo (Agenzia Fides) - La Conferenza Episcopata Dominicana (CED), nella sua Lettera pastorale intitolata "Elezioni 2020: spazio per la partecipazione e l'impegno", che porta la data del 21 gennaio, “nel 60° anniversario della Lettera pastorale del gennaio 1960”, invita i candidati alle elezioni comunali di febbraio e a quelle generali di maggio, a presentare proposte basate sulla soluzione delle esigenze più urgenti del popolo dominicano, “evitando intrighi, calunnie e manipolazioni delle cosiddette campagne sporche, nonché lo spreco di risorse economiche in pubblicità eccessive”.
Nel lungo e dettagliato documento di 24 pagine, giunto all’Agenzia Fides, i Vescovi ricordano che nell’agenda delle azioni concrete dei candidati non devono mancare la lotta alla corruzione amministrativa, pubblica e privata, la difesa della vita della madre e del nascituro, la violenza cittadina e all’interno delle famiglie, i cambiamenti climatici, il rispetto dell'ordine giuridico e costituzionale. Inoltre sono necessarie politiche di gestione dell'immigrazione, investimenti nella sanità, nella giustizia e nella sicurezza sociale, politiche occupazionali, salari equi e riduzione della povertà.
Agli eletti ricordano che quanti assumono incarichi pubblici devono mettersi a servizio con sobrietà, educazione, saggezza, senso del governo, dignità, autenticità, trasparenza, saggezza e giustizia, in modo che non debbano "sentirsi indispensabili o arrivino a credersi dei messia politici”. Il Consiglio elettorale centrale “merita il nostro sostegno e quello di tutti i dominicani, soprattutto al fine di garantire un processo elettorale trasparente”, in quanto “non si può ammettere la pratica corrotta e illegale di acquistare e vendere schede davanti a tutti, senza agire contro questa infrazione elettorale".
A quanti mettono in dubbio il diritto della Chiesa ad esprimere la propria opinione su questioni politiche o sui processi elettorali, i Vescovi rispondono: “come dominicani e Pastori di questo popolo, ci preoccupa tutto ciò che riguarda l'essere umano". Inoltre sottolineano che la Chiesa rispetta la libertà di scelta, che il voto è un diritto e un dovere di coscienza che non deve essere motivato da interessi personali e che un vero esercizio democratico è possibile solo in uno Stato di diritto in cui la legge prevale "al di sopra di interpretazioni congiunturali e accomodanti".
Nella loro lettera, i Vescovi esprimono il desiderio che i leader politici firmino un patto nazionale di impegno sulle priorità per la società dominicana, "stilando un'agenda nazionale e provinciale che superi gli interessi personali e di gruppo a favore del benessere collettivo della nazione". Oltre ad una quota riservata per ricoprire cariche pubbliche, i Vescovi sottolineano la necessita di offrire maggiori opportunità per mostrare il valore incommensurabile della donna e la sua dignità, esprimendo anche la loro preoccupazione per il notevole aumento dei femminicidi.
Quest'anno la Conferenza Episcopale Dominicana commemora il 60° anniversario della Lettera pastorale pubblicata nel gennaio 1960 contro il regime di Rafael Leónidas Trujillo, firmata dai sei Vescovi di quel tempo, che “nell'esercizio della loro missione profetica”, alzarono la voce per reclamare la difesa dei diritti umani, il rispetto e la promozione della vita e della dignità umana. Quel documento “irradiò luce in un momento critico della vita nazionale, caratterizzata dalla sofferenza generalizzata imposta dalla tirannia”. Anche se oggi viviamo in una situazione diversa, evidenziano i Vescovi, “ci sono ancora molti ostacoli da superare per ottenere una migliore qualità della vita per tutti e per una ricomposizione sociale”. (SL) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AMERICA/NICARAGUA - Denunciate nuove intimidazioni contro la Chiesa, l’unità del popolo per costruire un nuovo Nicaragua
 
Managua (Agenzia Fides) – Il Vicario generale dell'Arcidiocesi di Managua, Mons. Carlos Avilés, ha denunciato l'intimidazione contro i fedeli cattolici da parte dello stato: "Membri delle forze dell'ordine prendono nota della targa delle auto dei fedeli solo per il fatto che vanno a messa in una parrocchia, è ridicolo. Ma la Chiesa ha fatto questa esperienza di persecuzione già negli anni 80. Noi, malgrado questo, non ci fermiamo nel nostro lavoro e nella nostra missione, evangelizzare e stare a fianco del popolo. Dall'aprile 2018, quando il popolo è uscito pacificamente a manifestare la protesta contro la riforma del ‘Seguro Social’ ed è stato brutalmente fermato con violenza dalla dittatura, la Chiesa cattolica si è messa ancora una volta dalla parte dei più deboli".
Le dichiazioni di Mons. Aviles sono contenute in un video condiviso con Fides e diffuso sui social media, in cui informa che c'è stata una denuncia ufficiale della Chiesa su questi fatti, pubblicata anche sui media. Il video contiene una intervista al giornale La Prensa del Nicaragua, dove il Vicario generale della diocesi descrive la situazione della Chiesa: "Grazie a Dio, la Chiesa riflette quanto vive la società, quanto vive il popolo. Non abbiamo nessun potere, né militare, né politico, per affrontare e lottare contro una repressione gratuita solo per stare dalla parte del popolo, o solo per denunciare le richieste di giustizia del popolo".
Mons. Avilés conclude chiedendo ai membri della polizia di fermare la persecuzione contro la Chiesa e i suoi fedeli: "Non possiamo vivere in un ambiente di repressione. Bisogna vivere con spirito cristiano, in pace e armonia".
La situazione in Nicaragua è sempre di continua tensione. Sono inutili i tentativi del governo di presentare alla stampa internazionale un paese tranquillo e sereno quando i leader sociali e contadini sono perseguitati, minacciati o addirittura uccisi. Gli imprenditori non sostengono più la politica economica del governo, con conseguenze negative immediate da parte del mercato internazionale; alla stampa nazionale è impedito di informare sui fatti quotidiani; i partiti dell'opposizione si trovano senza strumenti politici dinanzi alle prossime elezioni.
Tuttavia le testimonianze dei giovani in molte città del paese, attraverso i social media, confermano che un Nicaragua Libero e Unito non solo è possibile, ma sarà frutto di ogni piccolo contributo, secondo le parole di Mons. Rolando Alvarez, Vescovo di Matagalpa: "Il popolo sta dando lezione di unità. Lo fa con la vita quotidiana, mirando ai grandi ideali per costruire un nuovo Nicaragua, una grande nazione. Perché la vera unità la fa il popolo".

mercoledì 18 dicembre 2019

Agenzia Fides 17 dicembre 2019

VATICANO - Le sfide della missione in Asia: un convegno all'Urbaniana
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - E' incentrato sulle sfide della missione cristiana in Asia il convegno che, in occasione del 20° anniversario della esortazione post-sinodale "Ecclesia in Asia", si tiene alla Pontificia Università Urbaniana il 18 e 19 dicembre. Organizzato grazie alla partenership tra la Pontificia Facoltà teologica di San Bonaventura - Seraphicum, la Pontificia Università Urbaniana e la Pontificia Unione Missionaria, il convegno, dal titolo "Trasforming Asia" analizzerà, nella prima sessione, lo stato dell'evangelizzazione nelle società del Sudest asiatico. Dopo il l'apertura affidata al Prof. Dinh Anh Nhue Nguyen OFMConv, Preside della Pontificia Facoltà Teologica di San Bonaventura e Direttore dell'Istituto Francescano di studi teologici asiatici, p. Gianni Criveller PIME, interverrà sulle "Trasformazioni antropologiche e sociali nell'Asia contemporanea", mentre il domenicano Fr. Joseph Nguyen Tat Thang OP si soffermerà sulle "Tendenze nella vita religiosa cattolica nel Chiese del Sudest asiatico". Nelle successive relazioni, con la moderazione di p. Fabrizio Meroni, Segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, p. Paulus Y Pham tratteggia le "Prospettive vietnamite sull'Ecclesia in Asia", mentre Fr. Paulus Budi Kleden SVD parla delle "Sfide che la missione cristiana deve affrontare in Indonesia". Al francescano Fr. Francis Yongho Lee OFM è affidata una "Riflessione buddista sulla spiritualità francescana", secondo la teologia comparativa, alla luce di "Ecclesia in Asia".
La seconda giornata dei lavori si concentra, poi, sull'analisi della missione cristiana nella società indiana e in quella cinese. Il prof Gaetano Sabetta indaga le "Prospettive religiose cristiane di fronte a quelle asiatiche: necessità, possibilità e limiti del dialogo", mentre la prof.ssa Elisa Giunipero parlerà su "L'Accordo tra la Santa Sede e Cina: sviluppi e sfide". Infine una sguardo all'Asia del Sud con l'analisi di contesti come India, Sri Lanka, Pakistan. (Agenzia Fides 17/12/2019)
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EUROPA/ITALIA - Padre Maccalli è “un filo che ci unisce da 15 mesi: lo affidiamo al Signore”
 
Crema (Agenzia Fides) – Sono passati quindici mesi dal giorno in cui non si hanno più notizie di padre Luigi Maccalli, sacerdote della Società per le Missioni Africane rapito in Niger nel settembre 2018 (vedi Agenzia Fides 18/9/2018). Tante persone continuano a mantenere vivo il suo ricordo nonostante questi lunghi mesi di silenzio:
“Ti vorrebbero tutti subito nuovamente a casa per poterti abbracciare, pensarti al sicuro e in buona salute, stare in tua compagnia. Qualcuno ha detto che vorrebbe tanto poter accarezzare la tua barba. Manchi a tutti padre Gigi, a chi ha avuto la fortuna di conoscerti bene, ma manchi anche a chi ti ha conosciuto meno" scrive Lucia Pavan, laica che frequenta la comunità SMA di Crema.
Prosegue la lettera giunta a Fides: “Esiste una ‘comunione di vite’ che va al di là dei tempi e dei modi. E la tua vita sta coinvolgendo e interrogando oggi la vita di molte persone, vicine o lontane. Che conoscevi o anche no. C’è un filo che ci unisce. A volte non lo vediamo, non ce ne accorgiamo, ma siamo tutti legati, gli uni agli altri. E ciò che mi capita, porta sempre un significato e una domanda a chi mi sta accanto, e viceversa. Nessuno sa che cosa tu stia vivendo. Nessuno sa accettare un’ingiustizia come il tuo rapimento senza farsi domande, senza reagire emotivamente. Ci sono momenti nella vita in cui possiamo solo affidarci al Signore e lasciare che Lui faccia. E così oggi, padre Gigi, vogliamo credere che anche in questo momento il Signore sta agendo attraverso la tua vita di padre missionario lì dove ti trovi, con chi hai accanto”.
Dal Niger un giorno Padre Maccalli scriveva ai suoi amici: “La speranza è la virtù africana per eccellenza e molti sono coloro che sperano un futuro diverso”. “Non avresti mai voluto che tutte le nostre attenzioni – dicono oggi nella comunità che lo attende e prega per lui – si concentrassero solo per te. E così ti affidiamo al Signore, insieme ad ogni uomo che in questo momento è privato della sua libertà e della sua dignità. Dietrich Bonhoeffer dalla sua cella ad Auschwitz scriveva: Io credo che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa. Per questo egli ha bisogno di uomini che sappiano servirsi di ogni cosa per il fine migliore. Ciao Padre Gigi, chiediamo al Signore di custodirti, di darti forza e tanta speranza”.
(LP/AP) (17/12/2019 Agenzia Fides)
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AFRICA/MALAWI - Due importanti incontri ecclesiali in Malawi
 
Blantyre (Agenzia Fides) - "L'incontro ci ha aiutato a pianificare e a prepararci al meglio all'Anno della Bibbia", ha detto il Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM), p. Vincent Mwakwawa, al termine della riunione di pianificazione dell'anno biblico, tenutasi presso il Centro Pastorale Nantipwiri, nell'Arcidiocesi di Blantyre. All’incontro hanno partecipato i membri delle POM, i Coordinatori Pastorali e gli appartenenti all’Apostolato familiare del Malawi.
I partecipanti, provenienti dalle otto diocesi del Paese, hanno anche discusso della preparazione della festa dell'Epifania, che si celebrerà il 5 gennaio del prossimo anno nella diocesi di Karonga, nella Cattedrale di San Giuseppe operaio.“È stato anche un modo per capire come le POM possano aiutare a prendersi cura delle famiglie, in particolare formare i genitori come insegnanti dei bambini, e come trasformare una famiglia in una scuola di missione” ha aggiunto p. Mwakhwawa.
Un altro importante incontro è stata l’Assemblea Generale Annuale Nazionale della Catholic Women Organization (CWO) tenutasi presso il campus principale della DMI University, nella diocesi di Mangochi, dal 12 al 15 dicembre. Aprendo l’incontro Sua Ecc. Mons. Montfort Stima, Vescovo di Mangochi, ha invitato le donne a rispondere alla chiamata di Dio alla santità.
Sua Ecc Mons. Peter Martin Musikuwa, Vescovo di Chikwawa, durante la celebrazione dell'Eucaristia ha invitato le donne a essere operatrici di pace, giustizia e amore per i poveri nel Paese. Mons. Musikuwa, ha inoltre pregato le donne della CWO di usare correttamente i social media, dicendo che questi dovrebbero essere uno strumento per portare la salvezza alle persone e non indurle a peccare contro la volontà di Dio.
P. Vincent Mwakhwawa, responsabile nazionale per i laici ha elogiato le opere della CWO in tutte le otto diocesi del Malawi. Lucy Vokhiwa, presidente della CWO in Malawi, ha annunciato che i membri della CWO svolgeranno sessioni di studio su tematiche quali l’Enciclica Laudato Si; la cura dei vulnerabili della società; il lavoro missionario delle donne cattoliche. (Agenzia Fides 17/12/2019)
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ASIA/INDIA - La nuova legge sulla cittadinanza agli immigrati "è incostituzionale": appello alla "disobbedienza civile"
 
New Delhi (Agenzia Fides) - "La nuova legge sulla cittadinanza (Citizenship Amendment Act 2019), approvata dal Parlamento e promulgata il 12 dicembre dopo la firma del Presidente dell'India, è palesemente discriminatoria, divisiva e draconiana. Inoltre è incostituzionale e va contro lo spirito democratico dell'India": lo afferma all'Agenzia Fides il Gesuita indiano p. Cedrik Prakash, attivista impegnato nel Jesuit Refugee Service, esprimendo i sentimenti della comunità cristiana in India.
Il nuovo provvedimento rende ammissibili alla cittadinanza gli immigrati irregolari di comunità indù, cristiane, buddiste, sikh e zoroastriane provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, escludendo, in modo significativo, quelli di religione musulmana. Il governo opera una distinzione tra i musulmani, considerati "immigrati illegalmente", e i "rifugiati" che cercano di sfuggire alle persecuzioni nel loro paese di origine. Il Ministro degli Interni Amit Shah ha pubblicamente parlato di "infiltrati", riferendosi agli immigrati musulmani. La società civile indiana, scesa in piazza per protestare, lamenta la patente violazione degli articoli 14 e 15 della Costituzione indiana, che garantisce il diritto alla parità e alla non-discriminazione.
Nota p. Prakash all'Agenzia Fides: "La legge ha un chiaro costrutto maggioritario e discriminatorio. Esiste un piano per istituire in India un 'Regno induista', come si diceva tra i gruppi estremisti indù già negli anni '30 del secolo scorso. Ma poi, grazie a indiani illuminati come Gandhi, Nehru, Patel, Ambedkar e altri, questo piano non è riuscito. Tuttavia, in modo surrettizio e insidioso, oggi questa mentalità è di nuovo in in ascesa". Il Gesuita prosegue: "Il cosiddetto 'approccio umanitario' nei confronti delle minoranze perseguitate in altri paesi, se fosse autentico, dovrebbe prendere in considerazione anche i Rohingya del Myanmar, i Tamil e i singalesi dello Sri Lanka, gli Hazara afghani e gli Ahmadi dal Pakistan. Se fosse un reale approccio umanitario, non dovrebbe discriminare nessuno".
Ora, secondo gli attivisti cristiani in India, "il prossimo passo è un ricorso alla Corte Suprema, per far dichiarare la legge incostituzionale", nota. "L'unica opzione per noi, popolo dell'India - dice il Gesuita - è la disobbedienza civile. Diversi eminenti cittadini hanno intrapreso la disobbedienza civile. Per tutelare la nostra identità e democrazia, dobbiamo prendere spunto dal Mahatma Gandhi, che promuoveva la disobbedienza come forma di resistenza e di ribellione senza violenza".
Conclude p. Prakash: "Dobbiamo agire rapidamente per garantire che il Citizenship Amendment Act sia ritirato prima che gli estremisti prendano il controllo delle nostre vite e della nazione". (PA) (Agenzia Fides 17/12/2019)
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ASIA/TURCHIA - Il nuovo Patriarca armeno: la questione del Genocidio armeno strumentalizzata per strategie economico-politiche
 
Istanbul (Agenzia Fides) - “Ci addolora vedere gli eventi capitati agli armeni 100 anni fa su queste terre, trasformati in strumenti di pressione economica, politica o strategica da parte dei Parlamenti di altri Stati. Riteniamo che questo conduca a una situazione che si rivolta in maniera inappropriata contro i nostri antenati”. Lo ha detto il nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli, Sahak II Machalyan, nelle prime dichiarazioni pubbliche diffuse dalla stampa turca dopo la sua elezione patriarcale e con evidente riferimento alla risoluzione approvata giovedì 12 dicembre dal Senato USA che ha riconosciuta il carattere genocidario dei massacri di armeni perpetrati durante la Prima Guerra Mondiale nei territori della Penisola anatolica.
I media nazionali danno ampio spazio alla netta presa di posizione da parte del nuovo Patriarca, proposta come un tratto di forte connotazione dei primi passi del suo nuovo mandato ecclesiale. In un’intervista rilasciata a Sabah, subito dopo il voto del Senato USA, il neoeletto Patriarca armeno aveva minimizzato: “Queste cose non vanno prese troppo sul serio” aveva detto Sahak II, facendo notare che i parlamenti hanno il compito istituzionale di approvare leggi e risoluzioni, e questo non comporta nessun coinvolgimento da parte delle comunità e delle autorità ecclesiali armene. Nel contempo, il Patriarca ha comunque suggerito che le campagne di mobilitazione sul riconoscimento del Genocidio armeno fanno parte di strategie più ampie, e vengono usate come strumenti di pressione geopolitica.
“Avremmo voluto” ha aggiunto il nuovo Patriarca “che gli eventi vissuti su queste terre fossero trattati dalle persone che vivono in queste terre; avremmo voluto il miglioramento delle relazioni tra Turchia e Armenia. E che le due parti potessero dialogare tra loro. È proprio perché le due parti non parlano tra loro che altri Paesi, dell'altra sponda dell'Atlantico, si arrogano il diritto di immischiarsi in queste vicende”.
In altre dichiarazioni rilanciate negli ultimi due giorni dai media turchi, Sahak II ha richiamato la condizione singolare vissuta dagli armeni In Turchia, che in parte li differenzia dal resto delle comunità armene sparse nel mondo, anche riguardo alla memoria dei sanguinosi eventi del 1915. “Come armeni” ha detto il Patriarca di Costantinopoli “siamo integrati in Turchia e abbiamo legato il nostro avvenire con quello della Turchia. Siamo in armonia con tutte le componenti di questa nazione”. La scelta di vivere in Turchia – ha riconosciuto Sahak – comporta un modo particolare di vivere la memoria dei fatti di sangue vissuti dagli armeni nella Penisola anatolica (eventi che il Patriarca non definisce mai pubblicamente con l’espressione “Genocidio”). “Abbiamo vissuto il trauma del 1915” sottolinea Sahak II “e l'abbiamo superato in qualche modo, continuando a vivere qui. E naturalmente gli sviluppi politici registrati al di fuori della comunità armena della Turchia ci riguardano. E l'eccitazione provocata in Turchia ha come effetto quello di fomentare odio”. (GV) (Agenzia Fides 17/12/2019).
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AMERICA/COSTA RICA - “La vita è sacra”: i Vescovi indignati per le norme sulla depenalizzazione dell’aborto
 
San José (Agenzia Fides) – “Netto rifiuto e indignazione” per la firma della cosiddetta “Norma tecnica” sulla depenalizzazione dell’aborto da parte del Presidente Carlos Alvarado Quesada, è stata espressa della Conferenza Episcopale del Costa Rica, in quanto “contraddice il sentimento espresso, in modo molto chiaro, da un popolo convinto del suo amore per Dio e per la vita nascente".
Nel comunicato intitolato “La vita umana è sacra”, pervenuto all’Agenzia Fides, i Vescovi ricordano di essersi sempre espressi “contro questa e ogni azione che intenda aprire la porta per attentare alla vita umana, specialmente quella dei più vulnerabili, come il bambino che deve nascere, perché il Vangelo della Vita è al centro del messaggio di Gesù”. Allo stesso tempo i Vescovi riconoscono l’onestà e l’impegno di quanti “hanno sostenuto che ogni vita ha valore”, specialmente i legislatori e i diversi settori sociali che lo hanno ribadito con fermezza. “I credenti devono difendere e promuovere il diritto alla vita” prosegue il comunicato, che invita a chiedere al Signore della vita che guidi il nostro cammino “come un paese sovrano, e non continui ad allinearsi alla cultura della morte che gli si sta imponendo”.
Il Presidente della Costa Rica, Carlos Alvarado Quesada, ha firmato il 13 dicembre il decreto contenente il “regolamento tecnico” relativo alla depenalizzazione dell’aborto. L’interruzione volontaria della gravidanza era stata depenalizzata nel Paese nel 1970, se fatta “allo scopo di evitare un pericolo per la vita o la salute della madre”. In assenza di un decreto attuativo, tale normativa non era però applicabile nella sua interezza. Dopo le sollecitazioni della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), lo Stato ha predisposto il regolamento tecnico, che è stato approvato dal Fondo di previdenza sociale nazionale, ed è stato firmato dal Capo dello Stato il 13 dicembre.
I Vescovi hanno sempre sostenuto la sacralità della vita umana fin dal suo concepimento e nel comunicato del 10 ottobre avevano espresso pieno appoggio alla campagna “40 giorni per la vita” che invitava a pregare “perché l’aborto non venga mai legalizzato in Costa Rica”. Con rispetto e piena convinzione che “la vita umana è inviolabile” secondo la Costituzione del Costa Rica, invitavano il Presidente della Repubblica “a non firmare la norma tecnica”, in quanto bisogna difendere quanti non hanno la possibilità di gridare per la loro vita. (SL) (Agenzia Fides 17/12/2019)
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AMERICA/MESSICO - Tendere una mano ai migranti: iniziativa congiunta delle diocesi di frontiera di Brownsville e Matamoros
 
Matamoros (Agenzia Fides) - La Casa del Migrante San Juan Diego e San Francisco, nella città di Matamoros, stato messicano di Tamaulipas, confinante con la parte meridionale dello stato statunitense del Texas, ha ricevuto tre tonnellate di cibo, oltre a una donazione in denaro, dall'organizzazione internazione dei Cavalieri di Colombo degli Stati Uniti. Secondo le informazioni diffuse dalla diocesi di Matamoros, pervenute a Fides, si tratta di una delle iniziative congiunte promosse dai Vescovi di questa regione di frontiera per assistere i migranti, attraverso la Pastorale Sociale nel nord di Tamaulipas e la Caritas del Texas.
“In questo momento l'attenzione solidale è focalizzata su Matamoros, considerando l'arrivo di molti fratelli migranti in questa regione” ha detto il Vescovo di Brownsville, Mons. Daniel Flores, che insieme al suo Ausiliare, Mario Aviles, ha partecipato alla consegna degli aiuti. Quindi ha aggiunto: “invitiamo tutti e ognuno a continuare a sostenere la comunità migrante, senza giudicare e condannare". Il Vescovo di Matamoros, Eugenio Lira, ha commentato: "è un bel segno di solidarietà dei Cavalieri di Colombo, che hanno fatto uno sforzo per sostenere questa Casa del Migrante, dove si cerca di tendere una mano ai nostri fratelli e sorelle che, per vari motivi, hanno dovuto lasciare le loro case e sono venuti a cercare il sogno americano".
La consegna degli aiuti è stata l’occasione, per i Vescovi, di incontrare i migranti del sud del Messico e del Centroamerica che sono temporaneamente ospitati nella Casa del Migrante, di ascoltare le loro angosce, necessità, tristezze e illusioni, prima di condividere la cena in un clima di fraternità e di speranza. Erano presenti anche i membri dei Cavalieri di Colombo della diocesi di Matamoros, l’équipe di coordinamento della Pastorale sociale, i collaboratori della Casa del Migrante, oltre a giornalisti di entrambi i paesi. (SL) (Agenzia Fides 17/12/2019)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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