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venerdì 14 luglio 2023

Agenzia Fides 14 luglio 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Suor Elena e il barcone sul Nilo che salva i profughi in fuga dalla guerra sudanese
 
Malakal (Agenzia Fides) - Il Sudan è sull’orlo del baratro. Da conflitto a bassa intensità, ormai a un passo dal terzo mese dallo scoppio, si sta rapidamente trasformando in guerra aperta. Dopo l’ennesima tregua concordata e non rispettata, si susseguono bombardamenti e combattimenti che coinvolgono principalmente la capitale Khartoum e la regione del Darfur, ma che si allargano di settimana in settimana interessando altre aree del Paese.
Secondo le Nazioni Unite il Sudan si sta pericolosamente avvicinando a una situazione di conflitto totale che "potrebbe destabilizzare l'intera regione". I morti sono già oltre 3 mila, tantissimi i feriti mentre si moltiplicano le voci di violenze ripetute sulle donne. Quasi tutti gli ospedali sono chiusi, mancano acqua, cibo ed elettricità.
Il terrore che vige in tutto il Paese ha fatto del Sudan - uno degli Stati con maggiore afflusso di profughi da tutti i Paesi limitrofi (circa 1,1 milioni) fino a prima della guerra – un luogo di esodo disperato. Le statistiche parlano di più di 2,8 milioni di persone sfollate a causa del conflitto, di cui oltre 2,2 milioni all'interno e oltre 700mila fuori dai confini.
Tra i Paesi maggiormente interessati dalla fuga oltre all’Egitto (255mila) e al Ciad (oltre 230mila) c’è il Sud Sudan il piccolo e giovane Paese (indipendente dal 2011) già gravato da crisi umanitarie e conflitti.
In Sud Sudan sono già arrivati 150mila profughi in fuga dal Sudan. “Nel giro di pochissimo tempo” riferisce all’Agenzia Fides Suor Elena Balatti, comboniana “si è creata un’emergenza enorme: La nostra area – spiega la religiosa, che è direttrice di Caritas Malakal, il capoluogo dello Stato dell’Alto Nilo – è la più interessata perché zona di confine e punto di accesso più immediato per chi proviene da Khartoum. Qui da noi arrivano soprattutto sudsudanesi che erano fuggiti a Khartoum a diverse riprese, prima dell’indipendenza, nel corso della guerra civile (2013-18, ndr) o a seguito di instabilità o emergenze ambientali recenti. Fanno ritorno nelle loro zone che continuano a essere devastate da problemi ambientali, alluvioni e scontri interetnici. L’afflusso, così massiccio e repentino, va ad aggravare una situazione già pesantissima. Purtroppo ci sono tensioni, sviluppatesi nella guerra civile, che ancora permangono e che creano esodi interni a cui, adesso, si aggiungono nuovi afflussi, solo qualche giorno fa sono arrivate circa 3000 persone dal Sudan in pochissimo tempo, è una situazione davvero complicata”.
Gli organismi internazionali preposti al sostegno dei profughi, le Ong e gli enti benefici presenti in Sud Sudan agivano già in condizioni critiche prima che scoppiasse la guerra in Sudan. Ora la situazione presenta gravi complicazioni di gestione anche perché nel piccolo Paese arrivano etnie diverse che avevano trovato rifugio in Sudan nel passato e ora si trovano nuovamente nell’impellenza di fuggire per salvarsi.
La gestione è difficilissima e necessita di grandi capacità logistiche e grosse quantità di beni di prima necessità. “L’Oim (Organizzane Internazionale per le Migrazioni) riferisce Suor Elena “sta facendo del suo meglio così come gli enti più piccoli come la nostra Caritas diocesana, ma diventa ogni giorno più complesso. Qui, oltre a sudsudanesi, arrivano sudanesi e anche tanti eritrei. A differenza di quelle nazionalità come quella egiziana o quelle europee, le cui ambasciate hanno facilitato l’esodo dei propri connazionali o hanno organizzato voli, per gli eritrei è diverso: nessuno vuole tornare in Eritrea né Asmara si è data da fare per aiutare. I sudsudanesi che tornano, invece, sono in gran parte persone che vivevano a Khartoum ormai da tempo e lì avevano trovato lavoro, casa, una propria stabilità dopo che erano partiti di corsa senza nulla, specie durante il conflitto, e avevano cominciato da zero. Ora rivivono la stessa esperienza a ritroso: hanno nuovamente lasciato tutto e devono ricostruirsi una vita dal nulla”.
Le tensioni in Sudan erano latenti da tempo (nell’ottobre 2021 c’è stato un colpo di Stato che ha interrotto la transizione democratica, ndr), ma nessuno si aspettava che si arrivasse a un conflitto in così breve tempo e che si trasformasse in una guerra aperta che mina la stabilità di un’intera area. “È stato tutto troppo rapido e violento, sapevamo che le tensioni erano presenti in Sudan da tempo ma non immaginavamo un’escalation di questo tipo. Il problema è quando in un Paese ci sono due eserciti (le forze armate regolari e le Rapid Support Forces - Rsf del generale Dagalo, ndr): l’equilibrio è precario, uno dei due tende inevitabilmente a pretendere supremazia e lo fa con le armi. Qui da noi è successo esattamente lo stesso (la guerra civile condotta dall’esercito fedele al Presidente Salva Kiir e le milizie armate sotto il comando di Rieck Machar, ndr). Infatti la gente qui dice ‘Hanno imparato da noi’”.
La presenza di gruppi armati diversi dall’esercito, come spiega Suor Elena, è senza dubbio un problema che crea grosse tensioni. Lo si è visto anche in Russia con il tentato golpe delle truppe Wagner di Evgenij Prigožin . La potente milizia mercenaria è notoriamente presente in Africa e, a detta di molti osservatori, è implicata anche nel conflitto sudanese: con molta probabilità sostiene con armi e uomini le Rsf. Ma c’è chi non esclude che possa aiutare anche l’esercito.
“Nel deserto del Darfur (una delle aree più colpite dal conflitto) non ci sono armi sofisticate, arrivano di certo da qualche altra fonte, qualcun altro le ha procurate. È già molto difficile mediare tra due parti in conflitto, figuriamoci se gli attori coinvolti sono di più”.
Se si riesce ancora a gestire un minimo di aiuto per le decine di migliaia di profughi in arrivo in Sud Sudan è grazie all’opera degli organismi internazionali così come di realtà più piccole come la Caritas diocesana o la Caritas Sud Sudan. “Per fortuna” racconta Suor Elena “riceviamo sostegno internazionale. Poco tempo fa sono venuti qui alcuni membri di Caritas Austria e hanno deciso di aiutare. Lo fanno con estrema generosità. Noi aiutiamo come possiamo in modo concreto, abbiamo messo a disposizione un barcone che trasporta la gente dal confine fino a qua viaggiando sul Nilo. Ne sono arrivati così circa 2000. Poi distribuiamo generi di prima necessità nei campi di transito. Purtroppo vediamo ogni giorno gente morire di fame o di stenti, alcuni anche durante il viaggio. È per questo che mi sento di rivolgere anche attraverso Fides un appello a aiutarci attraverso i canali di Caritas dedicati all’emergenza sfollati dal Sudan, Upper Nile Sud Sudan”. (LA) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/NIGER - “Il Signore ci dona sacerdoti provenienti da comunità perseguitate”
 
Niamey (Agenzia Fides) - E' prete soltanto da una settimana, don Laurent. Lui è originario di Kankani, villaggio di frontiera col Burkina Faso, da dove la gente, minacciata dai gruppi armati, è dovuta fuggire a Makalondi. Malgrado l’insicurezza generalizzata nella regione i cristiani erano numerosi, sabato 8 luglio. Hanno lasciato i lori villaggi per arrivare in città, la capitale Niamey, per l’ordinazione presbiterale di uno dei loro figli, Laurent Woba.
Ordinato dal vescovo di Niamey, Mons. Laurent Lompo originario della stessa zona occupata dal popolo Gourmanché, transfrontaliero tra il Niger e il Burkina Faso.
Laurent si è dunque integrato nel presbiterio della diocesi di Niamey e sono degne di nota le parole a lui rivoltegli dall’attuale coordinatore della fraternità dei preti diocesani. Di seguito un lungo e significativo passaggio del discorso di benvenuto e accoglienza, proposto da padre François Azouma, originario del vicino Togo.
“La tua ordinazione è motivo di gioia e di speranza. Sei stato appena ordinato in un contesto difficile, data la situazione della sicurezza nel tuo villaggio. La tua nascita alla vita sacerdotale, nonostante il clima di paura, è per noi un segno di speranza che non delude. Sul muro all'ingresso dell'Abbazia di Keur Moussa nel Senegal, sta scritto: "E il deserto fiorirà". Visto il contesto in cui vivono le comunità del tuo Settore, possiamo lasciarci convincere che il deserto fiorirà, perché è in queste comunità dove i presbiteri non possono più avere accesso per esercitare il loro ministero, in queste parrocchie dove è impossibile per i fedeli riunirsi per la preghiera, in queste località svuotate dei loro abitanti, è in queste comunità disperse e martoriate che il Signore manifesta la sua gloria attraverso il dono del sacerdozio.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. L'anno scorso, dopo l'ordinazione di padre Aimé Combari, della parrocchia di Saint Marc a Torodi, la Messa di ringraziamento a Torodi è stata rimandata alle calende greche. Se, nonostante la vicinanza di Torodi a Niamey, è difficile, se non impossibile, organizzare la prima Messa lì, ma il Signore ci dà Kankani, al confine con il Burkina, siamo tentati di dire Signore, "dov'è la serietà in tutto questo?". E non è tutto, come per prenderci in giro, se tutto va bene, Dio ci invita a celebrare il sacerdozio l'anno prossimo a Bomoanga, parrocchia dove era stato rapito il padre Pierluigi Maccalli.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. Infatti, suscitando sacerdoti in comunità martoriate, perseguitate, martirizzate e terrorizzate, dove i fedeli hanno paura di incontrarsi e persino di pregare a casa, dà loro motivo di sperare. Se il Signore ci fa dono di sacerdoti provenienti da queste comunità deserte che condividono con noi la loro gioia, è anche un'opportunità per noi di condividere la loro sofferenza e la loro miseria attraverso le opere di misericordia compiute per loro.
Reverendo padre Laurent, sei consapevole più di chiunque altro del contesto in cui sei stato ordinato. Forse non sai dove stai andando, ma almeno sai da dove vieni...! Sii sensibile alla miseria del tuo popolo, seguendo l'esempio di Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Tieni gli occhi fissi su Gesù, nostro modello. Qualsiasi cosa diciate, qualsiasi cosa facciate, sia nel nome di Gesù, non per piacere agli uomini, ma per piacere a Dio; lui è il padrone, noi siamo al suo servizio”. (M.A) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Salute e istruzione per combattere la povertà: i missionari in un piccolo villaggio periferico
 
Daloa (Agenzia Fides) – “Migliorare la salute delle popolazioni è un modo per combattere la povertà”.
Partendo da questo principio padre Ysmael Herbin Gbagoué, missionario a Daloa, ha parlato della necessità di ristrutturare un dispensario che la Società per le Missioni Africane gestisce a Zakoua.
“Servono strumenti medicali di qualità – ha spiegato il sacerdote SMA. Tra gli obiettivi c’è anche quello di poter fare funzionare un reparto di maternità e una farmacia. Sono previsti dei corsi femminili che verranno impartiti dagli infermieri, affinché le donne collaborino nella prevenzione delle malattie dei loro bambini.”
Zakoua è un piccolo villaggio situato a pochi chilometri dalla città di Daloa, nel centro-ovest del Paese. In questo quartiere periferico, come pure in quelli limitrofi, la popolazione non dispone di Centri di salute statali, e deve percorrere molti chilometri per trovare un infermiere o un medico.
Tra le malattie più diffuse prevalgono la tubercolosi e l’Aids, tuttavia la malaria rimane ancora la principale causa di morbilità e mortalità a Daloa.
(AP) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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ASIA/THAILANDIA - Il drammatico “limbo” dei rifugiati birmani
 
Bangkok (Agenzia Fides) - Oltre 90.000 rifugiati birmani vivono in nove campi profughi organizzati dal governo thailandese lungo il confine tra Thailandia e Myanmar e, secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il numero continua a crescere, a causa del conflitto civile in corso in Myanmar. La Thailandia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un quadro giuridico nazionale specifico per la protezione dei rifugiati urbani e dei richiedenti asilo. Molti dei rifugiati birmani sono bloccati in Thailandia in un “limbo” giuridico e sociale, mentre il governo non rilascia loro il permesso di spostarsi verso paesi terzi. Secondo le Ong che assistono i rifugiati, circa 1.100 persone che hanno ottenuto dal UNHCR l'approvazione per il reinsediamento negli Stati Uniti e in altri paesi, ma nemmeno a costoro è stato permesso di lasciare la Thailandia.
Quanti hanno ottenuto lo status di "rifugiato" dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Thailandia, stanno ricevendo assistenza dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in attesa di poter lasciare il paese. Ma né costoro, né tutti gli altri che non hanno ancora uno status ufficiale possono spostarsi dai campi, chiusi con recinzioni e sorveglianza: risiedono all'interno, in condizioni molto difficili, senza reddito, senza permesso lavorare in Thailandia, privi di assistenza sanitaria e di istruzione. L’area interessata è quella di Mae Tao Phae, nel distretto thailandese di Mae Sot, al confine con il Myanmar. L'ufficio dell'UNHCR in Thailandia ha confermato che solo il governo thailandese possiede l'autorità esclusiva per decidere chi è idoneo per le partenze internazionali e che ha la responsabilità della gestione dei campi profughi.
L’Ong "Border Consortium", che fornisce cibo, vestiti e sostegno a circa 87.000 rifugiati birmani in nove campi, stima che oltre 20.000 persone sono fuggite dal Myanmar in Thailandia per paura di persecuzioni politiche dopo il colpo di stato del 2021 e circa la metà di loro ha contattato l'UNHCR.
Tra le organizzazioni umanitarie impegnate in loco, la Caritas Thailandia fornisce aiuti di emergenza ai rifugiati birmani nel distretto di Mae Sariang. La Caritas ha segnalato la presenza di bambini malati che “hanno bisogno di cure ospedaliere” nei campi profughi. La diocesi tailandese di Chiang Mai ha consegnato, tramite la Caritas, 3,2 tonnellate di riso, duemila scatolette di pesce in scatola e 400 chili di pesce essiccato a diversi campi profughi. La Caritas attualmente sostiene anche oltre di 5.000 rifugiati ospiti nelle parrocchie vicino al confine tra Thailandia e Myanmar.
La Chiesa cattolica thailandese ha chiesto alle istituzioni politiche di farsi carico della situazione: mons. Francis Xavier Vira Arpondratana, Vescovo di Chiang Mai, ha incoraggiato a trovare soluzioni per i rifugiati e "farli sentire inclusi e accolti": “Siamo tutti consapevoli della difficile situazione dei nostri vicini, fratelli e sorelle che bussano alla nostra porta di casa, cercando rifugio”, ha detto.
Un appello è giunto anche dal Karen Peace Support Network e da altri gruppi della società civile che esortano a “rispondere ai bisogni dei rifugiati, sostenere i loro diritti umani e garantire la loro sicurezza”, mentre sono rigorosamente confinati dietro recinzioni, in situazione di crescente degrado.
Il 28 giugno, i parlamentari dell'ASEAN (la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico, di cui fano parte sia la Thailandia, sia il Myanmar) hanno esortato il nuovo governo thailandese a dare ascolto agli appelli della società civile “perché si possano riformare le politiche sui rifugiati ed essere più compassionevoli”.
(PA) (Agenzia Fides 14/7/2023)

mercoledì 21 giugno 2023

Agenzia Fides 21 giugno 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Il business dei matrimoni precoci: 4 milioni di ragazze costrette a sposarsi nel 2022
 
Juba (Agenzia Fides) - La pratica dei matrimoni precoci è tragicamente diffusa in Sud Sudan. Uno studio recente diffuso dall’organizzazione Strategic Initiative for Women in the Horn of Africa (SIHA) riporta che più di 10 ragazze sono costrette a sposarsi ogni settimana nella nazione più giovane del mondo, che ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan nel 2011, e oltre il 50% di tutte le ragazze nel paese si sposano prima dei 18 anni.
A lanciare l’allarme gli esponenti della chiesa cattolica locale che lamentano come questa pratica faccia naufragare i sogni di istruzione superiore delle ragazze e di conseguenza precluda loro ogni prospettiva futura.
“Come leader della Chiesa, deploriamo il comportamento dei genitori che obbligano le proprie figlie ad abbandonare la scuola per farle sposare o perché rimangono incinta”, ha detto il vescovo della diocesi di Wau, Mathew Remijio Adam. “Per una società migliore ed equa bisogna favorire l’istruzione dei propri figli, maschi e femmine, perché farli sposare in tenera età o prima di aver terminato gli studi distrugge il loro futuro” ha sottolineato il vescovo Adam che ha invitato i padri a guardare gli sforzi di tante madri che lavorano nei campi, costruiscono una casa per sostenere le loro figlie negli studi.
Nel rapporto SIHA è inoltre emerso che l'8% delle spose bambine in Sud Sudan rimane incinta prima di raggiungere l'età adulta e che il rifiuto di sposarsi è spesso causa di abusi, esclusione dalla società e persino reclusione. Più una sposa è giovane e più viene pagata alla famiglia.
A fare eco al vescovo di Wau è stato Emmanuel Barnadino Lowi Napeta, vescovo della diocesi di Torit, che ha mosso accuse verso i genitori che privilegiano le doti materiali date in cambio delle loro figlie, come ad esempio capi di bestiame e altri doni, rispetto all'istruzione e al benessere delle stesse. “Durante la mia recente visita pastorale alla parrocchia di Nostra Signora di Fatima, - ha dichiarato Napeta - ho sentito che alcuni anziani costringono le loro figlie a sposarsi ancora giovani per avere in cambio delle mucche”.
Il prelato auspica che gli anziani denuncino questa problematica, “questa vecchia mentalità deve essere sfidata per consentire alle ragazze di ottenere un'istruzione di qualità che consenta loro un futuro dignitoso. L’istruzione rende possibile l’impossibile”.
Il Piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per il Sud Sudan indica che 4 milioni di ragazze sono state vittime di matrimoni precoci o forzati nel 2022, un aumento rispetto ai 2,7 milioni del 2021.
(AP) (Agenzia Fides 21/6/2023)
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AFRICA/UGANDA - Tre studenti della scuola assalita riescono a scappare; ancora interrogativi sulle motivazioni del massacro
 
Kampala (Agenzia Fides) –Sono riusciti a scappare dalle mani dei loro sequestratori tre studenti catturati nell’assalto alla scuola secondaria di Lhubiriha (distretto di Kasese nell’Uganda occidentale) nella notte tra il 17 e il 18 giugno (vedi Fides 19/6/2023). Lo ha reso noto un portavoce dell’esercito ugandese secondo il quale gli assalitori hanno portato gli ostaggi nella vicina Repubblica Democratica del Congo da dove poi sono riusciti a liberarsi, grazie anche alla pressione esercitata dai soldati ugandesi sul gruppo. Secondo i militari vi sarebbero ancora 3 studenti nelle mani dei terroristi, ma altre fonti affermano che gli ostaggi prelevati durante l’assalto sarebbero di più, almeno una ventina.
Nel frattempo 20 persone sono state arrestate in relazione all’assalto alla scuola nel corso del quale sono state uccise 42 persone, di cui 37 sono studenti. Il fatto che tra le persone arrestate vi siano il direttore dell’istituto e il dirigente scolastico lascia pensare che le autorità diano un certo credito all’ipotesi lanciata dal Ministro dell’Istruzione, la First Lady, Janet Museveni, che l’assalto sia stato commesso in relazione ad una disputa sulla proprietà della scuola (vedi Fides 19/6/2023). Fin da subito l’esercito ha accusato le ADF (Allied Democratic Forces) di aver commesso il massacro, ma finora non sono giunte rivendicazioni da parte del gruppo jihadista, anche se tra le persone arrestate c’è un autoproclamato membro delle ADF che ha rivendicato sui canali social il massacro.
Janet Museveni aveva tra l’altro affermato che nelle vicinanze della scuola assalita, che conta una sessantina di studenti, ce n’è un’altra frequentata da 700 alunni, che non è stata però toccata dagli assalitori. Alcuni esponenti dell’opposizione accusano l’esercito di essere intervenuto con due ore di ritardo dall’assalto nonostante ci fosse una caserma militare a un chilometro e mezzo dalla scuola e una stazione di polizia a 2 km, ricordando che secondo quanto dichiarato dagli stessi militari gli assalitori hanno trascorso almeno due giorni nell’area prima dell’attacco.
Per chiarire questi punti il Parlamento ugandese ha convocato il governo per riferire sugli eventi di Lhubiriha. (L.M.) (Agenzia Fides 21/6/2023)
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ASIA/IRAQ - Partiti dei cristiani lanciano nuovo allarme su acquisizioni illegali di terre nella piana di Ninive
 
Mosul (Agenzia Fides) – Cinque formazioni politiche animate da leader e militanti cristiani hanno lanciato un nuovo allarme su operazioni immobiliari di vasta portata che a loro giudizio mirano a modificare gli equilibri nella composizione demografica nel Governatorato di Ninive, area di tradizionale radicamento delle comunità caldee, assire e sire. In un documento sottoscritto dai responsabili dei cinque Partiti, sulla base di informazioni ricevute da fonti ufficiali e comunitarie, si denunciano iniziative di municipalità della provincia di Ninive volte a promuovere la vendita di terreni nel distretto di Talkeif a acquirenti che non vivono nella regione e non appartengono alle comunità cristiane autoctone. Tali iniziative – si legge nel pronunciamento - Violano un comma dell’Articolo 23 della Costituzione che (anche in base a un pronunciamento della Corte Suprema Federale n*65 del 2013) va interpretato come un vero e proprio divieto a porre in atto acquisizioni immobiliari di terreni a case allo scopo di modificare gli equilibri demografici tra le diverse componenti della popolazione irachena, secondo modalità che rispondono a una mentalità settaria. Secondo i responsabili dei Partiti che hanno sottoscritto il comunicato, tale mentalità orienta ancora le scelte “di molti di coloro che attualmente detengono il potere, nonostante a parole affermino il contrario”.
Gli estensori del pronunciamento fanno appello al Primo Ministro e al Ministro di edilizia, municipalità e lavori pubblici, chiedendo loro di dare immediate istruzioni alle autorità competenti, in modo da “fermare qualsiasi misura volta a modificare in profondità l’attuale status delle proprietà immobiliari nelle aree si storico insediamento delle comunità cristiane autoctone in Iraq.
I responsabili delle sigle politiche chiedono anche l’istituzione di nuove unità amministrative nella Piana di Ninive, per favorire lo sviluppo di infrastrutture e servizi e contrastare processi che continuano a alimentare l’emigrazione dei cristiani e a ostacolare il ritorno alle proprie case di quanti erano fuggiti dalla Piana quando essa era caduta in buona part sotto il controllo delle milizie jihadiste del cosiddetto Stato Islamico (Daesh). Il documento si conclude con un appello ai cristiani a contrastare le prassi e le mentalità razziste e settarie “che minano l’armonia della coesistenza pacifica e della autentica condivisione nazionale”.
L’allarme sulla manomissione degli equilibri demografici nella Piana di Ninive è lanciato da cinque sigle politiche: il Partito Patriottico Assiro, l’Unione Patriottica Bethnahrain, il Partito Abnaa al-Nahrain, il Movimento Democratico Assiro (Zowaa) e il Consiglio Popolare Assiro Siriano Caldeo. L’appello non è stato sottoscritto dal “Movimento Babilonia”, che controlla 4 dei 5 seggi riservati a deputati di fede cristiana nel Parlamento iracheno. (GV) (Agenzia Fides 21/6/2023)

sabato 4 febbraio 2023

Vatican News 3 febbraio 2023


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Vatican News

Le notizie del giorno

03/02/2023

Incontro con le Autorità del Sud Sudan
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A Giuba, nel discorso alle autorità, Francesco sottolinea l'urgenza dell'unità, senza 'se' e senza 'ma': "Ci si intenda e si porti avanti l'Accordo di pace, come anche la Road Map". Occorre cambiare passo, superando inerzia, doppiezze, opportunismi, clientelismi. "Va arginato l’arrivo di armi", ... 

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SANTA SEDE E CHIESA NEL MONDO

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Nel suo saluto al Papa il presidente della Repubblica sudsudanese definisce la visita una “pietra miliare storica” e ricorda il ritiro spirituale del 2019 in ... 

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L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ricorda l’incontro in Vaticano del 2019 e non nasconde la delusione per i mancati progressi verso la pace. Il ... 

 
 


martedì 31 gennaio 2023

Post1 Francesco a Santa Maria Maggiore prega per il viaggio in Africa

 

Il Papa in preghiera a Santa Maria Maggiore prima di partire per l'Africa Il Papa in preghiera a Santa Maria Maggiore prima di partire per l'Africa   (ANSA)

Francesco a Santa Maria Maggiore prega per il viaggio in Africa

Come sua abitudine il Papa ha fatto sosta nella basilica mariana per affidare davanti all’icona della Salus Populi Romani la visita apostolica in Congo e Sud Sudan

Vatican News

Un rito intimo, che si rinnova ogni volta in cui il Papa si appresta a dilatare per qualche giorno gli spazi della sua azione apostolica, il raccoglimento silenzioso prima e dopo i viaggi e le folle. Si è rinnovato anche questo pomeriggio, quando Francesco è tornato per la 102.ma volta a sostare in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, “per pregare e affidarle il prossimo suo viaggio nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan” prima di rientrare in Vaticano, come ha riferito dalla Sala Stampa della Santa Sede.

Le due tappe

Un viaggio pastorale ed ecumenico, soprattutto la tappa sud sudanese, che avrà inizio domattina alle 8.10 quando il volo papale partirà dall’aeroporto di Fiumicino per atterrare dopo circa sette ore di volo nello scalo internazionale di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Successivamente il 3 febbraio, alle 10.40, Francesco con il seguito e i giornalisti accreditati a bordo del volo decolleranno verso la seconda tappa del viaggio, quella meta lungamente attesa del Sud Sudan che verrà raggiunta verso le 15 ora locale, le 14 in Italia.

Due Paesi che soffrono

“La Repubblica Democratica del Congo soffre, soprattutto nell’Est del Paese, per gli scontri armati e per lo sfruttamento”, ha detto ieri il Papa all’Angelus chiedendo preghiere per il suo viaggio. E “il Sud Sudan, dilaniato da anni di guerra, non vede l’ora - ha aggiunto - che finiscano le continue violenze che costringono tanta gente a vivere sfollata e in condizioni di grande disagio”. Per entrambi i Paesi l’arrivo di Francesco porta con sé la speranza di una nuova riconciliazione.

 

lunedì 12 dicembre 2022

Vatican News 11 dicembre 2022

Vatican News

Le notizie del giorno

11/12/2022

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Un "ribaltamento" di prospettive: il Vangelo odierno ci presenta Gesù in cui tutto è misericordia. All'Angelus, Papa Francesco descrive lo sconcerto di Giovanni Battista di fronte alla sua figura e afferma che il dubbio non è in contraddizione con la fede, anzi "talvolta è essenziale per la crescita ... 

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Francesco, nei saluti del dopo Angelus, parla del Paese che lo accoglierà a inizio febbraio ed esprime la sua angoscia per le violenze che stanno agitando ... 

Una foto di Isabel Cristina Mrad Campos, uccisa in odio alla fede nel 1982
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Il Papa, nei saluti del dopo Angelus, ricorda la figura della donna, beatificata ieri in Brasile, a Barbacena, uccisa in odio alla fede nel 1982. A presiedere ... 

L'appello del Papa per i bambini ucraini
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Al dopo Angelus, il Papa rivolge il suo pensiero a tutti i bambini del mondo, soprattutto a chi vive “i giorni terribili e bui della guerra”. Francesco quindi ... 

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...