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Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
domenica 24 luglio 2022
Vatican News 23 luglio 2022
venerdì 17 settembre 2021
Nel 2020 sono stati 227 gli attivisti ambientali assassinati, mai così tanti
di Gaetano Vallini
Óscar Eyraud Adams, esponente della comunità indigena messicana Kumiai, si opponeva alle industrie estrattive che contribuiscono alla scarsità d’acqua nella Baja California. Óscar, ucciso lo scorso 25 settembre, è uno dei 227 attivisti ambientali assassinati nel 2020. Una cifra spaventosa, con una media di 4 morti a settimana, la più alta da quando, nel 2012, la ong Global Witness ha iniziato la tragica conta. L’anno precedente le vittime erano state 212. E il rapporto annuale, presentato nei giorni scorsi, conferma come lo sfruttamento irresponsabile e l’avidità alla base della crisi climatica siano anche i moventi delle violenze nei confronti dei difensori dell’ambiente: è infatti divenuto sempre più evidente il legame tra l’intensificarsi dei cambiamenti del clima e gli attacchi mortali.
Gli omicidi, si legge nel rapporto, avvengono in un più ampio contesto di minacce, che vanno dalle intimidazioni alla sorveglianza, dalle campagne di criminalizzazione alle violenze sessuali. E le cifre sono quasi certamente sottostimate, visto che molti attacchi non vengono denunciati. Si tratta dunque di un fenomeno sempre più allarmante, che però non suscita particolare indignazione, soprattutto nei paesi industrializzati. Global Witness sottolinea infatti che, al pari degli impatti della stessa crisi climatica, la gravità delle violenze contro gli attivisti ambientali non viene percepita in modo uniforme nel mondo. Come a dire che certe problematiche, nonostante segnali allarmanti, appaiono ancora lontane.
Per il secondo anno consecutivo è la Colombia il Paese con il numero più alto di uccisioni, ben 65. Gli omicidi sono avvenuti in un clima di diffusi attacchi ai difensori dei diritti umani e ai leader delle comunità, e questo nonostante le speranze accese dall’accordo di pace del 2016. Le popolazioni indigene sono state particolarmente colpite e la pandemia di covid ha peggiorato la situazione: con i lockdown il governo ha tagliato le misure di protezione e le vittime sono state spesso colpite direttamente nelle loro case.
Al secondo posto di questa tragica classifica c’è il Messico, dove sono stati accertati 30 morti, con un aumento del 67% rispetto al 2019. Il disboscamento è stato collegato a quasi un terzo degli assassinii. Un legame rivelatosi particolarmente evidente in Brasile (26 vittime) e in Perú (6), dove quasi tre quarti degli attacchi registrati hanno avuto luogo nella regione amazzonica dei due Paesi. E a conferma del fatto che l’America Latina resta il posto più pericoloso per i difensori della terra, a quelli già citati vanno aggiunti i 17 assassinii in Honduras, i 13 in Guatemala, i 12 in Nicaragua e la vittima registrata in Argentina.
Ventinove sono invece state le vittime nelle Filippine, dove si è registrato un progressivo deterioramento della situazione relativa ai diritti umani. L’opposizione alle industrie dannose è spesso oggetto di violente repressioni da parte della polizia e dei militari. In particolare oltre la metà dei raid è stato direttamente collegato alle mobilitazioni contro la realizzazione di miniere, dighe e programmi di disboscamento. Nel più grave degli attacchi nove indigeni Tumandok sono stati uccisi e altri 17 arrestati sull’isola di Panay: si opponevano alla costruzione di una mega-diga sul fiume Jalaur. Il rapporto segnala come dall’elezione di Duterte alla presidenza, nel 2016, sono stati 166 gli attivisti uccisi, un numero scioccante anche per un Paese già considerato pericoloso per i difensori della terra e dell’ambiente
A livello globale, 28 degli uccisi erano guardiaparchi. Un terzo degli attacchi mortali ha preso di mira gli indigeni, quasi la metà dei quali piccoli agricoltori. Molte delle vittime erano impegnate nella protezione dei fiumi, delle aree costiere e gli oceani, ma la maggioranza di loro, il 71%, era attiva nella difesa delle foreste.
Come negli anni precedenti, nel 2020 nove vittime su dieci erano uomini. Ma le donne che agiscono e parlano in difesa dell’ambiente hanno dovuto affrontare forme di violenza specifiche di genere, compresa quella sessuale. Le donne, si sottolinea, hanno spesso una doppia sfida: la lotta pubblica per proteggere la loro terra e la quella meno visibile per difendere il diritto di parola all’interno delle loro comunità e famiglie. Inoltre in molte parti del mondo sono ancora escluse dalla proprietà della terra e dalle discussioni sull’uso delle risorse naturali.
Il Sud del pianeta sta soffrendo le conseguenze più immediate del riscaldamento globale, quindi non sorprende che tutti i 227 omicidi di difensori registrati, tranne uno (in Canada), hanno avuto luogo proprio nei paesi più poveri. Il rapporto rileva inoltre il numero sproporzionato di attacchi contro le comunità indigene, oltre un terzo del totale, anche se costituiscono appena il 5% della popolazione mondiale.
«Molte aziende — si legge sul sito Global Witness — si impegnano in un modello economico estrattivo che dà la priorità al profitto rispetto ai diritti umani e all’ambiente. Questo potere aziendale incontrollabile è la forza sottostante che non solo ha portato la crisi climatica sull’orlo del baratro, ma che ha continuato a perpetuare l’uccisione dei difensori». In sostanza, in troppi paesi ricchi di risorse naturali e di biodiversità molte aziende operano nella quasi totale impunità. E ciò è particolarmente evidente laddove ci sono governi fin troppo disponibili a chiudere un occhio e a non adempiere al loro mandato fondamentale di sostenere e proteggere i diritti umani.
«Un giorno speriamo di segnalare la fine della violenza — ha affermato Chris Madden, di Global Witness — ma finché i governi non prenderanno sul serio la protezione dei difensori e le aziende non inizieranno a mettere le persone e il pianeta prima del profitto, sia il crollo climatico che le uccisioni continueranno». E continueranno perché, nonostante le violenze, la lotta dei popoli più minacciati non si fermerà.
«La gente a volte mi chiede cosa farò, se resterò qui e manterrò viva la lotta di mia madre. Sono troppo orgogliosa di lei per lasciarla morire. Conosco i pericoli, tutti noi conosciamo i pericoli. Ma ho deciso di restare. Mi unirò alla lotta», ha detto Malungelo Xhakaza, figlia dell’attivista sudafricana assassinata Fikile Ntshangase, che si batteva contro l’espansione di una miniera di carbone a cielo aperto vicino a Hluhluwe — Imfolozi Park, la più antica riserva naturale dell’Africa. Dovrebbe darci speranza sapere che, nonostante i rischi, ci sono persone coraggiose pronte a lottare per la loro terra e per il nostro pianeta. Loro sono “l’ultima linea di difesa”, come sottolineato dal titolo del rapporto, o la prima: dipende dai punti di vista. Ma non dovrebbero essere lasciate sole. Perché se nell’immediato in gioco c’è la sopravvivenza delle loro comunità, in un futuro drammaticamente sempre più vicino in ballo c’è la sopravvivenza di tutti.
©L’Osservatore Romano del 17 settembre 2021
venerdì 9 aprile 2021
Agenzia Fides 9 aprile 2021
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AFRICA/GUINEA BISSAU - Morto per Covid il Vescovo di Bafatà: il primo Vescovo missionario brasiliano di un territorio di missione fuori del Brasile | |||
Bissau (Agenzia Fides) – “Oggi è urgente ricostruire la persona, il cuore delle persone, perché la gente soffre psicologicamente e spiritualmente, oltre che per la povertà. Occorre promuovere la riconciliazione e la pace. Bafatà poi è una regione abitata da moltissimi musulmani, quindi è necessario il dialogo per lavorare insieme”. Così in un’intervista all’Agenzia Fides (vedi Fides 6/7/2001) Sua Ecc. Mons. José Pedro Carlos Zilli, Vescovo di Bafatà, nella Guinea Bissau, descriveva la situazione nella nuova diocesi al momento di assumere l'incarico di primo Vescovo. Mons. Zilli, 67 anni, è venuto a mancare lo scorso 31 marzo, stroncato dal Covid-19 nell'ospedale di Cumura, alla periferia di Bissau, dove era ricoverato da due settimane. Mons. Zilli era missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) e prima della nomina a Vescovo di Bafatà aveva già trascorso 14 anni in Guinea Bissau (1985-1999) ricoprendo diversi incarichi tra cui vicario parrocchiale a Bafatà e superiore regionale del suo istituto. Nato nel 1954 nello stato di San Paolo (Brasile), padre Zilli è stato il primo missionario brasiliano nominato Ordinario di un territorio di missione fuori del Brasile. Nell’intervista a Fides, Mons. Zilli, aveva ricordato la sua precedente esperienza di missionario nel Paese africano, facendo particolare riferimento ai rapporti con i musulmani: “Durante la mia permanenza c’era un rapporto di amicizia molto bello: avevamo un cuoco musulmano che lavorava per noi ed era una persona squisita, attraverso di lui ho imparato a conoscere ed amare i musulmani. Comunque anche i musulmani vogliono bene ai missionari: soprattutto con la guerra hanno visto che la Chiesa ama le persone, senza fare alcuna distinzione. In generale il rapporto è buono: non ci sono estremismi come in altri posti. Abbiamo già lavorato insieme per alcuni progetti sociali, nelle scuole, sia pure allo stato iniziale. Qualcuno dei missionari ha avuto un rapporto più profondo, soprattutto nel campo medico”. Mons. Zilli aveva poi preannunciato quali erano le sue priorità pastorali come primo Vescovo della nuova diocesi. “I cristiani sono pochi e devono essere educati a dare la loro testimonianza senza paura, ma con gioia… Al primo posto della mia agenda di lavoro metto l’evangelizzazione, quindi il lavoro per le vocazioni, la famiglia, l’impegno nel sociale, il dialogo, l’inculturazione, e molte altre cose che verranno…”. (L.M.) (Agenzia Fides 9/4/2021) | |||
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ASIA/INDONESIA - “Tutto è possibile per chi crede”: un missionario Camilliano dall’isola colpita dal ciclone Seroja | |||
Maumere (Agenzia Fides) - “Qui nella nostra città e diocesi di Maumere non siamo stati toccati dal terribile ciclone tropicale Seroja (vedi Agenzia Fides 8/4/2021) che invece ha colpito in modo disastroso la diocesi di Larantuka e alcune sue isole, in particolare quelle di Adonara e Lembata distanti circa 150 Km da noi”, scrive all’Agenzia Fides padre Luigi Galvani missionario Camilliano sull’isola di Flores. “Le due isole, che ho visitato alcune volte per la promozione vocazionale - continua il missionario - sono molto povere, ma hanno una loro ricchezza particolare: sono in maggioranza cattoliche e ciò favorisce sicuramente il nascere di molte vocazioni religiose e sacerdotali.” “Dalle notizie che abbiamo ricevuto, il potente ciclone ha colpito non solo Flores ma anche alcune zone dell'isola di Timor a Malacca, diocesi di Atambua e a Kupang. A tutt'oggi lì, per esempio, la popolazione è ancora carente di elettricità. In mezzo a tanti disagi e sofferenze per migliaia di persone, stiamo vedendo una gara di solidarietà specialmente da parte di organizzazioni religiose cattoliche della Caritas Indonesiana. Le isole di Flores e Timor sono le due a maggioranza cattolica di tutta l'Indonesia e notare che la Chiesa Cattolica si sta mobilitando con molta generosità per venire incontro ai bisogni di quelle popolazioni è commovente.” Come racconta padre Galvani “anche noi Camilliani, nel nostro piccolo, abbiamo inviato due giovani studenti a visitare le isole di Adonara e Lembata per valutare la situazione e classificare le necessità più urgenti. I bisogni sono molti, ma ci hanno riferito che cibo, acqua e sostegno psicologico sarebbero le priorità. In concreto, con l'aiuto di alcuni benefattori locali, abbiamo già inviato 3 tonnellate di riso, 300 pacchi di noodles e migliaia di vitamine. Tutto ciò coordinato con la Caritas della diocesi di Larantuka. Sicuramente non ci fermeremo nell'impegno di promuovere ulteriori iniziative di sostegno magari con l'arrivo di altri aiuti provvidenziali esterni per essere vicini a quella gente che, già provata dalla povertà ordinaria, ora ne ha un'altra maggiore da superare. Sicuramente non sarà facile, ma tutto è possibile a chi crede”, sottolinea il missionario. “Circa la situazione del Covid 19, - conclude p. Luigi - qui nella nostra isola, fortunatamente, i contagi sono limitati. Però le difficoltà non mancano per tanta gente che ha perso il lavoro. Ogni mese provvediamo alla distribuzione di pacchi alimentari a un paio di centinaia di famiglie particolarmente bisognose”. Stando alle statistiche ufficiali, il ciclone ha fatto registrare almeno 165 morti in Indonesia e 37 a Timor Est, mentre più di 55 sono i dispersi. L'Agenzia indonesiana per la gestione dei disastri si è attivata per cercare tra le montagne di detriti i corpi e i possibili sopravvissuti. (LG/AP) (Agenzia Fides 9/4/2021) | |||
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ASIA/MYANMAR - Raid militari in chiese e templi: l'esercito viola la libertà religiosa | |||
Yangon (Agenzia Fides) - Chiese cristiane e templi buddisti subiscono continui raid militari e violente perquisizioni dell'esercito birmano, in cerca di attivisti nascosti o presunte attività illegali. Come confermano fonti di Fides, nei giorni scorsi l'esercito ha fatto irruzione in numerose chiese cristiane di tutte le confessioni nello Stato di Kachin, sostenendo che era in corso un'attività sovversiva. I militari hanno perquisito le chiese cristiane battiste, cattoliche a anglicane nella città di Mohnyin. I raid riguardano anche monasteri e templi buddisti in tutta la nazione. “Queste incursioni sono deplorevoli e sono patenti violazioni della libertà religiosa. I siti religiosi sono sacri. Tutta la popolazione stigmatizza ed è scandalizzata dal fatto che si penetri con le armi in pugno in un luogo sacri, Chiese e monasteri buddisti vengono regolarmente perquisiti con violenza. Sono gravi atti intimidatori dell'esercito che stanno generando sempre maggiore marezza e ostilità nella popolazione birmana di tutte le etnie e religioni", nota la fonte di Fides. "I militari individuano i giovani e i leader della protesta sui social media e poi lanciano ogni giorno operazioni notturne per arrestarli", racconta. “I soldati hanno hanno scavalcato le recinzioni e sono entrati in ogni edificio del complesso, senza alcuna giustificazione e hanno perquisito tutti gli spazi”, ha riferito il Reverendo Awng Seng della Kachin Baptist Convention (KBC), raccontando, ancora scosso, quanto avvenuto nello stato Kachin. I soldati sospettavano che un leader della protesta fosse nascosto all'interno del complesso e che i leader religiosi stessero partecipando alle proteste e alle iniziative contro il regime. Le forze di sicurezza non hanno trovato nulla di illegale in tutte le chiese perquisite. “È inaccettabile compiere questi raid in un sito religioso cristiano con personale armato che agisce come se stesse conducendo un'operazione militare. Lo condanniamo fermamente. Se l'esercito agisce in questo modo nel luoghi sacri, non possiamo immaginare come si comporti nelle case private delle persone", ha rimarcato il Rev. Awng Seng, riferendo che sono stati perquisiti anche il Kachin Theological Collegee l'annesso Seminario cristiano battista nella capitale dello Stato di Kachin, Myitkyina. La Kachin Baptist Convention che, con oltre 400.000 membri e 429 chiese, svolge un ruolo di primo piano nello stato Kachin, ha ricordato che "le comunità religiose cristiane, buddiste, indù, musulmane predicano la verità e la giustizia" affermando che "tali raid violenti e intimidatori sono spaventosi". La KBC ha dichiarato di opporsi al regime militare e ha tenuto quotidianamente liturgie di preghiera per la pace e la giustizia, chiedendo una democrazia federale, l'uguaglianza, il rispetto della libertà e dei diritti umani.. Nei giorni scorsi le forze di sicurezza hanno fatto irruzione anche una chiesa Battista a Lashio, nello Stato settentrionale di Shan, arrestando per due giorni 10 leader religiosi e il personale residente (poi tutti rilasciati), esplodendo colpi di arma da fuoco all'interno della chiesa mentre cercavano manifestanti anti-regime. (PA-JZ) (Agenzia FIdes 9/4/2021) | |||
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ASIA/SIRIA - Il Patriarca siro cattolico: affama il popolo siriano chi usa le sanzioni come strumento di pressione politica | |||
Damasco (Agenzia Fides) – Nella crisi siriana, “non è né giusto né logico vincolare la revoca delle sanzioni a una cosiddetta ‘soluzione politica’, mentre la gente comune è impoverita e soffre di fame, malattie e umiliazione”. Il lucido e penetrante giudizio sull’uso delle sanzioni imposte da lungo tempo dalla comunità internazionale alla Siria di Bashar al Assad arriva da Ignace Youssef III Younan, Patriarca di Antiochia dei siro cattolici. Il Primate della Chiesa siro cattolica, che abitualmente risiede presso la sede patriarcale in Libano, lo ha inserito all’interno del messaggio diffuso in occasione della Pasqua. Nel testo pasquale, il Patriarca richiama “i decisori internazionali e tutti coloro che hanno buona volontà a compiere sforzi per revocare le ingiuste sanzioni imposte al popolo siriano, la cui sofferenza si intensifica di giorno in giorno”. L’attuale catastrofe siriana – rimarca il Patriarca - ha superato le brutalità degli imperatori e degli invasori del passato e degli occupanti: “Dieci anni di guerra, uccisioni, distruzioni e conflitti internazionali combattuti sul suolo siriano, hanno portato solo all’annientamento del popolo e alla distruzione delle sue strutture economiche e sociali e del suo patrimonio di civiltà”. (GV) (Agenzia Fides 9/4/2021) | |||
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AMERICA/VENEZUELA - I Vescovi sollecitano le vaccinazioni: "Non si può aspettare ancora, l'essere umano è al di sopra delle diatribe politiche" | |||
Caracas (Agenzia Fides) – “Motivati dal nostro ministero pastorale a favore del popolo di Dio, facciamo eco al suo grido sulla necessità di risolvere al più presto possibile il tema della vaccinazione contro il Covid 19. E’ una urgenza che deve essere inquadrata nell’appello a praticare il comandamento dell’amore fraterno, che ci ha lasciato il Signore Gesù”. Con queste parole la Presidenza della Conferenza Episcopale Venezuelana (CEV) ha pubblicato una dichiarazione sottolineando l'urgenza della vaccinazione contro il Covid-19 senza preclusioni di alcun tipo, e la convocazione delle diverse realtà coinvolte nel campo sanitario e sociale. Nella dichiarazione, pervenuta a Fides, i Vescovi lamentano che purtroppo è aumentato il numero dei contagiati e dei morti, e questo ha creato ancora maggiore angoscia nella popolazione, soprattutto nei più vulnerabili, per questo ribadiscono che "le persone hanno il diritto di essere debitamente curate, sia nella fase della prevenzione che nelle cure mediche necessarie". Quindi si rivolgono all’Esecutivo nazionale, alle autorità sanitarie, a tutte le istanze pubbliche e private, perché “pensando al bene della popolazione di cui sono a servizio”, cerchino un accordo che consenta di avere i migliori vaccini da somministrare a tutta la popolazione, senza esclusioni né discriminazioni. "Non si può aspettare ancora. L'essere umano è al di sopra delle diatribe politiche, perché la vita di ogni persona è degna e sacra". Il comunicato della Presidenza della CEV chiede alle nazioni e agli organismi multilaterali impegnati nella distribuzione dei vaccini, di collaborare con il popolo venezuelano, e all’Esecutivo nazionale di convocare i rappresentanti di tutte le realtà che operano nel settore sanitario e sociale, senza fare scelte partitiche o ideologiche, al fine di fare fronte comune per assicurare la vaccinazione di tutta la popolazione senza condizioni di alcun tipo. Infine reitera l’invito a tutti a seguire le direttive per la biosicurezza. (SL) (Agenzia Fides 9/4/2021) | |||
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AMERICA/GUATEMALA - Centenario dell’arcidiocesi di Los Altos: “Evangelizzare, formare discepoli, testimoniare è stato, è e sarà il nostro impegno” | |||
Los Altos (Agenzia Fides) – “Il 27 luglio 2021 celebreremo il primo centenario della creazione della diocesi di Los Altos. Questo avvenimento suscita due atteggiamenti. Da una parte il ringraziamento a Dio perché ci consente di essere membri della sua Chiesa in questa arcidiocesi, dall’altra la preghiera di supplica perchè la sua grazia ci guidi negli anni futuri”. Lo scrive l’Arcivescovo di Los Altos, Quelzaltenango-Totonicapan, Mons. Mario Alberto Molina Palma, OAR, nella sua Lettera pastorale al popolo di Dio, che porta la data del Giovedì Santo, 1 aprile 2021. L’Arcivescovo fa memoria dei Vescovi che si sono succeduti in questa diocesi, dal 1996 arcidiocesi da cui si sono originate altre cinque diocesi, dei sacerdoti locali e stranieri, secolari e religiosi, in particolare di quanti durante gli anni difficili della riorganizzazione e della violenza del conflitto armato, “servirono e guidarono il popolo di Dio in questa terra”. Ringrazia poi le innumerevoli religiose, che nei diversi campi dell’educazione, della salute, della cura degli anziani, della formazione catechistica e della promozione sociale “hanno collaborato nell’impegno dell’evangelizzazione”. Un ringraziamento speciale poi ai laici, “che in tutte le epoche hanno offerto il loro tempo, il loro ingegno, i loro sacrifici personali per collaborare con i Pastori, sostituendoli e rappresentandoli nella guida e nel coordinamento delle comunità, nella catechesi e nell’evangelizzazione”. Per il centenario sarà pubblicato uno studio accademico sulla storia della diocesi, dal momento che si hanno poche notizie al riguardo. E’ stato comunque preparato del materiale divulgativo, a carettere teologico e storico, per organizzare conferenze, video clips, programmi radiofonici e televisivi, al fine di preparare questo evento riflettendo sulla natura della Chiesa e della fede cristiana. Nella sua Lettera pastorale l’Arcivescovo invita a rendere grazie a Dio, “Signore della Chiesa e del tempo… per la fede che abbiamo conosciuto e ricevuto… per il servizio e il ministero delle persone che sono state strumento nelle sue mani perchè attraverso di loro ci arrivasse la fede e si realizzassero tante opera di evangelizzazione, di catechesis e di carità”. Mons. Molina invita quindi tutte le comunità sabato 24, domenica 25 e lunedì 26 luglio, ad offrire la Messa in ringraziamento per il cammino fatto durante questi cento anni. Martedì 27 luglio, giorno anniversario, la Messa sarà celebrata per la Chiesa locale, usando letture bibliche proprie. Purtroppo, lamenta l’Arcivescovo, la situazione sanitaria impedisce una celebrazione comunitaria di tutta l’Arcidiocesi, con la partecipazione di sacerdoti, religiosi e laici di tutte le comunità, ma spera che si possa realizzare in futuro. Nella seconda parte della Lettera, Mons. Molina invita a guardare con speranza al futuro, tracciando un ampio quadro della situazione attuale e indicando alcune scelte pastorali da compiere. Infine l’Arcivescovo ricorda che “Evangelizzare, formare discepoli, vivere come Chiesa di Gesù Cristo, dare testimonianza al mondo della nostra speranza, è stato, è e sarà il nostro impegno. Senza dubbio Dio suscita pensieri, ispira decisioni, dinamizza le opere. Ognuno di noi apporta pensieri, decisioni e opera che in coscienza ritiene possano contribuire all’annuncio del Vangelo, all’edificazione della Chiesa e alla formazione dei fedeli fino al raggiungimento dell’obiettivo finale, che è la vita di santità in Dio”. (SL) (Agenzia Fides 9/4/2021) | |||
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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024
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