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mercoledì 20 dicembre 2023

Il Card. Pironio proclamato Beato

 Il Card. Pironio proclamato Beato

Già, Argentina. Sabato scorso uno

squarcio di paradiso si è aperto nel

cielo nuvoloso di Luján, a una

settantina di chilometri dalla capitale

Buenos Aires, luogo in cui si è tenuta

la solenne beatificazione e luogo a cui

Pironio e la sua famiglia friulana

hanno legato le tappe fondamentali

della loro vita oltreoceano. A

presiedere il rito proprio colui che per

ben ventitré anni prestò il suo servizio

accanto al Beato Pironio: Fernando

Vérgez Alzaga, delegato del Santo

Padre, oggi cardinale e presidente del

Governatorato della Città del Vaticano.

«Magnificat, magnificat, magnificat!».

Così ha esordito il card. Vergéz,

ricordando la parola che lo stesso

Pironio per ben 12 volte vergò nel suo

testamento spirituale. «Magnificat è la

parola e la preghiera che oggi nasce

spontanea nei nostri cuori. È la parola

che riassume la vita del cardinale

Eduardo Francisco Pironio,

un’espressione di gratitudine al

Signore e a Maria nostra madre. Anche

noi, oggi, vogliamo ringraziare Dio per

il dono della vita del card. Pironio, alla

Chiesa e a tutti noi». Circa tremila le

persone che hanno affollato il sagrato

della basilica di Luján, ma moltissime

altre hanno udito queste parole

collegandosi in streaming su internet o

– qui in Diocesi – ascoltandole sulle

frequenze della lunga diretta su Radio

Spazio. Vérgez ha ricordato alcuni

aneddoti personali, derivanti dal suo

lungo servizio accanto al Beato

Pironio. «Come suo segretario

particolare ho potuto sperimentare la

sua profonda pace interiore e la

grande amicizia che aveva con Dio. In

definitiva, il suo spirito di santità.

Pironio – proseguì Vérgez – aveva una

virtù straordinaria, strumento

indispensabile per la santità: era

l’umiltà, un tratto che gli permetteva di

imitare e identificarsi con Cristo “mite

e umile di cuore”».

Papa Francesco all’Angelus:

«Ci aiuti ad essere Chiesa in uscita»

All’indomani del rito di beatificazione,

al termine dell’Angelus domenicale in

piazza San Pietro Papa Francesco ha

ricordato Pironio e la sua

collaborazione con San Giovanni

Paolo II nella promozione dei laici e

nelle Giornate Mondiali della

Gioventù. «Pastore umile e zelante,

testimone di speranza, difensore dei

poveri», così Francesco ha definito il

nuovo Beato « Il suo esempio ci aiuti

ad essere Chiesa in uscita, che si fa

compagna di strada di tutti,

specialmente dei più deboli. Un

applauso al nuovo Beato!».

servizi di Giovanni Lesa




 

La memoria liturgica del Beato

Eduardo Francisco Pironio è fissata

per il 4 Febbraio vigilia

dell’anniversario della sua morte. È

tuttavia possibile pregare il Beato in

ogni momento con la preghiera

approvata dallepiscopato argentino:

O Gesù misericordioso,

che nel tuo servo Eduardo Francisco

Pironio hai realizzato mirabilmente

l’insegnamento di cercare davanti a

tutti il Regno di Dio e la sua giustizia,

il suo esempio continui a risplendere

nella Chiesa glorificandolo con la

corona dei santi e concedici, per sua

intercessione la grazia che umilmente

ti chiediamo.

E tu, Santa Maria, Vergine della

speranza, degnati di sostenere la nostra

fervida supplica per la maggior gloria.

sabato 16 dicembre 2023

Pironio e Romero, amici anche in Paradiso

 

AMERICA/ARGENTINA - Pironio e Romero, amici anche in Paradiso
 
di Gianni Valente
Campana (Agenzia Fides) – Nascono amicizie tra i Santi, riverbero della loro comune amicizia con Cristo. Amicizie che li aiutano anche a attraversare le sofferenze apostoliche che quasi sempre accompagnano il cammino e il dono della santità. Amicizie che poi rimangono per tutti come un segno potente e confortante di cosa è davvero la Chiesa di Cristo, e di cosa la tiene in piedi e la fa camminare anche in mezzo alle tempeste della Storia.


Una amicizia di questa tempra ha unito già su questa terra Oscar Arnulfo Romero, l’Arcivescovo martire salvadoregno ucciso sull’altare il 24 marzo 1980, e Eduardo Francisco Pironio (1920/1998), il Vescovo argentino Presidente del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano), chiamato a Roma da Papa Paolo VI come Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli istituti di vita apostolica.
Romero è stato proclamato santo il 14 da Papa Francesco il 14 ottobre 2018, insieme a San Paolo VI. Eduardo Francisco Pironio viene proclamato Beato sabato 16 dicembre, nel Santuario argentino di Nostra Signora di Luiàn, dove riposano le sue spoglie mortali, durante una liturgia presieduta dal Cardinale Fernando Vérgez Álzaga, che per 23 anni è stato segretario dello stesso Pironio,



Con la Beatificazione del Cardinale Pironio, l’amicizia sacerdotale che lo unì al martire Romero si manifesta ancor di più come segno e testimonianza potente del tesoro di santità martiriale che negli ultimi decenni ha arricchito le vicende delle Chiesa dell’America Latina e dei loro pastori.


Gli incontri a Antigua

“Monsignor Romero non avrebbe sopportato tutte le sofferenze, che dovette sopportare nella sua difficile missione di pastore — ‘sembra che la mia vocazione sia quella di andar raccogliendo cadaveri’, disse in un’omelia — se non avesse avuto al suo fianco un altro uomo di Dio che sta andando verso gli altari, monsignor Eduardo Pironio”. Così ha scritto il Cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chávez, che del martire salvadoregno fu amico e collaboratore, nella postfazione al libro di Anselmo Palini Óscar Romero. «Ho udito il grido del mio popolo» (Roma, 2018).
In quella stessa prefazione-testimonianza, il Cardinale Rosa Chàvez fa risalire l’amicizia sacerdotale tra Romero e Pironio al ritiro che lo stesso Pironio predicò ai Vescovi cattolici del Centro America a Antigua (Guatemala) nell’agosto del 1972. Il ritiro spirituale che ci predicò dalla prima sera monsignor Pironio” scrive Romero in un successivo articolo di resoconto “ci pose precisamente in questa “ora” della nostra storia che, come l'“ora” di Gesù, è un’ora di croce pasquale, di dolorose speranze che reclama dai pastori attuali un grande silenzio di preghiera, aperto alla Parola di Dio, una grande povertà di spirito che è disponibilità di dialogo e di servizio”. In quell’articolo, così Romero parla di Pironio; : “La parola ispirata di questo grande vescovo moderno, segretario generale del Celam nominato da poco vescovo di Mar del Plata, ci fece riflettere sulla vera missione politica della Chiesa in America latina e sul vero senso della liberazione cristiana che, per essere impulso dello Spirito di Dio e per avere come meta la libertà piena e il trionfo sul peccato e le sue conseguenze, è più che una semplice urgenza della storia o un grido rivoluzionario e va molto al di là degli orizzonti della storia e molto più in profondità del semplice aspetto socioeconomico”. In quel ritiro- aggiunge Romero Pironio “Invitò a proclamare con semplicità e fervore il messaggio di salvezza, perché l’unico cammino della vera liberazione è vivere le beatitudini del Vangelo. Se le beatitudini non hanno la forza per realizzare i nostri necessari cambiamenti, si dovrebbe abbandonare il Vangelo come un’utopia e dire che Cristo non ebbe la capacità di offrire il vero fermento per la trasformazione umana e sociale”.

Nel 1974, Papa Paolo VI chiama il Vescovo Pironio a predicare gli Esercizi spirituali alla Curia Romana. Nel luglio 1975, sempre a Antigua, in Guatemala, Pironio predica gli stessi Esercizi ai Vescovi dell’America centrale. Negli appunti raccolti in quegli Esercizi, Romero richiama anche l’urgenza di “Sentire la Chiesa come la descrive Medellín: povera, missionaria, pasquale” richiamata dal predicatore argentino.
Da allora e negli anni successivi, mentre il Salvador precipita nella violenza, per il Vescovo Romero Pironio diventa amico e consigliere, a cui confidare anche le sofferenze più intime.


Gli incontri a Roma

Nel febbraio 1977, per volontà di Papa Paolo VI, Romero diventa Arcivescovo di San Salvador. Nel 1975, Pironio è stato chiamato a Roma come Prefetto della Congregazione per il Religiosi dallo stesso Papa Montini, che nel 1976 lo crea Cardinale. Da quel tempo, l’amicizia tra Pironio e Romero lascia tracce eloquenti anche nel Diario del Vescovo salvadoregno, che è «una chiave per capire la sua vita» (Gregorio Rosa Chávez). Romero annota nel suo diario il ruolo ricoperto da Pironio in occazione delle sue tre ultime visite a Roma, segnate da consolazioni, incomprensioni e tribolazioni.

La visita del giugno 1978 è tutta segnata dalla gioia del Vescovo salvadoregno per il conforto ricevuto visitando le memorie dei Santi Apostoli e ascoltando le parole e gli incoraggiamenti di Papa Paolo VI; “Sono state sempre le mie preghiere presso queste tombe degli apostoli a darmi ispirazione e forza. È così soprattutto questa sera: sento che la mia visita non è una semplice visita di pietà privata, ma che, nel compimento della visita ad limina, porto con me tutti gli interessi, le preoccupazioni, i problemi, le speranze, i progetti, le angosce di tutti i miei sacerdoti, delle comunità religiose, delle parrocchie, delle comunità di base, cioè di tutta un’arcidiocesi che viene con me a prostrarsi, ieri davanti alla tomba di san Pietro, oggi davanti alla tomba di san Paolo” scrive Romero ner resoconto della giornata di domenica 18 giugno.

Nel viaggio a Roma del maggio 1979, Romero cerca e trova con più insistenza il conforto di Pironio. Per lui le cose sono cambiate: le critiche di suoi detrattori sembrano aver trovato ascolto in Palazzi vaticani. La Santa Sede ha già inviato in Salvador il Vescovo argentino Antonio Quarracino come Visitatore apostolico. Romero prende atto delle “informazioni negative circa la mia pastorale” che circolano nei Palazzi vaticani, e e dell’ipotesi che lui stesso possa essere sostituito nella guida della Arcidiocesi di Buenos Aires con un Amministratore apostolico “sede plena”. Mercoledì 9 maggio, Romero va a visitare Pironio “che mi ha accolto - scrive nel suo diario - in modo così fraterno e cordiale che soltanto questo incontro sarebbe bastato a colmarmi di conforto e coraggio. Gli ho esposto con confidenza la mia situazione sia nella mia arcidiocesi che presso la Santa Sede. Mi ha aperto il suo cuore, dicendomi quello che anche lui è costretto a patire, come prova sofferenza profonda per i problemi dell’America Latina che non sono del tutto compresi dal ministero supremo della Chiesa. […] E ha soggiunto: «La cosa peggiore che puoi fare è scoraggiarti. Coraggio, Romero!» ripetendolo molte volte. L’ho ringraziato anche per le risposte ad altri interrogativi posti in questa conversazione lunga e fraterna, e poi me ne sono andato col cuore pieno di nuova fortezza acquisita dal mio viaggio a Roma”.

Anche nel gennaio 1980, nel suo ultimo viaggio a Roma, l’Arcivescovo Romero incontra il Cardinale Pironio. “Roma” scrive il 28 gennaio “per me significa il ritorno alla culla, alla casa, alla fonte, al cuore, al cervello della nostra Chiesa. Ho chiesto al Signore di conservarmi questa fede e questa adesione a quella Roma che Cristo ha scelto a sede del pastore universale, il Papa”. Gli incontri romani per Romero sono confortanti: tra questi soprattutto il colloquio con Pironio, il 30 gennaio: “Poi ho potuto parlare con il cardinal Pironio, in una visita per me molto breve, ma molto incoraggiante. Mi ha detto che lui stesso voleva vedermi per comunicarmi con gioia che la visita del cardinale Lorscheider era stata molto positiva e che lo stesso Papa aveva ricevuto una relazione molto buona sul mio conto. Il Cardinal Lorscheider” aggiunge Romero “aveva detto al Cardinale Pironio che nel Salvador ho ragione io, che la situazione è molto difficile, che io vedevo chiaramente le cose e il ruolo della Chiesa e che bisogna aiutarmi. Suppongo che questa sia una sintesi della relazione fatta dal cardinal Lorscheider sul suo viaggio in Salvador. Ho ringraziato molto il cardinal Pironio e gli ho fatto persino coraggio, quando mi ha detto che anche lui aveva sofferto molto, proprio a causa del suo sforzo in favore dei popoli dell’America Latina, e che mi capiva benissimo. Mi ha citato una frase del Vangelo a cui lui dà una spiegazione particolare:


‘Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono fare nulla allo spirito’. Lui la interpreta nel senso che, se quelli che uccidono il corpo sono terribili, sono certo più terribili quelli che colpiscono lo spirito, calunniando, diffamando, distruggendo una persona, e che pensa sia proprio questo il mio martirio, persino dall’interno della stessa Chiesa, e che devo farmi animo”.

Romero torna da Roma a San Salvador col cuore confortato anche dalle parole di Pironio. Mancano meno di due mesi al suo martirio. (Agenzia Fides 15/12/2023)

domenica 12 novembre 2023

IL CARDINALE PIRONIO SARÀ PROCLAMATO BEATO

 

IL CARDINALE PIRONIO, ARGENTINO DI ORIGINI FRIULANE, SARÀ PROCLAMATO BEATO

Sarà presto beato il card. Eduardo Francisco Pironio, argentino figlio di una coppia di emigrati friulani. La notizia è stata diffusa dalla Santa Sede dopo che mercoledì 8 dicembre il Papa ha riconosciuto il miracolo avvenuto per intercessione del porporato argentino. Si tratta dalla guarigione di un bambino di un anno e mezzo intossicato dalla inalazione di porporina. Grande gioia anche in Friuli.

In molti lo conoscevano come l’“amico di Dio”, come ebbe modo di definirlo l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. Per tutti è stato colui che sostenne e poi realizzò le Giornate Mondiali della Gioventù, esaudendo un profondo desiderio di Giovanni Paolo II. Il cardinale argentino Edoardo Francisco Pironio sarà proclamato Beato il 16 dicembre 2023 in Argentina, nel Santuario di Nostra Signora di Luján. Il Papa ha riconosciuto il miracolo attribuito alla sua intercessione durante l’udienza di mercoledì 8 novembre, al cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi.

L’inviato speciale di Papa Francesco sarà il cardinale spagnolo Fernando Vérgez Álzaga, che per 23 anni è stato segretario di Pironio. Il card Álzaga fu in visita in Friuli nel febbraio 2023.

 

La vita di Pironio, argentino con origini in Friuli

Il padre originario di Percoto (Pavia di Udine) e la madre di Camino di Buttrio, emigrati in Argentina, Eduardo Francisco Pironio nacque a Nueve de Julio, nei pressi di Buenos Aires il 3 dicembre 1920. Era il ventiduesimo figlio di quella coppia di emigrati friulani.

Ordinato sacerdote nel 1943, nel 1964 fu eletto vescovo titolare di Ceciri e ausiliare di La Plata e nel 1972 vescovo di Mar del Plata. Chiamato a Roma da papa Paolo VI come prefetto della Congregazione per i Religiosi e degli Istituti Secolari, fu creato cardinale nel 1976. Nel 1984 fu nominato da Giovanni Paolo II presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dove tra l’altro collaborò a ideare una straordinaria esperienza giovanile: le Giornate mondiali della gioventù.

Da tempo malato di un tumore osseo, morì nella Città del Vaticano il 5 febbraio 1998 all’età di 77 anni. Fu sepolto nel santuario di Nostra Signora di Luján, in Argentina. Il 18 febbraio 2022, papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche del cardinale Pironio, dichiarandolo venerabile.

 

Il legame con il Friuli

Il primo incontro di Eduardo Pironio con la terra di origine avvenne nel 1958. Aveva 38 anni; come tanti sacerdoti, era venuto a Roma per studiare. Interessato alla propria storia umana, si recò a Percoto, paese natale del padre Giuseppe.

Nel 1964, quando era Vescovo ausiliare di La Plata, si recò a Tolmezzo; accompagnato dal presidente della Comunità carnica on. Michele Gortani, visitò il cimitero, in «un pellegrinaggio di ricordanza e di pietà sulle tombe dei familiari dei nostri emigrati in Argentina».

Da allora, i suoi viaggi in Friuli si ripeterono, anche da cardinale. Per quelli che considerava ormai i suoi compaesani, aveva sincera amicizia, così fu presente alle grandi feste del paese: la secolare festa di San Giuseppe, la Madonna del Rosario, anniversari del parroco e anniversari dei suoi coetanei della classe 1920. Ci teneva a «riaffermare l’appartenenza e l’identità alla terra e al luogo d’origine della sua famiglia».

 

Udine, 3 maggio 1992. Papa Giovanni Paolo II incontra i giovani friulani in piazza I maggio. Al suo fianco l’allora arcivescovo Alfredo Battisti (a sinistra) e il card. Eduardo Pironio (a destra).

Tra il terremoto e Castelmonte. E con Giovanni Paolo II

Il punto più alto di comunanza spirituale e materiale con la terra di origine, avvenne per il terremoto del 1976. Così ricordò quelle circostanze l’allora arcivescovo di Udine, mons. Alfredo Battisti, nel corso di un convegno a Tricesimo. «In quei giorni il Cardinale ha calorosamente appoggiato la mia richiesta di inviare in Friuli delle suore per un periodo di due anni, allo scopo di stare vicine alle famiglie colpite dal sisma. La risposta è stata veramente generosa. Alle religiose già presenti nella diocesi si sono aggiunte 90 Suore…».

Sempre l’arcivescovo Battisti ricordava la presenza del cardinale al pellegrinaggio a piedi al santuario di Castelmonte, l’8 settembre 1978. Nell’omelia, Pironio ricordò che la madre gli aveva insegnato le preghiere, prima in friulano e poi in spagnolo, e che un giorno, quando l’andò a trovare, lei gli disse: «Frut, tu âs di confessami!»«O ài di sbrocami par furlan!».

Un’ulteriore presenza significativa di Pironio in Friuli fu quella di Udine nel 1992, a fianco di papa Giovanni Paolo II, in piazza I Maggio, nell’incontro con 20 mila giovani friulani.

 

Il cardinale delle Giornate mondiali della Gioventù

Il card. Pironio e papa Giovanni Paolo II a una Giornata mondiale della Gioventù.

Tra i partecipanti al Concilio Vaticano II come “esperto”, per lungo tempo insegnante, poi stretto collaboratore di Papa Wojtyla che lo volle come presidente dell’allora Pontificio Consiglio per i Laici, Pironio, fu figura molto amata nella sua Argentina, nella Curia romana, nel mondo. Merito anche di quella che chi l’ha conosciuto definiva la capacità di far sentire amato chiunque incontrasse. Un frutto, probabilmente, di quella fede che – disse Giovanni Paolo II nell’omelia delle esequie – il futuro Beato aveva appreso «sulle ginocchia della madre». Una fede, dunque, «trasmessa in dialetto», usando una tipica espressione di Papa Francesco.

Nella veste di capo Dicastero mise a punto l’idea del Papa di un grande raduno che avrebbe coinvolto giovani da tutto il mondo. Una piccola idea sviluppatasi nel tempo fino a divenire uno dei più grandi eventi della Chiesa cattolica: le Giornate mondiali della Gioventù.

 

Il ricordo dell’allora arcivescovo Bergoglio

Jorge Mario Bergoglio, quando era provinciale dei gesuiti, conobbe di persona Pironio come vescovo ausiliare di Mar del Plata (1964-1972). L’arcivescovo di Buenos Aires prese parte pure al V Incontro nazionale dei sacerdoti organizzato dalla Conferenza episcopale argentina incentrato sulla testimonianza sacerdotale del porporato, nel decimo anniversario della sua scomparsa. E in una successiva intervista disse di Pironio: «Quando parlavi con lui ti dava sempre la sensazione che si sentisse il peggiore uomo del mondo, il peggior peccatore. Ti apriva un panorama di santità dalla sua profonda umiltà. Ti apriva orizzonti, sperimentavi che non chiudeva mai le porte a nessuno, anche la gente che lui sapeva che non lo aveva capito».

venerdì 29 gennaio 2021

una reliquia del giovane beato Carlo Acutis in Argentina

 Una reliquia del giovane beato Carlo Acutis


La Basilica di Nostra Signora del Pilar di Buenos Aires in Argentina, qualche giorno fa, ha dato l'annuncio di una bella notizia: "Abbiamo ricevuto nella nostra parrocchia una reliquia del giovane beato Carlo Acutis!".

Nella messa del 20 gennaio, il parroco Padre Gastón Lorenzo ha detto: “Preghiamo che Carlo sia un intercessore per i giovani e per tutti… non ci vogliono molti anni per diventare santo. La santità è una chiamata a cui dobbiamo rispondere nel momento presente e questo è il momento migliore per essere santi, per vivere in grazia e per pensare che siamo chiamati a vivere nella vicinanza di Dio nei secoli dei secoli ”.

La reliquia è un frammento di pelle del ragazzo morto a soli 15 anni e già beato. Su iniziativa del parroco, padre Gastón Lorenzo, la reliquia è stata richiesta all'Associazione Amici di Carlo Acutis, in Italia, in una lettera firmata dallo stesso parroco e dal vescovo ausiliare di Buenos Aires , Monsignor Alejandro Daniel Giorgi, come ha spiegato Padre Lorenzo ad AICA ( agenzia informativa cattolica in Argentina).

Dopo la beatificazione del giovane italiano, noto come il “cyber-apostolo della fede”, celebrata ad Assisi il 10 ottobre 2020, nella comunità del Pilar è suscitata una grande devozione per il giovane Acutis, soprattutto tra i ragazzi.

La reliquia, composta dalla pelle del beato, rimarrà nella cappella delle reliquie della Basilica del Pilar.

sabato 16 gennaio 2021

Agenzia Fides 16 gennaio 2021

 

AFRICA/ALGERIA - L’Arcivescovo di Algeri: “Un Chiesa dell’incontro, della fraternità, del servizio”
 
Algeri (Agenzia Fides) - “La Chiesa d'Algeria risale al II secolo, con i suoi martiri e Sant'Agostino. È una Chiesa che vive con il suo popolo e per il suo popolo che è in maggioranza musulmano. Sulle orme di Mons. Henri Teissier, continuerà ad essere una Chiesa dell’incontro, al servizio della fraternità con tutti e per tutti. Come ho scritto nella nostra rivista diocesana, “Rencontres”, l'8 dicembre è stato il giorno in cui il corpo del nostro fratello Henri ha ritrovato il paese e la terra dove ha amato e ha servito, un grande segno di fraternità tracciato nel cielo di Orano durante la beatificazione dei nostri diciannove martiri veniva rinnovato, esattamente due anni dopo”. Così mons. Paul Desfarges, Arcivescovo di Algeri, racconta in un colloquio con l’Agenzia Fides il momento e il volto della Chiesa d’Algeria, segnata in tempi recenti dalla morte di uno dei suoi più grandi testimoni, Mons. Henri Teissier (1 dicembre 2020), e dalla celebrazione del secondo anniversario della beatificazione dei 19 martiri d’Algeria (l’8 dicembre 2020).
Cos’ l’Arcivescovo ricorda mons. Teissier: “Per me era un fratello. Ha aperto e ha tracciato un sentiero e noi continueremo lo stesso percorso. Il Vescovo Jean-Paul Vesco, insieme al giornale ‘La Croix’, hanno definito il nostro fratello Henri 'il ventesimo beato'. Avrebbe potuto essere ucciso con gli altri 19 durante l'ondata di violenza che ha travolto l'Algeria, gli è stato concesso di continuare ad accompagnare la sua Chiesa nelle difficoltà, aiutandola a rimanere fedele, nel perdono, nella pace, nel vincolo di alleanza che la univa al suo popolo, anch’esso in un terribile calvario. Giornate cariche di emozione hanno mostrato la fraternità che ha attraversato le due sponde del Mediterraneo, da Lione ad Algeri, passando per Marsiglia. In quei momenti, tutti hanno potuto ascoltare e vivere la felicità delle Beatitudini. Si assaporava già il Regno di una fraternità che trascende ogni cultura e religione ed è realmente universale”.
Ben radicata e divenuta pienamente “Chiesa d’Algeria” e non “Chiesa in Algeria”, come amava ripetere Mons Teissier, la comunità cristiana vive con il popolo l’ennesima fase di fragilità, complicata dalla pandemia e dalla lunga assenza del presidente Abdelmadjid Tebboune ricoverato in una struttura ospedaliera in Germania. Racconta l’Arcivescovo: “Siamo una Chiesa cittadina al servizio della società che ama. I cristiani come tutti i cittadini stanno vivendo la situazione in cui la pandemia continua, anche se in declino, con tutte le restrizioni imposte dalle misure sanitarie. Il Paese resta chiuso ai voli commerciali all'estero e sono ripresi solo i voli interni. I mezzi di circolazione, specialmente tra i distretti, rimangono limitati. La crisi economica si sta facendo sentire e le famiglie bisognose aumentano in modo preoccupante. I nostri dipartimenti Caritas, Incontro e Sviluppo, le Conferenze di San Vincenzo de 'Paoli fanno del loro meglio, con mezzi limitati per distribuire alimenti e fornire aiuti quando possibile. Di recente è stata votata una riforma della Costituzione, anche se con una forte astensione (un referendum novembre 2020 ha sancito la riforma costituzionale con il 66,80 per cento dei voti, ma con un’affluenza che non arrivava al 24%, ndr). Promette una maggiore partecipazione della società civile, ma attualmente siamo piuttosto in una fase di grande controllo del potere”. L’Arcivescovo si dice preoccupato “per la cancellazione dell'articolo sulla libertà di coscienza anche se il testo non è ancora stato firmato dal presidente il cui rientro è atteso, dopo oltre due mesi di assenza per malattia. Vengono annunciate le elezioni regionali e legislative ma restano tante incertezze per l’anno 2021, con una situazione economica fragile”.
La Chiesa d’Algeria, una piccola presenza in termini numerici, continua a essere una realtà molto significativa nel Paese. La sua testimonianza e il suo annuncio, rappresentano un segno ormai stabilmente riconoscibile di dialogo e convivenza pacifica grazie anche alle esperienze di profonda condivisione dei 19 martiri e di grandi rappresentanti quali il Cardinal Duval e Mons. Teissier.
Conclude l’Arcivescovo Desfarges: “L'8 dicembre scorso, Maria, piena di grazia, ci ha accolto nella Basilica a lei dedicata, Notre-Dame d'Afrique, ad Algeri. Il vescovo Teissier ora riposa lì accanto al cardinale Duval. La Beata Vergine, con il nostro fratello Henri, il cardinale Duval, il beato Charles de Foucauld, i nostri beati martiri d'Algeria e tutti i santi, continuerà ad accogliere tutti coloro che ogni giorno le confidano le loro gioie, ma soprattutto i loro dolori e le loro sofferenze. Maria è la guida della nostra Chiesa e la Madre di tutti i suoi figli, cristiani, musulmani, cercatori di senso, i suoi figli della ricerca interiore. Li aiuta a riconoscersi e ad amarsi come fratelli e sorelle. Durante quei giorni di grazia, i nostri fratelli e sorelle musulmani hanno potuto pregare insieme attraverso la recita della Fatiha, cantata da una sorella della Tarîqa Alâwiyya (un ordine sufi, ndr) e dai cristiani presenti. In quei giorni Maria, piena di Spirito Santo, ci ha guidati con dolcezza a questo stesso Spirito che permette l’incontro, anche nella preghiera, delle spiritualità di ogni religione ”.
(LA) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/TOGO - “Dopo un anno travagliato, il 2021 apra per il Togo una finestra sulla speranza”, dice un missionario
 
Sokodè (Agenzia Fides) - L’anno appena concluso è stato difficile e complicato per i tanti problemi che il Togo ha avuto. “Le ripercussioni si sono fatte sentire anche da noi a Kolowaré, dove l’esercito armato girava ed era spesso presente in modo pesante” scrive all’Agenzia Fides padre Silvano Galli, sacerdote della Società per le Missioni Africane.
“A partire dalle elezioni contestate dai diversi settori della società che hanno visto la conferma alla guida del Paese del presidente Faure Gnassingbé (vedi Fides 25/2/2020), al sopraggiungere del Covid che in qualche modo ha fatto passare sotto silenzio la crisi politica, la gente qui a Kolowaré si preoccupa prevalentemente di come sopravvivere.” Stando ad alcune testimonianze, racconta il missionario, i cristiani togolesi sperano che questo nuovo anno appena iniziato inviti tutti ad aprire la finestra sulla speranza, in qualunque situazione si trovi, nella preghiera e nell’azione. L’auspicio è che la situazione politica paralizzata, porti ad un dialogo tra i protagonisti e che i togolesi smettano di cercare affannosamente le cose materiali, per dedicarsi di più alla condivisione dei beni e alla serenità, si mettano in ascolto gli uni degli altri, per provare maggior empatia per una società più umana”.
(SG/AP) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Ripensare i media cattolici ai tempi del Covid
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Rilevare l'impatto negativo dell'insorgenza della crisi sanitaria del Covid-19 sul regolare svolgimento delle proprie attività e riflettere sul futuro dei principali media cattolici, come RNC, la Radio nazionale cattolica e Ecclésia TV, la televisione della Chiesa cattolica della Costa d'Avorio. E' quanto ha fatto la Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa della Costa d'Avorio, riunita dall'11 al 14 gennaio, presso il centro diocesano di Yamoussoukro, nella prima sessione ordinaria dell'anno 2021
I partecipanti erano una dozzina di responsabili della comunicazione delle diocesi e dei media della Chiesa locale. “Abbiamo discusso la gestione delle nostre strutture ai tempi di Covid; come siamo riusciti, cosa abbiamo fatto, quali sono le alternative che siamo riusciti a trovare affinché le nostre radio, le nostre televisioni, i nostri giornali e riviste possano funzionare?" ha detto a Fides p. Augustin Obrou, Segretario esecutivo nazionale della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale.
Domande che, secondo p. Obrou, trovano la loro risposta nelle innovazioni apportate dal cambio di programma e di linea editoriale dei media che devono fornire oggi un nuovo modo di ripensare la loro missione di vicinanza ai fedeli segnati dalle conseguenze della pandemia. Sono stati quindi intensificati i programmi di dialogo e di ascolto con i fedeli e le trasmissioni delle messe e di momenti di preghiera.
Al termine dell'incontro il 14 gennaio, Sua Ecc. Mons. Raymond Ahoua, Vescovo di Grand-Bassam e presidente della commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale ha affermato: “Penso che tutti dovrebbero mantenere la propria identità e avere obiettivi precisi. Non siamo nello stesso mercato con lo stesso prodotto in concorrenza con altri e per questo dobbiamo restare sereni”. (S.S.) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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ASIA/SIRIA- Tornano a Raqqa ex jihadisti siriani e “vedove di Daesh” rilasciati dal Campo di detenzione di Al Hol
 
RAQQA (Agenzia Fides) – Le Forze Democratiche Siriane, coalizione a guida curda che di fatto controlla il nord-est della Siria – ha disposto il rilascio di circa 400 famiglie di ex miliziani dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh) dal campo di prigionia di Al Hol, e il loro ritorno nella città di Raqqa, città che per lungo tempo, negli anni del conflitto, è stata la principale roccaforte di Daesh in Siria. Il rilascio delle famiglie di appartenenti a Daesh di nazionalità siriana è stato giustificato come misura volta a diminuire il sovraffollamento del Campo, dove le condizioni di vita sono sempre più intollerabili e continuano a registrarsi gravi episodi di violenza. Le famiglie rilasciate dal Campo di Al Hol sono composte in gran parte dalle vedove e dai figli di jihadisti rimasti uccisi durante il lungo conflitto che ha devastato la Siria negli ultimi anni. Non di meno, tra gli abitanti di Raqqa non è mancato chi ha espresso preoccupazione o aperta contrarietà davanti all’arrivo degli ex prigionieri provenienti da Al Hol.
Le Forze Democratiche Siriane (Syrian Democratic Forces, SDF) sono una alleanza di milizie a prevalenza curda, costituitesi nell’ottobre 2015 durante il conflitto siriano, che con l’appoggio della coalizione internazionale a guida USA controllano de facto ampie aree della Siria nord-orientale, coincidente con l'autoproclamata Federazione Democratica della Siria del Nord, detta comunemente Rojava.
Il presente e il destino delle famiglie di ex miliziani di Daesh prigionieri nei campi di detenzione in territorio siriano continua a rappresentare un nodo dai risvolti umanitari di difficile soluzione. Già nel 2020 le Forze democratiche Siriane hanno iniziato – con la mediazione di capi tribali locali - un processo di rilascio e ricollocamento progressivo di nuclei familiari prigionieri a Al Hol e in altri campi di detenzione. Dopo il crollo dello Stato Islamico, la Francia ha finora disposto il rientro in patria di 35 figli di jihadisti francesi che erano detenuti nei campi di detenzione sotto controllo curdo.
Nelle ultime settimane, nel nord e nel nord-est della Siria, divenuta area contesa tra diversi attori regionali e globali, si sono moltiplicate anche sanguinose operazioni “mordi e fuggi” messe in atto da cellule dormienti di Daesh ai danni delle forze militari governative, attacchi e attentati che hanno già provocato decine di morti.
A Raqqa, a quel tempo roccaforte siriana dei jihadisti di Daesh, il 29 luglio 2013 si sono perse le tracce del gesuita e islamologo romano Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa. (GV) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Fare luce sul massacro impunito a Panay: la richiesta della società civile e di organizzazioni religiose
 
Manila (Agenzia Fides) – Una seria e approfondita indagine giudiziaria perché un massacro non resti impunito e perchè si faccia luce su quanto avvenuto a Tapaz nella provincia di Capiz, sull’isola di Panay, nel centro del vasto arcipelago, due giorni prima della fine dell’anno. E’ quanto chiedono al governo laici e religiosi filippini, associazioni della società civile e diversi parlamentari dell’opposizione. Il 30 dicembre scorso infatti leader e membri di una importante comunità locale – gli indigeni Tumandok – sono stati oggetto di un durissimo intervento militare che ha lasciato sul terreno nove vittime e visto l’arresto di una ventina di persone. Per ora non si conoscono le ragioni e gli autori della strage e l’inchiesta interna aperta dalle autorità militari viene ritenuta insufficiente a rendere giustizia alle famiglie. Secondo i familiari delle vittime, i nove civili disarmati prima di essere uccisi sarebbero anche stati torturati. La polizia, che accompagnava l’operazione militare, sostiene invece che si trattasse di persone che avevano aperto il fuoco contro gli agenti e che fossero militanti del gruppo ribelle di matrice comunista New People’s Army, ipotesi respinta dalle famiglie.
La vicenda è connessa alla resistenza e alle proteste contro il progetto, a lungo contestato, dell’enorme diga di Jalaur, che ha l’obiettivo di fornire acqua per l’irrigazione su larga scala e produrre corrente elettrica. La seconda fase del progetto, dal costo di oltre 11 miliardi di pesos (circa 250 mln di dollari), ha preso il via nel 2019.
Nell’isola vi sono state manifestazioni e cosi in Europa: l’importante organizzazione della diaspora filippina “Promotion of the Church Peoples Response” (PCPR Europe), che ha pubblicato un messaggio di cordoglio e solidarietà con le famiglie Tumandok, ha organizzato nei giorni scorsi una manifestazione di sensibilizzazione online in appoggio alla missione di verifica che laici e religiosi stanno preparando per capire esattamente la dinamica di quanto successo, affinché venga avviato una procedimento giudiziario “civile”. “Sempre che – rileva all’Agenzia Fides il Camilliano Padre Aris Miranda – sia possibile recarsi sul luogo del crimine che è stato subito sigillato”.
La storia di Panay è purtroppo una storia di violenza contro le popolazioni indigene: “Non c'è solo il problema della diga ma più in generale – spiega a Fides P. Miranda – esiste un costante accaparramento delle terre indigene perché Panay è ricca di risorse naturali, agricole e minerarie, e investitori filippini e stranieri hanno sempre cercato di ottenere la terra indigena. I Tumandok sono una popolazione locale di circa 95mila individui, molto legati alla propria terra e alle proprie tradizioni. Furono tra i primi a opporsi alla conquista spagnola e ancora tra i primi a lottare contro le lobby sostenute dal dittatore Ferdinando Marcos. Panay è infatti un’isola dove impera il latifondo ed è terreno fertile per la canna da zucchero. E’ da sempre un luogo che risveglia grandi appetiti ma che conosce anche una lunga storia di resistenza locale agli invasori esterni”.
Proprio alla vigilia del massacro di Capiz, nel suo messaggio pastorale per il Natale, il Vescovo Gerardo Alminaza di San Carlos (diocesi che copre parte di quel territorio) ricordava le recenti stagioni di violenza sull’isola e ammoniva che “la pace non è negoziabile. Questo va oltre la tirannia di un leader politico. La pace è ancora più preziosa e dovrebbe essere l'obiettivo finale del motto della polizia e dei militari, ‘Per servire e proteggere: proteggere le persone, proteggendo lo Stato’. Sfidiamo il nostro governo locale a non diventare un ostaggio politico di questa oppressiva politica di uccisioni. Il Natale – concludeva il messaggio del Vescovo della diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Jaro a Panay – deve ispirarci e incoraggiarci a sostenere una città pacifica, un'isola pacifica e a paese pacifico, libero da assassinii senza senso”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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AMERICA/HAITI - I Gesuiti sulla crisi sociale e politica: esortiamo a rifare il gesto del 1804
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – E’ stato pubblicato in coincidenza dell’anniversario del terremoto del 2010 che ha distrutto Haiti, il rapporto dei Gesuiti che lavorano in questa terra martoriata e che più di una volta hanno proposto una visione con speranza nell’impegno cristiano di convivere con queste comunità martoriate dalla natura e la violenza.
“La profonda crisi che la società haitiana sta attraversando da diversi decenni ha ormai raggiunto dimensioni inimmaginabili. Ci sentiamo come se fossimo nel caos totale; in fondo a un baratro da cui non si vede alcuna via d'uscita all'orizzonte. L'incertezza e la sofferenza sembrano ahimè! portare via ogni speranza. La nostra nazione sta lentamente collassando e con essa le nostre istituzioni ei valori fondamentali su cui si basa la nostra esistenza collettiva. Questa triste situazione ci sfida come uomini e donne, cristiani e non cristiani e ancor più come religiosi gesuiti. Questo grido dell'apostolo Paolo risuona ora più che mai nelle nostre menti e nei nostri cuori e ci spinge all'azione: "Guai a me se non predico il Vangelo (1 Cor 9,16)"
Dopo un analisi su certi aspetti della società haitiana, il rapporto segnala che c’è una via di uscita dalla crisi, ecco perché concludono con esortare i diversi protagonisti della vita sociale e politica di questo paese a rifare il gesto del 1804:
“Se la tragedia che stiamo vivendo è il risultato dell'azione umana, una via d'uscita dalla crisi e un domani migliore può arrivare attraverso l'azione positiva dei figli e delle figlie del nostro Paese.
Esortiamo gli attori chiave, sia nazionali che internazionali, a prendere le decisioni appropriate, nel pieno rispetto dei principi democratici fondamentali, per aiutare a salvare questo paese.
Esortiamo le forze vitali della Nazione, chiediamo di alzarsi, in questo storico crocevia del nostro Paese, a rifare il gesto del 1804 e lanciare così questo vasto movimento di rinascita nazionale che ridarà speranza e dignità al nostro popolo.
Esortiamo inoltre tutti gli attivisti sociali e politici, le numerose organizzazioni della diaspora haitiana, a non scoraggiarsi e a continuare la lotta per invertire questa situazione insopportabile.
Esortiamo il valoroso popolo di Haiti, le persone coraggiose e resilienti, le persone orgogliose anche in mezzo alle avversità a continuare ad attingere alla loro fede, alla loro ricca cultura e alla loro storia unica, nuove ragioni di speranza e coraggio necessario per realizzare il suo sogno di una nuova Haiti.”
Il rapporto inviato a Fides è firmato da tutti i gesuiti che lavorano ad Haiti.
(CE) (Agenzia Fides 16/01/2021)

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AMERICA/ARGENTINA - I Missionari della Consolata: “Al fianco dei poveri e dei bisognosi, per riscoprire il volto di Cristo”
 
Buenos Aires ( Agenzia Fides) - “Qui lavoriamo nelle periferie urbane delle grandi città con un alto tasso di problemi sociali. Collaboriamo al miglioramento e alla promozione della dignità umana, attraverso l'istruzione scolastica, centri sanitari e centri di formazione professionale. È importante sensibilizzare i fedeli ad assumere la condizione missionaria ricevuta nel battesimo. Vogliamo formare giovani chiamati da Dio ad essere missionari della Consolata”. A dirlo all’Agenzia Fides è padre Dietrich Pendawazima, vice superiore generale dei Missionari della Consolata, di origini tanzaniane, parlando dell’opera e dell’impegno dei missionari in Argentina.
"Quali sfide bisogna affrontare dove veniamo inviati? Prendiamo e annunciamo Gesù dove ancora non lo conoscono”, afferma p. Dietrich “È necessario condividere il perché della nostra presenza e l’esperienza significativa che il Signore ci sta permettendo di vivere - prosegue - il carisma missionario e lo spirito del nostro fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, porta ad impegnarci laddove c’è bisogno del nostro aiuto”.
"All’inizio della nostra presenza in Argentina - racconta p. Pendawazima - ci siamo posti questa domanda: come missionari, come possiamo dare il nostro contributo? Conoscendo la realtà nella quale iniziavamo a muovere i primi passi, dopo tanti confronti tra di noi e altri missionari e agenti pastorali della diocesi, abbiamo ritenuto che una nostra presenza qui fosse significativa. Il luogo che più di altri aveva necessità di una presenza missionaria era quello della baraccopoli. Ecco perché abbiamo iniziato la nostra presenza in mezzo ai più poveri".
Continua il vice superiore generale: "Cerchiamo , nel limite del possibile, di farci prossimi , di assumere uno stile di vita semplice, essenziale e sobrio. Fin dagli inizi, il Signore ha messo lungo il nostro cammino, giovani laici pronti a condividere questa nuova missione con noi. Consacrati e laici insieme per l’annuncio della Buona Notizia in mezzo ai più poveri. La preghiera e la condivisione - rimarca p. Dietrich - sono il centro della nostra missione che poi si realizza nella attività concrete, dove la priorità è la visita quotidiana tra la gente. In questi anni -conclude - abbiamo capito quanto veri e significative siano le parole di Gesù quando dice che ogni volta che aiutiamo un povero, un bisognoso è Gesù stesso che stiamo aiutando”.
(ES) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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Guarda la video intervista a padre Dietrich Pendawazima sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://youtu.be/OpG14H3smYo
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NEWS ANALYSIS - Verso una “nuova economia”: abolire i paradisi fiscali
 
Roma (Agenzia Fides) - “L’abolizione dei paradisi fiscali è una priorità assoluta, perché essi rappresentano uno strumento di disuguaglianza in cui a pagare sono sempre i Paesi più deboli. Nel 2013, la banca Credit Suisse ha diffuso un grafico noto come ‘piramide della disuguaglianza’, che mostrava come in quell’anno il 91,7% della popolazione mondiale avesse accesso soltanto al 17% delle ricchezze, mentre lo 0,7% della popolazione accedeva al 41%. Questa immagine, che già appare piuttosto impietosa, in realtà ormai è diventata quasi una rappresentazione benevola, perché dal 2013 ad oggi la sperequazione tra ricchi e poveri, tra chi non paga le tasse e chi ne è vessato, si è persino allargata. E’ quindi evidente quanto sia necessario un patto fiscale: esso implicherebbe la ridistribuzione delle ricchezze e la creazione di un sistema di rimessa in circolo del denaro. Sentiamo sempre dire che mancano le risorse, ma in realtà si calcola che nei paradisi fiscali siano stati nascosti tra i 21mila ai 36mila miliardi di dollari. Una sana politica fiscale, basata su una tassazione progressiva, permetterebbe di rimettere in circolazione tutta questa ricchezza e di utilizzarla per la produzione di beni comuni”. E’ quanto spiega all’Agenzia Fides da Nicoletta Dentico, esperta di cooperazione internazionale e salute globale, offrendo una riflessione sulle strategie e le azioni da compiere per costruire la “nuova economia” promossa dall’iniziativa “The Economy of Francesco”. [ - continua]


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Continua a leggere la News analysis sul sito web Omnis Terra -> http://omnisterra.fides.org/articles/view/155

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...