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domenica 1 luglio 2018

Vatican News 1 luglio 2018

VaticanNews
Le notizie del giorno
01/07/2018
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Dopo la preghiera mariana, Papa Francesco ha levato la sua voce per la pace in Nicaragua, Siria, Etiopia ed Eritrea. La preghiera per la popolazione siriana perché venga risparmiata da ulteriori sofferenze 
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Il Papa all’Angelus: per avere accesso al cuore di Gesù bisogna sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui
SANTA SEDE E CHIESA NEL MONDO
Violenza in Centrafrica
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La violenza nella Repubblica Centrafricana ha fatto una nuova vittima. Si tratta dell’abate Firmin Gbagoua, vicario generale della diocesi di Bambari, ... 
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Alle porte di Saida, l’antica Sidone, i Fratelli maristi e i Lasalliani hanno avviato un progetto educativo per 70 piccoli profughi che non possono frequentare la scuola statale. Li aiutano come volontari studenti delle scuole mariste e lasalliane in Libano
PRIMO PIANO
Il libro pubblicato da Ediesse
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C'è bisogno del contributo di tutti per risolvere il problemi di oggi e questo vale anche per quelli del lavoro. Ne è convinto il Papa che perciò crede nel ... 

venerdì 19 giugno 2015

L'enciclica Laudato si' secondo le ACLI

Laudato Si', Bottalico: la lotta alla povertà salva l'ambiente



Laudato Si', Bottalico: la lotta alla povertà salva l'ambiente

«Lotta alla povertà e cura della natura sono due aspetti inscindibili dello stesso problema». Così Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, commenta la pubblicazione dell'enciclica di Papa Francesco Laudato Si'. «Quello indicato dal Pontefice è un approccio che chiama in causa tutti a cambiare gli stili di vita, le Associazioni a formare le coscienze alla ricerca della giustizia sociale e del rispetto dell'ambiente.
L'enciclica – prosegue Bottalico - rivolge un messaggio chiarissimo all'umanità: di fronte al deterioramento ambientale del pianeta vanno ripensati i criteri obsoleti, di epoche passate che continuano a governare il mondo. La politica deve recuperare la sua capacità di guida rispetto ai poteri economico-finanziari transnazionali, in funzione del bene comune per una ecologia integrale, ambientale e sociale. Questo cambiamento esige di mettere in discussione la cultura dominante preoccupata solo della massimizzazione del profitto.
L'enciclica evidenzia il pericoloso intreccio tra tecnocrazia e grandi poteri economici che usano la conoscenza come strumento di potere al servizio del profitto di pochi anziché per lo sviluppo di tutta l'umanità. Molto lucida e coraggiosa la denuncia della non neutralità delle direzioni in cui si sviluppano la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche, in un'epoca in cui queste sono più finanziate da interessi privati che dagli Stati. I prodotti della tecnica finiscono così per influenzare gli stili di vita nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere.
Di fronte a ciò – conclude Bottalico – serve quella rivoluzione culturale, invocata da Papa Francesco, che è indispensabile per il futuro del nostro pianeta e che possiamo contribuire a costruire dal basso e che pertanto, per una associazione popolare e d'ispirazione cristiana come le Acli, costituisce una priorità della nostra formazione».


Leggi di più su: http://www.acli.it/le-notizie/news-nazionali/10015-laudato-si-bottalico-la-lotta-alla-poverta-salva-l-ambiente#ixzz3dWDE2rnr
Fonte: www.acli.it 

lunedì 28 febbraio 2011

VATICANO - Benedetto XVI: “siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il pensiero e la relazione avvengono sempre nella modalità del linguaggio, inteso naturalmente in senso lato, non solo verbale. Il linguaggio non è un semplice rivestimento intercambiabile e provvisorio di concetti, ma il contesto vivente e pulsante nel quale i pensieri, le inquietudini e i progetti degli uomini nascono alla coscienza e vengono plasmati in gesti, simboli e parole. L’uomo, dunque, non solo «usa» ma, in certo senso, «abita» il linguaggio.” Lo ha sottolineato il Santo Padre Benedetto XVI ricevendo in udienza questa mattina i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che si svolge a Roma da oggi a giovedì 3 marzo sul tema "Linguaggio e comunicazione".

Nel suo discorso il Papa ha ricordato che “i nuovi linguaggi che si sviluppano nella comunicazione digitale determinano, tra l’altro, una capacità più intuitiva ed emotiva che analitica, orientano verso una diversa organizzazione logica del pensiero e del rapporto con la realtà, privilegiano spesso l’immagine e i collegamenti ipertestuali”. Sottolineando quindi i rischi che si corrono su questa nuova strada (“la perdita dell’interiorità, la superficialità nel vivere le relazioni, la fuga nell’emotività, il prevalere dell’opinione più convincente rispetto al desiderio di verità”), il Santo Padre ha messo in rilievo l’urgenza di riflettere sui linguaggi sviluppati dalle nuove tecnologie, partendo dalla Rivelazione, “che ci testimonia come Dio abbia comunicato le sue meraviglie proprio nel linguaggio e nell’esperienza reale degli uomini, «secondo la cultura propria di ogni epoca» (Gaudium et spes, 58), fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio Incarnato. La fede sempre penetra, arricchisce, esalta e vivifica la cultura, e questa, a sua volta, si fa veicolo della fede, a cui offre il linguaggio per pensarsi ed esprimersi. È necessario quindi farsi attenti ascoltatori dei linguaggi degli uomini del nostro tempo, per essere attenti all’opera di Dio nel mondo.”

Benedetto XVI ha quindi puntualizzato che approndire la "cultura digitale" non significa solamente “esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo, come è avvenuto in altre epoche, il rapporto tra la fede, la vita della Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo… Se i nuovi linguaggi hanno un impatto sul modo di pensare e di vivere, ciò riguarda, in qualche modo, anche il mondo della fede, la sua intelligenza e la sua espressione… Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via. Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”.

Al termine del suo discorso, il Santo Padre ha ricordato il missionario gesuita padre Matteo Ricci, “protagonista dell’annuncio del Vangelo in Cina nell’era moderna”, il quale “nella sua opera di diffusione del messaggio di Cristo ha considerato sempre la persona, il suo contesto culturale e filosofico, i suoi valori, il suo linguaggio, cogliendo tutto ciò che di positivo si trovava nella sua tradizione, e offrendo di animarlo ed elevarlo con la sapienza e la verità di Cristo”. (SL) (Agenzia Fides 28/02/2011)



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domenica 6 febbraio 2011

Siamo in ritardo nella comunicazione e , non potendo andarci, pregheremo per la Buona Riuscita

Domenica a Cividale incontro su lavoro e impegno sociale versione testuale


Interventi dell'economista Luigino Bruni e del docente di Economia politica

ed Economia delle organizzazioni non profit Benedetto Gui

CIVIDALE DEL FRIULI (4 febbraio, ore 9.30) - Il Movimento Umanità Nuova del Friuli-Venezia Giulia organizza per domenica 6 febbraio nel Centro San Francesco a Cividale del Friuli una giornata di approfondimento sulle relazioni di reciprocità nei luoghi di lavoro e impegno sociale, in particolare per gli ambiti Economia e lavoro, Salute, Educazione, Politica e Pubblica amministrazione.



L'appuntamento, con inizio alle ore 9.30, prevede momenti comuni e lavori di gruppo corrispondenti alle professioni esercitate o agli ambiti del sociale interessati.



Attraverso una videoconferenza dell'economista Luigino Bruni verrà affrontata la tematica «Lavoro e oltre: tra sofferenza e fioritura umana». In particolare per l’ambito dell’Economia e lavoro interverrà Benedetto Gui, docente di Economia politica ed Economia delle organizzazioni non profit e delle imprese sociali all'Università di Padova sul tema: «Come coniugare efficienza e reciprocità nei luoghi di lavoro».

Tante voci per la Giornata per la vita

6 febbraio, la grande preghiera per la vita versione testuale


Nella 33ª Giornata per la vita l'Arcivescovo in Cattedrale attende sposi, fidanzati, volontari, amministratori, responsabili sanitari, parroci



UDINE (3 febbraio, ore 17.15) - Domenica 6 febbraio 2011. Una giornata di riflessione e di assunzione di impegni, da parte del Friuli, per il futuro di questa terra e della sua gente, quindi perché nascano più figli, perché non ci siano più aborti, perché le famiglie riscoprano il senso del loro stare insieme, senza il quale non c’è sviluppo e, quindi, non c’è futuro.

Ecco perché l’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato ha convocato il popolo della vita domenica 6 febbraio, alle 19, in Cattedrale a Udine, intorno alla celebrazione dell’Eucarestia. Per conto dell’Arcivescovo chiamano alla mobilitazione – sì, proprio così – don Giuseppe Faccin, direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, e don Alessio Geretti, delegato episcopale per la cultura. I quali hanno inviato quattro lettere ad altrettanti indirizzi. Indirizzi non certo qualsiasi.



Ai Centri di aiuto alla vita e a tutti i loro collaboratori

«Carissimi amici, desideriamo cogliere l’occasione della 33ª Giornata per la vita per ringraziare il Signore con tutti voi per il dono della vita, in particolare per quella dei bambini che allietano le case delle nostre comunità – così scrivono don Faccin e don Geretti –. Al tempo stesso preghiamo con quegli sposi che attendono di poter generare dei figli e confidano nel superamento di difficoltà, di varia natura, che per ora non lo consentono. Non mancano, come ben sapete, situazioni drammatiche in cui talora la tentazione di non accogliere la vita prende il sopravvento, né possiamo ignorare che talvolta alla vita delle persone, specie delle più indifese, non è riconosciuta adeguata dignità. Infine, sempre più dobbiamo reagire culturalmente e spiritualmente alla tremenda crisi demografica che avvilisce il nostro Friuli e l’intero Occidente: questo è forse il più urgente dei problemi che domanda riscatto e conversione».

Impegnati nell’accoglienza e nella difesa della vita, i Centri di aiuto alla vita che operano o che si stanno costituendo nella Chiesa diocesana «sono una risorsa importantissima». Ecco perché la Chiesa friulana confida «nell’azione e nella forza spirituale di tutti quei volontari che ne fanno parte, o che silenziosamente li sostengono in vari modi, perché contribuiscano a tre grandi obiettivi».

Gli obiettivi sono questi. Il primo: promuovere una cultura dell’accoglienza alla vita, risanando le radici spirituali e le cause socioculturali che hanno condotto tanti a non essere aperti al dono dei figli. Il secondo: diffondere la certezza che per tutelare davvero il bene della donna in situazioni drammatiche va rafforzata, e non distrutta, l’alleanza originale tra madre e figlio. Il terzo: operare affinché nessuna donna si trovi mai in condizioni tali da aver sentito l’aborto come unica strada possibile. Nella lettera agli operatori dei Centri per la vita, l’invito è di raggiungere la cattedrale fin dalle 18.30 «per il Santo Rosario, invocando lo speciale aiuto della Vergine Immacolata, che possa sostenere la vostra opera e illuminare cuori e coscienze».



Agli sposi, alle mamme e papà, ai fidanzati

«Carissimi amici – scrivono don Faccin e don Geretti in un’altra lettera – desideriamo cogliere l’occasione della 33ª Giornata per la vita per ringraziare il Signore con tutti voi per il dono della vita, in particolare per quella dei figli che avete generato o di quelli che per ora desiderate e per i quali già state pregando».

«Proprio la bellezza e la forza dell’amore, sostenuti dalla grazia di Dio, danno senso pieno all’esistenza e infondono quella dedizione generosa, quello spirito di sacrificio e quella serena fiducia che permettono a tanti uomini e donne, nonostante tutte le avversità e le precarietà possibili, di generare e di educare nuove creature, accogliendole con entusiasmo», scrivono ancora don Giuseppe e don Alessio, aggiungendo: «Alla celebrazione siete tutti invitati a partecipare – con i vostri bambini, potendo: non c’è canto migliore delle loro voci per dare lode a Dio –; in particolare invitiamo gli sposi che hanno celebrato il loro matrimonio o il battesimo di un figlio nel corso del 2010».



Ai politici, agli amministratori, ai responsabili della sanità

Per la prima volta l’invito alla celebrazione della vita (e della famiglia) viene rivolto espressamente anche agli amministratori pubblici e ai politici, cui l’Arcivescovo si rivolgerà direttamente. «Questa Giornata nasce anzitutto come ringraziamento al Signore per il dono della vita, in particolare per quella dei bambini che allietano le case dei nostri paesi, pregando al tempo stesso per tutti gli operatori della comunità civile, del mondo della sanità e del mondo del volontariato che rendono possibile il miracolo della vita – si legge nella lettera inviata loro da don Faccin e da don Geretti –. Un pensiero va anche a quegli sposi che attendono di poter generare dei figli, talvolta soffrendo a causa di varie difficoltà». Poi un invito molto forte, quasi un ammonimento: «Sempre più dobbiamo reagire culturalmente e spiritualmente alla tremenda crisi demografica che avvilisce il nostro Friuli e l’intero Occidente: questo per noi è forse il più urgente dei problemi, che domanda riscatto e conversione».



Ai vicari foranei e ai parroci

Non manca l’invito ai sacerdoti, perché promuovano pure loro la partecipazione al grande raduno per la vita. «Vi preghiamo di invitare alla celebrazione i fidanzati prossimi al matrimonio e gli sposi, specialmente quelli più giovani e quelli che da poco hanno generato un figlio o che, ad esempio, ne hanno battezzato uno nel corso del 2010. Vengano pure con i loro bambini: non c’è canto migliore delle voci dei piccoli per dare lode a Dio».

venerdì 14 gennaio 2011

Il pensiero delle ACLI sul Caso Mirafiori

Mirafiori: Acli, salvaguardare investimenti. Senza estromettere rappresentanza PDF Stampa E-mail
Giovedì 13 Gennaio 2011 11:51
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Ogni investimento va salvato”, ma la produttività e la competitività non possono essere assicurate estromettendo pezzi di rappresentanza”. Il modello delle relazioni industriali è ormai “obsoleto”: serve “maggiore partecipazione dei lavoratori alle scelte e al destino delle imprese”.

Con un documento della presidenza nazionale, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani prendono posizione sulle vicende degli stabilimenti Fiat, accordando sostanzialmente un parere positivo al referendum di Mirafiori, richiamando l’azienda automobilistica italiana ai doveri di responsabilità sociale nei confronti del proprio territorio, invitandola a illustrare con maggiore chiarezza i dettagli dei propri progetti in Italia.  

C’è il pericolo, scrivono le Acli, che “con la crisi vengano messe in discussione le stesse basi materiali del sistema industriale”. Per questo, anche in ragione della “scarsa attrazione di capitali stranieri verso il Paese”, “ogni investimento va salvato, in tal modo garantendo ed aumentando l’occupazione”. Ma la Fiat non può ritenere “che la produttività e la competitività dei propri stabilimenti sia assicurata semplicemente estromettendo pezzi di rappresentanza dei lavoratori dalla vita aziendale”. “Ciò che oggi può sembrare una facile scorciatoia, potrebbe rappresentare in futuro un rischio di ingovernabilità delle relazioni industriali all’interno degli stabilimenti dell’auto”.

D’altro canto, aggiungono le Acli, “l’antagonismo sociale non può e non deve essere il metro esclusivo delle relazioni industriali”. “La Fiom faccia fino in fondo la sua parte rientrando in fabbrica ed esprimendo a pieno titolo la rappresentanza dei lavoratori che le hanno dato adesione. Solo così potrà pienamente assolvere al suo compito di essere sindacato dei lavoratori”.  

E’ tempo, secondo le Acli,  di “imprimere un deciso cambiamento al modello ormai obsoleto delle relazioni industriali”. Ci vuole “una chiara definizione dei diritti inalienabili di ogni rapporto di lavoro, compresi i contratti atipici, e su di essi inscrivere gli obblighi di un intero sistema economico, ma non si possono confondere con tali diritti le tutele e le conquiste sull’organizzazione del lavoro che sono state costruite nei decenni dell’economia fordista, in un contesto di sviluppo economico che la globalizzazione ha definitivamente superato”.

D’altra parte, la richiesta di maggiore responsabilità al mondo del lavoro deve essere accompagnata da “adeguati processi di partecipazione”. “L’abbandono dei vecchi modelli non potrà avvenire se non dentro un quadro di nuova democrazia economica che promuova la partecipazione dei lavoratori alle scelte e ai destino delle imprese. Gli stessi referendum senza questi presupposti rischiano di diventare vuote formulazioni rituali”. Nello specifico “è indispensabile che la Fiat illustri con chiarezza anche i dettagli dei propri progetti in Italia, non solo per rendere più chiaro il ruolo del nostro Paese nel contesto dell’internazionalizzazione dell’auto, ma ancor più per corrispondere alla responsabilità sociale nei confronti del proprio territorio a cui ogni azienda oggi non può sottrarsi”.  

Le Acli segnalano infine l’esigenza di porre “regole chiare della rappresentanza e vincoli di rispetto delle maggioranze”. “Qualsiasi sia l’esito del referendum – dicono le associazioni dei lavoratori cristiani – tutti dovranno prendere atto della volontà espressa dai lavoratori e sulle basi di quell’accordo promuovere le azioni conseguenti”.  

mercoledì 1 dicembre 2010

Comune + parrocchia=SEGNI DI SPERANZA(dal nostro internauta Tony)

 www.glocalcity.org sotto "testimonianze" troviamo
Di Paolo Balduzzi

Il 30 Novembre 2008 sarà ricordato come un giorno particolare per la Valle di Ledro, in Trentino Alto Adige.  Quel giorno, un referendum popolare ha sancito la nascita di un comune unico, che ha visto la luce il 1° Gennaio 2010 dopo un anno di rodaggio.
Sei comuni prima distinti, Molina di Ledro, Tiarno di Sopra, Concei, Tiarno di Sotto, Bezzecca e Pieve di Ledro, hanno scelto, con una maggioranza schiacciante del 75% dei voti, di fondersi in un’unica realtà amministrativa con l’obiettivo di una maggiore efficienza, della riduzione dei costi e del miglioramento dei servizi al cittadino. La fusione dei comuni della Valle di Ledro è uno dei primi esperimenti in tal senso in Italia, e non nasce da interessi particolari ed economici, ma da un percorso che parte da lontano e che ha nella ricerca della fraternità una delle spinte innovative e concrete.
Don Giampietro Baldo è un esperto di “unioni”: le otto parrocchie della Valle sono tutte sotto la sua amministrazione pastorale da alcuni anni. A lui abbiamo posto alcune domande su questa esperienza che adesso vede la luce:
Don Giampietro, qual'è il suo commento sui dati del referendum? Tre cittadini su quattro hanno voluto l'unione. Come mai?
“Posso dire è che l'unione dei comuni non è frutto di una scelta a tavolino, ma è il risultato di un percorso che nel tempo ha visto le varie comunità conoscersi e apprezzarsi. Ognuna ha imparato dall'altra qualcosa di bello e utile per la propria gente. Penso sia stato questo contesto di reciprocità tra le parti ad aver permesso un risultato del genere al referendum. In fondo non è stato altro che uno sbocco naturale che gli eventi avevano preparato”.
Il suo essere pastore delle otto parrocchie della Valle ha contribuito secondo lei a sostenere la spinta all'unione?
“Più che il mio lavoro personale, penso che sia stata la testimonianza di fraternità vissuta con gli altri parroci ad aver contagiato la gente: Don Lino e Don Pio, il primo ora è in Cielo, il secondo è in pensione. Nel rapporto fra noi tre ci siamo messi sempre a confronto per capire le nostre diversità e offrire le ricchezze nate dalla nostra storia, dall'esperienza acquisita, l'uno all'altro. E questo non solo da un punto di vista dell'amicizia o della condivisione faccia a faccia, ma soprattutto nel rapporto con i nostri fedeli, cercando di spiegare loro la bellezza dell'unità, i lati positivi e creativi che sono dietro le cose fatte insieme. Avere un'unica programmazione pastorale nel tempo ha permesso questo percorso di conoscenza, attivando forze prima impensate, sia per un reciproco aiuto nelle varie necessità pastorali, e piano piano anche per condividere gioie e dolori della nostra gente, che poi, una volta imparato lo stile, si è messa in gioco in prima persona per il prossimo”.
Quando parla di “gente” si riferisce anche a coloro che lavorano nelle amministrazioni locali...
“Certamente. L'unità è contagiosa proprio per questo. Ci siamo messi sempre in gioco anche con i sindaci e i vari amministratori della Valle per vivere la stessa reciprocità di cui parlavo prima. Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari che ci ha fatto conoscere questo ideale, una volta aveva detto più o meno queste parole: “Il mio sogno è un paese unito attorno al parroco e al sindaco”. E mi pare che si stia verificando proprio questo fenomeno. Fare rete, collaborare per il bene di tutti, ha avuto dei benefici effetti dal punto di vista pastorale alle comunità prima arroccate sui loro campanilismi. Mi ricordo quando mancavano dei catechisti in una parrocchia, e quelli dell'altra sono venuti ad aiutarci. Non ce l'avremmo fatta senza di loro e questo ha confermato la necessità, ma anche la bellezza dell'unità. Tradotta in termini amministrativi questa esperienza può portare solo beneficio a tutta la comunità. Di questo, con lungimiranza, se ne sono accorti i sindaci per primi, che si sono impegnati in una campagna per l'unità della Valle portando a modello il nostro lavoro pastorale. Dal 1° Gennaio 2010 il comune unico è una realtà. Sta a noi farla fruttare come si deve”.
Nel Maggio 2010 si sono svolte le prime elezioni nel nuovo comune: per te è stata l'occasione, come parroco, di inviare una lettera a tutti gli eletti, proponendo una visione “alta” della politica.
Penso che la politica sia lavorare per la polis, la città. È il servizio più alto che si possa fare per la collettività. Ci vuole impegno, senso del dovere, visioni ampie, senza perdersi nel ‘partito’, che evidenzia la parte, ma volare alto per il bene della polis. E qui è successo un po' questo: alle elezioni si sono presentate nove liste, quella del PD era completa, quella civica di centro-destra era mancante di qualche elemento. Il responsabile del PD ha telefonato a quella dell'altra lista e le ha detto: "Non preoccuparti delle persone che non trovi, te le presento io; sono persone che vorrebbero impegnarsi, ma non con me che sono di sinistra. Sono sicuro che con te verrebbero." E così è stato”.

Sono segni di speranza, e qui, con l'esperienza vissuta, sono gesti che danno nuova credibilità alla politica.

“Come ho scritto nella lettera citata, penso che sei un politico se sai ascoltare tutti, anche le parti avverse, se sai costruire con tutti, evidenziando il positivo che ci può essere in ogni proposta. Sei un politico se ti lasci conquistare dai sogni e dalla fantasia per proporre novità, bellezza, armonia. Sei un politico se vivi i problemi della polis, se partecipi ai traumi dei cittadini, se sai costruire rapporti nuovi fra le varie persone e le varie comunità, divise per tanti anni. Sei un politico se sai rispettare ogni proposta, ogni persona, se sai accogliere, e se saprai convergere le varie proposte su binari condivisibili a tutti”.

sabato 13 novembre 2010

Gruppo Bracco - Torviscosa

Sostenibilità

Gruppo Bracco, calano consumi acqua e emissioni

Roma, 12 nov. - (Adnkronos) - Minor consumo di acqua e minori emissioni per unità di prodotto. Sono questi i principali risultati conseguiti dal Gruppo Bracco, che opera nel settore della salute, nel continuo miglioramento delle proprie performance ambientali, racchiusi nel dodicesimo Rapporto Ambientale 2009, edito in italiano e inglese, che può essere consultato online. I dati si riferiscono ai tre insediamenti industriali operanti in Italia - Ceriano Laghetto (Monza e Brianza), Colleretto Giacosa (Torino) e Torviscosa (Udine). In particolare, a fronte di un aumento della produzione (+ 3,8 per cento nel 2009 rispetto al 2008) gli indici relativi al prelievo di acqua, alle emissioni in atmosfera e alla produzione di Co2 in rapporto alle tonnellate prodotte hanno mostrato un generale miglioramento. Il consumo di energia termica ed elettrica è rimasto pressochè costante in rapporto alla produzione, mentre è stata incrementata la frazione di rifiuti destinata al recupero. Nel complesso il Gruppo in Italia nel 2009 ha investito 4,19 milioni di euro per 'ambiente e sicurezza'. Per il 2010 sono stati programmati interventi che riguardano la modifica di alcuni cicli produttivi, finalizzati all'utilizzo di materie prime a minore impatto ambientale, all'incremento di resa di recupero dei solventi, alla realizzazione di nuovi sistemi di raffreddamento a minore consumo idrico e a studi mirati a una gestione attenta agli aspetti ambientali del packaging farmaceutico presso il consumatore. Da quest'anno sono presentati i dati degli insediamenti industriali all'estero a dimostrazione che l'impegno nei confronti dell'ambiente, della sicurezza e della salute dei lavoratori sono temi prioritari gestiti a livello globale. 

giovedì 7 ottobre 2010

Il Portale: buone novità sulla Caffaro

Il rilancio della Caffaro in mano a tre cordate
L'annuncio nel corso di un vertice al ministero dello Sviluppo economico

ROMA (7 ottobre, ore 13) - Il rilancio del sito chimico di Torviscosa sarà affidato a tre cordate. E’ quanto emerso oggi a Roma nel corso dell’incontro nella sede del ministero dello Sviluppo economico tra il commissario straordinario Cappelletto, i rappresentanti delle segreterie sindacali dei chimici e i funzionari ministeriali.
Il bando formalizzato dal commissario, dunque, ha avuto una risposta concreta: delle cinque cordate ipotizzate inizialmente, tre risultano idonee all’insediamento nell’area ex Caffaro. Le tre cordate, oltretutto, non configgono tra loro e questo permetterà l’insediamento di tutte quante.
“E’ un dato decisamente positivo – spiega Augusto Salvador, della Cisl Chimici – perché ci saranno anche possibilità di sviluppi superiori rispetto alla produzione della Caffaro”.
Chi si insedierà godrà del diritto di superficie per 20 anni, scaduto quel termine i subentranti potranno acquistare a tutti gli effetti il terreno. Nel frattempo l’auspicio è che si concluda la transazione del ministero dell’Ambiente sul danno ambientale sul sito di Torviscosa. “I costi delle bonifiche – ribadisce Salvador – devono essere accollati a chi ha prodotto il danno”.
Per quanto riguarda l’occupazione ci sono segnali positivi. “Una volta formalizzato l’insediamento delle cordate – prosegue l’esponente della Cisl – cominceremo la trattativa sindacale, che potrebbe iniziare nell’arco di alcune settimane”. Intanto il 27 novembre scadrà il termine dei 12 mesi di amministrazione straordinaria, anche se il commissario con ogni probabilità chiederà la proroga, consentita dalla legge, di altri tre mesi. Fino al 27 febbraio, dunque, i lavoratori continueranno a godere di tutti gli ammortizzatori sociali del caso.

venerdì 1 ottobre 2010

Presentazione dell'enciclica «Caritas in Veritate»




 
L’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate” va annoverata tra i grandi testi del Magistero sulla dottrina sociale della Chiesa. Lo conferma la grande eco che quest’enciclica ha avuto non solo in ambienti ecclesiastici, ma politici ed economici.
In questo mio intervento, non mi propongo una presentazione esauriente dell’enciclica la cui ricchezza di contenuti chiederebbe vari e competenti approfondimenti. Mi limito a delle sottolineature che nascono anche da ciò che a me è rimasto più impresso del documento pontificio.

1. Un’architettura coerente
Mi ha colpito, alla prima lettura, l’architettura coerente con cui il Papa ha strutturato il documento. Ci si trova davanti ad un testo pervaso da un pensiero di rara robustezza e coerenza, capace di trattare di molte tematiche ( e diverse tra loro) tenendole sempre unite dentro un filo logico unitario che le illumina e le interpreta in profondità.
Il Santo Padre non si esime dall’affrontare le principali questioni con le quali si sta confrontando l’umanità agli inizi del terzo millennio (lo sviluppo, l’impresa, il mercato, la politica, la tecnica, l’ecologia, le problematiche energetiche, la giustizia verso le future generazioni, le povertà e diseguaglianze, i fenomeni migratori, i mezzi di comunicazione sociale ..), com-presa la recente crisi finanziaria da cui ancora non siamo usciti.
Entra in ognuna di essere per dare un giudizio e un orientamento appropriato ad essa.
Pur, però, nella varietà e complessità delle questioni affrontate non perde mai di vista un quadro coerente di riferimenti fondativi etici e antropologici.
Per questo, a mio parere, la lettura dell’enciclica lascia l’impressione di aver accostato un pensiero affidabile e convincente che ha colpito molti anche addetti ai lavori.
Un testo così unitario e organico nasce, certamente, dalla preparazione culturale di Benedetto XVI, dalla sua capacità di analisi lucida delle situazioni  e di robusta riflessione critica; qualità che gli sono universalmente riconosciute.
Si avverte, però, un valore aggiunto alle doti personali del Papa: è la luce che viene dalla Rivelazione cristiana. Il suo è un pensiero illuminato dalla Parola di Dio la quale non solo non mortifica l’intelligenza umana, ma, al contrario, la porta a sviluppare tutte le sue potenzialità. Le dona una luce particolare per analizzare le situazioni della storia uman con una profondità critica che, magari, sfugge ad altri sforzi intellettuali, pur di qualità.
E’ questa luce della Rivelazione che pervade la Dottrina sociale della Chiesa e i grandi documenti dei Papi, dalla Rerum Novarum in poi, rendendoli sempre attuali nelle leggere i momenti della storia e spesso profetici nell’aprire prospettive.

2. Carità nella verità
L’enciclica ha come titolo “Caritas in veritate”, la carità nella verità. Il binomio “carità - verità” non è solo il titolo e l’incipit del documento ma è la spina dorsale che gli conferisce quella coerenza di cui parlavo sopra.
“La carità nella verità, di cui Cristo si è fatto testimone nella sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera” (n. 1). Questa è la frase iniziale dell’enciclica, nella quale Benedetto XVI dichiara subito la prospettiva di fondo di tutta la sua riflessione.
In altre parole, il Papa afferma che per promuovere uno sviluppo che sia autentico benefi-cio per ogni uomo e per tutta la società umana è necessario capire bene che cosa si in-tenda per “carità” e quale sia il suo legame intrinseco con la “verità”; e non una verità qualsiasi ma la verità di cui si è fatto testimone Gesù Cristo con la sua parola e con l’esempio della sua vita.
Mi soffermo sul binomio “carità e verità” e sul loro intrinseco rapporto perché mi sembra la prospettiva per comprendere nel suo vero significato l’enciclica e perché ho l’impressione che anche le reazioni favorevoli ad essa non sempre lo abbiano sempre sot-tolineato.
Ho visto mettere in luce i temi particolari toccati dal Papa ma meno questo pilastro fondativo: la carità deve essere illuminata dalla verità e, specialmente, dalla Verità che è giunta a noi con Gesù; d’altra parte, chi è illuminato dalla Verità non può che dedicare la sua vita alla carità.
Ponendo a fondamento della Dottrina sociale della Chiesa “la carità nella verità” Benedetto XVI, porta allo scoperto la debolezza più profonda che ha caratterizzato la cul-tura della società occidentale nell’epoca moderna e, di conseguenza, anche il suo sviluppo tecnico ed economico. Si è staccata la carità dalla verità perché il pensiero moderno ha relativizzato l’importanza decisiva di essere illuminati dalla verità. Siamo “in un contesto so-ciale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso ad essa incurante e ad essa restio” (n. “)
La carità, senza più la luce della verità cristiana (che ha illuminato tutto la nostra civiltà), diventa cieca; anzi, non è più carità. Produce uno sviluppo economico e sociale di-sorientato, senza riferimenti chiari e affidabili, unilaterale nelle sue scelte.
Alla fine pagano i poveri e vien meno il rispetto integrale della dignità della persona umana e di ogni persona umana, al di là del suo stato di salute e di potere.
Scrive il Papa: “Sono consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la ca-rità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione” (n. 2).
Nel corso dell’enciclica, Benedetto XVI mostra le conseguenze del distacco della carità dalla verità; o meglio, di aver progettato uno sviluppo economico e sociale senza averlo fondato sulla verità. Faccio solo due esempi.
La grande sensibilità ecologica che si è sviluppata negli ultimi 50 anni è inevitabil-mente sbilanciata se l’ecologia della natura non è integrata con “un’ecologia dell’uomo” (n. 51). Non è possibile battersi per il rispetto della natura e degli animali e non rispettare l’esistenza e la dignità della persona umana dal momento del suo concepimento fino al momento della sua conclusione terrena. Il Papa sottolinea come  essi non siano temi stac-cati ma intrinsecamente correlati. Senza un’ecologia globale, illuminata dalla verità dell’uomo e del creato, si arriva al degrado della persona che è il centro e il senso di tutto il creato.
Un secondo esempio è il tema della libertà religiosa (n. 29). Il Papa afferma: “Un al-tro aspetto legato in modo stretto con lo sviluppo è la negazione della libertà religiosa”. Sviluppo e libertà religiosa non sono percepiti così intimamente connessi dal pensiero contemporaneo; se non sono visti come due dimensioni molto lontane tra loro. Lo sviluppo è visto come progresso nel benessere materiale, di servizi, di strutture; la libertà di professare la propria religione come una questione privata e non rilevante né sul piano del benessere della persona, né su quello della qualità del vivere sociale. Queste prospettiva mostra una idea miope e debole di sviluppo e di benessere della persona e della comunità uma-na, poco illuminata da una verità sulla realizzazione integrale dell’uomo.
La tentazione a distaccare carità da verità può entrare anche dentro la vita e la pa-storale della Chiesa ponendo l’accento sulla carità, vista come impegno pratico di solida-rietà, di volontariato, di lotta per la giustizia e la pace.
E’ reale il rischio, denunciato da Benedetto XVI, di una carità indebolita perché poco attenta a meditare continuamente sulla verità rivelata da Cristo sull’uomo,il suo destino, la sua realizzazione soprannaturale ed eterna, le forme della carità annunciate dalla S. Scrittura.
C’è il rischio di un’azione caritativa che “scivola nel sentimentalismo”; e si fa, quindi, guidare da ciò che impressiona maggiormente l’emotività e l’opinione pubblica, “preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, ua parola abusata e distorta, fino a signi-ficare il contrario” (n. 3).
Solo illuminata dalla verità rivelata, la carità diventa una virtù “intelligente” che co-glie a fondo le condizioni del vero sviluppo che porti l’uomo e la società verso un bene comune che sia realmente il “bene” e realmente “comune”, possibile a tutti.
Cito un’espressione sintetica dell’enciclica: c’è bisogno di “un amore ricco di intelligenza e di un’intelligenza piena di amore” (n. 30)

3. L’umanesimo integrale come meta dello sviluppo
La carità, illuminata dalla verità rivelata, orienta tutte le energie, spese a favore dello sviluppo sociale. verso la prospettiva di un “umanesimo integrale”.
Su tale prospettiva richiamo ancora un attimo l’attenzione perché è un’altra delle idee forza che conferiscono coerenza e organicità all’architettura dell’enciclica.
Benedetto XVI si mette in continuità con tutto il Magistero sociale dei suoi predecessori e in particolare di Paolo VI e della sua enciclica “Popolorun progressio” che cita ampiamen-te.
E’ stato Paolo VI ad affermare in modo autorevole che lo sviluppo per essere auten-tico e veramente umano deve “integrale”. E precisa che cosa intende per “integrale”: “volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo” (Populorum progressio, n. 14).
L’autentico sviluppo, quindi, deve obbedire a due condizioni:
- deve promuovere la realizzazione della persona umana, in tutte le sue dimensioni perse-guite in modo armonico;
- deve preoccuparsi che tale realizzazione sia resa possibile e accessibile a tutti gli uomini perché ogni persona ha pari dignità.
Per attuare la prima condizione è necessario che l’impegno di carità sia illuminato da una verità sull’uomo completa, da un’antropologia  “integrale” che non sacrifichi nessuna dimensione della persona umana. C’è bisogno, come si esprime Benedetto XVI di “una nuova sintesi umanistica” (n. 21). All’uomo devono essere assicurate dignitose condizioni materiali per vivere (cibo, vestito, casa, sanità), la dignità e la sicurezza del lavoro, la possibilità di una crescita culturale, l’apertura all’accoglienza della vita, la libertà religiosa per coltivare la dimensione spirituale (n. 22-29).
Queste condizioni, poi, devono essere assicurate a tutti gli uomini che formano la comunità umana senza discriminazioni di alcun genere.
Su queste prospettive di un umanesimo integrale sono chiamati ad agire tutti coloro che hanno responsabilità nel promuovere il bene comune realizzando una giustizia vera verso ogni uomo e comunità umana.
Una giustizia che miri ad un umanesimo integrale deve avere tre dimensioni che Benedet-to XVI ricorda: una giustizia  commutativa, distributiva e sociale. Queste tre forme di giu-stizia meriterebbero un’ulteriore riflessione. In particolare, merita attenzione la forma di giustizia che il Papa chiama “sociale” e che prevedere una dimensione di dono e di gratui-ta non come un sovrappiù rispetto alla giustizia ma come una forma di giustizia che assi-cura uno sviluppo armonico e rispettoso dell’uomo e di tutti gli uomini.

4. Conclusione
Come dichiaravo all’inizio, mi sono limitato ad alcuni spunti per una comprensione dell’enciclica “Caritas in veritate” senza pretese di esaustività.
In particolare ho cercato di mettere in luce alcuni principi che stanno al cuore di tutto il do-cumento pontificio e ne fanno cogliere il senso profondo e la sua armonicità.
Su questi principi siamo chiamati a riflettere specialmente noi cattolici per assumerli noi e proporli nel dialogo con altri quando si parla di sviluppo e di progresso economico e sociale.
 
Andrea Bruno Mazzocato
Arcivescovo di Udine

sabato 19 giugno 2010

Tony, nostro corrispondente, segnala l'intervento di Antonio Maria Baggio


Radio Vaticana

Messaggero Veneto — 18 giugno 2010 pagina 02 sezione: ATTUALITÀ

ROMA. Dal punto di vista della dottrina sociale della Chiesa, «oltre al dovere, c’è anche il diritto all’informazione» e, letto in questa luce, il disegno di legge sulle intercettazioni «è una legge che limita il potere d’indagine, e quindi della magistratura, e anche quello d'informazione». Ad affermarlo è la Radio Vaticana, in una intervista a un docente di filosofia politica, Antonio Maria Baggio dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano (Firenze), che fa capo ai Focolari. Dal punto di vista della dottrina sociale della Chiesa, dunque, «oltre al dovere c’è anche un diritto all’informazione» e sono diversi gli «interrogativi» posti dal ddl. «Chi accetta un ruolo importante – afferma lo studioso – deve rassegnarsi, per il bene della democrazia e della funzione di controllo, a vedere la propria privacy ridotta e deve dare esempio di virtù civili e trasparenza, non approfittare del suo ruolo». E ancora: «Le perplessità di fronte a questa legge – aggiunge – sono di ordine dottrinale, di coscienza. Non riguardano, cioè, la parte politica, il centrodestra che l’ha prodotta. L’impressione è che ci sia un ceto politico che intende difendersi e questo va contro i principi di base della democrazia, perché si difende nel modo sbagliato». Antonio Maria Baggio ha proseguito affermando che «la Chiesa, nel corso del 1900, ha fatto delle esperienze non sempre positive, ma che hanno maturato una consapevolezza importante: si è capito che bisogna difendere tutto l’uomo, altrimenti si perdono anche i diritti religiosi. Ecco, allora, che gli strumenti della democrazia sono diventati sempre più importanti per la dottrina sociale cristiana». Da qui «ecco perché oggi si deve fare anche una riflessione in termini dottrinari riguardo a queste leggi: non per attaccare una parte politica – ha rimarcato ancora –, ma per mettere in rilievo i pericoli di riduzione della libertà e dell’uguaglianza nella democrazia». Radio Vaticana, quindi, conclude riaffermando che il disegno di legge sulle intercettazioni, così com’è, non è conforme alla dottrina sociale della Chiesa.

domenica 23 maggio 2010

21-05-2010 Discorso di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio per i laici

C'è bisogno di politici autenticamente cristiani
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

E’ con gioia che accolgo voi tutti, Membri e Consultori, partecipanti alla XXIV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Rivolgo un cordiale saluto al Presidente, Cardinale Stanisław Ryłko, ringraziandolo per le cortesi parole che mi ha rivolto, al Segretario, Mons. Josef Clemens, e a tutti i presenti. La composizione stessa del vostro Dicastero, dove, accanto ai Pastori, lavora una maggioranza di fedeli laici provenienti dal mondo intero e dalle più differenti situazioni ed esperienze, offre un’immagine significativa della comunità organica che è la Chiesa, in cui il sacerdozio comune, proprio dei fedeli battezzati, e il sacerdozio ordinato affondano le radici nell’unico sacerdozio di Cristo, secondo modalità essenzialmente diverse, ma ordinate l’una all’altra. Giunti ormai quasi al termine dell’Anno Sacerdotale, ci sentiamo ancora di più testimoni grati della sorprendente e generosa donazione e dedizione di tanti uomini "conquistati" da Cristo e configurati a Lui nel sacerdozio ordinato. Giorno dopo giorno, essi accompagnano il cammino dei christifideles laici, proclamando la Parola di Dio, comunicando il suo perdono e la riconciliazione con Lui, richiamando alla preghiera e offrendo come alimento il Corpo e il Sangue del Signore. È da questo mistero di comunione che i fedeli laici traggono l’energia profonda per essere testimoni di Cristo in tutta la concretezza e lo spessore della loro vita, in tutte le loro attività e ambienti.

Il tema di questa vostra Assemblea: "Testimoni di Cristo nella comunità politica", riveste una particolare importanza. Certamente, non rientra nella missione della Chiesa la formazione tecnica dei politici. Ci sono, infatti, a questo scopo varie istituzioni. E’ sua missione, però, "dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime… utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni" (Gaudium et spes, 76). La Chiesa si concentra particolarmente nell’educare i discepoli di Cristo, affinché siano sempre più testimoni della sua Presenza, ovunque. Spetta ai fedeli laici mostrare concretamente nella vita personale e familiare, nella vita sociale, culturale e politica, che la fede permette di leggere in modo nuovo e profondo la realtà e di trasformarla; che la speranza cristiana allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere, verso Dio; che la carità nella verità è la forza più efficace in grado di cambiare il mondo; che il Vangelo è garanzia di libertà e messaggio di liberazione; che i principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa - quali la dignità della persona umana, la sussidiarietà e la solidarietà - sono di grande attualità e valore per la promozione di nuove vie di sviluppo al servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Compete ancora ai fedeli laici partecipare attivamente alla vita politica, in modo sempre coerente con gli insegnamenti della Chiesa, condividendo ragioni ben fondate e grandi ideali nella dialettica democratica e nella ricerca di un largo consenso con tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita e della libertà, la custodia della verità e del bene della famiglia, la solidarietà con i bisognosi e la ricerca necessaria del bene comune. I cristiani non cercano l’egemonia politica o culturale, ma, ovunque si impegnano, sono mossi dalla certezza che Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana (cfr Congr. per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale su alcune questioni relative all’impegno e al comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 nov. 2002).

Riprendendo l’espressione dei miei Predecessori, posso anch’io affermare che la politica è un ambito molto importante dell’esercizio della carità. Essa richiama i cristiani a un forte impegno per la cittadinanza, per la costruzione di una vita buona nelle nazioni, come pure ad una presenza efficace nelle sedi e nei programmi della comunità internazionale. C’è bisogno di politici autenticamente cristiani, ma prima ancora di fedeli laici che siano testimoni di Cristo e del Vangelo nella comunità civile e politica. Questa esigenza dev’essere ben presente negli itinerari educativi delle comunità ecclesiali e richiede nuove forme di accompagnamento e di sostegno da parte dei Pastori. L’appartenenza dei cristiani alle associazioni dei fedeli, ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità, può essere una buona scuola per questi discepoli e testimoni, sostenuti dalla ricchezza carismatica, comunitaria, educativa e missionaria propria di queste realtà.

Si tratta di una sfida esigente. I tempi che stiamo vivendo ci pongono davanti a grandi e complessi problemi, e la questione sociale è diventata, allo stesso tempo, questione antropologica. Sono crollati i paradigmi ideologici che pretendevano, in un passato recente, di essere risposta "scientifica" a tale questione. Il diffondersi di un confuso relativismo culturale e di un individualismo utilitaristico ed edonista indebolisce la democrazia e favorisce il dominio dei poteri forti. Bisogna recuperare e rinvigorire un’autentica sapienza politica; essere esigenti in ciò che riguarda la propria competenza; servirsi criticamente delle indagini delle scienze umane; affrontare la realtà in tutti i suoi aspetti, andando oltre ogni riduzionismo ideologico o pretesa utopica; mostrarsi aperti ad ogni vero dialogo e collaborazione, tenendo presente che la politica è anche una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi, ma senza mai dimenticare che il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione. È necessaria una vera "rivoluzione dell’amore". Le nuove generazioni hanno davanti a sé grandi esigenze e sfide nella loro vita personale e sociale. Il vostro Dicastero le segue con particolare cura, soprattutto attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù, che da 25 anni producono ricchi frutti apostolici tra i giovani. Tra questi vi è anche quello dell’impegno sociale e politico, un impegno fondato non su ideologie o interessi di parte, ma sulla scelta di servire l’uomo e il bene comune, alla luce del Vangelo.

Cari amici, mentre invoco dal Signore abbondanti frutti per i lavori di questa vostra Assemblea e per la vostra attività quotidiana, affido ciascuno di voi, le vostre famiglie e comunità all’intercessione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.

martedì 23 marzo 2010

Crisi dell'educazione c'è una crisi di fiducia nella vita

EDITORIALE Nuova Umanità - XXXI (2009/6) 186, pp. 685-690

LA SFIDA EDUCATIVA

Alla radice della crisi dell'educazione c'è una crisi di fiducia nella vita.

Ad affermarlo è Benedetto XVI [1], che con questa presa di posizione affronta le emergenze dell'educazione nella società contemporanea mettendo in luce la dimensione più profonda della crisi: quella di una sempre più diffusa perdita di significato della vita umana, almeno presso le correnti culturali che più si impongono, oggi, a livello di massa.

Da questo punto di vista, i problemi riguardanti le questioni dell'inizio e della fine della vita, che suscitano i dibattiti più feroci, sono l'esponente di un male di vivere che impregna l'esistenza lungo tutto il suo corso e che può rendere indecifrabili e privi di senso non solo le fasi iniziali e terminali, ma tutte le stagioni e i diversi ambiti nei quali l'esistenza si esprime. Si moltiplicano le opinioni più divergenti sui modi con i quali si potrebbe nascere e morire, perché diminuisce la capacità di riconoscere le bontà e le verità oggettive che appartengono alla logica dell'umana esistenza, e che dovrebbero accompagnarla in tutti i suoi momenti.

E come stupirsi della crisi educativa, se coloro stessi che educano (genitori, insegnanti e, in generale, tutti i soggetti con ruoli di esempio e di guida) sono prigionieri di una frattura esistenziale, frattura dell'identità che chiude la bocca dell'educatore quando dovrebbe proporsi come modello all'educando e dire: «fai come me»? La mancanza di senso, il dubbio sulla propria identità, impedisce all'educatore la trasmissione di sé.

L'educare, proprio in quanto e-ducere, cioè "condurre fuori", attraverso un processo che è ad un tempo di liberazione e di costruzione, verso una meta che costituisce il pieno significato dell'educando stesso, viene meno nei suoi tre aspetti "direzionali": non si riconosce una tradizione dalla quale ricevere le risorse e muoversi, non si vive una appartenenza comunitaria nella quale alimentarsi, non si vede una direzione verso la quale dirigersi.

La sfida educativa si rivela allora essere, nella sua radice, sfida antropologica. E proprio così la presenta e la analizza l'importante Rapporto-proposta sull'educazione recentemente presentato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana [2]. Il Rapporto parte dall'analisi dell'emergenza educativa in Italia (ma si tratta di problemi che l'Italia condivide in gran parte con il resto dell'Occidente), svolta da più autori e sotto diversi aspetti, attingendo anche ai risultati di alcune serie indagini svolte negli ultimi anni da vari istituti di ricerca [3] e servendosi con competenza della letteratura recente, italiana e internazionale, sull'argomento.

Il Rapporto non si interessa tanto delle tecniche educative - pur importanti - ma, come sottolinea il Cardinale Camillo Ruini nella sua prefazione, considera l'educazione come «un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti [...] dell'esistenza dell'uomo e della donna» [4]: la relazionalità, la conoscenza, la libertà, l'autorità... Non uno studio settoriale dunque, ma una riflessione sulle fondamentali questioni antropologiche e sociali.

Un Rapporto, inoltre, che non si limita all'analisi, ma che è anche proposta: «gli orientamenti di fondo qui proposti vengono assunti come ipotesi di lavoro nell'esame delle situazioni concrete dell'educazione in Italia [...]. L'obiettivo non è comunque soltanto descrittivo e interpretativo: è soprattutto offrire un contributo al fine di fare evolvere positivamente la situazione» [5].

Il Rapporto-proposta si rivolge, certamente, alla Chiesa cattolica; si raccorda infatti con gli "Orientamenti pastorali" per il prossimo decennio che verranno presentati dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2010 e ai quali vuole offrire il contributo della propria riflessione culturale; ma si rivolge anche al Paese, al popolo come alla classe dirigente, nel tentativo di suscitare un dibattito e, soprattutto, di costruire un'«alleanza per l'educazione» che coinvolga più interlocutori possibile: l'educazione «è forse il tema pubblico per eccellenza, dove si gioca davvero il destino dell'intera comunità nazionale» [6].

Il Rapporto-proposta prende in considerazione, capitolo per capitolo, diversi ambiti che hanno una relazione stretta col tema educativo: famiglia, scuola, comunità cristiana, lavoro, impresa, consumo, mezzi di comunicazione, spettacolo, sport, offrendo in ogni caso contributi interessanti che costituiscono una base utile e fertile per il dibattito e l'approfondimento. Questa pluralità di approcci non riflette la frammentazione specialistica che caratterizza gran parte della cultura contemporanea: al contrario, ogni capitolo vuole essere proprio il tentativo di afferrare l'essere umano nella sua unità, e di rivendicare le esigenze di questa al di sopra di ogni visio­ne parziale. Su questa base Movimenti, Associazioni e i diversi soggetti che operano nel sociale e, in particolare, nel campo educativo, possono inserire e sviluppare il proprio originale contributo.

Interessante, in particolare, il saggio iniziale, che cerca di delineare una idea di educazione, confrontando l'impostazione personalistica cristiana, corroborata da una grande messe e varietà di esperienze che la sostengono, con altri modelli educativi oggi diffusi. Uno di questi si basa sulla separazione tra educazione e formazione: anziché perseguire il progetto di uno sviluppo integrale della persona, questo modello fornisce competenze prevalentemente tecnologiche; punta alla sola efficienza e assume come paradigma la razionalità di tipo tecnico-strumentale. Un altro modello, pure fortemente diffuso, si basa sulla spontaneità, valorizza la creatività del soggetto e l'autoeducazione, in funzione antiautoritaria.

Un elemento paradossale è dato dal fatto che questi due modelli, decisamente contrapposti perché basati, il primo sull'"oggettivismo razionale" e il secondo sul "soggettivismo emotivo", riproducono la spaccatura tra intelligenza e cuore, tra ragione e affetti; e finiscono per rivelarsi, nella pratica, complementari, perché la stessa persona può abbracciare il modello razionalistico nell'esercizio della professione, e quello soggettivamente emotivo nella sfera privata: la stessa persona si trova così a vivere due vite, entrambe squilibrate, in ognuna delle quali si sente incompleta.

Un altro elemento importante sottolineato dal Rapporto-proposta è la necessità di riconoscere l'autorità buona, quella di cui abbiamo bisogno perché la nostra originaria e personale capacità di fare esperienza e di crescere venga attivata e sostenuta. Spesso, oggi, il rifiuto di ogni autorità, che si traduce nella teorizzazione della "neutralità" educativa, cioè nella scelta di cercare di non trasmettere alcuna particolare tradizione culturale attraverso l'educazione, viene giustificato in nome della libertà, del non volere "condizionare" i giovani che vengono educati; ma è evidente che questo vuoto di autorità e di riferimenti viene immediatamente riempito «dalla pervasiva e spietata autorità dei molti poteri anonimi (massmediatici, pubblicitari e pubblicistici) che gestiscono sensibilità, affetti e pensieri di tutti i ceti sociali» [7].

Lasciando, ora, il testo del Rapporto-proposta, è da sottolineare come questo rapporto con l'autorità educante buona sia fondamentale per la conquista della piena libertà e che solo in tale rapporto si possa sviluppare un progetto educativo realmente personalistico. L'autorità buona è la forza intelligente che ci ha generati e ci ha aiutati a distinguerci da lei, facendoci incontrare noi stessi: «II bambino - spiega Michele De Beni - come in uno specchio, viene "mostrato a se stesso" attraverso l'opera dell'educatore che per primo e per dono si propone come modello. È attraverso questo particolare, ineffabile sguardo educativo che il figlio o l'allievo, a sua volta, impara a rispondere al dono ricevuto dai suoi maestri, in una danza dai vicendevoli aggiustamenti e rinforzi» [8]. È la "danza pericoretica" dove, nella descrizione di Pietro Cavaleri, i danzatori si muovono l'uno intorno all'altro in una cangiante reciprocità [9]. L'autorità educante, che genera e distingue da sé, permette all'educando di comprendere se stesso, sia attraverso i contenuti che gli sono stati trasmessi e che lo rendono simile all'educatore, sia attraverso la distinzione che il donatore, proprio perché dona, sempre crea, per rispetto di colui che ha generato, permettendo così a quest'ultimo di guardare alla tradizione e all'autorità con serenità e criticità, attraverso le quali costruisce la propria libertà.

Comprendere la tradizione e l'autorità dalle quali si proviene permette di valutare il proprio "punto di origine", di vederlo nella sua distinzione da altri punti originari e da altre possibili "visioni" che si possono acquisire. L'essere umano ha bisogno, ad un tempo, di questa appartenenza e di questa distanza, di ricevere un'identità e di sceglierla, vivendo la necessaria asimmetria del rapporto educativo: un'asimmetria non rigida, non definitiva, ma aperta e can­giante, in attesa sempre del proprio rovesciamento - quando si dovrà restituire ai padri e ai maestri per ciò che si è ricevuto come figli e discepoli - e pronta ad un nuovo rilancio.

Si esprime, in queste relazioni dinamiche così brevemente accennate, un'idea di reciprocità non improvvisata, ma che si è andata costruendo lungo un cammino millenario: «Come sottolinea sant'Agostino, potremmo dire che la "reciprocità" implica un Io che ama, un Tu amato che ri-ama e un Ideale che li unisce, vin­colo di responsabilità tra due, e tra due e un Ideale. Per cui, non si ama solo la persona che ci sta di fronte e il me che in ella ritrovo, ma si ama anche quella originaria legge universale, che è sconfinato, inesauribile, purissimo richiamo all'amore, che in lei e in me ritrovo, fatti simili tra noi, fratelli» [10].

È una reciprocità "elettiva", sottolinea De Beni, «una forma intenzionale di scambio gratuito, regolato da volontà di comunione» [11], nella quale Nedoncelle vedeva il confluire di due atti, «non come cose che si aggiungono ma intenzioni che si liberano superandosi» [12].

E in questa reciprocità si attua una nuova concezione dell'autorità, che arriva a conseguire pienamente il suo scopo proprio in questo dinamismo orizzontale, dove colui sul quale l'autorità si è esercitata è arrivato a rispondere con risposta d'amore; e diviene, per questo, autorevole a sua volta.

antonio maria baggio



[1] Benedetto XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell'educazione, 21 gennaio 2008.

[2] Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana (ed.), La sfida educativa. Rapporto-proposta sull'educazione, Laterza, Roma-Bari 2009.

[3] Cf. in particolare l'ultimo capitolo, Alcuni dati empirici, pp. 196-223.

[4] Ibid., p. X.

[5] Ibid., p. XI.

[6] Ibid., p. XVI.

[7] Ibid., p. 22

[8] M. De Beni, Reciprocità ed educazione. Per un nuovo rinascimento della persona e della comunità, in «Nuova Umanità» XXXI (2009/2) 182, p. 240.

[9] P. Cavaleri, Vivere con l'altro. Per una cultura della relazione, Città Nuova, Roma 2007, pp. 22-23.

[10] M. De Beni, Reciprocità ed educazione, cit., p. 239; il luogo agostiniano è De Trinitate, Vili, 10, 14.

[11] Ibid., p. 11.

[12] M. Nedoncelle, La réciprocité des constiences, Aubier Montaigne, Paris 1942, p. 19; cit. da De Beni, in ibid.

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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