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giovedì 22 dicembre 2022

vatican News 21 dicembre 2022


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Vatican News

Le notizie del giorno

21/12/2022

Bambini ucraini
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Nuovo appello di Francesco al termine dell'udienza generale per la popolazione del martoriato Paese che trascorrerà il Natale "senza luce e riscaldamento". Il pensiero del Pontefice è soprattutto per i più piccoli: "La maggioranza non riesce a sorridere e quando un bambino perde la capacità di ... 

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Molte volte abbiamo un'idea distorta di Dio, dice il Papa all'udienza generale: "La Sua voce non si impone, ma è discreta, rispettosa, umile e pacificante". ... 

Larissa e Sergheii incontrano il Papa e consegnano un calendario sulle rovine della acciaieria Azovstal
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Larissa e Sergheii, moglie e figlio di un prigioniero di guerra, hanno incontrato oggi Francesco al termine dell'udienza generale. Presenti in Aula Paolo VI ... 

SANTA SEDE E CHIESA NEL MONDO

Il cardinale Zuppi alla veglia di preghiera per la pace a Bari
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Nella basilica di San Nicola, in serata, la veglia promossa dall'Arcidiocesi e dalla Conferenza Episcopale Italiana per chiedere la fine delle violenze in ... 

Le reliquie di San Nicola a Bari
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Monsignor Satriano spiega l’importanza dell’appuntamento di questa sera che vedrà la Chiesa italiana riunita in una veglia sulla tomba del Santo, venerato sia ... 

Una bambina in Ucraina
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“Siamo chiamati a essere collaboratori di Dio per costruire un mondo senza violenza”: sono queste le parole del sacerdote che da anni condivide l’esperienza ... 

Delegazione della Croce rossa internazionale in Nagorno Karabakh
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Lettera congiunta della Conferenza delle Chiese europee (Kek) e il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) all’Alto rappresentante dell'Unione europea per gli ... 

Il presepe realizzato nella parrocchia di Jesùs Salvador, ad Aucayacu
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Il Paese sudamericano vive un periodo di Avvento caratterizzato dalla forte destabilizzazione politica. Il Papa domenica scorsa ha pregato perché prevalga il ... 

Il presepe a grandezza naturale allestito a Palermo dal Centro Padre Nostro di don Pino Puglisi
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Pranzi comunitari, spettacoli per anziani, feste per bambini, momenti conviviali per quanti sono dimenticati da tutti: sono le iniziative pensate per le ... 

Ritratto della famiglia Ulma
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Nei Decreti promulgati sabato dal Papa riguardanti dieci prossimi beati, vi sono anche Józef, Wiktoria e i rispettivi sei figli, più il settimo nel grembo ... 

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Il volume pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana raccoglie le riflessioni del Pontefice sull’argomento dalla sua elezione fino ad oggi. “Uno strumento per ... 

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Un podcast di Benedetta Capelli e Fabio Colagrande in cui le parole di Pietro diventano chiavi: spunti spirituali per aprire percorsi di fede.

 

martedì 22 febbraio 2022

“Aguchita”, la missionaria martire che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei suoi popoli

 

AMERICA/PERU’ - “Aguchita”, la missionaria martire che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei suoi popoli
 
Lima (Agenzia Fides) – Suor María Agustina de Jesús Rivas López, conosciuta da tutti come “Aguchita”, la religiosa peruviana assassinata il 27 settembre 1990 dal gruppo terroristico Sendero Luminoso e il cui martirio in odium fidei è stato riconosciuto da Papa Francesco il 22 maggio 2021, sarà beatificata il 7 maggio. In questo periodo quindi si stanno intensificando le iniziative per far conoscere la testimonianza di fede della religiosa (vedi Fides 24/05/2021).
La Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), in coordinamento con l'Associazione Cattolica di Comunicazione Latinoamericana e Caraibica (SIGNIS), ha realizzato un cortometraggio documentario dal titolo “Aguchita”, che fa parte della serie “La Vida por la Amazonía”, presentato in anteprima il 14 febbraio.
ll documentario, della durata di 20 minuti, mostra la testimonianza di vita della missionaria peruviana che ha trascorso gran parte della sua vita nella foresta centrale del Perù. La religiosa, che apparteneva alla comunità del Buon Pastore, fu assassinate mentre svolgeva la sua missione pastorale nel villaggio di Ashaninka, nella foresta centrale del Perù. Aguchita ha dedicato il suo lavoro all'assistenza sanitaria, all'educazione, offrendo cibo e alfabetizzazione principalmente alle donne, che ha promosso attraverso progetti di formazione, organizzando gruppi giovanili e catechesi familiare nelle comunità rurali della città di Valle del Yurinaqui, nel dipartimento di Junín.
Alla missionaria peruviana che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei popoli amazzonici, è stato dedicato anche un libro, appena pubblicato, dal titolo "Aguchita: la morte non si improvvisa, l'amore è la nostra vocazione" di Alfonso Tapia, Vicario generale di San Ramón. Commentando il testo, lo storico José Antonio Benito sottolinea tra l’altro, che se a La Parada e nei suoi apostolati Aguchita ci ricorda Madre Teresa di Calcutta, nella selva peruviana “vediamo molto Santa Teresa, per la sua esperienza di infanzia spirituale, nella fiducia e nell'abbandono in Dio. Senza questa dimensione, Aguchita sarebbe un'attivista sociale – eccellente – ma ridotta a volontaria sociale. Qui si rivela la chiave della sua carità e santità”.
Nel racconto dell’uccisione di Aguchita e degli abitanti del villaggio, José Antonio Benito evidenzia che “la suora - in ogni momento - pregava per tutti. Così finì la sua vita e quella di tutti gli abitanti del villaggio che morirono in quel tragico giorno”. Ma per il credente il martirio non è qualcosa che finisce con l’atto cruento, così “la morte di Aguchita e delle migliaia di peruviani innocenti morti ingiustamente, diventa una testimonianza di pace e libertà. Non sono più morti assurde, ma hanno assunto un senso di rivendicazione per la giustizia e la pace, per un Perù più giusto e fraterno”.
(SL) (Agenzia Fides 22/02/2022)
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venerdì 24 settembre 2021

Agenzia Fides 24 settembre 2021

 

VATICANO - Papa Francesco ai Vescovi d’Europa: chiediamo aiuto ai Santi, invece di lamentarci dei tempi cattivi
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Tanti in Europa pensano che la fede sia qualcosa di già visto, che appartiene al passato”. Ciò succede “Perché non hanno visto Gesù all’opera nelle loro vite. E spesso non lo hanno visto perché noi, con le nostre vite non lo abbiamo mostrato abbastanza. Perché Dio si vede nei visi e nei gesti di uomini e donne trasformati dalla sua presenza”. Così Papa Francesco ha ricordato di nuovo a tutti i battezzati che la fede cristiana si confessa e si comunica nel mondo attraverso la testimonianza, intesa non come ‘mobilitazione’ e “prestazione” di apparati e operatori pastorali, ma come riflesso del cambiamento che Cristo stesso può operare nelle vite di chi porta il suo nome. L’occasione colta dal Vescovo di Roma per riproporre il dinamismo intimo di ogni missione e di ogni opera apostolica, è stata la concelebrazione eucaristica da lui presieduta nel pomeriggio di giovedì 23 settembre nella Basilica di San Pietro, con i partecipanti all’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (C.C.E.E.), in occasione del 50° della sua istituzione. Rivolgendosi a vescovi appartenenti a Chiese di antica fondazione, il Successore di Pietro ha tratteggiato con cenni efficaci le strade che conviene percorrere e i criteri che conviene seguire per riproporre la salvezza annunciata dal Vangelo anche a chi oggi vive nei Paesi del Vecchio Continente, segnati da avanzati processi di de-cristianizzazione.
Papa Francesco ha richiamato con realismo gli effetti più eclatanti prodotti in Europa dalla “deforestazione” della memoria cristiana. Nelle terre europee – ha riconosciuto il Papa – “i templi si svuotano e Gesù viene sempre più dimenticato”. E ciò accade in primis non perché gli attuali abitanti dell’Europa siano diventati più cattivi, ma “perché manca chi faccia loro venire l’appetito della fede e riaccenda quella sete che c’è nel cuore dell’uomo: quella «concreata e perpetua sete» di cui parla Dante (Paradiso, II,19) e che la dittatura del consumismo, dittatura leggera ma soffocante, prova a estinguere”. In tale condizioni – ha aggiunto il Papa – i cristiani d’Europa sembrano presi da una sorta di torpore: appaiono “tranquilli perché in fondo non ci manca nulla per vivere”, e non sembrano lasciarsi attraversare dall’inquietudine che invece dovrebbero provare “nel vedere tanti fratelli e sorelle lontani dalla gioia di Gesù”.
Nella sua omelia, il Pontefice ha accennato in maniera sintetica e efficace alle false soluzioni, agli atteggiamenti fuorvianti a alle reazioni inconcludenti che prevalgono in ambienti ecclesiali davanti al venir meno di ogni relazione vitale tra il cristianesimo e il vissuto reale delle popolazione europee. La prima delle “risposte sbagiate” passate velocemente in rassegna dal Papa è quella di chi si lamenta del mondo e accusa la cattiveria dei tempi: “È facile” ha notato il Vescovo di Roma “giudicare chi non crede, è comodo elencare i motivi della secolarizzazione, del relativismo e di tanti altri ismi, ma in fondo è sterile”. L’altra pista che porta fuori strada è quella del ripiegamento che cerca protezione e consolazione creando isole felici, concepite come dei ‘mondi a parte’: “Oggi in Europa” – ha rimarcato Papa Francesco - noi cristiani abbiamo la tentazione di starcene comodi nelle nostre strutture, nelle nostre case e nelle nostre chiese, nelle nostre sicurezze date dalle tradizioni, nell’appagamento di un certo consenso”. Una introversione che spesso finisce per prendere le forme dell’auto-occupazione ecclesiale, la deriva che spinge tanti a “concentrarsi sulle varie posizioni nella Chiesa, su dibattiti, agende e strategie, e perdere di vista il vero programma, quello del Vangelo”. Queste reazioni fuorvianti hanno spesso l’unico effetto di dilatare il deserto. Perché “se i cristiani, anziché irradiare la gioia contagiosa del Vangelo, ripropongono schemi religiosi logori, intellettualistici e moralistici” ha fatto notare il Pontefice “la gente non vede il Buon Pastore. Non riconosce Colui che, innamorato di ogni sua pecora, la chiama per nome e la cerca per mettersela sulle spalle”.
Nell’omelia pronunciata davanti ai vescovi europei, il Successori di Pietro non si è comunque limitato a mettere in guardia da tentazioni e reattività che possono irretire gli apparati ecclesiali. Il Pontefice ha suggerito anche dove può venire, per grazia, una ripartenza dell’opera apostolica nelle terre europee.
In primis, il Vescovo di Roma ha invitato tutti a attingere di nuovo alla “Tradizione vivente” della Chiesa, sorgente inestinguibile che non ha niente a che fare con le mode clericali segnate da “quel ‘restaurazionismo del passato che ci uccide, ci uccide tutti”. Attingere alla Tradizione vivente della Chiesa – ha rimarcato il Papa – aiuta a “guardare insieme all’avvenire, non a restaurare il passato”. Conviene sempre “ripartire dalle fondamenta, dalle radici – ha insistito il Pontefice - perché da lì si ricostruisce: dalla Tradizione vivente della Chiesa, che ci fonda sull’essenziale, sul buon annuncio, sulla vicinanza e sulla testimonianza. Da qui si ricostruisce, dalle fondamenta della Chiesa delle origini e di sempre, dall’adorazione a Dio e dall’amore al prossimo, non dai propri gusti particolari, non dai patti e negoziati che possiamo fare adesso, diciamo, per difendere la Chiesa o difendere la cristianità”. Concretamente – ha suggerito il Papa – nella Chiesa c’è da semtre una via semplice e privilegiata per attingere alle sorgenti vive della fede, che consiste nel guardare al volto dei santi, e seguire i passi di coloro nelle cui vite opera in maniera efficace e sperimentabile la grazia di Cristo. Anche i grandi santi dell’Europa – ha ricordato Papa Francesco - “Hanno messo in gioco la loro piccolezza, fidandosi di Dio. Penso ai Santi come Martino, Francesco, Domenico, Pio che ricordiamo oggi; ai patroni come Benedetto, Cirillo e Metodio, Brigida, Caterina da Siena, Teresa Benedetta della Croce”. Tutti costoro – ha sottolineato il Papa – hanno visto cambiare la propria vita accogliendo la grazia di Dio. Non si sono preoccupati dei tempi bui, delle avversità e di qualche divisione, che c’è sempre stata. Non hanno perso tempo a criticare e colpevolizzare. Hanno vissuto il Vangelo, senza badare alla rilevanza e alla politica. Così, con la forza mite dell’amore di Dio, hanno incarnato il suo stile di vicinanza, di compassione e di tenerezza – lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza –; e hanno costruito monasteri, bonificato terre, ridato anima a persone e Paesi: nessun programma “sociale” fra virgolette, solo il Vangelo. E con il Vangelo sono andati avanti”.
Anche oggi, come ai tempi descritti nei Vangeli – ha proseguito il Papa nella parte finale della sua omelia “Questo amore divino, misericordioso e sconvolgente, è la novità perenne del Vangelo. E domanda a noi, cari Fratelli, scelte sagge e audaci, fatte in nome della tenerezza folle con cui Cristo ci ha salvati. Non ci chiede di dimostrare, ci chiede di mostrare Dio, come hanno fatto i Santi: non a parole, ma con la vita”. Per aiutare anche l’Europa di oggi, “malata di stanchezza” , a “ritrovare il volto sempre giovane di Gesù e della sua sposa”. (GV) (Agenzia Fides 24/9/2021)
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AFRICA/UGANDA - Riaperti i luoghi di culto dopo la chiusura a causa della seconda ondata di Covid-19
 
Kampala (Agenzia Fides) – Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha annunciato la riapertura dei luoghi di culto dopo lo stop di oltre un anno. Nel mese di giugno 2020, infatti, tutti i luoghi di culto del paese vennero chiusi e vietati al pubblico a causa della forte impennata dei casi di Coronavirus.
Secondo le informazioni diffuse dalla piattaforma social Ugandan Catholics Online, Museveni ha dato indicazioni precise. “Limitare il numero dei fedeli contemporaneamente a non più di 200 a condizione che il luogo di culto possa garantire un distanziamento fisico di 2 metri da entrambi i lati e un'adeguata aerazione, totale adesione a tutte le normative previste, tra le quali il lavaggio delle mani/uso di disinfettanti a base di alcol, monitoraggio della temperatura e uso costante di mascherine per il viso da parte di tutti i fedeli, compresi il coro e i celebranti.”
Il presidente ha invitato i leader cattolici a collaborare con il governo per mobilitare la popolazione a vaccinarsi e a seguire tutte le altre misure di controllo. Al 22 settembre 2021, l'Uganda contava 123.502 casi confermati di Covid19, 3135 decessi e 340 ricoveri in ospedali, sia privati che pubblici”.
(AP) (Agenzia Fides 24/09/2021)
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ASIA/INDIA - I Vescovi si oppongono alla legge anti-conversione in Karnataka
 
Bangalore (Agenzia Fides) - I dieci Vescovi cattolici dello stato del Karnataka, nel Sud dell'India, hanno espresso al Primo ministro dello stato, Basavaraj Bommi, profonda preoccupazione per una proposta di legge che intende vietare le conversioni religiose nello stato. Guidando una delegazione che ha incontrato il Primo Ministro il 22 settembre, Mons. Peter Machado, Arcivescovo di Bangalore, ha presentato un Memorandum su varie questioni che toccano la vita dei cristiani in Karnataka. Secondo l'Arcivescovo Machado, agitare lo spauracchio di "conversioni forzate" è dannoso e inutile, e la Chiesa cattolica esprime tutto il suo disappunto.
La comunità cristiana nello stato gestisce centinaia di scuole, collegi e ospedali in varie diocesi. E milioni di studenti studiano in istituti educativi gestiti da cristiani. Milioni di persone beneficiano di queste istituzioni. A nessuno di costoro - sottolineano i Vescovi - si consiglia di abbracciare il cristianesimo. Potrebbero essersi verificati alcuni casi minori, ma sono stati gonfiati a dismisura, ha affermato l'Arcivescovo Machado. "La proposta di legge anti-conversione ha lo scopo di diffamare il cristianesimo", ha sottolineato l'Arcivescovo. La comunità cristiana infatti, si assume la piena responsabilità morale di non indulgere in alcun modo nel promuovere conversioni forzate: "Non costringiamo nessuno", ha detto.
Nel Memorandum consegnato al Primo Ministro, i Vescovi notano che qualsiasi legge anti-conversione potrà causare "problemi nei rapporti inter-comunitari e disordini non necessari" , generando dichiarazioni e reazioni controverse e portando subbuglio nella società e nelle comunità religiose.
Il 21 settembre, Goolihatti Shekhar, membro dell'Assemblea legislativa statale e appartenente al partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (BJP), ha sollevato la questione nel Parlamento dicendo: “I missionari evangelici cristiani stanno indulgendo in una dilagante campagna di conversione religiosa nel mio collegio elettorale di Hosadurga. Hanno convertito al cristianesimo circa 20.000 persone di religione indù”.
In risposta a questo appunto, il presidente della Assemblea legislativa, Visheshwara Hegde Kageri, ha affermato che molti stati dell'India hanno già emanato leggi per frenare le conversioni religiose e ha proposto che il Karnataka possa avere una legge simile. Intervenendo nel dibattito, il ministro dell'Interno Araga Jnanedra ha affermato che il governo del Karnataka studierà le leggi in materia di altri stati e presenterà una propria versione. Il governo statale - ha detto - intende approfondire la questione per porre fine alle conversioni religiose operate con la forza e altre lusinghe.
La Costituzione indiana prevede che i cittadini abbiano la libertà di "professare, praticare e propagare" la religione. Tuttavia diversi stati della Federazione indiana hanno attuato e promulgato leggi o regolamenti per scoraggiare o vietare le conversioni religiose: sono Odisha, Uttar Pradesh, Arunachal Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Jharkhand, Himachal Pradesh, Madhya Pradesh e Uttrakhand.
Il Karnataka è governato dal partito BJP, al cui interno membri e politici si dimostrano ostili alle comunità religiose minoritarie. Seguendo una ideologia diffusa nel BJP (la cosiddetta "Hindutva"), alcuni vorrebbero trasformare l'India da paese laico a stato teocratico indù.
(SD-PA) (Agenzia Fides 24/9/2021)
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ASIA/LIBANO - Raphaël Bedros XXI Minassian è il nuovo Patriarca di Cilicia degli Armeni
 
Roma (Agenzia Fides) - Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Cilicia degli Armeni, convocato dal Santo Padre a Roma il 22 settembre 2021, ha eletto giovedì 23 settembre Patriarca di Cilicia degli Armeni, Raphaël François Minassian, finora Arcivescovo titolare di Cesarea di Cappadocia degli Armeni e Ordinario per i fedeli armeni cattolici dell’Europa Orientale. L’eletto ha assunto il nome di Raphaël Bedros XXI Minassian.
Il nuovo Patriarca armeno cattolico è nato il 24 novembre 1946 a Beirut. Ha compiuto gli studi presso il Seminario Patriarcale di Bzommar (1958-1967) e ha studiato Filosofia e Teologia alla Pontificia Università Gregoriana (1967-1973). Ha frequentato il corso di specializzazione in psicopedagogia presso la Pontificia Università Salesiana. Il 24 giugno 1973 è stato ordinato sacerdote come membro dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar. Dal 1973 al 1982 è stato Parroco della Cattedrale Armena di Beirut, dal 1982 al 1984 Segretario del Patriarca Hovannes Bedros XVIII Kasparian, e dal 1984 al 1989 incaricato di fondare il complesso parrocchiale della Santa Croce di Zalka, Beirut.
Dal 1975 al 1989, Raphaël François Minassian è stato Giudice al Tribunale Ecclesiastico della Chiesa Armena a Beirut. Ha insegnato liturgia armena all’Università Pontificia di Kaslik dal 1985 al 1989 e nel 1989 è stato trasferito negli Stati Uniti d’America, dove ha lavorato per un anno come Parroco a New York. Successivamente, fino al 2003, è stato Parroco per gli Armeni Cattolici in California, Arizona e Nevada.
Dal 2004, Minassian ha diretto Telepace Armenia, di cui è Fondatore. Nel 2005 è stato nominato Esarca Patriarcale di Gerusalemme ed Amman per gli Armeni. Il 24 giugno 2011 è stato nominato Ordinario per i Fedeli Armeni Cattolici dell’Europa Orientale, con assegnazione da parte del Santo Padre della Sede titolare vescovile di Cesarea di Cappadocia degli Armeni e del titolo di Arcivescovo ad personam. (Agenzia Fides 24/9/2021)
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AMERICA/VENEZUELA - “Ho sempre agito per la difesa della libertà, della giustizia e dei diritti del popolo venezuelano”: il testamento spirituale del Cardinale Urosa Savino
 
Caracas (Agenzia Fides) - Ieri, 23 settembre, il Cardinale Baltazar Porras, a nome dell'arcidiocesi di Caracas, ha comunicato la morte del Cardinale Jorge Urosa Savino, Arcivescovo emerito di Caracas, cui è seguita la nota della Conferenza Episcopale del Venezuela. La triste notizia ha molto colpito il popolo venezuelano, in quanto il Porporato era ben voluto e rispettato non solo in America Latina, dove era molto conosciuto. Il 28 agosto aveva compiuto, in ospedale, 79 anni. Era stato contagiato dal coronavirus più di un mese fa, e subito l'infezione era apparsa molto aggressiva.
Una settimana fa, l'Arcidiocesi di Caracas aveva pubblicato una riflessione, scritta dal Cardinale Urosa alla fine dello scorso agosto, in cui tra l’altro affermava: “Esprimo il mio grande affetto per il popolo venezuelano e la mia assoluta dedizione alla sua libertà, alle sue istituzioni, alla difesa dei diritti del popolo di fronte agli abusi che sono stati commessi dai governi nazionali. E in questo atteggiamento, ho sempre agito, non per odio o rancore, ma per la difesa della libertà, della giustizia e dei diritti del popolo venezuelano. Quindi spero che il Venezuela esca da questa situazione molto negativa".
Il Cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo Metropolita emerito di Caracas, era nato nella capitale venezuelana il 28 agosto 1942. Dopo aver compiuto gli studi primari e secondari presso il collegio «La Salle» di Tienda Honda, Caracas (1948-1959), ha frequentato il triennio filosofico nel Seminario interdiocesano di Caracas (1959-1962) e, per la Teologia, il «St. Augustine's Seminary» di Toronto, Canada, (1962-1965). A Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana (1965-1971), ha conseguito la Laurea (1967) e il Dottorato in Teologia (1971). Aveva ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 15 agosto 1967 e quella episcopale il 22 settembre 1982, creato Cardinale da Benedetto XVI nel Concistoro del 24 marzo 2006.
(CE) (Agenzia Fides 24/09/2021)
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AMERICA/PERU' - La Chiesa sempre disponibile alla collaborazione con lo Stato nei settori sociale, educativo e sanitario, per il bene comune
 
Lima (Agenzia Fides) - La presidenza della Conferenza Episcopale Peruviana il 22 settembre ha avuto un incontro con la presidente del Congresso della Repubblica, María del Carmen Alva Prieto, presso le strutture del Congresso della Repubblica. Durante l'incontro è stata ribadita la disponibilità della Chiesa ad aiutare e a collaborare con il Congresso in particolare nei settori sociale, educativo e sanitario del Paese. L'incontro si è svolto in un clima di fraternità, cordialità e amicizia sociale. La Chiesa peruviana prosegue così nella sua agenda di incontri con le diverse istanze del Congresso della Repubblica per contribuire alla costruzione del bene comune del Paese.
All'incontro erano presenti Monsignor Miguel Cabrejos Vidarte, Presidente della Conferenza Episcopale e Presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam); Monsignor Robert Prevost, Vescovo di Chiclayo e secondo Vicepresidente; Monsignor Norberto Strotmann, Vescovo di Chosica e segretario generale; padre Guillermo Inca, Vicesegretario della Conferenza Episcopale peruviana.
L'incontro è servito anche per calmare una certa tensione popolare creatasi a causa dei tanti commenti e dibattiti dopo la morte in carcere del capo di Sendero Luminoso, avvenuta pochi giorni fa. L'Arcivescovo di Lima, Monsignor Carlos Castillo, aveva celebrato una messa il 12 settembre con i principali responsabili del Gruppo Speciale dell'Intelligence Peruviana, nella Cattedrale di Lima, proprio nell'anniversario della storica cattura di Abimael Guzmán, leader del gruppo terroristico Sendero Luminoso.
Nell'omelia l’Arcivescovo aveva detto: “Se ora abbiamo la possibilità di una democrazia, anche con i suoi problemi, è perché Voi avete seminato quel seme di speranza per il Paese. Siete la forza che dobbiamo avere per continuare quel cammino di speranza che avete iniziato in una domenica come oggi. Facciamo ogni sforzo per essere semi di speranza ed essere un miracolo per il nostro popolo".
(CE) (Agenzia Fides 24/09/2021)
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AMERICA/COLOMBIA - La centralità del kerygma nell'azione evangelizzatrice della Chiesa: nell’Ottobre missionario inizia un corso on line
 
Bogotà (Agenzia Fides) - Con l'obiettivo di continuare nel modo migliore l’impegno di evangelizzazione in questi tempi di pandemia e post-pandemia, il Centro per l'Animazione Missionaria della Conferenza Episcopale della Colombia (CEC), ha organizzato un programma di formazione per evidenziare la centralità del kerygma cristiano in tutta l'azione evangelizzatrice della Chiesa. Come spiega nella nota pervenuta all’Agenzia Fides, Padre Ramiro Antonio López, direttore del Dipartimento di Animazione Missionaria della CEC, si tratta di 7 incontri virtuali che saranno offerti gratuitamente, attraverso la piattaforma Zoom, ogni martedì dal 5 ottobre al 16 novembre, alle ore 19.
"Il Kerigma è il contenuto fondamentale dell'evangelizzazione, è il primo annuncio che riceviamo - afferma il sacerdote -. Abbiamo visto la necessità di presentare questo Kerygma con una sfumatura missionaria, cioè molto testimoniale, esperienziale, con un linguaggio vicino che possa raggiungere tutto il popolo di Dio. Questo corso sarà focalizzato con una tinta molto marcata per la missione, per questo vogliamo iniziarlo nel mese di ottobre, dedicato alle missioni".
L'invito a partecipare è rivolto a laici, religiosi, religiose e anche sacerdoti che vogliono approfondire questo tema e che desiderano prepararsi meglio per continuare il cammino dell’ evangelizzazione. I temi fondamentali degli incontri sono: introduzione al Kerygma; l'amore di Dio; Dio ha mandato suo Figlio per salvarci; colui che crede sarà salvato; convertirsi e credere al Vangelo; i figli di Dio nascono solo dallo Spirito. (SL) (Agenzia Fides 24/09/2021)

venerdì 17 settembre 2021

 


Nel 2020 sono stati 227 gli attivisti ambientali assassinati, mai così tanti

di Gaetano Vallini

Óscar Eyraud Adams, esponente della comunità indigena messicana Kumiai,  si  opponeva alle industrie estrattive che contribuiscono alla scarsità d’acqua nella Baja California. Óscar,  ucciso lo scorso 25 settembre, è uno dei 227 attivisti ambientali assassinati nel 2020. Una cifra spaventosa, con una media di 4 morti a settimana,  la più alta da quando, nel 2012, la ong Global Witness ha iniziato la tragica conta. L’anno precedente le vittime erano state 212. E il rapporto annuale, presentato nei giorni scorsi, conferma come lo sfruttamento irresponsabile e l’avidità alla base della crisi climatica siano anche i moventi delle violenze nei confronti dei difensori dell’ambiente: è infatti divenuto sempre più evidente il legame tra l’intensificarsi dei cambiamenti del clima e gli attacchi mortali.

Gli omicidi, si legge nel rapporto, avvengono in un più ampio contesto di minacce, che vanno dalle intimidazioni alla sorveglianza, dalle campagne di criminalizzazione alle violenze sessuali. E le cifre sono quasi certamente sottostimate, visto che molti attacchi non vengono denunciati. Si tratta dunque di un fenomeno sempre più allarmante, che però non suscita particolare indignazione, soprattutto nei paesi industrializzati. Global Witness sottolinea infatti che, al pari degli impatti della stessa crisi climatica, la gravità delle violenze contro gli attivisti ambientali non viene percepita in modo uniforme nel mondo. Come a dire che certe problematiche, nonostante segnali allarmanti, appaiono ancora lontane.

Per il secondo anno consecutivo è la Colombia il Paese con il numero più alto di uccisioni, ben 65. Gli omicidi sono avvenuti in un clima di diffusi attacchi ai difensori dei diritti umani e ai leader delle comunità, e questo nonostante le speranze accese dall’accordo di pace del 2016. Le popolazioni indigene sono state particolarmente colpite e la pandemia di covid ha peggiorato la situazione: con i lockdown il governo ha tagliato le misure di protezione e le vittime sono state spesso colpite direttamente nelle loro case.

Al secondo posto di questa tragica classifica c’è il Messico, dove sono stati accertati 30 morti, con un aumento del 67% rispetto al 2019. Il disboscamento è stato collegato a quasi un terzo degli assassinii.  Un legame rivelatosi  particolarmente evidente in Brasile (26 vittime) e in Perú (6), dove quasi tre quarti degli attacchi registrati hanno avuto luogo nella regione amazzonica dei due Paesi. E a conferma del fatto che l’America Latina resta il posto più pericoloso per i difensori della terra, a quelli già citati vanno aggiunti i 17 assassinii in Honduras, i 13 in Guatemala, i 12 in Nicaragua e la vittima registrata in Argentina.

Ventinove sono invece state le vittime nelle Filippine, dove si è registrato un progressivo deterioramento della situazione relativa ai diritti umani. L’opposizione alle industrie dannose è spesso oggetto di violente repressioni da parte della polizia e dei militari. In particolare oltre la metà dei raid è stato direttamente collegato alle mobilitazioni contro la realizzazione di miniere, dighe e programmi di disboscamento. Nel più grave degli attacchi nove indigeni Tumandok sono stati uccisi e altri 17 arrestati sull’isola di Panay: si opponevano alla costruzione di una mega-diga sul fiume Jalaur. Il rapporto segnala come dall’elezione di Duterte alla presidenza, nel 2016, sono stati 166 gli attivisti uccisi, un numero scioccante anche per un Paese  già considerato pericoloso per i difensori della terra e dell’ambiente

Global Witness ha documentato 18 uccisioni in Africa; nel 2019 erano state sette.  Quindici omicidi sono stati compiuti nella Repubblica Democratica del Congo,  due  in Sudafrica e uno in Uganda. Più di un terzo degli attacchi è stato collegato allo sfruttamento delle risorse e alla costruzione di dighe idroelettriche e altre infrastrutture.

A livello globale, 28 degli uccisi erano guardiaparchi. Un terzo degli attacchi mortali ha preso di mira gli indigeni, quasi la metà dei quali piccoli agricoltori. Molte delle vittime erano impegnate nella protezione dei fiumi, delle aree costiere e gli oceani, ma la maggioranza di loro, il 71%, era attiva nella difesa delle foreste.

Come negli anni precedenti, nel 2020 nove vittime su dieci erano uomini. Ma le donne che agiscono e parlano in difesa dell’ambiente hanno dovuto affrontare forme di violenza specifiche di genere, compresa quella sessuale. Le donne, si sottolinea, hanno spesso una doppia sfida: la lotta pubblica per proteggere la loro terra e la quella meno visibile per difendere il  diritto di parola all’interno delle loro comunità e famiglie. Inoltre in molte parti del  mondo  sono ancora escluse dalla proprietà della terra e dalle  discussioni sull’uso delle risorse naturali.

Il Sud del pianeta sta  soffrendo le conseguenze più immediate del riscaldamento globale, quindi non sorprende che tutti i 227 omicidi di difensori registrati, tranne uno (in Canada), hanno avuto luogo proprio nei paesi più poveri. Il rapporto rileva inoltre il numero sproporzionato di attacchi contro le comunità indigene, oltre un terzo del totale, anche se costituiscono appena il 5% della popolazione mondiale.

«Molte aziende — si legge sul sito Global Witness — si impegnano in un modello economico estrattivo che dà la priorità al profitto rispetto ai diritti umani e all’ambiente. Questo potere aziendale incontrollabile è la forza sottostante che non solo ha portato la crisi climatica sull’orlo del baratro, ma che ha continuato a perpetuare l’uccisione dei difensori». In sostanza, in troppi paesi ricchi di risorse naturali e di biodiversità molte aziende operano nella quasi totale impunità. E ciò è particolarmente evidente laddove ci sono governi fin troppo disponibili a chiudere un occhio e a non adempiere al loro mandato fondamentale di sostenere e proteggere i diritti umani.

«Un giorno speriamo di segnalare la fine della violenza — ha affermato Chris Madden, di Global Witness — ma finché i governi non prenderanno sul serio la protezione dei difensori e le aziende non inizieranno a mettere le persone e il pianeta prima del profitto, sia il crollo climatico che le uccisioni continueranno». E continueranno perché, nonostante le violenze,  la lotta dei popoli più minacciati non si fermerà.

«La gente a volte mi chiede cosa farò, se resterò qui e manterrò viva la lotta di mia madre. Sono troppo orgogliosa di lei per lasciarla morire. Conosco i pericoli, tutti noi conosciamo i pericoli. Ma ho deciso di restare. Mi unirò alla lotta», ha detto Malungelo Xhakaza, figlia dell’attivista sudafricana assassinata Fikile Ntshangase,  che si batteva contro l’espansione di una miniera di carbone a cielo aperto vicino a Hluhluwe — Imfolozi Park, la più antica riserva naturale dell’Africa. Dovrebbe darci speranza sapere che, nonostante i rischi, ci sono persone coraggiose pronte a lottare per la loro terra e per il nostro pianeta. Loro sono “l’ultima linea di difesa”, come sottolineato dal titolo del rapporto, o la prima: dipende dai punti di vista. Ma non dovrebbero essere lasciate sole. Perché se nell’immediato in gioco c’è la sopravvivenza delle loro comunità, in un futuro drammaticamente sempre più vicino in ballo c’è la sopravvivenza di tutti.

©L’Osservatore Romano del 17 settembre 2021

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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