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giovedì 11 agosto 2022

100 anni dall'imcoronazione di Madone di Mont

A CASTELMONTE SI CELEBRA IL CENTENARIO DELL’INCORONAZIONE DELL’EFFIGIE DELLA VERGINE

Era il 3 settembre del 1922 quando, davanti a un’incredibile folla di fedeli, l’allora Arcivescovo di Udine mons. Anastasio Rossi pose sul capo dell’effigie di Castelmonte la corona dorata che ancora oggi si può ammirare. Il 15 agosto le celebrazioni per il centenario: una Santa Messa con l'Arcivescovo mons. Mazzocato e un concerto. La storia dell'effigie.

«La corona brilla in fronte» recita il ritornello del Canto dei Pellegrini alla Madonna di Castelmonte. Una corona che, per proseguire con le parole dell’inno, «rifulge di splendor» da esattamente cento anni. Era il 3 settembre del 1922 quando, davanti a un’incredibile folla di fedeli, l’allora Arcivescovo di Udine mons. Anastasio Rossi pose sul capo dell’effigie di Castelmonte la corona dorata che ancora oggi si può ammirare.

Il centenario dell’evento sarà celebrato nella solennità dell’Assunta, lunedì 15 agosto, con una Santa Messa presieduta da mons. Andrea Bruno Mazzocato alle 11.30 nel santuario di “Madone di Mont”. Nel contesto dei festeggiamenti è previsto anche un concerto al rinnovato organo del santuario, alle 18 dello stesso giorno. Entrambi i momenti saranno visibili anche in diretta streaming sul canale YouTube del Santuario di Castelmonte.

Il 15 agosto è anche la festa della dedicazione del santuario di Castelmonte: una data significativa, dunque, per celebrare il centenario dell’incoronazione della statua della Vergine, preludio al pellegrinaggio diocesano che vedrà salire a Madone di Mont l’intera Arcidiocesi udinese il prossimo 8 settembre.

 

Cent’anni di un evento storico

L’evento, disperso nell’oblio delle vicende del “secolo breve”, ebbe una portata enorme per il Friuli dell’epoca. Era un tempo, infatti, in cui la regalità dei santi veniva messa in evidenza con la prassi dell’incoronazione delle statue. Così avvenne anche per la Madonna di Castelmonte.

Il processo per l’incoronazione dell’effigie di Madone di Mont non fu semplice: iniziato nel 1845 sotto la spinta del Capitolo dei canonici di Cividale, fu preso in carico dal cardinale Fabio Maria Asquini, originario di Fagagna, allora diplomatico per lo Stato pontificio. I numerosi conflitti della seconda metà dell’ottocento, protratti fino a includere la prima guerra mondiale – il cui fronte italo-asburgico si combatté anche nei pressi del santuario – rallentarono l’iter per l’incoronazione della statua, la cui domanda sarebbe stata ufficializzata solo nel 1921. Fu indetto allora un anno di preparazione straordinaria: le cronache del santuario attestano circa centocinquanta pellegrinaggi nei soli mesi di settembre e ottobre, con un afflusso di trentamila pellegrini. L’evento dell’incoronazione, il 3 settembre 1922, fu talmente partecipato che gli spazi del santuario furono insufficienti: si celebrò l’incoronazione sui pascoli del vicino monte Plagnava, alla presenza di cinque vescovi e circa decine di migliaia di persone.

 

Un’immagine venerata da secoli: la storia della Madonna di Castelmonte

Inizialmente dedicato a San Michele Arcangelo, quello di Castelmonte è uno dei santuari più antichi d’Italia. I primi cenni storici, infatti, risalgono al V secolo. Si può pensare che già dai tempi dei longobardi e dei franchi, ossia dal VI al IX secolo, pellegrini cristiani si recassero a Castelmonte: un documento del 1244, infatti, presenta Castelmonte già pervenuta ad un notevole splendore: la chiesa di “Santa Maria del Monte” era in quel tempo una delle più importanti di tutto l’esteso Patriarcato di Aquileia. Il 21 settembre 1469 un fulmine di inaudita potenza si abbatté sul santuario facendo crollare il campanile e gran parte della chiesa; si sviluppò un incendio che ridusse in cenere l’antica effigie della Vergine qui venerata e ridusse in rovine tutto il santuario. Per volere delle popolazioni vicine e per decisione dei Canonici di Cividale si iniziò immediatamente la ricostruzione dell’intero complesso. La ricostruzione fu completata nel 1479, anno in cui si concluse anche la pace fra l’impero ottomano e Venezia. Queste due ricorrenze fecero sì che l’8 settembre 1479 si ebbe a Castelmonte un «grande perdono», con la partecipazione di tantissimi pellegrini.

Gli storici ritengono che, proprio in occasione di questo «grande perdono», sia stata intronizzata e benedetta la statua in pietra della “Madonna viva”, come viene chiamata l’effigie di Castelmonte. La statua della Madonna con Bambino, presente sull’altare maggiore del santuario, è il cuore del santuario stesso. La sua realizzazione, in pietra calcarea dipinta, è databile attorno alla prima metà del XV secolo. Di probabile scuola salisburghese, la “Madonna viva” di Castelmonte – così è chiamata l’effigie – presenta alcuni particolari ricordano ai pellegrini il mistero che rappresenta:

  • la corona, il manto dorato e il trono sul quale è seduta sono elementi che richiamano la regalità di Maria, così venerata anche in diverse Litanie;
  • il seno scoperto per allattare Gesù bambino ricorda che lei è la madre di Dio e madre della Chiesa;
  • la postura, poi, è la stessa delle immagini che vedranno Maria ritratta nel momento più doloroso, ossia nell’atto pietoso di abbracciare il figlio morto in croce: vita e morte sono esperienze che si intrecciano in Maria, a richiamare che ella è Madre in ogni momento della vita dei fedeli.

Oltre alla bellezza del volto, un particolare tratto dell’immagine di Castelmonte è il colore scuro della pelle di Maria: un motivo biblico può essere ricercato nel Cantico dei cantici, all’interno del quale la giovane sposa dice di sé: «Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone» (Ct 1,5): Maria è madre della Chiesa, la quale è Sposa di Cristo. Un’altra ipotesi si rifà alla tradizione delle c.d. “Madonne nere” (si pensi soltanto alle effigi mariane di Loreto, nelle Marche, e di Czestochowa, in Polonia): in questo caso il colore è legato alla consuetudine di scurire la pelle delle figure sacre di provenienza mediorientale, unita al fatto che – soprattutto in oriente – le icone erano annerite dal fumo delle candele devozionali.

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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