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domenica 3 marzo 2024

Vatican News 3 marzo 2024

 

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Vatican News

Le notizie del giorno

03/03/2024

La ricerca di superstiti dopo un raid israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza
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Francesco dopo l'Angelus ricorda la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele, che porta quotidianamente nel cuore. Una preghiera per i negoziati in corso affinché gli ostaggi possano essere rilasciati e gli sfollati ricevano gli aiuti umanitari necessari 

Armi in azione nella guerra in Ucraina
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Nel dopo Angelus il Papa chiede alla “grande famiglia delle Nazioni” il coraggio di “passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia” 

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All’Angelus in Piazza San Pietro, Francesco esorta a intraprendere in Quaresima un cammino di comunione, misericordia e vicinanza per abbattere le barriere del ... 

sabato 16 dicembre 2023

Pironio e Romero, amici anche in Paradiso

 

AMERICA/ARGENTINA - Pironio e Romero, amici anche in Paradiso
 
di Gianni Valente
Campana (Agenzia Fides) – Nascono amicizie tra i Santi, riverbero della loro comune amicizia con Cristo. Amicizie che li aiutano anche a attraversare le sofferenze apostoliche che quasi sempre accompagnano il cammino e il dono della santità. Amicizie che poi rimangono per tutti come un segno potente e confortante di cosa è davvero la Chiesa di Cristo, e di cosa la tiene in piedi e la fa camminare anche in mezzo alle tempeste della Storia.


Una amicizia di questa tempra ha unito già su questa terra Oscar Arnulfo Romero, l’Arcivescovo martire salvadoregno ucciso sull’altare il 24 marzo 1980, e Eduardo Francisco Pironio (1920/1998), il Vescovo argentino Presidente del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano), chiamato a Roma da Papa Paolo VI come Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli istituti di vita apostolica.
Romero è stato proclamato santo il 14 da Papa Francesco il 14 ottobre 2018, insieme a San Paolo VI. Eduardo Francisco Pironio viene proclamato Beato sabato 16 dicembre, nel Santuario argentino di Nostra Signora di Luiàn, dove riposano le sue spoglie mortali, durante una liturgia presieduta dal Cardinale Fernando Vérgez Álzaga, che per 23 anni è stato segretario dello stesso Pironio,



Con la Beatificazione del Cardinale Pironio, l’amicizia sacerdotale che lo unì al martire Romero si manifesta ancor di più come segno e testimonianza potente del tesoro di santità martiriale che negli ultimi decenni ha arricchito le vicende delle Chiesa dell’America Latina e dei loro pastori.


Gli incontri a Antigua

“Monsignor Romero non avrebbe sopportato tutte le sofferenze, che dovette sopportare nella sua difficile missione di pastore — ‘sembra che la mia vocazione sia quella di andar raccogliendo cadaveri’, disse in un’omelia — se non avesse avuto al suo fianco un altro uomo di Dio che sta andando verso gli altari, monsignor Eduardo Pironio”. Così ha scritto il Cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chávez, che del martire salvadoregno fu amico e collaboratore, nella postfazione al libro di Anselmo Palini Óscar Romero. «Ho udito il grido del mio popolo» (Roma, 2018).
In quella stessa prefazione-testimonianza, il Cardinale Rosa Chàvez fa risalire l’amicizia sacerdotale tra Romero e Pironio al ritiro che lo stesso Pironio predicò ai Vescovi cattolici del Centro America a Antigua (Guatemala) nell’agosto del 1972. Il ritiro spirituale che ci predicò dalla prima sera monsignor Pironio” scrive Romero in un successivo articolo di resoconto “ci pose precisamente in questa “ora” della nostra storia che, come l'“ora” di Gesù, è un’ora di croce pasquale, di dolorose speranze che reclama dai pastori attuali un grande silenzio di preghiera, aperto alla Parola di Dio, una grande povertà di spirito che è disponibilità di dialogo e di servizio”. In quell’articolo, così Romero parla di Pironio; : “La parola ispirata di questo grande vescovo moderno, segretario generale del Celam nominato da poco vescovo di Mar del Plata, ci fece riflettere sulla vera missione politica della Chiesa in America latina e sul vero senso della liberazione cristiana che, per essere impulso dello Spirito di Dio e per avere come meta la libertà piena e il trionfo sul peccato e le sue conseguenze, è più che una semplice urgenza della storia o un grido rivoluzionario e va molto al di là degli orizzonti della storia e molto più in profondità del semplice aspetto socioeconomico”. In quel ritiro- aggiunge Romero Pironio “Invitò a proclamare con semplicità e fervore il messaggio di salvezza, perché l’unico cammino della vera liberazione è vivere le beatitudini del Vangelo. Se le beatitudini non hanno la forza per realizzare i nostri necessari cambiamenti, si dovrebbe abbandonare il Vangelo come un’utopia e dire che Cristo non ebbe la capacità di offrire il vero fermento per la trasformazione umana e sociale”.

Nel 1974, Papa Paolo VI chiama il Vescovo Pironio a predicare gli Esercizi spirituali alla Curia Romana. Nel luglio 1975, sempre a Antigua, in Guatemala, Pironio predica gli stessi Esercizi ai Vescovi dell’America centrale. Negli appunti raccolti in quegli Esercizi, Romero richiama anche l’urgenza di “Sentire la Chiesa come la descrive Medellín: povera, missionaria, pasquale” richiamata dal predicatore argentino.
Da allora e negli anni successivi, mentre il Salvador precipita nella violenza, per il Vescovo Romero Pironio diventa amico e consigliere, a cui confidare anche le sofferenze più intime.


Gli incontri a Roma

Nel febbraio 1977, per volontà di Papa Paolo VI, Romero diventa Arcivescovo di San Salvador. Nel 1975, Pironio è stato chiamato a Roma come Prefetto della Congregazione per il Religiosi dallo stesso Papa Montini, che nel 1976 lo crea Cardinale. Da quel tempo, l’amicizia tra Pironio e Romero lascia tracce eloquenti anche nel Diario del Vescovo salvadoregno, che è «una chiave per capire la sua vita» (Gregorio Rosa Chávez). Romero annota nel suo diario il ruolo ricoperto da Pironio in occazione delle sue tre ultime visite a Roma, segnate da consolazioni, incomprensioni e tribolazioni.

La visita del giugno 1978 è tutta segnata dalla gioia del Vescovo salvadoregno per il conforto ricevuto visitando le memorie dei Santi Apostoli e ascoltando le parole e gli incoraggiamenti di Papa Paolo VI; “Sono state sempre le mie preghiere presso queste tombe degli apostoli a darmi ispirazione e forza. È così soprattutto questa sera: sento che la mia visita non è una semplice visita di pietà privata, ma che, nel compimento della visita ad limina, porto con me tutti gli interessi, le preoccupazioni, i problemi, le speranze, i progetti, le angosce di tutti i miei sacerdoti, delle comunità religiose, delle parrocchie, delle comunità di base, cioè di tutta un’arcidiocesi che viene con me a prostrarsi, ieri davanti alla tomba di san Pietro, oggi davanti alla tomba di san Paolo” scrive Romero ner resoconto della giornata di domenica 18 giugno.

Nel viaggio a Roma del maggio 1979, Romero cerca e trova con più insistenza il conforto di Pironio. Per lui le cose sono cambiate: le critiche di suoi detrattori sembrano aver trovato ascolto in Palazzi vaticani. La Santa Sede ha già inviato in Salvador il Vescovo argentino Antonio Quarracino come Visitatore apostolico. Romero prende atto delle “informazioni negative circa la mia pastorale” che circolano nei Palazzi vaticani, e e dell’ipotesi che lui stesso possa essere sostituito nella guida della Arcidiocesi di Buenos Aires con un Amministratore apostolico “sede plena”. Mercoledì 9 maggio, Romero va a visitare Pironio “che mi ha accolto - scrive nel suo diario - in modo così fraterno e cordiale che soltanto questo incontro sarebbe bastato a colmarmi di conforto e coraggio. Gli ho esposto con confidenza la mia situazione sia nella mia arcidiocesi che presso la Santa Sede. Mi ha aperto il suo cuore, dicendomi quello che anche lui è costretto a patire, come prova sofferenza profonda per i problemi dell’America Latina che non sono del tutto compresi dal ministero supremo della Chiesa. […] E ha soggiunto: «La cosa peggiore che puoi fare è scoraggiarti. Coraggio, Romero!» ripetendolo molte volte. L’ho ringraziato anche per le risposte ad altri interrogativi posti in questa conversazione lunga e fraterna, e poi me ne sono andato col cuore pieno di nuova fortezza acquisita dal mio viaggio a Roma”.

Anche nel gennaio 1980, nel suo ultimo viaggio a Roma, l’Arcivescovo Romero incontra il Cardinale Pironio. “Roma” scrive il 28 gennaio “per me significa il ritorno alla culla, alla casa, alla fonte, al cuore, al cervello della nostra Chiesa. Ho chiesto al Signore di conservarmi questa fede e questa adesione a quella Roma che Cristo ha scelto a sede del pastore universale, il Papa”. Gli incontri romani per Romero sono confortanti: tra questi soprattutto il colloquio con Pironio, il 30 gennaio: “Poi ho potuto parlare con il cardinal Pironio, in una visita per me molto breve, ma molto incoraggiante. Mi ha detto che lui stesso voleva vedermi per comunicarmi con gioia che la visita del cardinale Lorscheider era stata molto positiva e che lo stesso Papa aveva ricevuto una relazione molto buona sul mio conto. Il Cardinal Lorscheider” aggiunge Romero “aveva detto al Cardinale Pironio che nel Salvador ho ragione io, che la situazione è molto difficile, che io vedevo chiaramente le cose e il ruolo della Chiesa e che bisogna aiutarmi. Suppongo che questa sia una sintesi della relazione fatta dal cardinal Lorscheider sul suo viaggio in Salvador. Ho ringraziato molto il cardinal Pironio e gli ho fatto persino coraggio, quando mi ha detto che anche lui aveva sofferto molto, proprio a causa del suo sforzo in favore dei popoli dell’America Latina, e che mi capiva benissimo. Mi ha citato una frase del Vangelo a cui lui dà una spiegazione particolare:


‘Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono fare nulla allo spirito’. Lui la interpreta nel senso che, se quelli che uccidono il corpo sono terribili, sono certo più terribili quelli che colpiscono lo spirito, calunniando, diffamando, distruggendo una persona, e che pensa sia proprio questo il mio martirio, persino dall’interno della stessa Chiesa, e che devo farmi animo”.

Romero torna da Roma a San Salvador col cuore confortato anche dalle parole di Pironio. Mancano meno di due mesi al suo martirio. (Agenzia Fides 15/12/2023)

venerdì 9 giugno 2023

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)

 

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)


Grado della Celebrazione: SOLENNITA'

Colore liturgico: Bianco

Antifona d'ingresso
Il Signore ha nutrito il suo popolo con fiore di frumento
e lo ha saziato con miele dalla roccia. (Cf. Sal 80, 17)

Si dice il Gloria.

Colletta

Dio fedele, che nutri il tuo popolo
con amore di Padre,
saziaci alla mensa della Parola
e del Corpo e Sangue di Cristo,
perché nella comunione con te e con i fratelli
camminiamo verso il convito del tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Dt 8,2-3.14-16)
Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 147)
Rit: Loda il Signore, Gerusalemme.

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

SECONDA LETTURA (1Cor 10,16-17)
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Parola di Dio

SEQUENZA
[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.

Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.

Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.

Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.

Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

Canto al Vangelo (Gv 6,51)
Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia.

VANGELO (Gv 6,51-58)
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli

Il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore è culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa. Innalziamo la nostra preghiera unanime, perché da questo grande mistero scaturiscano i doni dell’unità e della pace.
Preghiamo insieme e diciamo: Per il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, salvaci, Signore.

1. Per la santa Chiesa: fortificata dal Pane di vita cammini sulle strade del mondo annunciando in parole e in opere il Vangelo di salvezza. Preghiamo.
2. Per i sacerdoti, ministri dell’altare: si conformino sempre più al mistero che celebrano, a lode di Dio e a servizio del suo popolo. Preghiamo.
3. Per i ragazzi che partecipano per la prima volta al banchetto eucaristico: portino nelle famiglie e nei loro ambienti di vita la freschezza dell’annuncio pasquale, e crescano in sapienza e grazia. Preghiamo.
4. Per gli infermi che non possono partecipare all’assemblea domenicale: come membra sofferenti e preziose del corpo di Cristo, sentano il conforto della comunità cristiana e siano sostenuti nella speranza dalla comunione con il Signore. Preghiamo.
5. Per noi invitati alla mensa eucaristica: la nostra vita, in unione al Corpo e al Sangue di Cristo, sia vissuta in rendimento di grazie al Padre e fiorisca in gesti di carità fraterna. Preghiamo.

Signore Gesù, nell’Eucaristia, sacramento del tuo amore, hai posto la sorgente dello Spirito: fa’ che, nutrendoci con il cibo di vita eterna e la bevanda di salvezza, pregustiamo il convito del cielo. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

lunedì 15 giugno 2020

Angelus 14 giugno 2020

“E’ la Chiesa che fa l’Eucaristia, ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa, e le permette di essere la sua missione, prima ancora che di compierla”. “Ricevere Gesù perché ci rasformi da dentro, e perché faccia di noi l’unità” spiegato il Papa, che durante l’Angelus di oggi, pronunciato dalla finestra del suo studio nel Palazzo apostolico davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro rispettando le misure di distanziamento sociale imposte dall’attuale pandemia, si è soffermato ancora una volta – come aveva fatto nell’omelia della messa celebrata poco prima nella basilica di San Pietro – sulla solennità del Corpus Domini, che si celebra oggi in Italia e in altre nazioni. “Gesù è presente nel sacramento dell’Eucaristia per essere il nostro nutrimento, per essere assimilato e diventare in noi quella forza rinnovatrice che ridona energia e voglia di rimettersi in cammino, dopo ogni sosta o caduta”, ha ricordato Francesco: “Ma questo richiede il nostro assenso, la nostra disponibilità a lasciar trasformare noi stessi, il nostro modo di pensare e di agire; altrimenti le celebrazioni eucaristiche a cui partecipiamo si riducono a dei riti vuoti e formali”. “E tante volte qualcuno va a messa perché si deve andare, come un atto sociale, rispettoso ma sociale”, ha aggiunto a braccio: “Ma il mistero è un’altra cosa: è Gesù che viene per nutrirci”. “La comunione al corpo di Cristo è segno efficace di unità, di comunione, di condivisione”, ha proseguito il Papa a proposito della “comunione reciproca di quanti partecipano all’Eucaristia, al punto da diventare tra loro un corpo solo, come unico è il pane che si spezza e si distribuisce”: “Non si può partecipare all’Eucaristia senza impegnarsi in una  fraternità vicendevole che sia sincera. Ma il Signore sa bene che le nostre sole forze umane non bastano per questo. Anzi, sa che tra i suoi discepoli ci sarà sempre la tentazione della rivalità, dell’invidia, del pregiudizio, della divisione…Tutti conosciamo queste cose. Anche per questo ci ha lasciato il Sacramento della sua Presenza reale, concreta e permanente, così che, rimanendo uniti a Lui, noi possiamo ricevere sempre il dono dell’amore fraterno”. “Questo duplice frutto dell’Eucaristia: l’unione con Cristo e la comunione tra quanti si nutrono di Lui, genera e rinnova continuamente la comunità cristiana”, ha garantito il Santo Padre citando il Concilio. “Ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro, e perché faccia di noi l’unità e non la divisione”, la sintesi a braccio del mistero dell’Eucaristia.

sabato 21 dicembre 2019

Agenzia Fides 21 dicembre 2019

AFRICA/MOZAMBICO - Dopo il ciclone è “emergenza fame”: appello dei Padri Bianchi
 
Beira (Agenzia Fides) - La popolazione è sull'orlo della carestia e l’emergenza umanitaria non cessa: è l’allarme lanciato dai Padri Bianchi, nove mesi dopo che il ciclone Idai si è abbattuto sul Mozambico provocando gravi inondazioni e lasciando una scia di distruzione. Il ciclone ha ucciso più di mille persone (602 in Mozambico, 344 nello Zimbabwe, 60 in Malawi) e la città più colpita è stata Beira. Lo straripamento dei fiumi Buzi e Pungue hanno sommerso interi villaggi che sono rimasti isolati per giorni. Da allora la vita è lentamente ripresa, ma si vive tuttora, alla vigilia del Natale, in uno stato di emergenza umanitaria.
P. John Itaru, economo dei Padri Bianchi in Mozambico, ha visitato le zone di Beira, Dombe, Sussundenga e Tete e racconta a Fides: “Beira è stata gravemente colpita. La città è stata messa in ginocchio . Ora la vita sembra lentamente tornare alla normalità. Le nostre comunità sono state solo leggermente danneggiate. A parte Nazarè dove sorge il nostro centro catechistico. In quella zona, nei giorni del ciclone, i forti venti e le piogge torrenziali hanno fatti saltare i tetti. Lì e in altre zone sono proprio i tetti in lamiera divelti e scagliati a terra dalle folate d’aria ad aver fatto numerose vittime”.
Nelle settimane dopo il ciclone, sono arrivati in Mozambico aiuti provenienti da altri Paesi africani, dall’Europa e dall’America del Nord. Questo ha permesso ai mozambicani di risollevarsi, ma ora, trascorsi diversi mesi, molti donatori stanno gradualmente abbandonando il Paese. “La maggior parte delle persone - continua padre John - specialmente quelle che vivono nei campi, hanno ancora bisogno di aiuto. I raccolti sono andati perduti, le infrastrutture sono state distrutte. Alla maggior parte di queste persone, che ora vivono in campi profughi, non è permesso tornare alle loro case semidistrutte e pericolose. Alcuni campi di Dombe, Tete e Beria sono in condizioni orribili e non ci sono le condizioni base per vivere una vita dignitosa Si chiede loro di ricominciare una nuova vita in zone di reinsediamento, ma per questa gente non è facile riprendere in aree che non conoscono”.
I Padri Bianchi si sono attivati per aiutare le popolazioni nei campi di Dombe, Beira e Tete: “A Tete – conclude il missionario - la situazione è molto difficile. Qui sono arrivati solo in parte gli aiuti necessari. Stiamo lavorando alacremente per riuscire a portare cibo, vestiario e, soprattutto, acqua pulita. C’è il rischio che si diffondano malattie. Lanciamo un appello: non spegnete i riflettori sul Mozambico. Continuate a sostenere gli aiuti. La popolazione ne ha veramente bisogno!”.
L’Ong Oxfam conferma la gravità della situazione rilevando che “In Mozambico la risposta umanitaria, richiesta dalle Nazioni Unite, è finanziata per meno della metà” e parlando di “peggioramento di una crisi dimenticata”. Dallo scorso aprile il numero delle persone che hanno urgente bisogno di aiuti alimentari per poter sopravvivere in Mozambico, colpito dai due cicloni Idai e Kenneth che si sono susseguiti ad aprile, è aumentato di oltre un quarto, passando da 1,6 milioni a 2 milioni di persone. Il peggioramento è dovuto in parte alle conseguenze del cambiamento climatico, che si è tradotto in una gravissima siccità nel Sud del Paese, mentre violentissimi scontri armati stanno dilaniando il Nord del Mozambico. La drammatica situazione colpisce soprattutto i piccoli agricoltori. Rileva Oxfam che “la fame rischia ora di decimare la popolazione sopravvissuta al ciclone Idai”. (EC) (Agenzia Fides 21/12/2019)
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AFRICA/ETIOPIA - “L'assistenza alla sviluppo sia segno dell’amore di Dio perché la missione della Chiesa è l'evangelizzazione"
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - "La Chiesa non dovrebbe essere identica agli altri agenti di sviluppo ma servire piuttosto con lo spirito di Cristo. La sua missione principale è l'evangelizzazione", ha affermato Sua Eccellenza Mons. Roberto Bergamaschi, Vicario Apostolico di Awasa (conosciuta anche come Hawassa) nel suo intervento all’incontro dei coordinatori pastorali e dei direttori degli uffici di sviluppo e assistenza della Chiesa cattolica in Etiopia, che si è tenuto dal 19 al 21 dicembre ad Awasa.
Nel suo intervento Mons. Bergamaschi ha sottolineato “che qualunque cosa facciamo, è per la diffusione del regno di Dio e per la salvezza del Suo popolo”. "Quando le persone vedono la Chiesa e il suo servizio dovrebbero essere grati a Dio e non alle nostre istituzioni o individui. Siamo persone chiamate a testimoniare l'amore di Dio e condividerlo con gli altri” ha spiegato.
Nel corso del meeting, i partecipanti hanno discusso su come attuare le decisioni e le direttive impartite dall'ultima Assemblea dei Vescovi che si è tenuta a Meki dal 9 al 13 dicembre 2018.
In particolare l'incontro si concentrato sulla ristrutturazione delle istituzioni della Chiesa cattolica per un migliore lavoro di evangelizzazione e per accrescere la responsabilità finanziaria e la trasparenza al fine di raggiungere l'auto sostenibilità. (L.M.) (Agenzia Fides 21/12/2019)
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ASIA/CAMBOGIA - Un missionario: "Comunicare il Vangelo e accompagnare la popolazione verso un cammino di pienezza"
 
Phnom Penh (Agenzia Fides) - “Con spirito di servizio, bisogna comunicare il messaggio di salvezza del Vangelo e accompagnare la popolazione verso un cammino di pienezza di vita”. Lo afferma in un’intervista all’Agenzia Fides padre Mario Ghezzi, missionario del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (Pime), che per diciassette anni ha operato in Cambogia, parlando delle sfide della Chiesa locale nella costruzione e nello sviluppo umano e sociale del paese. I missionari del Pime sono arrivati nel Paese nel 1990, e la loro attività si svolge nel Vicariato apostolico della capitale, Phnom Penh e nella prefettura apostolica di Battambang: “Negli ultimi decenni, la Chiesa cambogiana ha sperimentato una rinascita lenta ma concreta”, spiega padre Ghezzi. “Gradualmente - prosegue - le comunità cristiane khmer si sono rinsaldate, seguite spiritualmente prima da catechisti e poi da sacerdoti. Ora si contano 700 catecumeni”.
In ogni comunità ci sono solitamente tre commissioni da cui dipendono le diverse attività: “La prima commissione - riferisce p. Mario - si occupa della liturgia e della preghiera; la seconda è incaricata della catechesi e della formazione cristiana; la terza organizza l’assistenza ai poveri e agli ammalati, in collaborazione con la Caritas e altre organizzazioni attive nel settore sanitario”. Sebbene le comunità cattoliche khmer si stiano riorganizzando, i due terzi dei 25mila cattolici cambogiani sono di origine vietnamita: “La rivalità tra le comunità riflette il tradizionale antagonismo che caratterizza i rapporti tra i due gruppi etnici”, riporta il missionario. “Abitualmente khmer e vietnamiti, anche cattolici, vivono divisi, anche se la sola lingua ammessa nella liturgia è quella khmer”, osserva p. Ghezzi.. “La difficoltà - rileva - è proprio quella di facilitare una collaborazione tra la comunità khmer e gli immigrati, generalmente più attivi”.
I rapporti con le altre religioni sono cordiali. Da oltre dieci anni è attivo un Consiglio delle Religioni per la Pace, di cui fanno parte il Vescovo di Phnom Penh e i Prefetti apostolici di Battambang e di Kompong Cham: “I leader i incontrano regolarmente con i capi delle due denominazioni buddiste presenti nel Paese”, riporta il sacerdote del Pime. I contatti con altre denominazioni cristiane, invece, vanno avanti a livello locale. “A Kompong Cham, - continua - le 15 denominazioni cristiane si incontrano mensilmente per un momento di preghiera comune”. “Le comunità protestanti, quasi inesistenti prima del 1975, stanno ora crescendo rapidamente - nota il religioso - facilitate anche dal fatto che il loro catecumenato e la formazione dei loro pastori richiedono un tempo più breve rispetto ai cattolici”.
Dopo le tragedie del passato, legate al regime imposto dagli khmer rossi, la Cambogia sta cercando una nuova identità nazionale e culturale: “I vari gruppi che compongono la società - rimarca p. Mario - hanno bisogno di una formazione basata su onestà, generosità e rispetto della vita. Una attenzione particolare va rivolta alle giovani generazioni”, aggiunge. “La Chiesa cambogiana - sottolinea p. Ghezzi - sa di essere chiamata a un ruolo attivo nella società”. “Grandi sfide l’attendono - conclude - ma la determinazione dei suoi pastori e l’entusiasmo delle sue comunità sono il segno di una fede in grado di offrire un sostegno concreto a questo cammino”.
Indipendente dal 1953, la Cambogia è uno degli stati più piccoli del continente asiatico: ha una popolazione di 18 milioni di abitanti. Il 95% della popolazione è di etnia khmer, con minoranze vietnamite e cinesi. Il buddismo è la religione predominante (98%), ma anche esistono minoranze musulmane. La comunità cattolica è composta da circa 25mila fedeli. (ES) (Agenzia Fides 21/12/2019)
LINK
Guarda la viedo-intervista a p. Mario Ghezzi sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://www.youtube.com/watch?v=RS4c12vIVM8
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ASIA/INDIA - Avvento segnato dall'intolleranza verso le minoranze religiose
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Diversi episodi di intolleranza religiosa hanno segnato il periodo dell'Avvento e della preparazione al Natale in India. Mentre la nazione è scossa dalla protesta per l'adozione del Citizenship Amendment Act 2019, che discrimina la concessione del diritto di cittadinanza, negandolo ai rifugiati musulmani, anche le comunità cristiane denunciano atti ed episodi che violano la libertà di culto e di pratica religiosa, in diversi stati della Federazione.
Come comunicato all'Agenzia Fides, una riunione di canti natalizi è stata bruscamente interrotta il 17 dicembre a Permuapalayam, in Tamil Nadu, da cinque uomini che hanno aggredito le persone presenti, tra i quali un ragazzo di 17 anni. Il Pastore protestante Giosuè, che guida la una comunità locale, aveva riunito alcuni fedeli per celebrare l'Avvento nella propria casa, quando si è verificata l'aggressione dei militanti, contrari alla celebrazione del Natale. E quando, il giorno dopo l'episodio, i cristiani si sono recati dalla polizia per sporgere denuncia, sono stati respinti.
"Gli episodi di intolleranza verso la fede cristiana sono in aumento nel Tamil Nadu negli ultimi anni", scrive in una nota inviata a Fides nota l'Ong Christian Solidarity Worldwide (CSW), che monitora la situazione delle minoranze religiose in India.
Nehemiah Christie, attivista locale per i diritti umani, argomenta: “Il livello di intolleranza a cui stiamo assistendo oggi in questo paese è senza precedenti. I cristiani non possono celebrare le feste per timori di violenza. In linea di massima, l'attuale leadership politica va ritenuta responsabile perchè promuove una falsa narrativa sulle minoranze religiose. Oggi il veleno penetrato a livello di base è molto diffuso. Anche la polizia è complice e non prende sul serio i reclami. In molti casi la sofferenza rimane inascoltata, la violenza resta impunita e la gente continua a vivere nella paura”.
Secondo CSW, “è profondamente preoccupante vedere che le festività religiose vengano distorte da quanti vogliono piantare semi di contesa e discordia in India. Rispettare il diritto di praticare la propria religione è fondamentale. Esortiamo a le autorità a prendere misure appropriate contro tali comportamenti e a promuovere una cultura del rispetto reciproco". (PA) (Agenzia Fides 21/12/2019)
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AMERICA/VENEZUELA - Natale, occasione per “ravvivare la speranza, in un paese che soffre”
 
Caracas (Agenzia Fides) – “Il Natale è un'occasione per rafforzare la speranza”, vista la "situazione critica che peggiora ogni giorno in Venezuela”: lo afferma il Cardinale Jorge Urosa Savino, Arcivescovo emerito di Caracas, notando che “coloro che soffrono sono i più poveri".
“La situazione in Venezuela sta peggiorando, da molti punti di vista. L'economia soffre sempre di più a causa dell'incessante svalutazione del bolivar. Un dollaro, che valeva 60 bolivar 16 mesi fa, ora costa 47.000. Ciò significa che il costo della vita, in particolare il cibo, è salito alle stelle”, afferma il Cardinale in una nota pervenuta a Fides. Il Cardinale venezuelano considera come "qualcosa di incredibile" la gestione del governo per risolvere la situazione in Venezuela. “Un paese petrolifero soffre di carenza di benzina e gas domestico: è qualcosa di imbarazzante e inaudito!” nota.
“E’ una brutta situazione da molti punti di vista. E quelli che soffrono di più sono i più poveri!”, ha aggiunto l'Arcivescovo emerito di Caracas. La popolazione, in vista del Natale è chiamata a ravvivare la speranza: “Anche nel mezzo di così tante difficoltà dobbiamo rafforzare la nostra pratica religiosa, andare in chiesa, partecipare alla Messa domenicale e ricevere i sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia, confidando in Dio”. “E siamo chiamati a vivere profondamente la carità fraterna, specialmente con i più bisognosi”, ha concluso. (CE) (Agenzia Fides, 21/12/2019)

venerdì 6 gennaio 2017

Omelia del Papa nella Messa dell'Epifania 2017

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Basilica Vaticana
Venerdì, 6 gennaio 2017



«Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2).
Con queste parole i magi, venuti da terre lontane, ci fanno conoscere il motivo della loro lunga traversata: adorare il re neonato. Vedere e adorare: due azioni che risaltano nel racconto evangelico: abbiamo visto una stella e vogliamo adorare.
Questi uomini hanno visto una stella che li ha messi in movimento. La scoperta di qualcosa di inconsueto che è accaduto nel cielo ha scatenato una serie innumerevole di avvenimenti. Non era una stella che brillò in modo esclusivo per loro né avevano un DNA speciale per scoprirla. Come ha ben riconosciuto un padre della Chiesa, i magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma videro la stella perché si erano messi in cammino (cfr San Giovanni Crisostomo). Avevano il cuore aperto all’orizzonte e poterono vedere quello che il cielo mostrava perché c’era in loro un desiderio che li spingeva: erano aperti a una novità.
I magi, in tal modo, esprimono il ritratto dell’uomo credente, dell’uomo che ha nostalgia di Dio; di chi sente la mancanza della propria casa, la patria celeste. Riflettono l’immagine di tutti gli uomini che nella loro vita non si sono lasciati anestetizzare il cuore.
La santa nostalgia di Dio scaturisce nel cuore credente perché sa che il Vangelo non è un avvenimento del passato ma del presente. La santa nostalgia di Dio ci permette di tenere gli occhi aperti davanti a tutti i tentativi di ridurre e di impoverire la vita. La santa nostalgia di Dio è la memoria credente che si ribella di fronte a tanti profeti di sventura. Questa nostalgia è quella che mantiene viva la speranza della comunità credente che, di settimana in settimana, implora dicendo: «Vieni, Signore Gesù!».
Fu proprio questa nostalgia a spingere l’anziano Simeone ad andare tutti i giorni al tempio, sapendo con certezza che la sua vita non sarebbe terminata senza poter tenere in braccio il Salvatore. Fu questa nostalgia a spingere il figlio prodigo a uscire da un atteggiamento distruttivo e a cercare le braccia di suo padre. Fu questa nostalgia che il pastore sentì nel suo cuore quando lasciò le novantanove pecore per cercare quella che si era smarrita, e fu anche ciò che sperimentò Maria Maddalena la mattina della domenica per andare di corsa al sepolcro e incontrare il suo Maestro risorto. La nostalgia di Dio ci tira fuori dai nostri recinti deterministici, quelli che ci inducono a pensare che nulla può cambiare. La nostalgia di Dio è l’atteggiamento che rompe i noiosi conformismi e spinge ad impegnarsi per quel cambiamento a cui aneliamo e di cui abbiamo bisogno. La nostalgia di Dio ha le sue radici nel passato ma non si ferma lì: va in cerca del futuro. Il credente “nostalgioso”, spinto dalla sua fede, va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia, perché sa in cuor suo che là lo aspetta il Signore. Va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore; e non lo fa affatto con un atteggiamento di superiorità, lo fa come un mendicante che non può ignorare gli occhi di colui per il quale la Buona Notizia è ancora un terreno da esplorare.
Come atteggiamento contrapposto, nel palazzo di Erode (che distava pochissimi chilometri da Betlemme), non si erano resi conto di ciò che stava succedendo. Mentre i magi camminavano, Gerusalemme dormiva. Dormiva in combutta con un Erode che, invece di essere in ricerca, pure dormiva. Dormiva sotto l’anestesia di una coscienza cauterizzata. E rimase sconcertato. Ebbe paura. E’ lo sconcerto che, davanti alla novità che rivoluziona la storia, si chiude in sé stesso, nei suoi risultati, nelle sue conoscenze, nei suoi successi. Lo sconcerto di chi sta seduto sulla ricchezza senza riuscire a vedere oltre. Uno sconcerto che nasce nel cuore di chi vuole controllare tutto e tutti. E’ lo sconcerto di chi è immerso nella cultura del vincere a tutti i costi; in quella cultura dove c’è spazio solo per i “vincitori” e a qualunque prezzo. Uno sconcerto che nasce dalla paura e dal timore davanti a ciò che ci interroga e mette a rischio le nostre sicurezze e verità, i nostri modi di attaccarci al mondo e alla vita. E così Erode ebbe paura, e quella paura lo condusse a cercare sicurezza nel crimine: «Necas parvulos corpore, quia te necat timor in corde» (San Quodvultdeus, Sermo 2 sul simboloPL 40, 655). Uccidi i bambini nel corpo, perché a te la paura uccide il cuore.
Vogliamo adorare. Quegli uomini vennero dall’Oriente per adorare, e vennero a farlo nel luogo proprio di un re: il Palazzo. E questo è importante: lì essi giunsero con la loro ricerca: era il luogo idoneo, perché è proprio di un Re nascere in un palazzo, e avere la sua corte e i suoi sudditi. E’ segno di potere, di successo, di vita riuscita. E ci si può attendere che il re sia venerato, temuto e adulato, sì; ma non necessariamente amato. Questi sono gli schemi mondani, i piccoli idoli a cui rendiamo culto: il culto del potere, dell’apparenza e della superiorità. Idoli che promettono solo tristezza, schiavitù, paura.
E fu proprio lì dove incominciò il cammino più lungo che dovettero fare quegli uomini venuti da lontano. Lì cominciò l’audacia più difficile e complicata. Scoprire che ciò che cercavano non era nel Palazzo ma si trovava in un altro luogo, non solo geografico ma esistenziale. Lì non vedevano la stella che li conduceva a scoprire un Dio che vuole essere amato, e ciò è possibile solamente sotto il segno della libertà e non della tirannia; scoprire che lo sguardo di questo Re sconosciuto – ma desiderato – non umilia, non schiavizza, non imprigiona. Scoprire che lo sguardo di Dio rialza, perdona, guarisce. Scoprire che Dio ha voluto nascere là dove non lo aspettavamo, dove forse non lo vogliamo. O dove tante volte lo neghiamo. Scoprire che nello sguardo di Dio c’è posto per i feriti, gli affaticati, i maltrattati, gli abbandonati: che la sua forza e il suo potere si chiama misericordia. Com’è lontana, per alcuni, Gerusalemme da Betlemme!
Erode non può adorare perché non ha voluto né potuto cambiare il suo sguardo. Non ha voluto smettere di rendere culto a sé stesso credendo che tutto cominciava e finiva con lui. Non ha potuto adorare perché il suo scopo era che adorassero lui. Nemmeno i sacerdoti hanno potuto adorare perché sapevano molto, conoscevano le profezie, ma non erano disposti né a camminare né a cambiare.
I magi sentirono nostalgia, non volevano più le solite cose. Erano abituati, assuefatti e stanchi degli Erode del loro tempo. Ma lì, a Betlemme, c’era una promessa di novità, una promessa di gratuità. Lì stava accadendo qualcosa di nuovo. I magi poterono adorare perché ebbero il coraggio di camminare e prostrandosi davanti al piccolo, prostrandosi davanti al povero, prostrandosi davanti all’indifeso, prostrandosi davanti all’insolito e sconosciuto Bambino di Betlemme, lì scoprirono la Gloria di Dio.


domenica 20 marzo 2016

Il Papa al Cammino Neocatecumenale



vaticanit - italiano has uploaded Il Papa al Cammino Neocatecumenale: Dio detesta la mondanità
Il Papa al Cammino Neocatecumenale: Dio detesta la mondanità
vaticanit - italiano
La Chiesa non è una “organizzazione che cerca adepti”, un gruppo che segue “la logica delle sue idee” o uno “strumento per noi”, ma una Madre che trasmette la vita ricevuta da Gesù. È stata una esortazione all’unità e alla comunione quella di Papa Francesco agli aderenti al Cammino Neocatecumenale, ricevuti in 7 mila in Aula Paolo VI, in occasione dell’invio di oltre 50 missio ad gentes in tutti i continenti. La Madre Chiesa, ha sottolineato il Pontefice, è “feconda” quando imita l’amore misericordioso di Dio, senza cedere alle “divisioni” provocate dal diavolo: chi annuncia l’amore del Vangelo non può che farlo - ha aggiunto - con lo stesso “stile”. E chi ama “non sta lontano, ma va incontro”, senza ...

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...