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mercoledì 24 aprile 2024

La Vita Cattolica: nuovi canonici a Cividale

 

Nuovi canonici per il Capitolo del Duomo di Cividale del Friuli

Il Capitolo cividalese si arricchisce di nuovi componenti: mons. Andrea Bruno Mazzocato ha infatti nominato tre nuovi canonici residenziali, cui si sommano due nuovi canonici ad honorem. Il Capitolo dell’Insigne Collegiata di Cividale è uno dei due Capitoli di canonici dell’Arcidiocesi di Udine, assieme a quello Metropolitano della Cattedrale di Udine.

Oggi il Capitolo di Cividale ha il compito di mantenere vive la preghiera e la liturgia nel Duomo cividalese, la Basilica di Santa Maria Assunta, amministrandovi i Sacramenti e celebrando collegialmente la Liturgia delle Ore. I canonici sono tenuti alla presenza nelle principali celebrazioni che si svolgono in Duomo, soprattutto quando a presiederle è l’Arcivescovo di Udine.

L’Arcidiocesi di Udine fa sapere che non è stata ancora definita la data dell’insediamento dei nuovi canonici.

Chi sono i nuovi canonici di Cividale

Lo statuto del Capitolo cividalese ne impone una composizione di sette canonici. Ne fanno già parte: mons. Livio Carlino, mons. Adriano Cepparo, mons. Guido Genero e mons. Pasquale Pressacco. Ora a essi si aggiungono: mons. Loris Della Pietra (nella foto in alto: il primo a sinistra), classe 1976 e sacerdote dal 2002, è direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e direttore dell’Istituto di Liturgia pastorale “Santa Giustina” con sede a Padova, già rettore del seminario interdiocesano “San Cromazio” (2016-2022) e già vicario parrocchiale di Cividale del Friuli (2002-2016); mons. Sergio Di Giusto (nella foto in alto: al centro), classe 1952, sacerdote dal 1977, è direttore dell’Ufficio amministrativo diocesano ed economo diocesano, oltre che parroco di Ziracco e Grions del Torre e direttore del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Abbazia di Rosazzo; mons. Gianni Molinari (nella foto in alto: il primo a destra), classe 1950, prete dal 1976, è collaboratore pastorale nelle Collaborazioni pastorali di Cividale del Friuli e San Pietro al Natisone.

Tra i membri del Capitolo di Cividale figurano anche alcuni canonici ad honorem. Si tratta di mons. Gianpaolo D’Agosto (canonico anche a Udine, del cui Capitolo è presidente) e mons. Giovanni “Nino” Rivetti. A essi ora si aggiungono: mons. Daniele Alimonda de Mannentreu, classe 1960 e sacerdote dal 1990, attualmente in servizio nell’Arcidiocesi di Siena; mons. Giuliano Del Degan, classe 1972, ordinato sacerdote nel 2004, attualmente collaboratore pastorale nella Collaborazione pastorale di Pozzuolo del Friuli.

A queste nomine si aggiunge quella del Decano del Capitolo cividalese: i canonici hanno indicato quale decano mons. Livio Carlino, arciprete di Cividale. L’elezione è stata confermata dall’Amministratore apostolico mons. Mazzocato.

Mons. Livio Carlino

Il Capitolo dell’Insigne Collegiata di Santa Maria Assunta in Cividale del Friuli: la storia fino ai nostri giorni

Le origini di un capitolo collegiale di presbiteri a Cividale sono antichissime. Dopo la distruzione di Aquileia, negli anni 453-455 crebbe numeroso il clero a Forum Iulii, l’odierna Cividale. A quegli anni si può far risalire la nascita della Prepositura di Santo Stefano, con sede in una chiesa fuori città («in burgo s. Petri»). Ai tempi del patriarca aquileiese Callisto (737), insediatosi proprio a Cividale, la Chiesa foroiuliense era particolarmente strutturata e organizzata: proprio Callisto fece ampliare il coro della principale chiesa cittadina, dedicata a Maria Vergine, con l’intento di offrire al clero della chiesa adeguati spazi per la preghiera liturgica. Ciò significa che i Capitoli cividalesi erano in realtà due: la Prepositura di Santo Stefano (retta da un preposito) e il Capitolo di Santa Maria (retto da un decano).

In seguito alle invasioni ungare dei secoli IX e X, la chiesa di Santo Stefano fu gravemente danneggiata e i canonici della prepositura ripiegarono in città, sovrapponendosi però nella preghiera delle ore liturgiche e in altre questioni giurisdizionali al Capitolo di Santa Maria. Il patriarca aquileiese Giovanni IV, nel 1015, unì i due collegi, mantenendo distinte le cariche di decano e preposito (che restarono tali fino al 1338, quando per ulteriori discordie il patriarca Bertrando soppresse definitivamente la Prepositura e la figura del preposito).

Mons. Livio Carlino, attuale decano del Capitolo cividalese
Il primo statuto dell’unificato Capitolo cividalese risale al 1356: in quel tempo i canonici erano 45 e conducevano una vita comune. Papa Callisto III nel 1192 diede al Capitolo di Cividale la giurisdizione su ben 47 Parrocchie del Friuli orientale e delle Valli del Natisone, giungendo fino alle slovene Plezzo/Bovec e Volzana/Volče, nei pressi di Tolmino.

Il Capitolo conservò i suoi privilegi giuridici e giuriziari per diversi secoli, superando numerose traversie: il terremoto del 1448, la caduta del Patriarcato di Aquileia del 1751, le diatribe tra la Serenissima Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, le leggi di incamerazione dei beni ecclesiastici da parte del Regno d’Italia a fine Ottocento. Nel 1867 il Capitolo cessò la sua personalità giuridica civile, mantenendo quella ecclesiastica. Nel 1984, con la revisione del Concordato tra la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano, il Capitolo di Cividale ha ceduto i suoi beni all’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Un nuovo statuto fu promulgato nel 2013 dall’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato.

giovedì 11 agosto 2022

100 anni dall'imcoronazione di Madone di Mont

A CASTELMONTE SI CELEBRA IL CENTENARIO DELL’INCORONAZIONE DELL’EFFIGIE DELLA VERGINE

Era il 3 settembre del 1922 quando, davanti a un’incredibile folla di fedeli, l’allora Arcivescovo di Udine mons. Anastasio Rossi pose sul capo dell’effigie di Castelmonte la corona dorata che ancora oggi si può ammirare. Il 15 agosto le celebrazioni per il centenario: una Santa Messa con l'Arcivescovo mons. Mazzocato e un concerto. La storia dell'effigie.

«La corona brilla in fronte» recita il ritornello del Canto dei Pellegrini alla Madonna di Castelmonte. Una corona che, per proseguire con le parole dell’inno, «rifulge di splendor» da esattamente cento anni. Era il 3 settembre del 1922 quando, davanti a un’incredibile folla di fedeli, l’allora Arcivescovo di Udine mons. Anastasio Rossi pose sul capo dell’effigie di Castelmonte la corona dorata che ancora oggi si può ammirare.

Il centenario dell’evento sarà celebrato nella solennità dell’Assunta, lunedì 15 agosto, con una Santa Messa presieduta da mons. Andrea Bruno Mazzocato alle 11.30 nel santuario di “Madone di Mont”. Nel contesto dei festeggiamenti è previsto anche un concerto al rinnovato organo del santuario, alle 18 dello stesso giorno. Entrambi i momenti saranno visibili anche in diretta streaming sul canale YouTube del Santuario di Castelmonte.

Il 15 agosto è anche la festa della dedicazione del santuario di Castelmonte: una data significativa, dunque, per celebrare il centenario dell’incoronazione della statua della Vergine, preludio al pellegrinaggio diocesano che vedrà salire a Madone di Mont l’intera Arcidiocesi udinese il prossimo 8 settembre.

 

Cent’anni di un evento storico

L’evento, disperso nell’oblio delle vicende del “secolo breve”, ebbe una portata enorme per il Friuli dell’epoca. Era un tempo, infatti, in cui la regalità dei santi veniva messa in evidenza con la prassi dell’incoronazione delle statue. Così avvenne anche per la Madonna di Castelmonte.

Il processo per l’incoronazione dell’effigie di Madone di Mont non fu semplice: iniziato nel 1845 sotto la spinta del Capitolo dei canonici di Cividale, fu preso in carico dal cardinale Fabio Maria Asquini, originario di Fagagna, allora diplomatico per lo Stato pontificio. I numerosi conflitti della seconda metà dell’ottocento, protratti fino a includere la prima guerra mondiale – il cui fronte italo-asburgico si combatté anche nei pressi del santuario – rallentarono l’iter per l’incoronazione della statua, la cui domanda sarebbe stata ufficializzata solo nel 1921. Fu indetto allora un anno di preparazione straordinaria: le cronache del santuario attestano circa centocinquanta pellegrinaggi nei soli mesi di settembre e ottobre, con un afflusso di trentamila pellegrini. L’evento dell’incoronazione, il 3 settembre 1922, fu talmente partecipato che gli spazi del santuario furono insufficienti: si celebrò l’incoronazione sui pascoli del vicino monte Plagnava, alla presenza di cinque vescovi e circa decine di migliaia di persone.

 

Un’immagine venerata da secoli: la storia della Madonna di Castelmonte

Inizialmente dedicato a San Michele Arcangelo, quello di Castelmonte è uno dei santuari più antichi d’Italia. I primi cenni storici, infatti, risalgono al V secolo. Si può pensare che già dai tempi dei longobardi e dei franchi, ossia dal VI al IX secolo, pellegrini cristiani si recassero a Castelmonte: un documento del 1244, infatti, presenta Castelmonte già pervenuta ad un notevole splendore: la chiesa di “Santa Maria del Monte” era in quel tempo una delle più importanti di tutto l’esteso Patriarcato di Aquileia. Il 21 settembre 1469 un fulmine di inaudita potenza si abbatté sul santuario facendo crollare il campanile e gran parte della chiesa; si sviluppò un incendio che ridusse in cenere l’antica effigie della Vergine qui venerata e ridusse in rovine tutto il santuario. Per volere delle popolazioni vicine e per decisione dei Canonici di Cividale si iniziò immediatamente la ricostruzione dell’intero complesso. La ricostruzione fu completata nel 1479, anno in cui si concluse anche la pace fra l’impero ottomano e Venezia. Queste due ricorrenze fecero sì che l’8 settembre 1479 si ebbe a Castelmonte un «grande perdono», con la partecipazione di tantissimi pellegrini.

Gli storici ritengono che, proprio in occasione di questo «grande perdono», sia stata intronizzata e benedetta la statua in pietra della “Madonna viva”, come viene chiamata l’effigie di Castelmonte. La statua della Madonna con Bambino, presente sull’altare maggiore del santuario, è il cuore del santuario stesso. La sua realizzazione, in pietra calcarea dipinta, è databile attorno alla prima metà del XV secolo. Di probabile scuola salisburghese, la “Madonna viva” di Castelmonte – così è chiamata l’effigie – presenta alcuni particolari ricordano ai pellegrini il mistero che rappresenta:

  • la corona, il manto dorato e il trono sul quale è seduta sono elementi che richiamano la regalità di Maria, così venerata anche in diverse Litanie;
  • il seno scoperto per allattare Gesù bambino ricorda che lei è la madre di Dio e madre della Chiesa;
  • la postura, poi, è la stessa delle immagini che vedranno Maria ritratta nel momento più doloroso, ossia nell’atto pietoso di abbracciare il figlio morto in croce: vita e morte sono esperienze che si intrecciano in Maria, a richiamare che ella è Madre in ogni momento della vita dei fedeli.

Oltre alla bellezza del volto, un particolare tratto dell’immagine di Castelmonte è il colore scuro della pelle di Maria: un motivo biblico può essere ricercato nel Cantico dei cantici, all’interno del quale la giovane sposa dice di sé: «Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone» (Ct 1,5): Maria è madre della Chiesa, la quale è Sposa di Cristo. Un’altra ipotesi si rifà alla tradizione delle c.d. “Madonne nere” (si pensi soltanto alle effigi mariane di Loreto, nelle Marche, e di Czestochowa, in Polonia): in questo caso il colore è legato alla consuetudine di scurire la pelle delle figure sacre di provenienza mediorientale, unita al fatto che – soprattutto in oriente – le icone erano annerite dal fumo delle candele devozionali.

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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