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mercoledì 9 marzo 2022

Vatican News 9 marzo 2022

 

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Vatican News

Le notizie del giorno

09/03/2022

Il cardinale Krajewski tra i profughi ucraini a Leopoli
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L’Elemosiniere pontificio fa il punto dall’Ucraina, dove è giunto per testimoniare ai profughi e a tutto il Paese il sostegno spirituale e concreto di Francesco, che ha voluto contribuire alle spese del carburante per i camion che portano i sussidi. Domani, la Chiesa locale si stringe in preghiera ... 

Papa Benedetto XV nel 1920 promulga l'enciclica sulla pace “Pacem, Dei Munus Pulcherrimum”.
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In questo tempo scosso dal dramma della guerra in Ucraina, ricordiamo il primo documento magisteriale pontificio dedicato esclusivamente al tema della pace: ... 

CHIESA E SANTA SEDE

Un'autocolonna delle Misericordie d'Italia a Varsavia con farmaci, viveri e vestiti
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L'impegno dei 700mila fratelli delle Misericordie d'Italia per i feriti dalla guerra russo-ucraina e i rifugiati. Il presidente Domenico Giani: favoriamo ... 

L'evacuazione dei civili dopo i bombardamenti nella città di Irpin, a nord-ovest di Kiev
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Intervista a Suor Ksenofonta, della Congregazione della Sacra Famiglia, che ha lasciato Kiev con le sue consorelle e ora si dedica ad assistere, anche ... 

Una sistemazione di emergenza a Varsavia per un gruppo di profughi ucraini, nell'Hub ecumenico promosso anche dal Jesuit Refugee Service
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La mobilitazione del Jesuit Refugee Service in Ucraina, a Leopoli ma non solo, e in Polonia a sostegno delle tantissime persone in fuga dalla zona del ... 

La raccolta dei beni di prima necessità nella Basilica di Santa Sofia, la chiesa nazionale degli ucraini, a Roma
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Partono dalla Basilica di Santa Sofia, nella capitale, gli aiuti per il Paese sconvolto dalla guerra. Sono tanti i beni che vengono donati da ogni parte della ... 

Donne e bambini ucraini arrivati in Italia dopo essere giunti a Leopoli (Ansa)
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Il racconto della Comunità Papa Giovanni XXIII dopo l'esperienza in Ucraina. I rifugiati, le famiglie divise, i lutti, ma anche il desiderio di rinascita, la ... 

Aiuti della Caritas per i rifugiati ucraini in Polonia
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Lanciata una campagna fondi che mira a mandare aiuti umanitari al popolo ucraino. Dal 13 al 15 marzo la chiesa ucraina di Colônia Marcelino ospiterà l'assemblea ... 

venerdì 8 ottobre 2021

Da Agenzia Fides 8 ottobre 2021

ASIA/INDIA - Un parco intitolato al gesuita padre Stan Swamy: gli estremisti indù si oppongono Mangalore (Agenzia Fides) - Intitolare un parco a padre Stan Swamy, il Gesuita ingiustamente arrestato per sedizione e morto in ospedale, in stato di custodia giudiziaria, nel luglio scorso (vedi Fides 6/7/2021): è l'iniziativa della Compagnia di Gesù in India che ha trovato la ferma opposizione di gruppi radicali induisti nello stato del Karnataka, nel sud dell'India. Il parco, di natura privata, si trova all'interno del campus del St. Aloysius College a Mangalore, parte della rete di istituzioni educative amministrate dalla Compagnia di Gesù in India. Padre Swamy è un religioso apprezzato e rispettato per il suo impegno nella promozione dei tribali del Jharkhand, nell'India orientale: la sua figura ha ispirato le intenzioni dei responsabili del Collegio che intendono inaugurare, in un'area verde nel complesso della struttura, il "Parco della pace Stan Swamy". Militanti dei gruppi nazionalisti come "Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad", l'ala studentesca del Bharatiya Janata Party (BJP) - che guida il governo federale e diversi stati, tra cui il Karnataka - "Vishwa Hindu Parishad" (Consiglio Mondiale Indù) e "Bajrang Dal" ("Partito dei forti e robusti") hanno protestato e minacciato una manifestazione pubblica per esprimere contrarietà. I gruppi hanno anche presentato alla polizia locale un Memorandum sulla questione. Il religioso, affermano, è stato arrestato in base alla legge antiterrorismo indiana, dunque rendergli un tributo sarebbe "un insulto alla società intera". Leader e avvocati cattolici affermano invece che, trovandosi il parco all'interno di una istituzione privata, non è lecita alcuna interferenza. Autorità ecclesiali e membri della Compagnia di Gesù ricordano che il St. Aloysius College da 140 anni è a servizio della società, offrendo istruzione senza alcuna discriminazione e che nel complesso dell'istituto vi è tutto il diritto di intitolare il parco a padre Swamy. Tuttavia i responsabili del Collegio hanno deciso di rinviare la cerimonia di intitolazione del parco, accogliendo il consiglio del Commissario di polizia municipale che ha suggerito di temporeggiare per non creare disordini sociali. Padre Swamy era stato arrestato l'8 ottobre 2020 a Ranchi, capitale dello stato del Jharkhand, con l'accusa di sedizione. Le sue condizioni di salute in carcere sono velocemente peggiorate e, debilitato e poi ammalato di Covid, è morto il 5 luglio scorso nell'Holy Family Hospital di Mumbai. (PA) (Agenzia Fides 8/10/2021)

sabato 23 gennaio 2021

Agenzia Fides 23 gennaio 2021

 

AFRICA/BURKINA FASO - Prete ucciso: si rafforza la pista jihadista. Nel Sahel le violenze dei terroristi hanno provocato 2 milioni di sfollati
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) – Si rafforza l’ipotesi che don Rodrigue Sanon, il parroco di Soubaganyedougou (diocesi di Banfora) sia stato vittima di un gruppo jihadista (vedi Fides 21 e 22 gennaio 2021). Secondo gli inquirenti, il sacerdote, bloccato lungo la strada Soubaganyedougou - Banfora, nei pressi di Toumousséni, sarebbe stato ucciso dai suoi rapitori una volta scopertisi braccati dalle forze dell’ordine. Un modo di agire più simile a quello di un gruppo terroristico che non di una banda di delinquenti comuni. È stato scoperto un coltello vicino al corpo insanguinato del sacerdote.
La scomparsa del prete cattolico ha suscitato forte emozione tra i fedeli che si stanno mobilitando nella cattedrale di San Pietro per pregare per l'anima del defunto. Una messa verrà celebrata in assenza del corpo di don Sanon. Su indicazione del procuratore presso il Tribunal de Grande Instance di Banfora, la salma è stata infatti trasferita ieri sera a Ouagadougou per l'autopsia, dove è stata organizzata una veglia di preghiera.
La violenza jihadista nel Sahel ha provocato la fuga di milioni di persone. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il numero di persone in fuga dalla violenza nella regione del Sahel in Africa occidentale è quadruplicato negli ultimi due anni, con 2 milioni sfollati all’interno del proprio Paese. Il Sahel ha anche più di 850.000 rifugiati in altri Paesi principalmente provenienti dal Mali.
I militanti legati ad al Qaeda e allo Stato Islamico hanno ampliato il loro raggio d'azione nella regione semiarida ai margini del Sahara, alimentando conflitti etnici in Burkina Faso, Mali e Niger e costringendo intere comunità a fuggire dalle proprie case. Più della metà degli sfollati all'interno del proprio Paese si trova in Burkina Faso, dove molti sono costretti a dormire all'aperto e non hanno abbastanza acqua.
"Le comunità che ospitano gli sfollati hanno raggiunto un punto di rottura", ha detto il portavoce dell’UNHCR Boris Cheshirkov. "La risposta umanitaria è pericolosamente sotto pressione e l'UNHCR sta sollecitando la comunità internazionale a raddoppiare il suo sostegno alla regione”. (L.M.) (Agenzia Fides 23/1/2021)
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ASIA/INDIA - Il Gesuita Stan Swamy in carcere: "La solidarietà mi dà forza e coraggio immensi"
 
Mumbai (Agenzia Fides) - "Apprezzo profondamente la travolgente solidarietà espressa da molte persone in tutto il mondo, in questi 100 giorni dietro le sbarre. A volte la notizia di tanta solidarietà mi ha dato una forza e un coraggio immensi, soprattutto quando l'unica cosa certa in carcere è l'incertezza": sono le parole, pervenute all'Agenzia Fides, dell'83enne Gesuita indiano padre Stan Swamy, in carcere dall'8 ottobre scorso con l'accusa di sedizione. Dietro le sbarre a Mumbai, nonostante l'età e la grave forma di Parkinson di cui soffre, il Gesuita condivide la prigionia con altri 15 tra attivisti e membri di Ong, accusati, in base alla "Unlawful activities prevention act", di terrorismo e di complicità con i ribelli maoisti. Tutti erano a fianco e promuovevano i diritti degli adivasi del Jhakarland indiano, gli indigeni che subivano abusi e patenti violazioni dei loro diritti umani, sociali, culturali, perpetrate da grandi proprietari terrieri o da multinazionali.
In un messaggio di padre Swamy - raccolto dai confratelli Gesuiti indiani che lo hanno visitato in carcere e inviato all'Agenzia Fides - il religioso racconta: "Un altro punto di forza durante questi ultimi cento giorni è stato osservare la difficile situazione degli altri detenuti in attesa di processo. La maggior parte di loro proviene da comunità economicamente e socialmente più deboli. Molti di questi poveri non sanno quali accuse sono state loro rivolte, non hanno visto il loro foglio di accusa e rimangono in prigione per anni, senza alcuna assistenza legale o di altro tipo. Nel complesso, quasi tutti i detenuti e sono costretti a vivere con il minimo indispensabile, ricchi o poveri che siano. Questa condizione crea un senso di fratellanza e di solidarietà comunitaria: sentiamo che è possibile stare vicini e sostenersi l'un l'altro in queste avversità".
Padre Swamy conclude ricordando gli altri attivisti con lui imputati per gli stessi presunti reati: "Noi sedici coimputati non abbiamo potuto incontrarci, poiché siamo alloggiati in carceri diverse o in diverse sezioni all'interno della stessa prigione. Ma canteremo ancora in coro. Un uccello in gabbia può ancora cantare".
Un accorato messaggio di solidarietà in suo favore lo ha pronunciato oggi, in un video messaggio diffuso in tutto il mondo, padre Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, affermando: "Padre Stan ha dedicato l'intera esistenza ai più poveri fra i poveri: gli indigeni adivasi e i dalit. E' la voce di chi non ha voce. Ha affrontato i potenti e ha detto loro la verità, è impegnato nella difesa dei diritti umani delle minoranze". La Compagnia di Gesù ha lanciato un appello internazionale per il suo rilascio immediato, affermandone la piena innocenza e notandone le precarie condizioni di salute.
Finora i tentativi di segnalare al governo indiano la sua situazione e gli appelli per la sua liberazione - l'ultimo compiuto da tre Cardinali indiani che hanno incontro nei giorni scorsi il Primo Ministro Narendra Modi - non hanno sortito alcun effetto.
(PA) (Agenzia Fides 23/1/2021)
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ASIA/TURCHIA - In vendita una chiesa armena del XIX secolo. Patriarcato armeno: “E’ triste che edifici sacri diventino fonte di guadagno”
 
Bursa (Agenzia Fides) – Una chiesa storica costruita dalla comunità armena nella regione di Bursa, e attualmente in possesso di proprietari privati, è stata posta in vendita sul mercato immobiliare locale, mentre i responsabili delle comunità armene presenti in Turchia esprimono rammarico e riferiscono di non avere strumenti né giuridici né economici per poter recuperare il luogo di culto cristiano. La chiesa, secondo le indagini compiute dal ricercatore Raif Kaplanoglu, rilanciate anche dal periodico armeno-turco Agos, è stata costruita negli anni Trenta del XIX secolo in un’area a quel tempo abitata da popolazione armena. Essa era intitolata a Surp Krikor Lusavoriç (San Gregorio Illuminatore) ed era officiata da sacerdoti della Chiesa armeno-cattolica.
Dopo gli anni in cui fu perpetrato il Genocidio armeno, l’area intorno alla chiesa rimase spopolata, e l’edificio sacro fu utilizzato anche come deposito di tabacco. I privati che ora ne detengono il possesso hanno provato a venderlo al distretto di Bursa Yildirim, che ha declinato l’offerta per mancanza di fondi. Anche l’Arcivescovo armeno cattolico Lévon Boghos Zékiyan, Arcieparca di Costantinopoli, ha riferito di aver contattato la società immobiliare che pubblicizza la vendita dell’edificio. "Sfortunatamente” ha dichiarato ad Agos l’Arcieparca Zékiyan “non abbiamo il potere di comprare la chiesa. Non ci disturba il fatto che la chiesa abbia una funzione pubblica come luogo culturale. Speriamo di potervi celebrare una liturgia all'anno. Ho intenzione di incontrare le autorità locali della regione nei prossimi giorni”.
Anche il Patriarcato armeno ortodosso di Costantinopoli ha diffuso una dichiarazione al riguardo, esprimendo rammarico per il fatto che "edifici ecclesiastici siano percepiti come un bene commerciale e siano visti da alcuni come una fonte di guadagno". In passato – prosegue la dichiarazione del Patriarcato armeno con sede a Istanbul – i luoghi di culto cristiani erano istituiti, costruiti o restaurati grazie agli “editti del sultano. Sappiamo che proteggere gli edifici ecclesiastici che contribuiscono alla ricchezza culturale del nostro Paese, che non sono più a disposizione delle comunità di riferimento, rappresenta comunque un dovere delle istituzioni competenti dello Stato”.
Di recente, il deputato armeno Garo Paylan, dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli, formazione d'opposizione che unisce forze filo-curde e forze di sinistra) ha rivolto una interrogazione parlamentare al ministro turco della Cultura Mehmet Nuri Ersoy, riportando il caso della antica chiesa armena della Vergine Maria, oggi in stato di abbandono nel villaggio di Germuş, non lontano da Urfa, dove ultimamente una comitiva di amici si è data appuntamento per il loro barbecue conviviale. “Migliaia di chiese” si legge nell’interpellanza di Paylan “sono in attesa di essere restaurate nel nostro Paese. Perché vengono abbandonate al loro destino?”. (GV) (Agenzia Fides 23/1/2021)
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AMERICA/CILE - Dopo 15 anni di lavoro la “Bibbia della Chiesa in America” è ora disponibile per tutti
 
Santiago (Agenzia Fides) - La “Bibbia della Chiesa in America” (BIA), un progetto del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) che si assunse l’incarico di eseguire una traduzione in lingua corrente delle Sacre Scritture da offrire agli ispanofoni di tutte le Americhe, è arrivato a compimento e ora chiunque può acquistarla. Secondo la nota della Conferenza episcopale cilena, pervenuta a Fides, un team di 26 specialisti latinoamericani – sotto la responsabilità del Vescovo cileno Santiago Silva Retamales, Ordinario militare – ha lavorato per 15 anni alla traduzione dei contenuti da ebraico, aramaico e greco, in fedeltà al testo originale ma anche al lettore contemporaneo, cercando di tradurre i significati genuini in lingua corrente.
La “Bibbia della Chiesa in America” include una ricca serie di note pastorali
e teologiche, introduzioni, glossario, mappe e altre risorse, che ne fanno uno strumento fondamentale per l’evangelizzazione e la catechesi nelle comunità cristiane, e può anche essere utilizzata per la formazione biblica permanente e la "lectio divina". Ne sono stati realizzati diversi formati, per le esigenze pastorali. (SL) (Agenzia Fides 23/01/2021)
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AMERICA/MESSICO - A novembre l'Assemblea ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi: "Siamo tutti discepoli missionari in uscita"
 
Città del Messico (Agenzia Fides) - Nell'ambito della “Domenica della Parola di Dio” e della 55esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) presenta l'Assemblea ecclesiale di America latina e Caraibi, domenica 24 gennaio, dalla Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, alle ore 10:45 (ora locale), attraverso i social network del Celam.
Il motto scelto, "Siamo tutti discepoli missionari in uscita", “ci chiama, in comunione con Papa Francesco, a intraprendere un cammino partecipativo per discernere le nuove strade che dobbiamo percorrere per rispondere alle sfide pastorali della Chiesa in America Latina e nei Caraibi, nel contesto attuale, mentre ricorderemo la V Conferenza Generale dell'Episcopato latinoamericano tenutasi ad Aparecida (Brasile), nel 2007” spiega la nota della Commissione della comunicazione del Celam.
Per il suo carattere sinodale, la realizzazione di questa Assemblea ecclesiale – tra il 21 e il 28 novembre 2021, a Città del Messico – così come il suo processo di ascolto del Popolo di Dio, il suo cammino spirituale e la sua successiva attuazione, “segneranno una pietra miliare nel cammino dei discepoli missionari del nostro continente. Laici, religiosi e religiosi, diaconi, seminaristi, sacerdoti, Vescovi, Cardinali e persone di buona volontà, faranno parte di questo grande evento ecclesiale, sotto la protezione di Santa Maria di Guadalupe, Patrona dell'America Latina e dei Caraibi, mentre ci avviciniamo alla celebrazione dei 500 anni dell'Evento di Guadalupano e ai 2000 anni della nostra Redenzione (2031+2033)”.
La nota infine sottolinea che sarà un'esperienza di ascolto, dialogo e incontro, alla luce della Parola di Dio, del Documento di Aparecida e del Magistero di Papa Francesco, “per contemplare la realtà dei nostri popoli, approfondire le sfide del continente nel contesto della pandemia di Covid-19, ravvivare il nostro impegno pastorale e cercare nuove vie perché tutti abbiano vita in abbondanza”. (SL) (Agenzia Fides 23/01/2021)
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AMERICA/ PERU’ - Anno Missionario di iniziazione alla vita cristiana per "una Chiesa aperta e accogliente”.
 
Cusco (Agenzia Fides) - “Tutti noi vogliamo una Chiesa che viva la comunione, sia aperta e accogliente a tutte le vocazioni, carismi e ministeri; una Chiesa di comunione per bambini, giovani e adulti; una Chiesa formativa e di servizio sempre attenta alla gente”. Così riferisce in una intervista rilasciata all’Agenzia Fides Mons. Richard Daniel Alarcón Urrutia, Arcivescovo Metropolita di Cusco, parlando dell’apertura dell’Anno Missionario di Iniziazione alla Vita Cristiana”, avviato domenica 10 gennaio.
L'Arcivescovo di Cusco ricorda alcuni punti fondamentali, auspicando "una Chiesa formatrice e serva; una migliore formazione nella fede, adeguata a questo tempo di profondi e rapidi cambiamenti, presenti nei bambini, giovani e adolescenti le nuove ideologie". "Di fronte a questa situazione non possiamo restare a braccia incrociate - rimarca il Presule - dobbiamo prendere coscienza della necessità della conversione pastorale”.
Mons. Richard ricordato, inoltre, che "stiamo entrando in un anno decisivo, poiché da quest'anno dipende dal raggiungimento dei frutti dell'ideale di Chiesa proposto nel Piano pastorale arcidiocesano 2018-2022. L’obiettivo che ci prefiggiamo - spiega - è passare da una 'pastorale conservativa' a un ministero missionario, recuperando spazi per la formazione in parrocchia e in famiglia. Urge una formazione rinnovata e aggiornata per avere una vita cristiana impegnata. Dobbiamo aprire percorsi e rompere schemi - afferma il Vescovo - uscire dalle abitudini è una grande ma necessaria sfida”.
Continua mons Urrutia: “Durante quest’anno avremo più spazi di formazione e orientamento. Tutti i fedeli sono invitati a seguire questo nuovo volto di una Chiesa che insegna, guida e accompagna vividamente l'esperienza dell'incontro con Cristo. È importante proporre un itinerario catecumenale ai giovani per maturare la loro fede e amare Gesù conducendo una vita cristiana”.
Inoltre, aderendo all'iniziativa di Papa Francesco, che ha dichiarato il 2021 ‘Anno di San Giuseppe’ , il Pastore della Chiesa di Cusco ha annunciato che sarà proprio il santo, il Patrono dell'Iniziazione alla vita cristiana: “San Giuseppe - sottolinea mons. Richard - ci ricorda la responsabilità che abbiamo di formare ed educare i fedeli, proprio come ha fatto lui con Gesù. La sua opera - conclude - è l'opera di ogni cristiano impegnato nella catechesi, una grande necessità per i tempi di oggi”.
(ES) (Agenzia Fides) (23/1/2021)





LINK
Guarda la video intervista all'Arcivescovo Daniel Alarcón Urrutia sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://youtu.be/t4PUu0Y_vmA

sabato 16 gennaio 2021

Agenzia Fides 16 gennaio 2021

 

AFRICA/ALGERIA - L’Arcivescovo di Algeri: “Un Chiesa dell’incontro, della fraternità, del servizio”
 
Algeri (Agenzia Fides) - “La Chiesa d'Algeria risale al II secolo, con i suoi martiri e Sant'Agostino. È una Chiesa che vive con il suo popolo e per il suo popolo che è in maggioranza musulmano. Sulle orme di Mons. Henri Teissier, continuerà ad essere una Chiesa dell’incontro, al servizio della fraternità con tutti e per tutti. Come ho scritto nella nostra rivista diocesana, “Rencontres”, l'8 dicembre è stato il giorno in cui il corpo del nostro fratello Henri ha ritrovato il paese e la terra dove ha amato e ha servito, un grande segno di fraternità tracciato nel cielo di Orano durante la beatificazione dei nostri diciannove martiri veniva rinnovato, esattamente due anni dopo”. Così mons. Paul Desfarges, Arcivescovo di Algeri, racconta in un colloquio con l’Agenzia Fides il momento e il volto della Chiesa d’Algeria, segnata in tempi recenti dalla morte di uno dei suoi più grandi testimoni, Mons. Henri Teissier (1 dicembre 2020), e dalla celebrazione del secondo anniversario della beatificazione dei 19 martiri d’Algeria (l’8 dicembre 2020).
Cos’ l’Arcivescovo ricorda mons. Teissier: “Per me era un fratello. Ha aperto e ha tracciato un sentiero e noi continueremo lo stesso percorso. Il Vescovo Jean-Paul Vesco, insieme al giornale ‘La Croix’, hanno definito il nostro fratello Henri 'il ventesimo beato'. Avrebbe potuto essere ucciso con gli altri 19 durante l'ondata di violenza che ha travolto l'Algeria, gli è stato concesso di continuare ad accompagnare la sua Chiesa nelle difficoltà, aiutandola a rimanere fedele, nel perdono, nella pace, nel vincolo di alleanza che la univa al suo popolo, anch’esso in un terribile calvario. Giornate cariche di emozione hanno mostrato la fraternità che ha attraversato le due sponde del Mediterraneo, da Lione ad Algeri, passando per Marsiglia. In quei momenti, tutti hanno potuto ascoltare e vivere la felicità delle Beatitudini. Si assaporava già il Regno di una fraternità che trascende ogni cultura e religione ed è realmente universale”.
Ben radicata e divenuta pienamente “Chiesa d’Algeria” e non “Chiesa in Algeria”, come amava ripetere Mons Teissier, la comunità cristiana vive con il popolo l’ennesima fase di fragilità, complicata dalla pandemia e dalla lunga assenza del presidente Abdelmadjid Tebboune ricoverato in una struttura ospedaliera in Germania. Racconta l’Arcivescovo: “Siamo una Chiesa cittadina al servizio della società che ama. I cristiani come tutti i cittadini stanno vivendo la situazione in cui la pandemia continua, anche se in declino, con tutte le restrizioni imposte dalle misure sanitarie. Il Paese resta chiuso ai voli commerciali all'estero e sono ripresi solo i voli interni. I mezzi di circolazione, specialmente tra i distretti, rimangono limitati. La crisi economica si sta facendo sentire e le famiglie bisognose aumentano in modo preoccupante. I nostri dipartimenti Caritas, Incontro e Sviluppo, le Conferenze di San Vincenzo de 'Paoli fanno del loro meglio, con mezzi limitati per distribuire alimenti e fornire aiuti quando possibile. Di recente è stata votata una riforma della Costituzione, anche se con una forte astensione (un referendum novembre 2020 ha sancito la riforma costituzionale con il 66,80 per cento dei voti, ma con un’affluenza che non arrivava al 24%, ndr). Promette una maggiore partecipazione della società civile, ma attualmente siamo piuttosto in una fase di grande controllo del potere”. L’Arcivescovo si dice preoccupato “per la cancellazione dell'articolo sulla libertà di coscienza anche se il testo non è ancora stato firmato dal presidente il cui rientro è atteso, dopo oltre due mesi di assenza per malattia. Vengono annunciate le elezioni regionali e legislative ma restano tante incertezze per l’anno 2021, con una situazione economica fragile”.
La Chiesa d’Algeria, una piccola presenza in termini numerici, continua a essere una realtà molto significativa nel Paese. La sua testimonianza e il suo annuncio, rappresentano un segno ormai stabilmente riconoscibile di dialogo e convivenza pacifica grazie anche alle esperienze di profonda condivisione dei 19 martiri e di grandi rappresentanti quali il Cardinal Duval e Mons. Teissier.
Conclude l’Arcivescovo Desfarges: “L'8 dicembre scorso, Maria, piena di grazia, ci ha accolto nella Basilica a lei dedicata, Notre-Dame d'Afrique, ad Algeri. Il vescovo Teissier ora riposa lì accanto al cardinale Duval. La Beata Vergine, con il nostro fratello Henri, il cardinale Duval, il beato Charles de Foucauld, i nostri beati martiri d'Algeria e tutti i santi, continuerà ad accogliere tutti coloro che ogni giorno le confidano le loro gioie, ma soprattutto i loro dolori e le loro sofferenze. Maria è la guida della nostra Chiesa e la Madre di tutti i suoi figli, cristiani, musulmani, cercatori di senso, i suoi figli della ricerca interiore. Li aiuta a riconoscersi e ad amarsi come fratelli e sorelle. Durante quei giorni di grazia, i nostri fratelli e sorelle musulmani hanno potuto pregare insieme attraverso la recita della Fatiha, cantata da una sorella della Tarîqa Alâwiyya (un ordine sufi, ndr) e dai cristiani presenti. In quei giorni Maria, piena di Spirito Santo, ci ha guidati con dolcezza a questo stesso Spirito che permette l’incontro, anche nella preghiera, delle spiritualità di ogni religione ”.
(LA) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/TOGO - “Dopo un anno travagliato, il 2021 apra per il Togo una finestra sulla speranza”, dice un missionario
 
Sokodè (Agenzia Fides) - L’anno appena concluso è stato difficile e complicato per i tanti problemi che il Togo ha avuto. “Le ripercussioni si sono fatte sentire anche da noi a Kolowaré, dove l’esercito armato girava ed era spesso presente in modo pesante” scrive all’Agenzia Fides padre Silvano Galli, sacerdote della Società per le Missioni Africane.
“A partire dalle elezioni contestate dai diversi settori della società che hanno visto la conferma alla guida del Paese del presidente Faure Gnassingbé (vedi Fides 25/2/2020), al sopraggiungere del Covid che in qualche modo ha fatto passare sotto silenzio la crisi politica, la gente qui a Kolowaré si preoccupa prevalentemente di come sopravvivere.” Stando ad alcune testimonianze, racconta il missionario, i cristiani togolesi sperano che questo nuovo anno appena iniziato inviti tutti ad aprire la finestra sulla speranza, in qualunque situazione si trovi, nella preghiera e nell’azione. L’auspicio è che la situazione politica paralizzata, porti ad un dialogo tra i protagonisti e che i togolesi smettano di cercare affannosamente le cose materiali, per dedicarsi di più alla condivisione dei beni e alla serenità, si mettano in ascolto gli uni degli altri, per provare maggior empatia per una società più umana”.
(SG/AP) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Ripensare i media cattolici ai tempi del Covid
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Rilevare l'impatto negativo dell'insorgenza della crisi sanitaria del Covid-19 sul regolare svolgimento delle proprie attività e riflettere sul futuro dei principali media cattolici, come RNC, la Radio nazionale cattolica e Ecclésia TV, la televisione della Chiesa cattolica della Costa d'Avorio. E' quanto ha fatto la Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa della Costa d'Avorio, riunita dall'11 al 14 gennaio, presso il centro diocesano di Yamoussoukro, nella prima sessione ordinaria dell'anno 2021
I partecipanti erano una dozzina di responsabili della comunicazione delle diocesi e dei media della Chiesa locale. “Abbiamo discusso la gestione delle nostre strutture ai tempi di Covid; come siamo riusciti, cosa abbiamo fatto, quali sono le alternative che siamo riusciti a trovare affinché le nostre radio, le nostre televisioni, i nostri giornali e riviste possano funzionare?" ha detto a Fides p. Augustin Obrou, Segretario esecutivo nazionale della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale.
Domande che, secondo p. Obrou, trovano la loro risposta nelle innovazioni apportate dal cambio di programma e di linea editoriale dei media che devono fornire oggi un nuovo modo di ripensare la loro missione di vicinanza ai fedeli segnati dalle conseguenze della pandemia. Sono stati quindi intensificati i programmi di dialogo e di ascolto con i fedeli e le trasmissioni delle messe e di momenti di preghiera.
Al termine dell'incontro il 14 gennaio, Sua Ecc. Mons. Raymond Ahoua, Vescovo di Grand-Bassam e presidente della commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale ha affermato: “Penso che tutti dovrebbero mantenere la propria identità e avere obiettivi precisi. Non siamo nello stesso mercato con lo stesso prodotto in concorrenza con altri e per questo dobbiamo restare sereni”. (S.S.) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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ASIA/SIRIA- Tornano a Raqqa ex jihadisti siriani e “vedove di Daesh” rilasciati dal Campo di detenzione di Al Hol
 
RAQQA (Agenzia Fides) – Le Forze Democratiche Siriane, coalizione a guida curda che di fatto controlla il nord-est della Siria – ha disposto il rilascio di circa 400 famiglie di ex miliziani dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh) dal campo di prigionia di Al Hol, e il loro ritorno nella città di Raqqa, città che per lungo tempo, negli anni del conflitto, è stata la principale roccaforte di Daesh in Siria. Il rilascio delle famiglie di appartenenti a Daesh di nazionalità siriana è stato giustificato come misura volta a diminuire il sovraffollamento del Campo, dove le condizioni di vita sono sempre più intollerabili e continuano a registrarsi gravi episodi di violenza. Le famiglie rilasciate dal Campo di Al Hol sono composte in gran parte dalle vedove e dai figli di jihadisti rimasti uccisi durante il lungo conflitto che ha devastato la Siria negli ultimi anni. Non di meno, tra gli abitanti di Raqqa non è mancato chi ha espresso preoccupazione o aperta contrarietà davanti all’arrivo degli ex prigionieri provenienti da Al Hol.
Le Forze Democratiche Siriane (Syrian Democratic Forces, SDF) sono una alleanza di milizie a prevalenza curda, costituitesi nell’ottobre 2015 durante il conflitto siriano, che con l’appoggio della coalizione internazionale a guida USA controllano de facto ampie aree della Siria nord-orientale, coincidente con l'autoproclamata Federazione Democratica della Siria del Nord, detta comunemente Rojava.
Il presente e il destino delle famiglie di ex miliziani di Daesh prigionieri nei campi di detenzione in territorio siriano continua a rappresentare un nodo dai risvolti umanitari di difficile soluzione. Già nel 2020 le Forze democratiche Siriane hanno iniziato – con la mediazione di capi tribali locali - un processo di rilascio e ricollocamento progressivo di nuclei familiari prigionieri a Al Hol e in altri campi di detenzione. Dopo il crollo dello Stato Islamico, la Francia ha finora disposto il rientro in patria di 35 figli di jihadisti francesi che erano detenuti nei campi di detenzione sotto controllo curdo.
Nelle ultime settimane, nel nord e nel nord-est della Siria, divenuta area contesa tra diversi attori regionali e globali, si sono moltiplicate anche sanguinose operazioni “mordi e fuggi” messe in atto da cellule dormienti di Daesh ai danni delle forze militari governative, attacchi e attentati che hanno già provocato decine di morti.
A Raqqa, a quel tempo roccaforte siriana dei jihadisti di Daesh, il 29 luglio 2013 si sono perse le tracce del gesuita e islamologo romano Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa. (GV) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Fare luce sul massacro impunito a Panay: la richiesta della società civile e di organizzazioni religiose
 
Manila (Agenzia Fides) – Una seria e approfondita indagine giudiziaria perché un massacro non resti impunito e perchè si faccia luce su quanto avvenuto a Tapaz nella provincia di Capiz, sull’isola di Panay, nel centro del vasto arcipelago, due giorni prima della fine dell’anno. E’ quanto chiedono al governo laici e religiosi filippini, associazioni della società civile e diversi parlamentari dell’opposizione. Il 30 dicembre scorso infatti leader e membri di una importante comunità locale – gli indigeni Tumandok – sono stati oggetto di un durissimo intervento militare che ha lasciato sul terreno nove vittime e visto l’arresto di una ventina di persone. Per ora non si conoscono le ragioni e gli autori della strage e l’inchiesta interna aperta dalle autorità militari viene ritenuta insufficiente a rendere giustizia alle famiglie. Secondo i familiari delle vittime, i nove civili disarmati prima di essere uccisi sarebbero anche stati torturati. La polizia, che accompagnava l’operazione militare, sostiene invece che si trattasse di persone che avevano aperto il fuoco contro gli agenti e che fossero militanti del gruppo ribelle di matrice comunista New People’s Army, ipotesi respinta dalle famiglie.
La vicenda è connessa alla resistenza e alle proteste contro il progetto, a lungo contestato, dell’enorme diga di Jalaur, che ha l’obiettivo di fornire acqua per l’irrigazione su larga scala e produrre corrente elettrica. La seconda fase del progetto, dal costo di oltre 11 miliardi di pesos (circa 250 mln di dollari), ha preso il via nel 2019.
Nell’isola vi sono state manifestazioni e cosi in Europa: l’importante organizzazione della diaspora filippina “Promotion of the Church Peoples Response” (PCPR Europe), che ha pubblicato un messaggio di cordoglio e solidarietà con le famiglie Tumandok, ha organizzato nei giorni scorsi una manifestazione di sensibilizzazione online in appoggio alla missione di verifica che laici e religiosi stanno preparando per capire esattamente la dinamica di quanto successo, affinché venga avviato una procedimento giudiziario “civile”. “Sempre che – rileva all’Agenzia Fides il Camilliano Padre Aris Miranda – sia possibile recarsi sul luogo del crimine che è stato subito sigillato”.
La storia di Panay è purtroppo una storia di violenza contro le popolazioni indigene: “Non c'è solo il problema della diga ma più in generale – spiega a Fides P. Miranda – esiste un costante accaparramento delle terre indigene perché Panay è ricca di risorse naturali, agricole e minerarie, e investitori filippini e stranieri hanno sempre cercato di ottenere la terra indigena. I Tumandok sono una popolazione locale di circa 95mila individui, molto legati alla propria terra e alle proprie tradizioni. Furono tra i primi a opporsi alla conquista spagnola e ancora tra i primi a lottare contro le lobby sostenute dal dittatore Ferdinando Marcos. Panay è infatti un’isola dove impera il latifondo ed è terreno fertile per la canna da zucchero. E’ da sempre un luogo che risveglia grandi appetiti ma che conosce anche una lunga storia di resistenza locale agli invasori esterni”.
Proprio alla vigilia del massacro di Capiz, nel suo messaggio pastorale per il Natale, il Vescovo Gerardo Alminaza di San Carlos (diocesi che copre parte di quel territorio) ricordava le recenti stagioni di violenza sull’isola e ammoniva che “la pace non è negoziabile. Questo va oltre la tirannia di un leader politico. La pace è ancora più preziosa e dovrebbe essere l'obiettivo finale del motto della polizia e dei militari, ‘Per servire e proteggere: proteggere le persone, proteggendo lo Stato’. Sfidiamo il nostro governo locale a non diventare un ostaggio politico di questa oppressiva politica di uccisioni. Il Natale – concludeva il messaggio del Vescovo della diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Jaro a Panay – deve ispirarci e incoraggiarci a sostenere una città pacifica, un'isola pacifica e a paese pacifico, libero da assassinii senza senso”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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AMERICA/HAITI - I Gesuiti sulla crisi sociale e politica: esortiamo a rifare il gesto del 1804
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – E’ stato pubblicato in coincidenza dell’anniversario del terremoto del 2010 che ha distrutto Haiti, il rapporto dei Gesuiti che lavorano in questa terra martoriata e che più di una volta hanno proposto una visione con speranza nell’impegno cristiano di convivere con queste comunità martoriate dalla natura e la violenza.
“La profonda crisi che la società haitiana sta attraversando da diversi decenni ha ormai raggiunto dimensioni inimmaginabili. Ci sentiamo come se fossimo nel caos totale; in fondo a un baratro da cui non si vede alcuna via d'uscita all'orizzonte. L'incertezza e la sofferenza sembrano ahimè! portare via ogni speranza. La nostra nazione sta lentamente collassando e con essa le nostre istituzioni ei valori fondamentali su cui si basa la nostra esistenza collettiva. Questa triste situazione ci sfida come uomini e donne, cristiani e non cristiani e ancor più come religiosi gesuiti. Questo grido dell'apostolo Paolo risuona ora più che mai nelle nostre menti e nei nostri cuori e ci spinge all'azione: "Guai a me se non predico il Vangelo (1 Cor 9,16)"
Dopo un analisi su certi aspetti della società haitiana, il rapporto segnala che c’è una via di uscita dalla crisi, ecco perché concludono con esortare i diversi protagonisti della vita sociale e politica di questo paese a rifare il gesto del 1804:
“Se la tragedia che stiamo vivendo è il risultato dell'azione umana, una via d'uscita dalla crisi e un domani migliore può arrivare attraverso l'azione positiva dei figli e delle figlie del nostro Paese.
Esortiamo gli attori chiave, sia nazionali che internazionali, a prendere le decisioni appropriate, nel pieno rispetto dei principi democratici fondamentali, per aiutare a salvare questo paese.
Esortiamo le forze vitali della Nazione, chiediamo di alzarsi, in questo storico crocevia del nostro Paese, a rifare il gesto del 1804 e lanciare così questo vasto movimento di rinascita nazionale che ridarà speranza e dignità al nostro popolo.
Esortiamo inoltre tutti gli attivisti sociali e politici, le numerose organizzazioni della diaspora haitiana, a non scoraggiarsi e a continuare la lotta per invertire questa situazione insopportabile.
Esortiamo il valoroso popolo di Haiti, le persone coraggiose e resilienti, le persone orgogliose anche in mezzo alle avversità a continuare ad attingere alla loro fede, alla loro ricca cultura e alla loro storia unica, nuove ragioni di speranza e coraggio necessario per realizzare il suo sogno di una nuova Haiti.”
Il rapporto inviato a Fides è firmato da tutti i gesuiti che lavorano ad Haiti.
(CE) (Agenzia Fides 16/01/2021)

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AMERICA/ARGENTINA - I Missionari della Consolata: “Al fianco dei poveri e dei bisognosi, per riscoprire il volto di Cristo”
 
Buenos Aires ( Agenzia Fides) - “Qui lavoriamo nelle periferie urbane delle grandi città con un alto tasso di problemi sociali. Collaboriamo al miglioramento e alla promozione della dignità umana, attraverso l'istruzione scolastica, centri sanitari e centri di formazione professionale. È importante sensibilizzare i fedeli ad assumere la condizione missionaria ricevuta nel battesimo. Vogliamo formare giovani chiamati da Dio ad essere missionari della Consolata”. A dirlo all’Agenzia Fides è padre Dietrich Pendawazima, vice superiore generale dei Missionari della Consolata, di origini tanzaniane, parlando dell’opera e dell’impegno dei missionari in Argentina.
"Quali sfide bisogna affrontare dove veniamo inviati? Prendiamo e annunciamo Gesù dove ancora non lo conoscono”, afferma p. Dietrich “È necessario condividere il perché della nostra presenza e l’esperienza significativa che il Signore ci sta permettendo di vivere - prosegue - il carisma missionario e lo spirito del nostro fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, porta ad impegnarci laddove c’è bisogno del nostro aiuto”.
"All’inizio della nostra presenza in Argentina - racconta p. Pendawazima - ci siamo posti questa domanda: come missionari, come possiamo dare il nostro contributo? Conoscendo la realtà nella quale iniziavamo a muovere i primi passi, dopo tanti confronti tra di noi e altri missionari e agenti pastorali della diocesi, abbiamo ritenuto che una nostra presenza qui fosse significativa. Il luogo che più di altri aveva necessità di una presenza missionaria era quello della baraccopoli. Ecco perché abbiamo iniziato la nostra presenza in mezzo ai più poveri".
Continua il vice superiore generale: "Cerchiamo , nel limite del possibile, di farci prossimi , di assumere uno stile di vita semplice, essenziale e sobrio. Fin dagli inizi, il Signore ha messo lungo il nostro cammino, giovani laici pronti a condividere questa nuova missione con noi. Consacrati e laici insieme per l’annuncio della Buona Notizia in mezzo ai più poveri. La preghiera e la condivisione - rimarca p. Dietrich - sono il centro della nostra missione che poi si realizza nella attività concrete, dove la priorità è la visita quotidiana tra la gente. In questi anni -conclude - abbiamo capito quanto veri e significative siano le parole di Gesù quando dice che ogni volta che aiutiamo un povero, un bisognoso è Gesù stesso che stiamo aiutando”.
(ES) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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Guarda la video intervista a padre Dietrich Pendawazima sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://youtu.be/OpG14H3smYo
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NEWS ANALYSIS - Verso una “nuova economia”: abolire i paradisi fiscali
 
Roma (Agenzia Fides) - “L’abolizione dei paradisi fiscali è una priorità assoluta, perché essi rappresentano uno strumento di disuguaglianza in cui a pagare sono sempre i Paesi più deboli. Nel 2013, la banca Credit Suisse ha diffuso un grafico noto come ‘piramide della disuguaglianza’, che mostrava come in quell’anno il 91,7% della popolazione mondiale avesse accesso soltanto al 17% delle ricchezze, mentre lo 0,7% della popolazione accedeva al 41%. Questa immagine, che già appare piuttosto impietosa, in realtà ormai è diventata quasi una rappresentazione benevola, perché dal 2013 ad oggi la sperequazione tra ricchi e poveri, tra chi non paga le tasse e chi ne è vessato, si è persino allargata. E’ quindi evidente quanto sia necessario un patto fiscale: esso implicherebbe la ridistribuzione delle ricchezze e la creazione di un sistema di rimessa in circolo del denaro. Sentiamo sempre dire che mancano le risorse, ma in realtà si calcola che nei paradisi fiscali siano stati nascosti tra i 21mila ai 36mila miliardi di dollari. Una sana politica fiscale, basata su una tassazione progressiva, permetterebbe di rimettere in circolazione tutta questa ricchezza e di utilizzarla per la produzione di beni comuni”. E’ quanto spiega all’Agenzia Fides da Nicoletta Dentico, esperta di cooperazione internazionale e salute globale, offrendo una riflessione sulle strategie e le azioni da compiere per costruire la “nuova economia” promossa dall’iniziativa “The Economy of Francesco”. [ - continua]


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Continua a leggere la News analysis sul sito web Omnis Terra -> http://omnisterra.fides.org/articles/view/155

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...