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sabato 16 gennaio 2021

Agenzia Fides 16 gennaio 2021

 

AFRICA/ALGERIA - L’Arcivescovo di Algeri: “Un Chiesa dell’incontro, della fraternità, del servizio”
 
Algeri (Agenzia Fides) - “La Chiesa d'Algeria risale al II secolo, con i suoi martiri e Sant'Agostino. È una Chiesa che vive con il suo popolo e per il suo popolo che è in maggioranza musulmano. Sulle orme di Mons. Henri Teissier, continuerà ad essere una Chiesa dell’incontro, al servizio della fraternità con tutti e per tutti. Come ho scritto nella nostra rivista diocesana, “Rencontres”, l'8 dicembre è stato il giorno in cui il corpo del nostro fratello Henri ha ritrovato il paese e la terra dove ha amato e ha servito, un grande segno di fraternità tracciato nel cielo di Orano durante la beatificazione dei nostri diciannove martiri veniva rinnovato, esattamente due anni dopo”. Così mons. Paul Desfarges, Arcivescovo di Algeri, racconta in un colloquio con l’Agenzia Fides il momento e il volto della Chiesa d’Algeria, segnata in tempi recenti dalla morte di uno dei suoi più grandi testimoni, Mons. Henri Teissier (1 dicembre 2020), e dalla celebrazione del secondo anniversario della beatificazione dei 19 martiri d’Algeria (l’8 dicembre 2020).
Cos’ l’Arcivescovo ricorda mons. Teissier: “Per me era un fratello. Ha aperto e ha tracciato un sentiero e noi continueremo lo stesso percorso. Il Vescovo Jean-Paul Vesco, insieme al giornale ‘La Croix’, hanno definito il nostro fratello Henri 'il ventesimo beato'. Avrebbe potuto essere ucciso con gli altri 19 durante l'ondata di violenza che ha travolto l'Algeria, gli è stato concesso di continuare ad accompagnare la sua Chiesa nelle difficoltà, aiutandola a rimanere fedele, nel perdono, nella pace, nel vincolo di alleanza che la univa al suo popolo, anch’esso in un terribile calvario. Giornate cariche di emozione hanno mostrato la fraternità che ha attraversato le due sponde del Mediterraneo, da Lione ad Algeri, passando per Marsiglia. In quei momenti, tutti hanno potuto ascoltare e vivere la felicità delle Beatitudini. Si assaporava già il Regno di una fraternità che trascende ogni cultura e religione ed è realmente universale”.
Ben radicata e divenuta pienamente “Chiesa d’Algeria” e non “Chiesa in Algeria”, come amava ripetere Mons Teissier, la comunità cristiana vive con il popolo l’ennesima fase di fragilità, complicata dalla pandemia e dalla lunga assenza del presidente Abdelmadjid Tebboune ricoverato in una struttura ospedaliera in Germania. Racconta l’Arcivescovo: “Siamo una Chiesa cittadina al servizio della società che ama. I cristiani come tutti i cittadini stanno vivendo la situazione in cui la pandemia continua, anche se in declino, con tutte le restrizioni imposte dalle misure sanitarie. Il Paese resta chiuso ai voli commerciali all'estero e sono ripresi solo i voli interni. I mezzi di circolazione, specialmente tra i distretti, rimangono limitati. La crisi economica si sta facendo sentire e le famiglie bisognose aumentano in modo preoccupante. I nostri dipartimenti Caritas, Incontro e Sviluppo, le Conferenze di San Vincenzo de 'Paoli fanno del loro meglio, con mezzi limitati per distribuire alimenti e fornire aiuti quando possibile. Di recente è stata votata una riforma della Costituzione, anche se con una forte astensione (un referendum novembre 2020 ha sancito la riforma costituzionale con il 66,80 per cento dei voti, ma con un’affluenza che non arrivava al 24%, ndr). Promette una maggiore partecipazione della società civile, ma attualmente siamo piuttosto in una fase di grande controllo del potere”. L’Arcivescovo si dice preoccupato “per la cancellazione dell'articolo sulla libertà di coscienza anche se il testo non è ancora stato firmato dal presidente il cui rientro è atteso, dopo oltre due mesi di assenza per malattia. Vengono annunciate le elezioni regionali e legislative ma restano tante incertezze per l’anno 2021, con una situazione economica fragile”.
La Chiesa d’Algeria, una piccola presenza in termini numerici, continua a essere una realtà molto significativa nel Paese. La sua testimonianza e il suo annuncio, rappresentano un segno ormai stabilmente riconoscibile di dialogo e convivenza pacifica grazie anche alle esperienze di profonda condivisione dei 19 martiri e di grandi rappresentanti quali il Cardinal Duval e Mons. Teissier.
Conclude l’Arcivescovo Desfarges: “L'8 dicembre scorso, Maria, piena di grazia, ci ha accolto nella Basilica a lei dedicata, Notre-Dame d'Afrique, ad Algeri. Il vescovo Teissier ora riposa lì accanto al cardinale Duval. La Beata Vergine, con il nostro fratello Henri, il cardinale Duval, il beato Charles de Foucauld, i nostri beati martiri d'Algeria e tutti i santi, continuerà ad accogliere tutti coloro che ogni giorno le confidano le loro gioie, ma soprattutto i loro dolori e le loro sofferenze. Maria è la guida della nostra Chiesa e la Madre di tutti i suoi figli, cristiani, musulmani, cercatori di senso, i suoi figli della ricerca interiore. Li aiuta a riconoscersi e ad amarsi come fratelli e sorelle. Durante quei giorni di grazia, i nostri fratelli e sorelle musulmani hanno potuto pregare insieme attraverso la recita della Fatiha, cantata da una sorella della Tarîqa Alâwiyya (un ordine sufi, ndr) e dai cristiani presenti. In quei giorni Maria, piena di Spirito Santo, ci ha guidati con dolcezza a questo stesso Spirito che permette l’incontro, anche nella preghiera, delle spiritualità di ogni religione ”.
(LA) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/TOGO - “Dopo un anno travagliato, il 2021 apra per il Togo una finestra sulla speranza”, dice un missionario
 
Sokodè (Agenzia Fides) - L’anno appena concluso è stato difficile e complicato per i tanti problemi che il Togo ha avuto. “Le ripercussioni si sono fatte sentire anche da noi a Kolowaré, dove l’esercito armato girava ed era spesso presente in modo pesante” scrive all’Agenzia Fides padre Silvano Galli, sacerdote della Società per le Missioni Africane.
“A partire dalle elezioni contestate dai diversi settori della società che hanno visto la conferma alla guida del Paese del presidente Faure Gnassingbé (vedi Fides 25/2/2020), al sopraggiungere del Covid che in qualche modo ha fatto passare sotto silenzio la crisi politica, la gente qui a Kolowaré si preoccupa prevalentemente di come sopravvivere.” Stando ad alcune testimonianze, racconta il missionario, i cristiani togolesi sperano che questo nuovo anno appena iniziato inviti tutti ad aprire la finestra sulla speranza, in qualunque situazione si trovi, nella preghiera e nell’azione. L’auspicio è che la situazione politica paralizzata, porti ad un dialogo tra i protagonisti e che i togolesi smettano di cercare affannosamente le cose materiali, per dedicarsi di più alla condivisione dei beni e alla serenità, si mettano in ascolto gli uni degli altri, per provare maggior empatia per una società più umana”.
(SG/AP) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Ripensare i media cattolici ai tempi del Covid
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Rilevare l'impatto negativo dell'insorgenza della crisi sanitaria del Covid-19 sul regolare svolgimento delle proprie attività e riflettere sul futuro dei principali media cattolici, come RNC, la Radio nazionale cattolica e Ecclésia TV, la televisione della Chiesa cattolica della Costa d'Avorio. E' quanto ha fatto la Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa della Costa d'Avorio, riunita dall'11 al 14 gennaio, presso il centro diocesano di Yamoussoukro, nella prima sessione ordinaria dell'anno 2021
I partecipanti erano una dozzina di responsabili della comunicazione delle diocesi e dei media della Chiesa locale. “Abbiamo discusso la gestione delle nostre strutture ai tempi di Covid; come siamo riusciti, cosa abbiamo fatto, quali sono le alternative che siamo riusciti a trovare affinché le nostre radio, le nostre televisioni, i nostri giornali e riviste possano funzionare?" ha detto a Fides p. Augustin Obrou, Segretario esecutivo nazionale della Commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale.
Domande che, secondo p. Obrou, trovano la loro risposta nelle innovazioni apportate dal cambio di programma e di linea editoriale dei media che devono fornire oggi un nuovo modo di ripensare la loro missione di vicinanza ai fedeli segnati dalle conseguenze della pandemia. Sono stati quindi intensificati i programmi di dialogo e di ascolto con i fedeli e le trasmissioni delle messe e di momenti di preghiera.
Al termine dell'incontro il 14 gennaio, Sua Ecc. Mons. Raymond Ahoua, Vescovo di Grand-Bassam e presidente della commissione episcopale per i mezzi di comunicazione sociale ha affermato: “Penso che tutti dovrebbero mantenere la propria identità e avere obiettivi precisi. Non siamo nello stesso mercato con lo stesso prodotto in concorrenza con altri e per questo dobbiamo restare sereni”. (S.S.) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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ASIA/SIRIA- Tornano a Raqqa ex jihadisti siriani e “vedove di Daesh” rilasciati dal Campo di detenzione di Al Hol
 
RAQQA (Agenzia Fides) – Le Forze Democratiche Siriane, coalizione a guida curda che di fatto controlla il nord-est della Siria – ha disposto il rilascio di circa 400 famiglie di ex miliziani dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh) dal campo di prigionia di Al Hol, e il loro ritorno nella città di Raqqa, città che per lungo tempo, negli anni del conflitto, è stata la principale roccaforte di Daesh in Siria. Il rilascio delle famiglie di appartenenti a Daesh di nazionalità siriana è stato giustificato come misura volta a diminuire il sovraffollamento del Campo, dove le condizioni di vita sono sempre più intollerabili e continuano a registrarsi gravi episodi di violenza. Le famiglie rilasciate dal Campo di Al Hol sono composte in gran parte dalle vedove e dai figli di jihadisti rimasti uccisi durante il lungo conflitto che ha devastato la Siria negli ultimi anni. Non di meno, tra gli abitanti di Raqqa non è mancato chi ha espresso preoccupazione o aperta contrarietà davanti all’arrivo degli ex prigionieri provenienti da Al Hol.
Le Forze Democratiche Siriane (Syrian Democratic Forces, SDF) sono una alleanza di milizie a prevalenza curda, costituitesi nell’ottobre 2015 durante il conflitto siriano, che con l’appoggio della coalizione internazionale a guida USA controllano de facto ampie aree della Siria nord-orientale, coincidente con l'autoproclamata Federazione Democratica della Siria del Nord, detta comunemente Rojava.
Il presente e il destino delle famiglie di ex miliziani di Daesh prigionieri nei campi di detenzione in territorio siriano continua a rappresentare un nodo dai risvolti umanitari di difficile soluzione. Già nel 2020 le Forze democratiche Siriane hanno iniziato – con la mediazione di capi tribali locali - un processo di rilascio e ricollocamento progressivo di nuclei familiari prigionieri a Al Hol e in altri campi di detenzione. Dopo il crollo dello Stato Islamico, la Francia ha finora disposto il rientro in patria di 35 figli di jihadisti francesi che erano detenuti nei campi di detenzione sotto controllo curdo.
Nelle ultime settimane, nel nord e nel nord-est della Siria, divenuta area contesa tra diversi attori regionali e globali, si sono moltiplicate anche sanguinose operazioni “mordi e fuggi” messe in atto da cellule dormienti di Daesh ai danni delle forze militari governative, attacchi e attentati che hanno già provocato decine di morti.
A Raqqa, a quel tempo roccaforte siriana dei jihadisti di Daesh, il 29 luglio 2013 si sono perse le tracce del gesuita e islamologo romano Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa. (GV) (Agenzia Fides 16/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Fare luce sul massacro impunito a Panay: la richiesta della società civile e di organizzazioni religiose
 
Manila (Agenzia Fides) – Una seria e approfondita indagine giudiziaria perché un massacro non resti impunito e perchè si faccia luce su quanto avvenuto a Tapaz nella provincia di Capiz, sull’isola di Panay, nel centro del vasto arcipelago, due giorni prima della fine dell’anno. E’ quanto chiedono al governo laici e religiosi filippini, associazioni della società civile e diversi parlamentari dell’opposizione. Il 30 dicembre scorso infatti leader e membri di una importante comunità locale – gli indigeni Tumandok – sono stati oggetto di un durissimo intervento militare che ha lasciato sul terreno nove vittime e visto l’arresto di una ventina di persone. Per ora non si conoscono le ragioni e gli autori della strage e l’inchiesta interna aperta dalle autorità militari viene ritenuta insufficiente a rendere giustizia alle famiglie. Secondo i familiari delle vittime, i nove civili disarmati prima di essere uccisi sarebbero anche stati torturati. La polizia, che accompagnava l’operazione militare, sostiene invece che si trattasse di persone che avevano aperto il fuoco contro gli agenti e che fossero militanti del gruppo ribelle di matrice comunista New People’s Army, ipotesi respinta dalle famiglie.
La vicenda è connessa alla resistenza e alle proteste contro il progetto, a lungo contestato, dell’enorme diga di Jalaur, che ha l’obiettivo di fornire acqua per l’irrigazione su larga scala e produrre corrente elettrica. La seconda fase del progetto, dal costo di oltre 11 miliardi di pesos (circa 250 mln di dollari), ha preso il via nel 2019.
Nell’isola vi sono state manifestazioni e cosi in Europa: l’importante organizzazione della diaspora filippina “Promotion of the Church Peoples Response” (PCPR Europe), che ha pubblicato un messaggio di cordoglio e solidarietà con le famiglie Tumandok, ha organizzato nei giorni scorsi una manifestazione di sensibilizzazione online in appoggio alla missione di verifica che laici e religiosi stanno preparando per capire esattamente la dinamica di quanto successo, affinché venga avviato una procedimento giudiziario “civile”. “Sempre che – rileva all’Agenzia Fides il Camilliano Padre Aris Miranda – sia possibile recarsi sul luogo del crimine che è stato subito sigillato”.
La storia di Panay è purtroppo una storia di violenza contro le popolazioni indigene: “Non c'è solo il problema della diga ma più in generale – spiega a Fides P. Miranda – esiste un costante accaparramento delle terre indigene perché Panay è ricca di risorse naturali, agricole e minerarie, e investitori filippini e stranieri hanno sempre cercato di ottenere la terra indigena. I Tumandok sono una popolazione locale di circa 95mila individui, molto legati alla propria terra e alle proprie tradizioni. Furono tra i primi a opporsi alla conquista spagnola e ancora tra i primi a lottare contro le lobby sostenute dal dittatore Ferdinando Marcos. Panay è infatti un’isola dove impera il latifondo ed è terreno fertile per la canna da zucchero. E’ da sempre un luogo che risveglia grandi appetiti ma che conosce anche una lunga storia di resistenza locale agli invasori esterni”.
Proprio alla vigilia del massacro di Capiz, nel suo messaggio pastorale per il Natale, il Vescovo Gerardo Alminaza di San Carlos (diocesi che copre parte di quel territorio) ricordava le recenti stagioni di violenza sull’isola e ammoniva che “la pace non è negoziabile. Questo va oltre la tirannia di un leader politico. La pace è ancora più preziosa e dovrebbe essere l'obiettivo finale del motto della polizia e dei militari, ‘Per servire e proteggere: proteggere le persone, proteggendo lo Stato’. Sfidiamo il nostro governo locale a non diventare un ostaggio politico di questa oppressiva politica di uccisioni. Il Natale – concludeva il messaggio del Vescovo della diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Jaro a Panay – deve ispirarci e incoraggiarci a sostenere una città pacifica, un'isola pacifica e a paese pacifico, libero da assassinii senza senso”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 16/1/2021)

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AMERICA/HAITI - I Gesuiti sulla crisi sociale e politica: esortiamo a rifare il gesto del 1804
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – E’ stato pubblicato in coincidenza dell’anniversario del terremoto del 2010 che ha distrutto Haiti, il rapporto dei Gesuiti che lavorano in questa terra martoriata e che più di una volta hanno proposto una visione con speranza nell’impegno cristiano di convivere con queste comunità martoriate dalla natura e la violenza.
“La profonda crisi che la società haitiana sta attraversando da diversi decenni ha ormai raggiunto dimensioni inimmaginabili. Ci sentiamo come se fossimo nel caos totale; in fondo a un baratro da cui non si vede alcuna via d'uscita all'orizzonte. L'incertezza e la sofferenza sembrano ahimè! portare via ogni speranza. La nostra nazione sta lentamente collassando e con essa le nostre istituzioni ei valori fondamentali su cui si basa la nostra esistenza collettiva. Questa triste situazione ci sfida come uomini e donne, cristiani e non cristiani e ancor più come religiosi gesuiti. Questo grido dell'apostolo Paolo risuona ora più che mai nelle nostre menti e nei nostri cuori e ci spinge all'azione: "Guai a me se non predico il Vangelo (1 Cor 9,16)"
Dopo un analisi su certi aspetti della società haitiana, il rapporto segnala che c’è una via di uscita dalla crisi, ecco perché concludono con esortare i diversi protagonisti della vita sociale e politica di questo paese a rifare il gesto del 1804:
“Se la tragedia che stiamo vivendo è il risultato dell'azione umana, una via d'uscita dalla crisi e un domani migliore può arrivare attraverso l'azione positiva dei figli e delle figlie del nostro Paese.
Esortiamo gli attori chiave, sia nazionali che internazionali, a prendere le decisioni appropriate, nel pieno rispetto dei principi democratici fondamentali, per aiutare a salvare questo paese.
Esortiamo le forze vitali della Nazione, chiediamo di alzarsi, in questo storico crocevia del nostro Paese, a rifare il gesto del 1804 e lanciare così questo vasto movimento di rinascita nazionale che ridarà speranza e dignità al nostro popolo.
Esortiamo inoltre tutti gli attivisti sociali e politici, le numerose organizzazioni della diaspora haitiana, a non scoraggiarsi e a continuare la lotta per invertire questa situazione insopportabile.
Esortiamo il valoroso popolo di Haiti, le persone coraggiose e resilienti, le persone orgogliose anche in mezzo alle avversità a continuare ad attingere alla loro fede, alla loro ricca cultura e alla loro storia unica, nuove ragioni di speranza e coraggio necessario per realizzare il suo sogno di una nuova Haiti.”
Il rapporto inviato a Fides è firmato da tutti i gesuiti che lavorano ad Haiti.
(CE) (Agenzia Fides 16/01/2021)

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AMERICA/ARGENTINA - I Missionari della Consolata: “Al fianco dei poveri e dei bisognosi, per riscoprire il volto di Cristo”
 
Buenos Aires ( Agenzia Fides) - “Qui lavoriamo nelle periferie urbane delle grandi città con un alto tasso di problemi sociali. Collaboriamo al miglioramento e alla promozione della dignità umana, attraverso l'istruzione scolastica, centri sanitari e centri di formazione professionale. È importante sensibilizzare i fedeli ad assumere la condizione missionaria ricevuta nel battesimo. Vogliamo formare giovani chiamati da Dio ad essere missionari della Consolata”. A dirlo all’Agenzia Fides è padre Dietrich Pendawazima, vice superiore generale dei Missionari della Consolata, di origini tanzaniane, parlando dell’opera e dell’impegno dei missionari in Argentina.
"Quali sfide bisogna affrontare dove veniamo inviati? Prendiamo e annunciamo Gesù dove ancora non lo conoscono”, afferma p. Dietrich “È necessario condividere il perché della nostra presenza e l’esperienza significativa che il Signore ci sta permettendo di vivere - prosegue - il carisma missionario e lo spirito del nostro fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, porta ad impegnarci laddove c’è bisogno del nostro aiuto”.
"All’inizio della nostra presenza in Argentina - racconta p. Pendawazima - ci siamo posti questa domanda: come missionari, come possiamo dare il nostro contributo? Conoscendo la realtà nella quale iniziavamo a muovere i primi passi, dopo tanti confronti tra di noi e altri missionari e agenti pastorali della diocesi, abbiamo ritenuto che una nostra presenza qui fosse significativa. Il luogo che più di altri aveva necessità di una presenza missionaria era quello della baraccopoli. Ecco perché abbiamo iniziato la nostra presenza in mezzo ai più poveri".
Continua il vice superiore generale: "Cerchiamo , nel limite del possibile, di farci prossimi , di assumere uno stile di vita semplice, essenziale e sobrio. Fin dagli inizi, il Signore ha messo lungo il nostro cammino, giovani laici pronti a condividere questa nuova missione con noi. Consacrati e laici insieme per l’annuncio della Buona Notizia in mezzo ai più poveri. La preghiera e la condivisione - rimarca p. Dietrich - sono il centro della nostra missione che poi si realizza nella attività concrete, dove la priorità è la visita quotidiana tra la gente. In questi anni -conclude - abbiamo capito quanto veri e significative siano le parole di Gesù quando dice che ogni volta che aiutiamo un povero, un bisognoso è Gesù stesso che stiamo aiutando”.
(ES) (Agenzia Fides 16/1/2021)
LINK
Guarda la video intervista a padre Dietrich Pendawazima sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://youtu.be/OpG14H3smYo
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NEWS ANALYSIS - Verso una “nuova economia”: abolire i paradisi fiscali
 
Roma (Agenzia Fides) - “L’abolizione dei paradisi fiscali è una priorità assoluta, perché essi rappresentano uno strumento di disuguaglianza in cui a pagare sono sempre i Paesi più deboli. Nel 2013, la banca Credit Suisse ha diffuso un grafico noto come ‘piramide della disuguaglianza’, che mostrava come in quell’anno il 91,7% della popolazione mondiale avesse accesso soltanto al 17% delle ricchezze, mentre lo 0,7% della popolazione accedeva al 41%. Questa immagine, che già appare piuttosto impietosa, in realtà ormai è diventata quasi una rappresentazione benevola, perché dal 2013 ad oggi la sperequazione tra ricchi e poveri, tra chi non paga le tasse e chi ne è vessato, si è persino allargata. E’ quindi evidente quanto sia necessario un patto fiscale: esso implicherebbe la ridistribuzione delle ricchezze e la creazione di un sistema di rimessa in circolo del denaro. Sentiamo sempre dire che mancano le risorse, ma in realtà si calcola che nei paradisi fiscali siano stati nascosti tra i 21mila ai 36mila miliardi di dollari. Una sana politica fiscale, basata su una tassazione progressiva, permetterebbe di rimettere in circolazione tutta questa ricchezza e di utilizzarla per la produzione di beni comuni”. E’ quanto spiega all’Agenzia Fides da Nicoletta Dentico, esperta di cooperazione internazionale e salute globale, offrendo una riflessione sulle strategie e le azioni da compiere per costruire la “nuova economia” promossa dall’iniziativa “The Economy of Francesco”. [ - continua]


LINK
Continua a leggere la News analysis sul sito web Omnis Terra -> http://omnisterra.fides.org/articles/view/155

lunedì 24 agosto 2009

Internet secondo la rivista Città nuova

Internet, le sviste possibili
05-08-2009 di Riccardo Poggi -
Fonte: Città nuova

Crisi e rinascita dei media: che futuro ci aspetta? Spontaneità, passione, desiderio, ma anche consapevolezza.

Internet, le sviste possibili
Quando si ragiona di Internet si rischia sempre di cadere in alcune sviste. La prima è dimenticarsi del contesto tecnologico ed economico a cui ci riferiamo. In Mozambico molti bimbi a scuola imparano a fare le operazioni scrivendo col ditino nella sabbia. Pochi mesi fa parlavo via chat con Carlo, medico in Costa d’Avorio: io con linea veloce a banda larga, lui condividendo un vecchio lento modem a 56k con 3 o 4 giovani in un Internet café.
Parliamo quindi pure di miglioramenti nella nostra Rete, ma non dimentichiamo chi avrebbe diritto a un accesso diverso.
Seconda svista: pensare che ci siano “esperti” della Rete. In un ambito in continua espansione e soprattutto in continua trasformazione come la Rete, è difficile parlare di “esperti”.
Terza svista: dare per scontato che l’espansione e un più ampio uso della Rete sia automaticamente positivo. Occorrerebbe ragionare anche su questo.
Quarta svista: dimenticare che a fianco e oltre Internet e i computer ci sono altri nuovi media, come i cellulari di ultima generazione che – a patto di costi iniziali e tariffe più accessibili – potranno dare alla Rete stessa un impulso e una potenzialità probabilmente ancora difficili da immaginare.
Diffusione
Partiamo dalla situazione di Internet in Italia. Dal grafico della crescita di Internet in Italia (che proviene dal sito www.gandalf.it, frutto del lavoro paziente e costante di Giancarlo Livraghi), si vede che fino al 1999 la Rete è stata utilizzata più sul lavoro che a casa (vedi pag. 54). Nel 2000, il balzo in avanti dell’uso casalingo è legato al lancio dell’accesso gratuito alla Rete da parte di un operatore telefonico italiano.
Si vede poi, purtroppo, che nella scuola la crescita è quasi nulla, anche in tempi recenti, nonostante molti insegnanti – giovani e meno giovani – con passione e costanza si impegnino a introdurre le nuove tecnologie, aiutati a volte anche dai programmi ministeriali. In generale, a livello europeo l’Italia è al quart’ultimo posto per utilizzo di Internet e la sensazione è che ci siano luci ed ombre.
Le luci: sicuramente in famiglia l’uso della Rete è aumentato moltissimo, specie da parte dei giovani, ma anche gli adulti adoperano sempre più spesso applicazioni per la gestione del conto in banca, i servizi delle poste o di acquisto online.
Un discorso a parte merita poi l’enorme incremento nell’uso di Facebook, specie nelle età dai 35 ai 55 anni. Le aziende hanno capito da tempo che la rete non è semplicemente una vetrina, ma uno strumento per la relazione con clienti e fornitori.
Sospetti e divisione
Le ombre: sospetti e divisione. C’è sospetto in famiglia sull’uso della rete da parte dei figli, per il timore di uno strumento spesso poco conosciuto dai genitori. A me, che pure sono appassionato di Rete, capita spesso di dire a mio figlio: «Sei sempre al Pc, invece di studiare!». Salvo poi scoprire – anche su argomenti scolastici – una competenza inaspettata.
C’è sospetto a scuola, dove i Pc sono spesso confinati in aule informatiche, mentre gli studenti si collegano alla Rete via iPhone, magari all’insaputa degli insegnanti. Si ha l’impressione di un distacco troppo forte tra il mondo della Rete, in cui i ragazzi sono costantemente immersi, e i programmi ancora basati sul metodo “frontale” della scuola.
Sospetto nelle aziende che, pur in presenza di manager aperti all’innovazione, hanno spesso una struttura informatica vecchio stile, con propensione a mantenere le vecchie applicazioni conosciute e resistenza al nuovo. Anche a livelli alti si è organizzati per gestire il potere, più che il sapere, caratteristica della Rete.
C’è difficoltà – da parte di alcuni giornalisti della carta stampata – ad accettare un ruolo nell’informazione in Rete.
C’è sospetto nel potere politico: alcune proposte di legge, apparentemente contro la pedo-pornografia, lasciano trasparire il proposito di ingabbiare la libera circolazione delle idee.
C’è divisione perché, se è vero che è nella natura della Rete creare “isole” di dialogo su argomenti di comune interesse, si vede ancora una forte stratificazione per età (tra genitori e figli, tra anziani e giovani), per livello culturale e reddito (chi può permettersi la banda veloce e chi no).
Per non parlare del sostanziale ostracismo a tutto ciò che sa di religione, dove il dichiararsi cattolici provoca reazioni così forti da rendere difficile un dialogo sereno.
Rinascita?
In questo panorama, quale può essere la strategia per un migliore uso della Rete? Non esistono ricette. Dobbiamo verificare quali applicazioni e contenuti provocano una attiva partecipazione e favoriscono la comunicazione. Ad esempio i social network – l’esempio più noto è Facebook – convogliano interesse da parte di molti utilizzatori intorno a specifici campi.
Ci sono luoghi della Rete dove ognuno può “aiutare e farsi aiutare”, ad esempio i forum. Luoghi dove il sapere è liberamente fruibile; è recente la notizia che Microsoft ha deciso di abbandonare la sua famosa enciclopedia Encarta, venduta su Cd e pubblicata parzialmente in Rete. Il motivo non dichiarato ma evidente è l’enorme successo dell’enciclopedia libera Wikipedia. Ci sono applicazioni che offrono un libero spazio espressivo, unito a semplicità e trasparenza nella gestione, come i blog.
Singolarmente, questi elementi positivi della Rete coincidono con i quattro pilastri della comunicazione di cui parlava Chiara Lubich nel 2000:
1) comunicare è essenziale, perché parte costitutiva dell’uomo;
2) mettersi in ascolto dell’altro, nei panni dell’altro;
3) sottolineare il positivo;
4) importa l’uomo, non il medium, che è un semplice strumento.
Questi aspetti sono quelli che coinvolgono spontaneità, passione, desiderio e anche voglia di protagonismo: componenti di quel bambino che è in noi, che non vanno incanalate o strutturate – pena l’estinguersi di qualsiasi iniziativa in Rete –, ma sostenute da una adulta consapevolezza.
Dialogo e partecipazione
Avere un approccio consapevole alla Rete significa quindi soprattutto puntare su dialogo, partecipazione e progettualità. Qualunque iniziativa vogliamo intraprendere – dal sito web al gruppo di interesse via mail, dal corso di formazione al lavoro collaborativo a scuola, all’Intranet aziendale – richiede vigilanza e sostegno costante. Richiede dialogo, soprattutto tra età, competenze e livelli culturali diversi.
Richiede progettualità: ormai le possibilità sono enormi, per cui dobbiamo sapere cosa desideriamo e dove vogliamo arrivare, prima ancora di metter mano al mouse o alla tastiera.
Richiede partecipazione: ognuno deve poter dare un piccolo contributo, la Rete ha spazio in abbondanza. Più è aperta a tutti, più ne guadagna.
Se poi torniamo un attimo al grafico iniziale, che vedeva tre campi d’azione, lavoro, famiglia, scuola, e lo guardiamo non in termini di “luogo fisico” d’uso, quanto in termini di “ambito d’uso”, ci accorgiamo di un grande assente: il terzo settore, il volontariato, spazio per il quale, invece, la Rete sembrerebbe fatta apposta: gratuita, collaborativa, scalabile.
Alla fine, per una crescita vera (o una rinascita) della Rete serve ricordare un’idea su cui Livraghi (www.gandalf.it) insiste da tempo: «La Rete non è fatta di macchine, cavi, software, procedure e protocolli. È fatta di persone».
Riccardo Poggi
In Rete, per aiutare
Esempi che invitano all’azione.
 Poche ore dopo la prima forte scossa in Abruzzo, un piccolo gruppo di persone aveva pubblicato una pagina con le informazioni su donazioni di sangue, raccolta e distribuzione di aiuti, aggiornata in tempo reale con notizie verificate e verificabili (terremotoabruzzo.pbwiki.com). Per realizzarlo, uno strumento gratuito, Pbwiki: un wiki, un tipo di sito web aggiornabile senza conoscenze informatiche particolari.
 Riccardo Barlaam, giornalista de Il Sole 24 Ore, ha lanciato il sito www.africa-times-news.com per la pubblicazione continua di notizie fornite da una redazione di giornalisti sparsi in tutta l’Africa.
 In modo analogo è possibile creare redazioni virtuali che raccolgano e pubblichino notizie “dal basso”. Si chiama “citizen journalism” (giornalismo partecipativo).
 Sicurezza delle persone in città: tramite le mappe online è possibile raccogliere dai cittadini l’indicazione dei punti critici della città: attraversamenti pericolosi, marciapiedi stretti, buche, lampioni spenti, luoghi inaccessibili alle carrozzelle, aiuole sporche o percorsi tortuosi.
 Un esempio professionale è il progetto Polis (www.polislink.it) realizzato a Sesto Fiorentino.


mercoledì 21 gennaio 2009

Dalla Radiovaticana: internet 2.0

Il Vangelo nell'era di Internet al centro del convegno "Chiesa in rete 2.0"

◊ A meno di 15 anni dalla diffusione popolare di Internet la rete sta consolidando il suo ruolo di medium privilegiato e, nell’era del cosiddetto web 2.0, la Chiesa non resta a guardare. Ma si può comunicare il Vangelo sul web? Per fare il punto su questa domanda si è concluso ieri a Roma il convegno nazionale “Chiesa in rete 2.0” organizzato dalla Conferenza episcopale italiana. Tra i vari interventi quelli di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei e don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali. Ascoltiamoli, a partire da mons. Crociata, nelle interviste di Paolo Ondarza.


R. - Internet presenta indubbiamente delle sfide sempre nuove. Noi abbiamo la responsabilità di educare e di educarci, questo è sicuro, ad un uso responsabile, al rapporto con le nuove generazioni e con i piccoli che, nondimeno, hanno in questi mezzi una peculiarità di conoscenza e di utilizzazione notevole.


D. - Internet può essere uno strumento di comunione e di evangelizzazione...


R. - Può essere uno strumento se viene utilizzato in maniera responsabile, opportuna e competente.


D. - Don Domenico Pompili, Internet cambia: come si pone la Chiesa nei confronti di questi cambiamenti?


R. - Con un atteggiamento sicuramente curioso. Mi pare che il web 2.0 attesti che si passa da una fase prevalentemente passiva, in cui si fruiva di contenuti prodotti da altri, ad una fase interattiva, in cui ciascuno a suo modo è partecipe e reso protagonista attivo della comunicazione.


D. - Spesso si contrappone il reale al virtuale, una contrapposizione che può anche essere pericolosa...


R. - Personalmente, pur ritenendo che il reale e il virtuale siano due dimensioni obiettivamente diverse, credo non si debba creare una contrapposizione troppo marcata, perchè ritengo che il virtuale possa essere la premessa per passare da una semplice connessione ad una più compiuta relazione.


D. - Internet oggi crea davvero relazione?


R. - Necessariamente, la comunicazione virtuale ha, oltre che delle straordinarie possibilità, anche delle particolari ambiguità. Ritengo, però, che la Chiesa debba necessariamente fare i conti con questa realtà, tenuto conto che - stando anche agli ultimi dati di indagini del Censis - per quel che riguarda l’Italia, circa il 68, il 70 per cento degli under 35, fa quotidianamente riferimento a questa forma di linguaggio.


D. - Il viaggio, dunque, della Chiesa su Internet non comincia oggi. Un bilancio del lavoro svolto finora...


R. - Mi pare che la Chiesa abbia mostrato sin dall’inizio un’attenzione particolare, a riprova del fatto che ogni volta che c’è un cambio tecnologico, la Chiesa non si mostra distante o estranea, ma al contrario si lascia coinvolgere. E' stata presentata in questo convegno, tra l’altro, una inchiesta che descrive il rapporto tra parrocchie ed Internet, e si attesta in questa inchiesta che sono circa 12 mila attualmente i siti cattolici nel nostro territorio. Si è fatto già un grande cammino, anche se dobbiamo in qualche modo seguire le strade di questa comunicazione che cambia continuamente.

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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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