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giovedì 10 dicembre 2020

Agenzia Fides 10 diember 2020

 

EUROPA/SVIZZERA - "La vita continua e i Cantori della Stella l'accompagnano con amore": videomessaggio di Mons. Alain de Raemy
 
Friburgo (Agenzia Fides) - Il Vescovo ausiliare di Friburgo, Mons. Alain de Raemy, incaricato della pastorale giovanile nella Conferenza episcopale svizzera, ha inviato un videomessaggio ai Cantori della Stella, per incoraggiare i bambini e i loro animatori a intraprendere la loro consueta azione missionaria di questo periodo di Natale nonostante la pandemia. Nel videomessaggio in tedesco, francese e italiano, il Vescovo esorta a seguire le misure di distanziamento sociale e sottolinea l'importanza dell'azione dei Cantori della Stella per i progetti sostenuti.
"La vita continua e voi Cantori della Stella accompagnate questa vita con amore” esorta Mons. Alain de Raemy invitando a trovare nuovi modi per svolgere la loro missione quest’anno e per benedire le persone colpite dalla pandemia. “La stella di Betlemme è l'espressione di questo amore e voi continuate a cantare sotto questa stella” afferma il Vescovo, che rileva anche il difficile contesto in cui si trovano i bambini che beneficiano dei progetti sostenuti dai Cantori della Stella e l'importanza di "continuare la loro missione".
La preoccupazione di adattare l'azione dei Cantori al contesto pandemico è stata portata avanti da diversi mesi dalla responsabile dell’Infanzia Missionaria, Nadia Brügger: "Gli animatori dei gruppi hanno avuto scambi via Zoom per fare proposte compatibili con la situazione. Abbiamo pubblicato una guida per promuovere l'azione dei Cantori durante il coronavirus, nonché un piano B se il porta a porta non si possa svolgere. Infine un tour virtuale dei Cantori della Stella permette di visitare le persone via internet".
"L'azione dei Cantori della Stella porta gioia e speranza, è particolarmente importante quest'anno - sottolinea Nadia Brügger nella nota inviata a Fides -. I bambini dei progetti sostenuti hanno bisogno dei Cantori della Stella più che mai". Infatti i Cantori non solo portano la benedizione di Dio nelle case della loro località nel tempo di Natale, ma raccolgono anche donazioni a favore dei progetti di aiuto ai bambini sostenuti dall’Infanzia Missionaria. (SL) (Agenzia Fides 10/12/2020)
LINK
Il videomessaggio di Mons. Alain de Raemy ai Cantori della Stella -> https://youtu.be/E_FEeTfUKtQ
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AFRICA/ETIOPIA - Almeno 25 missionari Salesiani intrappolati nella guerra nel Tigrai
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - Venticinque missionari salesiani sono bloccati senza comunicazioni nella regione del Tigrai - nel nord dell'Etiopia, al centro dello scontro tra i militari regolari e le milizie del Fronte di liberazione popolare del Tigrai (TPLF). "La situazione è molto tesa, da un momento all'altro può succedere di tutto e non abbiamo informazioni perché tutto è tagliato, sia internet che il telefono", afferma all'Agenzia Fides un Salesiano da Addis Abeba. Il missionario aggiunge che i Salesiani hanno quattro comunità nel Tigrai e che "l'ultimo collegamento con una di queste è stato dieci giorni fa - con le altre non è stato possibile - e ci hanno detto che i beni essenziali cominciavano a scarseggiare, come elettricità, benzina e cibo".
Uno dei missionari di cui non si hanno notizie è lo spagnolo Alfredo Roca, di Barcellona, che ha 87 anni. “È qui da tanti anni, è arrivato negli anni '80. Era già stato durante la guerra contro il governo comunista di Mengistu e nel conflitto contro l'Eritrea, e purtroppo ha molta esperienza in queste situazioni” racconta il missionario con cui ha parlato COPE.
I 25 Salesiani svolgono attività di evangelizzazione ed educazione in quattro comunità a Adrigrat, Adwa, Mekelle e Shire - nella regione del Tigrai -, con scuole, istituti tecnici e centri giovanili dove offrono attività per gli adolescenti più indigenti. Offrono servizio a più di 5.000 bambini e giovani e a migliaia di famiglie. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Un fondo di riserva per la Caritas per sostenere le persone vulnerabili
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Come da tradizione in Costa d'Avorio, ogni anno, la terza domenica di Avvento, la Chiesa locale dedica un'attenzione particolare al suo ramo sociale, la Caritas, attraverso la Giornata Nazionale della Caritas, il cui tema quest'anno è "Spinti dalla carità di Cristo, apriamo il nostro cuore alla miseria dei nostri fratelli e le nostre mani alla condivisione". Quest'anno è la diocesi di San Pedro, nel sud-est del Paese, che è stata scelta per ospitare le celebrazioni ufficiali, domenica 13 dicembre.
In preparazione alla giornata, la Direzione nazionale della Caritas ha deciso di precederla con una settimana di attività, la cui apertura è avvenuta domenica 6 dicembre presso la parrocchia di Saint Pierre d'Anoumabo comune di Marcory nell'arcidiocesi. da Abidjan. L'obiettivo è consentire all'intera comunità dei donatori di prepararsi al meglio.
In apertura della Settimana nazionale della Caritas, P. Jean Pierre Tiémélé, Segretario Esecutivo Nazionale della Caritas Costa d'Avorio ha fornito importanti informazioni contenute nel messaggio consegnato in questa occasione da Sua Ecc. Mons. Bruno Yedo Essoh Vescovo di Bondoukou e Presidente della Commissione episcopale per lo sviluppo umano integrale. Si tratta di istituire un Fondo di riserva della Caritas, per venire incontro alla volontà dei Vescovi ivoriani che desiderano rispondere in modo efficace alle esigenze dei più svantaggiati in ogni circostanza, in particolare durante le grandi crisi.
Ma, “una delle loro strutture, specializzata nella pastorale sociale, la Caritas, non ha risorse stabili e solide”, si legge nel messaggio di Mons. Bruno, da cui l'appello dei Vescovi a sostenere questo progetto di comunione della Chiesa cattolica” Il Fondo di Riserva della Caritas dovrebbe consentire di avviare attività generatrici di reddito per sostenere le persone vulnerabili sia a livello diocesano che a livello nazionale. La Settimana Nazionale della Caritas, il cui epicentro è domenica 13 dicembre, Giornata Nazionale della Caritas, è ricca di numerose attività tra cui incontri e visite ai malati attraverso la Caritas diocesana e parrocchiale. (S.S.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/ZIMBABWE - L'Esortazione apostolica Christus Vivit per i giovani dell’Africa australe
 
Harare (Agenzia Fides) – Come far conoscere e fare propria l'Esortazione Apostolica Christus Vivit ai giovani dell’Africa australe? È quello che si sono chiesti cappellani e leader giovanili della Regione IMBISA (Inter-Regional Meeting of the Bishops of Southern Africa) che hanno tenuto una riunione virtuale per discutere l'accoglienza e l'attuazione dell'Esortazione Christus Vivit nei loro paesi.
I partecipanti hanno condiviso le varie iniziative in corso nei rispettivi paesi per promuovere il documento papale. Rispondendo alla chiamata di Papa Francesco a "discernere i percorsi in cui gli altri vedono muri, a riconoscere il potenziale dove gli altri vedono solo pericoli", i partecipanti hanno condiviso le varie piattaforme che sono state utilizzate per "mantenere viva" la pastorale giovanile durante la pandemia Covid-19 attraverso l'uso di piattaforme di social media come YouTube, Facebook, Whatsapp e Twitter.
I partecipanti alle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù di Panama 2019 si sono lamentati della mancanza di condivisione nel pellegrinaggio, a causa della barriera linguistica: l'evento era principalmente in spagnolo e non includeva altre lingue, mentre la maggior parte dei volontari non parlava inglese, per cui alcuni iscritti hanno svolto attività diverse rispetto a quelle previste per il pellegrinaggio. Altri problemi segnalati sono stati i costi troppo alti rispetto all'Europa, la scarsità dei collegamenti aerei che hanno costretto i pellegrini a prendere diversi voli di collegamento che hanno comportato ritardi e altri disagi.
Nonostante queste sfide, ai giovani “piace fare viaggi, scoprire nuovi luoghi e persone, fare nuove esperienze” (Papa Francesco). Per questo motivo i giovani della regione IMBISA sono incoraggiati a partecipare al prossimo pellegrinaggio intercontinentale in Portogallo 2023, ponendo l'accento sulla corretta pianificazione, valutazione e preparazione spirituale per i potenziali partecipanti.
Sottolineando che la solidarietà e la cooperazione regionale sono vitali, i partecipanti hanno discusso e concordato sulla necessità di creare piattaforme di condivisione delle informazioni per i giovani della regione; intensificare i rapporti di lavoro a livello diocesano, congressuale e regionale; creare un gruppo di lavoro IMBISA per i giovani.
È stato deciso di creare un cammino per i giovani IMBISA basato sulla Christus Vivit per giugno 2021, organizzato e facilitato dal Segretariato IMBISA. Tra i partecipanti erano presenti cappellani della gioventù e dirigenti giovanili di Eswatini, Lesotho, Sao Tomé, Sudafrica e Zimbabwe. Aderiscono all’IMBISA le Conferenze Episcopali di Angola, Botswana, Eswatini, Lesotho, Mozambico, Namibia, São Tomé e Príncipe, Sudafrica e Zimbabwe. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Nella Giornata dei diritti umani, il presidente Widodo solleva il nodo della libertà di culto
 
Jakarta (Agenzia Fies) - Ci sono ancora molti problemi legati ai diritti umani in Indonesia, uno di questi è la questione della libertà di culto. Tutte le forze sociali della nazione hanno il compito di affrontare in modo congiunto la questione: è quanto ha affermato il Presidente indonesiano Joko Widodo in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, che si celebra oggi, 10 dicembre. Come appreso dall'Agenzia Fides, Widodo nel discorso commemorativo della Giornata, ha detto: "Ci sono ancora problemi di libertà di culto in diversi luoghi della nazione. Per questo, chiedo che i funzionari del governo centrale e regionale siano attivi e reattivi per affrontarli pacificamente e saggiamente".
Widodo ha confermato che il governo assume lo stesso impegno in quanto "la protezione e il rispetto dei diritti umani sono pilastri importanti affinché l'Indonesia diventi una nazione più civile, resiliente e progredita". Per questo motivo, ha rimarcato, il governo promuove sforzi per sostenere i diritti umani: ad esempio, costruisce infrastrutture, promuove attività educative e iniziative di carattere socio-economico, soprattutto nelle aree remote e nelle isole periferiche, senza trascurare le persone più deboli o vulnerabili. "Prestiamo anche particolare attenzione ai nostri fratelli e sorelle con disabilità. Abbiamo formato una Commissione nazionale sulle disabilità e siamo orientati a un approccio che tuteli i diritti umani a tutti i livelli" ha detto il Presidente.
"Il governo - ha aggiunto - non ha mai smesso di affrontare le sfide legate al rispetto dei diritti umani con saggezza e dignità. Dobbiamo lavorare insieme, dedicando le nostre energie al progresso della nazione", ha affermato, illustrando lo speciale Piano d'azione nazionale per i diritti umani 2020-2025. Adottato dall'esecutivo, il Piano punta, tra l'altro, a promuovere la libertà di culto e a combattere l'intolleranza e l'estremismo religioso.
Il Presidente, come ha fatto già diverse volte in passato, ha rimarcato il valore della libertà di religione e di culto per ogni cittadino indonesiano, secondo la filosofia della "Pancasila", la Carta dei cinque principi che è alla base della nazione.
A conclusione del suo intervento per la Giornata dei diritti umani, Widodo ha esortato tutti i cittadini indonesiani a "giocare un ruolo attivo nel rispetto dei diritti delle altre persone, aumentando il rispetto, la protezione e l'adempimento dei diritti umani in Indonesia". L'Indonesia è un paese con 270 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali sono musulmani. Ci sono 24 milioni di cristiani nel Paese, e tra loro 7 milioni sono cattolici.
(ES-PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDIA - "Un anno negativo per i diritti umani in India": l'analisi di un Gesuita
 
New Delhi (Agenzia Fides) - "Il 2020, segnato dalla pandemia di Covid-19, è stato un anno particolarmente negativo per i diritti umani in India: in modo sistematico e brutale, i diritti legittimi delle persone sono stati repressi e negati. Le vittime principali sono i poveri e gli emarginati; gli adivasi e i dalit; donne e bambini; i lavoratori vulnerabili. In aggiunta, i difensori dei diritti umani che hanno criticato il governo, invocando la difesa della Costituzione e della democrazia, sono stati destinatari di provvedimenti che hanno il sapore della vendetta": lo dice all'Agenzia Fides il Gesuita p. Cedrik Prakash, impegnato per la promozione dei diritti umani e l'integrazione sociale in India. Padre Parakas sollecita un pieno e assoluto impegno del governo, di tute le forze sociali e religiose per la tutela dei diritti umani in India.
Il religioso ricorda, tra le recenti iniziative che confermano la situazione piuttosto critica, che il 26 novembre scorso oltre 250 milioni di persone in India hanno scioperato per protestare contro le politiche del governo nocive ai diritti degli agricoltori e dei lavoratori. "I contadini - nota il Gesuita - sono sul piede di guerra perché vedono negati i loro diritti. Non vogliono essere trattati con disprezzo o come 'una banca dei voti' , e chiedono la revoca di tre provvedimenti approvati dal governo".
Un'altra categoria debole è calpestata quella dei migranti e degli sfollati interni: "Abbiamo visto, nel marzo scorso, quando è stato annunciato il primo lockdown per la pandemia, milioni di migranti che sono rimasti bloccati senza cibo, denaro e alloggio”. “Ai lavoratori - prosegue padre Prakash - vengono negati i loro diritti: la classe operaia ha sofferto tremendamente durante la pandemia e molti lavoratori, alla mercé del loro datore di lavoro, hanno dovuto sopportare carichi superiori di lavoro ma con salari ridotti”.
Il Gesuita cita poi gli "adivasi", ovvero le popolazioni tribali, “delegittimati e abusati in quanto le aree in cui hanno abitato per secoli sono destinate all'industrializzazione, all'estrazione mineraria, alle cosiddette opere di "sviluppo" e ad altri mega-progetti. Oltre due milioni di loro, e altri abitanti delle foreste, rimangono a rischio di sfollamento forzato” nota.
Nell’intervento del religioso si parla poi della sofferente condizione delle minoranze religiose: "Musulmani e cristiani sono destinatari di velenosi discorsi di odio, denigrazione costante e persino aggressioni fisiche”, afferma, toccando un altro dei diritti umani fondamentali, la libertà religiosa.
Un altro punto è poi quello dedicato ai diritti ambientali che, come spiega l'enciclica “Laudato si’”, sono strettamente collegati ai diritti delle persone: “L'ambiente viene distrutto con la crescita delle industrie inquinanti senza le necessarie salvaguardie ambientali a causa dell'insensibilità e della corruzione” rimarca.
Il quadro risulta particolarmente allarmante perché, osserva p. Prakash, "questo governo non ammette dissenso e viola sistematicamente le prerogative dei difensori dei diritti umani e delle ONG, danneggiando una dimensione essenziale della democrazia”, come ha rilevato anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Emblematico risulta il caso del Gesuita padre Stan Swamy (vedi Fides 9/10 e 20/20/2020) e di altri quindici attivisti, ora in prigione ai sensi del draconiano "Unlawful Activities Prevention Act" , in base al quale sono accusati di complicità con gruppi terroristi o sovversivi.
(PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/IRAQ - Patriarca caldeo Sako ai cristiani iracheni: la visita del Papa sia per noi un “ritorno alle sorgenti” della nostra vocazione missionaria
 
Baghdad (Agenzia Fides) – L’annunciata visita apostolica di Papa Francesco in Iraq sarà per i cristiani iracheni e di tutto il Medio Oriente una occasione provvidenziale per compiere un “pellegrinaggio” di conversione e un “ritorno alle nostre prime sorgenti”, per annunciare con più entusiasmo la salvezza promessa nel Vangelo, a vantaggio di tutti. Per questo tutti devono vigilare affinché questa circostanza propizia non passi “senza lasciare un segno in noi, nella nostra Chiesa e nel nostro Paese”. Lo scrive il Cardinale Louis Raphael Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, in un messaggio rivolto “ai cristiani e a tutti gli iracheni” in vista della visita che Papa Francesco ha intenzione di compiere in Iraq dal 5 all’8 marzo 2021 (vedi Fides 7/12/2020).
Il messaggio del Patriarca caldeo, pervenuto anche all’Agenzia Fides, contiene suggerimenti preziosi per vivere la visita del Papa in modo che “la Chiesa torni con più entusiasmo alla radicalità spirituale evangelica, e più vicina al popolo, servendolo con generosità e gioia con ogni mezzo, sull’esempio dei nostri Padri, dei nostri santi, e dei nostri martiri”. Il Cardinale Sako riconosce che “la nostra Chiesa caldea e le altre Chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente vivono pressioni e sfide diverse, politiche, economiche e sociali, a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus”.
Le tribolazioni e i problemi affrontati – prende atto il Patriarca caldeo – hanno rattristato il cuore e annebbiato lo sguardo di tanti. Ma anche in tale situazione – rimarca il Cardinale Sako – invece di ripiegarsi nel vittimismo e nella lamentela, conviene approfittare di tutto ciò che favorisce il “ritorno alle sorgenti” della propria fede. Solo “attingendo alle fonti, e non ai rivoli” confessa il Patriarca – si può riscoprire che “la nostra esistenza come cristiani in Iraq e nell’Oriente non è un caso”, e non ha come destino fatale l’esodo dell’emigrazione, ma si realizza nella storia “secondo un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà. Come pastori, dobbiamo continuamente capire la situazione presente, con mentalità aperta”.
Annunciare il Vangelo, dare ragione della propria speranza nelle circostanze del tempo presente e “rimanendo ancorati nella nostra autenticità orientale”, è la missione propria a cui sono chiamati i cristiani in Medio Oriente. Il Patriarca Sako riconosce che chi abbraccia questa vocazione può anche essere condotto a cambiare i modi e le strade utilizzati per condividere l’annuncio della salvezza: “Vivendo nel XXI secolo” si legge nel messaggio del Cardinale Sako, "dobbiamo capire l’importanza di rivedere e cambiare il modo della nostra riflessione teologica e spirituale, liturgica e pastorale, ecumenica e pedagogica, e anche il nostro comportamento come credenti, come servi consacrati chiamati dal Signore per pascere il suo gregge in modo armonico, lontano dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio”.
Questo orizzonte missionario, secondo il Patriarca Sako, è l’unica cornice adeguata in cui vanno collocate le domande sul presente e sul futuro delle comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, compresa la tentazione all’esodo e la ricerca delle ragioni e della forza per rimanere: “Questa” si legge nel messaggio patriarcale “è la nostra terra, non possiamo rinunciarvi, né immaginarla senza i suoi cristiani”. E i cristiani del Medio Oriente possono “rimanere” nelle terre dei loro padri solo riscoprendo anche la propria comunanza di destino con i loro connazionali, senza separare la propria strada dal comune cammino per la riconciliazione e la cura di ferite condivise.
Quella che sta a cuore al Patriarca Sako è la Chiesa “del dialogo ecumenico con le Chiese sorelle”, la “Chiesa della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam”. La Chiesa “che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia”. Anche nel Medio Oriente martoriato dei nostri tempi – conclude il Patriarca caldeo Sako nel suo messaggio – i cristiani possono restare “come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza”. (GV) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AMERICA/HONDURAS - Gli Stati Uniti prolungano fino ad ottobre il TPS: un aiuto alla ricostruzione dopo pandemia e uragani
 
Tegucigalpa (Agenzia Fides) – Il Presidente dell'Honduras, Juan Orlando Hernández, ha annunciato lunedì 7 dicembre che lo stato di protezione temporanea, noto come TPS (Temporary Protected Status), sarà esteso ai cittadini honduregni presenti negli Stati Uniti. Il TPS è una forma di aiuto umanitario concesso dagli Stati Uniti. "Durante il nostro incontro con il segretario ad interim del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, ci è stato detto che il TPS, che doveva terminare a gennaio, sarà prolungato" ha riferito Hernández.
Il ministro degli Esteri dell'Honduras, Lisandro Rosales, ha presentato la richiesta di persona, all'attuale direttore del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, nell'ambito di una visita guidata dal presidente Juan Orlando Hernández, che dal 3 dicembre è a Washington.
La motivazione della richiesta è stata che questa decisione degli Stati Uniti "aiuterà ad affrontare l'enorme sfida della ricostruzione sociale ed economica sostenibile, della post-pandemia e della distruzione che Eta e Iota hanno lasciato in Honduras". L'Honduras sostiene che i suoi cittadini inviano una media di 5 miliardi di dollari all'anno ai loro parenti, il che rappresenta un forte movimento nell'economia del paese.
Domenica scorsa, 6 dicembre, il Cardinale Óscar Andrés Rodríguez si era espresso riguardo alla ricostruzione del paese dopo gli uragani: "La ricostruzione dell'Honduras non sarà fatta da maghi o con il denaro che scorre da altri paesi, si tratterà di usare bene ciò che abbiamo e di non continuare a cedere alla tentazione di sfruttare chi ha meno, per alzare i prezzi". "È un momento difficile e desolato per il nostro povero Honduras" ha lamentato il Cardinale Arcivescovo di Tegucigalpa durante l'omelia domenicale, invitando a preparare la via del Signore che viene.
Un post sul sito web US Citizenship and Immigration Services (USCIS) ha confermato che il TPS per Honduras, El Salvador, Haiti, Nepal, Nicaragua e Sudan durerà fino all'ottobre 2021. Il TPS protegge le persone che andrebbero incontro a difficoltà estreme se costrette a tornare nei loro paesi di origine, devastati da conflitti armati o disastri naturali. La protezione riguarda le persone che sono già negli Stati Uniti. Il TPS per l'Honduras e per il Nicaragua è stato concesso per la prima volta dopo che l'uragano Mitch aveva colpito l'America centrale nel 1998. Alcuni beneficiari del programma vivono negli Stati Uniti da decenni.
(CE) (Agenzia Fides 10/12/2020)

lunedì 11 maggio 2020

Agenzia Fides 11 maggio 2020

EUROPA/ITALIA - Oggi come ieri: i Camilliani in prima linea nell’emergenza Covid-19
 
Roma (Agenzia Fides) – “Sentimenti semplici come prossimità, compassione, comprensione, vicinanza, collaborazione, amore, che si mostrano attraverso uno sguardo, un sorriso, una carezza, un abbraccio, tutte cose che oggi, in questo isolamento forzato, ci sembra impossibile fare, vengono tenuti vivi dai Ministri degli Infermi, Camilliani.” Inizia così la testimonianza inviata all’Agenzia Fides da Luciana Mellone, responsabile dell’Archivio Storico della Casa Generalizia dei Camilliani a Roma.
“In questi giorni – scrive - i Camilliani sono in prima linea nell’emergenza Covid-19, ancora una volta mettendo a rischio la loro vita per proteggere la nostra, e spesso accompagnando le persone nel trapasso in un momento in cui le stesse venivano private della possibilità del conforto e della vicinanza dei loro familiari.”
Appena è scoppiata la pandemia Covid-19, il Camillian Disaster Service International (CADIS) Foundation, istituito come Task Force per far fronte alle catastrofi naturali e alle emergenze socio-sanitarie, si è mobilitato per portare assistenza alle popolazioni più vulnerabili.
“Di fronte alla precarietà della vita e al bisogno urgente di cibo – spiega la Mellone - il dilemma per molte popolazioni è scegliere tra morire di fame in casa o rischiare la morte per il coronavirus uscendo a guadagnare il pane.”
Per evitare una possibile crisi umanitaria, CADIS International, in collaborazione con la grande famiglia Camilliana, ha attivato un programma per fornire kit alimentari che consentano la sopravvivenza durante questi periodi di isolamento e contribuiscano a chiudere le linee di possibile trasmissione del contagio.
La dedizione dei Ministri degli Infermi non è cambiata nelle varie situazioni: malati di lebbra in Cina, Tailandia, Filippine, Africa, Brasile, o nei confronti dei malati di TBC, e ancora verso i pazienti affetti dall’ HIV/ AIDS ed Ebola, e nelle varie guerre dei secoli scorsi.
(LM/AP) (Agenzia Fides 11/5/2020)
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AFRICA/ZIMBABWE - “Spero che emergeremo dalla quarantena consapevoli del valore della solidarietà” auspica un sacerdote
 
Harare (Agenzia Fides) – “La pandemia causata dal coronavirus, in una certa misura, ci ha costretto ad un personale piccolo esilio, lontano dai nostri amici e a volte dalle nostre famiglie” scrive p. Keto Sithole, sacerdote dello Zimbabwe, in una nota di riflessione su come la quarantena per il Covid-19 stia avendo un impatto sulla vita della sua comunità di fedeli.
“I sacerdoti non sono sempre in grado di soddisfare i bisogni spirituali dei membri della comunità loro affidata, il momento più doloroso è rappresentato dall’assenza di funerali pubblici per coloro che sono tornati alla Casa del Padre” sottolinea con dolore p. Sithole, che opera presso la St Marys a Lukosi.
“Una grande lezione che abbiamo tratto da questo periodo è stata la scoperta che le relazioni contano più delle riunioni. Abbiamo avuto modo di trascorrere del tempo con le persone vicine e lontane (per telefono), vedendole per come sono, il che è estremamente gradevole. Questo è quello che credo che Gesù voglia che accada. Troppo spesso, siamo impegnati con i nostri desideri senza pensare seriamente agli altri a meno che non possiamo trarre da loro un vantaggio”. “Durante la quarantena, abbiamo la possibilità di pregare per gli altri e di sostenerli, semplicemente attraverso una normale telefonata pastorale e le chat. La più grande sfida è stata quella di raggiungere la maggior parte dei miei parrocchiani che non possiedono cellulari. Sono sempre stati nelle mie preghiere perché non perdano la fede e la speranza”.
Dal punto di vista liturgico p. Sithole sottolinea che “come la maggior parte delle chiese di tutto il mondo, la missione St Marys a Lukosi, dove attualmente sto lavorando, è stata chiusa. I laici non sono in grado di riunirsi e i sacerdoti non sono in grado di incontrarli mentre la nazione si prepara alla potenziale peggiore crisi sanitaria, a giudicare da come il virus ha devastato Paesi con migliori strutture mediche del nostro”.
“Mentre i figli d'Israele hanno gridato a Dio per essere salvati, facciamo anche noi appello a Dio non dai soliti luoghi di preghiera ma dai posti di quarantena, dalle nostre case, da soli o con i nostri cari” invoca il sacerdote, che conclude con la speranza che “quando emergeremo da questa chiusura, noi tutti avremo riscoperto quei valori essenziali della comunità, prendendosi cura dei bisognosi e del mondo come auspica Papa Francesco in Laudato Sì”. (L.M.) (Agenzia Fides 11/5/2020)
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CONGO RD - I missionari in aiuto delle "donne-portatrici", per sottrarle a una vita di sofferenza e schiavitù
 
Bukavu (Agenzia Fides) - Garantire piccoli prestiti per sottrarre le donne-portatrici da una vita di sofferenze e fatiche inaudite: è questo il progetto lanciato dai Padri Bianchi (chiamati anche Missionari d'Africa) nella Repubblica Democratica del Congo a sostegno dell'associazione «Femme Debout» («Donna in piedi»). A Bukavu, la capitale del Sud del Kivu (regione altamente instabile nella quale operano numerose milizie ribelli), centinaia di donne, provenienti dai quartieri più poveri e disagiati, a spalle trasportano al mercato il materiale scaricato dai battelli al porto. Il pesante lavoro di facchinaggio implica il caricarsi enormi sporte sulle spalle e facendo decine di viaggi dal porto al mercato e viceversa. Ricevono pochissimo, 300 franchi congolesi, pari a 16 centesimi di euro, per recapitare 150 kg di merce. Una via crucis estenuante e senza fine che ne mina la salute. Ogni giorno lo stesso calvario.
Centocinquanta donne, tra le più povere e vulnerabili, si sono riunite a hanno fondato «Femme Debout», un gruppo di mutuo-soccorso che si prefigge di aiutare le socie ad avviare una piccola attività commerciale, più sicura e remunerativa, e meno gravosa, rispetto al lavoro di portatrice. A turno, venti donne ricevono ciascuna un prestito che si impegnano poi a restituire entro sei mesi. Con questa somma (piccola per l’Europa, grande per l’Africa) allestiscono piccoli chioschi, un banco dove vendere frutta e verdura.
"Le facchine – spiega a Fides Angèlique Kasi, la leader dell’associazione - si spezzano la schiena al mercato e sono considerate alla stregua di schiave. Vengono maltrattate e marginalizzate. La decisione di mettersi assieme e avviare un’attività di micro-credito ha permesso di rompere questo circolo vizioso di sfruttamento e miseria. Al momento tutte le socie che hanno ricevuto il prestito lo hanno regolarmente rimborsato nei termini e nei tempi concordati. Ma occorre fare molto di più".
I Padri Bianchi si sono impegnati a sostenere questo progetto, avviato e gestito dalla società civile congolese. "Metteremo a disposizione dell’associazione “Femme Debout” 4-5mila euro – spiega a Fides padre Alberto Rovelli, missionario italiano a Bukavu -. A loro volta loro daranno a ciascuna donna tra i 70 e gli 80 euro. Le donne poi li restituiranno. La nostra non vuole essere un’iniziativa paternalista, ma un progetto che responsabilizza le donne e le aiuta a cambiare il loro destino".
I Missionari d'Africa si dedicano principalmente all'apostolato missionario presso le popolazioni non evangelizzate, alla cooperazione e allo sviluppo delle Chiese locali. Sono presenti in numerosi paesi africani, sia nell'area del magreb, sia nell'Africa sub sahariana, tra i quali Kenya, Niger, Nigeria, Ruanda, Congo Rd e molti altri. (EC) (Agenzia Fides 11/5/2020)

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AFRICA/EGITTO - Papa Francesco telefona al Patriarca copto Tawadros: chiediamo insieme che Dio abbia misericordia del mondo
 
Il Cairo (Agenzia Fides) – Una telefonata al Patriarca copto Tawadros II per confermare la vicinanza alla Chiesa copta e a tutto il popolo egiziano, e rinnovare la promessa di pregare ogni giorno l’uno per l’altro. Così Papa Francesco, nella giornata di domenica 10 maggio, ha voluto manifestare in modo semplice e diretto la sua partecipazione alla giornata dell’amore fraterno tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa di Roma, celebrata ogni anno nell’anniversario dei viaggio compiuto a Roma dal Patriarca Tawadros nel 2013 per incontrare per la prima volta lo stesso Papa Francesco. Il Patriarca copto ortodosso – riferiscono media egiziani – si è riferito al tempo presente (segnato anche in Egitto dalla pandemia da Covid-19) con la frase di San Paolo in cui l’Apostolo delle Genti ricorda che «tutte le cose cooperano al bene di coloro che amano Dio»(Rm 8, 28).
Al termine della conversazione, Papa Francesco e Papa Tawadros hanno anche condiviso la supplica a Dio affinché abbia Lui misericordia della Chiesa, dei credenti e del mondo intero.
Trai Capi delle Chiese d’Oriente, Papa Tawadros è stato quello più deciso nel sostenere con forza la ricerca di una data comune per le solennità liturgiche pasquali, attualmente celebrate in giorni diversi dalle varie Chiese e comunità di battezzati (vedi Fides, 20/5/2019). La sollecitazione a unificare la data di celebrazione della Pasqua – come ha riferito a suo tempo l'Agenzia Fides - era già stata espressa dal Patriarca copto in una lettera inviata nel maggio 2014 a Papa Francesco, in occasione del primo anniversario del loro incontro in Vaticano. Tawadros, a capo della Chiesa cristiana numericamente più consistente tra quelle presenti nei Paesi arabi, era tornato a proporre la questione anche nel novembre 2014, intervenendo a Vienna alle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della Fondazione Pro-Oriente.
Nel giugno 2015, anche Papa Francesco aveva espresso la disponibilità della Chiesa cattolica a stabilire una data fissa per la Pasqua, «in modo che possa essere festeggiata nello stesso giorno da tutti i cristiani, siano essi cattolici, protestanti o ortodossi». L'unificazione delle date di celebrazione della Pasqua di Resurrezione è un'urgenza particolarmente sentita in Africa del Nord e in Medio Oriente, dove convivono nello stesso territorio Chiese e comunità cristiane che fissano il giorno di Pasqua in maniera difforme, avendo come criterio di riferimento le une il Calendario Giuliano e le altre quello Gregoriano. (GV) (Agenzia Fides 11/5/2020)
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ASIA - I Vescovi dell'Asia: i cristiani uniti alle altre religioni nella Giornata di digiuno, preghiera e carità del 14 maggio
 
Yangon (Agenzia Fides) - "Incoraggiamo tutti i fedeli cristiani in Asia a vivere fruttuosamente, generosamente e con speranza la Giorno di digiuno, preghiera e carità prevista in tutto il mondo il 14 maggio, per chiedere la liberazione dalla pandemia. Guardiamoci l'un l'altro. Uniamoci come leader religiosi e come credenti in Dio in tutto il mondo": è l'appello lanciato dal Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon e Presidente delle Conferenze Episcopali del'Asia. Nel messaggio inviato a Fides, le Chiese dell'Asia aderiscono, in tal modo, alla “Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità”, indetta a livello universale dall’Alto Comitato per la Fratellanza umana, per chiedere a Dio di proteggere l’umanità dalla pandemia da coronavirus. L’appello è stato rilanciato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al Azhar, Sheikh Ahmed al Tayyeb.
"La pandemia di Covid-19 nel mondo è ora una 'tempesta perfetta'. Sfida i nostri modi di vivere, lavorare e festeggiare. E' un tempo di prova per tutti, specialmente perdisoccupati, lavoratori migranti, indigenti e fasce di popolazioni emarginate", rileva l'Arcivescovo Bo.
"Nella maggior parte dei paesi asiatici ora si vivono restrizioni. Le scuole sono chiuse, le fabbriche sono chiuse, i mercati stanno esaurendo le scorte, i viaggi sono vietati. Eppure, con un'incredibile follia, i conflitti continuano", prosegue la nota inviata a Fides.
Aggiunge il testo: "Molte persone chiedono: quando finirà tutto questo per tornare alla normalità? La risposta alla domanda è che non finirà, non solo nel senso che le cose non saranno più le stesse. L'Asia ha vissuto molti conflitti, guerre e crisi senza fine, lo Tsunami, il ciclone Nargis e frequenti tifoni devastanti. Ogni crisi ci ha lasciato cambiati. Questa volta tutti i paesi del mondo sono interessati e la pandemia lascerà il nostro mondo profondamente cambiato. La politica cambierà. Le relazioni internazionali saranno diverse".
Rileva il Card. Bo: "Una catastrofe che colpisce oltre 200 paesi cambia il mondo. È come una guerra mondiale. Anche se Covid-19 può essere contenuto in pochi mesi, l'eredità vivrà con noi per decenni. Interesserà il modo in cui vediamo e comprendiamo la comunità, cambierà il modo in cui ci connettiamo, come viaggiamo, come costruiamo le nostre relazioni. Se i governi non affrontano la sfida, perderanno la fiducia dei loro popoli".
In questa crisi, si vedono gli elementi-chiave di una buona leadership: dare indicazioni, creare significato ed empatia, assumendosi le responsabilità e proteggendo e includendo i poveri e i deboli, i vulnerabili: "In una crisi come questa, i veri leader sfruttano le loro opportunità per creare fiducia", non ansia e terrore, rileva la nota.
Oggi ci si chiede: "Perché abbiamo permesso così tanta divisione nel mondo? Perché tante aree dell'Asia sono soggette a conflitti ? Perché abbiamo in Asia le guerre più lunghe del mondo? Osservando la nostra storia fino ad ora,perché non sono stati creati legami più forti quando ne abbiamo avuto la possibilità? Perché milioni di persone devono migrare all'estero, solo per poter vivere? Possiamo allora costruire un'economia inclusiva, che metta la dignità della persona al primo posto? Possiamo avere una solidarietà tenace e un desiderio per il bene comune fondato sul rispetto?"
In questo momento, sottolinea il Cardinale, occorrono pazienza, energia e intelligenza: "Questo è il momento di organizzare saggiamente le nostre vite e energie; un tempo per alimentare la nostra immaginazione e intelligenza e prepararsi per un nuovo mondo. È tempo di capire che dipendiamo gli uni dagli altri e di imparare a lavorare insieme, condividendo le responsabilità e apprezzando la solidarietà. Soprattutto, questo è un momento per mettere da parte l'odio e le armi e affrontare il nemico comune che sta attaccando tutta l'umanità".
"La pandemia ci offre un tempo per incoraggiarci a vicenda, un tempo di solidarietà con le persone vulnerabili e un tempo per pregare per capire cosa sta succedendo nel nostro mondo", dice il testo, motivando così l'adesione alla speciale Giornata di preghiera e digiuno del 14 maggio. "In tutta l'Asia, molte persone sono ferite, fisicamente, emotivamente, finanziariamente e spiritualmente. E' il momento di portare nel nostro mondo la bontà, la misericordia e l'amore di Dio", conclude il Presidente della FABC, appellandosi all'unità, alla solidarietà e alla fraternità di tutte le comunità religiose in Asia.
(PA) (Agenzia Fides 11/5/2020)
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ASIA/SINGAPORE - Il matrimonio cattolico si celebra solo "in presenza" e non tramite piattaforme online, in tempo di pandemia
 
Singapore (Agenzia Fides) - L'Arcidiocesi di Singapore ha rifiutato la possibilità di celebrare e dunque convalidare un matrimonio tramite il collegamento su una piattaforma online. La soluzione, in tempi di Covid-19, è prevista dalla nuova legge intitolata "Misure temporanee per la celebrazione e la registrazione dei matrimoni", approvata in Parlamento il 5 maggio, per le nozze civili. Secondo la legge, la celebrazione dei matrimoni civili, durante la pandemia di Covid-9, può avvenire virtualmente tramite un collegamento video in diretta degli sposi, degli ufficiali civili e dei testimoni. Il procedimento vale anche per le registrazioni ufficiali delle nozze, in sede civile. La nuova legge dovrebbe entrare in vigore già dalla seconda metà di maggio, come reso noto dal Ministero dello sviluppo sociale e familiare.
Alla luce della nuova legge, l'Arcidiocesi di Singapore ha espresso la posizione per la celebrazione del rito del matrimonio religioso. La nota dell'Arcidiocesi, pervenuta a Fides, rimarca "l'importanza dell'interazione fisica delle persone che celebrano il sacramento del matrimonio e di altri sacramenti". Citando Papa Francesco, nella sua omelia del 17 aprile 2020, si ricorda che "la Chiesa, i Sacramenti, il Popolo di Dio sono concreti". Ma, pur apprezzando gli sforzi delle autorità per rendere il matrimonio accessibile alle coppie in questo momento difficile, la Chiesa cattolica di Singapore non celebrerà nè registrerà i matrimoni tramite collegamento video, afferma la nota.
"Il nostro obiettivo è aiutare le nostre coppie a celebrare di persona questo sacramento, osservando tutte le direttive sanitarie e le misure di allontanamento sociale attuate dalle nostre autorità sanitarie", si afferma. La presenza degli sposi, del sacerdote, dei testimoni, dev'essere reale. La rete Internet può, invece, diventare un mezzo utile per raggiungere famiglie allargate e amici che desiderano unirsi alla celebrazione in tempo reale, afferma la circolare. In tal modo, nota la Chiesa, si possono rispettare sia le esigenze e il significato profondo del matrimonio canonico nel rito religioso cattolico, consentendo alle famiglie e agli amici di assistere a questa felice occasione, osservando requisiti di sicurezza e salute.
La popolazione di Singapore è di 5,7 milioni, di cui circa 383.000 sono cattolici (9% della popolazione).
(SD-PA) (Agenzia Fides 11/5/2020)
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AMERICA/EL SALVADOR - I Vescovi: "Evitare il licenziamento dei lavoratori, è il momento in cui dobbiamo aiutarci l'un l'altro come fratelli"
 
San Salvador (Agenzia Fides) - La Conferenza episcopale salvadoregna, attraverso una dichiarazione intitolata "Un paese secondo il cuore di Dio" chiede ai datori di lavoro di evitare il licenziamento dei lavoratori o la sospensione dei loro contratti, approfittando del fatto che non possono recarsi al posto di lavoro perché sono in quarantena. "Agire in questo modo non è umano, e tanto meno cristiano, oggi è il momento in cui dobbiamo aiutarci l'un l'altro come i fratelli che siamo" si legge nella dichiarazione dei Vescovi inviata a Fides.
Esortano poi lo Stato, nei suoi tre organi, esecutivo, legislativo e giudiziario, a lavorare insieme, facendo il massimo sforzo per portare avanti il popolo, in questo momento critico della nostra storia a causa degli effetti del coronavirus. In questo senso, i Vescovi ricordano l'importanza di proteggere tutti i salvadoregni, in particolare i più poveri e i più vulnerabili, salvaguardando tutti i loro diritti individuali.
"Come Pastori di un popolo sofferente ed eroico, esortiamo sia i nostri leader, a tutti i livelli, sia i responsabili delle micro, piccole, medie e grandi aziende, a cercare soprattutto il bene delle persone. E, come abbiamo detto tante volte, una condizione fondamentale è che si cerchi il bene comune della società, in un clima di rispetto, dialogo sereno e un vero senso patriottico".
I Vescovi concludono il loro messaggio insistendo sul fatto che se la minaccia di questa pandemia è grave, forse c'è un pericolo ancora maggiore che si nasconde in noi: "il virus dell'indifferenza" di fronte al dolore dei fratelli e delle sorelle più deboli. A questo proposito, ricordano quanto afferma Papa Francesco: "Non lasciare nessuno indietro".
(CE) (Agenzia Fides 11/05/2020)
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OCEANIA/AUSTRALIA - Le Pontificie Opere Missionarie: campagna #WeAreStillHere per sostenere il Fondo POM per il Covid-19
 
Sydney (Agenzia Fides) – “La Chiesa è chiamata ad ascoltare l’appello di Papa Francesco per rispondere e usare le proprie risorse e le proprie reti, riflettendo sulle conseguenze economiche e sociali della pandemia. La Chiesa può offrirsi come un sicuro punto di riferimento al mondo, che è smarrito di fronte ad un evento inaspettato. Come Catholic Mission abbiamo lanciato la campagna #WeAreStillHere per sostenere il Fondo POM Covid-19”. Lo afferma P.Brian Lucas, Direttore nazionale di "Catholic Mission", ovvero l'ufficio australiano delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Australia, in una intervista all’Agenzia Fides, riflettendo sulle ripercussioni della pandemia sulla vita della Chiesa nel Nuovissimo continente e sulla risposta che è stata lanciata attraverso il Fondo di Emergenza Covid.19 delle POM, voluto dal Papa.

In che modo la pandemia interpella missione della Chiesa nel vostro Paese?

La Chiesa è stata chiamata attraverso le necessità della pandemia a rifocalizzare le sue priorità, a collaborare in modo più ampio con altre Chiese e organizzazioni secolari, per esprimere amore e preoccupazione per l'intera famiglia umana nel contesto locale e globale. L'effetto diretto sui paesi più ricchi colpiti dalla pandemia ha portato alla luce le sfide significative affrontate da coloro che si trovano in contesti missionari. Ciò ha offerto un'opportunità di dialogo e collaborazione più ampi che mai.
In Australia ciò ha messo in luce l'urgente necessità che la Chiesa risponda ai più vulnerabili della comunità facendo pressione su governi e autorità locali, per far si che sia ascoltata la voce dei più deboli. I cattolici australiani hanno fatto spontaneamente offerte per sostenere le missioni estere colpite da Covid-19.

Come sta funzionando il Fondo speciale di emergenza POM per le vittime di coronavirus nel suo paese? Che tipo di iniziative sono state avviate con quel Fondo?

Le POM dell’Australia sono particolarmente impegnate nel facilitare risposte innovative a livello locale e globale, per essere veramente missionarie nella nostra risposta alla pandemia senza precedenti, attraverso una serie di iniziative a largo raggio come queste:
- coinvolgimento del popolo australiano nell’evoluzione internazionale del Covid-19 vissuta dalla Chiesa missionaria globale, attraverso la nostra campagna #WeAreStillHere per sostenere il Fondo POM Covid-19.
- coinvolgimento dei genitori della scuola cattolica australiana, che sono a casa con i loro figli, in un viaggio missionario con particolare attenzione al Covid-19, in vista del Mese Missionario Mondiale, attraverso un innovativo impegno online per costruire comunità missionarie di preghiera, advocacy e raccolta fondi.
- raggiungere i nostri partner missionari in tutto il mondo per identificare i bisogni reali e aiutare le Chiese locali nello sviluppo di risposte efficaci e adeguate.
- condivisione delle risorse intellettuali tra le principali agenzie e congregazioni religiose locali e internazionali, come Caritas Internationalis, Gesuiti, Verbiti, Maristi, per consentire alle informazioni di fluire tra le agenzie per avere il massimo impatto su tutte le reti.
- Catholic Mission ha inviato 25.000 USD di offerte spontanee dei fedeli al fondo di emergenza.
- Catholic Mission ha rinnovato il suo appello ai donatori invitandoli a riflettere sulle esigenze dei territori di missione.

Ci sono esperienze che esprimono in questo momento il rapporto tra carità ed evangelizzazione?

Il ruolo dell'evangelizzazione in questo momento è quello di ascoltare l’appello del Papa "per esprimere la preoccupazione e l'amore della Chiesa per l'intera famiglia umana di fronte alla pandemia di Covid-19". La risposta dell'Australia è stata raccontare la storia dei missionari nel mondo attraverso la campagna #WeAreStillHere, come quella di Suor Stan, in Ghana, che ha condiviso le sue lotte per cibo e risorse per sostenere la Casa di Nazareth per i bambini di Dio.
Il popolo australiano ha risposto con fede e generosità, offrendo un sostegno finanziario congruo per lo speciale Fondo Covid-19. I sostenitori regolari del lavoro delle POM Australia sono stati contattati personalmente e la loro risposta orante ha dimostrato un grande zelo missionario che ha fornito incoraggiamento e solidarietà alle comunità più povere e più colpite in questi tempi incerti.
(SL-PA) (Agenzia Fides 11/5/2020)

mercoledì 29 aprile 2020

Agenzia Fides 29 aprile 2020

EUROPA/SPAGNA - "Gesù vive e ti vuole vivo": il 3 maggio la Giornata di preghiera per le vocazioni e per le vocazioni native
 
Madrid (Agenzia Fides) - Domenica 3 maggio, IV domenica di Pasqua, nota come la domenica del Buon Pastore dal brano evangelico che viene proclamato durante la Messa, si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. In Spagna viene celebrata insieme alla Giornata delle vocazioni native. Anche se quest'anno non è possibile celebrarla comunitariamente nelle parrocchie, i cristiani sono ancora una volta chiamati a pregare per tutte le vocazioni di speciale consacrazione nel mondo.
Come ricorda la nota inviata all’Agenzia Fides dalla Direzione nazionale delle POM (Pontificie Opere Missionarie) della Spagna, “in questi giorni assistiamo al grande ruolo che preti, religiosi e consacrati svolgono in questa straordinaria situazione di pandemia. L'importanza della loro presenza è stata sottolineata in tante testimonianze di dedizione e accompagnamento nel nostro paese e in tutto il mondo. Per questo motivo, è necessario pregare affinché molti giovani possano seguire il loro esempio e ascoltare la voce di Dio”.
La Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni e la Giornata delle vocazioni indigene è organizzata congiuntamente da quattro istituzioni ecclesiali, che rappresentano la diversità e la ricchezza delle vocazioni di speciale consacrazione: la Conferenza Episcopale spagnola (CEE), la Conferenza spagnola dei Religiosi (CONFER), la Conferenza spagnola degli istituti secolari (CEDIS) e le Pontificie Opere Missionarie (OMP). Il motto di quest'anno è "Gesù vive e ti vuole vivo".
Oltre a pregare per tutte le vocazioni, la Giornata invita anche a pregare per i tanti giovani che vengono chiamati da Dio a seguirlo nei territori di missione, chiamati “vocazioni native”. La Chiesa spagnola invita quindi a pregare per loro, perchè prendano il posto dei missionari e mantengano viva la fiamma del Vangelo nei loro paesi e culture, e a contribuire economicamente, in modo che nessuna di queste vocazioni vada persa per mancanza di mezzi di sostentamento. (SL) (Agenzia Fides 29/4/2020)
LINK
Per ulteriori informazioni -> https://www.omp.es
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AFRICA/UGANDA - Covid-19: il contenimento funziona, ma i danni all'economia sono gravi
 
Gulu (Agenzia Fides) - Il virus non è ancora arrivato a Gulu. Al St Mary's Lacor Hospital però è tutto pronto. I pazienti non gravi sono stati mandati a casa. Il reparto di Medicina è stato attrezzato per i contagiati dal Covid-19. Sono stati allestiti una decina di letti in terapia intensiva, con cinque ventilatori (altri sono in arrivo). "In Uganda – spiega a Fides Cristina Reverzani, medico volontario che lavora nel reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale cattolico, di proprietà della diocesi - l’epidemia di coronavirus è stata presa molto sul serio. Il 22 marzo è stato registrato il primo caso e i confini sono stati bloccati, le scuole e i luoghi sacri sono stati chiusi. Tre giorni dopo è stato fermato il trasporto pubblico e quello privato, ed è stata proclamata la serrata dei mercati. Le forze dell’ordine sono state molto severe. Fin troppo, tanto che il presidente Yoweri Museveni è intervenuto per chiedere più clemenza".
Le misure sembrano aver funzionato. Attualmente non ci sono più di una sessantina di casi e nessun morto. "La maggior parte di questi casi – continua la dottoressa – sono persone che sono state contagiate all’estero e hanno portato il virus al rientro in Uganda. Va detto che alcuni fattori sembrano preservare la popolazione dal coronavirus. La popolazione giovanissima (età media sotto i 17 anni), le vaccinazioni contro la Tbc e il clima temperato (sopra i 20°) pare rappresentino barriere naturali al contagio. Nulla è scientificamente provato, ma i tamponi che regolarmente vengono fatti sugli ugandesi sono praticamente tutti negativi".
La popolazione del Nord Uganda è spaventata, ricorda ancora la devastante epidemia di ebola che colpì la regione agli inizi degli anni Duemila. "Il ricordo di quell’epidemia è particolarmente vivo – continua la dottoressa -. La popolazione acholi che abita questa zona ha fatto un antico rituale per scacciare il virus. Era dai tempi dell’ebola che non veniva ripetuto".
Se il contagio pare non estendersi molto, il virus sta comunque provocando enormi danni economici. "Il lockdown – spiega Elio Croce, missionario Comboniano che dagli anni Settanta presta il suo servizio in Uganda a favore di orfani, ammalati, disabili, soldati bambino, vittime dell’Aids e di ebola – blocca gli spostamenti e ciò danneggia enormemente la povera gente che si guadagna da vivere giorno per giorno. I contadini non possono vendere i loro prodotti. E non hanno nulla da portare a casa. I ragazzi poi non vanno a scuola e così padri e le madri si trovano a dover sfamare altre bocche. Per molte famiglie la situazione si sta facendo difficile".
Il lockdown dovrebbe terminare il 5 maggio: "Dobbiamo resistere fino ad allora – conclude fratel Elio – poi speriamo che ci sia un’apertura che permetta una ripresa della vita se non ai livelli normali, almeno tali da permettere alla povera gente di procurarsi il minimo necessario". (EC) (Agenzia Fides 29/4/2020)
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NEWS ANALYSIS/OMNIS TERRA - Zimbabwe, le Chiese in campo per un accordo nazionale
 
Harare (Agenzia Fides) - Le Chiese cristiane, storicamente presenza attiva e riconosciuta in Zimbabwe, hanno deciso di strutturare alcune proposte per aiutare il paese a uscire dal tunnel di difficoltà e sofferenza in cui si trova. E hanno lanciato una piattaforma per promuovere un dialogo inclusivo e comprensivo di tutti gli attori, per siglare un patto definitivo di riconciliazione che mira a essere un primo , nuovo passo per un reale rilancio politico e sociale della nazione.
Sono passati due anni e mezzo da quando, tra la sorpresa degli osservatori mondiali, Robert Mugabe, al potere in Zimbabwe per quasi 38 anni, cedette il posto, con risicatissimo margine, a Emmerson Mnangagwa, sebbene attraverso contestatissime elezioni nel luglio 2018, suscitando ugualmente tra i circa 17 milioni di abitanti grandissime speranze. Molte di queste sono andate deluse. E lo scorso 18 aprile, il 40° anniversario dell’indipendenza, anche a causa di una iniziale ma preoccupante diffusione del Covid-19 (i casi accertati sono una trentina con quattro morti), è passato agli atti come uno dei più mesti della sua storia: il rischio di default, tra inflazione record (oltre il 600%), disoccupazione dilagante (95%) e 7,5 milioni di cittadini alla fame
In tale cornice le Chiesa non hanno mai cessato di essere un solido punto di riferimento, nota padre Frederick Chiromba, Segretario generale della Conferenza Episcopale cattolica. “Nel novembre 2017, con l’intervento dell’esercito, lo Zimbabwe sperimentò il passaggio di potere dopo oltre 37 anni di governo di Robert Mugabe. Il cambio accese tante speranze e creò molte attese positive. La popolazione in fermento, si aspettava che il nuovo governo mettesse in atto un processo di transizione in grado di condurre rapidamente alle riforme socio-economiche e politiche assolutamente imprescindibili, unica via per superare le divisioni per il bene del Paese. Ma niente di ciò è mai avvenuto. Il partito al governo ha scelto una strada e una comunicazione diverse dal precedente ma è molto in ritardo nell’implementare le trasformazioni necessarie e le preoccupazioni e i patimenti della popolazione, la stessa che aveva sostenuto il cambiamento rapido, sono inevitabilmente in crescita. Tuttavia, non tutte le speranze sono perdute. Siamo certi che sarà il popolo dello Zimbabwe a spingere il governo a rendere conto del suo operato e a forzarlo ad attivare le riforme così come stabilito dalla costituzione che è stata approvata nel 2013 ma mai implementata. Democrazia e sviluppo arriveranno di sicuro in Zimbabwe (...) - continua
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Continua a leggere la News analysis sul sito web di Omnis Terra -> http://omnisterra.fides.org/articles/view/139
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ASIA - L’emergenza del Covid-19 in Asia centrale, tra misure di contenimento e negazione assoluta
 
Dushanbe (Agenzia Fides) - “Rispetto alla risposta alla pandemia che sta interessando tutti i paesi del mondo, le Repubbliche dell'Asia centrale possono essere divise in due gruppi. Da un lato, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan, che hanno messo in campo tempestivamente misure sanitarie, sociali ed economiche in linea con quelle dei paesi più avanzati. Dall'altro, Turkmenistan e Tagikistan che, pur con forme diverse, stanno optando per una strategia completamente diversa: quella della negazione assoluta. Ufficialmente, infatti, non si registrano casi di coronavirus, seppure i dubbi siano molti, sia perché in Tajikistan vi sono state decine di morti sospette, sia perché il Turkmenistan condivide un lunghissimo confine con l'Iran, particolarmente colpito dalla pandemia”. E’ quanto spiega all’Agenzia Fides Davide Cancarini, ricercatore indipendente sull’area dell’Asia centrale, illustrando le misure di contenimento del Covid-19 attuate dai governi di quell’area geografica.
La politica altamente rischiosa messa in atto da Tajikistan e Turkmenistan, potrebbe trovare una plausibile spiegazione, secondo il ricercatore, in un elemento ricorrente nella gestione del potere del presidente tagiko Emomalī Rahmon e di quello turkmeno Gurbanguly Berdimuhamedow: “I due leader sono differenti sotto molti punti di vista, ma condividono la granitica volontà di impedire che qualunque elemento potenzialmente destabilizzante si diffonda nei rispettivi territori. In altre parole, per evitare che la benché minima voce critica si possa alzare contro la loro guida o che la popolazione dei due paesi possa risultare in qualche modo destabilizzata dall'ammissione della diffusione del virus, la loro scelta è caduta sulla negazione più assoluta. Con ovviamente tutti i rischi che questo comporta per i cittadini turkmeni e tagichi ma, allargando lo sguardo, per la comunità internazionale nel suo complesso”.
Rahmon, aggiunge Cancarini, “ha perfino cercato di sfruttare questa fase, in cui l'attenzione è quasi tutta catturata dal coronavirus, per assicurare la sua successione: negli scorsi giorni ha infatti nominato il suo figlio maggiore, Rustam Emomali, portavoce del Senato, seconda carica del Paese dopo quella di Presidente”.
L’assenza di casi di Covid-19 in Tajikistan e Turkmenistan, rileva l’esperto, non ha comunque convinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nella settimana tra il 27 aprile e il 3 maggio, invierà delle missioni nei due paesi per valutare la reale situazione sul campo.
Come in molti Stati dell’ex Unione Sovietica, Tajikistan e Turkmenistan hanno ritrovato la propria indipendenza all’inizio degli anni Novanta, dando vita a repubbliche basate su fondamenta piuttosto deboli. Per i cittadini turkmeni, per esempio, il concetto di “povertà” rappresenta un tabù, dato che il governo di Gurbanguly Berdimuhamedov, presidente confermato per la terza volta alla guida del paese a febbraio 2017, vuole mostrare il volto di un paese in crescita e nel pieno sviluppo. Lo stesso dicasi per la diffusione e la pratica dei diritti e delle libertà individuali.
Secondo l’ultimo rapporto sulla libertà di stampa, pubblicato ad aprile 2020 dall’Ong “Reporter Senza Frontiere”, nella classifica dei 180 Paesi del mondo, il Tajikistan risulta 161esimo e il Turkmenistan è addirittura penultimo, seguito solo dalla Corea del Nord. I due paesi figurano molto in basso anche nella classifica di Transparency International: occupando rispettivamente la 153esima e la 165esima posizione, quelli Tajikistan e Turkmenistan risultano quindi tra i governi più corrotti al mondo.
Il tema della libertà religiosa, invece, è caratterizzato, in entrambi i Paesi, da luci ed ombre. La Costituzione del Tajikistan, approvata nel 1994 e modificata nel 2003, riconosce il diritto alla libertà di coscienza, secondo cui ogni individuo ha il diritto di determinare in modo indipendente la propria relazione con la religione e di professare qualsiasi credo individualmente o insieme ad altri. Tuttavia, la “legge sulla religione”, entrata in vigore nel 2009, ha comportato delle limitazioni, tra cui, per esempio, l’obbligo di registrazione dei gruppi di fedeli ed il divieto di educazione religiosa privata. La comunità cattolica del Tajikistan, rinata nel 1997 con la Missio sui iuris istituita da Giovanni Paolo II, conta circa 100-120 fedeli nella parrocchia di S. Giuseppe a Dushanbe e un’altra ventina nella chiesa di Qurǧonteppa, una città a 100 chilometri dalla Capitale.
Per quanto riguarda il Turkmenistan, l’articolo 12 della Costituzione garantisce ai suoi cittadini la libertà di culto, ma vi sono altre disposizioni normative che penalizzano la libera attività religiosa: per esempio, gli articoli 76 e 77 del codice amministrativo prevedono multe salate per attività da parte di organizzazioni religiose non registrate. La comunità cattolica turkmena è costituita da tre sacerdoti Oblati di Maria Immacolata e circa 250 fedeli, che si riuniscono nella cappella della Trasfigurazione del Signore, nella capitale Ashgabat.
(LF-PA) (Agenzia Fides 29/4/2020)
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AMERICA/BOLIVIA - Giornata della IAM: “Da casa mia, come Santa Teresina, anche io sono un missionario!”
 
Santa Cruz (Agenzia Fides) – Adattandosi al tempo in cui viviamo per la pandemia di Covid 19, nell'Arcidiocesi di Santa Cruz, la Giornata nazionale dell'Infanzia e Adolescenza missionaria (IAM), la terza domenica di Pasqua, è stata celebrata con il motto: "Da casa mia, come Teresita, anche io sono un missionario!". Secondo le informazioni diffuse dalla Conferenza episcopale, pervenute a Fides, dalla Cattedrale di Santa Cruz, l’Arcivescovo Mons. Sergio Gualberti, si è rivolto domenica 26 aprile ai giovani missionari sottolineando che il motto è molto appropriato per le circostanze che stiamo vivendo: se non ci è permesso di uscire di casa, non ci può essere impedito di essere missionari, come ha affermato nella sua vita la protettrice delle missioni, Santa Teresa di Gesù Bambino. Bambini e ragazzi missionari, seguendo il suo esempio, nella loro casa compiono piccole azioni come obbedire e collaborare con i genitori, fare i loro compiti e contagiare tutta la famiglia con la gioia della loro giovane vita dedicata al Signore, ha affermato l'Arcivescovo.
Mons. Oscar Aparicio, Arcivescovo di Cochabamba, per la stessa circostanza ha celebrato la Messa trasmessa dai social media, e ha inviato un particolare saluto a tutti i membri della IAM, presente in varie comunità dell’arcidiocesi. Augurando una buona Pasqua, essendo nel tempo pasquale, ha esortato a vivere una buona celebrazione della Giornata, come fonte di gioia, per essere, come la Vergine Maria e gli Apostoli, testimoni della risurrezione. Quindi ha invitato i ragazzi ad annunciare il Cristo Risorto nelle loro famiglie e in tutta l’arcidiocesi.
Mons. Antonio Reimann, Vescovo del Vicariato apostolico Ñuflo de Chávez, che si trova ancora in ospedale perché colpito dal Covid-19, ha inviato un suo messaggio ai bambini e ai giovani missionari, congratulandosi per quanto fanno e incoraggiandoli a continuare nella preghiera.
“In questo periodo della pandemia – ha scritto il Vescovo - , quando le porte delle chiese sono chiuse, i bambini della IAM sono spesso i promotori del saluto, del perdono, della preghiera e della condivisione gioiosa nella loro famiglia. In questo modo la Famiglia viene assimilata ad una piccola Chiesa domestica. Dio, per mezzo della loro preghiera innocente e fiduciosa con tutta la famiglia, ci aiuti a fermare la crescita della pandemia, e possano tornare rinnovati nelle chiese parrocchiali con tutta la loro famiglia, e anche a scuola per continuare gli studi”. (SL) (Agenzia Fides 29/4/2020)
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AMERICA/VENEZUELA - "Non mi pesa, è mio fratello": campagna per accogliere chi ritorna
 
Guasdualito (Agenzia Fides) – In occasione del ritorno dei venezuelani nel loro paese, al confine con l'Alto Apure, il Vescovo della diocesi di Guasdualito, in Venezuela, ha lanciato la campagna "Non mi pesa, è mio fratello", per incoraggiare l'ospitalità verso le persone che in questo momento arrivano dal vicino paese della Colombia.
Mons. Pablo Modesto ha affermato che il motivo di questa campagna è di fare uno sforzo e di crescere nella sensibilità del cuore, per motivare la solidarietà nei confronti di chiunque abbia bisogno. "Le cose sono difficili, siamo in tempi difficili, ma questa volta possiamo trasformarle in un'opportunità, non solo per diventare più egoisti e prenderci cura di noi stessi, trascurando gli altri, ma dobbiamo risvegliare il cuore sensibile che abbiamo e condividere dalla nostra povertà, dal nostro bisogno. Questo è il motivo per cui vogliamo invitare questo popolo, che è ospitale per natura, ad attivare in esso quel cuore accogliente e premuroso, che in questi tempi difficili in cui viviamo non faccia diminuire in noi il dono dell'ospitalità" ha detto il Vescovo.
La nota inviata a Fides dalla Conferenza Episcopale, CEV, informa che attraverso il ponte internazionale Jose Antonio Páez, circa 250 persone vengono accolte ogni giorno dalle autorità del comune di José Antonio Páez, grazie al corridoio umanitario che ha permesso l'ingresso di circa 3 mila venezuelani che ritornano nel loro paese e vengono portati nei centri pronti per la quarantena a causa della pandemia. Rispettando le raccomandazioni del governo nazionale, per 14 giorni devono rimanere sotto osservazione in caso di presentazione di sintomi correlati a COVID-19, e solo in seguito possono trasferirsi nelle loro città di origine.
La diocesi di Guasdualito (Venezuela) e la diocesi di Arauca (Colombia) hanno quindi promosso questa campagna "Non mi pesa, è mio fratello", e Mons. Pablo Modesto ha ringraziato per l'accoglienza che i colombiani hanno avuto verso i venezuelani. Attraverso le Caritas diocesane si sono messi in contatto per sostenere il sindaco della regione e sono riusciti, con le autorità di Arauca, a procurarsi stuoie o materassi, facendo tutti gli sforzi possibili per portarli a Guasdualito. “Approfitto di questa circostanza per ringraziare per il lavoro congiunto che si sta svolgendo non solo tra gli Stati, ma anche con la stessa Chiesa, che stiamo mediando, sostenendoci a vicenda" ha dichiarato il Vescovo.
(CE) (Agenzia Fides, 29/04/2020)
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AMERICA/VENEZUELA - Prima mondiale su internet: "Pastore di anime", vita di Mons. Salvador Montes de Oca
 
Caracas (Agenzia Fides) – Tra le iniziative della Conferenza Episcopale del Venezuela per esprimere la vicinanza alla comunità credente del paese, sarà trasmesso oggi, 29 aprile, attraverso il canale Youtube della Conferenza Episcopale del Venezuela in una "prima mondiale su internet", il film sulla vita del Servo di Dio Monsignor Salvador Montes de Oca. Nato nel 1895, Vescovo di Valencia (Venezuela) dal 1927, diventò monaco alla Certosa di Farneta in Italia, dove venne fucilato dalle truppe naziste insieme ad altri religiosi per aver accolto i perseguitati dalla guerra.
L'anno scorso, nella Cattedrale di Valencia in Venezuela, è stata celebrata la messa per il 75° anniversario della morte, che è stata presieduta dal Card. Baltazar Porras. Il film intitolato “Pastore di anime”, prodotto dal Dipartimento per le comunicazioni della Conferenza episcopale venezuelana, sarà trasmesso alle 20 (ora del Venezuela).
(CE) (Agenzia Fides, 29/04/2020)

martedì 4 febbraio 2020

Agenzia Fides 4 febbraio 2020

VATICANO - "Comunicazione è missione": incontro di formazione missionaria permanente
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – "Comunicazione è missione" è il tema dell’incontro in corso presso il Centro Internazionale di Animazione Missionaria (CIAM) rivolto alle direzioni nazionali delle Pontificie Opere Missionarie (POM) di lingua spagnola. Coordinati dalle POM della Spagna, con la guida di padre José María Calderón Castro, gli interventi previsti hanno come obiettivo un programma di formazione missionaria permanente nel campo della comunicazione, intesa come forma di evangelizzazione. I lavori si sono aperti, ieri lunedì 3 febbraio e finiranno sabato 8 febbraio.
Padre José María la Porte, della Pontificia università della Santa Croce di Roma, ha introdotto i partecipanti alla problematica sempre più attuale della comunicazione del messaggio religioso con e attraverso gli strumenti moderni del mondo digitale. I responsabili della comunicazione delle POM dei paesi latinoamericani, insieme a Canada Angola e Spagna, si sono impegnati a seguire il programma che prevede anche incontri con membri dei Segretariati Internazionale delle POM nella sede di Piazza di Spagna.
Lo scambio di esperienze con i membri della Segreteria per le Comunicazione della Santa Sede è stato molto intenso e apprezzato da tutti partecipanti. (CE) (4/2/2020 Agenzia Fides)
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AFRICA/CONGO RD - Nuovi massacri nell’est portano a 370 il numero dei morti da fine ottobre
 


Kinshasa (Agenzia Fides) - Almeno una quarantina di civili sono stati uccisi in una serie di assalti a sei villaggi nel territorio di Mambasa, nella provincia dell’Ituri (Nord Kivu nell’est della Repubblica Democratica del Congo), nella notte tra Sabato 1° febbraio e domenica 2 febbraio.
Secondo quanto riferito all’Agenzia Fides dall’ONG locale CEPADHO, i massacri sono stati perpetrati da terroristi dell’ADF / MTM (Madina a Tauheed Wau Mujahedeen)”, un gruppo che afferma di aver aderito allo Stato Islamico (ma sul punto le opinioni non sono unanimi), che si sono suddivisi in piccole unità per colpire simultaneamente i diversi villaggi sparsi sul territorio.
Secondo il CEPADHO sono almeno 112 i civili uccisi dai jihadisti nell'arco di 5 giorni la scorsa settimana. I recenti massacri portano il numero di civili uccisi dall'ADF / MTM a 370, in ritorsione per le offensive su larga scala lanciate contro di loro dalle forze armate congolesi (FARDC) dal 30 ottobre 2019. Ciò rappresenta una media di 123 civili massacrati in un periodo di 3 mesi.
A questo numero occorre aggiungere le sette persone uccise nell’assalto ripetuto tre volte contro il posto di polizia di Mamove la notte del 31 gennaio, da parte di una milizia di autodifesa May May.
Sempre un gruppo di May May ha assalito l’ufficio di coordinamento di risposta all’epidemia Ebola di Biakato. Grazie all’intervento delle forze dell’ordine e dell’esercito i miliziani sono stati respinti, non prima però di aver distrutto due autoveicoli in dotazione alla struttura. (L.M.) (Agenzia Fides 4/2/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - A Yopougon migliaia di bambini invitati a diventare missionari della non violenza
 


Abidjan (Agenzia Fides) - “L'infanzia missionaria significa instillare nei bambini uno spirito missionario, insegnare ai bambini a essere missionari, ad attrarre amici a Cristo con piccoli gesti come la piccola Teresa di Lisieux", afferma p. Fabrice Coulibaly, cappellano diocesano della pastorale dell’infanzia di Yopougon, dove domenica 2 febbraio diecimila bambini provenienti da tutte le parrocchie della diocesi hanno celebrato la giornata mondiale dell'infanzia missionaria, riflettendo sul tema “Cantando la missione, bambino, ci impegniamo a non essere violenti”.
L’appello alla non violenza è stato rilanciato da Sua Ecc. Mons. Jean Salomon Lézoutié, Vescovo di Yopougon su uno dei due siti dove si è celebrato l’evento, il collegio Sebaco. Presentando esempi biblici, Mons. Lézoutié ha esortato bambini e ragazzi al perdono, a dire di no alla violenza e a essere missionari della non violenza nella loro vita quotidiana con amici e parenti.
Per la piccola N'Goua Marie Océane della parrocchia di Sainte Rita de Cascia a Niangon Nord, nella diocesi di Yopougon, il giorno dell'infanzia missionaria è stato un momento proficuo. “Mi è piaciuto molto quello che ha detto il Vescovo: non dobbiamo vendicarci, dobbiamo coltivare l'amore” ha detto a Fides. I bambini hanno infine chiesto di pregare per la pace in Costa d'Avorio, dove vi è preoccupazione che le elezioni presidenziali di ottobre possano degenerare nella violenza. (S.S.) (L.M.) (Agenzia Fides 4/2/2020)
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ASIA/FILIPPINE - Ingiustizia, impunità, abusi: i frutti della "guerra alla droga"
 
Manila (Agenzia Fides) – La “guerra alla droga”, la campagna lanciata nel 2016 dal presidente Rodrigo Duterte allo scopo di liberare la società dallo spaccio e dalla tossicodipendenza, ma condotta con metodi violenti criticati in patria e a livello internazionale, sta mettendo a dura prova la società filippina. Ne sono convinti sacerdoti e religiosi filippini oggi impegnati nell’accompagnamento delle vittime o nella sensibilizzazione per la difesa della dignità umana, della giustizia e dello stato di diritto.
Il francescano padre Baltasar Obico, Ofm, superiore del Santuario di Sant’Antonio a Makati, una delle città che compongono la grande "MetroManila", dice all’Agenzia Fides: “L'approccio violento della campagna anti-droga, promosso dalle istituzioni, sta erodendo il sistema democratico. Il governo, poi, cerca di imporre imponendo silenzio ai dissidenti e a ogni vice critica. Mi sembra che l’atteggiamento sprezzante del Presidente Duterte stia inoltre inducendo un crollo dei valori morali nella società, in quanto è catalizzatore di un ‘cattivo esempio’ in un figura, quella del Presidente, che è comunque un riferimento per tutti. Mi chiedo: come si può tollerare a cuor leggero tanta violenza e ingiustizia? Se i leader politici usano lessico violento e aggressivo, con un populismo che cerca solo consenso, sdoganando molti atteggiamenti ostili e sprezzanti, cosa ci si può aspettare dai giovani e dalla società? In tal quadro, a farne le spese sono avvocati, difensori dei diritti umani, attivisti, membri di Ong e anche preti e religiosi che sono dalla parte dei poveri e degli oppressi”.
Tra i religiosi filippini “in prima linea” vi è padre Angel Cortez Ofm, che per ben due volte nei mesi scorsi si è recato a Ginevra, in rappresentanza della Ong “Franciscans International”, per relazionare e appellarsi al Consiglio Onu per i Diritti umani. Così il religioso di chiara a a Fides: “Vediamo oggi sotto i nostri occhi, nelle Filippine, tante uccisioni extragiudiziali, omicidi impuniti, violenze inaudite in strada, senza alcuna remora. E’ una vera tragedia. Accompagniamo tante famiglie che soffrono e che hanno perso i loro cari, uccisi da bande di uomini mascherati. Non c'è alcuna giustizia nè pace, lo stato di diritto viene calpestato impunemente e la polizia, secondo molte Ong, copre o non indaga su queste uccisioni, che restano opera di ignoti e per le quali nessuno pagherà. Questa ‘guerra alla droga' va avanti da troppo tempo e ha già causato troppe vittime e troppa sofferenza. Non si può continuare su questa strada di morte e di lutto. E' urgente che le coscienze si risveglino e che la politica cambi rotta. E’ urgente una conversione dei cuori, delle mente, delle azioni”.
La “mancata giustizia per migliaia di vittime” della violenta campagna anti-droga è confermata da un nuovo rapporto della Ong “Amnesty International”, diffuso il 30 gennaio scorso. “Le famiglie delle vittime – nota Amnesty – non hanno ottenuto giustizia per i loro cari, a causa degli enormi ostacoli esistenti nel presentare denunce contro i perpetratori, inclusa la paura di ritorsioni. Né è stata individuata alcuna responsabilità significativa per le uccisioni, a livello nazionale”.
Secondo dati ufficiali, nella “guerra alla droga” di Duterte, oltre 6.000 persone sono state uccise in operazioni di polizia, mentre i gruppi per i diritti umani stimano l’esistenza di altre 25.000 vittime di omicidi compiuti da “squadroni di vigilantes”, del tutto impuniti.
Una recente inchiesta del sito di informazione online filippino “Rappler”, rileva che il governo ha tenuto finora un atteggiamento compiacente, lasciando che i casi di tali uccisioni fossero irrisolti, per lacune sistematiche del sistema giudiziario e per il mancato impegno o la complicità delle forze di polizia. (PA) (Agenzia Fides 4/2/2020)
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AFRICA - Popolazioni di Zambia e Zimbabwe messe in ginocchio dalla carestia
 
Lusaka (Agenzia Fides) - Lo spettro della carestia si affaccia su Zambia e Zimbabwe. Nei mesi scorsi, una lunga stagione di siccità, con temperature costantemente sopra i 40 gradi, ha distrutto gran parte dei raccolti e in nelle ultime settimane i due Paesi stanno vivendo una grave carenza alimentare. Secondo il Programma alimentare mondiale (World Food Programme, Wfp), in Zimbabwe più di otto milioni di persone (su una popolazione di 12 milioni di abitanti) e in Zambia 2,3 milioni di persone (su 11 milioni) vivono attualmente in condizioni di grave insicurezza alimentare. Le conseguenze possono essere realmente tragiche.
"In Zambia, la siccità ha colpito duro e la gente soffre. Gli stessi capi tradizionali confermano che si sta vivendo un momento particolarmente difficile" spiegano in una nota inviata all'Agenzia Fides Albert Mulanda di Caritas Mongu e Manuel Castelletti dell’Ong Celim. "Nel 2019, la regione ha conosciuto una prolungata assenza di piogge che ha causato una forte siccità. La Western Province, la regione in cui operiamo ha sofferto in modo particolare".
Quanto sia drammatica la situazione lo si può ben comprendere dall’annullamento di un evento simbolico: il "Kuomboka", il tradizionale viaggio del re dell’etnia Lozi che, su speciali imbarcazioni, si sposta nella savana inondata per trasferirsi dalla residenza della stagione secca a quella della stagione delle piogge. "In passato era già avvenuto che la cerimonia, molto sentita, fosse annullata - si osserva - quest’anno però era desolante vedere la savana secca, le piante gialle, l’aridità che avvolgeva tutto".
La popolazione Lozi ha subito pesantemente il calo di produzione di riso e mais. «La mancanza di acqua - continuano - ha penalizzato le colture di riso. Solo chi ha piantato varietà che crescono anche senz’acqua ha avuto un raccolto decente. Chi ha piantato la varietà tradizionale ha avuto rendimenti molto bassi". Ciò ha inciso sulle entrate delle persone perché il riso tradizionalmente viene venduto per ottenere un surplus di entrate che quest’anno non ci sarà.
Ancor peggio è andata per il mais. "La carenza di piogge, soprattutto nel momento della crescita del mais – ricordano i due leader - ha fatto crollare la produzione. I prezzi di un sacco di farina di mais è raddoppiato. Il dramma è che questa farina è la base dell’alimentazione locale e la carenza mette in crisi tutto il sistema nutrizionale. Molti contadini si recavano in città a vendere la carbonella (ottenuta tagliando, spesso illegalmente, le piante) per poter acquistare farina". Il governo ha iniziato a vendere sacchi di farina a prezzi calmierati e la gente si è ammassata nei luoghi di distribuzione.
Ancora più delicata la situazione in Zimbabwe. "La stagione delle piogge - spiega a Fides il Gesuita p. Bian MacGarry - sarebbe dovuta iniziare a ottobre, ma quasi ovunque le prime precipitazioni sono arrivate i primi giorni di gennaio. In molte province la pioggia è stata comunque insufficiente. Il dramma è che i meteorologi prevedono che febbraio, solitamente il mese più piovoso, sarà asciutto".
In questa situazione si è insinuata la corruzione e il malaffare. "La distribuzione di semi e fertilizzanti è stata portata avanti dalle forze armate in modo corrotto per anni - conclude padre Brian - con un risultato è tragico: molte popolazioni rurali non hanno abbastanza cibo per arrivare fino al prossimo raccolto in aprile e hanno bisogno di donazioni di cibo. Se il raccolto sarà scarso avremo ulteriori problemi. Nei prossimi mesi, il regime militare potrebbe dover affrontare la rivolta più violenta degli ultimi 40 anni e, se questo avverrà, è a rischio l’intero apparato statale, con serie conseguenze di instabilità sociale e politica". (EC) (Agenzia Fides 4/2/2020)
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ASIA/INDONESIA - Il paese ricorda Wahid, leader musulmano, promotore del dialogo e amico dei cristiani
 
Giacarta (Agenzia Fides) - "Gli sforzi di Wahid per stabilire relazioni interreligiose e per promuovere la pace nelle regioni indonesiane agitate da conflitti, saranno ricordati nella storia della nazione", afferma in una nota inviata a Fides Mathews George Chunakara, segretario generale della Conferenza cristiana dell'Asia (CCA) ), organizzazione ecumenica presente in Indonesia. Con questo spirito i cristiani indonesiani ricordano con affetto Salahuddin Wahid, importante religioso musulmano, promotore del dialogo e della democrazia in Indonesia, scomparso il 2 febbraio a Giacarta, all'età di 72 anni. Conosciuto per il suo impegno nel promuovere la tolleranza, l'armonia e la cooperazione interreligiosa, Wahid era a capo della più grande organizzazione musulmana dell'Indonesia, la "Nahdlatul Ulama" (NU) che conta oltre 80 milioni di membri. Salahuddin "Gus Sholah" Wahid, luminare del movimento islamico per la pace e la riconciliazione, era anche capo della "Associazione indonesiana per gli intellettuali musulmani" e il vicepresidente della Commissione nazionale per i diritti umani in Indonesia.
Mathews George Chunakara aggiunge che l'impegno di Wahid nel riconoscere la pluralità religiosa e l'armonia comunitaria è servito da modello per altri leader religiosi asiatici, al fine di rafforzare l'armonia religiosa in tutta l'Asia. L'Arcivescovo protestante indonesiano Willem T.P. Simarmata, moderatore della CCA, rileva: "Il nostro Paese ha perso un grande studioso islamico e un rispettato leader religioso. Il suo impegno e contributo nella difesa della tolleranza religiosa saranno ricordati dalle generazioni future",
Molto attivo sul pino della risoluzione dei conflitti, Wahid ha svolto un ruolo cruciale nel promuovere la pace nella provincia indonesiana della Papua occidentale in collaborazione con il Consiglio dei Vescovi della Papua. Si è inoltre adoperato Ha contribuito a risolvere i conflitti religiosi nelle regioni delle Molucche e di e Central Sulawesi e ha anche indagato sulle violazioni dei diritti umani a Timor Est.
Wahid ha dato priorità alla riconciliazione e all'unità rispetto a tutto il resto, ricordano i leder cristiani.
Lo statista - affermano - era noto per l'atteggiamento di compassione e solidarietà verso le minoranze religiose indonesiane, in particolare verso i cristiani.
Wahid è stato sepolto il 3 febbraio all'interno del collegio islamico Tebuireng a East Java, Indonesia.
L'Indonesia, paese musulmano più popoloso al mondo, con 270 milioni di abitanti, all'87% musulmani, il 9% cristiani (tra i quali 7 milioni cattolici), 1,7% indù e altre minoranze religiose buddiste e animiste. (SD-PA) (Agenzia Fides 4/2/2020).
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ASIA/TURCHIA- Il Patriarca armeno Sahak II: attendo che anche in Turchia siano riconosciute le sofferenze del nostro popolo
 
Istanbul (Agenzia Fides) – Sahak II Masalyan, nuovo Patriarca armeno apostolico di Costantinopoli, attende e desidera vedere presto anche in Turchia “il riconoscimento delle sofferenze del nostro popolo” superando le incomprensioni e gli equivoci di chi oggi come in passato rappresenta le comunità minoritarie presenti in Turchia come delle “élite felici e ricche, mentre questo non è affatto vero, e non è mai stato vero”. Il Patriarca, senza mai usare l’espressione ‘Genocidio armeno’, il Patriarca ha ammesso in un’ampia intervista pubblicata dal giornale turco Hurriyet che la data del 24 aprile, scelta per commemorare ogni anno i massacri di armeni perpetrati tra 1915 e 1916 nella penisola anatolica, in Turchia è stata a lungo considerato “un tabù, un evento divisivo”, fino a quando, nel 2015, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan “ci ha inviato una lettera di condoglianze, e per la prima volta siamo stati in grado di celebrare le messe nelle nostre chiese per i nostri morti”. Nella stessa intervista, pubblicata lunedì 3 febbraio, il Patriarca armeno di Costantinopoli ha sottolineato che occorre uscire dalla logica antagonistica del “noi contro loro”, riconoscendo la comune appartenenza alla famiglia umana, riscontrabile anche dal punto di vista scientifico, visto che “la nostra costituzione genetica è la stessa” e “siamo tutti degli 'Homo sapiens' ". Il Patriarca ha anche paragonato la recente, tragica esperienza della Siria alle lacerazioni sperimentate da tutta l’umanità durante i conflitti mondiali, quando il virus del nazionalismo “entrò nelle nostre case, e tutti volevano costruire il proprio “stato-nazione” alle spese degli altri. Tra le diverse considerazioni, il Patriarca armeno ha ribadito di considerare l’Akp – il Partito di Erdogan al potere in Turchia dal 2002 – come una formazione politica dotata di una maggiore “sensibilità verso i cristiani”, soprattutto in confronto a stagioni passate, quando “non potevamo nemmeno attaccare un chiodo nelle nostre chiese”, (GV) (Agenzia Fides 4/2/2020).

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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