AFRICA/EGITTO -Il Patriarca Tawadros visita la “Chiesa sorella” etiope
Il Cairo (Agenzia Fides) – Il Patriarca copto ortodosso Tawadros II è ha lasciato nella serata di venerdì 25 settembre il Cairo per compiere una visita di cinque giorni in Etiopia. Durante la sua permanenza in terra etiope, Papa Tawadros parteciperà alle solenni celebrazioni liturgiche officiate dalla Chiesa ortodossa d'Etiopia in onore della Santa Croce, e visiterà anche i santuari rupestri di Lalibela, antico sito del cristianesimo etiope.
La trasferta di Papa Tawadros in terra etiope riveste significato sia dal punto di vista ecclesiale che riguardo ai rapporti tra Egitto e Etiopia. Tawadros ricambia la visita compiuta lo scorso gennaio in Egitto da Abuna Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia (vedi Fides 17/1/2015). In quell'occasione, il Primate della Chiesa etiope era stato ricevuto anche dal Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmed al Tayyeb, a conferma della valenza non solo ecclesiale di quella visita patriarcale. Durante i colloqui col Presidente e con altre autorità politiche, Abuna Mathias aveva discusso coi suoi interlocutori anche del futuro della questione della diga della Grande Rinascita, l'imponente opera idraulica sul Nilo iniziata dall'Etiopia e contestata dall'Egitto. Gli egiziani temono che il progetto etiope della grande diga possa avere impatto negativo sul volume delle acque del Nilo finora a disposizione dell'economia e dei bisogni prim ari della popolazione.
La Chiesa ortodossa d'Etiopia è stata vincolata giurisdizionalmente al Patriarcato copto di Alessandria d'Egitto fino al 1959, anno in cui è stata riconosciuta come Chiesa autocefala dal Patriarca copto Cirillo VI. Durante la sua visita in Egitto, Il Patriarca etiope aveva ripreso le parole di Gesù secondo cui l'uomo non può separare ciò che Dio ha unito, solitamente riferite al matrimonio, e le aveva applicate ai rapporti tra le due Chiese, riaffermando così la piena unità tra la Chiesa ortodossa d'Etiopia e la Chiesa copta. (GV) (Agenzia Fides 26/9/2015).
La trasferta di Papa Tawadros in terra etiope riveste significato sia dal punto di vista ecclesiale che riguardo ai rapporti tra Egitto e Etiopia. Tawadros ricambia la visita compiuta lo scorso gennaio in Egitto da Abuna Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia (vedi Fides 17/1/2015). In quell'occasione, il Primate della Chiesa etiope era stato ricevuto anche dal Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmed al Tayyeb, a conferma della valenza non solo ecclesiale di quella visita patriarcale. Durante i colloqui col Presidente e con altre autorità politiche, Abuna Mathias aveva discusso coi suoi interlocutori anche del futuro della questione della diga della Grande Rinascita, l'imponente opera idraulica sul Nilo iniziata dall'Etiopia e contestata dall'Egitto. Gli egiziani temono che il progetto etiope della grande diga possa avere impatto negativo sul volume delle acque del Nilo finora a disposizione dell'economia e dei bisogni prim ari della popolazione.
La Chiesa ortodossa d'Etiopia è stata vincolata giurisdizionalmente al Patriarcato copto di Alessandria d'Egitto fino al 1959, anno in cui è stata riconosciuta come Chiesa autocefala dal Patriarca copto Cirillo VI. Durante la sua visita in Egitto, Il Patriarca etiope aveva ripreso le parole di Gesù secondo cui l'uomo non può separare ciò che Dio ha unito, solitamente riferite al matrimonio, e le aveva applicate ai rapporti tra le due Chiese, riaffermando così la piena unità tra la Chiesa ortodossa d'Etiopia e la Chiesa copta. (GV) (Agenzia Fides 26/9/2015).
ASIA/FILIPPINE - Da Papa Francesco una spinta per la lotta al traffico di esseri umani
Manila (Agenzia Fides) - "Sin dagli inizi del suo pontificato Papa Francesco ha messo il dito nella piaga del traffico e dello sfruttamento degli esseri umani. Lo ringraziamo per questo, perchè la questione è tornata, grazie a lui, nell’agenda politica a livello internazionale. Credo che la sua autorità morale possa fare molto per spingere i governanti a fare di più per combattere questo fenomeno": lo dice all’Agenzia Fides p. Shay Cullen, missionario irlandese, che nelle Filippine ha creato e guida la Fondazione PREDA, che si occupa di salvare, proteggere e reinserire nella società le persone (soprattutto bambini e donne) vittime della tratta di esseri umani, di sfruttamento e schiavitù sessuale.
Secondo il missionario , “Papa Francesco sta cercando di far rivivere una voce profetica nella Chiesa a nome degli oppressi e degli emarginati. Con il suo esempio, invoglia ogni cristiano a seguire e imitare Gesù Cristo e il suo Vangelo". In particolare si vede che “la missione della lotta al traffico di esseri umani è vicina al suo cuore: in diverse occasioni ha fatto dichiarazioni e anche azioni concrete perchè lo sfruttamento di donne e bambini sia in cima all'agenda politica e sociale. I bambini e le donne che vivono in strada sono i più vulnerabili”. “Credo che le parole del Papa – conclude p. Cullen - siano state determinanti per ottenere che la ‘fine del traffico di esseri umani’ sia entrata nella lista delle priorità di Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite". (Agenzia Fides 26/9/2015)
Secondo il missionario , “Papa Francesco sta cercando di far rivivere una voce profetica nella Chiesa a nome degli oppressi e degli emarginati. Con il suo esempio, invoglia ogni cristiano a seguire e imitare Gesù Cristo e il suo Vangelo". In particolare si vede che “la missione della lotta al traffico di esseri umani è vicina al suo cuore: in diverse occasioni ha fatto dichiarazioni e anche azioni concrete perchè lo sfruttamento di donne e bambini sia in cima all'agenda politica e sociale. I bambini e le donne che vivono in strada sono i più vulnerabili”. “Credo che le parole del Papa – conclude p. Cullen - siano state determinanti per ottenere che la ‘fine del traffico di esseri umani’ sia entrata nella lista delle priorità di Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite". (Agenzia Fides 26/9/2015)
ASIA/COREA DEL SUD - Preghiere per la pace nella Chiesa più vicina alla zona demilitarizzata
Seul (Agenzia Fides) - Giovani cristiani di diverse confessioni (cattolici, protestanti e anglicani) si sono riunti vicino al confine tra Nord e Sud Corea per pregare per la pace e la riconciliazione. Come riferisce a Fides l'Ufficio comunicazioni dell'arcidiocesi di Seul, si tratta dei giovani vicini alla Comunità di Taizé in Corea, che hanno compiuto un pellegrinaggio fino alla chiesa di Paju (città situata a sud di Panmunjeom, sul 38 ° parallelo, al confine con la zona demilitarizzata), invitando giovani di tutte le Chiese cristiane e di altri paesi asiatici a pregare per la pace e la riconciliazione della Corea.
"La riconciliazione è sempre stata la spiritualità della nostra comunità", ha spiegato fratello Shin Han Yol di Taizé, coordinatore principale della manifestazione. "Preghiamo per la pace in Corea da oltre 40 anni. Dal 2013, abbiamo pensato che sarebbe stato bello per invitare i giovani cristiani a unirsi nella nostra preghiera ".
"Il pellegrinaggio - ha aggiunto - simboleggia un viaggio. Significa non rimanere nella nostra zona di comfort. Significa alzarsi, uscire, essere pronti a iniziare il cammino di riconciliazione".
Oltre ai giovani coreani, all'incontro hanno partecipato anche 200 giovani provenienti da Hong Kong, Taiwan, Vietnam, Myanmar. "Attraverso la preghiera, la comunità spera di costruire ponti tra diverse religioni e diversi paesi". "La nostra speranza - ha concluso fratello Shin Han Yol - è pregare insieme con i nostri fratelli e sorelle in Corea del Nord". (PA) (Agenzia Fides 26/9/2015)
"La riconciliazione è sempre stata la spiritualità della nostra comunità", ha spiegato fratello Shin Han Yol di Taizé, coordinatore principale della manifestazione. "Preghiamo per la pace in Corea da oltre 40 anni. Dal 2013, abbiamo pensato che sarebbe stato bello per invitare i giovani cristiani a unirsi nella nostra preghiera ".
"Il pellegrinaggio - ha aggiunto - simboleggia un viaggio. Significa non rimanere nella nostra zona di comfort. Significa alzarsi, uscire, essere pronti a iniziare il cammino di riconciliazione".
Oltre ai giovani coreani, all'incontro hanno partecipato anche 200 giovani provenienti da Hong Kong, Taiwan, Vietnam, Myanmar. "Attraverso la preghiera, la comunità spera di costruire ponti tra diverse religioni e diversi paesi". "La nostra speranza - ha concluso fratello Shin Han Yol - è pregare insieme con i nostri fratelli e sorelle in Corea del Nord". (PA) (Agenzia Fides 26/9/2015)
AMERICA/MESSICO - "Nessuno può rimanere indifferente”. Un anno fa, la strage dei 43 studenti di Iguala
Guerrero (Agenzia Fides) – "Nessuno può rimanere indifferente. La consapevolezza della grandezza e della dignità di ogni persona ci deve portare ad amare, rispettare, promuovere e difendere la vita in tutte le sue espressioni e momenti, e non tollerare od incoraggiare la cultura della morte". Così si legge nel messaggio del vescovo della diocesi Chilpancingo-Chilapa, Sua Ecc. Mons. Salvador Rangel Mendoza, O.F.M., inviato a Fides dalla conferenza Episcopale Messicana, e pubblicato oggi 26 settembre, a un anno dalla tragedia in Iguala, la strage di 43 studenti uccisi dai narcotrafficanti con la complicità dei politici locali nello Stato messicano di Guerrero (Vedi Fides 14/10/2014).
"Dinanzi a questa situazione drammatica" scrive Mons. Rangel Mendoza "i discorsi non sono abbastanza; è necessario uno sforzo delle autorità competenti per chiarire i fatti ed arrivare insieme con la società, a cominciare dalle famiglie degli scomparsi, alla verità".
Mons. Rangel Mendoza, afferma: "Dobbiamo cominciare a esaminare noi stessi davanti a Dio e davanti alla nostra coscienza civica, e chiederci che cosa ha causato questi eventi deplorevoli e riprovevoli. Così ci renderemo conto che la causa principale è la dimenticanza della dignità e dei diritti di ogni persona".
Il vescovo raccomanda a tutti due cose: la preghiera e il lavoro. "Chiediamo a Dio il dono della pace, e di lavorare per essa con azioni concrete a favore del dialogo, la verità, la giustizia, la riconciliazione e il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di tutti", si legge nel messaggio, che si conclude con un appello a "non lasciare spazio al disordine e l'anarchia" e a costruire la pace insieme alle tante "persone buone e positive" che vivono nello Stato di Guerrero. (CE) (Agenzia Fides, 26/09/2015)
"Dinanzi a questa situazione drammatica" scrive Mons. Rangel Mendoza "i discorsi non sono abbastanza; è necessario uno sforzo delle autorità competenti per chiarire i fatti ed arrivare insieme con la società, a cominciare dalle famiglie degli scomparsi, alla verità".
Mons. Rangel Mendoza, afferma: "Dobbiamo cominciare a esaminare noi stessi davanti a Dio e davanti alla nostra coscienza civica, e chiederci che cosa ha causato questi eventi deplorevoli e riprovevoli. Così ci renderemo conto che la causa principale è la dimenticanza della dignità e dei diritti di ogni persona".
Il vescovo raccomanda a tutti due cose: la preghiera e il lavoro. "Chiediamo a Dio il dono della pace, e di lavorare per essa con azioni concrete a favore del dialogo, la verità, la giustizia, la riconciliazione e il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di tutti", si legge nel messaggio, che si conclude con un appello a "non lasciare spazio al disordine e l'anarchia" e a costruire la pace insieme alle tante "persone buone e positive" che vivono nello Stato di Guerrero. (CE) (Agenzia Fides, 26/09/2015)