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mercoledì 20 dicembre 2023

Agenzia Fides 19 dicembre 2023

 

ASIA/CINA - L’Archivio storico di Propaganda Fide presentato per la prima volta a professori e studenti della Repubblica popolare cinese
 
Shanghai (Agenzia Fides) – Sono più di cento i professori, i ricercatori e gli studenti della Repubblica popolare cinese che hanno preso parte a un’inedita Conferenza seminariale sull’Archivio Storico di Propaganda Fide tenuta in lingua inglese da don Flavio Belluomini, da due anni Archivista del Dicastero per l’Evangelizzazione. La Conferenza, svoltasi on line sabato 16 dicembre, faceva parte delle iniziative organizzate dal Dipartimento di Storia della Università Normale della Cina Orientale (East China Normal University, ECNU), con sede a Shanghai. A introdurre il relatore e a moderare il vivace dibattito seguito all’esposizione è stato il Professor Zhang Rui, del Dipartimento di Storia della ECNU.
Durante la Conferenza don Belluomini, ricorrendo all’ausilio di più di 30 “slide”, ha dapprima esposto brevemente la storia degli inizi di Propaganda Fide, la Congregazione istituita nel 1622 per «diffondere la fede cattolica nel mondo». La Congregazione - ha ricordato tra l’altro l’Archivista del Dicastero per l’Evangelizzazione - fu fondata il 6 gennaio, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dell’Epifania, la “manifestazione” di Cristo ai re Magi, che avevano seguito la stella che si muoveva nel Cielo e «alla fine incontrarono il Signore». Una scelta simbolica, per sottolineare che «il compito della nuova Congregazione» era quello di richiamare i popoli di tutto il mondo «a avvicinarsi a Gesù Cristo», e a «divenire il suo gregge».





La Congregazione “de Propaganda Fide” - ha ricordato don Belluomini - per gestire le missioni ed accrescere l’attività missionaria doveva «conoscere il mondo». Una conoscenza resa fin da allora possibile soprattutto grazie alla lettura delle lettere e dei rapporti che giungevano dalle terre di missione.
I missionari mandavano a Roma lettere, mappe, immagini, resoconti. Sottoponevano alla Congregazione e alla Sede apostolica anche i loro “dubia” su come annunciare il Vangelo tenendo conto dei diversi contesti e delle diverse culture in cui si trovavano ad operare. Per questo l’Archivio Storico di Propaganda Fide rappresenta «una miniera di notizie che non riguarda solo la storia della Chiesa», ma anche i luoghi del mondo con cui la Congregazione entrava in contatto. Infatti i missionari, nelle loro lettere, trasmettevano informazioni anche «sulle usanze dei luoghi, sul tipo di scrittura e di cultura, sul clima, su cibo, sulle piante e sugli animali».
Don Belluomini ha anche illustrato i grafici che esponevano in sintesi il prospetto delle serie archivistiche raccolte nell’Archivio storico di Propaganda Fide, facendo osservare i legami che intercorrono tra di esse.
Alla esposizione dell’Archivista è seguito un dibattito vivace, con domande e interventi concentrati soprattutto sulla nota Controversia sui Riti Cinesi. Alcuni professori cinesi hanno espresso il desiderio di continuare e approfondire la collaborazione con l’Archivio di Propaganda, accedendo ai materiali di interesse storico che riguardano la Cina e la missione della Chiesa in Cina.
A giudizio degli accademici cinesi, il materiale dell’Archivio storico di Propaganda può offrire spunti nuovi e nuove prospettive storiografiche anche riguardo a questioni storiche finora studiate solo grazie a archivi degli Ordini religiosi. (GV) (Agenzia Fides 19/12/2023)
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ASIA/BARHAIN - “Se confidiamo in Dio, Lui ci benedirà più di quanto meritiamo”: una giovane filippina racconta la vita della comunità cattolica bahrenita
 
Awali (Agenzia Fides) – Grace Omit è una dei tantissimi giovani che hanno preso parte alla Giornata Nazionale della Gioventù, celebrata venerdì 8 dicembre 2023 nella Cattedrale di Awali, durante la quale alcuni di loro hanno condiviso con la comunità cattolica barhenita l’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Lisbona dal 1 al 6 Agosto 2023 (vedi Fides 25/07/2023).

“Dio è sempre al primo posto nella mia vita. Ed è perché amo Dio che amo servire la comunità, aiutare e servire gli altri, soprattutto i meno fortunati", racconta la giovane in una conversazione con l’Agenzia Fides. "Confido in Dio in tutte le stagioni della mia vita. E ho sempre fiducia in Lui. Da ogni decisione che ho preso ho capito che era la volontà di Dio. Cerco la Sua direzione, e sono felice di vivere con fede. Se mettiamo sempre Dio al primo posto, Lui ci benedirà più di quanto meritiamo.”

Nata e cresciuta a Inabanga, Bohol, nelle Filippine, Grace è arrivata in Bahrein nel 2018, dove lavora da più di 5 anni come amministratore internazionale senior e coordinatore della Engineering Construction Industry Training Board (ECITB). “Sono cresciuta in una famiglia semplice, ordinaria e pacifica. Non abbiamo mai avuto problemi per la pratica della nostra fede. Mia madre è da sempre serva devota di Cristo. Ci ha insegnato ad amare Dio, a essere oranti e a servire Lui e la comunità. Siamo cresciuti osservando le sue attività con la Legion of Mary. Da lei abbiamo imparato a conoscere le virtù della Mamma di Gesù come nostro modello di donna, moglie e madre. I miei genitori ci hanno insegnato a pregare e a mettere sempre Dio al centro della nostra vita ovunque essa vita ci porti.”

“Nelle Filippine - prosegue - ero presidente dell'Azione Cattolica Studentesca che si impegna ad evangelizzare se stessi prima di evangelizzare gli altri. Le formazione spirituale che ho sperimentato ha plasmato il mio carattere, la mia visione e la mia prospettiva nella vita. Dopo la laurea mi sono iscritta al corso di formazione della Singles for Christ (SFC), un ministero che offre supporto a uomini e donne single che si trovano ad un bivio nella scelta tra vocazione al matrimonio, alla consacrazione o alla vocazione religiosa".

“La comunità cattolica barhenita - prosegue Grace - mi aiuta a conoscere sempre meglio ciò che voglio veramente e quale sia la mia vocazione. Sono cresciuta osservando mia madre servire in chiesa e nella comunità. E ovunque andrò avrò sempre la passione di servire Dio anche nel modo più semplice". In Bahrain, Grace fa parte del gruppo ristretto della comunità filippina, e partecipa alle opere della SFC, e della Legione di Maria, a quelle del Coro Himnos, e dei Lettori inglesi e filippini. "Trovo gioia e pace in tutto ciò che faccio, e l’ho trovata soprattutto vivendo la mia vita con Dio”.

Confermando la totale devozione al Signore sua e della sua famiglia, Grace racconta anche di quando al padre deceduto venne diagnosticata una malattia terminale. “Dio ci ha benedetti e ci ha accompagnato nei momenti più difficili. Il nostro Padre sa cosa è meglio per noi. Le sue vie non sono le nostre. Non siamo mai soli. Quindi quando non capisci, quando non vedi il Suo piano, confida nel suo cuore. E io vivo la mia fede confidando nel Suo cuore”.

La giovane si è laureata al BIT International College. Ha conseguito un master in gestione aziendale internazionale presso la Swiss Business School in Svizzera e ora sta studiando un master di perfezionamento presso l'Ascensia Business School a Parigi, in Francia, occupandosi della gestione del petrolio e del gas.

In Bahrain, pur essendo un Paese a maggioranza islamica, tutte le comunità di fede possono essere praticate liberamente. Nella nazione vivono immigrati arrivati dall’India, dalle Filippine o dal Pakistan, e sono circa 80 mila quelli che nella Chiesa cattolica trovano un porto accogliente. (AP) (Agenzia Fides 19/12/2023)
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ASIA/MYANMAR - Il Vescovo tra i profughi, nel mezzo della guerra: "Come agnelli in mezzo ai lupi, siamo affidati a Gesù, Buon Pastore"
 
Loikaw (Agenzia Fides) - Sono parole accorate e commosse, parole dense di fede e fonte di consolazione, quelle che il Vescovo Celso Ba Shwe, Pastore della diocesi di Loikaw, nello stato birmano di Kayah, nel Myanmar centrosettentrionale, rivolge in vista del Natale alla comunità dei suoi fedeli. Come confermato all'Agenzia Fides, il complesso della cattedrale di Cristo Re e l'annesso Centro Pastorale diocesano di Loikaw restano occupati  dall'esercito birmano che li usa come campo base militare. Il Vescovo, i sacerdoti e i suoi collaboratori , scacciati dalla loro residenza abituale (vedi Fides 28/11/2023),  si trovano a vivere da sfollati, a volte soggiornando in parrocchie per ora risparmiate dal conflitto, a volte in centri sanitari e case religiose, a volte fermandosi nelle tende o in alloggi di fortuna tra i fedeli dispersi nei boschi. Quello che si apprestano a vivere, sarà per loro un Natale da profughi, nella precarietà e del disagio.
Il Vescovo tratteggia una situazione drammatica: "Siamo nel bel mezzo di un conflitto armato in cui, di fronte alla distruzione e al caos politico, tutti noi siamo fuori dalle rispettive parrocchie. Abbiamo dovuto abbandonare la Cattedrale e lasciare praticamente tutto nel nostro Centro Pastorale diocesano. La situazione nel territorio della diocesi, interessato dagli scontri, è molto pericolosa, la maggior parte delle parrocchie sono state abbandonate e sono svuotate . Questo fa nascere la domanda se le chiese funzionino e se la diocesi di Loikaw ancora esista". L'occupazione della cattedrale, cuore e simbolo della comunità diocesana,  potrebbe infatti portare scoramento e disperazione all'interno della comunità ma, proprio in questo frangente, con un messaggio rivolto ai fedeli nella lettera pastorale in occasione del Natale, il Vescovo  intende rincuorare il Popolo di Dio e riaffermare la speranza, fondata sulla  Provvidenza di Dio Padre: "Voglio ricordare che una diocesi è una porzione del popolo di Dio affidata a un Vescovo, con la cooperazione de presbiterio. Non è solo un'area geografica, è una comunità, in unione col presbiterio,  attorno al Vescovo. La  dinamica principale della comunità è la proclamazione del Vangelo e la celebrazione dell'Eucarestia. Nel nostro caso, pur nella sofferenza, la Chiesa fondata da Cristo è viva e presente. E' importante restare tutti uniti, vivendo in comunione spirituale solidale nella comunità che, stretta attorno al Vangelo e all'Eucarestia, attraversa questo deserto. Sappiamo che Cristo, Buon Pastore, si prende cura del suo gregge, per cui ha dato la vita".
Sacerdoti, religiosi, catechisti stanno dando prova di fede e di coraggio in mezzo alla tribolazione: "Ringrazio voi sacerdoti perchè siete vicini al Pastore e al popolo, per la vostra generosa cooperazione pastorale. Grazie ai religiosi, uomini e donne, e a tutti i fedeli, autentici discepoli di Cristo, per la vostra adesione al Vangelo e la costante celebrazione dell'Eucarestia".
Mons Celso Ba Shwe invita tutti fedeli a "fare la volontà di Dio", nel "qui e ora",  fidandosi di Lui: "Mentre viviamo questa esperienza così angosciante, possiamo chiederci se Dio non abbia una strada migliore per noi. Ma possiamo essere sicuri che questa è la Sua volontà per noi in questo momento, ed è la via migliore per renderci gloriosi nel proclamare e testimoniare la Sua potenza".
L'immagine richiamata dal Vescovo è quella evangelica in cui Gesù dice: "Coraggio, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" (Mt 10,16) e si presenta come "Buon Pastore". "Non dobbiamo dubitare delle sue parole: come promesso a san Paolo, Gesù dice: 'Vi basta la mia grazia, la mia forza si rivela nella debolezza'. Abbiamo tutte le ragioni per avere fede in Lui, che non smetterà di fare il bene per noi,  perchè 'Il Signore è il Buon Pastore, non manco di nulla' (Sal 23)".
Citando una delle Omelie di san Giovanni Crisostomo, mons. Ba Shwe ricorda: "Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza". In questa situazione, allora, prosegue, "facciamo il possibile per comportarci come buoni agnelli, preoccuparci gli uni degli altri, incoraggiamoci a vicenda, per mostrare amore e fare il bene".
La lettera si conclude  affidando la comunità diocesana nelle mani della Beata Vergine Maria e di san Giuseppe che, "nella notte oscura di Betlemme, adorarono con tutto l'amore e si occuparono di proteggere il Dio Bambino, che è il Dio fatto uomo e il Principe della pace": "Vi proteggano la Madre Maia e san Giuseppe da tutti i pericoli del male e della guerra; possiate trovare la pace che il Signore dona il giorno di Natale", si legge.
Nello stato Kayah, il più piccolo del Myanmar, prevalentemente collinare e montuoso, abitato soprattutto dalle popolazioni di etnia karenni, la popolazione totale è di circa 300.000 abitanti e qui si trova la diocesi di Loikaw, che conta circa 93mila fedeli cattolici. Nella diocesi sono state colpite 21 parrocchie su 41 e molte altre sono interessate dal conflitto. Molti sacerdoti e religiosi hanno seguito la popolazione dei fedeli, in fuga dalle città verso le campagne o le montagne, e vivono accanto a loro da sfollati, condividendone la sorte e continuando a celebrare i Sacramenti in luoghi di fortuna.
(PA) (Agenzia Fides 19/12/2023) 

martedì 14 novembre 2023

La “rivolta delle tessitrici”: anche i grandi marchi della industria della moda dovrebbero fare la loro parte

 

ASIA/BANGLADESH - La “rivolta delle tessitrici”: anche i grandi marchi della industria della moda dovrebbero fare la loro parte
 
Dacca (Agenzia Fides) - Già dieci anni fa, nel 2014, un documentario del quotidiano inglese “Guardian", dal titolo "The shirt on your back" spiegava con parole e immagini il costo umano di una maglietta di cotone, fabbricata in Bangladesh, ripercorrendo a ritroso tutta la filiera della cosiddetta "fast fashion industry", l'industria di abbigliamento basata sul consumo, cresciuto vertiginosamente negli ultimi anni nei paesi occidentali. L'indagine, mostrando i costi umani e ambientali del sistema, denunciava le condizioni disumane dei lavoratori, soprattutto donne, ultimi tasselli della filiera di produzione dei giganti dell’industria tessile globale. Si era all'indomani della tragedia che portò questo fenomeno sotto la lente di ingrandimento delle cronache globali: il 24 aprile 2013 il Rana Plaza, edificio commerciale di otto piani, crollò a Savar, un quartiere della metropoli Dacca, capitale del Bangladesh. Nel più grave incidente mortale avvenuto in una fabbrica tessile nelle storia del paese, furono 1.138 morti, sepolti sotto il cedimento strutturale di un edificio - già dichiarato inagibile – che ospitava alcune fabbriche e laboratori tessili di aziende cui era stata appaltata, a costi irrisori, la manifattura dei capi d’abbigliamento dalle grandi multinazionali del settore.
La tragedia catalizzò l’attenzione dei media internazionali, con la richiesta di un accordo per garantire i diritti fondamentali dei lavoratori, ma solo pochi mesi fa, nel decimo anniversario dell'incidente, migliaia di lavoratori e lavoratici bangladesi hanno manifestato per la giustizia, notando l'impunità per i responsabili: "Sono passati dieci anni e tuttavia i proprietari della fabbrica di abbigliamento e il proprietario dell'edificio non sono stati puniti per l'omicidio di 1.138 lavoratori", hanno detto i familiari delle vittime, ricordando il caso eclatante di Sohel Rana, il proprietario del Rana Plaza, che aveva costretto gli operai a lavorare nonostante le crepe nell'edificio. L’uomo, una delle 38 persone incriminate per omicidio, è ancora sotto processo, mentre nessun addebito è giunto ai grandi colossi dell'industria tessile, i "committenti" del lavoro che sfrutta mano d'opera basso costo , senza minime garanzie di sicurezza.
In seguito al disastro, furono istituiti due organismi di vigilanza per migliorare gli standard del lavoro e vi fu una revisione dei salari dei quattro milioni di lavoratori del paese, per lo più donne, impegnate nel settore tessile in Bangladesh, uno degli asset principali dell'industria nazionale, che costituisce circa l’85% delle esportazioni del paese.
Oggi la questione torna prepotentemente a galla: la precarietà del settore tessile del Bangladesh ha spinto nelle ultime settimane milioni di lavoratori a scioperi e proteste per ottenere un salario dignitoso, ma la rivendicazione ha incontrato l'opposizione dei datori di lavoro e del governo. Le manifestazioni sono iniziate pacificamente alla fine di ottobre per chiedere un aumento del salario minimo e, con il passare dei giorni, a causa della mancanza di progressi, sono diventate violente. Negli scontri con la polizia quattro lavoratori hanno perso la vita e quasi un centinaio di persone sono state arrestate, mentre l'attività industriale resta rallentata: 123 fabbriche sono state danneggiate da atti vandalici e oltre 100 hanno sospeso la produzione , ha informato la polizia. La protesta è stata definita “la rivolta delle tessitrici”, perché la stragrande maggioranza delle lavoratrici del settore è donna.
Al centro della protesta vi è la richiesta di aumentare il salario minimo a 23.000 taka (circa 209 dollari Usa), mentre l'ammontare attuale resta congelato a 8.000 taka (quasi 73 dollari Usa) dal 2018. Secondo i lavoratori, l’aumento si impone per fronteggiare l’inflazione nel paese asiatico e garantire un salario dignitoso. Il governo ha annunciato la settimana scorsa che avrebbe aumentato lo stipendio medio a 12.500 taka (circa 112 dollari), ma i lavoratori hanno respinto la misura e hanno deciso di continuare con la protesta.
Faruque Hasan, presidente della "Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association", l’associazione dei proprietari delle aziende, ha rimarcato che "molte fabbriche chiuderebbero e i lavoratori perderanno il lavoro se le richieste dei lavoratori verranno soddisfatte”, per un costo del lavoro che diverrebbe insostenibile. Dal canto loro, i leader sindacali, insistendo sul fatto che il settore non smette di crescere, notano che i proprietari utilizzano i profitti per espandere le loro attività, aprendo nuovi stabilimenti, e non per migliorare le condizioni salariali e di sicurezza dei lavoratori, come ha rimarcato Joly Talukder, segretario generale del "Garment Workers Union Center" in Bangladesh.
Secondo alcuni economisti e osservatori indipendenti, c'è ancora spazio per aumentare i salari dei lavoratori ed evitare la chiusura delle fabbriche, trovando una via di mezzo tra le rivendicazioni di entrambe le parti, ma è necessario che della questione si facciano carico anche le multinazionali dell'abbigliamento che commissionano i prodotti. "Esiste la possibilità di aumentare i salari. Secondo nostre stime, il salario potrebbe essere di 17.568 taka (158 dollari USA). Se i grandi marchi o gli acquirenti sono disposti a sopportare un aumento del 6 o 7% del costo della merce che acquistano dalle aziende locali, questa può essere una via praticabile. Non dovrebbe essere sempre responsabilità solo dei proprietari delle fabbriche”, ha spiegato Khondaker Golam Moazzem, direttore del think-tank indipendente "Center for Policy Dialogue" (CPD).
Nella nazione del subcontinente indiano si contano oltre 3.500 fabbriche di abbigliamento che contribuiscono all’85% dei 55 miliardi di dollari dell'export annuale nazionale, impiegando oltre 4 milioni di lavoratori e lavoratrici.

giovedì 9 novembre 2023

Vatican news 9 novembre 2023

 

AFRICA/UGANDA - Nuovi casi “falsi preti” cattolici scoperti in Uganda
 
Kampala (Agenzia Fides) – Nuovo avvertimento ai fedeli cattolici ugandesi sulla presenza di “falsi preti” in giro per le diocesi del Paese. Dopo l’avvertimento lanciato agli inizi di settembre nella provincia ecclesiastica di Kampala (vedi Fides 7/9/2023), è ora la volta di. p. Didas Kasapuri, parroco della chiesa dei martiri dell'Uganda a Mbarara, a mettere in guardia i fedeli cattolici sulla presenza di falsi preti.
Queste persone hanno invitato i parrocchiani a recarsi in case e in altri luoghi con il pretesto di offrire preghiere e benedizioni.
Tra questi c’è uno chiamato p .Hillary, che guida sessioni di preghiera ogni martedì e venerdì a Kakukuzi, e un certo p. Kiyemba, che tiene sessioni di preghiera ogni mercoledì e giovedì di ogni mese nella sua casa a Kakyeeka, nella città di Mbarara.
Altri si spacciano per frati cattolici, come Henry e Ambrose, nonché Kimuli Erineo, che secondo quanto riferito ha abbandonato la fede cattolica per diventare pastore in un altro gruppo religioso.
“Chiunque continui a frequentare le case delle persone menzionate e altri luoghi da loro indicati dovrebbe smettere di ricevere i santi sacramenti. Chiunque desideri funzioni religiose nelle proprie case deve avvisare l'ufficio del parroco”, ha avvertito p. Kasapuri in una dichiarazione.
Inoltre il parroco ha anche sospeso in via precauzionale tutti i pellegrinaggi fuori dalla diocesi, comprese le visite a luoghi sacri come Kibeho in Ruanda, Bukalango a Kampala e Kiwamirembe a Wakiso.
La sospensione è in vigore dal 5 novembre al 31 dicembre, con p. Kasapuri esorta coloro che intendono intraprendere tali pellegrinaggi in modo indipendente ad avvisare la parrocchia.
Il fenomeno di individui che si spacciano per pastori riguarda anche altre denominazioni cristiane in Uganda come la Chiesa anglicana. (L.M.) (Agenzia Fides 9/11/2023)
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AMERICA/CUBA - “La Chiesa è dove c'è il cristiano, e lì c'è il Signore”: Anno Giubilare per il V centenario della prima diocesi in terra cubana
 
Santiago de Cuba (Agenzia Fides) – E’ stato un evento storico, dalla portata sociale, culturale e religiosa quello vissuto dall’intera popolazione cubana caratterizzato dall’apertura dell’Anno Giubilare per il 500° anniversario della fondazione della Diocesi di Santiago de Cuba, prima diocesi in terra cubana, celebrato lo scorso 22 ottobre.

“In occasione di queste celebrazioni, Papa Francesco, su nostra richiesta, ha dichiarato Anno Giubilare il periodo che va dal 21 ottobre 2023 al 22 ottobre 2024 nel quale sarà concessa l'Indulgenza Plenaria a tutti coloro che quest'anno compiranno un pellegrinaggio alla Cattedrale de Nuestra Señora de la Asunción e attraverseranno la Porta Santa – ha detto Dionisio García Ibáñez, Arcivescovo di Santiago de Cuba, in una nota inviata all’Agenzia Fides.

“Iniziamo questo anno di Grazia, perché sia un anno di vita, di purificazione, di conversione, di ritorno alla fonte, di ritorno alle radici. Un tempo dove incontrare Dio che è il centro della nostra esistenza - ha detto il presule. Sarà un tempo di ringraziamento, di gioia in mezzo alle tante difficoltà quotidiane. L'anno giubilare è anche tempo di conversione, di ritorno a Dio, di ricongiunzione con Lui se lo abbiamo dimenticato. Sarà il momento per rafforzare la nostra fiducia in Lui, oltre ad essere un momento favorevole per cercarlo e provare a ritrovarlo se non lo conosciamo, sicuri che non rimarremo delusi.”

Nella Messa di apertura dell’Anno Giubilare per il V centenario della creazione della diocesi di Santiago de Cuba, il vescovo Dionisio ha espresso la sua gratitudine al Signore per essere sempre stato presente, alla comunità intera e ai fratelli di altre comunità cristiane che hanno preso parte.

“Grazie Signore, perché sei sempre stato presente qui su questa terra, e in questo popolo così diverso ma unito dal desiderio di essere fratelli, con il desiderio del bene, della pace, della giustizia.”

Il vescovo ha voluto sottolineare in modo particolare la presenza dei fratelli delle altre comunità cristiane: “ho voluto che festeggiassero con noi perché anche per loro la Parola di Dio è regola di vita. Noi, cattolici o appartenenti ad altre chiese e gruppi cristiani, che crediamo che Gesù Cristo è il nostro unico Salvatore, celebriamo tutti insieme 500 anni di presenza e di predicazione del Suo messaggio, che è sempre stato ed è un messaggio di umanizzazione, di misericordia e di Salvezza”.

Questa celebrazione ha anche un fondamento storico ha spiegato il vescovo Dionisio. Nell'anno 1517 si decise di fondare ed erigere una diocesi a Cuba. Fu scelta Baracoa, la città più grande dell'epoca. Venne nominato vescovo il sacerdote belga Juan Witte che non potette insediarsi a causa di molteplici difficoltà. Fu lui stesso a chiedere che la sede della diocesi venisse spostata e, quando il 22 ottobre 1523 tutte le pratiche burocratiche furono espletate fu eretta la diocesi con il nuovo nome di Diocesi di Santiago de Cuba. “Celebriamo non solo i 500 anni di presenza della Parola di Dio in questo paese e nella comunità cristiana, ma anche i 500 anni dalla dichiarazione dell'elevazione della Villa de Santiago a città di Santiago, a città di Cuba, come veniva chiamata all'epoca, strettamente legata all'insediamento della diocesi. Si tratta di un evento religioso, storico e di incontro tra culture, con tutte le diversità che rappresentano ognuno di noi, virtù e peccati, di allora e di adesso. La cosa importante è che Cristo ha cominciato a essere predicato e sappiamo che è il Signore della vita ed è il Signore della storia.”

“Molti di noi potranno dire: io ero presente all’anniversario dei 500 anni della creazione della Diocesi. Abbiamo preso parte a quello che abbiamo studiato sui libri di storia alle elementari. Qui in questo stesso luogo predichiamo la Parola di Dio e, grazie a Dio non solo noi, ma anche tanti fratelli in tanti altri luoghi, con e senza un tempio, perché sappiamo che la Chiesa è dove c'è il cristiano, e lì c'è il Signore” ha concluso il presule.

(AP) (Agenzia Fides 9/11/2023)

venerdì 27 ottobre 2023

In odium fidei - Agenzia Fides

 

ASIA/INDIA - La Santa Sede dà il “nihil obstat” per la causa di beatificazione dei 35 martiri dell'Odisha
 
Bhubaneswar (Agenzia Fides)- La Chiesa cattolica in India registra un "significativo passo avanti" nel processo di beatificazione del Kanteshwar Digal e compagni, i cosiddetti "35 martiri di Kandhamal", uccisi "in odium fidei" nello stato di Odisha (ex Orissa, ndr), nell'India orientale, nel corso dei massacri anticristiani avvenuti nel 2008. "Dopo attenta considerazione e devoto discernimento, la Congregazione per le Cause dei Santi ha concesso il 'Nihil Obstat', il che significa che non vi è alcuna obiezione all'inizio della causa di beatificazione di Kanteshwar Digal e Compagni", ha scritto in una lettera John Barwa, SVD, Arcivescovo di Cuttack–Bhubaneswar, dando il formale annuncio alla comunità diocesana e a tutti i fedeli indiani che, d'ora in poi, potranno riferirsi a quei cristiani come "Servi di Dio".
"Non esistono impedimenti dottrinali o morali all'indagine sulla vita, le virtù e la santità del Servo di Dio Kanteshwar Digal e dei compagni. Questa è una testimonianza dell'autenticità della causa proposta e del loro essere coerente con gli insegnamenti e i valori della nostra fede", recita il testo della missiva.
Il fatto rappresenta, secondo l'Arcivescovo "un'occasione importante nella vita della nostra arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, della Chiesa di Odisha e della Chiesa indiana tutta". Infatti "la vita del Servo di Dio Kanteshwar Digal e dei compagni è stata fonte di ispirazione. Attraverso la loro fede incrollabile durante la violenza comunitaria di Kandhamal nel 2008, ha lasciato un segno indelebile nel nostro cammino spirituale".
"Mentre ci avviamo ad intraprendere questa santa impresa - prosegue mons. Barwa - invito tutti i fedeli a unirsi a noi nella preghiera e nella riflessione. Offriamo le nostre preghiere e suppliche al Signore, chiedendo la sua guida e la sua grazia durante questo processo", auspicando "possa condurre una vita di sempre più profonda fede e devozione a Dio".
L’Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar si prepara ad avviare la fase diocesana del processo canonico, raccogliendo e registrando le testimonianze sulla vita e sulle circostanze della morte dei 35 cristiani Servi di Dio dell'Odisha. Se l'indagine diocesana avrà esito positivo, la causa verrà inviata al Dicastero delle Cause dei Santi, in Vaticano, per la seconda fase, al cui termine potrebbe esserci la promulgazione del decreto sul martirio, da parte del Papa.
(PA) (Agenzia Fides 26/10/2023)
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martedì 19 settembre 2023

Agenzia fides 19 settembre 2023

 

AFRICA/NIGERIA - Rapito un sacerdote insieme ad altre sei persone
 

Abuja (Agenzia Fides) – Un sacerdote cattolico, p. Marcellinus Obioma Okide, è stato rapito a Udi, nello stato di Enugu, nel sud-est della Nigeria.
Il rapimento è avvenuto lungo Eke-Affa-Egede Road nell'area governativa locale dello Stato di Udi interno alle 17 di domenica 17 settembre. Insieme al sacerdote sono state rapite altre sei persone che viaggiavano lungo la strada prese di mira dalla banda criminale.
Il sacerdote che presta servizio presso la parrocchia di St. Mary Amofia-Agu Affar, stava rientrando nella sua parrocchia quando è stato rapito.
In un comunicato la diocesi di Enugu ha rivolto un appello ai fedeli cattolici affinché preghino per il sacerdote rapito, sperando in un suo rilascio rapido e sicuro e auspica una conversione del cuore da parte dei rapitori.
In una dichiarazione firmata da. p. Wilfred Chidi Agubuchie, cancelliere e segretario diocesano, ha affermato che “è scoraggiante che questi crimini affliggano ancora la nostra popolazione”.
Sempre domenica 17 settembre alcuni uomini armati hanno rapito undici passeggeri, compreso uno staff dell'Autorità televisiva della Nigeria (NTA), dopo aver intercettato un veicolo della “Benue Links” in viaggio da Onitsha, nello Stato di Anambra a Makurdi, lungo la strada Olanyega/Ogbodo nell'area del governo locale di Okpokwu nello stato di Benue.
A conferma che la piaga dei rapimenti, specie lungo gli assi stradali, continua a colpire vaste aree della Nigeria. Particolarmente colpita è la parte sud-orientale che ha visto un aumento dei rapimenti a scopo di lucro. (L.M.) (Agenzia Fides 19/9/2023)
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AFRICA/MAROCCO - “ALHAMDULILLAH”: cristiani e musulmani fianco a fianco, ognuno si attiva come può, tutti animati per la stessa causa
 
Marrakech (Agenzia Fides) – “Domenica 10 settembre, nella parrocchia dei Santi Martiri a Marrakech durante la Messa presieduta dall'arcivescovo Cristobal Lopez Romero, la preghiera del Padre Nostro recitata in arabo, come dimostrazione di vicinanza al popolo marocchino, ha risuonato in tutta la sua intensità.”
Lucia Valori è una parrocchiana dei Santi Martiri di Marrakech, in queste settimane, insieme alla comunità della capitale marocchina sta prestando soccorsi alle vittime del sisma che ha colpito la zona di El Haouz lo scorso 8 settembre (vedi Agenzia Fides 11/9/2023). In una pausa dalle operazioni di soccorso Lucia, che è anche presidente di una associazione italiana che si occupa di dialogo interculturale che si chiama ‘Med-mari e deserti’, ha condiviso con l’Agenzia Fides la sua testimonianza.

“Nella tarda serata di venerdì 8 settembre anche la ‘città rossa’ ha tremato per più di 30 secondi - scrive. “Io vivo con mio marito, marocchino, nella zona moderna, Gueliz, in un appartamento al quarto piano. Ci siamo precipitati fuori dal palazzo riversandoci per strada convinti di trovare una città devastata, tanto era stata violenta la scossa. Invece, da subito, abbiamo verificato che, nonostante il grande spavento, la città aveva retto bene. Abbiamo trascorso la notte in auto, così come tantissime persone in preda al panico, ma già dall'indomani la vita a Gueliz ha ripreso normalmente.”
“Invece la medina, la zona storica, l’altra anima della città di Marrakech, quella più famosa e con gli edifici più vetusti, ha subito purtroppo crolli e cedimenti, in particolare in alcuni quartieri come quello ebraico (Mellah). Alcune persone hanno perso le loro case e i loro negozi, ma grazie anche alla presenza dei turisti, che non hanno lasciato la città e anzi hanno fin da subito offerto il proprio sostegno, il ritorno alla quasi normalità è stato rapido.”
“Danni enormi, con immane bilancio di vittime, si sono verificati, purtroppo, nella zona dell'epicentro – prosegue la testimone che ha confermato che il numero ha superato tremila. Lì tanti paesini abbarbicati sulle montagne dell'Alto Atlante, abitati prevalentemente dalla popolazione berbera, autoctona del Marocco, dove le abitazioni sono costruite con paglia e fango, sono stati rasi al suolo. Storie umane di incredibile dolore, ma anche di grande dignità ed accettazione. È commovente vedere tanta gente che, tra le lacrime, di fronte alla devastazione intorno, è capace ancora di alzare gli occhi al Cielo e dire ‘ALHAMDULILLAH’, ossia ‘grazie a Dio’.

“Il Marocco è un Paese noto per la sua ospitalità e accoglienza. E la gente che vive in queste zone montuose è particolarmente cordiale e gentile. Quei villaggi oggi devastati rendevano ancora più belli i paesaggi dell'Alto Atlante, così mimetizzati nei colori delle montagne. Pur non essendo battuti dai classici circuiti turistici, anch’io sono passata di là tante volte. Quei volti, soprattutto di persone anziane e bambini, rimangono nel cuore. Da subito si è creata una incredibile catena di solidarietà dal basso, oltre ovviamente agli aiuti istituzionali che sono stati offerti da tanti Paesi. Punti di raccolta di beni di prima necessità ovunque, mezzi di trasporto carichi di merce che fanno continuamente la spola tra Marrakech e i villaggi terremotati. La Chiesa cattolica si è da subito attivata. L’arcivescovo Lopez, che è anche presidente di Caritas Marocco, è accorso a Marrakech per dare sostegno alla comunità e recarsi sui luoghi del sisma insieme al rappresentante della Caritas locale. E, unitamente ai rappresentanti di altre confessioni cristiane presenti in Marocco, ha indirizzato un toccante messaggio di vicinanza ai fratelli musulmani così duramente colpiti.”

“La parrocchia di Marrakech con il suo parroco padre Manuel Corullon, la Caritas e tanti volontari laici stanno lavorando alacremente per soccorrere i terremotati e i tanti bambini orfani. Il Marocco ha una storia lunga di convivenza con le altre religioni monoteiste. La Chiesa Cattolica ha due Arcidiocesi: Rabat e Tangeri e i fedeli cattolici presenti sono per lo più stranieri ed immigrati. Qui il dialogo interreligioso è vivo, costante e avviene nella quotidianità in mezzo ai fratelli musulmani.
Mi tornava in mente, proprio in questi giorni così dolorosi per questo Paese, una frase molto significativa letta qualche tempo fa in un libro molto bello scritto dal Vescovo Claude Rault: ‘Il deserto è la mia cattedrale”, in cui il prelato racconta la sua esperienza nella Diocesi nel Sahara algerino. Mons. Rault diceva: “Un dialogo interreligioso che trascuri il terreno umano, il tessuto di relazioni, si ripiega su se stesso, rimane teorico e privo di influenza sulle vite dei credenti e della società. Solo la passione condivisa per l’umanità è capace di creare dei ponti tra noi e di dare senso alle nostre differenze’.”

“Questo evento così tragico ha reso ancora più forte e significativo il rapporto tra cristiani e musulmani – conclude Lucia. Si sta lavorando insieme fianco a fianco, ognuno si attiva come può, tutti animati dallo stesso spirito e per la stessa causa.
(AP) (Agenzia Fides 19/9/2023)
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Video Marocco -> https://youtu.be/1GTSaP3x1VU
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ASIA/VIETNAM - Dall’Evangelii Gaudium scaturisce l’esperienza delle “stazioni missionarie” a Ho Chi Minh Ville
 
Ho Chi Minh Ville (Agenzia Fides)- "L'Evangelii Gaudium è un documento fondamentale per la Chiesa universale e lo è anche per la Chiesa in Vietnam. E' stato ben presto tradotto in lingua vietnamita e poi condiviso, letto, meditato nelle nostre comunità. Da questa lettura, lo Spirito santo ha fatto scaturire una bella esperienza missionaria per la nostra Chiesa locale di Ho Chi Minh Ville: abbiamo avviato la presenza di piccole ‘stazioni missionarie' sparse nel territorio, nei luoghi e quartieri periferici o più abbandonati, per far sentire la nostra vicinanza alla gente, soprattutto ai più poveri": è quanto racconta all'Agenzia Fides mons. Joseph Bui Cong Trac, Vescovo ausiliare di Ho Chi Minh Ville, riferendo come l'esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii Gaudium – di cui il 24 novembre 2023 ricorrono i dieci anni di pubblicazione – abbia rappresentato una scintilla per la "conversione missionaria" della Chiesa locale.
"Nelle stazioni missionarie vi sono preti, religiosi, suore e laici, che testimoniano l’amore di Cristo, parlano con la gente, pregano, ascoltano i loro bisogni, vi rispondono con opere di carità", riferisce. "Naturalmente in questa iniziativa abbiamo dovuto pazientemente trovare l'accordo con le autorità civili, in quanto in Vietnam possiamo celebrare liturgie nei nostri luoghi di culto, non fuori di essi. Ma, grazie al dialogo, gli ostacoli sono stati superati e questa esperienza va avanti, con molti buoni frutti. I membri delle nostre comunità cristiane si impegnano in gesti di carità, soprattutto a beneficio di bambini senza istruzione o di anziani bisognosi di cure. La gente, soprattutto i poveri, comprende che, in quei gesti gratuiti c'è il messaggio di amore di Gesù. E abbiamo registrato, nei luoghi di missione, adulti che chiedono di diventare cristiani e di iniziare un cammino per il battesimo”, nota.
Ricorda il Vescovo: "Questa esperienza di ‘presenza evangelica’ ha richiamato alla mia mente gli albori della mia vocazione al sacerdozio, nata, nella mia giovinezza, grazie all'esempio di un parroco che ha dedicato tutto il suo tempo, le sue energie, la sua vita alla gente: don Francesco Saverio della parrocchia del Cuore Immacolato di Maria. Grazie alla sua testimonianza di dono gratuito di sé, il Signore ha fato germogliare nel mio cuore la vocazione a diventare presbitero. Dato che, negli anni ’80 del secolo scorso, i Seminari però erano chiusi (su disposizione del governo comunista), ho dovuto attendere quasi dieci anni e solo nel 1993 sono entrato in Seminario, sempre col permesso del governo, che allora doveva autorizzare l’ingresso. Ricordo come don Francesco Saverio si è preso cura di me e ringrazio Dio per la sua presenza paziente e caritatevole a mio fianco. Questo è lo spirito con cui vivo il mio servizio di vescovo e vorrei che ogni sacerdote, religioso o laico lo vivesse nei confronti del prossimo”.
L'esperienza di missione nella diocesi, riferisce mons. Joseph Bui Cong Trac, è servita anche a rafforzare l'unione tra le componenti della comunità cattolica, che conta oltre 700mila fedeli: "Forti di quello slancio, abbiamo vissuto la preparazione al Sinodo come un tempo prezioso per confrontarci e camminare insieme. La nostra Chiesa locale ha un volto composito: 350 sacerdoti diocesani e 650 sacerdoti religiosi; oltre 3500 religiosi e più di 4000 suore , oltre a numerosi catechisti, in 220 parrocchie. Abbiamo vissuto il tempo che ci ha condotto verso il Sinodo con autentica e genuina collaborazione e partecipazione, in cui ognuno ha dato il suo contributo, ognuno si è sentito prezioso, come lo è agli occhi di Dio. Questo Sinodo – conclude – ha dato per noi già dei frutti come esperienza di ascolto reciproco e unità nella nostra Chiesa locale".
(PA) (Agenzia Fides 19/9/2023)
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ASIA/CINA - “Vino nuovo in otri nuovi”. La prima congregazione di suore cinesi della provincia di Shaanxi celebra i cento anni dalla fondazione
 
Xi’an (Agenzia Fides) – Una celebrazione vissuta nel segno della gratitudine, chiedendo che Cristo stesso rinnovi lo slancio missionario degli inizi, per annunciare il Vangelo nell’orizzonte vasto della Cina di oggi: con questo spirito le suore missionarie francescane del Sacro Cuore di Gesù, la prima congregazione femminile cinese della provincia di Shaanxi in Cina continentale, hanno condiviso i festeggiamenti per i 100 anni dalla fondazione del loro istituto religioso. La celebrazione commemorativa si è svolta il 16 settembre, alla vigilia della memoria liturgica delle Stigmate di san Francesco che cade il 17 settembre, in coincidenza della data della fondazione. Sette vescovi della provincia dello Shaanxi, 120 sacerdoti e oltre mille fedeli provenienti da varie parti del Paese, insieme a rappresentanti di 9 congregazioni femminili che operano in Cina continentale hanno preso parte alla solenne eucaristia, raccogliendosi intorno alle suore francescane del Sacro Cuore in un momento per loro così lieto e importante.

Il 17 settembre 1923, Eugenio Massi, OFM (1875 –1944), Vicario apostolico di Zhongjing (poi diventato Vicariato apostolico di Xi’an, capoluogo della provincia e storica missione francescana in Cina) insieme al missionario francescano spagnolo p. Francisco Ormazabal hanno fondato la prima congregazione femminile provinciale con l'obiettivo di affidare alle consacrate del luogo la predicazione del Vangelo.

Le commemorazioni dei cento anni dalla fondazione era iniziata il 13 settembre con la veglia dedicata al Sacro Cuore. Nei giorni 14 e 15, ci sono stati vari incontri, corsi e seminari sui temi della missione e della promozione vocazionale. Durante uno degli incontri è stato presentato un video clip fatto dalle suore e intitolato “Seguimi” contenente anche l’augurio e le felicitazioni dei vescovi della Provincia. Antonio Dang Mingyan, Vescovo della diocesi di Xi’an, ha presieduto l’Eucaristia del 16 settembre, e nell’omelia ha ripercorso i cento anni di impegno missionario e caritativo delle suore missionarie del Sacro Cuore, esortandole a abbracciare con nuovo fervore l’opera di annunciare il Vangelo della Salvezza.

Le missionarie francescane dei Sacro Cuore di Gesù dedicano le loro risorse umane e spirituali al servizio della pastorale nelle parrocchie, e in orfanotrofi, asili, case di accoglienza dei malati d’Aids, e in circa quaranta piccole cliniche sparse nella campagna dove sostengono l’assistenza sanitaria. Una piccola tipografia contribuisce a produrre bollettini per le parrocchie e sussidi per l’opera apostolica, mentre un piccolo laboratorio artistico da loro gestito produce immagini sacre e statue dei Santi e della Vergine Maria. Per finanziare le loro iniziative le suore producono anche paramenti liturgici, E tutte seguono corsi di formazione, anche per ottenere accreditamenti statali che permettano loro di impegnarsi nell'ambito dell'insegnamento della lingua cinese, della medicina tradizionale e pittura nelle scuole superiori. (NZ) (Agenzia Fides 19/09/2023)

lunedì 18 settembre 2023

Agenzia Fides 18 settembre 2023

 

AFRICA/MAROCCO - Mentre si continua a scavare tra le macerie del sisma inizia l’anno scolastico
 
Marrakech (Agenzia Fides) - A dieci giorni dal sisma che ha devastato la provincia di Al Haouz, a sud ovest di Marrakech, nelle zone montagnose ci sono villaggi che sono stati rasi completamente al suolo e i sopravvissuti che hanno perso tutto vivono all’aperto in attesa dell’arrivo dei soccorsi.
In una testimonianza condivisa con l’Agenzia Fides, il francescano fra Manuel Corullon parroco della parrocchia dei Santi Martiri di Marrakech, ha raccontato che insieme alla piccola comunità cristiana, continua a prestare soccorso nelle zone colpite, portando generi di prima necessità, allestendo tende da campo e intervenendo come possibile dove serve tutto. Fortunatamente la casa parrocchiale e la Chiesa dei Santi Martiri non hanno subito danni. “Dopo una settimana d’intenso lavoro siamo arrivati a fare una raccolta dei fondi e di beni materiali da portare nei villaggi di montagna” ha dichiarato fra Manuel. “In questo momento cominciamo una seconda fase d’azione: sanitaria, scolarizzazione dei bambini, alloggio d’urgenza, progetti di ricupero dei villaggi.”
Tuttavia, nella devastazione e nella tragedia, la popolazione cerca di andare avanti. Per oggi, 18 settembre, è previsto l’inizio dell’anno scolastico in tutte le zone interessate dal sisma.
Continuano le operazioni di soccorso e ricerca, secondo le statistiche ufficiali i morti sono tremila e i feriti 6125. Gli ultimi salvati risalgono a sabato, 16 settembre, individuati grazie all’uso di droni con videocamere in una zona di montagna interessata da una frana.
Fonti locali riferiscono che, negli ultimi giorni da sotto le macerie, vengono riportati fuori soltanto cadaveri. In alcuni villaggi di montagna, i soccorsi sono arrivati soltanto due giorni fa, dopo la riapertura delle strade devastate. Secondo i medici dell’ospedale di Taroudant, a sud di Marrakesh, arrivano ogni giorno 130 feriti dalle zone montagnose terremotate. Il ministero dell’interno ha riferito di 50 mila case completamente crollate e altrettante danneggiate.
(AP) (Agenzia Fides 18/9/2023)

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AFRICA/CONGO - “Sono notizie false quelle del presunto golpe” confermano fonti di Fides
 
Brazzaville (Agenzia Fides) – “Sono notizie prive di fondamento”. Così fonti locali sentite dall’Agenzia Fides a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, smentiscono le voci di un presunto golpe militare che avrebbe destituito il Presidente Denis Sassou-Nguesso
Questi si trova a New York per partecipare all’Assemblea Generale dell’ONU che come ogni anno si tiene a metà settembre.
La notizia del presunto golpe è stata diffusa da alcuni canali Telegram (forse filo russi) secondo i quali reparti dell’esercito e della Guardia Presidenziale avrebbero approfittato dell’assenza del Presidente per prendere il potere.
"Informazioni di fantasia suggeriscono che a Brazaville si stanno verificando fatti gravi", ha detto il ministro delle Comunicazioni e dei Media e portavoce del governo, Thierry Moungalla, sul suo account su X (ex Twitter). "Il Governo smentisce questa notizia come falsa. Rassicuriamo l'opinione pubblica sulla tranquillità che regna e invitiamo le persone a svolgere le proprie attività con calma".
Sassou-Nguesso, 79 anni, ha guidato il Congo dal 1979 al 1992, poi ininterrottamente dal 1997 ad oggi. Ha ottenuto un quarto mandato nelle elezioni del 2021, dopo aver introdotte riforme costituzionali con un contestato referendum nel 2015. La sua famiglia è imparentata con quella del deposto Presidente del Gabon, Ali Bongo Ondimba, dato che nel 1990 la figlia Edith aveva sposato il padre di questi, l’ex Presidente Omar Bongo.
Dopo il golpe di fine agosto in Gabon (vedi Fides 30/8/2023), seguito a quello in Niger (vedi Fides 27/7/2023) si sono moltiplicate le preoccupazioni in alcune delle capitali africane dove governano da più tempo Presidenti che appaiono irremovibili. In alcuni casi sono stati rimpiazzati i vertici militari come misura prudenziale per far saltare le catene di comando di eventuali golpe in preparazione. (L.M.) (Agenzia Fides 18/9/2023)
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ASIA/CINA - Quattro Vescovi cinesi in Europa per riprendere la cooperazione fraterna tra le Chiese dopo il Covid
 
Leuven (Agenzia Fides) – In Europa (Belgio, Olanda e Francia) per riprendere il cammino di cooperazione fraterna tra le Chiese dopo la parentesi difficile segnata dalla pandemia. E’ questa la ragione del viaggio di una settimana compiuto in tre Paesi europei da 4 Successori degli Apostoli provenienti dalla Repubblica popolare cinese: Giuseppe Guo Jincai, Vescovo della diocesi di Chengde e neo-rettore del Seminario Nazionale di Pechino; Paolo Pei Junmin, Vescovo della diocesi di Shenyang; Giuseppe Liu Xinhong, Vescovo della provincia di Anhui e Giuseppe Cui Qingqi Vescovo di Wuhan, e Don Ding Yang sacerdote della diocesi di Chongqing.
Su invito della Fondazione Ferdinand Verbiest di Lovanio in Belgio, fondazione sponsorizzata dalla Provincia cinese dei Missionari della Congregazione del Cuore Immacolata di Maria CICM (Scheut), la delegazione cinese è arrivata a Lovanio il 7 settembre, accolta da padre Jeroom Heyndrickx (CICM), missionario grande amico della Chiesa cattolica in Cina, insieme a altri membri della fondazione e della Università cattolica di Lovanio convolti in studi cinesi. I quattro vescovi si sono recati subito in pellegrinaggio presso la chiesa di San Damiano dove hanno concelebrato l’eucaristia. Durante la loro permanenza, hanno tenuto un corso di formazione in cinese per sacerdoti, religiosi e laici cattolici provenienti dalla Cina. I Vescovi hanno anche partecipato a incontri presso la Fondazione Verbiest e presso il Collegio cinese per esplorare i nuovi modi per far ripartire scambi e corsi di formazione in collaborazione con le diocesi cinesi. Inoltre i Vescovi cinesi sono stati ricevuti dal cardinale Jozef De Kesel, Presidente della Conferenza Episcopale belga e Arcivescovo emerito dell'arcidiocesi di Malines-Bruxelles nonchè Presidente della stessa Fondazione, al quale hanno presentato le proposte di collaborazione concordate con la Fondazione Verbiest. L’incontro si è concluso con una concelebrazione eucaristica nella cappella dell'arcidiocesi, alla presenza del neo-Arcivescovo di Malines-Bruxelles, Luc Terlinden.
I quattro Vescovi hanno vissuto un momento di raccoglimento orante davanti alla bara cinese di padre Theophile Verbiest, fondatore della Congregazione. Accolti calorosamente da padre Luc Colla, vice provinciale dei missionari di Scheut, i Vescovi hanno ha concelebrato la messa presieduta da Paolo Pei, vescovo di Shenyang dove operavano i missione di Scheut.
Dopo la visita dell’Abbazia di Parc dei Padri Norbertini a Heverlee, una delle più antiche abbazie del Belgio, e Tournai, una delle più antiche diocesi del Belgio, i vescovi cinesi hanno fatto una breve sosta in Olanda, presso la casa madre dei missionari verbiti SVD a Steyl. A Broekhuizenvorst hanno reso omaggio ai nove martiri: il vescovo vincenziano Schraven e i suoi compagni. Inoltre hanno incontrato Jan Hendriks, vescovo di Haarlem-Amsterdam, discutendo con lui anche della 15ª Conferenza internazionale di Verbiest che si terrà nel 2024 e alla quale saranno invitati anche studiosi cattolici cinesi.
Dal 12 al 15 settembre, i vescovi cinesi hanno proseguito la loro visita in Francia, incontrando i missionari della Società per le missioni estere di Parigi (MEP).
La Fondazione Ferdinand Verbiest (VF) è stata istituita nel 1982 dalla Provincia cinese dei Missionari CICM (Scheut). Ricerca accademica, scambio culturale, dialogo e cooperazione tra le Chiese sono i quattro pilastri della sua missione volta a promuovere il dialogo e lo scambio culturale con la Cina e con la Chiesa cattolica in Cina. La Fondazione è impegnata in ricerche accademiche congiunte con istituti in Cina e in Belgio. Collabora con la Chiesa in Cina in spirito di fraternità cristiana e di comunione tra le Chiese particolari. Inoltre, in collaborazione con la Chiesa in Cina, la fondazione offre formazione di ministri della Chiesa attraverso l'insegnamento nei seminari, l'offerta di borse di studio e l’impegno pastorale e sociale.
(NZ) (Agenzia Fides 18/09/2023)
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ASIA/GIAPPONE - Nomina di padre Andrea Lembo a Vescovo Ausiliare di Tōkyō
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Tōkyō (Giappone) il Rev. P. Andrea Lembo, P.I.M.E., attualmente Superiore Regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere per l’Asia Orientale, assegnandogli la Sede titolare di Mulia.
S.E. Mons. Andrea Lembo, P.I.M.E., è nato il 12 maggio 1974 a Treviglio, Italia. Dopo aver frequentato il Seminario Teologico Internazionale P.I.M.E. a Monza, ha trascorso un anno presso la Casa regionale del P.I.M.E. a Detroit (USA). Successivamente, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Divine Word School of Theology a Tagaytay (Filippine) e ha frequentato la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Ha emesso la Promessa definitiva di aggregazione al P.I.M.E. nel 2003 ed è stato ordinato sacerdote il 12 giugno 2004 a Milano. Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Incaricato dell’animazione missionaria e vocazionale per il P.I.M.E. presso la comunità di Villa Grugana (2004-2008); studio della lingua giapponese (2009-2011); Coadiutore presso la Parrocchia di Itabashi, Tōkyō (2011-2012); Coadiutore presso la Parrocchia di Narashino, Tōkyō (2012-2017); attualmente Superiore regionale del P.I.M.E. in Giappone (2017-2023); dal 2017, Parroco di Fuchū, Tōkyō ; dal 2021, Direttore del Centro di formazione della fede Shinsei-Kaikan; dal 2022, Membro del Consiglio presbiterale dell’Arcidiocesi di Tōkyō; dal 2023, Superiore regionale del P.I.M.E. per l’Asia Orientale.
(EG) (Agenzia Fides 18/9/2023)
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ASIA/INDIA - Un Direttorio sull'identità, formazione e ruolo dei catechisti laici, che portano il primo annuncio della fede
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Il loro mezzo di trasporto preferito è spesso la bicicletta. A volte, quando è possibile, e quando le distanze sono troppo ampie, si spostano in motocicletta, se la parrocchia ne ha una a disposizione. Si tratta dei catechisti che, in tutte le diocesi della Chiesa indiana, svolgono un ruolo importante: sono loro a visitare con regolarità i fedeli nei villaggi e mostrare l'attenzione e la cura pastorale della Chiesa a gruppi di famiglie cattoliche, a volte anche un numero molto esiguo, sparsi in zone remote, laddove i sacerdoti riescono solo raramente ad arrivare. Accade, ad esempio, nella diocesi di Rayagada, nello stato di Odisha (un tempo noto anche come Orissa), dove vi sono 50.000 cattolici su una popolazione totale di circa 5,5 milioni di persone. I fedeli cattolici provengono dagli strati più poveri e socialmente esclusi della società, e molti vivono grazie all' agricoltura di sussistenza, non hanno istruzione. I circa 30 catechisti della diocesi seguono e accompagnano nel cammino di fede queste famiglie tribali, anche compiendo viaggi con distanze considerevoli. Questo scenario è comune a numerose altre realtà locali, dove il ministero del catechista risulta prezioso per le parrocchie.
In quest'ottica la Conferenza dei Vescovi di rito latino dell'India (CCBI) ha pubblicato il "Direttorio dei catechisti laici", sussidio che contiene indicazioni sull'identità, la formazione e il ruolo dei catechisti laici: quelli impegnati nella percorso di formazione domenicale per bambini e ragazzi, presente tradizionalmente nella parrocchie indiane; quanti portano avanti catechesi nelle scuole o nelle parrocchie, con altri gruppi di giovani o adulti; quanti sono catechisti a tempo pieno, impegnati nelle aree di missione.
Mons. George Palliparambil, Vescovo salesiano della diocesi di Miao, presidente della Commissione per la Catechesi nella Conferenza dei Vescovi di rito latino dell'India ha rimarcato che "il Direttorio dei catechisti laici è un insieme di orientamenti sulla vocazione e missione dei catechisti laici, in applicazione a quanto disposto da Papa Francesco che ha reso questo 'antico ministero' attuale nel nostro tempo con la sua Lettera apostolica Antiquum Ministerium”, pubblicata il 10 maggio 2021.
"E' importante che Vescovi, clero e fedeli possano conoscerne e comprenderne pienamente l'identità e la missione del catechista oggi", ha rilevato padre Stephen Alathara, vice Segretario Generale della CCBI, affermando che è necessario "aiutare i parroci a scegliere i catechisti laici, a curarne la formazione e dare loro un ruolo specifico nell'opera pastorale e missionaria, in quanto essi contribuiscono a rafforzare la fede dei cristiani, così come ad avvicinare nuove persone alla fede, partecipando – come uomini e donne di fede – alla missione evangelizzatrice della Chiesa”. "Il Papa dà loro il mandato di 'uscire' e proclamare il Vangelo. Spesso nella nostre realtà sono i catechisti laici coloro che effettivamente portano il primo annuncio della fede alla gente comune, a persone che non conoscono Cristo", ha rimarcato. Soprattutto in quelle comunità dove manca un sacerdote residente nè vi sono religiosi e religiose, "i catechisti sono punti di riferimento essenziale per le comunità, guidando e animando i fedeli nella preghiera e nelle opere di carità”. A volte, poi, questo servizio porta con sè anche pericoli, perchè i catechisti possono essere minacciati, scacciati o subire violenze da persone che possono considerarli come “estranei” al loro territorio.
Il Direttorio della Chiesa indiana, ricevendo e applicando alla realtà locale indiana la Lettera apostolica Antiquum Ministerium, intende riorganizzare l'istituto e il servizio pastorale del catechista anche nella sua posizione giuridica e amministrativa all'interno delle Chiese locali, senza clericalizzarne il ruolo e i compiti, ma riconoscendolo come figura indispensabile all'interno della comunità.

martedì 22 agosto 2023

Agenzia Fides 22 agosto 2023

 

AFRICA/NIGER - Ancora stallo diplomatico ma si moltiplicano i “no” dei Vescovi africani all’intervento militare
 
Niamey (Agenzia Fides) - La Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS), ha respinto la proposta della giunta militare del Niger di tenere elezioni entro tre anni. Prosegue dunque il braccio di ferro tra i golpisti nigerini che hanno preso il potere il 26 luglio e alcuni degli Stati aderenti alla CEDEAO/ECOWAS che potrebbero decidere per un intervento militare per riportare al potere il Presidente Mohamed Bazoum. Mali, Burkina Faso e Guinea, Stati aderenti alla Comunità ma sospesi perché governati da giunte golpiste, hanno dichiarato solidarietà ai putschisti nigerini, mentre all’interno degli stessi Paesi che hanno minacciato un intervento militare si levano le voci di chi chiede di risolvere la crisi con il dialogo e non con la forza.
In Nigeria i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan al termine della loro Assemblea hanno rivolto un appello al Presidente nigeriano Bola Tinubu (uno dei maggiori sostenitori dell’operazione militare) ricordando che “ l’intervento militare proposto dai leader della ECOWAS per ripristinare la democrazia in Niger è molto impopolare in Nigeria”. “I nigeriani sono favorevoli alla negoziazione e ad altri mezzi non militari, e il presidente Bola Tinubu, che è innanzitutto presidente della Nigeria, deve ascoltare i nigeriani prima di chiunque altro” affermano i Vescovi. “Chiediamo quindi al Presidente e all’Assemblea nazionale di evitare di coinvolgere la Nigeria nel conflitto armato in Niger poiché abbiamo già tante sfide da affrontare come nazione”.
In Benin la locale Conferenza Episcopale ha chiesto che siano tolte le sanzioni economiche decretate contro il Niger dopo il golpe dalla CEDEAO/ECOWAS, definite “di una durezza inedita” che colpiscono “una popolazione già in forte sofferenza a causa del dramma della povertà e della miseria”. I Vescovi del Benin chiedono di togliere le sanzioni o quantomeno una loro revisione “in nome dell’etica, della solidarietà africana e della nostra comune umanità”, e auspicano di risolvere la crisi per via diplomatica. A tal fine il 15 agosto in occasione della celebrazione della Solennità dell'Assunzione della Vergine Maria, Regina della Pace, i Vescovi hanno esortato i sacerdoti a celebrare in tutte le parrocchie la Messa per la pace in Niger e nella sub-regione,. Inoltre, il 18 agosto 2023, tutti i fedeli cattolici e le persone di buona volontà sono stati chiamati a osservare una giornata di digiuno e preghiera per la stessa intenzione.
Anche in Togo la Conferenza Episcopale si è espressa per la revoca delle sanzioni al Niger e la prosecuzione del dialogo.
In precedenza si erano espresse a favore del dialogo e a scapito dell’intervento militare le Conferenze Episcopali della Nigeria e di Niger e Burkina Faso (vedi Fides 7/8/2023) e la Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale (RECOWA/CERAO, vedi Fides 10/8/2023). (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - “Giustizia e Pace” avvia un'azione collettiva a favore dei minatori colpiti da malattie legate all’estrazione del carbone
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – “Molto spesso i lavoratori non hanno i mezzi per fare ricorso legale nei confronti delle grandi aziende che hanno enormi risorse a loro disposizione” afferma il Cardinale eletto Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo, nel spiegare perché la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica dell'Africa meridionale (SACBC), ha intentato un'azione legale contro alcune società minerarie.
Il ricorso presentato presso l'Alta Corte del Sud Africa, Divisione locale di Gauteng, mira a risarcire i minatori che hanno contratto la malattia polmonare dovuta alla polvere di carbone sotto forma di pneumoconiosi e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Oltre ai lavoratori ancora in servizio la causa è portata avanti a beneficio di quelli in pensione o che si sono dimessi e dei familiari dei minatori morti per le malattia causate dalla polvere di carbone.
“Molto spesso gli ex lavoratori delle miniere non sono più membri dei sindacati e, quindi, non hanno i mezzi e la capacità di ricorrere legalmente contro le grandi aziende responsabili delle loro malattie polmonari” sottolinea l’Arcivescovo di Città del Capo. “Spetta quindi alla Chiesa prestare assistenza, dove possibile, affinché i diritti dei più vulnerabili siano rispettati e affinché possano accedere al risarcimento loro dovuto per legge. Molte aziende sono disponibili a risolvere tali casi, ma in alcuni casi è necessaria un’azione legale”.
“La polvere delle miniere di carbone può causare ai minatori lo sviluppo di malattie polmonari tra cui pneumoconiosi e BPCO… Nonostante conoscessero i rischi per i minatori, gli associati dell’industria mineraria del carbone non sono riusciti a fornire ai propri lavoratori formazione, attrezzature, e un ambiente di lavoro sicuro” afferma il ricorso collettivo che se accolto potrebbe aprire la strada ad altre azioni legali da parte di minatori colpiti da malattie legate al carbone.
Il carbone è un pilastro dell’economia del Sudafrica, dà lavoro a quasi 100.000 persone e rappresenta l’80% della produzione di elettricità. (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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ASIA/PAKISTAN - L'Arcivescovo di Lahore, capi musulmani e il Primo Ministro del Pakistan visitano le famiglie cristiane colpite dalla violenza
 
Faisalabad (Agenzia Fides) - In momenti di sofferenza il contatto umano, un abbraccio, un sorriso e parole di consolazione hanno un valore altissimo. Con questa convinzione l’Arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw si è recato a Jaranwala, città del Punjab pakistano dove il 16 agosto è avvenuta l'ondata di violenza sui cristiani, a causa di una presunta accusa blasfemia. L’Arcivescovo ha visitato le famiglie, ha pregato con loro, ha ascoltato e consolato. Dopo che ne giorni scorsi sono stati sui luoghi il Vescovo di Faisalabad, mons. Indrias Rehmat - che ha celebrato la messa nel quartiere devastato (vedi Fides 2178/2023) - e la delegazione della Commissione episcopale “Giustizia e pace”, guidata da Mons. Joseph Arshad, anche l’Arcivescovo Shaw ha voluto recarsi in loco per prendere visione personalmente della situazione, ha voluto portare la sua solidarietà, incontrare le famiglie di sfollati, fermarsi con loro e ascoltare le loro esigenze, leggere Vangelo insieme con loro, per trarre dalla Parola di Dio conforto e speranza. La visita ha avuto un tratto particolare e un segno speciale: l'Arcivescovo è giunto in compagnia di alcuni leader musulmani che, fin dall'inizio, hanno condannato la violenza e hanno voluto esserci per offrire la loro solidarietà e la loro comune preghiera.
"Quello che abbiamo visto è devastazione terribile, ci ha suscitato emozione e commozione. Le persone sono scioccate e disperate, senza più nulla. Sta a noi portare un briciolo di consolazione, facendoci testimoni dell'amore di Gesù. C'è bisogno di vicinanza umana, di assistenza psicologica e materiale, e stiamo organizzando tutti gli aiuti possibili tramite la Caritas e anche grazie a volontari e a diverse congregazioni religiose. Ho detto ai cristiani che non sono soli in questa sofferenza, Gesù è accanto a loro e noi siamo con loro, ci interessiamo e ci prenderemo cura di loro", ha rimarcato mons. Shaw.
La comunità di Jaranwala, in una assemblea di fedeli di diverse confessioni e di cittadini musulmani, ha accolto anche la visita di Anwar ul Haq, Primo Ministro ad interim del Pakistan. Come segno di attenzione delle istituzioni, il Primo Ministro ha voluto portare di persona, a nome del governo federale, solidarietà alle vittime. In un discorso cui i mass-media pakistani hanno dato ampia diffusione, Anwar ul Haq ha ricordato che “la comunità cristiana ha avuto un ruolo importante nella creazione de Pakistan" ed è parte integrante della nazione, aggiungendo che “è responsabilità di ogni musulmano proteggere le comunità minoritarie”.
Il Primo Ministro ha aggiunto: “Non stiamo perseguendo i nemici delle minoranze solo per obbligo, ma per convinzione. Come seguaci del fondatore della patria Ali Jinnah e come seguaci del Profeta Maometto, agiamo secondo la legge e la Costituzione del Pakistan, che ci incoraggia e ci obbliga a rispondere a questa atrocità. Non daremo un facile condono ai persecutori. Se qualcuno perseguita una qualsiasi comunità, la giustizia lo raggiungerà”. “Fratelli e sorelle – ha detto il Primo Ministro rivolgendosi ai cristiani – siamo con voi, saremo la voce dei senza voce. Faremo rispettare la legge e troverete lo stato e la società accanto a voi non solo verbalmente, ma con gesti tangibili e significativi”. Anwar ul Haq ha quindi distribuito assegni per 2 milioni di rupie ciascuno ai cristiani cristiana le cui case sono state distrutte durante le violenze.
Sul piano del dialogo interreligioso, considerato una via importante per rafforzare le relazioni e costruire una cultura della pace e della convivenza, l'associazione internazionale "Religions for Peace" ha rivolto un appello a “partner ecumenici e interreligiosi in tutto il mondo per dire ‘no’ a ogni forma di violenza e oppressione, e continuare la pregare e a costruire la giustizia e la pace in Pakistan”.
Anche tra i pakistani in diaspora, è forte la solidarietà verso le comunità cristiane colpite: "Questo incidente scioccante ha scosso i cuori delle persone in tutto il mondo, evidenziando l’urgente necessità di unità, comprensione e tolleranza religiosa", rimarca l'associazione “Voice of The Voiceless international” (VOV) , formata da pakistani all’estero. "In questo momento di dolore e angoscia, esprimiamo la nostra più profonda vicinanza alla comunità cristiana pakistana. Ci appelliamo a tutti gli individui, le comunità internazionali e i leader perchè ci si schieri uniti contro l’odio, la violenza e l’intolleranza e perchè si possa promuovere e vivere in Pakistan in un ambiente in cui tutte le fedi siano rispettate e valorizzate".
(PA) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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venerdì 14 luglio 2023

Agenzia Fides 14 luglio 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Suor Elena e il barcone sul Nilo che salva i profughi in fuga dalla guerra sudanese
 
Malakal (Agenzia Fides) - Il Sudan è sull’orlo del baratro. Da conflitto a bassa intensità, ormai a un passo dal terzo mese dallo scoppio, si sta rapidamente trasformando in guerra aperta. Dopo l’ennesima tregua concordata e non rispettata, si susseguono bombardamenti e combattimenti che coinvolgono principalmente la capitale Khartoum e la regione del Darfur, ma che si allargano di settimana in settimana interessando altre aree del Paese.
Secondo le Nazioni Unite il Sudan si sta pericolosamente avvicinando a una situazione di conflitto totale che "potrebbe destabilizzare l'intera regione". I morti sono già oltre 3 mila, tantissimi i feriti mentre si moltiplicano le voci di violenze ripetute sulle donne. Quasi tutti gli ospedali sono chiusi, mancano acqua, cibo ed elettricità.
Il terrore che vige in tutto il Paese ha fatto del Sudan - uno degli Stati con maggiore afflusso di profughi da tutti i Paesi limitrofi (circa 1,1 milioni) fino a prima della guerra – un luogo di esodo disperato. Le statistiche parlano di più di 2,8 milioni di persone sfollate a causa del conflitto, di cui oltre 2,2 milioni all'interno e oltre 700mila fuori dai confini.
Tra i Paesi maggiormente interessati dalla fuga oltre all’Egitto (255mila) e al Ciad (oltre 230mila) c’è il Sud Sudan il piccolo e giovane Paese (indipendente dal 2011) già gravato da crisi umanitarie e conflitti.
In Sud Sudan sono già arrivati 150mila profughi in fuga dal Sudan. “Nel giro di pochissimo tempo” riferisce all’Agenzia Fides Suor Elena Balatti, comboniana “si è creata un’emergenza enorme: La nostra area – spiega la religiosa, che è direttrice di Caritas Malakal, il capoluogo dello Stato dell’Alto Nilo – è la più interessata perché zona di confine e punto di accesso più immediato per chi proviene da Khartoum. Qui da noi arrivano soprattutto sudsudanesi che erano fuggiti a Khartoum a diverse riprese, prima dell’indipendenza, nel corso della guerra civile (2013-18, ndr) o a seguito di instabilità o emergenze ambientali recenti. Fanno ritorno nelle loro zone che continuano a essere devastate da problemi ambientali, alluvioni e scontri interetnici. L’afflusso, così massiccio e repentino, va ad aggravare una situazione già pesantissima. Purtroppo ci sono tensioni, sviluppatesi nella guerra civile, che ancora permangono e che creano esodi interni a cui, adesso, si aggiungono nuovi afflussi, solo qualche giorno fa sono arrivate circa 3000 persone dal Sudan in pochissimo tempo, è una situazione davvero complicata”.
Gli organismi internazionali preposti al sostegno dei profughi, le Ong e gli enti benefici presenti in Sud Sudan agivano già in condizioni critiche prima che scoppiasse la guerra in Sudan. Ora la situazione presenta gravi complicazioni di gestione anche perché nel piccolo Paese arrivano etnie diverse che avevano trovato rifugio in Sudan nel passato e ora si trovano nuovamente nell’impellenza di fuggire per salvarsi.
La gestione è difficilissima e necessita di grandi capacità logistiche e grosse quantità di beni di prima necessità. “L’Oim (Organizzane Internazionale per le Migrazioni) riferisce Suor Elena “sta facendo del suo meglio così come gli enti più piccoli come la nostra Caritas diocesana, ma diventa ogni giorno più complesso. Qui, oltre a sudsudanesi, arrivano sudanesi e anche tanti eritrei. A differenza di quelle nazionalità come quella egiziana o quelle europee, le cui ambasciate hanno facilitato l’esodo dei propri connazionali o hanno organizzato voli, per gli eritrei è diverso: nessuno vuole tornare in Eritrea né Asmara si è data da fare per aiutare. I sudsudanesi che tornano, invece, sono in gran parte persone che vivevano a Khartoum ormai da tempo e lì avevano trovato lavoro, casa, una propria stabilità dopo che erano partiti di corsa senza nulla, specie durante il conflitto, e avevano cominciato da zero. Ora rivivono la stessa esperienza a ritroso: hanno nuovamente lasciato tutto e devono ricostruirsi una vita dal nulla”.
Le tensioni in Sudan erano latenti da tempo (nell’ottobre 2021 c’è stato un colpo di Stato che ha interrotto la transizione democratica, ndr), ma nessuno si aspettava che si arrivasse a un conflitto in così breve tempo e che si trasformasse in una guerra aperta che mina la stabilità di un’intera area. “È stato tutto troppo rapido e violento, sapevamo che le tensioni erano presenti in Sudan da tempo ma non immaginavamo un’escalation di questo tipo. Il problema è quando in un Paese ci sono due eserciti (le forze armate regolari e le Rapid Support Forces - Rsf del generale Dagalo, ndr): l’equilibrio è precario, uno dei due tende inevitabilmente a pretendere supremazia e lo fa con le armi. Qui da noi è successo esattamente lo stesso (la guerra civile condotta dall’esercito fedele al Presidente Salva Kiir e le milizie armate sotto il comando di Rieck Machar, ndr). Infatti la gente qui dice ‘Hanno imparato da noi’”.
La presenza di gruppi armati diversi dall’esercito, come spiega Suor Elena, è senza dubbio un problema che crea grosse tensioni. Lo si è visto anche in Russia con il tentato golpe delle truppe Wagner di Evgenij Prigožin . La potente milizia mercenaria è notoriamente presente in Africa e, a detta di molti osservatori, è implicata anche nel conflitto sudanese: con molta probabilità sostiene con armi e uomini le Rsf. Ma c’è chi non esclude che possa aiutare anche l’esercito.
“Nel deserto del Darfur (una delle aree più colpite dal conflitto) non ci sono armi sofisticate, arrivano di certo da qualche altra fonte, qualcun altro le ha procurate. È già molto difficile mediare tra due parti in conflitto, figuriamoci se gli attori coinvolti sono di più”.
Se si riesce ancora a gestire un minimo di aiuto per le decine di migliaia di profughi in arrivo in Sud Sudan è grazie all’opera degli organismi internazionali così come di realtà più piccole come la Caritas diocesana o la Caritas Sud Sudan. “Per fortuna” racconta Suor Elena “riceviamo sostegno internazionale. Poco tempo fa sono venuti qui alcuni membri di Caritas Austria e hanno deciso di aiutare. Lo fanno con estrema generosità. Noi aiutiamo come possiamo in modo concreto, abbiamo messo a disposizione un barcone che trasporta la gente dal confine fino a qua viaggiando sul Nilo. Ne sono arrivati così circa 2000. Poi distribuiamo generi di prima necessità nei campi di transito. Purtroppo vediamo ogni giorno gente morire di fame o di stenti, alcuni anche durante il viaggio. È per questo che mi sento di rivolgere anche attraverso Fides un appello a aiutarci attraverso i canali di Caritas dedicati all’emergenza sfollati dal Sudan, Upper Nile Sud Sudan”. (LA) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/NIGER - “Il Signore ci dona sacerdoti provenienti da comunità perseguitate”
 
Niamey (Agenzia Fides) - E' prete soltanto da una settimana, don Laurent. Lui è originario di Kankani, villaggio di frontiera col Burkina Faso, da dove la gente, minacciata dai gruppi armati, è dovuta fuggire a Makalondi. Malgrado l’insicurezza generalizzata nella regione i cristiani erano numerosi, sabato 8 luglio. Hanno lasciato i lori villaggi per arrivare in città, la capitale Niamey, per l’ordinazione presbiterale di uno dei loro figli, Laurent Woba.
Ordinato dal vescovo di Niamey, Mons. Laurent Lompo originario della stessa zona occupata dal popolo Gourmanché, transfrontaliero tra il Niger e il Burkina Faso.
Laurent si è dunque integrato nel presbiterio della diocesi di Niamey e sono degne di nota le parole a lui rivoltegli dall’attuale coordinatore della fraternità dei preti diocesani. Di seguito un lungo e significativo passaggio del discorso di benvenuto e accoglienza, proposto da padre François Azouma, originario del vicino Togo.
“La tua ordinazione è motivo di gioia e di speranza. Sei stato appena ordinato in un contesto difficile, data la situazione della sicurezza nel tuo villaggio. La tua nascita alla vita sacerdotale, nonostante il clima di paura, è per noi un segno di speranza che non delude. Sul muro all'ingresso dell'Abbazia di Keur Moussa nel Senegal, sta scritto: "E il deserto fiorirà". Visto il contesto in cui vivono le comunità del tuo Settore, possiamo lasciarci convincere che il deserto fiorirà, perché è in queste comunità dove i presbiteri non possono più avere accesso per esercitare il loro ministero, in queste parrocchie dove è impossibile per i fedeli riunirsi per la preghiera, in queste località svuotate dei loro abitanti, è in queste comunità disperse e martoriate che il Signore manifesta la sua gloria attraverso il dono del sacerdozio.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. L'anno scorso, dopo l'ordinazione di padre Aimé Combari, della parrocchia di Saint Marc a Torodi, la Messa di ringraziamento a Torodi è stata rimandata alle calende greche. Se, nonostante la vicinanza di Torodi a Niamey, è difficile, se non impossibile, organizzare la prima Messa lì, ma il Signore ci dà Kankani, al confine con il Burkina, siamo tentati di dire Signore, "dov'è la serietà in tutto questo?". E non è tutto, come per prenderci in giro, se tutto va bene, Dio ci invita a celebrare il sacerdozio l'anno prossimo a Bomoanga, parrocchia dove era stato rapito il padre Pierluigi Maccalli.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. Infatti, suscitando sacerdoti in comunità martoriate, perseguitate, martirizzate e terrorizzate, dove i fedeli hanno paura di incontrarsi e persino di pregare a casa, dà loro motivo di sperare. Se il Signore ci fa dono di sacerdoti provenienti da queste comunità deserte che condividono con noi la loro gioia, è anche un'opportunità per noi di condividere la loro sofferenza e la loro miseria attraverso le opere di misericordia compiute per loro.
Reverendo padre Laurent, sei consapevole più di chiunque altro del contesto in cui sei stato ordinato. Forse non sai dove stai andando, ma almeno sai da dove vieni...! Sii sensibile alla miseria del tuo popolo, seguendo l'esempio di Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Tieni gli occhi fissi su Gesù, nostro modello. Qualsiasi cosa diciate, qualsiasi cosa facciate, sia nel nome di Gesù, non per piacere agli uomini, ma per piacere a Dio; lui è il padrone, noi siamo al suo servizio”. (M.A) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Salute e istruzione per combattere la povertà: i missionari in un piccolo villaggio periferico
 
Daloa (Agenzia Fides) – “Migliorare la salute delle popolazioni è un modo per combattere la povertà”.
Partendo da questo principio padre Ysmael Herbin Gbagoué, missionario a Daloa, ha parlato della necessità di ristrutturare un dispensario che la Società per le Missioni Africane gestisce a Zakoua.
“Servono strumenti medicali di qualità – ha spiegato il sacerdote SMA. Tra gli obiettivi c’è anche quello di poter fare funzionare un reparto di maternità e una farmacia. Sono previsti dei corsi femminili che verranno impartiti dagli infermieri, affinché le donne collaborino nella prevenzione delle malattie dei loro bambini.”
Zakoua è un piccolo villaggio situato a pochi chilometri dalla città di Daloa, nel centro-ovest del Paese. In questo quartiere periferico, come pure in quelli limitrofi, la popolazione non dispone di Centri di salute statali, e deve percorrere molti chilometri per trovare un infermiere o un medico.
Tra le malattie più diffuse prevalgono la tubercolosi e l’Aids, tuttavia la malaria rimane ancora la principale causa di morbilità e mortalità a Daloa.
(AP) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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ASIA/THAILANDIA - Il drammatico “limbo” dei rifugiati birmani
 
Bangkok (Agenzia Fides) - Oltre 90.000 rifugiati birmani vivono in nove campi profughi organizzati dal governo thailandese lungo il confine tra Thailandia e Myanmar e, secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il numero continua a crescere, a causa del conflitto civile in corso in Myanmar. La Thailandia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un quadro giuridico nazionale specifico per la protezione dei rifugiati urbani e dei richiedenti asilo. Molti dei rifugiati birmani sono bloccati in Thailandia in un “limbo” giuridico e sociale, mentre il governo non rilascia loro il permesso di spostarsi verso paesi terzi. Secondo le Ong che assistono i rifugiati, circa 1.100 persone che hanno ottenuto dal UNHCR l'approvazione per il reinsediamento negli Stati Uniti e in altri paesi, ma nemmeno a costoro è stato permesso di lasciare la Thailandia.
Quanti hanno ottenuto lo status di "rifugiato" dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Thailandia, stanno ricevendo assistenza dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in attesa di poter lasciare il paese. Ma né costoro, né tutti gli altri che non hanno ancora uno status ufficiale possono spostarsi dai campi, chiusi con recinzioni e sorveglianza: risiedono all'interno, in condizioni molto difficili, senza reddito, senza permesso lavorare in Thailandia, privi di assistenza sanitaria e di istruzione. L’area interessata è quella di Mae Tao Phae, nel distretto thailandese di Mae Sot, al confine con il Myanmar. L'ufficio dell'UNHCR in Thailandia ha confermato che solo il governo thailandese possiede l'autorità esclusiva per decidere chi è idoneo per le partenze internazionali e che ha la responsabilità della gestione dei campi profughi.
L’Ong "Border Consortium", che fornisce cibo, vestiti e sostegno a circa 87.000 rifugiati birmani in nove campi, stima che oltre 20.000 persone sono fuggite dal Myanmar in Thailandia per paura di persecuzioni politiche dopo il colpo di stato del 2021 e circa la metà di loro ha contattato l'UNHCR.
Tra le organizzazioni umanitarie impegnate in loco, la Caritas Thailandia fornisce aiuti di emergenza ai rifugiati birmani nel distretto di Mae Sariang. La Caritas ha segnalato la presenza di bambini malati che “hanno bisogno di cure ospedaliere” nei campi profughi. La diocesi tailandese di Chiang Mai ha consegnato, tramite la Caritas, 3,2 tonnellate di riso, duemila scatolette di pesce in scatola e 400 chili di pesce essiccato a diversi campi profughi. La Caritas attualmente sostiene anche oltre di 5.000 rifugiati ospiti nelle parrocchie vicino al confine tra Thailandia e Myanmar.
La Chiesa cattolica thailandese ha chiesto alle istituzioni politiche di farsi carico della situazione: mons. Francis Xavier Vira Arpondratana, Vescovo di Chiang Mai, ha incoraggiato a trovare soluzioni per i rifugiati e "farli sentire inclusi e accolti": “Siamo tutti consapevoli della difficile situazione dei nostri vicini, fratelli e sorelle che bussano alla nostra porta di casa, cercando rifugio”, ha detto.
Un appello è giunto anche dal Karen Peace Support Network e da altri gruppi della società civile che esortano a “rispondere ai bisogni dei rifugiati, sostenere i loro diritti umani e garantire la loro sicurezza”, mentre sono rigorosamente confinati dietro recinzioni, in situazione di crescente degrado.
Il 28 giugno, i parlamentari dell'ASEAN (la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico, di cui fano parte sia la Thailandia, sia il Myanmar) hanno esortato il nuovo governo thailandese a dare ascolto agli appelli della società civile “perché si possano riformare le politiche sui rifugiati ed essere più compassionevoli”.
(PA) (Agenzia Fides 14/7/2023)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024

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