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giovedì 28 maggio 2020

Agenzia fides 28 maggio 2020

VATICANO - L'Arcivescovo Dal Toso: "Per il Papa è prezioso il contributo delle POM alla missione universale della Chiesa"
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il cuore delle Pontificie Opere Missionarie batte dove batte il cuore della Chiesa”: con questa espressione l'Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie (POM) e Segretario aggiunto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, commenta in un’intervista all’Agenzia Fides il Messaggio che Papa Francesco ha voluto donare alle Pontificie Opere Missionarie (vedi Fides 22/5/2020). Il messaggio è stato accolto dalle POM “con stupore e gratitudine”, come un appello che “vuole aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale”. "Il Papa invita le POM a vivere l’originarietà del loro carisma, per una Chiesa realmente missionaria", osserva mons. Dal Toso. Ecco il testo completo dell’intervista rilasciata a Fides:

Come le POM hanno accolto il messaggio del Papa?

Con stupore e gratitudine. Sono rimasto contento quando ho appreso dell’intenzione del Papa di inviare un messaggio alle Pontificie Opere Missionarie. Del resto, come Egli stesso ha scritto, il suo desiderio era di visitarci nel corso della nostra Assemblea generale, che si doveva tenere in questi giorni, ma purtroppo è stata sospesa a motivo della pandemia in corso. Leggo tutto questo in primo luogo come segno di attenzione speciale a questa Istituzione che ha quasi 200 anni di storia e che tanto bene ha fatto alla Chiesa: senza le POM la missione evangelizzatrice della Chiesa, soprattutto negli ultimi cento anni, non avrebbe portato i frutti che ora vediamo. Per me dunque il Messaggio del Papa è motivo di gratitudine e, nello stesso tempo, di riflessione per le sfide che abbiamo davanti e che il Papa ha opportunamente indicato. Non dimentichiamo che le POM sono una rete universale, con ca. 120 direzioni nazionali e incaricati in ogni diocesi.

Il Messaggio tocca l'identità e la natura delle Opere: come può aiutare a rinnovarne la missione?

Papa Francesco dice spesso che senza radici non ci sono frutti. Lo scopo del Messaggio è esattamente quello di aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale. Nei suoi discorsi alle POM nel 2017 e nel 2018 il Papa ha parlato della necessità di questo rinnovamento. Perché? Perché il mondo e la Chiesa di oggi non sono più quelli di 50 anni fa e dunque questo ci pone anche di fronte alla domanda: come parlare al cristiano di oggi e come declinare la missione nel mondo di oggi? Sappiamo tutti che il paradigma missionario non è più necessariamente quello da nord a sud, ma piuttosto quello di una Chiesa comunione che si sostiene mutuamente nella missione, condividendo quanto si ha. Il problema non è – e il Papa lo dice proprio in riferimento al carisma – quello di cambiare identità, ma piuttosto di rispondere, con il carisma, alle necessità della Chiesa e del mondo di oggi. Ho più volte detto nei miei incontri che, se Papa Francesco chiede una Chiesa missionaria, allora anche noi dobbiamo chiederci come il nostro carisma, che è un carisma missionario, può aiutare la Chiesa nella conversione missionaria.

Quali sono, a suo parere, i punti qualificanti del testo?

Credo sia centrale la fede: mi rincuora molto e mi incoraggia il fatto che il Papa abbia collocato il carisma nel contesto della missione, e la missione nel suo riferimento a Cristo, e dunque alla fede. La missione esiste perché ne va della fede come adesione personale a Cristo, sia del missionario che della persona che riceve l’annuncio della fede. In questo senso l’istituzione ha il suo senso nel favorire questo movimento fondamentale da Cristo all’uomo e viceversa. Il Papa parte da questa considerazione e perciò ritengo questo il fulcro del Messaggio. Poi certamente ci sono molti altri aspetti di ispirazione per noi: l'azione dello Spirito Santo, la riscoperta del carisma originario con l’accento sulla preghiera e sulla carità; il sostegno alla Chiesa locale; la caratteristica di questo carisma di essere vissuto dal semplice fedele e dunque la partecipazione del battezzato alla missione della Chiesa; il legame specifico con il ministero petrino, di cui siamo strumento.

In che modo pensa si possano evitare le “insidie” citate?

Le insidie ci saranno sempre e il Papa ci incoraggia ad affrontarle, come ogni buon padre con un figlio. Purtroppo devo anche riconoscere che troppo spesso delle POM viene considerato solo l’aspetto finanziario. Ma il Papa ricorda che il carisma e l’istituzione si appartengono mutuamente, e c’è sempre bisogno di riprendere la freschezza del carisma perché l’istituzione mantenga la sua funzione fondamentale di tutelarlo e di rendere permanente la sua fecondità missionaria. Il rinnovamento in atto, per il quale Papa Francesco ci dà preziosi consigli, esprime esattamente il nostro desiderio di non perdere l’originarietà del carisma stesso e di viverlo oggi. Per essere più concreti, da un anno le POM stanno attraversando una riflessione ai diversi livelli, internazionale, nazionale e diocesano, proprio per capire dove situare il rinnovamento e come applicarlo. Credo che la strada indicata da Papa Francesco, e cioè da una parte l’attenzione alle insidie, e dall’altra i consigli per il cammino, siano i binari sui quali il rinnovamento potrà procedere sicuro.

Quale strada percorreranno in futuro le POM?

Da sempre scopo delle POM è aiutare tutti a vivere una fede missionaria e universale. Nel 2022 compiremo 200 anni di vita e proprio in questi giorni ci ha raggiunto la bella notizia che è stato riconosciuto il miracolo della fondatrice della prima Opera, Pauline Jaricot, che ha dato una struttura fondante a tutta la nostra attività. Quindi c’è già una strada tracciata. Pensiamo solo a cosa significa la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, che, fin dal 1926, vuole coinvolgere tutte le parrocchie del mondo nella animazione missionaria. Penso ai tanti malati che offrono le loro sofferenze per la missione in quei Paesi dove le POM lavorano con i malati. Pensiamo all’aiuto finanziario che continuiamo ad offrire, grazie alla condivisione di molti, e per il quale porto qualche esempio, riferendomi al 2019: per ognuno dei quasi 25.000 seminaristi maggiori dei paesi di missione (Asia, Africa, Oceania e, in parte, America Latina) diamo un contributo di 450 dollari Usa, che in alcuni Paesi copre quasi la totalità del costo annuale della formazione; ogni circoscrizione ecclesiastica dei Paesi di missione riceve un contributo per le spese ordinarie per un importo totale di più di 27 milioni di dollari Usa; abbiamo finanziato progetti di educazione scolastica per circa 7 milioni di dollari Usa. Oppure penso al fatto che ogni anno contribuiamo con più di 11 milioni di dollari alla formazione e al sostentamento dei catechisti laici, che nei territori di missione sono animatori fondamentali delle comunità cristiane. In questo momento stiamo aiutando molte Diocesi rimaste senza sostegno a motivo del Covid-19. Questo impegno, materiale e spirituale, dovrà continuare, anche perché sono le Chiese locali a chiedercelo, ma in quello spirito che il Papa ha sottolineato: il cuore della missione è risvegliare la fede nella comunione della carità. E vorrei aggiungere che questo non può essere uno sforzo delle sole POM. Questo è un criterio sul quale siamo chiamati a misurare tutta la nostra azione ecclesiale. E il cuore delle POM batte dove batte il cuore della Chiesa.
(Agenzia Fides 28/5/2020)
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VATICANO - Il Segretario generale dell'Opera della Propagazione della Fede: Pauline Jaricot, una laica con il cuore rivolto all'evangelizzazione
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare il Decreto con il quale la Chiesa riconosce il miracolo attribuito all'intercessione della nostra amata e venerabile Fondatrice, Pauline Marie Jaricot. Questa notizia ha riempito il mio cuore e il cuore di tutti i membri della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede e, in effetti, l'intera famiglia delle Pontificie Opere Missionarie con grande gioia e ringraziamento. Pauline non è stata solo ispirata a creare una rete mondiale di preghiera e carità a sostegno della Chiesa nelle terre di missione, ma ha dedicato tutta la sua vita e il suo patrimonio familiare a questo beato impegno. Era una donna di profonda fede e virtù cristiana, con un particolare amore per l'adorazione eucaristica e la preghiera del Rosario": con queste parole padre Tadeusz J. Nowak, OMI, Segretario generale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede commenta a Fides la promulgazione del Decreto che riconosce il miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Paoline Marie Jaricot (vedi Fides 27/5/2020).
Il Segretario generale prosegue: "Durante la sua vita, ha sopportato molte sofferenze, sia fisiche che spirituali. Tuttavia, nonostante tutte le sue prove, è rimasta ferma nella sua dedizione e perseveranza per il lavoro che ora è una rete mondiale a sostegno della sollecitudine del Santo Padre per le missioni e le giovani Chiese nei territori di missione. È rimasta una laica dedita al servizio di Cristo e della Sua Chiesa, profondamente impegnata nell'evangelizzazione del mondo. Ora intercederà per l'intera Chiesa, ma avrà sicuramente un posto speciale nel suo cuore per tutti i membri della rete mondiale di preghiera e carità che ha fondato: mentre il mondo si trova nella crisi provocata dalla pandemia, c'è grande speranza e gioia nella certezza della comunione dei Santi. La nostra amata fondatrice, Pauline, che presto sarà proclamata beata, continua a guidare la meravigliosa opera delle Pontificia Opera Missionaria per la diffusione della Buona Novella nel mondo".
Pauline Maria Jaricot, Fondatrice del “Consiglio della Propagazione della Fede” e del “Rosario Vivente”, nacque il 22 luglio 1799 a Lione (Francia) e vi morì il 9 gennaio 1862, nella miseria e nell'indifferenza generale. Benedetto XV elevò l'Opera da lei fondata a “Pontificia” e trasferì la sua sede da Lione a Roma. Papa Giovanni XXIII l'ha dichiarata venerabile il 25 gennaio 1963. Il 26 maggio 2020 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante il miracolo attribuito alla sua intercessione. (SL) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/UGANDA - “Diversi Vescovi hanno chiesto di potere accedere al Fondo di emergenza POM; le necessità sono tante”
 
Kampala (Agenzia Fides) – “L'Uganda è ancora sotto blocco imposto dal 21 marzo. C'è stato un certo allentamento di alcune misure ma mantenendo le distanze sociali e indossando la mascherina in strada e in qualsiasi tipo di incontri” dice p. Pontian Kaweesa, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Uganda che all’Agenzia Fides descrive la situazione della Chiesa e del Paese bloccato per la pandemia da COVID-19.
“A causa del divieto dei servizi religiosi nei luoghi di culto, le persone continuano a pregare privatamente nelle loro case. Si è dato quindi nuovo slancio alla Chiesa domestica. Ho ricevuto molte testimonianze di persone e famiglie che leggono insieme la Bibbia e recitano preghiere nelle loro case; il Rosario, le Litanie di Nostra Signora e la coroncina della Divina Misericordia”. Moltissime persone e famiglie inoltre guardano la Messa ogni giorno soprattutto in TV e quelle trasmesse in streaming sui loro smartphone e alla radio”. Diverse famiglie inoltre seguono la Messa quotidiana del Santo Padre da Roma con le sue omelie così edificanti e molte persone hanno pregato con lui e per le persone per le quali ha sempre chiesto di pregare: infermieri, medici; i migranti, i rifugiati, i malati e quelli che sono morti a volte in solitudine” sottolinea p. Kaweesa.
P. Kaweesa sottolinea l’importanza del fondo d’emergenza delle POM mondiali per le attività caritative della Chiesa in Uganda. “Vi sono situazioni di emergenza che hanno richiesto l'attenzione della Chiesa in molte diocesi dell'Uganda. Per citarne solo alcuni, abbiamo case per portatori di handicap o invalidi come la casa di Nalukolongo (Papa Francesco ha visitato questa casa durante la sua visita apostolica in Uganda nel 2015); a Kisenyi e Busega” dice. “Due congregazioni, quella dei “Missionaries of the Poor” composta da laici fratelli e sacerdoti e l'altra delle “Missionaries of the Poor Nuns", composta da religiose, hanno case e istituzioni che si prendono cura dei malati, degli affamati e dei portatori di handicap intorno alla città di Kampala. Offrono pasti quotidiani a una gran numero di persone che altrimenti non avrebbero da mangiare e imboccano coloro che hanno problemi fisici così gravi da non essere autosufficienti”. P. Kaweesa cita uno di loro, p. Borals, “Abbiamo alcuni adulti e bambini mentalmente turbati con HIV / AIDS che sono più difficili da gestire, ecco perché i loro genitori li abbandonano”. Il monastero ospita oltre 282 adulti e bambini senzatetto e un dispensario medico che serve lo slum di Mengo-Kisenyi. Fornisce anche borse di studio ad oltre 400 bambini e giovani nelle scuole primarie e secondarie. P. Kaweesa ricorda inoltre che “nella diocesi di Kasese nel sud-ovest dell'Uganda, le piogge torrenziali hanno provocato inondazioni e frane che hanno devastato l'ospedale di Kilembe e provocato lo sfollamento di diverse persone. Le strutture diocesane sono state convertite in un ospedale e migliaia di persone vengono curate in due vicine scuole primarie”. “Alcuni Vescovi che devono affrontare emergenze di questo tipo nelle loro diocesi, hanno richiesto il Fondo speciale di emergenza POM per le vittime del Coronavirus” dice p. Kaweesa. “Ho inoltrato la loro richiesta alla Nunziatura in Uganda e sto aspettando di ricevere risposta da Roma. Confido che le loro domande riceveranno una risposta adeguata. Ho inviato una lettera a tutti i Vescovi in Uganda e li ho informati del Fondo di emergenza POM COVID-19 a Roma a cui anche loro possono contribuire”. “Le persone al momento fanno fatica a offrire un contributo” ammette il Direttore Nazionale delle POM tuttavia “a livello nazionale molte società, banche e istituzioni finanziarie, individui, diocesi e la Conferenza episcopale dell'Uganda (UEC) hanno offerto denaro, generi alimentari e veicoli alla Task Force nazionale per aiutare i bisognosi. Possiamo solo sperare e pregare che questo spirito di preghiera e carità continui anche dopo la fine della pandemia. La missione e l'evangelizzazione ne usciranno così rafforzate” auspica p. Kaweesa. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/KENYA - Con l'aumento dei contagi per Covid 19, si aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili
 
Nairobi (Agenzia Fides) – L’emergenza sanitaria causata dal Covid 19 aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili. In prima linea per rispondere alle esigenze dei piccoli assistiti negli istituti di cura cattolici vi è l’Association of Sisterhoods Kenya (AOSK). Come Fides ha appreso dal programma Catholic Care for Children Kenya" (CCC-Kenya), sono emerse varie difficoltà come l’interruzione delle donazioni a favore delle case che si occupano di bambini, con la conseguente carenza di approvvigionamento di prodotti alimentari, dispositivi sanitari di protezione, acqua corrente e tutte le misure principali atte a contenere la diffusione del virus.
In un rapporto redatto dal suor Delvin Mukhwana, coordinatrice del programma CCC-Kenya, e inviato a Fides, emergono le diverse sfide affrontate dalle istituzioni cattoliche: la maggior parte delle case e le piccole istituzioni cristiane dipende da benefattori che attualmente non sono in grado di garantire le offerte necessarie.
L’AOSK, da parte sua, ha risposto a questa crisi inviando fondi ai vari istituti di assistenza all'infanzia (CCI) per sostenerli nell'acquisto di beni di prima necessità. In totale, hanno beneficiato di questo fondo 127 CCI che ospitano oltre 10.000 bambini e oltre 5000 beneficiari indiretti.
Suor Mildred Nekesa, amministratrice della Madre Ippolita Children's Home Ndithini, diocesi di Machakos, si è detta grata dell’enorme contributo dell’AOSK e ha sottolineato che, durante il momento più difficile della pandemia di Covid-19, l’Associazione ha sostenuto la loro CCI con fondi per acquistare cibo, sapone, disinfettanti, maschere per il viso e per fare fronte ad altre importanti esigenze dei bambini.
Secondo le informazioni del Ministero della Salute keniota, il 27 maggio il paese ha registrato 123 contagi, il più alto numero di casi di Coronavirus in un solo giorno e tre decessi in un colpo solo.
Attualmente il numero totale di contagiati all’interno del paese è 1471. Il Ministro Mutahi Kagwe ha specificato che dei 123 casi, 85 arrivano dalla Capitale, compreso lo slum di Mathare con 33 contagi e quello di Kibera con 14, più altri casi distribuiti in altre zone povere della città, ma anche in quartieri commerciali e popolosi. A Mombasa, e particolarmente nella Città Vecchia, altri 24 casi, mentre dopo più di due mesi viene segnalato un caso nella Contea di Kilifi. Il positivo più giovane ha un anno, quello più vecchio ne ha 76.
(AP) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/NIGER - Divelta la croce, simbolo della parrocchia di p. Maccalli
 

Niamey (Agenzia Fides) – E' stata divelta la croce simbolo della parrocchia di p. Pierluigi Maccalli, il missionario della Società delle Missioni Africane rapito nel settembre 2018. “Secondo le testimonianze raccolte, la croce di ferro era stata fissata nel 1995, anno della creazione della parrocchia. Si tratta della stessa dove è stato rapito P. Pierluigi Maccalli il mese di settembre del 2018. Portare via lui è stato anche divellere la croce dal territorio di Bomoanga, sperduto nella savana di confine, a metà del nulla” dice all’Agenzia Fides p. Mauro Armanino, confratello di p. Macalli.
“Sulla collina andavano in pellegrinaggio soprattutto per domandare la pioggia nei duri tempi della siccità di stagione. Pioveva a dirotto ogni volta, prima ancora che la preghiera finisse. Anche i musulmani del paesino invitavano i cristiani, vista l’efficacia ‘empirica’ della preghiera, ad andare sulla collina della croce a un paio di miglia dal villaggio. La croce, alta e in ferro, si vedeva dal villaggio, fino a due settimane fa” racconta p. Armanino.
“Venerdì 15 maggio uomini ignoti sono saliti attrezzati sulla collina e hanno divelto la croce, solidamente avvitata al cemento tramite bulloni a prova di ruggine. Hanno strappato la croce dal suo posto e l’hanno poi deposta su una pietra non lontano” afferma il missionario. “Si presume siano stati coloro che la stampa e la gente chiama i ‘jihadisti’, armati e a volte incappucciati che traversano e terrorizzano i cristiani e la gente dei villaggi della regione”. “All’inizio del mese - continua il missionario - loro o altri affiliati, hanno reso visita al capo villaggio ricordando i comandamenti guida della loro strategia: evitare di denunciarli alle forze governative, non tagliare alberi, evitare l’alcol e soprattutto rifiutare tutto ciò che non sia l’Islam”. “Questi sono i precetti che li accompagnano e che, grazie alle armi e all’abbandono delle Forze di Difesa e di Sicurezza, mantengono in uno stato costante di paura i contadini del posto e in particolare i cristiani. Questi ultimi, ormai da tempo, non si riuniscono più nella chiesa che Pierluigi aveva concepito e poi realizzato per loro e con loro. La paura li spinge a pregare nelle case e le porte della chiesa sono chiuse. La croce strappata è allora il simbolo di quanto si cerca di strappare ad ogni costo dal cuore della gente: la fede vissuta nel Vangelo che libera. I contadini sono pazienti e sanno bene che la croce è scritta sulla terra e nessuno potrà più portarla via” conclude p. Armanino. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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ASIA/BANGLADESH - Rilascio di detenuti per contenere il coronavirus: secondo la Chiesa è "un passo giusto"
 
Dhaka (Agenza Fides) - Dacca (Agenzia Fides) - “Accogliamo con favore la decisione del governo di rilasciare tremila detenuti. È un'iniziativa tempestiva. Molte persone, in carcere per reati minori o lievi, possono essere rilasciati in questa situazione di pandemia". Cosi afferma all'Agenzia Fides, Mons. Bejoy N. D’Cruze, Vescovo di Sylhet e presidente della Commissione episcopale per l'unità dei cristiani e il dialogo interreligioso, accogliendo con favore il passo annunciato dal governo bangladese di rilascire i detenuti con pena minore di un anno di reclusione, come misura per evitare il sovraffollamento e contenre il contagio da coronavirus. Dopo alcuni casi di positività per Covid-19 registrati in carcere, le autorità hanno disposto il rilascio graduale di oltre tremila detenuti, iniziando a liberare oltre 385 prigionieri.
“Ho visitato le carceri nei mesi scorsi. Gesù ci ha insegnato l'amore e la cura di quelli che sono in prigione. E' nostra missione prenderci cura di chi è dentro la prigione", nota il vescovo. La Commissione episcopale per "Giustizia e pace" ha una specifica pastorale dei detenuti . P. Liton Hubert Gomes, sacerdote di Santa Croce, incaricato di quel ministero pastorale , racconta ad Agenza Fides che il Bangladesh ha circa 90.000 detenuti mentre la capacità massima degli istituti di pena è 40.000. Circa anche 180 sono cristiani, 40 dei quali stranieri. “È importante provvedere alla sicurezza, in tempo di pandemia: il rilascio di prigionieri è una decisione giusta ", afferma a Fides.
La pastorale nelle carceri prevede visite periodiche, con incontri e doni per i prigionieri e speciali liturgie come la messa nelle festività di Natale e Pasqua Padre Liton osserva a Fides : “In Bangladesh ci sono migliaia di prigionieri condannati per piccoli reati, molti sono innocenti o molti sono prigionieri di coscienza, come politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani. Sarebbe bello e auspichiamo che venissero rilasciati 30mila detenuti".
(FC-PA) (Agenzia Fides, 28/05/2020) 
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ASIA/LAOS - Zero decessi da Covid-19, ma un impatto negativo su economia e turismo
 
Vientiane (Agenzia Fides) - Nel piccolo e isolato Laos, un paese con sette milioni di abitanti nel cuore settentrionale del Sudest asiatico e con un governo di tipo socialista, con un partito unico al potere, i numeri del coronavirus sono così bassi da destare stupore: al 27 maggio i casi positivi al Covid-19 risultavano solo 19 con zero decessi. Intanto due dei cinque pazienti affetti da Covid-19 all'ospedale Mittaphab di Vientiane sono risultati negativi al test e, se negativi per la seconda volta, potranno tornare a casa. Il “primato” del Laos, condiviso in Asia solo con Timor Est, Turkmenistan, Cambogia e Vietnam si osserva nonostante la vicinanza geografica con la Cina e l'enorme via vai di manodopera cinese in Laos: migliaia di operai cinesi sono impegnati a costruire la ferrovia veloce che deve collegare il Sud della Repubblica popolare a Singapore. Il tragitto, che oggi richiede giorni, entro qualche anno si potrà compiere in alcune ore.
Sebbene il Laos abbia reagito con prontezza ed efficacia isolando il virus prima che potesse colpire il fragile sistema sanitario nazionale, i suoi effetti si faranno comunque sentire in campo socio-economico: secondo il rapporto semestrale della Banca mondiale si prevede infatti che nel 2020 la crescita economica diminuirà almeno dell’1% o dell'1,8% nello scenario peggiore, e la pandemia aumenterà il disavanzo fiscale, con un aumento del debito. Lo shock avrà anche conseguenze anche sul mercato del lavoro e sulla povertà visto il forte calo nel settore del turismo che rappresenta l'11% dell'occupazione totale e il 22% nelle aree urbane.
Il Laos ha raggiunto una serie di obiettivi ambiziosi nello sviluppo grazie al piano di riforme di liberalizzazione del mercato (il “Chintanakhan Mai”) introdotto nel 1986. I livelli di povertà si sono dimezzati dal 46,0% del1993 al 23,3% del 2013 e la crescita del Pil è stata in media del 7,8% nell'ultimo decennio, con netti miglioramenti nel campo dell’istruzione e della salute. Nel 2018 i risultati di questa crescita, trainata principalmente dalle risorse naturali, dai settori energetici e dal turimo, hanno consentito al Laos di passare da Paese a basso reddito a medio-basso. Nel 2024 la nazione potrà essere formalmente rimossa dall'elenco dei Paesi “meno sviluppati”. Resta però un Paese con profonde difficoltà in zone geografiche isolate e in aree che sono ancora nella morsa di povertà, disoccupazione ed esclusione sociale. I segmenti socialmente più vulnerabili, come anziani, donne e bambini, pagano l’appartenenza a famiglie povere delle aree rurali remote il che è particolarmente vero per le famiglie di origine vietnamita o gli appartenenti a tribù montane, differenze etniche che hanno creato problemi con la maggioranza di etnia Lao.
(MG-PA) (Agenzia Fides 28/5/2020)

mercoledì 13 maggio 2015

Bollettino Fides News del 12 maggio 2015

AFRICA/COSTA D’AVORIO - I Vescovi esortano a “lavorare per la riconciliazione in vista delle elezioni”
Abidjan (Agenzia Fides) - Disarmo, riconciliazione degli animi, verità sul recente passato della Costa d’Avorio, giustizia equa, perdono, dialogo tra gli avversari politici e all’interno degli stessi partiti. Sono alcune delle indicazioni offerte dai Vescovi ivoriani nel messaggio pubblicato al termine della loro Assemblea, che si è conclusa il 10 maggio, in vista delle elezioni presidenziali di ottobre.
Nel loro messaggio, pervenuto all’Agenzia Fides, i Vescovi riconoscono i progressi effettuati dalla Costa d’Avorio in questi pochi anni trascorsi dalla fine della guerra civile, nel 2011. “Dopo la crisi nata dalle ultime elezioni, le nuove autorità del Paese, coscienti della frattura sociale, hanno optato per la riconciliazione dei figli e delle figlie del Paese”. Una politica che si è tradotta nella costituzione della Commissione Dialogo, Verità e Riconciliazione (CDVR), nell’avvio del disarmo e nell’inserimento nella società civile degli ex combattenti, e nel rientro dei profughi.
“Malgrado tutte questa azioni condotte in così poco tempo, si deve però costatare che molto rimane da fare” afferma il messaggio. In particolare la CDVR “è arrivata al termine del suo mandato senza aver superato la sfida della riconciliazione. È vero che i rancori, le tensioni, le frustrazioni, i traumi e la pratica della manipolazione etnica sono ancora presenti nel nostro Paese”.
“D'altra parte - continuano i Vescovi - il fronte sociale in ebollizione ci inquieta”. Per questo la Conferenza Episcopale incoraggia tutti a “creare le condizioni di una vera riconciliazione”.
Tra le indicazioni offerte dai Vescovi, si chiede ai giovani di essere vigilanti per non farsi strumentalizzare dai politici e ai giornalisti di evitare di “scrivere articoli incendiari che possono compromettere la fragile pace”. (L.M.) (Agenzia Fides 12/5/2015)
AFRICA/GHANA - “Giovani, rimanete in Africa, l’Europa non garantisce conforti e piaceri”: appello dei leader cristiani
Accra (Agenzia Fides) - “Siamo rattristati dalle notizie di così tanti migranti africani che periscono nei deserti dell’Africa settentrionale e nel Mediterraneo e facciamo appello agli Stati e ai governi africani perchè adottino delle misure preventive per frenare questa minaccia. Chiediamo con forza ai governi africani di fare tutto quello che possono per creare le necessarie condizioni socio-economiche e politiche e le opportunità di impiego per la nostra brulicante gioventù disoccupata. Incoraggiamo i giovani africani a rimanere nel loro Paese natale e a lavorare duramente per guadagnare il proprio pane quotidiano. Non devono credere che l’Europa e altri posti al di fuori dell’Africa garantiscano automaticamente conforti e piaceri”. Lo scrivono, in un messaggio congiunto, la Conferenza Episcopale del Ghana e il Christian Council of Ghana (CCG), al termine del loro incontro.
I leader cristiani del Ghana, nel testo pervenuto a Fides, si dichiarano “sorpresi dalla notizia che il Ghana è di fronte al rischio reale di cadere nella categoria dei Paesi altamente indebitati in difficoltà (High Debt Distress Countries, HDDC) del Fondo Monetario Internazionale sulla base dei prestiti eccessivi accesi dal Ghana, che sono stimati a circa 76 miliardi di Ghana Cedis (17.542 miliardi di Euro), a dicembre dello scorso anno”.
Quindi i leader cristiani scrivono: “facciamo appello al governo perché faccia tutto quello che può per salvare l’economia del nostro Paese”, affinché non ripiombi nella categoria degli HDDC, dalla quale era uscito da poco. Infine esprimono la speranza che gli emendamenti alle legge sulle entrate petrolifere porteranno maggiori benefici ai cittadini del Paese. (L.M.) (Agenzia Fides 12/5/2015)
AFRICA/EGITTO - Commenti positivi e polemiche sul caso dei cristiani etiopi liberati in Libia con l'intervento egiziano
Il Cairo (Agenzia Fides) – Il caso recente di 27 cristiani etiopi rapiti in Libia e liberati grazie al coinvolgimento decisivo degli apparati egiziani sta suscitando valutazioni positive intorno all'impegno profuso dal governo egiziano nell'operazione. Giovedì 7 maggio, è stato lo stesso Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ad accogliere all'aeroporto del Cairo i 24 etiopi liberati dopo che erano caduti nelle mani di gruppi jihadisti operanti in territorio libico. I media egiziani hanno confermato il coinvolgimento diretto degli apparati militari e di intelligence egiziana nella liberazione degli ostaggi, senza fornire dettagli sulle modalità dell'operazione e il livello dell'implicazione egiziana.
Il Presidente al-Sisi, durante l'accoglienza dei sequestrati liberati, si è limitato a dire che gli apparati egiziani “hanno fatto ogni sforzo” per “liberare e proteggere i nostri fratelli etiopi”. L'efficacia dell'intervento egiziano è stata apprezzata ed esaltata da commentatori e politici etiopi. Il Primo Ministro etiope Hailemariam Desalegn ha telefonato ad al-Sisi, esprimendogli riconoscenza per tutte le decisioni che mirano a “assicurare stabilità all'Egitto e ai Paesi arabi e africani la cui sicurezza legata a quella del Mar Rosso”. Mentre il professore e opinion maker Alemayehu G.Mariam ha pubblicamente polemizzato con le autorità etiopiche per lo scarso impegno adoperato nella tutela degli etiopi esposti in Libia alle violenze delle bande armate. (GV (Agenzia Fides 12/5/2015).
ASIA/LAOS - Il Vicario di Paksè: “Speriamo in un’unica celebrazione per i 17 martiri laotiani”
Paksè (Agenzia Fides) – “Siamo molto felici per il riconoscimento del martirio di padre Mario Borzaga, giovane missionario degli Oblati di Maria Immacolata, e del catechista laotiano Paul. Aspettiamo con trepidazione il buon esito anche della seconda causa di beatificazione, tuttora aperta, che riguarda altri 15 martiri, tra missionari e laici laotiani”: lo dice in un colloquio con l’Agenzia Fides, Sua Ecc. Mons. Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, Vicario Apostolico di Paksé, nel Sud del Laos, e responsabile dell’Ufficio dei martiri nella Conferenza episcopale di Laos e Cambogia (CELAC).
Il Vicario è appena rientrato in Laos da Phnom Penh: nella capitale cambogiana si è tenuta l’assemblea della Conferenza episcopale cui hanno preso parte i quattro Vescovi laotiani. Durante l’incontro è giunta da Roma la notizia del decreto di ricoscimento della Santa Sede del martirio di Borzaga e Paul, che ha generato “gioia, soddisfazione e speranza”, rimarca. “L’esperienza dell’incontro è sempre proficua, molto preziosa per noi Vescovi del Laos. Abbiamo condiviso questa bella notizia per la nostra Chiesa. Stiamo crescendo nella condivisione e nella collaborazione tra Vescovi” racconta il Vicario.
Sui martiri dice: “Vorremmo celebrarli tutti insieme. Tutti e 17 appartengono al Vicariato di Luang Prabang. Non sappiamo ancora come, dove e quando potremo celebrare la santa Messa di beatificazione. Certo sarà un evento di grande testimonianza cristiana che coinvolgerà tutta la Chiesa in Laos. Speriamo in un’unica celebrazione da tenersi in Laos. Desideriamo farla in Laos: sarebbe molto significativo per il piccolo gregge della nostra Chiesa. E credo potremo averne la possibilità, anche concordandola con le autorità civili”.
Il Vescovo riferisce come la Chiesa locale, pur vivendo in condizioni a tratti difficili, continua nel suo lavoro pastorale, confidando nell’aiuto della Provvidenza: e questo riconoscimento del martirio “è proprio un dono di Dio per la piccola Chiesa laotiana”, rimarca. (PA) (Agenzia Fides 12/5/2015)
ASIA/INDIA - Villaggio attaccato dagli estremisti indù: cristiani in fuga
Guwahati (Agenzia Fides) – I cristiani sono fuggiti da un villaggio nello stato di Assam, nel Nordest dell'India, dopo l’attacco di circa cento estremisti indù che hanno ferito 18 fedeli, tre dei quali gravemente. Tra i feriti gravi vi è una bambina di sette anni. I militanti, armati di spade, bastoni e pietre hanno attaccato nei giorni scorsi i cristiani nel villaggio di Amtola, nel distretto di Golpara.
“In questo momento non ci sono cristiani nel villaggio, tutti sono fuggiti” ha detto il Rev. David Boro, che si trova a Guwahati, capitale dello stato. “Le famiglie cristiane ora sono al sicuro, i feriti sono in ospedale”. Gli estremisti, prosegue “non accontentandosi dell’aggressione, hanno distrutto le abitazioni di queste famiglie cristiane”.
I fedeli sono preoccupati soprattutto per una bambina di sette anni, Pranita Rabha, che ha subito gravi lesioni al torace e al cranio, e che ora si trova in ospedale a Guwahati. “Gli aggressori non hanno risparmiato donne e bambini: li hanno picchiati senza pietà” riferiscono i fedeli.
Le ostilità contro i cristiani di una comunità protestante locale sono iniziate l'anno scorso e dal dicembre 2014 gli episodi di violenza contro i cristiani del villaggio sono stati cinque. Secondo i primi riscontri, gli anziani del villaggio hanno istigato i militanti indù contro i fedeli.
Secondo il rev. Vijayesh Lal, della “Evangelical Fellowship of India”, “la brutalità dell'incidente è stata scioccante. Il modo in cui i bambini sono stati malmenati mostra un alto livello di odio”. I cristiani nello stato di Assam sono circa il 3% della popolazione, a maggioranza tribale. (PA) (Agenzia Fides 12/5/2015)
ASIA/NEPAL - Distribuzione degli aiuti ai terremotati nelle zone più lontane
Kathmandu (Agenzia Fides) – La disorganizzazione nella distribuzione degli aiuti alle popolazioni gravemente colpite dal terremoto che vivono nelle zone più remote del Nepal, continua ad alimentare lo spirito di cooperazione di tanti che da ogni parte del mondo si sono messi in viaggio con l’unico obiettivo di aiutare questi fratelli abbandonati. Tra questi, alcuni cooperanti della ong Perigeo onlus sono partiti dall’Italia per una prima ricognizione degli aiuti necessari e della reale situazione di emergenza (vedi http://fidesorg.blogspot.it/2015/05/progetto-amici-dal-mondo-nepal.html).
“Arrivati a Kathmandu sabato 9 maggio, abbiamo trovato ritmi di vita ‘normali’ ma una grande disorganizzazione per la distribuzione degli aiuti e la localizzazione delle zone colpite” racconta all’Agenzia Fides il direttore strategico di Perigeo, Gianluca Frinchillucci, in viaggio con il suo collaboratore nepalese Samman Khatewoda. “La capitale del Paese è ‘viva’, continua, la gente è coinvolta e impegnatissima a collaborare, purtroppo la parte storica è andata completamente distrutta. Dopo una prima ricognizione, insieme a due nepalesi esperti conoscitori della zona e a due volontarie aggregatesi al team, giunte da Australia e America, abbiamo deciso di raggiungere il piccolo villaggio di Darme, a 5 ore di distanza da Kathmandu, nella valle del Trisuli” racconta Frinchillucci.
“Attraverso strade a dir poco dissestate, con un furgone abbiamo raggiunto Darme, popolato da un centinaio di abitanti ma andato completamente distrutto. Grazie alle indicazione di un rappresentante del piccolo villaggio abbiamo avuto una lista delle priorità e così abbiamo comprato acqua, teli, tende, riso, medicinali. A Baneshwor poi abbiamo visitato una scuola per bambini disabili per fortuna tutti sopravvissuti ma terrorizzati dalla grande distruzione che regna intorno a loro. Siamo riusciti a distribuire anche a loro tende per riparo” aggiunge il direttore strategico di Perigeo. Sulla strada di ritorno dal villaggio, a 18 km di distanza, il gruppo ha sostato a Nuwakot Durbar, sito storico in cui sorge il palazzo che fu dimora per circa venti anni del primo Re del Nepal, Prithvi Narayan Shah che nel 1768 unificò il Paese. Il terremoto ha lasciato evidenti segni anche sulla maestosa residenza del Re. (AP) (12/5/2015 Agenzia Fides)
ASIA/LIBANO - Partiti dei due blocchi sottoscrivono un documento di “Partenariato nazionale” proposto dalla Lega Maronita
Beirut (Agenzia Fides) - Otto Partiti libanesi, legati ad ambedue i blocchi che da anni dominano la scena politica nazionale e la paralizzano con le loro contrapposizioni, hanno accettato di sottoscrivere un documento intitolato “Partenariato nazionale per rafforzare lo stato e contrastare il terrorismo” predisposto e proposto su iniziativa della Commissione politica della Lega Maronita come base per rilanciare il dialogo politico e riattivare le istituzioni paralizzate dalle contrapposizioni e dei veti reciproci. Tra i sottoscrittori del documento figurano anche i rappresentanti del Partito sciita Hezbollah, quelli delle Forze Libanesi, del Partito Futuro e della Corrente Patriottica Libera. Il documento è stato presentato la sera di sabato 9 maggio in una conferenza organizzata all'Hotel Metropolitan di Beirut, dove gli intervenuti hanno anche riferito che il testo verrà presto sottoposto all'attenzione del Patriarca maronita Bechara Boutros Rai.
“Noi, rappresentanti dei Partiti politici citati” si legge nel testo del documento, pervenuto all'Agenzia Fides “affermiamo la nostra appartenenza a un Libano unito e pluralista, e ribadiamo la nostra adesione al partenariato previsto nel documento di intesa nazionale (…) e al rispetto reciproco tra i cittadini, qualsiasi siano le loro differenze religiose, culturali e politiche”. La condivisione di questo terreno comune – sottolinea il documento - “è la via giusta per proteggere il Libano dall'ondata di estremismo e di fanatismo violento che deforma le religioni e colpisce certi Paesi e società, tra cui alcune società arabe”. Nell'incontro, il ministro della Cultura Rony Araigi, rappresentante del Movimento al-Marada, ha fatto riferimento a difficoltà e sofferenze patite in Medioriente dai cristiani, indicandoli come le prime vittime del “caos creativo” perseguito da potenze globali e regionali per ridisegnare a proprio vantaggio gli scenari e i rapporti di forza nell'area m ediorientale. (GV) (Agenzia Fides 12/5/2015).
AMERICA/STATI UNITI - Il sistema migratorio è diventato una “industria disumana” denunciano i Vescovi
Washington (Agenzia Fides) – La Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) ha denunciato attraverso un rapporto appena pubblicato, che il sistema dei centri di detenzione degli immigrati negli Stati Uniti è diventato una "industria disumana", e ha chiesto ampie e urgenti riforme. Dal 1994 al 2013 si è passati da una popolazione media giornaliera di detenuti pari a 6.785 immigrati irregolari a 34.260, per un totale rispettivamente di 85.000 e 440.000 detenuti all’anno.
"E' il momento per la nostra nazione di riformare questo sistema disumano, che detiene inutilmente la gente, particolarmente le persone vulnerabili che non sono una minaccia" ha detto nella presentazione del rapporto il Vescovo ausiliare di Seattle, Sua Ecc. Mons. Eusebio Elizondo, che è Presidente della Commissione episcopale per le migrazioni.
Lo studio della USCCB mostra che la crescita dei centri di detenzione ha provocato un sistema che crea "disallineamenti, famiglie spezzate, violazioni dei diritti umani, petizioni legali abbandonate e minor prestigio nazionale". "Per molti aspetti, i detenuti immigrati sono trattati meno bene in confronto agli imputati criminali" conclude la relazione intitolata “Unlocking Human Dignity: A Plan to Transform the U.S. Immigrant Detention System”.
Secondo le norme del Department of Homeland Security (DHS), i detenuti immigrati non vengono rilasciati neanche quando c'è la possibilità di porli sotto stretta sorveglianza, si legge nel rapporto.
(CE) (Agenzia Fides, 12/05/2015)
AMERICA/PERU’ - I Vescovi chiedono azione urgente e dialogo, “mai più violenza” per il caso Tia Maria
Lima (Agenzia Fides) – Sono ormai trascorsi 50 giorni da quando sono iniziate le proteste a Islay, paese vicino ad Arequipa, circa 800 km a sud della capitale peruviana, contro il progetto di estrazione della Southern Copper, e governo e manifestanti non riescono a raggiungere un accordo, anzi, ci sono stati altri scontri con vittime e feriti. “Le proteste contro il progetto minerario ‘Tia Maria’ continuano!" gridano i rappresentanti del gruppo che manifesta e gli abitanti di Islay, zona militarizzata dallo scorso fine settimana.
Di fronte a questa situazione, la Conferenza Episcopale Peruviana chiede “una profonda riflessione che porti ad un’azione urgente in difesa della vita, della costruzione della pace e della giustizia”. Nel documento, pervenuto all’Agenzia Fides, i Vescovi affermano: “Siamo consapevoli dell’importanza di un progetto come quello di Tía María, perché implica investimenti di alto livello per l’economia della regione, con la conseguente creazione di posti di lavoro, opere di infrastrutture, insieme al contributo alle risorse pubbliche e quindi a favore della qualità della vita”.
Dal momento che per la maggior parte la zona è agricola, i Vescovi ribadiscono che “l’agricoltura va protetta, perché aiuta l’alimentazione, migliora l’economia delle famiglie”. Come tutti sanno, per favorire le coltivazioni “è necessario tutelare le acque, sia di superficie che del sottosuolo, insieme alla qualità dell’aria e della terra, elementi essenziali per raggiungere i necessari livelli di produttività”. Quindi "è assolutamente necessario il dialogo, con la buona volontà di tutte le parti in causa, che devono partecipare al ristabilimento della pace” concludono i Vescovi, esortando ““Mai più vittime! Mai più violenza!".
Il conflitto denominato "Tia Maria" si trascina da quasi 6 anni, e ha causato ormai 5 morti, se aggiungiamo gli ultimi due di questi ultimi giorni: un poliziotto e un operaio che manifestava.
(CE) (Agenzia Fides, 12/05/2015)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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