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martedì 22 agosto 2023

Agenzia Fides 22 agosto 2023

 

AFRICA/NIGER - Ancora stallo diplomatico ma si moltiplicano i “no” dei Vescovi africani all’intervento militare
 
Niamey (Agenzia Fides) - La Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS), ha respinto la proposta della giunta militare del Niger di tenere elezioni entro tre anni. Prosegue dunque il braccio di ferro tra i golpisti nigerini che hanno preso il potere il 26 luglio e alcuni degli Stati aderenti alla CEDEAO/ECOWAS che potrebbero decidere per un intervento militare per riportare al potere il Presidente Mohamed Bazoum. Mali, Burkina Faso e Guinea, Stati aderenti alla Comunità ma sospesi perché governati da giunte golpiste, hanno dichiarato solidarietà ai putschisti nigerini, mentre all’interno degli stessi Paesi che hanno minacciato un intervento militare si levano le voci di chi chiede di risolvere la crisi con il dialogo e non con la forza.
In Nigeria i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan al termine della loro Assemblea hanno rivolto un appello al Presidente nigeriano Bola Tinubu (uno dei maggiori sostenitori dell’operazione militare) ricordando che “ l’intervento militare proposto dai leader della ECOWAS per ripristinare la democrazia in Niger è molto impopolare in Nigeria”. “I nigeriani sono favorevoli alla negoziazione e ad altri mezzi non militari, e il presidente Bola Tinubu, che è innanzitutto presidente della Nigeria, deve ascoltare i nigeriani prima di chiunque altro” affermano i Vescovi. “Chiediamo quindi al Presidente e all’Assemblea nazionale di evitare di coinvolgere la Nigeria nel conflitto armato in Niger poiché abbiamo già tante sfide da affrontare come nazione”.
In Benin la locale Conferenza Episcopale ha chiesto che siano tolte le sanzioni economiche decretate contro il Niger dopo il golpe dalla CEDEAO/ECOWAS, definite “di una durezza inedita” che colpiscono “una popolazione già in forte sofferenza a causa del dramma della povertà e della miseria”. I Vescovi del Benin chiedono di togliere le sanzioni o quantomeno una loro revisione “in nome dell’etica, della solidarietà africana e della nostra comune umanità”, e auspicano di risolvere la crisi per via diplomatica. A tal fine il 15 agosto in occasione della celebrazione della Solennità dell'Assunzione della Vergine Maria, Regina della Pace, i Vescovi hanno esortato i sacerdoti a celebrare in tutte le parrocchie la Messa per la pace in Niger e nella sub-regione,. Inoltre, il 18 agosto 2023, tutti i fedeli cattolici e le persone di buona volontà sono stati chiamati a osservare una giornata di digiuno e preghiera per la stessa intenzione.
Anche in Togo la Conferenza Episcopale si è espressa per la revoca delle sanzioni al Niger e la prosecuzione del dialogo.
In precedenza si erano espresse a favore del dialogo e a scapito dell’intervento militare le Conferenze Episcopali della Nigeria e di Niger e Burkina Faso (vedi Fides 7/8/2023) e la Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale (RECOWA/CERAO, vedi Fides 10/8/2023). (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - “Giustizia e Pace” avvia un'azione collettiva a favore dei minatori colpiti da malattie legate all’estrazione del carbone
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – “Molto spesso i lavoratori non hanno i mezzi per fare ricorso legale nei confronti delle grandi aziende che hanno enormi risorse a loro disposizione” afferma il Cardinale eletto Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo, nel spiegare perché la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica dell'Africa meridionale (SACBC), ha intentato un'azione legale contro alcune società minerarie.
Il ricorso presentato presso l'Alta Corte del Sud Africa, Divisione locale di Gauteng, mira a risarcire i minatori che hanno contratto la malattia polmonare dovuta alla polvere di carbone sotto forma di pneumoconiosi e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Oltre ai lavoratori ancora in servizio la causa è portata avanti a beneficio di quelli in pensione o che si sono dimessi e dei familiari dei minatori morti per le malattia causate dalla polvere di carbone.
“Molto spesso gli ex lavoratori delle miniere non sono più membri dei sindacati e, quindi, non hanno i mezzi e la capacità di ricorrere legalmente contro le grandi aziende responsabili delle loro malattie polmonari” sottolinea l’Arcivescovo di Città del Capo. “Spetta quindi alla Chiesa prestare assistenza, dove possibile, affinché i diritti dei più vulnerabili siano rispettati e affinché possano accedere al risarcimento loro dovuto per legge. Molte aziende sono disponibili a risolvere tali casi, ma in alcuni casi è necessaria un’azione legale”.
“La polvere delle miniere di carbone può causare ai minatori lo sviluppo di malattie polmonari tra cui pneumoconiosi e BPCO… Nonostante conoscessero i rischi per i minatori, gli associati dell’industria mineraria del carbone non sono riusciti a fornire ai propri lavoratori formazione, attrezzature, e un ambiente di lavoro sicuro” afferma il ricorso collettivo che se accolto potrebbe aprire la strada ad altre azioni legali da parte di minatori colpiti da malattie legate al carbone.
Il carbone è un pilastro dell’economia del Sudafrica, dà lavoro a quasi 100.000 persone e rappresenta l’80% della produzione di elettricità. (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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ASIA/PAKISTAN - L'Arcivescovo di Lahore, capi musulmani e il Primo Ministro del Pakistan visitano le famiglie cristiane colpite dalla violenza
 
Faisalabad (Agenzia Fides) - In momenti di sofferenza il contatto umano, un abbraccio, un sorriso e parole di consolazione hanno un valore altissimo. Con questa convinzione l’Arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw si è recato a Jaranwala, città del Punjab pakistano dove il 16 agosto è avvenuta l'ondata di violenza sui cristiani, a causa di una presunta accusa blasfemia. L’Arcivescovo ha visitato le famiglie, ha pregato con loro, ha ascoltato e consolato. Dopo che ne giorni scorsi sono stati sui luoghi il Vescovo di Faisalabad, mons. Indrias Rehmat - che ha celebrato la messa nel quartiere devastato (vedi Fides 2178/2023) - e la delegazione della Commissione episcopale “Giustizia e pace”, guidata da Mons. Joseph Arshad, anche l’Arcivescovo Shaw ha voluto recarsi in loco per prendere visione personalmente della situazione, ha voluto portare la sua solidarietà, incontrare le famiglie di sfollati, fermarsi con loro e ascoltare le loro esigenze, leggere Vangelo insieme con loro, per trarre dalla Parola di Dio conforto e speranza. La visita ha avuto un tratto particolare e un segno speciale: l'Arcivescovo è giunto in compagnia di alcuni leader musulmani che, fin dall'inizio, hanno condannato la violenza e hanno voluto esserci per offrire la loro solidarietà e la loro comune preghiera.
"Quello che abbiamo visto è devastazione terribile, ci ha suscitato emozione e commozione. Le persone sono scioccate e disperate, senza più nulla. Sta a noi portare un briciolo di consolazione, facendoci testimoni dell'amore di Gesù. C'è bisogno di vicinanza umana, di assistenza psicologica e materiale, e stiamo organizzando tutti gli aiuti possibili tramite la Caritas e anche grazie a volontari e a diverse congregazioni religiose. Ho detto ai cristiani che non sono soli in questa sofferenza, Gesù è accanto a loro e noi siamo con loro, ci interessiamo e ci prenderemo cura di loro", ha rimarcato mons. Shaw.
La comunità di Jaranwala, in una assemblea di fedeli di diverse confessioni e di cittadini musulmani, ha accolto anche la visita di Anwar ul Haq, Primo Ministro ad interim del Pakistan. Come segno di attenzione delle istituzioni, il Primo Ministro ha voluto portare di persona, a nome del governo federale, solidarietà alle vittime. In un discorso cui i mass-media pakistani hanno dato ampia diffusione, Anwar ul Haq ha ricordato che “la comunità cristiana ha avuto un ruolo importante nella creazione de Pakistan" ed è parte integrante della nazione, aggiungendo che “è responsabilità di ogni musulmano proteggere le comunità minoritarie”.
Il Primo Ministro ha aggiunto: “Non stiamo perseguendo i nemici delle minoranze solo per obbligo, ma per convinzione. Come seguaci del fondatore della patria Ali Jinnah e come seguaci del Profeta Maometto, agiamo secondo la legge e la Costituzione del Pakistan, che ci incoraggia e ci obbliga a rispondere a questa atrocità. Non daremo un facile condono ai persecutori. Se qualcuno perseguita una qualsiasi comunità, la giustizia lo raggiungerà”. “Fratelli e sorelle – ha detto il Primo Ministro rivolgendosi ai cristiani – siamo con voi, saremo la voce dei senza voce. Faremo rispettare la legge e troverete lo stato e la società accanto a voi non solo verbalmente, ma con gesti tangibili e significativi”. Anwar ul Haq ha quindi distribuito assegni per 2 milioni di rupie ciascuno ai cristiani cristiana le cui case sono state distrutte durante le violenze.
Sul piano del dialogo interreligioso, considerato una via importante per rafforzare le relazioni e costruire una cultura della pace e della convivenza, l'associazione internazionale "Religions for Peace" ha rivolto un appello a “partner ecumenici e interreligiosi in tutto il mondo per dire ‘no’ a ogni forma di violenza e oppressione, e continuare la pregare e a costruire la giustizia e la pace in Pakistan”.
Anche tra i pakistani in diaspora, è forte la solidarietà verso le comunità cristiane colpite: "Questo incidente scioccante ha scosso i cuori delle persone in tutto il mondo, evidenziando l’urgente necessità di unità, comprensione e tolleranza religiosa", rimarca l'associazione “Voice of The Voiceless international” (VOV) , formata da pakistani all’estero. "In questo momento di dolore e angoscia, esprimiamo la nostra più profonda vicinanza alla comunità cristiana pakistana. Ci appelliamo a tutti gli individui, le comunità internazionali e i leader perchè ci si schieri uniti contro l’odio, la violenza e l’intolleranza e perchè si possa promuovere e vivere in Pakistan in un ambiente in cui tutte le fedi siano rispettate e valorizzate".
(PA) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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lunedì 12 dicembre 2022

Fides News 12 dicembre 2022

AFRICA/NIGERIA - Assalti ai cantieri stradali nello Stato di Imo. Il Vescovo di Okigwe si chiede chi abbia interesse a bloccare lo sviluppo dell’area
 
Abuja (Agenzia Fides) –Il Vescovo di Okigwe, Mons. Solomon Amanchukwu Amatu si è rammaricato per gli assalti all'impresa edile che lavora al potenziamento delle strade Owerri-Umuahia e Owerri-Okigwe, nello Stato di Imo, nel sud-est della Nigeria. Nel corso dell’omelia della messa di domenica 11 dicembre, l’Ordinario di Okigwe si è chiesto chi abbia l’interesse a bloccare i lavori di un progetto che mira a contribuire allo sviluppo dello Stato di Imo.
Tra il 9 e l’11 dicembre bande armate hanno ucciso due poliziotti e un ufficiale dell'esercito che assicuravano sicurezza ai lavoratori edili lungo la strada Owerri-Okiigwe e la strada Owerri Umuahia. Nel corso dell’assalto alla strada Owerri-Okiigwe, gli assalitori, giunti a bordo di tre veicoli, hanno aperto il fuoco e ucciso due persone incaricate della sicurezza per poi rapire due operai, che operavano per conto dell’azienda incaricata del potenziamento della via di comunicazione.
I due uomini sono stati liberati oggi, 12 dicembre. In una dichiarazione le autorità dello Stato di Imo affermano che le vittime del rapimento hanno riconquistato la libertà grazie a uno sforzo congiunto delle forze di sicurezza.
Il potenziamento della rete stradale dello Stato di Imo è al centro della politica di sviluppo avviata dal governatore Hope Uzodinma. Oltre al miglioramento delle strade esistenti, ad aprile il governatore ha annunciato la costruzione di 10 nuove strade per collegare diverse aree, rurali e non, nello Stato di Imo.
Mons. Amatu ha elogiato il miglioramento delle infrastrutture stradali che, a suo dire, hanno reso "facilitato e reso più rapidi i movimenti nello Stato". Il Vescovo ha espresso l'apprezzamento della comunità della diocesi di Okigwe per la ricostruzione della strada Owerri-Okigwe, in particolare per il completamento della prima fase della superstrada di 56 chilometri, già commissionata dal Presidente Muhammadu Buhari, affermando che ha reso la vita più agevole per gli abitanti delle zone rurali.
Gli assalti ai cantieri stradali in uno Stato come quello di Imo inquadrati nelle tensioni crescenti in vista delle elezioni presidenziali e politiche del prossimo anno.
Dalla fine del 2020 nello Stato si susseguono attacchi da parte di "uomini armati sconosciuti" inizialmente concentrati prevalentemente contro agenti delle forze di sicurezza tra cui polizia, esercito, dogana, protezione civile e DSS (il servizio di sicurezza). Gli attacchi si sono poi estesi a funzionari governativi e della Commissione elettorale nazionale indipendente (INEC) e a leader religiosi, politici e comuni cittadini.
(L.M.) (Agenzia Fides 12/12/2022)
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ASIA/PAKISTAN - "Conversione senza consenso": una piaga per la società pakistana
 
Karachi (Agenzia Fides) - "Conversion senza consenso" (“Conversion without Consent”): così si intitola il rapporto presentato ieri, 11 dicembre, dalla Ong pakistana "Voice for Justice" in collaborazione con la Ong internazionale "Jubilee Campaign". Nel rapporto, inviato all'Agenzia Fides, si prendono in considerazione 100 casi di rapimenti, conversioni religiose forzate, matrimoni forzati e precoci di ragazze e donne appartenenti alla comunità cristiana in tutto il Pakistan, avvenuti nel periodo di tempo tra gennaio 2019 e ottobre 2022. Secondo i dati, l'anno 2021 ha registrato 42 casi e ha mostrato un aumento del numero di casi formalmente segnalati nel 2019 (erano 27 casi) e nel 2020 (12 casi). I dati mostrano che il numero più alto di casi totali, l'86%, è segnalato nella sola provincia del Punjab.
Il presidente di "Voice for Justice", Joseph Jansen, affermato che "è comune sfruttare una posizione di potere per invogliare le persone emarginate a convertirsi, il che equivale a coercizione". Il diritto alla libertà religiosa non protegge dal "proselitismo improprio", ovvero l'offerta di vantaggi materiali o sociali o l'applicazione di pressioni improprie al fine di ottenere nuovi aderenti, un fenomeno che tocca i cittadini e le ragazze più vulnerabili.
"Il fenomeno delle conversioni forzate rivela l'incapacità dello stato di attuare e far rispettare le leggi esistenti che mirano a ostacolare i rapimenti, i matrimoni precoci e il matrimonio forzato, specialmente quando le vittime provengono da comunità di minoranze religiose", ha aggiunto. A tal fine non si devono lasciar cadere le denunce di conversioni religiose forzate, ma introdurre una legge per punirle e prevenirle, in conformità con gli standard dei diritti umani
Il rapporto “Conversione senza consenso” include in particolare i casi di alcune minorenni cristiane come Zarvia Parvaiz, Saba Nadeem, Chashman Kanwal e Sunaina James, vittime di conversioni di fede forzate. Zarvia Parvaiz ha rivelato di essere ststa “pesantemente drogata, violentata, picchiata con un bastone, bruciata con le sigarette". Allo stesso modo, Saba Nadeem ha testimoniato che “è stata rapita e violentata, e l'autore ha preso l'impronta del suo pollice sul certificato di matrimonio e conversione contro il suo libero arbitrio". Tali storie testimoniano il trattamento disumano a cui sono sottoposte le ragazze e le donne rapite, nell'impunità generale. Il rapporto mostra che il 61% delle ragazze è stato preso di mira prima di raggiungere i 16 anni di età, ma spesso la loro età viene falsificata per evitare la condanna penale ai rapitori.
In Pakistan "sono necessarie misure legali e amministrative per rafforzare lo stato di diritto, affrontare le violazioni dei diritti umani, contrastare l'impunità e garantire le libertà fondamentali per tutti senza discriminazioni", osserva Mons. Indrias Rehmat, Vescovo cattolico di Faisalabad. Di fronte a recenti casi di cronaca che vedono tuttora la violazione della dignità umana e l'abuso di diritti fondamentali, il Vescovo,ricordato che "l'intolleranza verso qualsiasi gruppo sociale o comunità danneggia tutta la società e mina i valori universali di uguaglianza e dignità umana". La recente Giornata Internazionale dei Diritti Umani, vissuta il 10 dicembre per la commemorazione della 74a Dichiarazione Universale Onu dei Diritti dell'Uomo - sottolinea mons. Rehmat in una nota inviata a Fides - deve far riflettere sull'impegno comune in Pakistan a promuovere coesione sociale: "Gli opinionisti, compresi i leader religiosi e gli insegnanti, devono adottare narrazioni positive per contrastare l'intolleranza, l'incitamento all'odio e la violenza, promuovendo tra i bambini e i giovnai il rispetto per la diversità all'interno e tra i loro rispettive comunità", afferma.
In occasione della Giornata, "Voice for Justice" ha organizzato a Karachi una conferenza dal titolo “Dignità, libertà e giustizia per tutti”. Prendendo parte all'incontro, Shazia George, ex membro della Commissione del Punjab sullo status delle donne, ha ricordato alcuni dati tratti dal Rapporto globale sul divario di genere 2022, pubblicato dal "World Economic Forum": su 146 paesi presi in considerazione, il Pakistan è classificato al 145° posto nella partecipazione economica delle donne, al 135° nel livello di istruzione, al 143° per la salute e sopravvivenza delle donne e al 95° nella loro emancipazione politica. La donna ha affermato che in Pakistan persistono matrimoni precoci e forzati che hanno effetti dannosi sull'istruzione, la salute e lo sviluppo delle ragazze: "Il governo - ha auspicato - dovrebbe approvare un disegno di legge per garantire che l'età minima per il matrimonio sia fissata a 18 anni sia per i ragazzi che per le ragazze, come nella provincia del Sindh, e il matrimonio di figli minorenni sia dichiarato legalmente inammissibile". La George chiede maggiore impegno per eliminare gravi forme di discriminazione nella vita sociale, economica e pubblica e promuovere lo sviluppo socioeconomico e la partecipazione politica dei gruppi emarginati.
Secondo dati della Commissione del Punjab sullo status delle donne, si registra, a livello generale, un aumento della violenza contro le donne: sono 9.734 casi segnalati nel 2021 nella provincia del Punjab, tra i quali 4.598 casi di stupro, 1.415 casi di violenza domestica, 34 ustioni con acido e 197 omicidi per "delitto d'onore". La violenza sulle donne, con il pretesto di conversioni di fede e matrimoni, non viene controllata e rappresenta una seria minaccia per il diritto alla libertà religiosa, nota la Commissione.
(PA) (Agenzia Fides 12/12/2022)
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ASIA/IRAQ - L’ex seminario accoglierà i rifugiati cristiani “sfrattati” dal “campo profughi della Vergine Maria”
 
Baghdad (Agenzia Fides) – Le strutture dell’ex seminario caldeo situato a Dora, sobborgo di Baghdad, sono state restaurate in tempi brevi per ospitare gli sfollati cristiani provenienti da Mosul e dalla Piana di Ninive che finora avevano trovato rifugio nella Capitale irachena, occupando i campo profughi che la pèopolazione aveva cominciato a chiamare “Campo della Vergine Maria”. E’ questa la soluzione pratica escogitata dal Patriarcato caldeo per affrontare una emergenza che richiama in tanti suoi dettagli e implicazioni le fatiche e le sofferenze attraversate dalle comunità cristiane irachene negli ultimi due decenni.
Le famiglie che troveranno ospitalità nella struttura risistemata per volontà del Patriarcato caldeo (vedi Fides 15/10/2022) erano dovute fuggire nel 2014 dal Mosul e dalle città della Piana di Ninive, nel nord dell’Iraq. Avevano abbandonato le loro case e tutti i loro beni davanti all’avanzata delle milizie jihadiste del sedicente Stato Islamico (Daesh). Avevano trovato rifugio a Baghdad, dentro e intorno a un edificio nel quartiere di Zayouna, in quello che da quel momento era divenuto noto come il Campo profughi “della Vergine Maria”. A sfrattarli dalla loro precaria sistemazione residenziale sono stati gli appetiti commerciali d imprenditori e i piani di sviluppo urbano della Capitale irachena. Le 120 famiglie cristiane, nei mesi scorsi, avevano ricevuto l’ordine di evacuare il complesso che li ospitava, collocato su un tereno demaniale. L’ordine era arrivato dalla Direzione degli investimenti di Baghdad. La giustificazione della disposizione faceva riferimento al fatto che in quell’area dovrà sorgere un centro commerciale.
Nelle prima metà di ottobre, il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako aveva visitato il complesso della Vergine Maria per manifestare vicinanza alle famiglie di sfollati e farsi carico delle loro preoccupazioni.
La soluzione trovata è stata quella di risistemare a aprire ai profughi cristiani le strutture dell’ex seminario caldeo, ubicato nella zona conosciuta come “Makanik” a Dora, sobborgo meridionale di Baghdad. Quella struttura dismessa già un decennio fa aveva accolto sfollati provenienti da altre città. Attualmente, una parte delle famiglie lì ospitate sono emigrate o sono tornate alle loro case d’origine, e una parte delle strutture versava in stato di abbandono. Negli ultimi mesi, un’opera straordinaria di recupero e manutenzione realizzata anche grazie al contributo dell’ingegnere Jinan Khader ha consentito di predisporre il complesso all’accoglienza delle famiglie “sfrattate” dal Campo profughi della Vergine Maria. I lavori di recupero e restauro – riferiscono i mezzi di comunicazione del Patriarcato caldeo – hanno interessato anche la chiesa dell’ex seminario.
Nel sobborgo di Dora, prima dell’intervento militare USA in Iraq del 2003, vivevano almeno 150mila cristiani, perlopiù appartenenti alla Chiesa caldea e alla Chiesa assira d’Oriente.
Il seminario maggiore caldeo nel gennaio 2007 fu trasferito per ragioni di sicurezza da Baghdad ad Ankawa, sobborgo di Erbil, capoluogo del Kurdistan Iracheno. Negli ultimi quindici anni si è registrato un impressionante esodo della popolazione cristiana di Dora.
(GV) (Agenzia Fides 12/12/2022)
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AMERICA/COLOMBIA - Conclusa la prima fase dei colloqui di pace governo-Eln, la Chiesa colombiana “accompagnatore permanente”
 
Bogotà (Agenzia Fides) – La Chiesa cattolica della Colombia ha accolto l’invito a partecipare come “accompagnatore permanente” nei colloqui di pace tra il governo colombiano e i guerriglieri dell'Esercito di liberazione nazionale (ELN), che si stanno svolgendo a Caracas (vedi Fides 21/11/2022;28/11/2022). Ieri, 11 dicembre, è stata resa pubblica la lettera firmata dal Presidente della Conferenza episcopale colombiana, l’Arcivescovo di Bogotà Mons. Luis José Rueda, in data 2 dicembre, indirizzata ai rappresentanti del Governo colombiano e dell’ELN ai colloqui di pace, in cui afferma: “La Conferenza Episcopale accoglie con gratitudine e responsabilità l'invito a partecipare in qualità di accompagnatore permanente al Tavolo di Dialogo attraverso la rappresentanza dell'illustre Monsignor Héctor Fabio Henao, che con la sua esperienza e saggezza, accompagnato dalla nostra preghiera, collaborerà per quanto viene richiesto per consolidare questo processo così desiderato per il bene del nostro paese”.
Secondo i colloqui intercorsi, la Conferenza Episcopale ha designato anche due Arcivescovi, l’Arcivescovo di Popayán, Ómar Alberto Sánchez Cubillos, e l’Arcivescovo di Cali, Darío de Jesús Monsalve Mejía, perché siano “più immediatamente attenti a sostenere questi processi del Tavolo di dialogo”. La lettera del Presidente della Conferenza episcopale si conclude con questo auspicio: “La Chiesa esprime alle parti i migliori auguri affinché, cercando faticosamente le vie necessarie, le percorrano con impegno alla ricerca della pace, quindi lavorino per il perdono e per la riconciliazione, e per essere artigiani della pace”.
Monsignor Héctor Fabio Henao, in 25 anni trascorsi come Direttore del Segretariato nazionale di Pastorale Sociale/Caritas Colombia, si è occupato principalmente di diritti umani, democrazia, pace, giustizia sociale, crisi umanitarie. Ha partecipato a diversi processi di pace, promuovendo una pace negoziata e la necessità di riparazione per le vittime dei conflitti. Attualmente è il Delegato della Conferenza Episcopale Colombiana per i rapporti con lo Stato.
Secondo le informazioni raccolte da Fides, i rappresentanti del governo colombiano e quelli dell’ELN hanno concluso una prima fase dei colloqui di pace che erano iniziati il 21 novembre, a Caracas. I negoziati si erano interrotti nel 2018, quando si svolgevano a Cuba, per decisione dell’allora presidente della Colombia, Ivan Duque. Il Venezuela è uno dei tre paesi, insieme a Cuba e alla Norvegia, garanti degli accordi, e riveste un ruolo di particolare importanza per la sua vicinanza con la Colombia e la forte presenza dell’ELN nelle zone di frontiera. In questa prima fase di colloqui, sono stati invitati a far parte del negoziato come “garanti” altri tre paesi (Cile, Brasile e Messico) che si aggiungono ai tre precedenti, e ad assumere il ruolo di “paesi accompagnatori” Stati Uniti, Spagna, Germania, Svizzera e Svezia, con l’invio da parte degli Stati Uniti di un “inviato speciale” che partecipi ai lavori.
L'Esercito di liberazione nazionale (Eln) è una formazione di guerriglia di ispirazione marxista-leninista, tra le principali responsabili del conflitto interno che insanguina la Colombia dal 1964. Dopo l’accordo di pace sottoscritto il 12 novembre 2016 tra le Farc (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia), anch’esse di ispirazione marxista-leninista, con il governo colombiano, e la deposizione delle armi, l’Eln è rimasta la rete militare armata più potente del paese, forte di circa 2.000 effettivi, secondo fonti del governo.
(SL) (Agenzia Fides 12/12/2022)

lunedì 29 agosto 2022

Vatican News 18 agosto 2022

Vatican News

Le notizie del giorno

28/08/2022

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mercoledì 15 dicembre 2021

Agenzia fides Newsletter completa 15 dicembre 2021

 

EUROPA/ITALIA - I corridoi umanitari dall’Afghanistan, una via per salvare vite
 
Trento (Agenzia Fides) - Le organizzazioni cristiane impegnate in Italia con aiuti umanitari, progetti di sviluppo e accoglienza, mettono a servizio le proprie risorse, le competenze e la “passione per l’umanità” che le caratterizza, per attivare i corridoi umanitari, esperienza che permetterà di accogliere in Italia profughi afghani. E lo fanno, come riferito all’Agenzia Fides, chiedendo che le istituzioni diano un valido supporto, e possano sbloccare le procedure per avviare concretamente il programma, nella certezza di fondo che “chi salva una vita, salva il mondo intero”, come recita la nota frase del Talmud.
Il Protocollo d’Intesa siglato con il Governo italiano il 4 novembre scorso, prevede l’attivazione di un canale di ingresso legale in Italia, per cittadini afghani bisognosi di protezione internazionale, provenienti da campi profughi in Pakistan, Iran o altri paesi di primo asilo o di transito. Saranno 1.200 le persone accolte in due anni (con un possibile ampliamento), trasferite tramite voli organizzati dal governo italiano.
Tra le organizzazioni firmatarie vi sono la Caritas Italiana, la Federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese, la Comunità di Sant'Egidio, l’Arci. Nel convegno dal titolo “Afghanistan, il futuro negato”, tenutosi a Trento il 14 dicembre, le organizzazioni hanno messo in luce la bontà dell'iniziativa che vede una collaborazione tra governo italiano e società civile, sottolineando il valore di un modello, quello dei corridoi umanitari. “Il modello funziona e porta frutto – si è notato - soprattutto perché va ben oltre il semplice trasferimento, l’evacuazione, o il resettlement. Esso presuppone l’attenta preparazione della rete di accoglienza, nel contesto e nei territori che ospiteranno le persone accolte, tenendo conto della tipologie e delle specifiche esigenze quanti si trovano catapultati in una altra nazione”. Tale rete di accoglienza, composta da famiglie, comunità, parrocchie, organizzazioni locali, facilita l'integrazione e dunque anche il processo di autodeterminazione delle persone accolte, che possono nuovamente dare corpo al loro futuro. D’altro canto occorre preparare i territori di destinazione, per far sì che le persone accolte possano trovare una assistenza adeguata e un terreno fertile a tutti i livelli: logistico, solidale, culturale.
L’iniziativa dei corridoi umanitari – ha rilevato Cesare Zucconi, della Comunità di Sant’Egidio - “ha aperto una strada nuova, gestita in toto dalle organizzazioni della società civile; una strada che intende evitare i viaggi della morte, cercando percorsi sicuri e legali, sia pel persone coinvolte, sia per i paesi che accolgono”. Si sono così consolidate buone pratiche replicabili a livello europeo, seguendo il criterio generale di accoglienza e protezione di persone vulnerabili. Le organizzazioni coinvolte chiedono al governo italiano di attivare in tempi brevi le procedure che agevolino il processo, aprendo canali di dialogo con i governi dei paesi coinvolti (soprattutto Pakistan e Iran), coordinando anche le iniziative di ricongiungimento familiare.
(PA) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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AFRICA/GIBUTI - La piccola ma significativa presenza di una Chiesa dialogante e in cammino
 
Gibuti (Agenzia Fides) - “È una Chiesa piccola, fragile, ma forte della luce del Vangelo che non può essere annunciato verbalmente, essendo un paese islamico, ma vissuto. Certamente i cristiani e le sorelle che vivono lì sono una piccola ma significativa presenza”. A parlare con l’Agenzia Fides è Suor Simona Brambilla, Superiora Generale delle Missionarie della Consolata (MC), congregazione che a Gibuti opera con una missione aperta nel 2004.
Al confine tra Etiopia e Somalia, il Gibuti è una terra deserta che ospita diverse etnie, e dove tanto la Chiesa ha fatto in termini di dialogo nel rispetto delle differenze. È proprio di alcuni giorni fa una intervista di Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti, Amministratore apostolico di Mogadiscio, rilasciata al settimanale cattolico “La difesa del Popolo”. Il Vescovo, parlando della situazione geopolitica della Somalia e del lavoro della Chiesa, ha ricordato come a Gibuti essa abbia addirittura precorso i tempi come nel caso dell’azione a favore delle persone con disabilità, che fino a pochi anni fa venivano tenute segregate a casa.
In questo modo, nel tempo ne è nata un’agenzia statale che se ne prende cura e promuove, insieme alle missioni come quella dove si trova Suor Anna Bacchion MC, a Gibuti dall’inizio della fondazione della missione, nel 2004, che del progetto inclusivo “École pur tous” racconta all’Agenzia Fides: “Nel 2013 è iniziata una scuola inclusiva destinata ai bambini disabili fisici e mentali. Questo progetto è stato ideato e realizzato dalla Chiesa di Gibuti.
Ora, dopo anni d’intenso lavoro, diversi bambini sono stati ammessi alla scuola primaria sia pubblica che privata. Le loro famiglie hanno compreso il significato di questa scuola. Prima i loro bambini, perché disabili, rimanevano chiusi, nascosti nelle loro capanne, ed ora sono liberi e più sicuri di loro stessi, perché, come gli altri bambini, possono scrivere e leggere. I nostri bambini escono da questa scuola con la convinzione di sapere fare delle belle cose. Questo programma è iniziato come un piccolo seme, ma ora si è sviluppato ed è stato adottato anche dal Governo il quale vuole estenderlo a tutte le scuole per facilitare l’inserimento dei bambini disabili nelle scuole pubbliche”. Suor Anna, che nel 1976 aveva già vissuto in Libia un’esperienza missionaria in un contesto musulmano, definisce entrambe le esperienze positive e illuminanti nella comprensione di un fatto: il dialogo di vita deve contagiare e diffondere i valori dell’accoglienza e della tenerezza.
“A Gibuti, dal 2004 – conclude la religiosa - ho iniziato un dialogo semplice, un dialogo che si mette in silenzio per ascoltare, cercando di valorizzare il bene presente nell’ altro, un dialogo che cerca di emanare il profumo di Cristo. Non ho trovato difficoltà ad entrare in dialogo con i poveri dei nostri villaggi ed anche con i grandi. Il mio popolo è un popolo che crede, che prega, che celebra le feste, che gioisce, che soffre e che spesso desidera soltanto la nostra vicinanza per condividere le loro gioie e le loro difficoltà”.
(EG) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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AFRICA/SUD SUDAN - Nella contea di Ezo verso un mondo post pandemico inclusivo accessibile e sostenibile
 
Yambio (Agenzia Fides) - "Leadership e partecipazione delle persone con disabilità verso un mondo post Covid-19 inclusivo, accessibile e sostenibile" è stato il tema dell’incontro organizzato nella contea di Ezo, una delle dieci dello Stato dell’Equatoria occidentale, in occasione della Giornata Internazionale per le persone con disabilità.
Secondo quanto pervenuto dall’Arcidiocesi di Tombura Yambio, l’evento è stato coordinato dalla Star Trust in collaborazione con diverse agenzie umanitarie della contea. Tra i progetti chiave che si stanno implementando a Ezo, in particolare quello riguardante il mercato agricolo, Smallholder Agriculture Market Support (SAMS) finanziato dal World Food Program (WFP), The Youth Economic Empowerment Project (YEEP) finanziato dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) e il Local Response Pool Fund (LRPF) Progetto Rapid Emergency Response (RER) che sostiene 120 persone che vivono con disabilità nel centro di Ezo Payam.
Il Ministro di Stato per il genere, l'infanzia e la previdenza sociale, Anigunde Cecilia, intervenuta insieme alle autorità della Chiesa locale, del governo e altre agenzie umanitarie, ha applaudito tutte le organizzazioni che operano nella contea di Ezo per il loro sostegno alle persone più vulnerabili e ha esortato i genitori a prendersi cura dei propri figli e a mandarli a scuola. Anigunde ha inoltre sollecitato i membri della comunità a continuare a sostenere gli sfollati interni arrivati in cerca di rifugio e pace nella contea e soprattutto le persone che vivono con disabilità.
Il ministero ha donato articoli assortiti alle persone che vivono con disabilità e ha assicurato loro di coinvolgere altri partner per fornire loro ulteriore assistenza. Il ministro
(AP) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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ASIA/PAKISTAN - Migliorare le relazioni interreligiose: l'impegno delle organizzazioni cristiane
 
Lahore (Agenzia Fides) - “Il dialogo interreligioso è di grande importanza in Pakistan: gli incontri tra persone di diverse religioni sono indispensabili per superare le tensioni e le divisioni, per eliminare la violenza, l'odio e la discriminazione di casta, credo e religione nella nostra società. Il dialogo interreligioso contribuirà a creare una società civile tollerante e pacifica. È molto importante che il nostro governo promuova tale approccio nelle scuole e a tutti i livelli sociali". Lo dice all'Agenzia Fides p. James Channan OP, sacerdote domenicano e direttore del "Peace Center" a Lahore. "Il nostro attuale governo - nota padre Channan - ha già compiuto passi avanti in tal senso e deve fare molto di più per rendere il nostro Paese molto pacifico e armonioso”.
Nei giorni scorsi padre Channan è intervenuto ad una conferenza nazionale sul futuro delle relazioni interreligiose in Pakistan, organizzata a Lahore dal "Centro per la giustizia sociale", con la partecipazione di organizzazioni della società civile, promotori dei diritti umani, avvocati, giornalisti, rappresentanti politici e leader delle minoranze religiose.
Il cattolico Peter Jacob, direttore del "Centro per la giustizia sociale", ha dichiarato che " per rafforzare l'armonia interreligiosa in Pakistan, bisogna affrontare e rimuovere fenomeni come l'intolleranza sociale, l'accaparramento di terre, l'incitamento all'odio, la conversione forzata delle ragazze non musulmane; tali sfide vanno affrontate attraverso provvedimenti legislativi, amministrativi ed educativi”.
Jacob ha ricordato la sentenza della Corte Suprema dl Pakistan, del 19 giugno 2014, che invitava le istituzioni a tutelare le minoranze religiose, notando la necessita di darle attuazione. I cristiani continuano a chiedere un apposito disegno di legge sul divieto di conversione forzata delle donne delle minoranze religiose e sulla protezione dei luoghi di culto.
Syeda Mehnaz Hassan, pedagogista e scienziata sociale, notando che "il Pakistan è molto ricco di cultura e di storia e religioni diverse”, ha invitato a "rafforzare la pace e l'armonia tramite un approccio multiculturale e multireligioso nel processo educativo”.
Sara Rizvi Jafree, nota sociologa, ricercatrice ed educatrice, ha rilevato "la complessa relazione tra il basso status socio-economico delle minoranze religiose in Pakistan e gli alti livelli di intolleranza religiosa". Promuovendo l'armonia interreligiosa, ha detto, "si compie il primo passo per migliorare lo status delle minoranze religiose nel Paese”.
Secondo l'avvocato Saroop Ijaz, "l'uguaglianza dei cittadini è una precondizione per qualsiasi democrazia moderna funzionante. Il futuro delle relazioni interreligiose dipende dal riconoscimento e dal rispetto del principio di uguaglianza".
Qais Aslam, professore ed economista, ha ricordato che "la Costituzione del Pakistan riconosce diritti e pari opportunità per tutti, quindi occorre rispettare la diversità di cultura, etnia, genere e credo religioso, lavorando per rafforzare l'armonia interreligiosa per la coesistenza pacifica di persone di tutte le fedi in Pakistan”.
(AG-PA) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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ASIA/INDIA - Missionarie della Carità accusate di proselitismo: per i cattolici è pura diffamazione
 
Vadodara (Agenzia Fides) - "Le Missionarie della Carità sono prese di mira dai nazionalisti indù. Si tratta di pura diffamazione; si vogliono diffamare e calunniare le suore e le istituzioni cristiane". Così dichiara all'Agenzia Fides il cappuccino padre Suresh Mathew, direttore del settimanale cattolico “Indian Currents”, commentando l'accusa di "conversione religiosa" mossa contro le Missionarie della Carità che lavorano nello stato del Gujarat, nell'India occidentale.
Le religiose sono state incriminate ai sensi del "Gujarat Freedom of Religion Act", legge in vigore dal 2003. Secondo la denuncia, depositata alla polizia di Makarpura il 12 dicembre, le suore avrebbero "ferito i sentimenti religiosi indù" e "attirato verso il cristianesimo giovani ragazze" in una casa di accoglienza che gestiscono nella città di Vadodara. In precedenza, l'ufficiale dei servizi sociali distrettuali, Mayank Trivedi, ha visitato la Casa per ragazze gestita dalle Missionarie della Carità, affermando che " le ragazze della casa sono obbligate a leggere testi religiosi cristiani e a partecipare a preghiere di fede cristiana, con l'intenzione di condurle al cristianesimo”. "Si fa loro indossare una croce al collo e si pone la Bibbia sul tavolo della sale, per costringerle a leggerla È un tentativo criminale costringere le ragazze alla conversione religiosa", si legge nel rapporto consegnato alla polizia.
Le Missionarie della Carità, congregazione fondata da Madre Teresa di Calcutta, negano ogni accusa. “Non siamo coinvolte in nessuna attività di conversione religiosa. Ospitiamo 24 ragazze che vivono con noi e seguono la nostra pratica di vita. Non abbiamo convertito nessuno o costretto nessuno a sposarsi con rito cristiano”, ha affermato una portavoce delle Missionarie della Carità.
Secondo la denuncia della "Child Welfare Committee", le suore avrebbero anche costretto una ragazza indù a sposarsi in una famiglia cristiana, secondo il rito cristiano. Il commissario di polizia di Vadodara, Shamsher Singh, ha riferito che la polizia svolgerà ulteriori indagini sulla questione.
Il Gujarat è governato dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (BJP). In Gujarat, e in altri sette stati indiani, sono in vigore apposite "leggi anti-conversione" che sottopongono al vaglio di un magistrato il cambiamento personale di fede religiosa e puniscono la conversione religiosa operata con mezzi fraudolenti.
Nel 2018, le Missionarie della Carità nello stato indiano di Harkhand sono state accusate di proselitismo e traffico di minori e una una suora è stata trattenuta dalla polizia per qualche tempo. In India circa 5.200 Missionarie della Carità gestiscono 277 case e istituti con attività sociali e caritative.
(SD-PA) (Agenzia Fides 15/12/2021)



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ASIA/TERRA SANTA - Patriarchi e Capi delle Chiese chiedono ai governi locali una “zona di salvaguardia” per il quartiere cristiano di Gerusalemme
 
Gerusalemme (Agenzia Fides) – I governi locali che attualmente controllano la Terra Santa sono sollecitati ad “avviare un dialogo” tra di loro e con le Chiese e comunità ecclesiali lì presenti, in vista della creazione di una “zona speciale” di tutela culturale con l’obiettivo di “salvaguardare l'integrità del Quartiere cristiano nella Città Vecchia di Gerusalemme” e “garantire che il suo carattere unico e il suo patrimonio siano preservati per il bene della comunità locale, la nostra vita nazionale e nel mondo intero”. Contiene anche questa inedita richiesta-proposta l’appello diffuso nell’imminenza del Natale dai Patriarchi e dai Capi delle Chiese di Terra Santa, focalizzato sulle “correnti minacce” alla presenza cristiana nelle terre in cui è nato, morto e risorto Gesù Cristo.
La richiesta sembra riecheggiare, in termini più attenuati, le proposte delineate in passato anche dalla diplomazia vaticana, che prefiguravano come conveniente la definizione di uno “Statuto internazionalmente garantito” per la parte storica della Città Santa, che ancorasse a livello internazionale la tutela dei Luoghi Santi e la loro accessibilità ai credenti di tutto il mondo, per preservarli anche da iniziative unilaterali e “politiche dei fatti compiuti” eventualmente perseguite e messe in atto da singoli Stati o entità politiche locali.
Il nuovo pronunciamento di Patriarchi e capi delle Chiese e comunità ecclesiali di Terra Santa prende atto “con gratitudine” dell’impegno profuso dal governo d’Israele per garantire una vita sicura ai cristiani in Terra Santa, preservando la loro presenza come componente imprescindibile del locale “mosaico” comunitario. Una prova di tale impegno – riconoscono i capi delle Chiese – eè rappresentato dagli sforzi messi in atto da Israele per facilitare l’accesso dei milioni di cristiani che arrivano da tutto il mondo a visitare come pellegrini i Luoghi Santi. Nel contempo, il pronunciamento dei rappresentanti delle comunità cristiane locali ricorda gli “innumerevoli attacchi” subiti da chiese, monasteri e rappresentanti del clero da parte di “gruppi radicali”. Profanazioni e assalti perpetrati con l’evidente obiettivo di “espellere” la presenza cristiana da Gerusalemme e dalla Terra Santa.
Il carattere spirituale e culturale dei singoli quartieri storici di Gerusalemme – ricordano i Capi delle Chiese di Terra Santa – “dovrebbe essere protetto, e è già tutelato nella legge israeliana per quanto riguarda il quartiere ebraico. Tuttavia, gruppi radicali continuano ad acquisire proprietà strategiche nel quartiere cristiano, con l'obiettivo di diminuire la presenza cristiana, spesso usando rapporti subdoli e tattiche intimidatorie per sfrattare i residenti dalle loro case”.
En passant, i Capi delle Chiese di Terra Santa ricordano anche che i pellegrinaggi dei cristiani provenienti da tutto il mondo portano “grandi benefici all'economia e alla società israeliana”, e citano un recente rapporto dell'Università di Birmingham, secondo il quale il flusso di pellegrini e turisti cristiani “contribuisce per 3 miliardi di dollari all'economia israeliana”. Inoltre, la comunità cristiana locale, sebbene si stia assottigliando in termini numerici, continua a offrire alle società civili di Israele, Giordania e Palestina una rete “sproporzionata” di iniziative nei campi sttrategici dell’educazione, della sanità e delle opere sociali a favore delle fasce più povere della popolazione.
Proprio sulla base di queste premesse, i Capi e i patriarchi delle Chiese di Terra Santa chiedono alle autorità politiche di Israele, Palestina e Giordania di avviare con loro un “dialogo urgente” per affrontare l’emergenza rappresentata dai citati “gruppi radicali” e per confrontarsi in merito alla “creazione di una speciale zona culturale relativa al patrimonio cristiano”. In modo da “salvaguardare l'integrità del Quartiere cristiano nella Città Vecchia di Gerusalemme e garantire che il suo carattere unico e il suo patrimonio siano preservati per il bene della comunità locale, il nostro vita nazionale e nel mondo intero”. (GV) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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AMERICA/BOLIVIA - I Vescovi: contemplando la famiglia di Betlemme, ogni casa diventi una scuola di crescita e di esperienze positive
 
La Paz (Agenzia Fides) – In vista del Natale e della conclusione dell’anno civile, i Vescovi della Bolivia fanno una valutazione “serena ma speranzosa” su alcuni temi in sospeso della vita nazionale che i boliviani “devono saper affrontare con saggezza e cuore sereno”. Citano quindi la legalizzazione dell'aborto, i femminicidi, gli infanticidi e altre forme di terribile violenza, esortando: “sarà importante creare spazi di dibattito con una adeguata informazione, nel quadro del rispetto e riconoscendo la dignità di tutte le persone come amati figli di Dio, impegnandoci nella ricerca di soluzioni e di opportunità migliori, lasciando da parte ideologie e interessi politici”.
Nel convidere questo messaggio di speranza, che ha per titolo “Celebrare il dono della vita”, la Chiesa cattolica in Bolivia “composta da fedeli di tutte le età, donne e uomini, che ogni giorno si sforzano di testimoniare la fede”, esprime la propria solidarietà a tutte le persone che hanno sofferto per la perdita dei propri cari, a causa della pandemia, dell'eccessiva violenza o di altre circostanze.
“Auspichiamo – prosegue il messaggio dei Vescovi pervenuto a Fides - che ogni persona, contemplando la famiglia di Betlemme, recuperi i valori che ci aiutano a fare di ogni casa una scuola di crescita e di esperienze positive, come: accoglienza, rispetto del Dono della Vita, incontro fraterno, solidarietà e dialogo tra fratelli. Non dimentichiamo che Gesù, il Figlio di Dio, si è fatto uomo assumendo la nostra umanità al solo scopo di salvarci e rendere più dignitosa la vita di tutti”.
I Vescovi ricordano infine che il tempo di Avvento ci prepara ad accogliere “il miglior dono di Dio per il suo Popolo, l'Emmanuele, il Dio con noi, che viene a donarci speranza e salvezza integrale; Lui ci restituisca i valori della convivenza pacifica, del rispetto, della fiducia e della vita piena”. Auspicano quindi che la celebrazione della nascita di Gesù “rafforzi le nostre speranze e ci incoraggi a seguire un cammino di crescita personale e comunitaria di servizio ai più bisognosi. Cristo nostro Salvatore rinnovi i nostri desideri di riconciliazione, unità e pace per l'anno 2022”. (SL) (Agenzia Fides 15/12/2021)
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AMERICA/BRASILE - Pastorale della Terra: in otto mesi registrati 26 omicidi
 
Brasilia (Agenzia Fides) – Secondo i dati del Centro di Documentazione della Commissione Pastorale della Terra (CPT) sui conflitti nei campi, nel periodo dal 1 gennaio al 31 agosto 2021, sono stati registrati 26 omicidi legati a conflitti per la terra. Rispetto a tutto l'anno 2020, rappresentano un aumento del 30%. Delle 26 vittime di omicidio, 8 erano indigeni, 6 senza terra, 3 occupanti abusivi, 3 quilombola, 2 coloni, 2 piccoli proprietari e 2 donne rompi cocco Babassu. In relazione al 2020, il numero di indigeni e quilombola uccisi è rimasto lo stesso, mentre il numero dei senza terra è triplicato, da 2 nel 2020 a 6 nel 2021. Tutti i quilombolas uccisi nel 2021 (3) provenivano dal Maranhão, lo stato con il più alto numero di omicidi nell'anno (9), circa un terzo del totale registrato finora.
Secondo la nota del CPT pervenuta a Fides, tutti i 6 senza terra sono stati uccisi in Amazzonia, di loro cinque sono stati uccisi a Rondônia. Erano tutti membri della Lega dei Contadini Poveri. Tre di loro sono stati uccisi in un massacro avvenuto il 13 agosto, dal Battaglione Operazioni Speciali (BOPE) del Primo Ministro di Rondônia e dalla Forza di Sicurezza Nazionale, a Nova Mutum, distretto di Porto Velho. Questo è stato l'unico massacro registrato dal CPT finora nel 2021. Il conflitto nella regione rimane molto teso. Il numero di occupanti abusivi uccisi è passato da 1 nel 2020 a 3 nel 2021 e quello dei coloni da 1 nel 2020 a 2 nel 2021. (SL) (Agenzia Fides 15/12/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024

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