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martedì 11 gennaio 2022

Agenzia Fides 11 Gennaio 2022

 

AFRICA - L’instabilità nel Sahel provoca un forte rialzo delle spese militari
 
Roma (Agenzia Fides) – Sono in rialzo le spese militari in Africa. Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2020 le spese per gli armamenti in Africa hanno superato i 43 miliardi di dollari, 5,1 per cento in più rispetto al 2019 e 11 per cento in più rispetto al 2011.
Le spese per la difesa hanno rappresentato una media dell'8,2% della spesa pubblica in tutta l'Africa nel 2020. La quota è considerevolmente più alta nei Paesi colpiti da conflitti come il Mali (18%) e il Burkina Faso (12%).
Ed è qui che si sono verificati gli aumenti più rapidi delle spese per la difesa. Secondo il SIPRI, tre dei cinque paesi africani in cui la spesa militare è in forte aumento negli ultimi dieci anni – Mali, in crescita del 339%, Niger (288%) e Burkina Faso (238%) – stanno combattendo le reti terroristiche nel Sahel, una regione estremamente povera che si estende dal Senegal al Sudan e all'Eritrea.
Le spese militari stanno indebolendo la capacità dei responsabili politici locali di effettuare investimenti pubblici in infrastrutture vitali per lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle loro popolazioni. Questo a sua volta genera malcontento e frustrazione specie tra i giovani, alcuni dei quali vanno ad alimentare i gruppi di guerriglia che operano nella regione.
La fragilità delle istituzioni dei Paesi del Sahel è testimoniata anche da golpe militari come quella in Mali dell’agosto 2020.
Per costringere i golpisti a restaurare il potere civile, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) ha deciso nel vertice straordinario tenutosi il 9 gennaio ad Accra, capitale del Ghana, il blocco dei confini terrestri e aerei tra i propri membri e il Mali, Paese senza sbocco sul mare. Questo dopo che i leader golpisti avevano rinunciato alla promessa di tenere elezioni nel febbraio 2022. (L.M.) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne: i poveri, sempre al centro
 
Abobo (Agenzia Fides) – “Appartengo alla Congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto. Già a 17 anni ho voluto consacrarmi a Dio, e dopo aver fatto la professione religiosa, sono partita per il Guatemala”: inizia così il racconto di suor Monica Auccello, nella testimonianza pervenuta all’Agenzia Fides. “Nel paese latinoamericano ho toccato con mano cosa significa scegliere i poveri, metterli al primo posto. Sono poi rientrata in Italia dove mi è stato chiesto di studiare scienze infermieristiche all’Università Tor Vergata di Roma, in vista di una partenza per la missione in Africa. Attualmente mi trovo a Abobo, la grande e misera periferia di Abidjan, dove mi occupo della formazione delle suore di voti temporanei e dirigo una scuola con 500 alunni: tra di loro anche un gruppo di bambini autistici, che accogliamo con affetto e pazienza.”
Raccontando la sua lunga e ricca esperienza, suor Monica mette in luce gioie e tristezze della sua missione nel nord della Costa d’Avorio, come “il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne”.
“Nel 2007 sono sbarcata in Costa d’Avorio, per lavorare nella città di Odienné, dove gestiamo un grande Centro Sanitario - scrive -. Io mi occupavo della salute di centinaia di bambini che ogni giorno venivano curati. Tra i tanti ricordi belli di Odienné, conservo la Casa-famiglia Arcobaleno, che ho contribuito ad aprire nel 2011. Siamo partiti da un bisogno concreto: tantissimi neonati abbandonati dalle mamme, ragazze-madri che in ambiente musulmano non potevano tenersi il bambino, oppure orfani, perché la mamma era morta durante il parto. Grazie a questa iniziativa, abbiamo dato un sorriso a tanti bambini sfortunati, procurando loro una casa e una famiglia e facilitandone l’adozione.”
Suor Monica parla anche delle sofferenze che si è portata da Odienné, in particolare la condizione nella quale vivono le donne lì. “Il carico della famiglia ricade tutto sulle spalle della donna, è lei da sola che deve crescere i figli, pensare a curarli se sono ammalati, sfamarli lavorando nei campi o vendendo quattro cose su un banchetto fuori casa. Gli uomini non fanno niente: guardano con indifferenza le loro mogli e figlie lavorare tutta la giornata, tornare dai campi con pesanti ceste sulla testa, o percorrere chilometri per procurarsi l’acqua. È una cosa che non ho mai accettato: la donna deve fare sforzi sovrumani, e l’uomo aspetta con impazienza che prepari il pranzo. Anche il modo in cui sono trattati i bambini mi ha fatto soffrire: in famiglia occupano l’ultimo posto. Quando il pranzo è pronto, il primo a sedersi a tavola e a servirsi è l’uomo. È per lui il pezzetto di carne nel sugo. Quando si è saziato, è il turno delle donne. Alla fine, se resta ancora qualcosa, è per i bambini. Non c’è allora da stupirsi se la malnutrizione è così diffusa, e se la mortalità infantile è così alta.”
Odienné si trova all’estremo nord-ovest del Paese, al confine con Guinea e Mali, e ha una popolazione di 250.000 abitanti, al 99% musulmani.
(MA/AP) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/EGITTO - Il Parlamento egiziano si prepara a approvare la nuova legge sullo statuto personale dei cristiani
 
Il Cairo (Agenzia Fides) - La nuova legge sullo statuto personale dei cristiani egiziani, attesa da decenni dalla Chiesa copta ortodossa e dalle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto, potrebbe essere esaminata e approvata in tempi brevi dal Parlamento del Cairo. I nuovi riferimenti all’imminente approvazione parlamentare del disegno di legge governativo, comprendente anche disposizioni su delicate questioni inerenti al diritto di famiglia, sono stati diffusi dal parlamentare Atef Maghawry, membro della Commissione legislativa del Parlamento. Sulla base delle informazioni a lui note in merito all’agenda dei lavori parlamentari, Maghawy ha riferito che il disegno di legge sta per essere sottoposto all’esame e al voto di approvazione dell’Assemblea parlamentare, chiamata a riprendere le sue sessioni plenarie il prossimo 23 gennaio.
La revisione del testo legislativo sullo statuto personale, prolungatasi per lungo tempo presso il Ministero egiziano della giustizia, si era conclusa nella prima metà del 2021 (vedi Fides 6/7/2021). Il processo di revisione aveva richiesto ben 16 sessioni di lavoro, ospitate presso il Ministero, che hanno visto riunirsi esperti, funzionari del Dicastero governativo e rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, convocati dalle autorità civili al fine di limare il testo e ottenere il consenso di tutte le Chiese e comunità ecclesiali in merito alla formulazione di tutti gli articoli del disegno di legge.
All’inizio di luglio 2021 il parlamentare Monsef Suleiman, consulente giuridico del Patriarcato copto ortodosso, aveva dichiarato al portale web egiziano Masrawy che la bozza rivista del testo sarebbe passata attraverso il vaglio del Consiglio di Stato prima di essere inviata alla Camera dei rappresentanti per essere sottoposta al voto parlamentare, che ne sancirà la definitiva approvazione e stabilità i tempi della sua entrata in vigore.
Il coinvolgimento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto nel lungo iter per la stesura di una nuova legge sullo statuto personale, era iniziato già nel 2014 (cfr. Fides 22/11/2014). Già a quel tempo il Ministero della giustizia aveva sottoposto ai responsabili delle diverse Chiese una bozza della legge, con la richiesta di studiare il testo e far pervenire in tempo breve le proprie considerazioni in merito. I tempi di stesura della bozza si sono allungati soprattutto per i negoziati volti a garantire la formulazione di un testo che, pur essendo unitario, tutelasse comunque i diversi approcci ecclesiali a materie come la separazione coniugale e il divorzio, regolate in maniera differente dalle varie confessioni cristiane. La bozza del testo legislativo unitario, elaborata in maniera consensuale dai rappresentanti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali, era stata consegnata alle autorità governative il 15 ottobre 2020. (GV) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Primi bilanci della rivolta ad Almaty: "Come dei bombardamenti"
 
Almaty (Agenzia Fides) – “La situazione nella zona di Almaty si sta lentamente stabilizzando. Ora si inizia a fare il bilancio dei disastri: ci sono zone della città totalmente distrutte, sembrano essere state colpite da bombardamenti. Ora è tempo di ricominciare: ci sarà non poco lavoro da fare per rimettere in piedi tutto, da ogni punto di vista, sia materiale sia umano, ma dobbiamo andare avanti”. E’ il commento rilasciato a Agenzia Fides da don Guido Trezzani, missionario in Kazakhstan, direttore nazionale della Caritas, in merito alla rivolta che si è scatenata nel paese nei giorni scorsi.
Il missionario ha poi aggiunto: “In questi giorni, il governo provvederà a stabilire un piano di intervento per la ricostruzione, sulla base del quale, se ce lo permetteranno, saremo pronti ad intervenire come Caritas Kazakhstan”.
L’organizzazione caritativa ha sede ad Almaty, capitale finanziaria del paese e città maggiormente colpita dagli scontri: proprio per questo, nei giorni scorsi, lo staff della Caritas non ha potuto recarsi a lavoro. Le manifestazioni in Kazakistan erano iniziate nelle prime ore del 5 gennaio, per protestare contro il caro bollette: sin da subito, le contestazioni hanno assunto i tratti della rivolta violenta, provocando morti e feriti e mettendo a ferro e fuoco diverse città del paese, soprattutto, appunto, l’ex capitale Almaty.
Nei giorni scorsi, riferisce all’Agenzia Fides una fonte locale, la totale assenza di connessione Internet ha reso difficile qualsiasi forma di acquisto: “Siamo ormai abituati a pagare tutto con il bancomat. Nessuno di noi era pronto all’eventualità che i metodi di pagamento elettronici fossero indisponibili per giorni, quindi tante persone hanno avuto difficoltà a fare la spesa. Inoltre, a causa dell’emergenza, per 3 giorni i supermercati sono rimasti chiusi. Da ieri hanno riaperto regolarmente: i rifornimenti non mancano, anche se al momento si registra una carenza di pane”. Dalla giornata di ieri, 10 gennaio, la possibilità di connettersi ad internet è stata ristabilita solo in alcune fasce orarie.
Nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AMERICA/BOLIVIA - E’ morto il primo sacerdote diocesano indigeno del Vicariato apostolico di El Beni
 
Trinidad (Agenzia Fides) - Don Maximiliano Noe Valverde era nato nella comunità di La Fortuna, sul fiume Mamoré, il 18 agosto 1962, terzo di otto fratelli. Nel decennio dal 1990 al 2000, il Vicariato Apostolico di El Beni ebbe la gioia di celebrare 9 ordinazioni diaconali e 7 ordinazioni sacerdotali. Tra questi ricevette l'ordinazione diaconale Maximiliano Noe Valverde, incardinato a Trinidad, Beni, dal 22 maggio 1994. Venne ordinato sacerdote a Trinidad il 4 giugno 1995, e fu il primo sacerdote diocesano indigeno della Chiesa di El Beni.
Secondo le notizie diffuse dalla Conferenza episcopale boliviana, giunte a Fides, d. Maximiliano è stato parroco della Parrocchia di La Resurrección dal 4 agosto 1995, missione che ha portato avanti fino ai suoi ultimi giorni di vita, nonostante la sua malattia diabetica, che ha poi complicato il suo quadro clinico fino a quando non è stato ricoverato all'ospedale Cossmil ed è morto nel pomeriggio di lunedì 10 gennaio, a 59 anni e 26 di sacerdozio.
Nella sua missione pastorale ed evangelizzatrice ha curato le comunità indigene del TIPNIS (Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Secure, area protetta e terra di comunità autoctone situata tra il nord del dipartimento di Cochabamba e il sud del dipartimento di Beni) e delle comunità circostanti. È stato anche Cappellano delle Forze Armate a Beni. Ha accompagnato i consigli di quartiere del Distretto 4 del comune della Santissima Trinità. I suoi funerali si tengono oggi, 11 gennaio, nella parrocchia che ha guidato per 26 anni.
Il Vicariato apostolico di El Beni o Beni, è stato eretto il 1° dicembre 1917 e affidato ai Frati Minori (OFM). Comprende quasi tutto il dipartimento boliviano di Beni, nella zona nord orientale del paese. Sede del Vicariato è la città di Trinidad, capoluogo del dipartimento. Ha una popolazione di 239.498 abitanti, di cui 191.598 cattolici. Le parrocchie sono 30, i sacerdoti diocesani 12 e quelli religiosi 13, 1 diacono permanente, i religiosi non sacerdoti sono 15 e le religiose 30. (SL) (Agenzia Fides 11/1/2022)

lunedì 13 dicembre 2021

Agenzia Fides - invito di p. Pierluigi Maccalli per un Natale di pace e perdono Crema


AFRICA - Continuiamo a sostenere l’annuncio del Vangelo in Africa: invito di p. Pierluigi Maccalli per un Natale di pace e perdono Crema (Agenzia Fides)

 – “Rinnovo a tutti il mio Grazie, dal profondo del cuore, per la preghiera con cui mi avete accompagnato durante i due lunghi anni del sequestro, e per l’affetto con cui mi avete abbracciato in questo anno di libertà ritrovata.” Padre Pierluigi Maccalli, sacerdote della Società per le Missioni Africane (SMA), scrive così nel suo messaggio augurale in vista del Santo Natale. Il missionario, prigioniero nel Sahel per mano di jiadisti (vedi Agenzia Fides 18/9/2018), da quando è stato liberato continua la sua missione portando la sua esperienza di Vangelo in giro per l’Europa e per l’Italia. “Continuiamo a sostenere l’annuncio del Vangelo in Africa, e specialmente nel Sahel, dove oggi regna violenza e terrorismo – è l’invito che rivolge a tutti quanti lo hanno seguito e sostenuto con la preghiera -. Natale porti pace e perdono nei cuori feriti.” “Una mia foto-ricordo ha abitato molte delle vostre case, - racconta - e mi è stato riferito che ho trovato posto anche in alcuni presepi come pecorella smarrita del Sahel! Oggi mi sento sulle spalle del Buon Pastore che ritorna festante all’ovile: grazie di avermi accolto nelle vostre case. Il vostro abbraccio ha scaldato il mio cuore triste e infreddolito da tanta solitudine. Grazie per la vostra amicizia e vicinanza verso tutti noi missionari nelle periferie del mondo.” (GM/AP) (Agenzia Fides 13/12/2021)

giovedì 26 agosto 2021

Agenzia Fides 26 agosto 2021

 

AFRICA - Non si fermano gli attacchi jihadisti nel Sahel: la preoccupazione dei Vescovi di Niger e Burkina Faso
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) - Si moltiplicano gli attacchi di gruppi jihadisti nei Paesi del Sahel, in particolare nella cosiddetta area dei tre confini dove tra Mali, Niger e Burkina Faso (vedi Fides 20/8/2021). In quest’ultimo Paese almeno 47 persone, tra cui 30 civili, sono morte il 18 agosto in un attacco a un convoglio sulla strada Arabinda-Gorgadji, nel nord.
Un “atto atroce che condanniamo fermamente” afferma la Conferenza episcopale del Burkina-Niger (CEBN) in una dichiarazione del 23 agosto. “In questa dolorosa circostanza, porgiamo le nostre sincere condoglianze alle famiglie in lutto e a tutto il popolo burkinabé, afflitto da questa tragedia. Auguriamo una pronta guarigione ai feriti” scrivono i Vescovi che invitano “i figli e le figlie della Chiesa della Famiglia di Dio in Burkina Faso ad intensificare la loro preghiera per la pace nel Paese”.
In Niger, nella notte tra il 24 e il 25 agosto a Baroua nella regione di Diffa, “una posizione dell’esercito del Niger è stata attaccata da un centinaio di elementi di Boko Haram provenienti dal lago Ciad” afferma un comunicato dell’esercito di Niamey. Secondo il comunicato nel combattimento sono stati uccisi 16 soldati nigerini e una cinquantina di membri di Boko Haram, Il 20 agosto 19 civili erano stati uccisi in attacco di sospetti jihadisti contro un villaggio nella regione di Tillabe'ri, nel Niger occidentale. I jihadisti hanno assalito i fedeli che stavano terminando la preghiera del venerdì nella locale moschea.
Il Niger deve fronteggiare sia gruppi, affiliati ad Al Qaida o allo Stato Islamico, che operano nell’’ovest del Paese, sia i il gruppo nigeriano Boko Haram e la sua ala dissidente divenuta lo Stato Islamico nell’Africa occidentale, che operano nella zona del lago Ciad.
Nel frattempo si precisano meglio le circostanze dell’agguato avvenuto in Mali il 19 agosto (vedi (vedi Fides 19/8/2021). Una quarantina di soldati di un reparto di élite, addestrato da militari statunitensi e spagnoli, sono morti in una serie di imboscate successive nella regione di Mopti, nel centro del Paese. I terroristi hanno anche catturato un numero imprecisato di soldati e numerosi veicoli militari e di armi. (L.M.) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Si apre il processo di beatificazione di Gertrude Detzel, missionaria nei Gulag
 
Karaganda (Agenzia Fides) - La Chiesa cattolica in Kazakhstan ha ufficialmente aperto la fase diocesana del processo di beatificazione di Gertrude Detzel, laica cattolica, che “attraverso la sua fede fervente e il suo esempio di vita, ha influenzato lo sviluppo di vocazioni sacerdotali e monastiche”. Lo ha riferito all'Agenzia Fides Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo della diocesi di Karaganda, città dove la serva di Dio ha risieduto fino alla morte, avvenuta nel 1971.
Fin da bambina, Gertrude Detzel desiderava consacrarsi a Dio e diventare suora e offrire la sua esistenza per l'annuncio del Vangelo, scontrandosi però con la realtà dell’Unione Sovietica: “E’ diventata, però, una servitrice di Dio nel mondo: ha annunciato la Buona Novella e ha istruito le persone con la sua parola, la preghiera, ma soprattutto con l’esempio di una vita santa, che era particolarmente preziosa e necessaria in assenza di sacerdoti e di chiese aperte”, spiega il Vescovo.
Nel 1941, con l’inizio della guerra, Gertrude Detzel fu deportata nella città di Pakhta Aral, nel Kazakhstan meridionale, dove raccoglieva cotone e continuava il suo ministero di preghiera e di evangelizzazione, conducendo nel silenzio le persone a Dio. Subì numerosi trasferimenti e condanne ai lavori forzati. Nel 1956 le permisero di lasciare l’ultimo campo in cui era stata deportata e si trasferì a Karaganda, dove si dedicò totalmente a servire i tanti credenti della zona.
“Questa donna coraggiosa non solo è riuscita a preservare la sua fede nella difficile condizioni situazione della repressione staliniana, ma ha anche predicato senza paura Gesù Cristo ai prigionieri del Gulag”, si legge nella breve biografia redatta dal postulatore padre Ruslan Rakhimbernov. Con l'inizio della fase diocesana del processo, è stata creata una apposita commissione che raccoglierà tutte le testimonianze sulla vita di Detzel. Una volta conclusa la fase diocesana del processo, se l'esito dell'istruttoria sarà ritenuto positivo, la documentazione verrà inviata alla Santa Sede, alla Congregazione per le cause dei Santi, che ne curerà la seconda fase.
(LF) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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ASIA/INDIA - "Per non dimenticare": i cristiani dell'Orissa chiedono giustizia per le violenze subite 13 anni fa
 
Bhubaneswar (Agenzia Fides) – Fedeli laici, sacerdoti, suore, accademici, leader cristiani, avvocati e credenti di altre religiosi hanno celebrato il 25 agosto la 13a "Giornata della Memoria" dedicata alle vittime dei massacri subiti dai cristiani dell'Orissa 13 anni fa. Le celebrazioni proseguono per diversi giorni, con incontri preghiera, liturgie, webinar, che intendono ricordare la feroce campagna di violenza anticristiana avvenuta nel 2008 a Kandhamal, nell'Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, nello stato indiano di Orissa (Odisha), nell'India orientale. Il National Solidarity Forum, un consorzio di oltre 70 gruppi della società civile, ha organizzato il webinar nazionale titolato "In difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche" che ha radunato migliaia di partecipanti in tutta la nazione. “Il governo statale dell'Orissa ha completamente omesso di agire per prevenire crimini orribili. Ha cercato di dipingere il massacro lo come una disputa inter-tribale, invece di riconoscere la gravità della violenza", ha affermato A.P. Shah, ex giudice dell'Alta Corte di Delhi e Madras, relatore al webinar.
“Il governo ha nominato due Commissioni, come di solito accade in queste materie, ma entrambe sono state inefficaci. Nessuna Commissione ha emesso alcun rapporto sui fatti. Quasi 13 anni dopo, non ci sono nemmeno i documenti con le segnalazioni. Tali Commissioni, specialmente quelle istituite dopo episodi di violenza inter-comunitaria, tendono ad essere organismi destinati a placare temporaneamente l'opinione pubblica, ma per lo più non producono mai qualcosa di significativo", ha affermato. "Il modo in cui è stata gestita la violenza di Kandhamal è un esempio da manuale del fallimento del sistema di giustizia penale indiano", ha detto. Shah ha consegnato il primo "Kandhamal Human Rights Award" alla "People's Union for Civil Liberties", una ONG con sede a Delhi, e il premio individuale al laico cattolico di Kandhamal, Paul Pradhan.
L'ex giudice ha ricordato che, alla guida del "Tribunale nazionale del popolo" a Delhi nel 2012 “abbiamo pubblicato un rapporto che concludeva inequivocabilmente che 'la carneficina di Kandhamal' è un atto preordinato diretto principalmente contro la comunità cristiana, per vasta maggioranza composta da dalit cristiani e adivasi (tribali); e contro coloro che hanno sostenuto o lavorato con la comunità"
Ha inoltre notato "la preoccupante ripresa del comunitarismo negli ultimi anni in India. Il nazionalismo religioso è venuto alla ribalta, sostenuto da potenti forze politiche. Questa ideologia immagina una nazione sotto il dominio indù, una nazione esclusivamente indù. Secondo questa visione, musulmani e cristiani sono stranieri e indesiderati. Questa è una tendenza pericolosa", ha detto Shah.
John Dayal, giornalista cattolico impegnato per la difesa dei diritti umani, ha affermato che "la violenza contro le minoranze religiose come cristiani e musulmani è in aumento in India. Bisogna resistere e denunciare questi crimini d'odio che vanno contro lo spirito di democrazia, pace e armonia".
Molte azioni e programmi sono organizzati a livello locale e nazionale. “Le vittime innocenti di Kandhamal dovrebbero ricevere giustizia. Sono passati 13 anni. Pace e l'armonia vano coltivate nella mente e nel cuore della gente di Kandhamal, partendo dalla giustizia", ha affermato Lambodar Singh, un leader locale.
Nell'area di Kandhamal, tra le celebrazioni, si è tenuto un "Festival cinematografico sulla giustizia, la pace e l'armonia". “Gli esseri umani hanno oppresso, mutilato, umiliato, ucciso i propri simili, con gravi violazioni dei diritti umani. Una delle ragioni di tali violazioni dei diritti umani in India è basata dell'identità. La gente è stata uccisa, maltrattata, linciata, molestata, violentata e bruciata. Le vittime e i sopravvissuti come dalit, adivasi, pescatori, donne, minoranze religiose e molte altre persone emarginate stanno ancora lottando in India per i loro diritti. Le violazioni dei diritti umani sul popolo di Kandhamal sono avvenute in questo contesto ", ha affermato Sasi K.P., regista e responsabile del Festival cinematografico. Svoltasi dal 24 al 26 agosto, la manifestazione filmica intende ricordare che "deve esserci unità tra tutti i gruppi e le comunità emarginate in India", ha detto Sasi.
Kandhamal, uno dei distretti più poveri dell'India, è stato sede di una delle più raccapriccianti campagne di violenza indiscriminata già nel dicembre 2007 e poi nell'agosto 2008. L'innesco della violenza è stato, apparentemente, l'uccisione di un leader religioso indù, Swami Lakshmananda Saraswati, In seguito alla propaganda di odio da parte di gruppi estremisti indù, la colpa dell'omicidio fu addossata ai cristiani e questo causò una spirale di attacchi contro i cristiani dalit e adivasi nel distretto.
Oltre 360 ​​chiese e luoghi di culto furono attaccati, 5.600 case sono state distrutte o date alle fiamme, oltre 100 persone sono state uccise, oltre 40 donne violentate, molestate o maltrattate. Oltre 60mila persone furono costretti a lasciare le loro case (dove non hanno mai più fatto ritorno) e a vivere da sfollati mentre l'istruzione di oltre 12.000 bambini è stata interrotta. Le vittime e i sopravvissuti non hanno ancora ricevuto giustizia. La Chiesa cattolica in Orissa è sempre stata accanto ai cristiani perseguitati con iniziative e solidarietà di carattere umano, spirituale, materiale, con assistenza legale e psicologica.
(SD-PA) (Agenzia Fides 26/8/2021)


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ASIA/IRAQ - Il movimento di Muqtada al Sadr rilancia la campagna per restituire case e terreni sottratti illegalmente a cristiani e mandei
 
Baghdad (Agenzia Fides) – Sono già più di ottanta i beni immobiliari – terreni e case – restituiti ai legittimi proprietari in virtù della campagna promossa dal leader sciita Muqtada al Sadr a favore di cittadini cristiani e mandei che negli ultimi anni avevano subito usurpazioni arbitrarie e illegittime delle loro proprietà da parte di soggetti singoli o gruppi organizzati. A riferire i risultati fin qui raggiunti dall’iniziativa ispirata da Muqtada al Sadr è stato Hakim al Zamili, esponente di spicco del Movimento sadrista (la formazione politica che fa capo a Muqtada al Sadr), che in passato ha anche guidato la Commissione parlamentare irachena per la sicurezza e la difesa.
In un comunicato, rilanciato mercoledì 25 agosto da diversi media iracheni, al Zamili ha specificato che gli ultimi beni immobili restituiti ai legittimi proprietari cristiani e mandei sono concentrati nell’area di Baghdad, e che finora il Comitato promosso ad hoc su indicazione di al Sadr per realizzare l’opera di riconsegna ha raccolto più di 140 richieste di restituzione avanzate da cittadini cristiani e mandei che nelle recenti, convulse fasi della storia irachena avevano subito anche l’esproprio illegale delle loro proprietà immobiliari.
All’inizio del 2021, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 4/1/2021), il leader sciita iracheno Muqtada al Sadr (a capo della formazione politica sadrista che gode di una forte rappresentanza nel Parlamento di Baghdad) aveva disposto la creazione di un Comitato ad hoc, incaricato di raccogliere e verificare notizie e reclami riguardanti i casi di esproprio abusivo di beni immobiliari subiti negli ultimi anni da proprietari cristiani e mandei (questi ultimi appartenenti a una minoranza religiosa che segue dottrine di matrice gnostica) in diverse regioni del Paese. L’intento dell’operazione sponsorizzata dal leader sciita – si leggeva nel comunicato - era quello di ristabilire la giustizia, ponendo fine alle violazioni lesive dei diritti di proprietà dei “fratelli cristiani”, anche quando a commetterle fossero stati membri dello stesso movimento sadrista. La richiesta di segnalare casi di espropriazioni illegali subite era estesa anche alle famiglie di cristiani che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, con la richiesta di far pervenire al comitato entro la fine del prossimo Ramadan le segnalazioni di usurpazioni fraudolente subite.
Il fenomeno della sottrazione illegale delle case dei cristiani ha potuto prendere piede anche grazie a connivenze e coperture di funzionari corrotti e disonesti, che si mettono a servizio di singoli impostori e gruppi organizzati di truffatori (vedi Fides 23/7/2015). Il furto “legalizzato” delle proprietà delle famiglie cristiane è strettamente collegato all'esodo di massa dei cristiani iracheni, accentuatosi a partire dal 2003, dopo gli interventi militari a guida Usa messi in atto per abbattere il regime di Saddam Hussein. Tanti truffatori si sono appropriati di case e terreni rimasti incustoditi, contando sulla facile previsione che nessuno dei proprietari sarebbe tornato a reclamarne la proprietà.
Il controverso leader sciita Muqtada al Sadr è noto per essere stato anche il fondatore dell'esercito del Mahdi, la milizia – ufficialmente sciolta nel 2008 - creata nel 2003 per combattere le forze armate straniere presenti in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Gli analisti hanno registrato negli ultimi dieci anni diversi cambi di passo del leader, che nel 2008 ha sciolto la sua milizia e non appare allineato con l'Iran. In passato, Negli scenari politici iracheni degli ultimi anni, Muqtada al Sadr ha provato anche a profilarsi come un potenziale mediatore. In questa prospettiva venne interpretata anche la visita da lui compiuta nel luglio 2017 in Arabia Saudita per incontrare il Principe Mohammed Bin Salman. (GV) (Agenzia Fides 26/8/2021)
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AMERICA/PERU’ - I Vescovi condividono “sofferenze e incertezze del paese” e chiedono “riconciliazione e superamento delle polarizzazioni”
 
Lima (Agenzia Fides) – I Vescovi del Perù, in un loro messaggio del 25 agosto, affermano di condividere "le sofferenze e le grandi incertezze che il nostro amato Paese sta vivendo", ma anche in questa situazione, come sulla barca in tempesta, invitano a pensare che Gesù è sempre vicino a noi, ci dice che “non siamo soli, che abbiamo sempre motivi di speranza”.
Il messaggio, pervenuto a Fides, è articolato in 12 punti, nei quali l’Episcopato peruviano analizza la situazione del paese, evidenziando prima di tutto la sua profonda preoccupazione per l’incertezza creata dalla “polarizzazione politica estrema” che si ripercuote in tutti gli ambiti sociali e soprattutto nella vita dei più poveri ed emarginati. colpendo sempre più i valori della convivenza umana. Quindi i Vescovi denunciano "il doloroso e storico oblio della situazione di migliaia di connazionali provenienti dalle periferie del paese", che accentua le diseguaglianze sociali, genera dolore e risentimento, accresce la sfiducia tra le autorità e la popolazione. “Molti connazioli soffrono
per la mancanza di lavoro, l'alto costo della vita e la paura di investire nel nostro paese” proseguono, oltre che per la minaccia di una terza ondata di Covid-19. A questo riguardo, rilevano che molti genitori sono preoccupati in quanto l’insegnamento digitale non ha raggiunto gli obiettivi di apprendimento prefissati; molti alunni, soprattutto quelli più poveri, non hanno potuto acedere alle classi digitali; inoltre si avvertono nei ragazzi e nelle ragazze, chiari segnali di sofferenza mentale ed emotiva per la mancanza di contatto diretto con compagni di classe e insegnanti. “Ci appelliamo con insistenza al Governo, per la fornitura dei vaccini necessari per tutti, e allo stesso tempo invitiamo tutti i peruviani a vaccinarsi, come espressione di responsabilità per se stessi e per gli altri" chiedono i Vescovi, oltre al diritto di esprimere la nostra fede in maniera libera e responsabile, in un contesto di sicurezza sanitaria. La fede può contribuire "alla riconciliazione e al superamento delle polarizzazioni, generando una cultura dell'incontro e del dialogo. L'intolleranza, l'indifferenza e la discriminazione non devono continuare a prevalere nella nostra convivenza" ribadisce il testo.
I Vescovi peruviani quindi esortano, “in questo momento cruciale della nostra storia”, a camminare insieme “nella ricerca della riconciliazione e del benessere di tutti", avendo obiettivi comuni, superando la disillusione, uscendo da noi stessi e dai nostri interessi, per dire: “Sì alla vicinanza e no all’isolamento, sì alla cultura dell'incontro e no alla cultura dello scontro”.
Nella ricerca del bene comune e della democrazia, non aiuta certo "il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare", invece vanno usati i meccanismi previsti dalla Costituzione e dal sistema legislativo vigente. Per questo il messaggio invita: "Orientiamo la democrazia verso la libertà, evitando ogni autoritarismo. Verso l'uguaglianza combattendo ogni forma di discriminazione e povertà. Verso la fraternità, promuovendo l'amicizia sociale e la cura della nostra grande diversità culturale e della ricca biodiversità”.
Nella conclusione, i Vescovi ribadiscono la loro "disponibilità al dialogo con le autorità del Governo", facendo appello "a lavorare insieme per il bene comune attraverso tavoli di dialogo": “La Chiesa tende le sue mani e reitera la disposizione a costruire ponti e a lavorare insieme nella fraternità e nell’amicizia sociale, per il bene comune, lo sviluppo umano integrale e per rafforzare la nostra fragile democrazia". (SL) (Agenzia Fides 26/08/2021)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Cardinale Brenes invita a “non abbassare la guardia nell’osservare i protocolli sanitari”; il paese si prepara alla festa dell’Indipendenza
 
Managua (Agenzia Fides) – “Coscienti della situazione sanitaria critica che affrontiamo, vi invito, con fede e fiducia nella Divina Provvidenza, con serenità e molta responsabilità, a non abbassare la guardia nell’osservare il protocollo di base (uso delle mascherine, sanificazione delle mani e distanziamento fisico raccomandato); protocollo che deve essere seguito sia a livello personale che negli spazi liturgici ed ecclesiali che sono sotto la nostra responsabilità ecclesiale. E’ compito e dovere di tutti noi, pastori e fedeli, unire gli sforzi per la cura della nostra salute e per dare testimonianza di una Chiesa responsabile e solidale”. Lo raccomanda l’Arcivescovo di Managua, il Cardinale Leopoldo Brenes, in una circolare rivolta a tutti i fedeli dell’Arcidiocesi, diffusa in questi giorni.
Nel testo, pervenuto all’Agenzia Fides, l’Arcivescovo ricorda che chiese e cappelle saranno aperte “in orari opportuni, secondo la realtà di ogni comunità, seguendo il protocollo generale indicato ed il protocollo stabilito in ogni comunità parrocchiale”. Avverte inoltre che, qualora la situazione particolare di qualche comunità o istituzione ecclesiale richiedesse l’adozione di un piano di emergenza, dovranno essere consultati i rispettivi consigli pastorali e le autorità superiori, per valutare le circostanze e attuare le relative misure in comunione.
Il Cardinale ricorda che le celebrazioni liturgiche e le attività pastorali “si dovranno realizzare con creatività, sapendo armonizzare la cura della salute con l’attenzione spirituale dei fedeli”: è il momento di ricorrere per le attività pastorali, ai mezzi di comunicazione alternativi, limitando la durata e il numero dei partecipanti alle attività.
Ai fedeli l’Arcivescovo chiede di essere vicini ai loro parroci in questo momento, rendendo possibile l’uso delle chiese e ricorrendo alle alternative offerte dalla liturgia. “Preghiamo e imploriamo da Cristo e dalla sua Madre Santissima la loro protezione, il loro aiuto e la forza, in questi tempi di prova, perché tutto possiamo ‘in Cristo che ci dà forza’ (Flp 4,13)” conclude il Cardinale Brenes.
Dal 15 agosto al 15 settembre il Nicaragua sta vivendo il “Mese della Patria” in preparazione alla festa nazionale dell’Indipendenza del 15 settembre. Dal 16 al 23 agosto si è riflettuto sulla storia della Chiesa in Nicaragua, attraverso incontri virtuali e momenti di preghiera con la pastorale giovanile. Il tema di riflessione della settimana dal 24 al 31 è la figura di San Giuseppe, con incontri virtuali e momenti di preghiera con i movimenti laicali. Dal 1° al 4 settembre al centro ci sarà la famiglia, con un’ora di adorazione per le famiglie nicarguensi in tutte le chiese, il 2 settembre. Il 6 e 7 settembre saranno organizzate nelle diocesi giornate di preghiera per i sacerdoti, i religiose e le religiose. Infine la settimana dall’8 al 15 settembre sarà dedicata alla preghiera per la Patria. (SL) (Agenzia Fides 26/08/2021)

lunedì 14 giugno 2021

 

AFRICA/BURKINA FASO - “A cosa servono le basi militari straniere nel Sahel?” chiedono i Vescovi dopo la strage di Solhan
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) – Il Burkina Faso è sotto choc per la strage di Solhan, il villaggio nel nord-est del Paese assalito nella notte tra il 4 e il 5 giugno, nel quale almeno 160 persone sono state uccise (vedi Fides 7/6/2021), affermano i Vescovi di Burkina Faso e Niger in un comunicato pubblicato al termine della loro seconda Assemblea Plenaria.
“Indubbiamente si stanno compiendo notevoli sforzi nella lotta al terrorismo e dobbiamo congratularci con tutte le parti coinvolte, in particolare le forze di difesa e di sicurezza. Il tragico evento di Solhan, ci ha però scioccati e fa apparire l'idra terrorista in una luce che uccide l'ottimismo che stava cominciando a rinascere tra le popolazioni” affermano nel documento pervenuto all’Agenzia Fides. All’Apertura dell’Assemblea, il Cardinale Philippe Ouedraogo, Arcivescovo di Ouagadougou, aveva espresso le condoglianza della Conferenza Episcopale di Burkina Faso e Niger alle vittime del massacro (vedi Fides 10/6/2021).
Nella nota i Vescovi si chiedono se la presenza di basi militari straniere nei Paesi del Sahel contribuisca o meno a rafforzare la sicurezza delle popolazioni locali. “La notte d’orrore di Solhan mostra che lo spettro terrorista sta diventando sempre più minaccioso per una popolazione che è tuttavia circondata da basi militari, sia nazionali che straniere. Questo crea forte perplessità nelle popolazioni, con una prospettiva allarmante di incommensurabile disagio degli sfollati in questo periodo di inizio inverno” scrivono i Vescovi facendo riferimento alla stagione secca saheliana, detta “invernale”.
“Naturalmente ci si interroga sul valore della presenza di tante forze straniere nei nostri territori, poiché la speranza dei frutti delude sempre più la promessa dei fiori. Questa osservazione è di grande preoccupazione per le popolazioni; preoccupazione che condividiamo. Quando arriva la fine del tunnel?” chiedono i Vescovi.
Il 12 giugno migliaia di persone si sono radunate a Dori, nel nord del Burkina Faso, per denunciare “l'inerzia” delle autorità dopo il massacro di Solhan (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AFRICA - Terrorismo e violenza: situazione insostenibile nei paesi dell’Africa occidentale
 
Abidjan (Agenzia Fides) – "La subregione dell'Africa occidentale sta purtroppo diventando il bastione del terrorismo in Africa. Una situazione che diventa sempre più preoccupante" scrive all’Agenzia Fides p. Donald Zagore, teologo ivoriano della Società per le Missioni Africane, esprimendo tutta la sua preoccupazione e l'allarme per la situazione dell'area. Il conflitto tra forze governative e gruppi armati legati a Isis e al-Qaeda, nella parte occidentale del Sahel, ha devastato gran parte della regione nell’ultimo decennio, innescando una significativa crisi umanitaria. Secondo i dati del progetto Armed Conflict and Location Event Data Project sono morte quasi 7.000 persone a causa del peggioramento dei combattimenti lo scorso anno. E, secondo quanto pubblicato dalle Nazioni Unite, le continue violenze hanno provocato lo sfollamento interno di oltre due milioni di persone.
Rileva padre Zagore: "Aumentano gli sfollati e i morti. Intere popolazioni che vivono in condizioni di totale precarietà non ce la fanno più - insiste il missionario -. Instabilità politica quasi permanente, violazione dei valori democratici, corruzione su vasta scala, povertà sempre più accentuata, ascesa al potere dei cartelli della droga e dell'oro clandestino, che contribuiscono enormemente al finanziamento del terrorismo, stanno aggravando le condizioni sociali, politiche ed economiche in questa parte dell'Africa".
"Fino a quando i nostri Stati rimarranno prigionieri di tutti questi mali senza mai combatterli con vigore, le loro porte saranno ampiamente aperte a tutte le forme di violenza e di terrorismo per eccellenza. Non è più tempo di discorsi ed eterni vertici sulla lotta al terrorismo. E’ il momento di agire. Le persone non devono diventare prigioniere nel proprio paese" dice accorato il missionario.
Tra gli altri gravi episodi di violenza registrati nella giornata di ieri, 13 giugno 2021, si segnala la morte di almeno due soldati e un gendarme, rimasti uccisi dall’esplosione del loro veicolo a causa di un ordigno esplosivo nella regione di Tèhini, nel nord-est della Costa d'Avorio, vicino al confine con il Burkina Faso. Secondo quanto riportato da fonti locali l'esplosione ha provocato anche tre feriti a meno di una settimana da un attacco di sospetti jihadisti nella cittadina di Tougbo, a pochi chilometri dal confine con il Burkinabè.
Il conflitto nella regione del Sahel ha causato una delle più grandi crisi umanitarie del mondo, con 24 milioni di persone bisognose di aiuti quest'anno e 13 milioni che soffrono la fame, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Con le sue vaste distese desertiche poco controllate e i confini porosi, il Sahel si è rivelato terreno fertile per l'ascesa della militanza islamista in una delle regioni più povere del mondo, mentre il cambiamento climatico ha peggiorato la competizione per le risorse in diminuzione. Secondo un recente studio commissionato dal Catholic Relief Services (CRS) in Mali, Burkina Faso e Niger la disoccupazione giovanile e la mancanza di opportunità economiche sono la causa principale della violenza, spingendo molti giovani a unirsi a gruppi armati. In Africa Occidentale una élites dell'1% possiede ricchezza più di tutto il resto della popolazione e i governi non fanno abbastanza per ridurre la disuguaglianza attraverso politiche come la tassazione e la spesa sociale, ha affermato l'Ong Oxfam.
(DZ/AP) (Agenzia Fides 14/06/2021)
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ASIA/MYANMAR - Preti cattolici arrestati e rilasciati dall'esercito: violenze a Mandalay
 
Mandalay (Agenzia Fides) - I militari birmani hanno arrestato e rilasciato sei sacerdoti cattolici e un laico cattolico nel villaggio di Chan Thar, nell'Arcidiocesi di Mandalay, 700 km a nord di Yangon. Come conferma all'Agenzia Fides p. Dominic Jyo Du, Vicario generale dell'Arcidiocesi di Mandalay, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, militari birmani hanno fatto irruzione nel complesso della chiesa dell'Assunzione e nella annessa casa del clero arrestando il parroco e altri sacerdoti che erano in visita da lui, compiendo una capillare perquisizione della struttura. L'irruzione è stata motivata dal fatto che, secondo alcuni informatori, alcuni parlamentari della Lega nazionale per la democrazia si nascondono in chiese cattoliche e monasteri buddisti. Nel blitz compito nelle ore notturne, i militari hanno divelto il cancello del complesso della chiesa cattolica dell'Assunzione, costruita 200 anni fa dai missionari francesi delle Missioni Estere di Parigi (MEP). A causa dell'arrivo dell'esercito, molti abitanti del villaggio, compresi anziani, donne, malati, sono fuggiti nelle vicine foreste e poi il giorno dopo, alla fine dell'operazione, sono potuti rientrare nelle loro case.
Come riferisce p. Dominic Jyo Du, dopo una notte di interrogatori in stato di fermo, il 13 giugno, intorno all'1,30 di pomeriggio, tutti sono stati rilasciati: "E' stata comunque un'esperienza terribile, dal carattere intimidatorio. Non sono stati maltrattati o torturati ma, quando a un sacerdote è stato intimato di spogliarsi dell'abito sacro, il parroco si è opposto, dicendo che avrebbero potuto anche ucciderlo, ma non l'avrebbe fatto. E' stato coraggioso. I militari non hanno insistito e li hanno rispettati. A volte i militari rispettano gli uomini di Dio, a volte no. Dipende dalle persone".
La gente del luogo ha potuto riabbracciare i preti cattolici. Nel villaggio di Chan Thar si ricorda il primo sacerdote missionario cattolico francese, p. Joseph Pho, MEP, che arrivò in questo villaggio nel 1902, mentre oggi nel villaggio è ancora operante una clinica aperta dalle suore francescane nel 1919. La presenza cattolica è molto apprezzata da tutta la popolazione.
Nell'attuale situazione di crisi, migliaia di persone di ogni ceto sociale vengono arrestate, incarcerate "a causa di informazioni errate, fornite da informatori pro militari", segnala una fonte di Fides. A Mandalay proseguono gli scontri tra le locali di difesa del popolo (People's Defence force) e agenti di polizia e dell'esercito birmano che continuano a compiere raid e perquisizioni notturne nelle case, in edifici civili come scuole, in luoghi di culto come chiese, pagode, monasteri. In risposta le forze della resistenza si organizzano per colpire obiettivi militari.
Mandalay, antica capitale della Birmania (oggi Myanmar) prima dell’arrivo degli inglesi, è disseminata di templi buddisti e rappresenta lo spirito mistico del paese, segnata dal buddismo Hinayana.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/AFGHANISTAN - Le donne afgane: senza giustizia, la guerra proseguirà
 
Kabul (Agenzia Fides) - È preoccupata Nargis Nehan, direttrice dell’Organizzazione non governativa “Equality for Peace and Democracy”. “Con il ritiro delle truppe, sembra che la società civile non sia più utile come prima alla comunità internazionale”. Già Ministra per il Petrolio e le risorse naturali, volto noto dell’attivismo nella capitale afghana, Nehan nota che al disimpegno militare sta corrispondendo un disimpegno diplomatico e finanziario. Il 14 aprile 2021 il Presidente degli Statu Uniti, Joe Biden, ha annunciato che il ritiro delle truppe statunitensi, incondizionato, avverrà entro l’11 settembre 2021. Lo stesso vale per i Paesi che contribuiscono coi i loro eserciti alla missione della Nato. Nelle ambasciate straniere si stilano piani di evacuazione. I donatori appaiono più riluttanti a sostenere nuovi progetti. “Non siamo coinvolte a sufficienza nelle discussioni di alto livello”, lamenta Nehan. Spesso, sostiene, “ le donne afgane sono chiamate a parlare soltanto di diritti delle donne, ma abbiamo idee su tutto: dal processo di pace al quadro regionale”.
Previsto dall’accordo bilaterale tra Usa e Talebani del febbraio 2020, il negoziato intra-afghano, tra Talebani e fronte repubblicano, è iniziato soltanto nel settembre 2020. Non ha prodotto risultati significativi. I Talebani hanno disertato una Conferenza dell’Onu prevista lo scorso aprile in Turchia, con il pretesto che la data scelta da Biden per il ritiro completo posticipava di 4 mesi quanto concordato a Doha. Da allora, la violenza è cresciuta.
"È la prima volta in vent’anni che mi sento veramente minacciata”. Così racconta all’Agenzia Fides Najba Ayoubi, giornalista, direttrice di “The Killid Radio”, rete indipendente di radio afgane con sedi in otto province del Paese. Negli ultimi mesi si sono registrati numerosi omicidi mirati contro giornalisti e giornaliste, membri della società civile, giudici, funzionari governativi. Nessun gruppo rivendica gli omicidi. La violenza cresce anche sui fronti militari, con i Talebani alla conquista di nuovi distretti e il governo concentrato nella protezione dei capoluoghi provinciali. Per Najiba Ayoubi “quando si entra in un negoziato il primo passo dovrebbe essere accettare un cessate il fuoco. Solo dopo si negozia”. I Talebani avrebbero scelto invece “la strada sbagliata. Vogliono andare al potere con la forza”. Per Najiba Ayoubi resta importante trovare un accordo politico tra il governo di Kabul e i Talebani. Ma nota che “firmare un documento non produrrà la pace”. “Il processo politico è importante, ma senza pace sociale ci saranno sempre altri conflitti. Qui c’è una società in guerra da 40 anni. Tante famiglie chiedono giustizia”. Se non si soddisfano le richieste di giustizia, la guerra proseguirà”, conclude la direttrice di The Killid Radio.
(GB-PA) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/TERRA SANTA - Gerusalemme, il Patriarcato latino indice la "Giornata annuale della pace per l'Oriente” e annuncia la consacrazione della regione alla Sacra Famiglia di Nazareth
 
Nazareth (Agenzia Fides) – Una “Giornata della Pace per l’Oriente”, da celebrare ogni anno con una speciale liturgia eucaristica “per implorare la Misericordia di Dio e la sua Pace su questo amato Medio Oriente, dove la fede cristiana è nata ed è ancora viva, nonostante le sofferenze”. L’inedita iniziativa è stata annunciata dall’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. Il Patriarca, che è anche Presidente della Assemblea dei Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, in aggiunta ha dato notizia che in quest’anno 2021, dedicato a san Giuseppe, nella Messa della prima Giornata per la pace, in programma domenica 27 giugno a Nazareth, presso la Basilica dell’Annunciazione, verrà compiuta anche una speciale Consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia.
“In occasione della celebrazione del 130° anniversario della Rerum Novarum, l'enciclica emanata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891 sui ‘Diritti e doveri del capitale e del lavoro’ – spiega il Patriarca Pizzaballa in un messaggio diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme -, il Comitato episcopale ‘Giustizia e Pace’, che emana dal Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente, ha lanciato l’iniziativa della celebrazione annuale di una Santa Messa durante una giornata che si chiamerà ‘Giornata della Pace per l'Oriente’, e che quest'anno sarà domenica 27 giugno 2021, alle ore 10:00”.
Una liturgia eucaristica per la pace nella regione mediorientale verrà celebrata in ciascuno dei Paesi su cui il Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente esercita la sua opera di coordinamento. Domenica 27 giugno, a Nazareth, nella Basilica dell’Annunciazione, nella Messa presieduta dal Patriarca Pizzaballa e concelebrata dai Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, verrà benedetta un'icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con reliquie custodite nella stessa Basilica. L'icona riproduce l’immagine della Sacra Famiglia raffigurata sopra l'altare della chiesa di San Giuseppe, a Nazareth, dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dello Sposo di Maria.
“Una volta benedetta” riferisce il Patriarca Pizzaballa nel suo messaggio, “l'Icona sarà portata in pellegrinaggio, partendo dal Libano, verso i paesi dell'Oriente, fino al suo arrivo a Roma verso la fine dell'anno di San Giuseppe, l'8 dicembre 2021. Da Roma, l'Icona farà il suo viaggio di ritorno in Terra Santa”. Anche Papa Francesco, domenica 27 giugno, impartirà da Roma la sua speciale benedizione apostolica per la “Giornata della Pace per l'Oriente”. (GV) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AMERICA/MESSICO - Sacerdote ucciso in una sparatoria tra cartelli del narcotraffico
 
Jalisco (Agenzia Fides) - Il Ministro Provinciale della Provincia Francescana dei santi Francisco e Santiago in Messico, padre Angel Gabino Gutiérrez Martinez, OFM, ha informato della morte violenta del suo confratello, padre Juan Antonio Orozco Alvarado, OFM, vittima, insieme ad altre persone, di uno scontro fra bande armate tra i cartelli che si disputano il territorio.
La comunicazione del Superiore francescano porta la data del 12 giugno, ed è pervenuta a Fides domenica 13 giugno festa di Sant'Antonio di Padova. La notizia è stata confermata da una nota della Prelatura di Jesús María (del Nayar), suffraganea di Guadaljara, che indica la mattina di sabato 12 giugno come data del sanguinoso evento, in cui oltre al sacerdote ci sono altri morti e feriti.
La comunità cattolica di Guadalajara ha riferito che il sacerdote ha perso la vita mentre si stava recando a celebrare la messa nella comunità di Tepehuana de Pajaritos. Alcuni membri armati del cartello di Jalisco Nueva Generación (CJNG) e del cartello di Sinaloa hanno iniziato ad attaccarsi a vicenda, il sacerdote e il piccolo gruppo di fedeli della comunità che lo avevano accolto e con lui si stavano recando in chiesa, si sono trovati nel mezzo dello scontro.
Padre Juan Antonio Orozco Alvarado aveva 33 anni, era parroco a Santa Lucía de la Sierra, nel municipio di Valparaíso nello stato di Zacatecas, Jalisco. "Padre Juanito", come era conosciuto, aveva iniziato solo 6 mesi fa il suo lavoro pastorale nella zona.
La Conferenza Episcopale Messicana (CEM) ha deplorato il fatto, auspicando che Nostra Signora de Guadalupe "consoli il nostro dolore con il suo cuore di madre e ripristini la giustizia e la pace nella nostra società". La CEM ha inoltre ricordato che Fray Juan - originario di Monclova - è stato "vittima della violenza che esiste nel nostro Paese".
(CE) (Agenzia Fides 14/06/2021)

mercoledì 7 ottobre 2020

Vatican News 7 ottobre 2020

 

Vatican News

Le notizie del giorno

07/10/2020

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