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AFRICA/CENTRAFRICA - Il Cardinale Nzapalainga ricorda l’imam Kobine Lamaya, “operatore di pace” | |
Bangui (Agenzia Fides) - "È un baobab che è caduto, perché quest'uomo è stato uno studioso, un uomo di saggezza, che ha saputo raccogliere, che aveva in bocca la parola dell'unità, che aveva rispetto e stima per l' altro”. Così Sua Eminenza il Cardinale Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, ha reso omaggio all’imam, Omar Kobine Lamaya, Presidente del Consiglio Islamico Superiore della Repubblica Centrafricana, morto a Bangui il 28 novembre all'età di 66 anni. Rispettato da tutti, l’imam è stato uno dei fondatori della Piattaforma delle Confessioni Religiose della Repubblica Centrafricana (PCRC), che dal 2012 riunisce chiese cattoliche e protestanti, nonché la comunità musulmana da lui rappresentata. Il PCRC è stata un'importante organizzazione di mediazione nella guerra civile che ha sconvolto il Paese nel 2013. L'organizzazione ha anche ricevuto il Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 2015 in omaggio al suo lavoro per la pace. “Abbiamo lottato insieme per preservare l’unità invitato al rispetto e alla stima dell’altro” - ricorda il Cardinale che ha definito l’imam scomparso “il mio fratello maggiore”. Tra le recenti iniziative promosse dall’iman scomparso insieme agli altri leader religiosi ricordiamo la Partnership interconfessionale per il consolidamento della pace nella Repubblica Centrafricana (CIPP, vedi Fides 16/5/2016).), un progetto comune finanziato da un gruppo di ONG cristiane e islamiche per sostenere il processo di pacificazione nel Paese africano che sta compiendo importanti progressi per uscire dalla guerra civile, promosso dalla piattaforma interreligiosa per la pace del Centrafrica. (L.M.) (Fides 1/12/2020). | |
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ASIA/INDONESIA - I Vescovi indonesiani: urge sradicare il terrorismo e fare giustizia, per la prosperità dell'Indonesia | |
Jakarta (Agenzia Fides) - "Gli atti sanguinosi e violenti avvenuti a Poso sono al di là della nostra umanità e civiltà, sono totalmente contrari ai valori dell'umanità e agli insegnamenti religiosi". Con queste parole i Vescovi cattolici indonesiani stigmatizzano la recente strage di Sigi, nei pressi di Poso, dove quattro fedeli cristiani dell'Esercito della Salvezza sono stati uccisi da un commando terrorista del Mujahidin Indonesia Timur (MIT). In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, e pubblicato ieri, 30 novembre, i Vescovi e tutti i fedeli cattolici dell'arcipelago "esprimono profondo cordoglio alle famiglia delle vittime" e "condannano fermamente la brutalità avvenuta a Sigi che ha causato la morte di 4 persone la distruzione di diverse case e di un'aula liturgica". Nel testo, firmato da Mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, Arcivescovo di Jakarta e Presidente della Conferenza Episcopale cattolica, i Vescovi ribadiscono di "sostenere fermamente il governo locale e federale, per affrontare con misure adeguate la lotta al terrorismo, fare giustizia e garantire la sicurezza sociale dei cittadini". L'Episcopato indonesiano chiede con fermezza che sia "debellato il gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur fino alle sue radici in tutta la nazione", per garantire giustizia e preservare l'unità e la prosperità dell'Indonesia, in tute le sue pluralistiche componenti religiose. La Chiesa cattolica in Indonesia, nel confermare il pieno sostegno alle istituzioni e alle forze dell'ordine, nella lotta al terrorismo e ogni forma di violenza e odio religioso, "incoraggia vivamente tutte le parti sociali a intessere buoni rapporti interreligiosi e a coltivare il dialogo, la convivenza e l'armonia", tratti tipici della cultura del popolo indonesiano, nel rispetto del motto nazionale "unità nella diversità". La comunità cattolica in tutta l'Indonesia assicura preghiera e profonda solidarietà alle comunità colpite dal terrorismo e, nel tempo di Avvento, intensifica la preghiera per la pace a Cristo Gesù, principe della pace. (PA) (Agenzia Fides 1/12/2020) | |
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ASIA/INDONESIA - Strage di Sulawesi, i cattolici: "No" al terrorismo e all'odio religioso | |
Poso (Agenzia Fides) - "Bisogna salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. Condanniamo ogni atto di terrore e fondamentalismo religioso, corruzione e distruzione dell'ambiente": è quanto affermano le organizzazioni cattoliche indonesiane all'indomani della strage di Poso, sull'isola indonesiana di Sulawesi, dove il 27 novembre sono stati uccisi quattro cristiani dell'Esercito della Salvezza, membri della medesima famiglia. Una vittima è stata giustiziata per decapitazione e le altre sono state uccise a colpi di arma da fuoco, poi i loro corpi sono stati dati alle fiamme. I quattro contadini cristiani sono stati avvicinati da un commando del gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur (Mujahidin dell'Indonesia orientale, MIT). Il leader del gruppo terroristico Ali Kaliora ha ordinato alle quattro vittime di inginocchiarsi: improvvisamente le hanno giustiziate e poi hanno bruciato i loro corpi insieme a una chiesa e a diverse altre case. L'Organizzazione delle Donne cattoliche Indonesiane (WKRI), l'Associazione degli Intellettuali Cattolici (ISKA) e l'organizzazione della Gioventù cattolica hanno espresso sgomento e preoccupazione per l'incidente, chiedendo alle istituzioni di intervenire con prontezza per salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. I gruppi cattolici hanno condannato fermamente "gli atti brutali che colpiscono la vita umana e offuscano la coscienza della nazione", afferma una dichiarazione pervenuta all'Agenzia Fides. "Chiediamo all'intera società indonesiana di avere il coraggio di fermare tali atti violenti e promuovere l'unità. Dobbiamo prendere parte attiva nello spezzare la catena della violenza e dell'intolleranza", ha asserito Karolin Margret Natasa, presidente della Gioventù cattolica. L'attacco terroristico a Sulawesi ha scosso la nazione, provocando nella società civile un'ampia reazione di organizzazioni religiose di diverse fedi e una ferma condanna da parte dei leader politici. Il presidente dell'Indonesia, Joko Widodo, ha inviato un messaggio alla nazione ammonendo: "Non esiste alcun posto nel suolo indonesiano per atti terroristici". Il presidente ha annunciato di aver dato ordine diretto alle forze di polizia di effettuare un'operazione di caccia all'uomo per rintracciare gli autori della strage . "Questi brutali atti di terrore sono al di là della nostra umanità e civiltà", ha detto il presidente, annunciando aiuti finanziari alla famiglia delle vittime. Tali atti "intendono provocare terrore e distruggere l'unità nazionale. Ecco perché auspichiamo di restare uniti come nazione per smantellare questi gruppi terroristici". Poso, nella provincia delle Sulawesi centrali, ha assistito a molte sanguinose violenze inter comunitarie tra il 1999 e il 2001, tra cristiani protestanti e gruppi radicali musulmani. Il conflitto si è ampliato quando ex combattenti jihadisti indonesiani delle Filippine e dell'Iraq si sono uniti ai musulmani locali per fare la guerra contro i cristiani. A dicembre 2001, una tregua è stata firmata dalle parti in guerra attraverso l'Accordo di pace di Malino. Gli attentati terroristici sono continuati fino ad oggi, poiché alcuni ex combattenti riunitisi nel gruppo Mujahidin Indonesia Timur sono ancora in azione . Nel 2016 è stata creata nelle forse dell'ordine la "Tinombala Task Force", che ha dato la caccia ai jihadisti uccidendone il leader Santoso, detto Abu Wardah. Gli è succeduto al vertice dell'organizzazione Ali Kaliora che continua a promuovere atti di terrore come quello recente di Poso. (MH-PA) (Agenzia Fides 1/12/2020) | |
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ASIA/TURCHIA - Patriarca Bartolomeo: l’unità dei cristiani non è “utopia ecumenicista”, ma volontà di Cristo stesso | |
Istanbul (Agenzia Fides) – Il cammino verso la piena unità dei cristiani non si è fermato, e può proseguire con tenacia, realismo e “piena fiducia nella provvidenza”, proprio perché non si fonda su una sterile “utopia ecumenicista” e non esprime alcun “minimalismo teologico”, ma rappresenta “il volere di Nostro Signore”. E’ un messaggio realista e pieno di fiducia sulla testimonianza che i cristiani uniti possono dare nel tempo presente quello espresso dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in occasione della festa patronale dell’apostolo Andrea, celebrata ieri, 30 novembre, nella sede patriarcale del Fanar. Nel suo intervento, pronunciato alla fine della divina liturgia, il Patriarca ecumenico ha rivolto parole di ringraziamento per la delegazione vaticana guidata dal Cardinale Kurt Koch (Prefetto del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani), giunta a a Istanbul per prendere parte alle celebrazioni patronali in onore di Sant’Andrea, nonostante le difficoltà di spostamento dovute alla pandemia. Il Patriarca ha sottolineato che proprio nel 2020 cadono i quarant’anni dall’inizio del dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, inaugurato nel 1980 con l’incontro a Patmos e Rodi, avendo fin dall’inizio come scopo dichiarato “il ristabilimento della piena comunione”, basata “sull’unità di fede secondo l’esperienza comune e la tradizione della Chiesa primitiva”, che “troverà la sua piena espressione nella comune celebrazione dell’Eucaristia”. L’unità dei cristiani – ha proseguito il Patriarca nel suo intervento – è chiamata anche in questo tempo a diventare dono fecondo per tutto il genere umano, offrendo solidarietà a tutti anche nell’affronto delle emergenze sociali e morali che assediano il mondo. Secondo il Patriarca,il degradare del pluralismo in nichilismo e indifferentismo, che minaccia la tenuta delle società, “non può portare e alla rottura dell'identità e della dimensione cristiana nella vita ecclesiale”. Non è possibile per la Chiesa di Cristo “adattare i principi morali e antropologici divini delle ‘scelte alternative’ della moderna civiltà secolarizzata”. La vita della Chiesa stessa, SECONDO IL Patriarca Bartolomeo, “ è una risposta indistruttibile alle domande dell'antropologia e della morale”. E il crescere di differenze nel terreno dell’antropologia e della morale “rende difficile il progresso dei dialoghi tra cristiani”. Per questo, secondo il Patriarca, in questa fase storica “la formulazione di un'antropologia cristiana comunemente accettata e il rispetto pratico dei suoi principi saranno un importante sostegno al corso delle relazioni tra le nostre Chiese”. A questo riguardo, il Patriarca Bartolomeo, nel suo intervento, ha confermato in più passaggi la fraterna sintonia con cui condivide le premure pastorali di Papa Francesco, citando esplicitamente la recente Enciclica papale “Fratelli Tutti”: "Sosteniamo l'iniziativa” ha detto il Patriarca ecumenico “che promuove la pace e il cambiamento. Esprimiamo il messaggio filantropico della Chiesa promuovendo la fratellanza e la solidarietà, la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani. Siamo coinvolti nello sforzo di affrontare le cause e le conseguenze della grande crisi contemporanea dei rifugiati e dell'immigrazione. Siamo sconvolti dai tragici episodi di violenza in nome di Dio e della religione. Ciò rivela ancora una volta il valore del dialogo interreligioso, della pace e della cooperazione tra religioni”. Alla liturgia in onore dell’Apostolo Andrea ha preso parte anche una delegazione proveniente dall’Ucraina, guidata dal Primo Ministro Denys Shmyhal. Salutando la delegazione ucraina, il Patriarca Bartolomeo ha confermato l’intenzione di visitare l’Ucraina nel 2021, nel trentennale dell’indipendenza del Paese. (GV) (Agenzia Fides 1/12/2020). | |
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AMERICA/HAITI - Tre giorni di preghiera e digiuno in tutte le diocesi: “Diamo una possibilità ad Haiti!” | |
Port au Prince (Agenzia Fides) – "Preghiera, digiuno e intercessione per la conversione e per la liberazione del paese" è quanto chiedono i Vescovi di Haiti ai fedeli, dal 5 al 7 dicembre, nelle parrocchie delle dieci diocesi del paese. In un messaggio a conclusione dell’Assemblea plenaria e in vista del Natale, con il titolo: "Non lasciatevi rubare la vostra speranza" (Papa Francesco), la Conferenza Episcopale di Haiti ha espresso preoccupazione sulla realtà di violenza e ha denunciato situazioni che devono cambiare. "Oggi la nostra cara Haiti ha più che mai bisogno di salvezza, redenzione, pace, trasformazione profonda: trasformazione delle mentalità, delle strutture, del modo di governare e di fare politica. Da luglio 2018 non abbiamo mai smesso di chiedere ai protagonisti di tutti i settori della vita nazionale di unirsi. Durante questo anno 2020 abbiamo anche denunciato gli abusi dell'Esecutivo che, attraverso alcuni decreti, destano crescente preoccupazione" (vedi Fides 7/7/2020). Il testo continua: "Siamo profondamente colpiti ed esprimiamo il nostro dolore e sgomento per il peggioramento della situazione nel paese, che sta sprofondando sempre più nella violenza, nella miseria e nell'insalubrità. Oggi assistiamo ad un avvelenamento della vita sociale a causa di una proliferazione di atti di rapimento, banditismo, stupro, omicidio e barbarie che seminano terrore, morte e lutto, inducendo le persone ad abbandonare le loro case”. “Piangiamo e ripetiamo con tutte le nostre forze, con tutto il popolo haitiano esasperato ed esausto: No al caos! No alla violenza, no all'insicurezza, no alla miseria, ne abbiamo abbastanza! Il popolo haitiano è stufo! Quando è troppo è troppo! Quanto a voi che commettete tali atti, come a coloro che vi sostengono, chiediamo, in nome del Dio della vita: fermatevi! Le vostre azioni sono condannate da tutto il popolo haitiano, non vi porteranno da nessuna parte" si legge nel messaggio della CEH. I Vescovi propongono una soluzione a tale grave situazione: "Abbiamo bisogno di un accordo nazionale interhaitiano per ricostruire la nazione. Dobbiamo trovare insieme la formula per tesserlo. Incoraggiamo le iniziative nazionali che vogliono unire le forze del Paese al fine di raggiungere un consenso per rimettere in piedi le istituzioni e ripristinare la fiducia del popolo…Perché la soluzione è nella speranza che attiva il consenso per un'amicizia sociale e una nuova cultura" affermano i Vescovi nel documento. "Il paese non cambierà finché la mente e il cuore non cambieranno": ecco perché invitano ai tre giorni di preghiera e digiuno. Alla fine lanciano un appello: "Il Natale è la festa dell'Amore, la festa della Fraternità, la festa della Pace. Questa pace, cerchiamola insieme. Diamo una possibilità ad Haiti! Risparmiamo ulteriore sofferenza all'amato popolo haitiano. Bandite la violenza per sempre! Mettiamo definitivamente fine all'insicurezza e all'impunità!" (CE) (Agenzia Fides 01/12/2020) | |
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AMERICA/ARGENTINA - La Caritas: no alla legge sull’aborto, proteggiamo la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili | |
Buenos Aires (Agenzia Fides) - "La pandemia che ancora soffriamo ha dato la priorità all'assistenza sanitaria di tutti gli abitanti dell'Argentina, come in ogni paese. La Caritas ha raddoppiato i suoi sforzi per soddisfare i bisogni fondamentali dei nostri fratelli. Ci ha sorpreso e ha causato grande dolore il fatto che ora siamo alle porte della discussione di una legge per legalizzare l'aborto, un disegno di legge che due anni fa non è stato approvato”. Lo afferma Mons. Carlos Tissera, Vescovo di Quilmes, Presidente di Caritas Argentina, in una nota pervenuta a Fides in cui esprime il rifiuto del progetto di legalizzazione dell'aborto e invita gli argentini a "proteggere la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili, fin dal loro concepimento". Mons. Tissera prosegue: “La nostra missione come Caritas è quella di accogliere la vita come viene e di accompagnare le famiglie, aiutando le madri, i padri e i figli nelle loro necessità e proteggerli nelle loro fragilità, non solo cercando di includerli nella vita sociale, ma promuovendoli per integrarli, in modo che non siano solo beneficiari di programmi sociali, ma siano protagonisti di un progetto di paese per tutti gli argentini". La Caritas accompagna le madri che affrontano gravidanze indesiderate, qualunque strada abbiano percorso, prosegue la nota. È difficile capire come i legislatori possano votare una legge con cui lo Stato toglie il principale diritto umano della vita ad alcune persone, che sono anche indifese. “Legalizzare l'aborto sarebbe una brutale battuta d'arresto come società umana, assimilabile all'eliminazione di altre vite nate e che a causa del loro status di povertà possono infastidire in modo particolare alcuni”. “Se ci causa dolore una possibile legge sull'aborto - conclude mons. Tissera -, lo stesso dolore ci provoca vedere cristiani che difendono la vita non ancora nata e dimenticano la vita già nata; disonorando la dignità dei poveri sostenendo leggi di spogliamento dei diritti acquisiti; o coloro che lottano rumorosamente contro l'aborto e non muovono un dito per stare accanto alle madri che vivono la gravidanza in situazioni di povertà, scarto o sfruttamento". Attraverso una recente lettera a Papa Francesco, un gruppo di donne dei villaggi e dei quartieri popolari ha espresso il suo sentimento: "ci sentiamo preda di una situazione in cui la nostra famiglia, le nostre figlie adolescenti e le generazioni future, stanno crescendo con l'idea che le nostre vite sono indesiderate e che non abbiano il diritto di avere figli perché sono povere". Di fronte all'imminente dibattito sull'aborto, Caritas Argentina vuole amplificare queste voci, come una delle istituzioni che lavorano quotidianamente per trasformare la vita delle famiglie e delle comunità vulnerabili in ogni angolo del paese. (SL) (Agenzia Fides 1/12/2020) |