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venerdì 29 maggio 2020

Agenzia fides 29 maggio 2020

AFRICA/KENYA - “Il Vangelo è attualizzato attraverso la carità” dice il Direttore Nazionale delle POM nel Kenya a rischio fame per il blocco da COVID-19
 


Nairobi (Agenzia Fides) – “La pandemia da COVID 19 ha influenzato negativamente la vita sociale, economica e religiosa, a causa della chiusura dei movimenti in entrata e in uscita da Nairobi, Mombasa, e dalla contee di Kwale e Kilifi, e del coprifuoco dall'alba al tramonto che è stato imposto il 27 marzo come misure di contenimento per frenare la diffusione del Coronavirus in Kenya” dice all’Agenzia Fides p. Bonaventure Luchidio, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Kenya.
“Questa situazione ha messo la maggioranza dei keniani che vive nei settori informali a rischio fame e malnutrizione. Questo perché il 48% della popolazione keniana vive di guadagni giornalieri nel settore informale. Quelli che hanno un impiego fisso hanno dovuto sopportare la riduzione dei salari fino al 50%, mentre ad altri è stato concesso un congedo non retribuito indeterminato. Queste circostanze hanno come conseguenza due problemi principali: la fame e lo stress nelle famiglie.” afferma p. Luchidio.
“Anche la Chiesa- dice il Direttore Nazionale delle POM- risente della situazione perché dipende interamente dalle offerte della domenica per realizzare le proprie attività e mantenere i sacerdoti. Coloro che vivono nelle aree rurali sopportano il peso maggiore perché, a parte la mancanza dei beni di base, la comunità in quelle aree guarda ai sacerdoti e ai religiosi per il sostegno spirituale e il sostentamento materiale. I sacerdoti devono interagire in modo creativo con i parrocchiani condividendo il poco che ricevono dalle persone di buona volontà”.
Il Fondo speciale di emergenza delle POM è quindi un’iniziativa più che benvenuta in Kenya. P. Luchidio dice che “il Fondo in primo luogo serve a sostenere le diocesi e i sacerdoti e i religiosi che sono rinchiusi in case e che stanno sperimentando la fame, dando loro l'opportunità di contattare i fedeli in difficoltà nelle loro parrocchie in cerca di cibo”.
“In secondo luogo, il Fondo aiuta le diocesi a pagare il personale che è stato mandato a casa in congedo non retribuito perché le diocesi non possono sostenere con i loro stipendi ogni mese. È diventato difficile per i Vescovi gestire i loro segretariati a causa di fondi insufficienti per pagare il personale” dice p. Luchidio.
“In terzo luogo, i fondi aiuteranno a rendere le chiese conformi ai protocolli governativi in modo che, quando verrà annunciata la loro riapertura saranno in grado di tenere le celebrazioni secondo le linee guida del Ministero di Salute”.
P Luchidio dice che “la Conferenza Episcopale ha lanciato un programma di raccolta chiamato “adotta un programma familiare” in cui una famiglia mantiene un'altra famiglia che ha bisogno di cibo. A seguito dell'appello dei Vescovi, le persone di buona volontà si sono organizzate. Siamo toccati dalle diverse forme di coesione sociale e solidarietà; le persone hanno aperto le loro case per accogliere i vicini bisognosi che non sono stati in grado di pagare l'affitto, altri hanno raccolto razioni alimentari per famiglie affamate. Alcuni hanno persino fatto di tutto per sostenere i sacerdoti in aree remote in modo che questi possano raggiungere le famiglie bisognose”. “Questi atti di carità e solidarietà hanno toccato il cuore di così tante persone e fatto capire loro che il Vangelo è attualizzato attraverso la carità” sottolinea p. Luchidio.
“Questa esperienza ci ha insegnato che in effetti è possibile nutrire 5000 persone con 5 pagnotte di pane e due pesci” conclude il Direttore Nazionale delle POM in Kenya. (L.M.) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AFRICA/MOZAMBICO - “Cabo Delgado è diventato il palcoscenico di una guerra misteriosa e incomprensibile” denunciano i Vescovi
 


Maputo (Agenzia Fides) - “Siamo profondamente preoccupati per il peggioramento della situazione a Cabo Delgado che è diventato il palcoscenico di una guerra misteriosa e incomprensibile” affermano in un comunicato giunto all’Agenzia Fides, i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Nampula, nel nord del Mozambico, regione sconvolta dalle violenze di gruppi jihadisti (vedi Fides 31/3/2020 e 16/4/2020).
“La guerra iniziata dall'ottobre 2017, si sta diffondendo in tutta la Provincia e con essa molte altre forme di violenza e violazione dei diritti umani, deteriorando le condizioni di vita già precarie e causando grandi sofferenze alle popolazioni” denunciano i Vescovi.
“Le drammatiche conseguenze di questa crisi sono evidenti: incendi di villaggi, distruzione di infrastrutture economiche e sociali, popolazioni spaventate e affamate, famiglie in fuga, confuse e disorientate senza sapere dove cercare riparo e protezione” afferma la dichiarazione. “E come se ciò non bastasse, la stessa provincia di Cabo Delgado, già così duramente colpita, è purtroppo diventata, in Mozambico, l'epicentro dello scoppio della pandemia globale causato dal Covid-19”.
“Come pastori, vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà con tutti i nostri fratelli e concittadini a Cabo Delgado e, allo stesso tempo, incoraggiarli a non perdere mai il coraggio e la speranza in tempi migliori. Gesù Cristo risorto e vincitore delle forze del peccato e della morte, ci assicura che l'odio, la distruzione e la morte non hanno l'ultima parola, ma la vittoria della vita, della giustizia e dell'amore” dicono i Vescovi che esprimono apprezzamento e riconoscimento “a tutti coloro che, dentro o fuori, prendono e moltiplicano le iniziative per mitigare la sofferenza delle persone.
I Vescovi raccomandano infine i fedeli della provincia di Cabo Delgado a non allentare le precauzioni necessarie per prevenire l'ulteriore diffusione del Coronavirus. “Per amore della vita, nostra e altrui, tutti dobbiamo osservare rigorosamente le misure di contenimento indicate dalle autorità sanitarie e dal nostro governo”. (L.M.) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AFRICA/ERITREA - I Lazzaristi accanto ai piccoli di ogni religione, sulle orme di san Giustino
 
Hebo (Agenzia Fides) - Sono vicini ai bambini da 73 anni. Li nutrono, li vestono, li aiutano a crescere e poi li inseriscono nella comunità di origine. Dal 1947, in Eritrea, i padri vincenziani (missionari Lazzaristi), insieme alla suore Figlie della Carità, non hanno mai smesso di stare vicino ai più piccoli, in particolare quelli più poveri e dimenticati. Senza chiedere nulla in cambio, anzi, rispettando le loro culture e le loro tradizioni.
Il progetto, che fin dall’inizio si chiama «Salvavita», affonda le radici nella storia. I padri Lzzaristi arrivano in quella che allora si chiama Abissinia nel 1839 sulle orme della predicazione di San Giustino de Jacobis. Creano strutture, aiutano la povera gente. Finché alla guida della congregazione non viene nominato un religioso francese. Le autorità coloniali italiane temono che i religiosi possano lavorare a favore della Francia, allora potenza nemica. I lazzaristi vengono così costretti a lasciare l’Eritrea, ma il loro ricordo non svanisce. E non si allenta neppure il legame tra la congregazione e il piccolo Paese. Negli anni Trenta, quando scoppia la guerra contro l’Etiopia, numerosi lazzaristi sono chiamati a servire come cappellani nell’esercito italiano. Si stringe nuovamente un rapporto con l’Eritrea.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, una parte di essi decide di non tornare in Italia. «La situazione nel Paese è delicata - spiega a Fides Joseph Zeracristos, Lazzarista eritreo - la gente è poverissima. Molte mamme muoiono durante il parto e i bambini rimangono soli. Nel 1947 decidono, insieme alle suore Figlie della carità, di prendersi cura di questi piccoli. I primi quattro neonati vengono ospitati al primo piano della loro comunità».
Parte così il progetto «Salvavita» che, da allora, non si è mai fermato. «L’Eritrea è una nazione piccola e orgogliosa, ma anche molto povera – continua padre Zeracristos -. Nel tempo, purtroppo, la situazione sanitaria non è migliorata. Fatta eccezione per un breve periodo negli anni Novanta, dopo la fine della guerra civile, nel quale il governo ha creato molte strutture sanitarie, la condizione delle mamme è sempre stata molto precaria».
I religiosi e le religiose hanno così continuato a ospitare nella loro struttura di Hebo (la città nella quale sorge il santuario intitolato a San Giustino de Jacobis) ospitano ogni anno tra i 38 e i 45 bambini. Inizialmente li accudivano fino al 18° anno di vita, poi la decisione di curarli fino ai 6 anni e reintrodurli nelle loro comunità. «Arrivano bambini di famiglie ortodosse, musulmane, cattoliche – continua il padre Lazzarista -, noi li ospitiamo tutti, ma abbiamo sempre rispettato la loro cultura e la la loro fede. Se sono musulmani non li battezziamo, se sono ortodossi rispettiamo e accompagniamo la loro confessione di fede. Una volta reinseriti nelle loro comunità ci penseranno i parenti a formarli alla loro fede. Noi, una volta in famiglia, li seguiamo e li aiutiamo comunque».
Ogni anno, nel corso della festa di San Giustino de Jacobis (30 luglio), molti padri e figli tornano a Hebo sobbarcandosi anche viaggi lunghi per ringraziare i padri Lazzaristi per il sostegno dato loro. Ma qual è il segreto di questo progetto così longevo? «Ci sono tanti elementi - conclude padre Zeracristos -. Intanto direi che non è il progetto di un singolo missionario, ma della nostra intera comunità Lazzarista eritrea. Dal 1947 è la comunità a farsene carico e a portarlo avanti. In secondo luogo, direi che è importante la generosità di molti italiani che, attraverso il sostegno a distanza, ci aiutano ad accudire i piccoli. Noi non abbandoneremo mai i piccoli. Staremo loro vicino aiutandoli a crescere e a diventare buoni cittadini».
(EC) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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ASIA/INDIA - Preghiera, empatia solidarietà della Chiesa verso le vittime del ciclone Amphan
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Preghiera, empatia, vicinanza e solidarietà concreta: così la Chiesa cattolica in India mostra la sua vicinanza alle popolazioni vittime del ciclone Amphan che negli ultimi giorni ha colpito parti degli stati indiani di Odisha e Bengala Occidentale, e del Bangladesh.
"Nelle nostre preghiere, ricordiamo tutte le persone colpite da questo ciclone, dal Covid- 19 e tutti quei migranti che stanno ancora tornando a casa", ha dichiarato in una nota, pervenuta a Fides, il Cardinale Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale dell'India (Cbci). Esprimendo vicinanza e solidarietà, il messaggio invita le autorità civili, le organizzazioni umanitarie le comunità religiose a portare sollievo a tutte le persone colpite dal ciclone.
L'Arcivescovo Thomas D'Souza, alal guida della comunità cattolica di Calcutta, ha lanciato un appello tutte le parrocchie e le istituzioni ecclesiali a mobilitarsi per aiutare le persone colpite con materiale di soccorso (cibo e alloggio), in collaborazione di Caritas India e Seva Kendra, l'ente benefico dell'arcidiocesi.
Le strade sono state allagate a Calcutta, la capitale del Bengala occidentale, dove vivono 15 milioni di persone, mentre le linee elettriche sono state abbattute e gli alberi caduti hanno bloccato le strade. Circa 200 soldati dell'esercito indiano si sono uniti a oltre 4.000 agenti di soccorso e volontari locali che lavorano per le strade con la polizia dopo che la tempesta ha devastato la città.
L'intervento tempestivo da parte del governo del Bengala occidentale a l'evacuazione di milioni di persone dalle zone colpite ha evitato la strage ma almeno 112 persone nell'India orientale e in Bangladesh sono morte durante la tempesta, la più forte che ha colpito la regione dal 1999.
Oltre il 60% della popolazione è stata interessata dalle conseguenze del ciclone nel Bengala Occidentale con interi villaggi devastati. Le strade e l'elettricità rimangono tagliate in gran parte del Bengala Occidentale e oltre 5000 alberi sono caduti a causa di venti e forti piogge.
Una team delle Nazioni Unite in India ha definito il ciclone Amphan ancora più distruttivo del ciclone Aila, che nel 2009 ha causato danni diffusi nella stessa regione dell'India orientale e del Bangladesh meridionale.
(SD-PA) (Agenzia Fides 29/5/2020)

 
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ASIA/UZBEKISTAN - La pandemia rallenta la registrazione di una nuova parrocchia, ma la vita della Chiesa continua grazie alla tecnologia
 
Tashkent (Agenzia Fides) - “Il lockdown ha avuto l’effetto di bloccare la procedura di costruzione e registrazione di una nuova parrocchia nella città di Angren. All'inizio dell’anno avevamo iniziato a raccogliere i documenti necessari per l’apertura ufficiale di un nuova chiesa e di una nuova unità pastorale, ma tutto si è fermato a causa della pandemia, perché gli uffici amministrativi sono chiusi. Ci rimetteremo a lavoro non appena sarà possibile. In Uzbekistan, la quarantena durerà almeno fino al 1° giugno. I luoghi di culto sono chiusi e per ora non si hanno notizie sulla riapertura, perché, nonostante il numero di contagi da coronavirus non sia altissimo, ogni giorno continua a registrarsi qualche nuovo caso. Certamente tutto ciò comporta delle difficoltà, ma cerchiamo di avere pazienza. In questo tempo intensifichiamo la preghiera affinché Dio possa aiutarci a fermare l’epidemia in tutto il mondo”. Lo riferisce all’Agenzia Fides l’Amministratore Apostolico dell’Uzbekistan, il francescano p. Jerzy Maculewicz.
Il distanziamento sociale non ha frenato, comunque, il fervente dialogo interreligioso che caratterizza il paese dell’Asia centrale: “Tramite la chat di Telegram che tiene in contatto noi leader religiosi, lo scorso 14 maggio ho chiesto a tutti di unirsi alla giornata di preghiera interreligiosa promossa dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana. Noi cattolici abbiamo organizzato l’esposizione del Santissimo, a cui molti hanno preso parte da casa grazie a internet”. All’inizio della pandemia, infatti, p. Maculewicz ha chiesto ai sacerdoti più giovani di cercare dei mezzi tecnologici per rimanere in contatto con i fedeli durante il tempo di isolamento: “Abbiamo acquistato una videocamera per poter garantire una buona qualità delle riprese. Trasmettiamo messe, momenti di preghiera e incontri biblici su piattaforme online. Le celebrazioni si tengono a porte chiuse a Tashkent, ma siamo felici di sapere che, grazie alla tecnologia, vi partecipano anche i fedeli delle altre città”.
Il missionario racconta che nel paese dell’Asia centrale il numero di contagi si aggira intorno al numero complessivo di 3mila unità, mentre la riapertura sta seguendo passi graduali: da alcuni giorni, alcune fabbriche e imprese di costruzione hanno ripreso le attività, mentre scuole, università, trasporti pubblici, bar e ristoranti restano ancora chiusi. Il diritto all’istruzione viene garantito a distanza, grazie alla rete Internet. Coloro che non sono dotati di computer, usano lo smartphone o possono seguire le lezioni trasmesse da un’emittente televisiva nazionale.
Attualmente la piccola comunità cattolica uzbeka, composta da circa 3.000 battezzati ha, nel complesso, in tutto il paese, 5 parrocchie: ai circa 700 fedeli di Tashkent, se ne aggiungono altri presenti tra Samarcanda, Bukhara, Urgench e Fergana. Ad Angren, dove si vuole costruire la nuova chiesa, vi sono 25 fedeli.
Su 30 milioni di abitanti, la popolazione uzbeka è al 90% musulmana. Circa il 3,5% è di fede cristiana ortodossa russa, mentre un altro 3% comprende piccole comunità cristiane di altre confessioni, inclusi i cattolici.
(LF) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AMERICA/CILE - I candidati al diaconato permanente in formazione attraverso la connessione virtuale
 
La Serena (Agenzia Fides) - Nel bel mezzo delle difficoltà che affronta la nazione, tra tensioni sociali e pandemia, la scuola di diaconi di San Lorenzo de La Serena, entità responsabile della formazione dei candidati per il diaconato permanente non ha interrotto la su attività e ha continuato il loro percorso di formazione online.
Le riunioni si svolgono regolarmente dal lunedì al giovedì, utilizzando una piattaforma virtuale.
Padre José Luis Flores, direttore della Scuola Diaconale arcidiocesana, parlando a Fides, ha fatto riferimento alla sfida di iniziare le attività nel mezzo di una pandemia: "All'inizio - racconta - abbiamo ascoltato le notizie sull'invito a lavorare dalle nostre case, tramite telelavoro, e anche a insegnanti e studenti per tenere lezioni online. Questa situazione sanitaria non solo ha reso difficile la relazione personale, ma anche la vita di fede, attraverso la partecipazione e l'accesso all'Eucaristia domenicale. La sfera digitale ci offerto nuove possibilità. Il virtuale non toglie lo reale, lo completa. Alla fine dell'anno scorso è stato difficile tenere lezioni o incontri nel bel mezzo della crisi sociale".
Nella Chiesa si sono affrontate le sfide poste dal Covid-19: "Pertanto - prosegue p. Flores - abbiamo deciso di iniziare a lavorare online. La grande preoccupazione era come farlo, se non usiamo mai quei mezzi. Eravamo scettici e dubbiosi di questo strumento di apprendimento a distanza. Tuttavia, col tempo, abbiamo scoperto che non è un problema acquisire conoscenze attraverso l'ambiente online . Ci siamo resi conto che questa opzione di utilizzo della tecnologia è possibile, che non ci sono barriere all'apprendimento, alla comunicazione e che tutto viene realizzato con un po' di adattamento, impegno, costanza e coerenza".
Il sacerdote ha aggiunto che “stare insieme è il sogno di Gesù di costruire un mondo in cui tutto può essere migliore. È importante essere presenti per ascoltarci, pregare, condividere i nostri bisogni e seminare speranza", ha concluso".
In Cile, varie difficoltà sono sorte dallo scorso ottobre. Manifestazioni e protesti sociali, movimenti di studenti e operai. Negli ultimi mesi l'incertezza causata dall'epidemia sociale e le conseguenze della pandemia di Coronavirus ha cambiato il normale funzionamento di molte attività di diverso tipo, nella soceità, nel mondo del lavoro, nella Chiesa.
(CE) (Agenzia Fides 29/05/2020)
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AMERICA/GUATEMALA - La tecnologia, "buon alleato" per portare la Parola di Dio nelle case
 
Città di Guatemala (Agenzia Fides) - La tecnologia è diventata "un buon alleato" perfetto per le Chiese guatemalteche, nel raggiungere migliaia di fedeli a cui è proibito incontrarsi per le liturgia, causa il blocco imposto aella assemblee per fermare la diffusione del Covid-19. Sia la Chiesa cattolica che la Chiesa evangelica in Guatemala invitano i fedeli a "non perdere la fiducia in Dio e a non disperarsi" nel bel mezzo della pandemia. "Questa passerà presto, a Dio piacendo ma, come popolo santo di Dio, manteniamo la speranza, proteggiamo la vita", dice in un messaggio ai fedeli padre Donaldo Rodríguez parroco della parrocchia di San Pedro nella capitale di Guatemala.
La tecnologia, spiega a Fides il parrco, è diventata uno strumento utile per portare la Parola di Dio nelle case dei guatemaltechi, ma è anche una sfida: “Questa realtà e la nuova modalità ha rappresentato per noi una vera sfida,. Non sapevamo usare i media come Internet, Facebook, questi media attuali ", racconta. E ora, rileva, "anche il lavoro del prete è aumentato: a volte devo predicare otto volte, la domenica".
"Il fatto che la comunità non venga fisicamente in chiesa - spiega - e il fatto che non possiamo recarci noi nelle comunità, non significa che il bisogno di Dio sia stato sospeso: al contrario, oggi rimane forte nel cuore dei fedeli, soprattutto in questo tempo di difficoltà. La Parola di Dio ha la forza di portare, allora, consolazione e speranza tra la gente", afferma padre Rodríguez. E i fedeli, rileva, cercano la vicinanza e l'annuncio della Parola di Dio attraverso Internet, che si rivela un mezzo utile in questa precaria situazione di impedimento di ogni relazione umana.
Guatemala, El Salvador, Honduras e Costa Rica tengono tuttora chiusi i loro templi religiosi. In Nicaragua rimangono aperte solo le chiese evangeliche. (CE) (Agenzia Fides 29/05/2020)
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OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - I giovani: confidare in Dio per superare ogni difficoltà
 
Port Moresby (Agenzia Fides) - Positività, fiducia, condivisione, speranza sono alcuni punti cardine sui quali un gli studenti della "Don Bosco Technical School" (DBTS), a Gabutu, si sono confrontati sulle onde radio del programma “Chat Room”, della stazione radiofonica cattolica Tribe 92 FM, dedicata e incentrata sui giovani in Papua Nuova Guinea. In tempo di Covid-19, tra tanta disperazione e negatività i giovani papuani hanno esortato i coetanei a mantenere uno stato d’animo fiducioso nonostante le difficoltà, a confidare in Dio per superare ogni ostacolo.
Focus dell’incontro sono stati l'importanza della positività in tutte le sue forme nei giovani e la solidarietà. Tra gli intervenuti c’è stato chi ha definito una mentalità positiva come " trampolino di lancio verso il successo nella vita per grazia di Dio".
Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides i ragazzi definiscono il processo di crescita "una fonte di confusione e distrazione": “Dobbiamo quindi rimanere sempre positivi ed impegnarci ad essere la migliore versione di noi stessi per ispirare gli altri verso obiettivi sempre più alti, nella consapevolezza della vocazione e della missione che Dio ci ha dato”, ha detto. “Per sviluppare una struttura mentale positiva in un giovane - ha detto un altro studente - la strada inizia da noi stessi e da cosa ci viene insegnato nelle nostre case. Se siamo costantemente incoraggiati, verrà fuori una mente positiva che si rifletterà nella nostra persona”.
“In passato non ero fiducioso come lo sono oggi – aggiunge un altro studente intervenuto alla trasmissione. Stavo seguendo un percorso negativo fino a quando non mi sono iscritto alla DBTS, dove mi sono stati ricordati i miei valori personali.”
“Alla DBTS abbiamo anche i Family Days ai quali mio padre è sempre stato presente per darmi il suo sostegno. Mi ha incoraggiato a partecipare alle attività della scuola e sapere che è lì per me è una grande motivazione”.
A concludere il dibattito uno studente ha messo in luce le tre caratteristiche essenziali necessarie per far prevalere una mente positiva. “La presenza di Dio nella nostra vita ha la precedenza in tutto ciò che facciamo; in secondo luogo dobbiamo poterci affidare a persone con le quali relazionarci, e infine bisogna lasciarsi guidare da una forte pratica di autodisciplina”, ha detto. Facebook e i social media hanno l'effetto di isolanre le persone, c’è bisogno di "disconnettersi e riconnettersi alle persone che ci circondano", hanno detto i giovani.
“Continuate ad essere l'ispirazione per molti giovani”, ha detto p. Ambrose Pereira sdb, Segretario per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, ringraziando i ragazzi per aver condiviso il loro ottimismo, la loro genuinità e le loro convinzioni.
(AP) (29/5/2020 Agenzia Fides)

venerdì 21 giugno 2019

Agenzia Fides 21 giugno 2019

AFRICA/ERITREA - I Vescovi: non recidere la collaborazione offerta dalla Chiesa per il bene della nazione
 
Asmara (AgenziaFides) - "Persone inviate dallo Stato si sono presentate a chiedere la consegna delle strutture sanitarie della Chiesa cattolica; un fatto che non riusciamo a comprendere né nei suoi contenuti, né nei suoi modi". Così i Vescovi cattolici eritrei esprimono, in una lettera inviata ad Amna Nurhsein, Ministro della Salute, tutta la loro perplessità e il loro rammarico nei confronti della decisione del Governo nazionale di chiudere i centri medici cattolici (vedi Fides 15/6/2019)
Nella lettera, pervenuta all'Agenzia Fides, i Presuli ricordano gli anni di servizio e collaborazione della Chiesa cattolica a favore del bene della popolazione locale: "In alcuni centri, i soldati sono stati visti intimidire il personale a servizio delle nostre strutture sanitarie, costringere i pazienti a evacuare i locali, e sorvegliare le case dei religiosi. Come è possibile che simili fatti si verifichino in uno Stato di diritto? È così che questo Stato recide di colpo, senza un gesto di riconoscimento, una collaborazione che la Chiesa gli ha offerto per decenni, per il bene del popolo e della nazione?".
Stigmatizzando la decisione del governo, i Vescovi scrivono: "Dichiariamo che non consegneremo di nostra volontà e disponibilità le nostre istituzioni e quanto fa parte della loro dotazione. Diverse nostre strutture sanitarie sono situate all’interno delle nostre case religiose: ora, requisire le prime senza violare la libertà e lo spazio vitale delle seconde, è impossibile. Privare la Chiesa di queste e simili istituzioni vuol dire intaccare la sua stessa esistenza, ed esporre alla persecuzione i suoi servitori, i religiosi, le religiose, i laici".
Il governo eritreo non ha però colpito solo la Chiesa cattolica. Dal paese dell’Africa orientale continuano a giungere notizie di arresti di fedeli delle Chiese pentecostali (poste fuorilegge all’inizio degli anni 2000). Sarebbero almeno trenta i fedeli arrestati nella scorsa settimana, un centinaio dall’inizio dell’anno. I gruppi religiosi "non ufficiali" secondo il governo eritreo sono considerati strumenti di sovversione, e per questo non tollerati; stesso discorso vale per tutte le organizzazioni della società civile che non sono allineate alle direttive del regime di Asmara. La stessa Chiesa copta di Eritrea, che nel Paese ha radici profondissime, da anni ha rapporti travagliati con potere politico. Nel 2007, l’allora patriarca copto Antonios venne deposto per volere del presidente Isayas Afewoki, che governa la nazione dal 1993, anno dell’indipendenza e delle prime e fino a oggi uniche elezioni presidenziali. (EC) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - “Preservate la pace sociale; no a discorsi incitanti l’odio” chiede ai politici il Presidente della Conferenza Episcopale
 
Abidjan (Agenzia Fides) - “La classe politica ivoriana, in particolare tutti coloro che detengono un'autorità, lavori in modo da preservare l'ambiente socio-politico, nella salvaguardia della pace attraverso il rispetto delle regole della democrazia” ha esortato Sua Ecc. Mons. Ignace Bessi Dogbo, Vescovo di Katiola e Presidente della Conferenza Episcopale della Costa d’Avorio, ad Agboville nell’aprire i lavori della 113esima Assemblea Plenaria dei Vescovi ivoriani, il cui tema è “Agire insieme per costruire la Chiesa”.
Il Presidente della Conferenza Episcopale della Costa d’Avorio ha incoraggiato tutti coloro che sono impegnati in politica, "a fare tutto il possibile per pacificare l'ambiente socio-politico, evitando ogni violenza verbale”. Riprendendo il tema assembleare, il Vescovo di Katiola ha affermato: "Vorrei invitare tutti i cattolici, qualunque sia il loro livello di integrazione nella società e nella Chiesa, a costruire la Chiesa affinché la Chiesa possa formarli. Insisto affinché ogni cattolico partecipi alla costruzione della Chiesa-Comunione Autonoma affinché la Chiesa-Comunione Autonoma lo costruisca. Costruiamo la Chiesa e la Chiesa ci edificherà”.
La Costa d’Avorio si prepara a vivere una lunga campagna elettorale in vista delle elezioni generali che si terranno nell’ottobre 2020 e che sta già suscitando apprensioni per possibili degenerazioni violente. A gennaio i Vescovi avevano chiesto una “riforma effettivamente consensuale della Commissione elettorale indipendente (CEI) che ne garantisca l'indipendenza” (vedi Fides 23/1/2019). (L.M.) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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AFRICA/CONGO RD - Formazione e animazione per gli educatori dell’Infanzia Missionaria
 
Kinshasa (Agenzia Fides) - “Inizia oggi, 21 giugno, la terza sessione di formazione per i Direttori diocesani delle Pontificie Opere Missionarie (POM), gli animatori e gli educatori delle POM della provincia ecclesastica di Kinshasa e Mbadaka-Bikoro”: così scrive all’Agenzia Fides Suor Roberta Tremarelli, AMSS, Segretaria generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, che si trova nella Repubblica democratica del Congo per una serie di incontri con le realtà ecclesiali locali dedicati alla formazione e all’animazione missionaria. In precedenza si sono svolte analoghe sessioni di formazione per i Direttori diocesani e gli animatori delle POM nella provincia ecclesiastica di Bukavu e Lubumbashi (9-11 giugno) e in quella di quella di Kananga (17-19 giugno).
Come spiega suor Roberta a Fides, “i temi delle conferenze di ogni sessione sono gli stessi: la Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria, storia, carisma e sfide; il ruolo della famiglia, della scuola e dei consacrati nella formazione missionaria di bambini e ragazzi; il Battesimo, che conferisce l'identità cristiana, ci rende discepoli missionari. Nelle varie sessioni c'è stata anche una celebrazione con i bambini, i ragazzi e gli animatori dell'Infanzia missionaria, molto partecipata e numerosa, e si è parlato anche del Mese Missionario Straordinario dell’Ottobre 2019.
Nell’ambito della sua visita in Congo, la Segretaria generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria ha potuto incontrare i Vescovi riuniti a Kinshasa, il 13 giugno, di visitare il CENAM (Centro di animazione missionaria) di Kinshasa, e di guidare un incontro di formazione per i consacrati e le consacrate dell'Istituto pedagogico di Kinshasa, il 15 giugno.
La popolazione della Repubblica Democratica del Congo, circa 82 milioni di abitanti, è per la grande maggioranza giovane. Le guerre a ripetizione e i conflitti armati che si sono susseguiti da lungo tempo hanno fatto sì che la maggioranza dei giovani sia stata testimone o vittima o addirittura progonista di atrocità e violenze di ogni genere, causanso in loro ferite permanenti. Il paese ha uno dei PIL pro capite più bassi del mondo, nonostante il territorio presenti ingenti risorse naturali.
Oltre a vivere nell’insufficienza alimentare a causa della povertà diffusa, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi non frequenta la scuola per mancanza di sostegno finanziario, ed è costretta a lavorare, spesso nelle miniere, per la sopravvivenza. La povertà è anche all’origine del fenomeno dei ragazzi di strada, abusati e sfruttati sessualmente, dei matrimoni precoci, come anche della delinquenza e dell’arruolamento nelle milizie armate o nel banditismo. La situazione peggiora nelle zone rurali e si è aggravata con i rifugiati venuti dai paesi vicini. La Chiesa si trova quindi a fronteggiare una serie di sfide che riguardano i bambini e i giovani, fortunatamente non sono pochi quelli che vogliono andare a scuola e istruirsi per costruire il loro futuro, che vanno quindi sostenuti e aiutati. (SL) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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ASIA/PAKISTAN - Attuare la tutela dei diritti delle minoranze: appello della società civile
 
Islamabad (Agenzia Fides) - Attuare l'ordine della Corte Suprema per la tutela dei diritti delle minoranze, emesso il 19 giugno 2014 e rimasto lettera morta: è l'appello lanciato durante una conferenza della società civile pakistana organizzata nei giorni scorsi a Islamabad da un forum di organizzazioni come: Centro per la giustizia sociale (CSJ), Commissione per i diritti umani del Pakistan (HRCP), Commissione nazionale "Giustizia e pace" dei Vescovi cattolici (NCJP) e Cecil and Iris Chaudhry Foundation (CICF).
Come appreso dall'Agenzia Fides, accademici, giuristi, attivisti per i diritti umani, leader religiosi, esponenti cristiani hanno chiesto un'attuazione tempestiva ed efficace di quella sentenza della Corte Suprema. Durante la conferenza è stato lanciato un rapporto preparato dal CSJ, dal titolo "A Long Wait for Justice", che analizza il rispetto della giustizia in Pakistan e la mancata attuazione di quella importante sentenza del 2014. Le organizzazioni presenti hanno invitato il governi federale e i governi provinciali a "intraprendere misure stringenti e urgenti per rendere esecutiva quella sentenza della Corte Suprema", tuttora senza applicazione.
Le Ong ricordano molteplici problemi segnalati in quella sentenza e irrisolti: sicurezza dei luoghi di culto; una politica per la tolleranza religiosa e sociale; l'istituzione di una Commissione nazionale per le minoranze; l'attuazione delle quote riservate alle minoranze nei luoghi di lavoro pubblici; la riforma dei curriculum scolastici. Il tutto per garantire l'adempimento dei diritti delle minoranze.
Gli esperti presenti hanno nuovamente approvato le raccomandazioni incluse nella sentenza e nel Rapporto presentato, sostenendo in special modo l'urgenza di istituire una Commissione nazionale per i diritti delle minoranze religiose.
Intervenendo in assemblea, l'Arcivescovo Joseph Arshad, Presidente della Commissione "Giustizia e pace", ha invitato il governo ad adempiere all'impegno assunto dal fondatore della patria, Muhammad Ali Jinnah "per garantire l'uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini del Pakistan".
Parlando ai presenti, Ibn Abdur Rehman, noto attivista per i diritti umani, ha dichiarato che "questo verdetto stabilisce le basi per la protezione e la promozione della libertà religiosa in generale e, in particolare, per la protezione dei diritti delle minoranze". Il direttore esecutivo del Centre for Social Justice, Peter Jacob, valutando la sentenza, ha affermato che "la conformità è debole e sporadica, con livelli di conformità complessivi non superiori al 24%", notando "la mancata volontà tra i responsabili delle decisioni e gli esecutori".
L'ex senatore Farhatullah Babar ha ribadito la necessità di "creare un organismo per aiutare a cambiare la mentalità corrente nei riguardi dei cittadini e le comunità delle minoranze", mentre Haris Khali, Segretario generale dell'HRCP, , ha affermato che "i movimenti nella società civile sono necessari per promuovere i valori della tolleranza e del pluralismo tra tutte le comunità religiose". Infine Abdul Hameed Nayyar, docente di fisica, ha osservato la necessità della riforma dell'istruzione, "per rimuovere tutto il materiale di odio insegnato nelle scuole e nelle università e per rendere l'istruzione un mezzo per promuovere la pace, il rispetto e l'accettazione della diversità". (PA) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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ASIA/TERRA SANTA - Settant’anni di “Missione Pontificia”, al servizio di “israeliani e palestinesi”
 
Gerusalemme (Agenzia Fides) – La “Missione pontificia” (Pontifical Mission) in Terra Santa compie 70 anni, e in occasione dell’anniversario ridefinisce il proprio campo d’azione. L’organizzazione, fondata nel 1949 su impulso di Papa Pio XII con l’intento primario di soccorrere i profughi palestinesi dopo la creazione dello Stato d’Israele, si ripropone oggi come strumento d’aiuto rivolto “ai bisognosi in Terra Santa, palestinesi e israeliani, di tutte le età e credenze”. Così riferiscono i media ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme, nel resoconto delle celebrazioni ufficiali dell’anniversario, ospitate martedì 18 giugno presso il Centro Notre Dame de Jerusalem.
Era stata la condizione drammatica di moltitudini di palestinesi dopo la proclamazione dello Stato d’Israele a suscitare in Papa Pacelli il desiderio di creare un organismo ecclesiale specifico per aiutarli. Per questo il Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), agenzia sotto la giurisdizione della Congregazione per le Chiese Orientali, fu incaricato di creare un ente che offrisse sostegno a bambini, famiglie, malati, anziani e esiliati. Centinaia di migliaia furono i palestinesi costretti a lasciare la loro terra natale e a riparare nella parte del territorio sotto il controllo dell'allora Transgiordania o dell'Egitto. Il 18 giugno 1949 il Cardinale Eugène Tisserant, Segretario del dicastero per le Chiese Orientali, pubblicò il documento che sanciva la nascita della Missione Pontificia.
All’inizio, la Missione si occupò di assistere sfollati e rifugiati. Dopo la nascita dell'Unrwa, adattò i suoi programmi per collaborare con tale istituzione dell’Onu per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi dei campi profughi.
Alla commemorazione di martedì scorso ha preso parte anche l’Arcivescovo Leopoldo Girelli, Nunzio Apostolico in Israele e Cipro, delegato apostolico a Gerusalemme e Palestina, che ha presieduto una celebrazione eucaristica alla presenza del Vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario Patriarcale per Gerusalemme e Palestina, e di padre Francesco Patton, Custode della Terra Santa.
Durante la sua omelia – riferisce il website del Patriarcato latino di Gerusalemme - l'Arcivescovo ha ricordato la rete di istituzioni ecclesiali operanti nella regione nell’ambito della sanità, dell’educazione e dell’azione sociale, sottolineando che in Terra Santa “non è tanto il numero di cristiani che conta, ma la portata delle loro varie azioni”. (GV) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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AMERICA/MESSICO - La richiesta di asilo è diventata una Via crucis per i migranti
 
Città del Messico (Agenzia Fides) - “Una strategia migratoria che possa andare oltre all'imposizione di tariffe che provocano come risposta immediata la militarizzazione dei confini o l'innalzamento di muri umani, deve basarsi sui diritti umani e mettere il migrante al centro delle misure politiche e sociali e di condizioni migliori per una migrazione ordinata e sicura”: lo scrive Mons. José Guadalupe Torres Campos, Vescovo di Ciudad Juarez, Presidente della Dimensión Episcopal de Pastoral de la Movilidad Humana (DEPMH), della Conferenza episcopale messicana, in un messaggio pubblicato in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.
Nel testo, pervenuto all’Agenzia Fides, il Vescovo invita a prestare “particolare attenzione ai gruppi emarginati che ingrossano le carovane”, a quanti muovono queste grandi masse illudendole con false speranze e sicuramente per interessi personali, come bisogna anche tenere conto delle “persone svantaggiate dalla propria condizione di vulnerabilità e dall'inganno in cui potrebbero essere state tratte”.
Il testo cita il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019, e invita a pensare ai 258 milioni di persone che vivono fuori dai loro paesi di origine e che emigrano per diversi motivi, cercando protezione e opportunità per una vita migliore. Mons. Torres Campos afferma di conoscere “le politiche migratorie in vigore nel nostro paese, di fronte alla crisi che esiste in seguito al numero crescente di migranti, che in grandi carovane o in piccoli gruppi cercano di attraversare il territorio nazionale”. “Molti di loro – prosegue -, consapevolmente o inconsapevolmente, sono candidati a richiedere asilo e rifugio, sia in Messico che negli Stati Uniti, ma questa richiesta è diventata anche una Via crucis per i migranti, è stata caricata di lucchetti e requisiti che ne ritardano la soluzione”.
Il Vescovo ribadisce che “la migrazione non può essere vista come un problema, ma come opportunità”, e sottolinea che “la mancanza di un sistema di coordinamento delle migrazioni basato sui diritti umani a livello globale, regionale e nazionale, sta creando una crisi dei diritti umani per i migranti, rendendoli sempre più vulnerabili, in quanto a causa della loro situazione irregolare, vivono e lavorano clandestinamente, timorosi di lamentarsi degli abusi che spesso subiscono dai fornitori di servizi, dai datori di lavoro e anche delle aggressioni nella società civile”.
La Giornata mondiale del Rifugiato, afferma Mons. Torres Campos, “è per la Chiesa un'opportunità per alzare la voce a favore di coloro che non hanno voce, e di invitare i governi a sviluppare azioni che possano favorire e agevolare i procedimenti della richiesta di asilo, così come a garantire i diritti umani dei migranti in generale, seguendo le raccomandazioni del Santo Padre”. (SL) (Agenzia Fides 21/6/2019)
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AMERICA/NICARAGUA - Prigionieri politici ancora detenuti, chiese assediate, fedeli aggrediti: il dialogo resta la soluzione alla crisi
 
Managua (Agenzia Fides) – Sono passati più di 430 giorni da quando è iniziata la crisi in Nicaragua (vedi Fides 20/04/2018), ma il 18 giugno è stata confermata la notizia che ci sono ancora prigionieri politici nelle carceri del governo. Secondo le autorità, coloro che sono detenuti non sono prigionieri politici, ma detenuti per altre reati comuni.
Purtroppo la tensione nel paese non diminuisce, anzi è cresciuta dopo gli avvenimenti dell’ultima settimana: l'assedio alle chiese da parte di gruppi paramilitari violenti che hanno aggredito e fermato molti cattolici a Leon, Masaya e Managua. Come riferiscono fonti cattoliche, tra cui, Vatican News, "i fatti raccontati dal portavoce della cattedrale, padre Victor Morales, indicano che gruppi di civili legati al governo, si sono riuniti fuori dalla cattedrale domenica scorsa. Alla fine della Messa, mentre alcuni parrocchiani portavano le bandiere nazionali, i gruppi hanno iniziato a lanciare pietre e sassi che hanno colpito alcune persone generando caos e nervosismo all'interno della cattedrale di Managua". Anche durante la celebrazione della Messa per il primo anniversario dell'assassinio del chierichetto Sandor Dolmus (vedi Fides 10/12/2018), nella cattedrale di León, si sono verificati atti di violenza che hanno causato numerosi feriti.
Questa situazione di nuove violenze e provocazioni non è stata commentata ufficialmente dalla Conferenza episcopale (CEN), tuttavia alcuni Vescovi hanno denunciato i fatti, anche agli organismi internazionali. Secondo fonti di Fides, la "non risposta" della CEN è "una forma di prudenza ad un conflitto che coinvolge adesso tutti settori del paese. La Chiesa cattolica propone sempre il dialogo, ma sarà sempre a fianco delle vittime delle ingiustizie".
Mons. Rolando Álvarez, in un breve messaggio twitter a Fides, ha scritto ieri: "È tempo di unità, è tempo che l'unità cerchi la democrazia in Nicaragua. È l'ora in cui lavoratori, contadini, impiegati dovrebbero sedersi allo stesso tavolo, anche partendo dalle differenze". "Il popolo è il vero costruttore della sua storia. Questo popolo che ha un volto, un nome, un'identità, una dignità. Sono ormai passati i tempi quando altri hanno deciso per noi. Il Corpo e il Sangue di Cristo, ci aiutano in questo titanico, ma possibile, compito".
Hernán Salinas, Vicepresidente della Commissione per il Nicaragua della OEA, ha affermato che la situazione in Nicaragua è una delle questioni all'ordine del giorno della 49a Assemblea generale dell'OEA, che si terrà a Medellín, in Colombia, dal 26 al 28 giugno.
Mercoledì 19 giugno Human Rights Watch (HRW) ha invitato i governi delle Americhe e dell'Europa a imporre sanzioni al presidente nicaraguense Daniel Ortega e ad almeno cinque alti funzionari della sicurezza per la repressione delle proteste iniziata nell'aprile 2018. "Daniel Ortega non ha mostrato alcun reale impegno per assicurare la giustizia per le vittime della brutale repressione da parte della polizia nazionale e dei teppisti armati durante le proteste del 2018" ha detto José Miguel Vivanco, direttore delle Americhe presso HRW.
Le proteste contro le riforme della sicurezza sociale sono iniziate lo scorso anno e sono cresciute sempre di più per chiedere l'uscita di scena di Ortega e le elezioni anticipate. Le dimostrazioni sono state messe sotto pressione dalle forze di sicurezza e dalle milizie filogovernative, provocando almeno 325 persone uccise, oltre 2.000 ferite e oltre 52.000 fuggiti dal paese, secondo la Commissione interamericana dei diritti umani.
(CE) (Agenzia Fides, 21/06/2019)
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OCEANIA/AUSTRALIA - L’impegno della Chiesa per arginare i suicidi tra i giovani aborigeni
 
Sydney (Agenzia Fides) - “Il suicidio è spesso l'ultima goccia di un accumulo di infelicità e dolore. Le popolazioni aborigene australiane e gli isolani dello stretto di Torres hanno subito espropriazioni, deportazioni, violenze di vario tipo e molto altro. Così, spesso, alcuni hanno deciso di fare della propria vita ciò che sembrava meno doloroso. La tragedia del grande numero di suicidi tra i membri di queste popolazioni, soprattutto tra i più giovani, ci chiama all'azione: questa realtà è triste ed inaccettabile. Per noi cristiani, Gesù è venuto a portare vita piena. Ci sta chiamando per lavorare insieme con amore e rispetto e per cercare una soluzione a questo tragico fenomeno”. E’ quanto dichiarano i Vescovi cattolici australiani nel loro messaggio annuale per la domenica dedicata agli aborigeni e agli isolani dello Stretto di Torres, che si terrà il prossimo 7 luglio.
La Lettera pastorale, pervenuta all'Agenzia Fides, pone l’accento sulla necessità di “una maggiore collaborazione per arginare la terribile perdita di vite umane provocata dal suicidio”, fenomeno sempre più diffuso all’interno di queste comunità.
Nel messaggio, la Conferenza episcopale ricorda che “ci sono già molte realtà che lavorano a questo scopo, tra cui vari rami del Governo, comunità e organizzazioni della Chiesa ed altri gruppi”, che incontrano, però, una difficoltà: “Dobbiamo salvaguardare il principio di autodeterminazione. Possiamo camminare al fianco di queste comunità offrendo un sostegno amorevole, ma evitare la tentazione di intervenire con soluzioni rapide imposte dall’esterno”.
Lo scopo è perseguibile, secondo i Vescovi, seguendo 5 principi-chiave: “L’incoraggiamento alla collaborazione per massimizzare i risultati da parte delle organizzazioni già coinvolte; un reale rispetto del principio di autodeterminazione; il primato del bene comune al centro di tutti gli sforzi; una reale motivazione a migliorare le condizioni di questi popoli, senza secondi fini; la consapevolezza che prevenzione e cura sono entrambe necessarie”. Una parte della lettera è stata inclusa all’interno di un video, pubblicato sulle principali piattaforme social dei network cattolici, al fine di garantire una diffusione capillare del messaggio. (LF) (Agenzia Fides 21/6/2019)

sabato 14 luglio 2018

Agenzia Fides 14 luglio 2018

AFRICA/ERITREA - Accordo Etiopia-Eritrea: la Chiesa auspica “una stagione di libertà e pace”
 
Asmara (Agenzia Fides) - Prudenza è la parola che circola nelle sedi della Chiesa cattolica eritrea in merito all’accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea. “Come Chiesa - osserva all’Agenzia Fides p.Mussie Zerai, sacerdote dell’eparchia di Asmara - siamo felici per l’intesa, ma aspettiamo gli sviluppi e preghiamo perché l’accordo tra il presidente Isayas Afeworki e del premier Abiy Ahmed apra una stagione di pace duratura che restituisca stabilita e libertà ai cittadini di entrambi i paesi”.
L’intesa potrebbe aprire grandi spazi di crescita anzitutto in campo economico. “Sotto il profilo commerciale - osserva abba Mussie – le due nazioni hanno bisogno una dell’altra. L’Etiopia necessita dei porti eritrei per esportare le proprie merci con costi inferiori a quelli imposti da Gibuti e Sudan. L’Eritrea ha bisogno di aprire la propria economia per rilanciare la produzione e i consumi interni. L’accordo è stato stilato in primo luogo per rispondere alle esigenze economiche di entrambi i paesi. Questo speriamo abbia ricadute anche sulla popolazione che, negli anni, si è impoverita”.
La pace porterà anche alla democrazia in Eritrea? È una domanda difficile, commenta abba Mussie. “Il governo - spiega - per anni ha rimandato l’introduzione della Costituzione del 1997 perché, dicevano i ministri, lo stato di emergenza non consentiva l’introduzione di un normale dibattito democratico. Adesso non ci sono più scuse. La speranza è che la Carta fondamentale entri in vigore presto e che i cittadini possano finalmente godere di tutti i diritti. Lo stesso discorso possiamo farlo per le organizzazioni sociali siano esse laiche o religiose. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a una stretta sulla loro azione. Non possiamo che auspicare una maggiore apertura e disponibilità da parte dell’esecutivo”.
Felicità e prudenza condivisi anche da Meron Estefanos, eritrea, attivista per i diritti umani: “La pace ci rende felici, ma bisogna essere cauti. Al momento, nessuno dei problemi dell’Eritrea è stato risolto: la Costituzione non è entrata in vigore, i prigionieri politici (compresi i ministri incarcerati nel 2011) non sono stati rilasciati, la stampa è ancora imbavagliata, l’opposizione non è libera di esprimersi, i soldati arruolati per una leva a tempo indeterminato non sono stati smobilitati. Tutto è rimasto com’era. Aspettiamo e vediamo quali saranno gli sviluppi. Mi sento di ringraziare la Chiesa cattolica che, pur minoritaria e perseguitata, è stata una delle poche voci che si è levata in questi anni per denunciare la repressione del regime. Per chi lavora per un’Eritrea libera, la Chiesa è stata un punto di riferimento”. (EC) (Agenzia Fides 14/7/2018)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Famiglie costrette a vivere nei cimiteri, “segno di decadenza umana e politica”
 
Abidjan (Agenzia Fides) – Le piogge violente che si sono abbattute sul paese e che hanno causato la morte di decine di persone (vedi Fides 21/6/2018) hanno alimentato il deterioramento delle condizioni sanitarie delle popolazioni colpite. Di conseguenza a questi catastrofici eventi il governo ivoriano ha deciso di abbattere le abitazioni dei quartieri più precari dove vivono le famiglie più povere. Come risultato di questa azione politica queste famiglie non sanno più dove andare a cercare un tetto: l’unico riparo lo hanno trovato nei cimiteri, lì si sono accampati e dormono sulle tombe. “Sono immagini che sfidano la comprensione umana; sono l’espressione della decadenza umana e politica. Famiglie, donne, bambini, oggi vittime della crudeltà di un sistema politico in cui l’uomo e la sua dignità non hanno posto”, commenta all’Agenzia Fides padre Donald Zagore, teologo ivoriano della Società Missioni Africane.

“Possiamo davvero parlare di sviluppo quando l’essere umano è ridotto allo stato animale? Questa è una politica di sviluppo con un volto disumano, senza cuore”, sottolinea Zagore in questi giorni a Roma per un incontro del Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM).

“Mai negli ultimi vent’anni – prosegue - la storia della Costa d'Avorio è stata scritta con tanto dolore, tanta sofferenza, tanta ingiustizia e tanta malvagità. Rifiutati dagli uomini, benvenuti dai morti. Questa è la realtà di tanta povera gente che da viva viene respinta e cacciata da altri esseri viventi e che ora trova rifugio solo tra le tombe. Infatti, i morti nelle loro tombe mostrano quell'umanità che manca ai vivi dando una lezione a quanti sono diventati sempre più insensibili alla dignità”.

“In una situazione del genere - aggiunge il sacerdote - la Chiesa della Costa d’Avorio non rimane in silenzio. Non può certo limitarsi ad alzare la voce per opporsi a questo scandalo: deve anche intraprendere azioni concrete per aiutare tutte le famiglie che ora vivono nei cimiteri. Questa azione profetica è necessaria, altrimenti tutte le nostre omelie, tutte le nostre teorie teologiche, saranno prive di significato. Non dobbiamo mai dimenticare e dobbiamo dire forte e chiaro che la Chiesa è l’unica speranza dei poveri” conclude padre Zagore. (DZ/AP) (14/7/2018 Agenzia Fides)
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ASIA/FILIPPINE - I Vescovi: No alla modifica della Costituzione , promossa da Duterte
 
Manila (Agenzia Fides) - "L'attuale Costituzione delle Filippine, approvata nel 1987, non è perfetta e può ancora essere migliorata, ma non dovrebbe essere cambiata in questo momento, non con l'attuale Congresso e con l'attuale Presidente": lo afferma il Vescovo ausiliare di Manila, Broderick Pabillo, contestando il possibile cambiamento della Costituzione del 1987 promosso dal Presidente Rodrigo Duterte.
Come dichiarato a Fides, il prelato ritiene che "il federalismo venga usato come cortina fumogena" per andare verso un sistema politico che garantisca al presidente "il controllo totale del paese".
"Il presidente Duterte presenta il federalismo come la bacchetta magica per portare prosperità in tutto il paese. E il modo per realizzare il federalismo, secondo lui, è il cambiamento dell'attuale Costituzione", ha spiegato Pabillo. "Non conosciamo ancora la proposta della nuova Costituzione, ma conosciamo le persone che la propongono: Duterte e i suoi alleati. Donque possiamo già indovinare la meta: sarà un disastro per i filippini ", ha aggiunto.
Il Vescovo ha auspicato una "partecipazione critica" della popolazione al possibile cambiamento costituzionale, e un "processo senza fretta": "Vogliono che il referendum venga fatto quest'anno. Quindi non ci sarebbe tempo per una adeguata consultazione e discussione. Ma perché tanta fretta? Vi è il forte sospetto che si voglia evitare l'elezione del 2019, in modo da potere rimanere al potere", ha detto Pabillo.
Il prelato deplorato "la mancanza di indipendenza della Camera dei deputati", sottomessa al volere di Duterte: "I membri del Congresso non rappresentano più le persone, ma le loro famiglie e solo alcuni interessi politici. Non hanno a cuore il bene delle persone e della nazione. Non ci si può fidare", osserva Pabillo.
Invece di pensare al federalismo, chiosa il Vescovo, "il governo dovrebbe affrontare i problemi reali del paese come l'inflazione galoppante, l'aumento dei prezzi dei beni di base, l'atmosfera di illegalità con le continue uccisioni dei poveri, dei preti e attivisti, l'indebolimento delle istituzioni democratiche".
Anche il "Consiglio dei Laici delle Filippine", associazione pubblica di fedeli eretta dalla Conferenza episcopale delle Filippine, si dice "fortemente contrario al cambiamento costituzionale" e cheide "trasparenza in quessto delicato processo" che "in apparenza garantirebbe una distribuzione più equa delle risorse tra le regioni", ma in effetti "darebbe ampi poteri al presidente Duterte tra il 2019 e 2022, per imporre più tasse al popolo". (SD). (Agenzia Fides 14/72018)
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ASIA/INDONESIA - La comunità Camilliana in festa con gli ammalati custoditi dal Santo Patrono
 
Maumere (Agenzia Fides) – Il 14 luglio si celebra la festa di San Camillo de Lellis, il santo patrono di malati, medici, infermieri e ospedali. I religiosi Camilliani insieme alla Chiesa universale commemorano questo giorno speciale con molta gratitudine a Dio manifestando l’amore misericordioso di Dio per gli ammalati attraverso la visita ai malati.

“A Maumere, isola di Flores, per questa occasione si sono uniti ai festeggiamenti della comunità Camilliana anche il Superiore Provinciale, padre Jose P. Eloja, MI, insieme al Vicario Provinciale padre Rodel Enriquez, MI, dalle Filippine e ai padri Giovanni Contarin e Peter dalla Tailandia” ha raccontato a Fides il Camilliano padre Mushtaq Anjum,.

“In occasione di questa giornata dieci giovani hanno iniziato il loro postulato mentre altri sei si sono uniti al noviziato, offrendo il loro impegno a Cristo, sulle orme e gli insegnamenti di San Camillo nel servire gli ammalati anche a rischio della loro stessa vita.

La missione Camilliana nell’isola di Flores è stata avviata nel 2010 da p.Luigi Galvani, insieme ai camilliani indonesiani locali. “Alla celebrazione eucaristica presieduta da p. Luigi, concelebrata da 16 sacerdoti di diverse congregazioni, hanno preso parte suore religiose, famiglie, amici, parenti e visitatori dei seminaristi. In tutto oltre 400 persone” racconta p. Mushtaq.

“La celebrazione annuale della festa di San. Camillo ci ricorda che i Camilliani hanno preso l'impegno di servire gli ammalati. Preghiamo che ogni Camilliano ‘metta più cuore in queste mani’ così che si possano servire Cristo e gli ammalati in un modo più amorevole e compassionevole” conclude il missionario. (MA/AP) (14/7/2018 Agenzia Fides)
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AMERICA/BOLIVIA - La missione continua: dopo il CAM, verso il Mese Missionario Straordinario
 
Santa Cruz de la Sierra (Agenzia Fides) - “Preghiera, annuncio del Vangelo, riflessione biblica e teologica, catechesi, opere di carità cristiana e solidarietà tra le Chiese, dovrebbero consentire un risveglio missionario, aiutando tutti i fedeli ad avere un incontro sempre più vero e appassionato con Cristo Signore”. Con questo spirito Papa Francesco ha accolto la proposta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e delle Pontificie Opere Missionarie nel convocare un “Mese Missionario straordinario”, fissato per l’ottobre 2019. Lo sottolinea l’Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, nel discorso tenuto questa mattina, 14 luglio, ai Vescovi delle Americhe presenti al "CAM 5", il Congresso Missionario Americano che si chiude oggi a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia.
A conclusione del Congresso, la Chiesa in America, in sintonia con la Chiesa universale, si proietta, dunque, verso il prossimo grande appuntamento missionario, l'Ottobre 2019, celebrato a livello mondiale, in occasione del 100° anniversario della Lettera Apostolica “Maximum illud” di Papa Benedetto XV. L'obiettivo è quello di “riqualificare evangelicamente la missione”, affinché “ogni battezzato possa bruciare sempre di più con la stessa carità di Gesù Cristo, affinché tutti possano ricevere il dono della salvezza”, ha rimarcato mons, Dal Toso. In particolare, poi, nel Nuovo Continente, lo si vivrà in coincidenza con un altro importante appuntamento: il Sinodo dell'Amazzonia, consesso che assume, dunque, una forte connotazione missionaria.
L’Arcivescovo ha indicato le quattro le dimensioni fondamentali che caratterizzeranno il Mese Missionario Straordinario: l'incontro personale con Gesù Cristo; la testimonianza di santi e martiri della missione (canonizzati o meno); la formazione missionaria; la carità missionaria. Papa Francesco ha affidato alla Congregazione di Propaganda Fide “il compito di preparare questo evento, in particolare attraverso la diffusa consapevolezza delle Chiese particolari”, indicandone il tema: “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.
“Il motto – rimarca il Presidente delle POM – contiene già gli elementi essenziali: la missione nasce dal battesimo, che ci invia nel mondo all'interno della Chiesa per portare l'annuncio di Cristo crocifisso e risorto. Ecco perché è un mese che riguarda ogni battezzato, che, in quanto tale, è un missionario”.
Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” ricorda che “l'attività missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa” (EG 15): forti di questa convinzione “la Chiesa universale e le Chiese particolari, i religiosi e le religiose, i laici e il clero, i movimenti ecclesiali e le nuove forme di aggregazioni laicali sono tutti coinvolti in questa conversione e rinnovamento dell'identità missionaria della Chiesa”, rileva mons. Dal Toso.
A tal fine, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli sta preparando una Guida, su supporto cartaceo e digitale, per l’animazione missionaria dell’Ottobre 2019, grazie a risorse umane e contributi da tutto il mondo. La Guida, in cinque lingue, nella prima parte riporta commenti di spiritualità missionaria alle letture della liturgia della Messa nel mese di ottobre 2019. La seconda parte suggerisce trenta figure di santi, martiri e testimoni della fede e della missione. Nella terza parte vi sono alcune considerazioni teologiche sui temi della formazione e della carità missionaria. (PA) (Agenzia Fides 14/7/2018)
LINK
Il testo originale del discorso dell'Arcivescovo Dal Toso sul Mese Missionario Straordinario, in spagnolo -> http://www.fides.org/it/attachments/view/file/Bolivia_-_Encuentro_con_obispos_sobre_OTT_2019.doc
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AMERICA/NICARAGUA - In tutto il continente si prega per il Nicaragua, la nazione si ferma
 
Managua (Agenzia Fides) – Uno sciopero , con il fermo totale di ogni attività; una campagna di preghiera in tutto il continente: queste le attività che si registrano nella presente crisi sociale e politica che investe il Nicaragua.
"Per i vescovi, sacerdoti, diaconi e le comunità dei religiosi del Nicaragua, perché instancabilmente, continuino ad essere promotori di dialogo, difensori della giustizia e costruttori della pace. Preghiamo": è l'intenzione nella "preghiera dei fedeli" che si leggerà domani 15 luglio durante le sante messe in Nicaragua, in altri paesi latinoamericani e anche al Congresso Americano MIssionario (CAM), in corso in Bolivia.
Nell'attule critica situazione, segnta ada instabilità sociale epolitica, i cattolic pregano anche per i governanti, "perché dispongano la fine della violenza" e "per i cristiani in Nicaragua, perché diventino strumenti di pace e per i defunti a causa della violenza di questi giorni".
La solidarietà dei paesi latinoamericani si è fatta sentire in diverse circostanze: nel Congresso Missionario Continentale che si svolge in Bolivia (Vedi Fides 13/07/2018), nelle assemblee delle diverse conferenze episcopali (Vedi Fides 11/07/2018) e nei mass-media cattolici che hanno disposto dei servizi speciali per aggiornare la comunità cristiana sulla situazione che vive questo popolo sofferente.
Il Dialogo Nazionale in Nicaragua è fermo a causa della mancata risposta del governo alla richiesta di fermare la repressione che continua a martellare il popolo, impegnato a manifestare pacificamente.
In questo fine settimana è in corso uno sciopero generale, con il fermo totale delle attività sociali ed ecnomiche di qualsiasi tipo, per dare un segnale di dissenso al governo. Lo sciopero generale è accompagnato di una marcia pacifica in tutte le città del paese, per manifestare e chiedere elezioni anticipate. (CE) (Agenzia Fides, 14/07/2018)

domenica 1 luglio 2018

Vatican News 1 luglio 2018

VaticanNews
Le notizie del giorno
01/07/2018
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Dopo la preghiera mariana, Papa Francesco ha levato la sua voce per la pace in Nicaragua, Siria, Etiopia ed Eritrea. La preghiera per la popolazione siriana perché venga risparmiata da ulteriori sofferenze 
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C'è bisogno del contributo di tutti per risolvere il problemi di oggi e questo vale anche per quelli del lavoro. Ne è convinto il Papa che perciò crede nel ... 

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...