VATICANO - Il Papa ricorda quattro missionarie uccise in El Salvador 40 anni fa | | Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Al termine dell’udienza generale di oggi, il Santo Padre Francesco ha ricordato il martirio di quattro missionarie, con queste parole: “Oggi è il quarantesimo anniversario della morte di quattro missionarie del Nord America, uccise in El Salvador: le suore di Maryknoll Ita Ford e Maura Clarke, la suora orsolina Dorothy Kazel e la volontaria Jean Donovan. Il 2 dicembre 1980 furono rapite, violentate e assassinate da un gruppo di paramilitari. Prestavano il loro servizio a El Salvador nel contesto della guerra civile. Con impegno evangelico e correndo grandi rischi portavano cibo e medicinali agli sfollati e aiutavano le famiglie più povere. Queste donne vissero la loro fede con grande generosità. Sono un esempio per tutti a diventare fedeli discepoli missionari”. Suor Ita Ford e suor Maura Clarke prima di arrivare in El Salvador avevano passato anni di missione rispettivamente in Cile e in Nicaragua, mentre suor Dorothy Kazel lavorava da tempo in quel paese. La Conferenza Episcopale di El Salvador ha indetto per il 2020 un Anno Giubilare dei Martiri, a 40 anni dal martirio di San Oscar Arnulfo Romero (vedi Fides 28/01/2020), ricordando che "i martiri hanno dato la vita e ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio di fede. Vogliamo sentire la loro voce e allo stesso tempo vogliamo far riecheggiare quella voce”. (SL) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AFRICA/SUDAFRICA - I Vescovi: “No alla cultura dell’edonismo che porta i giovani a ignorare le restrizioni anti Covid-19” |
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Johannesburg (Agenzia Fides) – “Le persone sono stanche delle restrizioni per il Covid-19” afferma Sua Ecc. Mons. Sithembele Sipuka, Vescovo di Mthatha e Presidente della SACBC (Southern African Catholic Bishops' Conference, che riunisce i Vescovi di Sudafrica, Botswana ed ESwatini), nel suo messaggio di fine anno sullo stato della nazione e della Chiesa in Sudafrica. “Secondo la maggior parte dei resoconti, la crescita dei contagi nella seconda ondata, è dovuto in gran parte alle persone che non rispettano le misure preventive del Covid-19. Ciò che preoccupa è che queste misure non sono violate per motivi di sopravvivenza, ad esempio, persone che chiedono sovvenzioni o pacchi di cibo, ma per motivi culturali e di intrattenimento” denuncia Mons. Sipuka. Il Vescovo cita ad esempio le cerimonie funebri tradizionali (imicimbi), nelle quali le persone rimangono a stretto contatto fisico, mangiano dal piatto comune (isithebe) e bevono dallo stesso calice (ibhekile). “L'inosservanza delle norme di prevenzione del Covid-19 per motivi di intrattenimento, che si manifestano in riunioni e feste di gruppo, è commessa in gran parte dai giovani. Queste pratiche forniscono l'opportunità perfetta per la diffusione del virus e, come guide spirituali, che ci piaccia o no, saremo coinvolti nelle conseguenze di questi comportamenti fatali, quindi dobbiamo fare qualcosa per questo problema” sottolinea Mons Sipuka. Secondo il Presidente della SACBC, alla radice del radunarsi in gruppi per fare festa da parte dei giovani, ignorando il pericolo della trasmissione del Covid-19, “c'è la cultura edonistica dominante che propaga la ricerca del piacere a tutti i costi, anche se ciò significa mettere in pericolo gli altri”. “Contro questa forma di egoismo, il valore della solidarietà umana proposto da Papa Francesco nella sua ultima Enciclica “Fratelli Tutti” e il valore di rimandare il piacere momentaneo per il bene comune sono valori alternativi che potremmo presentare ai giovani” suggerisce Mons. Sipuka. “Ancora più importante, dobbiamo sottolineare che l'attuale disagio imposto dalla normativa Covid-19 è nulla in confronto ai danni alla vita sociale e all'economia che deriverà dall'infezione da Covid-19, ci saranno molte lacrime e rimpianti!” conclude. A fine novembre in Sudafrica i casi di Covid-19 erano 775 502 con 21.201 decessi. (L.M.) (Agenzia Fides 2/12/2020) |
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AFRICA/CONGO RD - Gli Stati dell’Africa Australe invitati a fare fronte comune contro la minaccia terroristica in Kivu e nel Mozambico |
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Kinshasa (Agenzia Fides) - La minaccia islamista nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nel nord del Mozambico sono sfide comuni, che devono essere affrontate da tutti gli appartenenti alla Comunità degli Stati dell’Africa Australe (SADC), chiede il CEPADHO, un’organizzazione per la difesa dei diritti umani del Nord Kivu, provincia nell’est della RDC piagata da decenni dalle violenze commesse dai ribelli di origine ugandese delle ADF. In un comunicato inviato all’Agenzia Fides il CEPADHO saluta il vertice straordinario della Troika di difesa e sicurezza della SADC, tenutosi a Gaberone (Botswana), dedicato alla minaccia islamista in Mozambico e nell’est della RDC. All’incontro hanno partecipato i leader dei Paesi della Troika, Botswana, Sudafrica e Zimbabwe, oltre al Presidente congolese Félix Antoine Tshisekedi. “Considerando l'entità della minaccia terroristica caratterizzata dalla serie di ripetuti massacri di civili perpetrati dagli islamisti dell'ADF/MTM a Beni, nel Nord-Kivu (est della RDC), per 6 anni e, dati i suoi comprovati legami con il movimento ANSAR AL-SUNNA, attivo nella Provincia di Cabo Delgado, in Mozambico, tutti legati allo Stato Islamico/Daesh, gli Stati della Regione non hanno più diritto ad errori di apprezzamento. Sono chiamati ad agire prontamente e in solidarietà con le forze armate per arginare questo grande pericolo” afferma il CEPADHO. “Il CEPADHO, che accoglie con favore la presenza del Capo dello Stato congolese alla riunione, invita gli Stati della SADC a concordare una forza regionale (che includa espressamente l'Angola) a sostegno degli eserciti della RDC e del Mozambico”. In effetti le truppe appartenenti ai Paesi della SADC sono state invitate a sostituire i Caschi Blu della Missione ONU nella RDC (MONUSCO). (L.M.) (Agenzia Fides 2/12/2020) |
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AFRICA/ALGERIA - Addio all’Arcivescovo Henri Teissier, amico di Sant’Agostino, fratello dei nuovi martiri |
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Algeri (Agenzia Fides) – Ha lasciato questo mondo la mattina di martedì primo dicembre, giorno della memoria del Beato Charles de Foucauld: Henri Antoine Marie Teissier, Arcivescovo emerito di Algeri, si è spento per le conseguenze di un ictus all’età di 91 anni, dopo una vita dedicata con intelligenza a servire e amare per passione evangelica il popolo algerino e la missione delle comunità cristiane disseminate in terra d’Algeria. Nato a Lione nel 1929, Henri Tessier si era trasferito in Algeria quando era ancora un giovane seminarista, venendo ordinato sacerdote nel 1955 dall’allora Arcivescovo di Algeri, il Cardinale Léon-Etienne Duval. Nel 1966 aveva ottenuto la cittadinanza algerina, e nel 1972 Papa Papa Paolo VI lo aveva nominato Vescovo di Orano. Nel 1980 era diventato Coadiutore dell’Arcivescovo Duval, per succedergli nel 1988 – e fino al 2008 - alla guida dell’Arcidiocesi di Algeri. Durante i venti anni del suo ministero a capo dell’Arcidiocesi di Algeri, il Paese attraversa il periodo buio del terrorismo e delle stragi islamiste. Tra le innumerevoli vittime di quella lunga stagione di sangue figurano anche i 19 religiosi e religiose della Chiesa cattolica locale – tra cui il vescovo Pierre Lucien Claverie e i sette monaci di Tibhirine - assassinati tra il 1994 e il 1996, che saranno poi proclamati Beati l’8 dicembre 2018, nella liturgia di beatificazione celebrata a Orano. “Ho un ricordo di ciascuno. Erano i miei fratelli e le mie sorelle. Avevo incontrato ciascuno di loro pochi giorni prima che venissero uccisi”, aveva raccontato l’Arcivescovo Teissier in una intervista a Mondo e Missione. Lui stesso, a partire da quegli anni, fu costretto a muoversi sotto scorta. “I nostri fratelli e sorelle uccisi” aggiungeva l’Arcivescovo parlando dei nuovi martiri d’Algeria “celebravano o partecipavano alla Messa ogni giorno, consapevoli che forse sarebbe stata l’ultima volta. (…). Sono stati vittime delle violenze nei posti in cui vivevano ed erano conosciuti. Gli attentatori volevano dimostrare che quelle relazioni e quella condivisione dovevano avere fine. Ma non è stato così. La grande maggioranza di preti, religiosi, religiose e laici ha deciso di restare”. Nei lunghi anni vissuti al servizio del popolo algerino e della Chiesa locale, l’Arcivescovo Teissier ha dedicato con passione il suo tempo e le sue energie a riscoprire e divulgare l’attualità delle grandi figure africane dei primi secoli cristiani, a cominciare da Sant’Agostino. “Gli europei” spiegava Teissier “devono sapere che una parte notevole delle loro radici cristiane latine si trovano nel sud del Mediterraneo. E gli abitanti del Maghreb devono allo stesso modo conoscere il ruolo che i loro antenati hanno svolto in una tradizione culturale e religiosa che ora sembra completamente estranea alla loro terra. Una presa di coscienza che può anche avere la sua importanza per le giovani Chiese d’Africa che vedono le proprie fonti spirituali come unicamente europee, dimenticando non solo le origini orientali della Bibbia e lo sviluppo della patristica orientale, ma anche il ruolo dell’Africa romana”. In una sua relazione del 2003, l’Arcivescovo di Algeri ricordava tra l’altro che “Verso il 200, al primo Concilio di Cartagine, si contano già settanta vescovi dell’Africa romana sotto la presidenza di Agrippino. Nello stesso periodo, in Italia del nord non si sa se ci fossero altri vescovadi all’infuori di quelli di Roma, Milano e Ravenna”. Del resto – aggiungeva Teissier - l’influenza africana a Roma si era fatta sentire “già fin dal 189, quando Vittore, un africano di Leptis Magna, viene eletto papa a Roma (189-198). Ciò dimostra il posto che doveva avere la Chiesa d’Africa a Roma fin dalla fine del secondo secolo. E nel terzo e quarto continuerà ad aumentare”. Nel 2001 l’Arcivescovo Teissier era stato protagonista del grande convegno su Sant’Agostino organizzato a Algeri per riscoprire l’africanità e l’universalità del Santo Vescovo d’Ippona. “Durante la crisi integralista in cui è sprofondato il Paese dal 1990 al 2000” ricordava Teissier “la prima battaglia per la libertà, legata ad Agostino, è stata quella per ottenere di parlare liberamente di lui nella società algerina”, in quanto i settori integralisti bollavano il Santo di Ippona come un “infedele” sottomesso all’imperialismo “occidentale” dell’Antica Roma. Secondo l’Arcivescovo Teissier, “Una delle più gravi ingiustizie fatte ad Agostino è stata quella di dipingerlo come un partigiano della coercizione in nome della verità”. Nei suoi interventi dedicati ad Agostino, l’Arcivescovo Teissier ricordava come il Santo de Le Confessioni e della Città di Dio, "dopo la sua conversione a Cassiciacum e il battesimo a Milano abbia voluto ritornare nella sua terra natale per non abbandonarla più e inscrivere tutta la sua opera entro la Chiesa d’Africa. Questa libertà di situarsi all’interno della sua propria cultura, Agostino la esercita anche all’interno della Chiesa”. In un’intervista del 2001 pubblicata sul mensile 30Giorni, l’Arcivescovo Teissier sottolineava quanto fosse utile per la missione attuale della Chiesa riscoprire la figura di Agostino d’Ippona e la sua teologia della grazia, ricolma di preziose suggestioni su come si può comunicare la novità cristiana agli uomini e alle donne del tempo presente: “I nostri amici musulmani” rimarcava in quell’intervista l’Arcivescovo Teissier “desiderano che la religione abbia tutta la sua importanza nella vita totale della società. Non accettano la distinzione tra temporale e spirituale che (più o meno facilmente) si fa tra i cristiani, e dicono che tutta la civitas deve essere sottomessa alla legge di Dio. Quando Agostino cammina nella città di Dio cammina contemporaneamente nella città degli uomini, e indica certamente l’imprescindibilità della città di Dio nell’esistenza dell’uomo, però non c’è teocrazia. L’importante non è avere un capo cristiano religioso che imponga per obbedienza religiosa le sue convinzioni alla società, ma che ciascuno dei credenti si apra alla grazia di Dio, al dono di Dio”. (GV) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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ASIA/INDIA - Due statue della Madonna e di Madre Teresa distrutte da vandali in Bengala Occidentale |
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Baruipur (Agenzia Fides) - Due statue della Beata Vergine Maria e di Madre Teresa di Calcutta, collocate in due grotte fuori dalla chiesa del Sacro Cuore a Morapai, nello stato del Bengala occidentale, sono state distrutte da vandali ignoti. Don Soosaiappan, il parroco, e p. Gautam Naskar, viceparroco, se ne sono accorti alle 6 del mattino del 28 novembre. Hanno informato il capo del consiglio del villaggio e la polizia locale. “Le due immagini sono ridotte in frantumi” ha riferito mons. Shyamal Bose, Vescovo della diocesi di Baruipur, dove si trova la parrocchia, visitando il luogo. "Le autorità ci hanno assicurato di arrestare i colpevoli al più presto e sostituiranno immediatamente tutte le immagini" ha detto il Vescovo. In una nota pervenuta a Fides, il Global Council of Indian Christians (Gcic), ha espresso preoccupazione e sgomento per i diversi incidenti di violenza anticristiana che si stanno verificando in diversi stati dell'India, soprattutto nelle aree tribali. In vista del Natale, il Consiglio dei cristiani auspica che "possano prevalere pace e armonia nella società indiana, e che Cristo, principe della pace, porti pace e sicurezza ai fedeli Indiani”. Secondo il sito web "MapViolence", gestito dallo United Christian Forum (UCF), che monitora gli episodi di violenza e ostilità contro la comunità cristiana in India, la maggior parte degli episodi di violenza si registra negli stati di Uttar Pradesh, Madhya Pradesh e Chhattisgarh. A partire dal 1° settembre fino a oggi, 2 dicembre, gli episodi di violenza anticristiana, su persone, oggetti o luoghi, segnalati nell'intera nazione, sono 76. In tutto il 2020 (gennaio-novembre) sono 250. Alla radice di tali violenze, spiega l'UCF, vi è la diffusione di notizie false o di propaganda tendenziosa: si afferma, ad esempio che i cristiani starebbero cercando di convertire fedeli indù, anche offrendo denaro. Tali notizie, diffuse ad arte sui social media, innescano reazioni violente. "I cristiani indiani rispettano la legge e nutrono benevolenza nei confronti dei concittadini" ribadisce l'UCF. (SD-PA) (Agenzia Fides 2/12/2020) |
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ASIA/FILIPPINE - Diritto alla vita e alla salute: la Chiesa in prima linea nella lotta all'Aids |
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Manila (Agenzia Fides) - Anche in tempo di pandemia, urge uno sforzo comune e collettivo per combattere l'Aids e porre fine ai pregiudizi e allo stigma che colpisce quanti sono sieropositivi. "La nostra nazione e tutto mondo è chiamato a solidarietà ed empatia con coloro che ne soffrono. Tutti dobbiamo lavorare insieme nella lotta contro l'Aids" ha detto il Camilliano p. Dan Cancino, Segretario esecutivo della Commissione episcopale per la sanità. Parlando in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids, celebrata ieri, 1° dicembre, il Camilliano ha sottolineato che "bisogna continuare a sostenere le famiglie delle persone morte per gli effetti dell'AIDS”. Secondo il Ministero della salute, nel Paese vengono segnalati quotidianamente in media 21 nuovi casi di infezione da Hiv. Le Filippine hanno segnalato 81.169 casi di Hiv/Aids da gennaio 1984 (quando si registro il primo caso) a ottobre 2020. Intervenendo sul nodo della malattia, che non diminuisce in tempo di pandemia, la Christian Conference of Asia (CCA), un organismo ecumenico che riunisce Chiese protestanti di diverse denominazioni e la Chiesa cattolica, ha ribadito il suo impegno "a lavorare per una società libera dall'AIDS". Ricordando il tema della Giornata mondiale contro l'Aids 2020, "Solidarietà globale e responsabilità condivisa", Mathews George Chunakara, Segretario generale della CCA, ha affermato in una dichiarazione inviata all'Agenzia Fides: "Occorre riflettere sulle nostre azioni come comunità di fedeli e rafforzare i nostri sistemi sanitari, provati dalla crisi Covid-19". La pandemia Covid-19 sta costringendo i paesi a sospendere le loro risposte all'Hiv, nel campo della prevenzione, test e trattamento. Il Covid-19 ha reso le comunità più vulnerabili poiché i servizi diventano limitati". Chunakara ribadisce la responsabilità collettiva delle Chiese in Asia per combattere l'epidemia di Aids che affligge il mondo da 40 anni. “La CCA, insieme alle organizzazioni che ne fanno parte, continuerà ad essere in prima linea nel movimento per il diritto alla vita e alla salute. Insieme, mettiamo fine all'Aids, chiedendo solidarietà globale e responsabilità condivisa, assicurando che nessuno venga lasciato indietro" ha aggiunto. (SD-PA) (Agenzia Fides 2/12/2020) |
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AMERICA/VENEZUELA - “Senza incontrarsi, senza dialogo autentico, non ci sarà benessere e fratellanza”: i Vescovi in vista delle elezioni |
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Caracas (Agenzia Fides) - La Commissione Permanente dell'Episcopato venezuelano rivolge un messaggio al popolo di Dio, in vista delle elezioni legislative per il rinnovo del parlamento unicamerale, indette per il 6 dicembre, ribadendo quanto già affermato: "lungi dal contribuire alla soluzione democratica della situazione politica che stiamo vivendo oggi, tendono ad aggravarla e non aiuteranno a risolvere i veri problemi delle persone” (vedi Fides 19/10/2020). Allo stesso tempo, i Vescovi rilanciano l'appello urgente “a tutti coloro che dedicano i loro sforzi alla politica e alle varie organizzazioni della società civile, per continuare a compiere sforzi comuni per ripristinare i diritti democratici della nazione". Ricordano quindi che tutte le iniziative sono necessarie e importanti, come la consultazione popolare, in quanto “le persone hanno pieno diritto di esprimersi attraverso i canali legittimi garantiti dalla Costituzione, esprimendo la propria opinione come autentico soggetto sociale”. Fedeli al loro ministero di Pastori e come cittadini del Venezuela, i Vescovi invitano “ad un serio discernimento che ci porti alla ricerca di una soluzione giusta, pacifica, democratica e concordata tra tutti i venezuelani, alla crisi multiforme che colpisce il Venezuela”. Esortano quindi a non lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, al contrario, “dobbiamo continuare a fare tutto il possibile e a lavorare per l'unità, la pace e la prosperità della nazione, ponendo il bene comune al primo posto”. Nel messaggio i Vescovi sottolineano che “il popolo venezuelano anela certamente a un cambiamento pacifico della situazione, per il quale vuole esprimersi con il voto, in condizioni giuste, eque e uguali per i partiti. Altrimenti, dandosi le spalle, senza riconoscersi e accettarsi, qualsiasi risultato rafforzerà il confronto più della sincera ricerca di una soluzione in cui tutti hanno una parte. Senza incontrarsi, senza riconoscimento reciproco e senza dialogo autentico, non ci sarà soluzione che porti benessere e fratellanza”. I Vescovi si affidano all'intercessione del Venerabile José Gregorio Hernández e della Verine Maria di Coromoto, la Madre amorevole che ci accompagna e che “ci ha fatto il meraviglioso dono del grande liberatore di tutta l'umanità, la cui nascita celebreremo il prossimo Natale, Gesù, il Signore”. (SL) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AMERICA/HAITI - "La popolazione sta perdendo la speranza, ma noi continuiamo ad annunciare Cristo Redentore": testimonianza di un missionario |
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Port au Prince (Agenzia Fides) – "La popolazione sta perdendo la speranza, sembra che non ci sia via di uscita, ma come Chiesa continuiamo ad annunciare Cristo Redentore!" afferma il missionario redentorista, padre Renold Antoine CSsR, che ha inviato a Fides una sua testimonianza della situazione ad Haiti che riportiamo di seguito. "Da diversi mesi il Paese soffre una situazione drammatica sotto diversi aspetti. Il caos e l’anarchia si stanno diffondendo nelle strade. Molte attività su tutto il territorio nazionale stanno lavorando a metà. La vita in alcuni luoghi diventa impossibile. Manifestazioni pianificate e spontanee, violente o pacifiche, di tutti i settori e le forze della società haitiana, occupano le strade di tutte le grandi città del Paese. C’è una corruzione generalizzata, che è un cancro per il Paese. Vediamo aumentare rapine, crimini organizzati e sequestri di persone, si accentua ogni giorno il proliferare di gruppi armati nei quartieri popolari. In questi giorni si sono alzate delle voci da tutti i settori per denunciare l’insicurezza generalizzata che sta vivendo il Paese e per chiedere al governo nazionale di assumersi le proprie responsabilità per la tutela della vita e dei beni della popolazione. Purtroppo vediamo che la paura si impadronisce di tutti, e in tutti i settori della popolazione, poiché sono tutti vittime dei banditi armati. Molte persone perdono la speranza, perché sembra che non ci sia via d’uscita per risolvere questa situazione caotica. Come Chiesa locale, continuiamo ad annunciare Cristo, perché in Lui c’è redenzione piena. Allo stesso tempo invitiamo i protagonisti a sedersi e a cercare in modo comune le soluzioni adeguate per far uscire il Paese da questo labirinto, poiché nessun gruppo particolare può in modo magico risolvere questa crisi acuta che il Paese sta attraversando. Come abbiamo detto più volte, Haiti si salverà quando ci sarà un dialogo sincero, in cui tutti i protagonisti partecipino e mettano al primo posto l’interesse collettivo" conclude Padre Renold Antoine CSsR, Missionario Redentorista ad Haiti. La situazione nel paese caraibico sta degenerando sempre di più. Due giorni fa Luis Abinader, il presidente del paese vicino, la Repubblica Dominicana, ha fatto delle dichiarazioni riguardo ad Haiti: "Non possiamo aiutare Haiti, siamo anche noi un Paese con troppi problemi per prenderci cura di un altro Paese che è il più povero dell'emisfero occidentale. In effetti, non è necessario essere esperti di politica internazionale per pensare che uno Stato in via di sviluppo si assuma l'arduo compito di assumersi la responsabilità di un altro, tanto meno nelle circostanze attuali. Senza dubbio, la Repubblica di Haiti come Stato ha fallito. Ciò è dovuto principalmente alla visione a breve termine e all'individualismo della sua classe politica, che non compie sforzi significativi per lottare per il progresso collettivo. Di conseguenza, manca di istituzionalità e di certezza del diritto.” In un messaggio a conclusione dell’Assemblea plenaria, con il titolo: "Non lasciatevi rubare la vostra speranza", la Conferenza Episcopale di Haiti ha espresso preoccupazione sulla realtà di violenza e ha denunciato le situazioni che devono cambiare, chiedendo a tutte le parrocchie di Haiti tre giorni di "Preghiera, digiuno e intercessione per la conversione e per la liberazione del paese", dal 5 al 7 dicembre (vedi Fides 01/12/2020) (CE) (Agenzia Fides 02/12/2020)
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