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lunedì 14 marzo 2022

Agenzia Fides 14 marzo2022

 

VATICANO - Papa Francesco: “In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!
Vorrei ancora una volta esortare all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo, e ringraziare per la grande rete di solidarietà che si è formata. Chiedo a tutte le comunità diocesane e religiose di aumentare i momenti di preghiera per la pace. Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace”. (Papa Francesco, Angelus, 13 marzo 2022)
(SL) (Agenzia Fides 14/3/2022)
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EUROPA/SPAGNA - Da Pamplona e Madrid partono camion di aiuti per l’Ucraina
 
Madrid (Agenzia Fides) - Insieme alla Ong “Olvidados”, l’associazione “Acoger y Compartir”, sta collaborando per portare diversi camion al confine rumeno-ucraino con il materiale ricevuto da vari comuni e piccole Ong che non hanno i mezzi per trasportare ciò che hanno raccolto, spiega il redentorista Jose Miguel de Haro, CSsR.
La settimana scorsa diversi camion sono partiti da Pamplona e Madrid. Al confine con la Romania c’è un grande magazzino dove scaricano gli aiuti, per la distribuzione ci sono ucraini che lo portano alle diverse destinazioni. Uno dei punti di distribuzione è una comunità redentorista situata in Ucraina vicino al confine. Da Madrid, giovedì 10 marzo, due rimorchi sono stati caricati con cibo, forniture mediche, medicinali, prodotti per l’igiene, coperte, forniture di emergenza, ecc. La società SESE di Saragozza effettua il trasporto a un prezzo accessibile.
Per questa settimana è già stato raccolto materiale per altri due camion, che stanno decidendo il giorno della partenza. Non vogliamo restare solo alle parole, ma condividere con chi ha un grande bisogno. Siamo lieti di sapere che le Comunità Autonome stanno già programmando l’accoglienza dei rifugiati.
(SL) (Agenzia Fides 14/3/2022)
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AFRICA/CONGO RD - Allarme per centinaia di sfollati interni nell’altopiano di Ruzizi
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – Sono diverse centinaia gli sfollati interni bisognosi di tutto nell’altopiano di Ruzizi, nel Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, secondo quanto comunicato all’Agenzia Fides da ACMEJ, un’associazione della società civile locale.
Nei siti d’accoglienza di Bulaga e Langala, negli altipiani medi, nel gruppo di Lemera, vi sono più di 400 famiglie in sofferenza, mentre nelle strutture di Katogota-centre e Kamonyi, nella piana di Ruzizi, nel raggruppamento Itara-Luvungi, 149 famiglie sono state recensite dalla ONG NRC (Norwegian Refugee Council) prima del secondo afflusso; altre 200 famiglie sono state recensite da AVSI.
Gli sfollati interni, accolti in strutture provvisorie nei pressi di villaggi i cui abitanti sono già in difficoltà, abbisognano di assistenza umanitaria in cibo, generi di prima necessità, medicine e tende.
Il ritorno nei loro villaggi di origine è molto difficile, perché gli scontri militari continuano, con gravi violazioni dei diritti umani: incendi di case, uccisioni di civili, saccheggio di beni, minacce di morte contro leader locali e difensori dei diritti umani.
“Gli sfollati continuano a sperare nei governi nazionali e provinciali e negli operatori umanitari internazionali che lavorano nel Sud Kivu perché accorrano in loro aiuto, soprattutto perché nella pianura di Ruzizi non è stato possibile effettuare il raccolto” afferma ACMEJ, che lancia un appello sia alle organizzazioni umanitarie sia alle forze di sicurezza perché proteggano la popolazione dalle violenze dei diversi gruppi armati che imperversano nell’area.
(L.M.) (Agenzia Fides 14/3/2022)
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AFRICA/ZAMBIA - I Vescovi esortano le diocesi affinché il paese garantisca sicurezza e tutela dei minori e delle persone vulnerabili
 
Lusaka (Agenzia Fides) – “Tutte le diocesi cattoliche del Paese dovrebbero assicurarsi che i bambini comprendano il percorso del processo sinodale per poter assicurare loro una partecipazione significativa” ha affermato Fidelis Hamweemba, responsabile per la tutela dei minori della Conferenza dei Vescovi dello Zambia (ZCCB), in suo appello in merito al coinvolgimento dei bambini nel processo sinodale in corso.
“E’ importante che la collettività si concentri sulla creazione di strutture efficienti per la tutela dell'infanzia nelle nostre diocesi cattoliche” ha ribadito p. Francis Mukosa, Segretario generale della ZCCB, che ha esortato tutti a collaborare con il governo per garantire che lo Zambia sia sicuro per i bambini e per le persone vulnerabili.
P. Mukosa si è espresso a nome dei Vescovi in occasione della chiusura di un seminario di 4 giorni sulla salvaguardia dei minori, rivolto ai responsabili diocesani della protezione dei bambini.
La Conferenza episcopale dello Zambia (ZCCB) ha ribadito l'impegno a salvaguardare i diritti dei bambini e degli adulti vulnerabili attraverso la politica lanciata nel 2017 (vedi Agenzia Fides 7/10/2021) e ha incoraggiato un percorso legale statale efficace nell'affrontare i diritti umani.
(AP) (14/3/2022 Agenzia Fides)
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ASIA/IRAQ - Razzi iraniani contro base USA a Erbil. Il Patriarcato caldeo: lo stallo nella formazione del governo mette a rischio il Paese
 
Erbil (Agenzia Fides) - Il Patriarcato caldeo deplora il lancio di missili che domenica 13 marzo ha sparso terrore tra la popolazione di Erbil, e alla luce del grave episodio richiama le forze politiche a superare lo stallo e i veti incrociati che in Iraq impediscono da mesi la formazione di un nuovo governo, indebolendo il Paese e esponendolo a operazioni destabilizzanti promosse da forze esterne. Le preoccupazioni del Patriarcato caldeo sull’attuale, incerta fase politica attraversata dall’Iraq, sono state espresse in un comunicato firmato dal Patriarca Louis Raphael Sako, e diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato caldeo dopo il lancio di missili caduti sulla capitale della Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
All’una del mattino di domenica 13 marzo, 12 missili balistici Fatih – 110, di fabbricazione iraniana, sono stati lanciati contro la base USA localizzata presso l’aeroporto di Erbil. Nelle vicinanze dell’area colpita si trova anche l’edificio di recente costruzione che ospita il Consolato USA nel Kurdistan iracheno. Il lancio di missili – come ha confermato ai media anche Omid Khoshnaw, attuale governatore di Erbil – non ha provocato vittime o feriti, ma soltanto danni materiali. Anche La sede della TV locale Kurdistan24 è stata danneggiata. L’attacco missilistico è stato rivendicato dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Nel messaggio di rivendicazione, i Pasdaran hanno fatto riferimento alla presenza di una “delegazione militare israeliana segreta” presso la base Usa colpita. Dopo la rivendicazione, le autorità di Baghdad hanno convocato l’Ambasciatore iraniano per esprimere la loro formale protesta in merito all’attacco, mentre due tra più rilevanti Partiti iracheni, l’alleanza elettorale “Saeroun” (che fa capo al leader sciita Muqtada al Sadr) e il partito Democratico del Kurdistan, hanno chiesto la formazione di una commissione d’inchiesta per confermare o smentire la presunta presenza di squadre israeliane a Erbil.
Anche l’attacco di Erbil conferma a suo modo la ormai cronica debolezza politico-istituzionale del Paese dei due Fiumi, sempre permeabile ad azioni terroristiche o incursioni organizzate o compiute in territorio iracheno da apparati militari e d’intelligence legati a forze straniere. Davanti a tale situazione, il Patriarcato caldeo ribadisce che i problemi del Paese possono essere affrontati solo attraverso il dialogo tra le forse politiche e sociali, “per garantire un futuro migliore per tutti, e non attraverso armi distruttive”. Nelle attuali circostanze critiche, il Patriarcato caldeo esorta tutti gli iracheni a “stringere i ranghi e unire le forze per giungere alla formazione di un governo nazionale in grado di assumersi tutte le sue responsabilità, al fine di preservare la sicurezza del Paese da qualsiasi ricaduta negativa, soprattutto ora che le relazioni dell'Iraq con molti Paesi, in particolare i Paesi confinanti, hanno iniziato a migliorare e c'è speranza che nuovi passi possano essere fatti in questa direzione”.
In Iraq, la spartizione su base etnico-confessionale delle cariche istituzionali prevede che il Capo dello Stato sia scelto tra i rappresentanti politici curdi, mentre il Presidente del Parlamento deve essere un sunnita e il Premier deve essere sciita. Le elezioni parlamentari tenutesi il 10 ottobre 2021 hanno visto una netta affermazione della alleanza elettorale guidata dal leader sciita Muqtada al Sadr, che in Parlamento ora occupa 73 dei 329 seggi disponibili. Dalle elezioni è uscito invece ridimensionato il peso parlamentare dei Partiti sciiti filo-iraniani, che hanno duramente contestato i risultati. Finora non è stato possibile procedere alla formazione di un nuovo governo, né all’elezione di un nuovo Presidente.
(GV) (Agenzia Fides 14/3/2022)
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AMERICA/CILE - Il Card. Aós: “Non dobbiamo aspettarci tutto da chi ci governa”, ognuno sia parte attiva nel soccorrere la società ferita
 
Santiago (Agenzia Fides) – “Affrontiamo ogni giorno la scelta di essere buoni samaritani o viaggiatori indifferenti, che passano a lato. Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettarci tutto da chi ci governa, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Cerchiamo di essere parte attiva nella riabilitazione e nel soccorso della nostra società ferita". E’ un passo dell’omelia del Presidente della Conferenza episcopale del Cile, il Cardinale Celestino Aós, Arcivescovo di Santiago, durante il tradizione incontro di preghiera a carattere ecumenico e interreligioso, che si è svolto sabato 12 marzo, nella Cattedrale di Santiago, all’indomani dell’insediamento ufficiale del nuovo Presidente, Gabriel Boric (vedi Fides 11/03/2022). Oltre allo stesso Presidente, erano presenti le principali autorità del paese, i rappresentanti di
diverse confessioni religiose e i membri del Comitato Permanente della Conferenza Episcopale.
Assicurando la preghiera per il Presidente e per le Autorità, perché Dio illumini le loro menti “in modo che sappiano cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è ingiusto”, nell’omelia il Cardinale ha detto: "Vogliamo e cerchiamo un Cile in cui viviamo tutti insieme rispettandoci l'un l'altro, ascoltandoci a vicenda, dialogando, collaborando, prendendoci cura dei più poveri e trattando responsabilmente la natura". Quindi il Cardinale Arcivescovo di Santiago ha chiesto a quanti assumono delle responsabilità in ambito politico, a promuovere la fraternità e, allo stesso tempo, un'organizzazione sociale più efficiente, in quanto "i politici sono chiamati a preoccuparsi della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone”.
Sulle sfide che il Cile deve affrontare oggi, il Cardinale ha sottolineato che "Dio ha creato tutti gli esseri umani a Sua immagine e somiglianza. Siamo di Dio e non apparteniamo allo Stato. Dio ci ha dato diritti che lo Stato deve riconoscere e rispettare. Uomini e donne uguali in diritti, doveri e dignità; Dio ci ha chiamati e ci chiama oggi a convivere come fratelli tra noi". Quindi si è soffermato sulle difficoltà vissute dal paese negli ultimi anni, a causa della pandemia, della violenza politica e sociale, degli attacchi nella zona dell’Araucanía e della criminalità, "ci fa male, ci preoccupa. Seminare violenza non è vita ma morte, non è progresso ma regressione".
Superare le conseguenze di queste situazioni non è solo compito di coloro che esercitano responsabilità pubbliche, ma di tutti i cileni, ha sottolineato l'Arcivescovo di Santiago, citando le misure sanitarie per contenere la pandemia: "Siamo qui a rinnovare la nostra convinzione che non possiamo aspettarci tutto dai governanti, ma che ognuno di noi è responsabile del bene di tutti”.
Un appello particolare è stato lanciato infine dal Cardinale per la pace, minacciata oggi in tutto il mondo: "Il Cile ha bisogno di noi come artigiani di pace, come esempi di dialogo, pronti a generare processi di guarigione e ricongiungimento con ingegno e audacia”.
(SL) (Agenzia Fides 14/3/2022)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Nunzio apostolico lascia il paese, “sorpresa e rammarico”
 
Città del Vaticano – La Sala stampa della Santa Sede ha pubblicato il 12 marzo il comunicato che segue: “La Santa Sede ha ricevuto con grande sorpresa e rammarico la comunicazione che il Governo del Nicaragua ha deciso di ritirare il gradimento (agrément) a S.E. Mons. Waldemar Stanislaw Sommertag, Nunzio Apostolico a Managua dal 2018, imponendogli di lasciare immediatamente il Paese dopo la notifica del provvedimento. Tale misura appare incomprensibile perché nel corso della sua missione S.E. Mons. Sommertag ha lavorato con profonda dedizione per il bene della Chiesa e del popolo nicaraguense, specialmente delle persone più vulnerabili, cercando sempre di favorire i buoni rapporti tra la Sede Apostolica e le Autorità del Nicaragua. Va ricordata, in particolare, la sua partecipazione come testimone e accompagnatore del Tavolo di Dialogo Nazionale tra il Governo e l’Opposizione politica, in vista della riconciliazione del Paese e della liberazione dei detenuti politici. Mentre è convinta che tale grave e ingiustificata misura unilaterale non rispecchia i sentimenti del popolo del Nicaragua, profondamente cristiano, la Santa Sede desidera riaffermare la sua piena fiducia nel Rappresentante Pontificio”.
La Conferenza Episcopale del Nicaragua, in una nota del 9 marzo, aveva reso noto di essere stata informata dall’incaricato di affari ad interim della Nunziatura, che Mons. Waldemar Stanislaw Sommertag aveva lasciato il Nicaragua per Roma il 6 marzo. “Come Conferenza Episcopale del Nicaragua ribadiamo la nostra adesione e vicinanza a Papa Francesco, come anche ringraziamo il Signor Nunzio Mons. Waldemar, che ci ha sempre accompagnato nel nostro lavoro pastorale, rendendo presente il Magistero e la persona del Papa” hanno affermato i Vescovi. Riguardo all’accreditamento del Nunzio presso il Governo, la nota evidenzia che “si tratta di esclusiva competenza bilaterale della Santa Sede e del Governo del Nicaragua” per cui rispettando le competenze, la Conferenza episcopale “si astiene dal pronunciarsi su questo tema”. Infine i Vescovi si affidando all’intercessione della Vergine di Fatima, che sarà pellegrina di pace nell’arcidiocesi di Managua nel prossimo mese di maggio.
(SL) (Agenzia Fides 14/3/2022)

giovedì 11 novembre 2021

Da Agenzia Fides: A Mosul gli Usa finanziano il restauro della chiesa di Mar Korkis, devastata dai jihadisti-11 novembre 2021

 

ASIA/IRAQ - A Mosul gli Usa finanziano il restauro della chiesa di Mar Korkis, devastata dai jihadisti
 
Mosul (Agenzia Fides) – E’ prevista entro la fine di novembre la cerimonia di riapertura della chiesa principale del monastero di Mar Korkis, nella città irachena di Mosul, gravemente danneggiata dai miliziani dell’autoproclamato Stato islamico (Daesh) durante il tempo dell’occupazione jihadista. Nei giorni scorsi è stato reso noto il completamento dei lavori di restauro eseguiti nel quadro del programma di stabilizzazione del patrimonio iracheno, in collaborazione con l’ordine monastico antoniano di Sant’Ormisda dei Caldei e grazie al supporto finanziario garantito dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ai progetti di ricostruzione di chiese e monumenti realizzati in Nord Iraq dal Departement of Heritage and Civilization dell'Università della Pennsylvania (vedi Fides 2/8/2019).
Il Monastero di Mar Korkis si trova sul lato destro del fiume Tigri, appena fuori dalla strada che unisce Mosul a Dohuk, a 10 km dal centro della città. La prima fondazione del monastero viene fatta risalire dalle fonti storiche a prima del X secolo dopo Cristo.
Nel marzo 2015, i jihadisti dello Stato Islamico devastarono gravemente la chiesa, senza però raderla al suolo (vedi Fides 12/3/2015). Furono smentite le informazioni rilanciate da diversi media che in quei giorni avevano accreditato le voci in merito a una totale demolizione del luogo di culto cristiano tramite esplosivo. La furia distruttiva dei jihadisti si era concentrata sulla cupola e sulla facciata della chiesa, caratterizzata da una particolare configurazione architettonica, con i mattoni e le aperture disposti in modo da disegnare una grande croce. Le croci che spiccavano sulla cupola e sul tetto del monastero erano state divelte dai jihadisti già nel dicembre 2014. Foto e documenti pubblicati a quel tempo confermarono che a subire devastazioni era stato soprattutto il cimitero adiacente alla chiesa, dove riposavano anche i corpi di molti soldati iracheni cristiani caduti durante il conflitto Iraq-Iran.
Durante il tempo dell’occupazione jihadista, il monastero di San Giorgio era stato usato anche come luogo di detenzione. Nel dicembre 2014 vi erano stati trasferiti almeno 150 prigionieri bendati e ammanettati, compresi alcuni capi tribù sunniti oppositori dello Stato Islamico ed ex membri degli apparati di sicurezza, detenuti in precedenza presso la prigione di Badush (evacuata nella previsione di un possibile attacco da parte della coalizione anti-Califfato).
Le opere di restauro hanno visto coinvolti ingegneri, e architetti e operai locali. Le pareti interne del luogo di culto sono state ricoperte con il marmo di Mosul. (GV) (Agenzia Fides 11/11/2021)

martedì 26 ottobre 2021

A Erbil un museo custodirà manoscritti cristiani scampati alle devastazioni jihadiste

 

ASIA/IRAQ - A Erbil un museo custodirà manoscritti cristiani scampati alle devastazioni jihadiste
 
Erbil (Agenzia Fides) – Manoscritti e libri antichi, sia cristiani che islamici, sottratti in anni recenti alla possibile distruzione da parte dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) saranno raccolti e custoditi in un museo-centro studi costituito ad hoc per volontà dei Vescovi della Chiesa caldea. La decisione di costituire il nuovo centro di conservazione e esposizione è stata presa dagli stessi Vescovi caldei, riunitisi sabato 23 ottobre a Erbil, capoluogo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, sotto la presidenza del Patriarca Louis Raphael Sako.
Il museo sorgerà a Ankawa, distretto di Erbil abitato in maggioranza da cristiani, in un edificio adiacente all’istituto che ospita sacerdoti e seminaristi caldei. L’iniziativa vedrà il coinvolgimento diretto della locale comunità dei Padri Domenicani, da sempre impegnati nella conservazione e nello studio di libri e manoscritti antichi, che rappresentano anche una testimonianza preziosa del radicamento delle comunità cristiane autoctone di origine apostolica nelle terre dell’attuale Iraq.
Il patrimonio che confluirà nel museo è stato presentato alla riunione dei Vescovi caldei da Najib Mikhail Moussa, attuale Arcivescovo caldeo di Mosul e membro dei Frati predicatori. Prima di assumere nel 2019 la guida dell’Arcidiocesi caldea nella città che era stata occupata per lunghi anni dai jihadisti di Daesh, padre Najib Mikhail ha dedicato gran parte della sua vita alla cura e allo studio di manoscritti e testi antichi appartenenti alle antiche Chiese d’Oriente raccolti dai Padri Domenicani.
Nato nel 1955 a Mosul, fin dal 1990 padre Najib Mikhail era stato direttore del Centro di digitalizzazione dei manoscritti orientali nella metropoli nord-irachena. Fino al 2007, il patrimonio di migliaia di manoscritti e libri antichi curato dai Domenicani era custodito presso il complesso della chiesa domenicana di Mosul. Già a partire da quell'anno, per motivi di sicurezza, le opere più preziose e gli 850 manoscritti più antichi in aramaico, arabo e armeno erano stati trasferiti a Qaraqosh, città a maggioranza cristiana a trenta chilometri da Mosul. Alla fine di luglio del 2014, la preoccupazione davanti all'avanzare dei jihadisti di Daesh – che avevano già conquistato Mosul dal 9 giugno precedente – avevano convinto i Domenicani a iniziare il trasferimento dei manoscritti e dei libri antichi nel capoluogo del Kurdistan iracheno, per salvarli dalle devastazioni iconoclaste e dai roghi di libri perpetrati dai jihadisti nelle terre da loro occupate.
Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, anche padre Najib Mikhail era fuggito insieme a migliaia di cristiani dalla Piana di Ninive verso Erbil, portando con sé su un furgone un buon numero di manoscritti e documenti antichi dal valore inestimabile, mentre le città della Piana finivano sotto il dominio di Daesh. Negli anni successivi (vedi Fides 10/3/2018), padre Najib Mikhail aveva coinvolto anche decine di profughi rifugiati a Erbil nell'opera di restauro di manoscritti e libri antichi sottratti alla possibile distruzione da parte dei jihadisti. La piccola impresa culturale animata dai rifugiati iracheni ha rappresentato uno sviluppo oltremodo significativo dell'opera di tutela del patrimonio culturale iracheno che da secoli vedeva impegnati in quelle terre gli appartenenti all'Ordine dei frati predicatori, fondato da San Domenico di Guzmàn (1170-1221). In quegli anni difficili, tanti profughi, cristiani e musulmani, hanno potuto acquisire competenze professionali in quest'opera di salvaguardia del patrimonio culturale della regione. (GV) (Agenzia Fides 26/10/2021).


martedì 31 agosto 2021

Agenzia Fides 31 agosto 2021

 

AFRICA/CAMERUN - Rapito il Vicario generale della diocesi di Mamfe
 
Yaoundé (Agenzia Fides) – Rapito il Vicario generale della diocesi di Mamfe, nel sud-ovest del Camerun, una delle due regione anglofone del Paese, dove è in corso una guerra tra l’esercito regolare e miliziani che rivendicano l’indipendenza delle due aree. “Con grande tristezza vi informo del rapimento di Mons. Agbortoko Agbor, ieri domenica 29 agosto” afferma il comunicato della diocesi di Mamfé, firmato dal cancelliere p. Sébastien Sinju.
“Il Vicario generale ha trascorso il weekend a Kokobuma per una visita pastorale e l’inaugurazione del presbiterio della parrocchia, era appena rientrato nel Seminario maggiore nel tardo pomeriggio. Mezz’ora dopo alcuni giovani armati, che si sono qualificati come separatisti, hanno assalito il Seminario dove vive Sua Ecc. Mons. Francis Teke Lysinge, Vescovo emerito di Manfe. Vista l’età avanzata del Vescovo, i separatisti hanno preferito prendere Mons. Agbor".
“I rapitori chiedono un riscatto di 20 milioni di franchi CFA (circa 30.489 euro) per la liberazione di Monsignor Agbortoko Agbor” afferma p. Sinju, che ha chiesto ai fedeli di pregare per la liberazione del sacerdote.
Quello di Mons. Agbor non è il primo rapimento di un prete della diocesi di Mamfe. Il 22 maggio p. Christopher Eboka, direttore delle comunicazioni per la diocesi, era stato rapito dai separatisti e rilasciato 10 giorni dopo, il 1° giugno.
Neppure i Vescovi sono stati risparmiati dai rapimenti. Il defunto Cardinale Christian Tumi, Arcivescovo emerito di Douala e principale mediatore della crisi anglofona, è stato rapito due volte, prima il 5 e il 6 novembre 2020, poi il 30 gennaio 2021.
Mons. Michael Miabesue Bibi, allora Vescovo ausiliare di Bamenda, nel Nord-Ovest, attualmente Vescovo di Buea nel Sud-Ovest, era stato rapito il 5 e 6 dicembre 2018.
Nel giugno 2019 è stato rapito anche l'Arcivescovo emerito di Bamenda, Mons. Cornelius Fontem Esua e due mesi dopo, Mons. George Nkuo, Vescovo della diocesi di Kumbo (nord-ovest) ha subito la stessa sorte. (L.M.) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/MALAYSIA - "Costruire un futuro migliore per la Malaysia": appello dei Vescovi
 
Kuala Lumpur, Malaysia (Agenzia Fides) - “Costruiamo un futuro migliore per la Malaysia”: così recita l'appello diramato da alcuni Vescovi cattolici in occasione del Merdeka Day (31 agosto) e del Malaysia Day (16 settembre), due date importanti per la storia e la vita civile della nazione. La 64a "Giornata Nazionale" (Hari Merdeka o Merdeka Day), il 31 agosto, commemora la Dichiarazione di Indipendenza della Malesia, avvenuta il 31 agosto 1957; il 16 settembre la nazione commemora l'istituzione della Federazione della Malesia, avvenuta nel 1963.
"Celebriamo la nostra nazione ringraziando Dio per la pace e l'armonia di cui godiamo in molti modi diversi, nonostante le sfide e gli ostacoli che ci attendono" affermano tre Vescovi in ​​un messaggio congiunto, diffuso per l'occasione e inviato all'Agenzia Fides. Il testo è firmato dall'Arcivescovo Julian Leow, che guida la comunità di Kuala Lumpur; da Mons. Sebastian Francis, Vescovo di Penang; e da Mons. Bernard Paul Vescovo di Malacca-Johore.
Il tema su cui si incentra il messaggio è "Malaysia Prihatin" ("La Malaysia si prende cura") e tocca naturalmente, come da un anno a questa parte, la questione della pandemia. A causa della pandemia, sono state penalizzate o sospese le celebrazioni e liturgie religiose, "mentre ombre oscure della crisi sanitaria, economica e politica hanno appesantito i cuori di molti malesi".
La pandemia, notano i Vescovi, ha avuto un impatto sulla vita dei malaysiani. Ha colpito l'economia malese poiché le imprese stanno chiudendo, i redditi sono ridotti e la perdita di posti di lavoro tocca migliaia di famiglie: sono solo alcune delle conseguenze immediate sulla vita dei cittadini comuni. “Le nostre vite sono state impoverite in modi che non avremmo mai potuto immaginare: psicologicamente, emotivamente e spiritualmente. Non solo stiamo cercando di trovare un certo equilibrio in questo periodo di disperazione, ma la realtà di aver perso i propri cari a causa della pandemia ha reso la vita ancora più difficile da sopportare per molti", notano i Vescovi.
La crisi politica iniziata all'inizio del 2020 sembra aver causato una maggiore instabilità nel Paese, con il governo che è cambiato due volte dalle elezioni generali del 2014 in poi. “C'è un senso generale di frustrazione e di impotenza nel paese, in questo momento. Speriamo che il Primo ministro nominato di recente, insieme con il suo esecutivo, ci porti fuori da questa triplice crisi, per il bene di tutti”, si legge nel messaggio.
I Vescovi invitano il nuovo Primo ministro Ismail Sabri Yaakob, nominato il 20 agosto scorso, a onorare le promesse esposte nel suo discorso inaugurale alla nazione: dare priorità alla ripresa della Malaysia su tutti i fronti con integrità, responsabilità e trasparenza, senza timori o favori. "Guardiamo al Primo Ministro perché guidi i malaysiani ad apprezzare la ricchezza e la diversità di ogni cultura, religione e razza", affermano i Vescovi.
Il 2021 segna il 51° anniversario della carta "Rukun Negara" (la Carta dei "Principi nazionali", ovvero la dichiarazione della filosofia nazionale stabilita nel 1970, in occasione della proclamazione della Giornata Nazionale). Quel documento costituisce l'orientamento per la vita della nazione, guidata dai seguenti principi: fede in Dio; lealtà al re e alla patria; supremazia della Costituzione; Stato di diritto; rispetto e moralità.
I Vescovi richiamano quella Carta: “La politiche del piano Malaysia Prihatin vanno fondate sui principi del Rukun Negara se vogliamo costruire una società unita, rispettosa, inclusiva e sostenibile. Chiediamo a tutti i leader politici, al governo e ai partiti di opposizione del paese, di mettere da parte le differenze e le ambizioni personali e di lavorare insieme per aiutare tutti i malaysiani che hanno un serio bisogno di assistenza per ricostruire le nostre vite".
A nome della Chiesa cattolica malaysiana, il documento ringrazia le persone per la loro generosità, abnegazione e determinazione mostrate durante la pandemia. E ricorda, oltre agli operatori sanitari di "prima linea" negli ospedali, gli "eroi sconosciuti" come guardie di sicurezza, addetti alle pulizie, netturbini, fattorini addetti alle consegne a domicilio e molti altri, che rischiano per mantenere attivi i servizi essenziali per tutti i cittadini.
“La costruzione di una nazione non appartiene né all'élite né a pochi eletti. Appartiene a tutti i cittadini. Mentre dobbiamo ritenere tutti i leader che eleggiamo responsabili nei confronti del ruolo che occupano, anche noi dobbiamo lavorare per promuovere l'unità e l'armonia alla base”, notano i Vescovi, che lanciano un forte appello all'unità, al bene comune e al servizio del prossimo.
“La politica della divisione non deve mai essere la narrativa che perpetuiamo perché ognuno di noi ha l'opportunità di promuovere l'unità nella nostra vita quotidiana. Non lasciamo che il senso di apatia, di non curarsi delle preoccupazioni degli altri, ci faccia perdere di vista la nostra responsabilità collettiva e il nostro dovere di cittadini. Se soccombiamo alla tentazione di essere isolati nel nostro modo di vivere, esprimiamo solo egoismo e insensibilità", affermano.
"Uniamo gli sforzi, per costruire, con l'aiuto di Dio e sotto la Sua guida, un futuro migliore per la Malesia mentre continuiamo ad essere Malaysia Prihatin", includendo i poveri e i bisognosi, conclude l'appello.
Su oltre 30 milioni di abitanti, il cristianesimo in Malesia è una religione praticata da circa il 9, 2% della popolazione (censimento 2010). Due terzi dei 2,6 milioni di cristiani vivono nella Malaysia orientale, composta dalle province di Sabah e Sarawak (nella grande isola del Borneo).
(SD-PA) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/PAKISTAN - Donna cristiana accusata di blasfemia per un messaggio What's App; giunti in Europa due coniugi salvati
 
Islamabaad (Agenzia Fides) - Una donna cristiana, Shagufta Kiran, residente a Islamabad, è stata accusata di blasfemia per aver semplicemente inoltrato un messaggio su WhatsApp che includeva contenuti ritenuti blasfemi. Come comunica a Fides l'organizzazione "Centre for Legal Aid Assistance & Settlement" (CLAAS) Shagufta è stata arrestata il 29 luglio dalla Federal Investigation Agency (FIA) ed è ancora sotto custodia.
Il marito di Shgufta, Rafique Masih, ha dichiarato che agenti armati hanno fatto irruzione nella loro casa e hanno arrestato sua moglie e i suoi due figli, accusandoli di aver violato la legge sulla blasfemia, inoltrando un post su WhatsApp che includeva contenuti blasfemi. Ha raccontato: “Con violenza si sono impossessati dei nostri telefoni, computer e altri oggetti di valore. Hanno arrestato Shagufta e i miei due figli senza previa informazione o mandato di arresto. Hanno portato mia moglie e i miei figli alla stazione di polizia, accusandoli in base agli articoli 295-A e 295-B del Codice penale del Pakistan (la cosiddetta legge sulla blasfemia), in seguito hanno liberato i miei figli”.
Rafique Masih e i figli sono fuggiti da Islamabad per la paura e le minacce, e si sono trasferiti in un luogo sicuro. Secondo la ricostruzione, Shagufta è stata arrestata perché inclusa in un gruppo WhatsApp in cui qualcun altro dei membri avrebbe condiviso un messaggio blasfemo, che Shagufta ha inoltrato ad altre persone senza leggerlo e senza conoscerne le conseguenze. "Shagufta non sapeva nulla del post, non era nemmeno l'autore del post in questione, ma è stata accusata di averlo diffuso", ha spiegato Rafique.
Nasir Saeed, direttore del CLAAS, ha espresso la sua preoccupazione per il continuo abuso della legge sulla blasfemia, che colpisce soprattutto membri poveri e analfabeti delle minoranze religiose: “Questa non è la prima volta che qualcuno è stato accusato di condividere un SMS o un post sui social media. Andrebbero cercati e perseguiti gli autori di tali messaggi. Ora per Shagufta Kiran inizia un calvario giudiziario e una sofferenza che potrà durare anni, finché non potrà dimostrare la sua innocenza".
Saeed ricorda la vicenda dei coniugi cristiani Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar, recentemente rilasciati dopo sette anni di carcere (vedi Fides 4/6/2021): i due erano stati condannati a morte in base ad accuse di presunta blasfemia commessa tramite un SMS ritenuto blasfemo. All'inizio di giugno, l'Alta Corte di Lahore ha annullato la condanna a morte comminata loro nel 2014, riconoscendo la macchinazione ai loro danni, dato che i due sono analfabeti e non avrebbero potuto scrivere personalmente alcun messaggio di testo. Non è stato appurato, però, chi abbia scritto quei messaggi e li ha incastrati, dunque l'abuso della legge resta, anche nel loro caso, impunito.
Nei giorni scorsi, grazie all'interessamento del loro avvocato difensore, il musulmano Saif-ul Malook (che è stato anche l'avvocato nel noto caso di Asia Bibi), i due hanno raggiunto sani e salvi i Paesi Bassi, in Europa. Il Parlamento dell'Unione Europea ha adottato nello scorso aprile una risoluzione in favore di Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel, chiedendo che il Pakistan conceda spazio alla libertà religiosa ed esortando le autorità della UE a rivedere gli accordi commerciali con il Pakistan, se non saranno rispettati i diritti e le libertà individuali.
(PA) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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ASIA/IRAQ - Patriarca Sako: la visita di Macron a Mosul rischia di alimentare equivoci
 
Baghdad (Agenzia Fides) – “Il vertice internazionale svoltosi a Baghdad con la partecipazione del Presidente francese è stato un evento importante, un segno forte di supporto all’Iraq e al suo cammino per ritrovare stabilità. Ma poi, altri momenti della visita di Emmanuel Macron in Iraq, e soprattutto la sua trasferta a Mosul, sono stati segnati da gesti e parole che a molti iracheni appaiono inadatti, e rischiano di alimentare equivoci”. E’ un bilancio articolato e in chiaroscuro quello tracciato dal cardinale iracheno Louis Raphael Sako, Patriarca della Chiesa caldea, in merito alla visita appena conclusa del Capo dell’Eliseo in terra irachena.
In una conversazione con l’Agenzia Fides, il Patriarca si sofferma sugli aspetti generali e particolari che lo inducono a definire quella di Macron come una “visita frettolosa e mal preparata”.
In primis, il cardinale Sako ritiene fuorviante il cliché ormai obsoleto delle visite di leader occidentali che si recano nelle aree di crisi presentandosi come potenziali “risolutori” di conflitti e situazioni degradate di lungo corso: “Abbiamo visto tante ‘missioni’ politiche e militari occidentali in Medio Oriente, abbiamo visto tante promesse d’aiuto, e alla fine tutto rimane a livello di vuote parole, se non peggio. Pensiamo a quello che è successo in Afghanistan. Pensiamo alle tante promesse fatte di recente al Libano, che continua a dibattersi in una crisi gravissima. La realtà è che i Paesi occidentali non possono fare niente, soprattutto ora che sono tutti presi a risolvere i loro problemi economici e a concentrare le loro risorse nella lotta alla pandemia”.
L’errore di attendersi dall’Occidente la salvezza e la soluzione dei problemi – fa notare il Patriarca caldeo – ha avuto effetti devastanti anche quando ha riguardato nello specifico le comunità cristiane del Medio Oriente. “Quella dell’Occidente che difende i cristiani nelle altre aree del mondo” dichiara a Fides il patriarca Sako “è una leggenda che ha fatto tanti danni. E alcuni momenti della visita di Macron a Mosul sono apparsi come una ennesima riproposizione di quella leggenda”. Nella città- martire, il Presidente Macron ha visitato la chiesa latina conosciuta come Nostra Signora dell’Ora, officiata tradizionalmente dai Padri Dominicani. “In quella circostanza” fa notare il Patriarca Sako “gli interlocutori di Macron erano soprattutto europei, e anche i vescovi iracheni presenti sembravano ospiti. Si è visto un clima di cordiale familiarità tra connazionali europei, in contrasto alla atmosfera formale e fredda creatasi quando il Presidente francese ha visitato la Grande Moschea di Al Nuri. Alcuni imam sunniti hanno criticato la visita di Macron mentre era ancora in corso. Quello che voglio dire – aggiunge il Patriarca caldeo – è che il nostro primo desiderio è quello di vedere tornare e rimanere nelle proprie case i cristiani che sono fuggiti da quelle terre. Occorre favorire il ripristino di un tessuto di convivenza armoniosa tra le diverse comunità etniche e di fede, lo stesso che connotava Mosul nei tempi passati. A questo riguardo, la visita di Macron non ha aiutato, è stata un’occasione persa e ha rischiato anzi di alimentare diffidenza nei concittadini musulmani. L’ultima cosa da fare per i cristiani di qui è quella di riporre la propria fiducia nelle politiche occidentali. Se la Francia apre un consolato a Mosul o costruisce un aeroporto da quelle parti, questi non sono affari che riguardano i vescovi e le cose che i vescovi devono chiedere alle autorità civili locali”.
Nella sua trasferta di due giorni in terra irachena, Macron ha visitato Baghdad, Mosul e Erbil. Nella capitale irachena, il Presidente francese ha preso parte sabato 28 settembre al vertice regionale organizzato dal governo iracheno che ha visto la partecipazione, tra gli altri, dei ministri degli esteri (ma non dei capi di Stato) di Arabia Saudita, Iran e Turchia. “L'Iraq non può essere il teatro degli scontri regionali!”, ha dichiarato il primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi all'apertura dei lavori. (GV) (Agenzia Fides 31/8/2021)
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AMERICA/VENEZUELA - “La carità non ha limiti, né discrimina i destinatari”: i Vescovi lamentano ostacoli agli aiuti per le zone alluvionate
 
Caracas (Agenzia Fides) – Un appello alle autorità nazionali, regionali e militari, perché operino “non per interessi particolari”, ma ricordino che “sono al servizio di tutti i venezuelani” è venuto dai Vescovi del Venezuela, che in un messaggio del 30 agosto lamentano il comportamento di alcune autorità civili e della Guardia nazionale che domenica 29 agosto hanno impedito il passaggio di parte degli aiuti umanitari inviati alla popolazione dello stato di Mérida, colpita da violente piogge.
Secondo dati provvisori, l’ondata di maltempo che si è abbattuta sul Venezuela occidentale nei giorni scorsi con piogge torrenziali, inondazioni e frane, ha colpito 35.000 persone, causando almeno 20 morti e altrettanti dispersi, ha distrutto 8.000 case e provocato danni enormi alle infrastrutture. All’Angelus di domenica 29 agosto, Papa Francesco ha espresso la sua solidarietà con queste parole: “Sono vicino alla popolazione dello Stato venezuelano di Mérida, colpita nei giorni scorsi da inondazioni e frane. Prego per i defunti e i loro familiari e per quanti soffrono a causa di questa calamità”.
Nel comunicato della Presidenza della Conferenza episcopale del Venezuela, giunto all’Agenzia Fides, si legge: "Ci rammarichiamo e condanniamo l'atteggiamento di alcune autorità civili, così come della Guardia Nazionale Bolivariana, che, lungi dal cooperare disinteressatamente, non solo hanno impedito l'accesso di gran parte degli aiuti inviati da varie parti del Paese, ma hanno avuto un atteggiamento di disprezzo e offesa nei confronti di membri della Chiesa e di altre istituzioni". Costoro affermano di aver ricevuto ordini superiori, proseguono i Vescovi, che li esortano, “a nome delle comunità colpite, a cambiare atteggiamento e a mettersi al servizio delle istituzioni che stanno collaborando, in modo che le spedizioni di aiuti arrivino presto a destinazione, dando priorità al transito dei carichi di forniture; aprendo strade e promuovendo altre iniziative a favore della popolazione colpita”. Tutto questo, sottolineano, secondo i principi della Costituzione nazionale.
I Vescovi ribadiscono la loro solidarietà alla popolazione di Merida, soprattutto agli abitanti della Valle del Mocoties, colpita da questi fenomeni naturali violenti, e sottolineano la pronta risposta della Chiesa cattolica e di altre istituzioni nell’organizzare i soccorsi. “Grazie alla risposta immediata di tante persone di buona volontà, si sono potuti portare aiuti di diverso tipo, dalle medicine e dal cibo ai vestiti e alle altre forniture necessarie. La carità non ha limiti, né stabilisce le condizioni per praticarla, come non discrimina i destinatari delle opere di misericordia" evidenziano.
La rapidità con cui la Caritas nazionale e le Caritas diocesane hanno raccolto gli aiuti necessari provenienti da diverse parti del paese, sottolineano i Vescovi, ha dimostrato “la generosità dei cattolici e delle persone di buona volontà che, sebbene in mezzo ad una crisi che ha impoverito molte persone nella nazione”, non hanno avuto dubbi nel condividere il poco e il molto che possiedono.
La rete Caritas è stata una delle prime a dare l'allarme su quanto stava accadendo nella Valle dei Mocotíes a seguito delle intense piogge che ancora cadono sul territorio nazionale. Nella notte di lunedì 23 agosto 2021, ricorda una nota di Caritas Venezuela, Caritas Mérida ha ricevuto l'allerta dalla Caritas parrocchiale situata nella valle di Mocotíes sui danni che le forti piogge avevano iniziato a causare nei comuni di Ofvar, Zea e Antonio Pinto Salinas. Immediatamente la Caritas arcidiocesana di Mérida ha iniziato a raccogliere le informazioni per stilare un rapporto della situazione e ha contattato la Caritas nazionale. In meno di 12 ore, si è saputo del tragico bilancio di perdite di vite umane, di persone scomparse e di famiglie colpite. Già allora la rete di solidarietà era stata attivata da Caritas Merida, Caritas Caracas e di altre diocesi, guidate da Caritas Venezuela.
Il 25 agosto, Caritas Mérida insieme a Ulandinos First Aid (PAULA) ha istituito una serie di centri per raccogliere cibo non deperibile, acqua potabile, coperte, calzature e abbigliamento in buone condizioni, prodotti per l'igiene personale, medicinali, mascherine, batterie e altre fonti alternative di energia. Contemporaneamente, l'arcidiocesi di Caracas ha istituito punti di raccolta in sei parrocchie della capitale. Venerdì 26 agosto è stata effettuata la prima partenza dei camion della solidarietà per portare a Merida quanto raccolto. Sabato 28 agosto, 38.000 litri di acqua e più di 30 tonnellate di aiuti raccolti a Merida, Caracas e negli altri stati in cui la Caritas ha istituito centri di raccolta, sono giunti a destinazione. La Caritas a livello nazionale è ancora attiva per assistere, non solo la popolazione di Merida, ma anche gli abitanti di altre zone colpite dalle piogge. (SL) (Agenzia Fides 31/08/2021)
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sabato 13 marzo 2021

IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO B) 14 marzo 2021

  IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO B)



Grado della Celebrazione: DOMENICA

Colore liturgico: Viola o Rosaceo

Antifona d'ingresso
Rallegrati, Gerusalemme,
e voi tutti che l’amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi dell’abbondanza
della vostra consolazione. (cf. Is 66,10-11)

Colletta
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio
operi mirabilmente la nostra redenzione,
concedi al popolo cristiano
di affrettarsi con fede viva e generoso impegno
verso la Pasqua ormai vicina.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (2Cr 36,14-16.19-23)
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore.

Dal secondo libro delle Cronache

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 136)
Rit: Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

SECONDA LETTURA (Ef 2,4-10)
Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Parola di Dio

Canto al Vangelo (Gv 3,16)
Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO (Gv 3,14-21)
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Ci rivolgiamo a Dio, ricco di misericordia, che ci ha salvati in Cristo suo Figlio, dimostrandoci il suo grande amore nella morte in croce.
Preghiamo insieme e diciamo: Donaci, Signore, la tua salvezza.

1. Per la Chiesa di Dio: annunci sempre che unica salvezza del mondo è la croce di Cristo, preghiamo.
2. Per i preti, ministri della misericordia: perché il sacramento della riconciliazione sia per tutti i penitenti un'autentica esperienza di incontro con il Signore che salva, preghiamo.
3. Per i credenti di ogni religione: cerchino con sincerità la luce del bene e della verità, preghiamo.
4. Per i governanti del mondo: perché nelle scelte economiche tengano presenti i diritti delle classi sociali più deboli e più povere, preghiamo.
5. Per gli esiliati, i profughi, gli stranieri: perché la lontananza dalla loro terra sia compensata dalla solidarietà e dall'accoglienza di quanti incontrano nei luoghi dove vivono, preghiamo.

O Padre, guarda con amore i tuoi figli che attendono da te misericordia. Illumina il loro cuore, perché cerchino te sopra ogni cosa e trovino in te la misericordia del perdono. Per Cristo nostro Signore.


mercoledì 17 febbraio 2021

Agenzia Fides 17 febbraio 2021

 

AFRICA/CONGO RD - Covid-19: migranti burundesi bloccati nel Sud Kivu per la chiusura del confine
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – “A causa dell'isolamento per la lotta al Covid-19, attualmente nel villaggio di Katogota osserviamo la chiusura dei confini. Quindi è impossibile per gli immigrati burundesi che si trovano nel nostro villaggio tornare nel loro Paese” afferma una nota inviata all’Agenzia Fides dall’organizzazione umanitaria ACMEJ, che opera in questo villaggio del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), al confine col Burundi.
Gli espatriati burundesi sono arrivati nella RDC per visitare parenti e amici, altri per cercare un lavoro, altri ancora fuggono dall'insicurezza nel loro Paese. Al momento, alcuni sono ospitati dalle famiglie d’accoglienza, altri stanno in case prese in affitto. Si moltiplicano però i conflitti tra la popolazione di Katogota e gli immigrati che non possono più permettersi di pagare l’affitto della casa, mentre alcuni di loro sono diventati un pesante fardello per le famiglie che li ospitano.
Anche il centro medico locale che non ha i mezzi economici per garantire cure gratuite, si è lamentato di essere sopraffatto dalla situazione degli immigrati burundesi affetti da diverse malattie che non sono in grado di sostenere le spese mediche. I burundesi hanno bisogno urgente di aiuti umanitari soprattutto per i bambini che continuano ad ammalarsi. È quindi altamente auspicabile e urgente che le organizzazioni umanitarie inviino aiuti agli immigrati in difficoltà, in primis medicinali e assistenza medica.
"Auspichiamo che i governi del Burundi e della RDC guidino una discussione bilaterale per la riapertura delle frontiere, nel rispetto delle misure di barriera contro il Covid-19. Ciò consentirebbe a questi immigrati di tornare a casa e la situazione della comunità di Katogota potrebbe alleggerirsi” conclude l’ACMEJ. (L.M.) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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AFRICA/SUD SUDAN - Aumentano i contagi da Coronavirus: la polizia emana sanzioni anche per le celebrazioni religiose
 
Bor (Agenzia Fides) - I continui assembramenti dovuti alle riunioni pubbliche in occasione di eventi, comprese le funzioni religiose domenicali, hanno causato l’intervento delle autorità della polizia di Bor, capitale dello stato di Jonglei, situato nell’est del paese. A causa della mancata adesione alle misure di prevenzione previste contro il Covid durante le funzioni religiose, le autorità hanno ammonito le chiese di severe sanzioni contro quanti verranno trovati in condizione di violazione.
Alla fine del mese scorso, in seguito ad una nuova ondata di contagi da Coronavirus, la National Taskforce sul Covid-19, ha emesso un ordine che vieta tutte le forme di incontri sociali fino al 3 marzo. In una dichiarazione ad una emittente locale, il portavoce della polizia di stato, John Mawut Ngangha, ha affermato di aver applicato misure preventive contro il Coronavirus nei luoghi di culto già dalla scorsa settimana. Mawut ha sottolineato che oltre a far rispettare il divieto del governo la Taskforce è impegnata a garantire educazione sanitaria sul Covid-19.
“Come forze di polizia, siamo impegnati a rafforzare l'ordine governativo che vieta ogni forma di raduno sociale. Domenica ho assistito alla funzione presso la Nigel Church, le persone osservavano il distanziamento sociale ed erano radunate in preghiera sotto gli alberi” ha detto Mawut.
La reazione degli abitanti di Bor non ha tardato ad arrivare. I cittadini si sono detti consapevoli della pandemia ma di non essere sempre in grado di attenersi ai protocolli di prevenzione a causa delle difficoltà logistiche e strutturali.
Il vescovo James Deng, della chiesa episcopale del Sud Sudan, diocesi di Makuac, ha detto che "le funzioni domenicali proseguono" , sottolineando che Dio è l'unico faro di speranza per il sud sudanese. “Non vedo motivo per cui le chiese dovrebbero essere chiuse visto che luoghi di assembramento come i mercati sono sempre congestionati. Come Chiesa, crediamo, che sconfiggeremo questo virus anche con la preghiera”, ha detto il vescovo Deng. “Non siamo contro il governo - ha sottolineato. La pandemia esiste ma non c'è bisogno di vietare l'apertura delle chiese. Oltre a predicare il Vangelo educhiamo le persone a detergere le mani e osservare le pratiche di igiene e il distanziamento sociale, sebbene vi sia carenza di disinfettanti”.
Il mese scorso il direttore sanitario del Bor State Hospital, attraverso le stazioni radio locali, ha avviato la formazione sull'educazione sanitaria sul virus, anche se le tradizioni e gli sfollamenti causati dalle inondazioni e dalle difficoltà economiche rendono difficile l'adesione alle misure COVID-19.
Dall’inizio di questa settimana il Paese ha registrato 148 nuovi casi, portando il numero totale di contagi registrati a 5.710.
(AP) (17/2/2021 Agenzia Fides)
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ASIA/PAKISTAN - Due giovani cristiani incriminati con false accuse di blasfemia: gli avvocati contestano i reati
 
Lahore (Agenzia Fides) - Due giovani cristiani sono stati incriminati per blasfemia, accusati di aver predicato il cristianesimo a giovani musulmani e di aver disonorato pubblicamente l'islam, il Corano e il Profeta Maometto al Model Town Park di Lahore. I due sono Haroon Ayub Masih di 25 anni e Salamat Mansha Masih di 30 anni, membri di una comunità cristiana evangelica. L'arresto di uno degli imputati (l'altro è fuggito) è avvenuto subito dopo che Haroon Ahmad, un uomo musulmano, ha presentato denuncia alla stazione di polizia di Model Town contro i due giovani il 13 febbraio scorso, contestando la violazione delle "leggi sulla blasfemia", ovvero l'articolo 295 ai commi "a", "b" e "c" del Codice penale del Pakistan.
Secondo il denunciante, i due Haroon Ayub Masih e Salamat Mansha Masih si sono avvicinati a un gruppo di persone musulmane iniziando a predicare il cristianesimo e consegnando loro un libro in lingua urdu intitolato "Zindagi ka Paani" (Acqua della vita). Il musulmano Haroon Ahmad nel primo rapporto di indagine (First Information Report) dice: "I due uomini hanno iniziato a commettere blasfemia disonorando il Profeta Maometto, dicendo che era un vagabondo, che si è sposato per aumentare la sua generazione mentre Gesù non si è sposato e ha proclamato la verità". Aggiunge il rapporto, pervenuto a Fides : "Hanno detto che la Torah e i Vangeli sono libri veri e il Sacro Corano non dice la verità, hanno continuato a disonorare l'Islam, ferendo le nostre emozioni e sentimenti religiosi apertamente e pubblicamente ”. Il denunciante afferma inoltre: “Gli uomini cristiani hanno commesso blasfemia disonorando il Profeta Muhammad, il Sacro Corano e l'Islam. Vi chiedo di punire i due e la casa editrice secondo le leggi sulla blasfemia, per aver pubblicato e stampato questa letteratura ”.
La polizia ha avviato un procedimento ai sensi delle leggi sulla blasfemia 295 al comma "A" che incrimina "atti deliberati o dolosi volti a oltraggiare i sentimenti religiosi di qualsiasi persona, insultando la sua religione e credenze religiose", che prevede 10 anni di reclusione o multa; si cita poi il comma 295 B cioè "aver vilipeso il Sacro Corano" per il quale la pena è la reclusione a vita; e si formulano accuse secondo il 295 C per aver "usato osservazioni dispregiative, pronunciate, scritte direttamente o indirettamente che offendono il nome del Profeta Maometto o altri profeti" per cui è prevista la pena di morte obbligatoria.
Uno dei due cristiani, Salamat Mansha Masih, è stato arrestato dalla polizia mentre Haroon Ayub Masih è riuscito a fuggire e anche la sua famiglia si è nascosta.
L'avvocato cristiano Aneeqa Maria Anthony, responsabile della Ong "The Voice", che ha assunto la difesa legale di Haroon Ayub Masih, così chiarisce all'Agenzia Fides l'accaduto, rifendendo quanto ha raccontato Haroon Masih: "Stavamo studiando e discutendo per conto nostro del Nuovo Testamento, quando alcuni giovani di passaggio si sono fermati per ascoltare cosa stavamo dicendo. Dopo aver sentito che stavamo parlando della Bibbia, hanno chiesto informazioni e allora abbiamo dato loro un piccolo libro chiamato 'Acqua della vita' con alcuni estratti dal Nuovo Testamento. Non c'è niente di blasfemo in quel libro. Uno di loro ci ha chiesto di smettere di leggere e parlare della Bibbia in un luogo aperto, poiché non sarebbe consentito. Siamo rimasti scioccati nel sentire questo, perché non li abbiamo invitati ad ascoltarci. Abbiamo detto loro di non interferire poiché stavano , secondo i nostri diritti di cittadini, semplicemente parlando tra noi. A quel punto il confronto è diventato una discussione accesa e abbiamo preferito abbandonare il luogo".
Prosegue l'avvocato: "Alcuni dei giovani musulmani, però, hanno preso Salamat e lo hanno portato al responsabile della sicurezza del parco, accusandolo proditoriamente i due di aver predicato il cristianesimo e aver bestemmiato contro l'islam, ma questo è del tutto falso. Così lo hanno portato alla polizia ed è scattata la denuncia". Haroon Masih ha dichiarato: "Leggo la Bibbia con i miei fratelli, serviamo Dio in diversi luoghi del Pakistan. Non ho mai parlato contro nessuna religione. Rispetto il Profeta Maometto ”.
L'avvocato Anthony riferisce un altro aspetto delicato: la denuncia è registrata è firmata da Haroon Ahmad che non era presente sul luogo , non è un testimone oculare dei fatti, ma che è membro del movimento estremista "Tehrik-e Labaik", che ha voluto assumersi la responsabilità di accusare i due cristiani, affermando di "voler continuare a proteggere l'Islam da ogni male".
L'avvocato informa che la prima udienza sul caso è prevista il 24 febbraio e che, intanto ha ottenuto una cauzione provvisoria per Haroon Ayub Masih. E conclude: "Cerchiamo giustizia per due giovani cristiani innocenti. Il gruppo Tehrik e Labaik sembra aver preso il caso molto seriamente e violentemente e agisce in maniera minacciosa. Non ci lasceremo intimorire ma abbiamo bisogno del sostegno e della preghiera di tanti".
(PA-AG) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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ASIA/IRAQ - Il Patriarca caldeo Sako: è sbagliato pretendere che la visita del Papa risolva tutti i nostri problemi
 
Baghdad (Agenzia Fides) – Papa Francesco “non viene in Iraq per risolvere tutti i problemi” delle comunità cristiane locali. Non dipende certo da lui riportare in Iraq “i cristiani che sono emigrati all’estero”, o “recuperare le loro proprietà usurpate”. Spetta piuttosto al governo iracheno “creare le condizioni per il ritorno”. Così il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako ha voluto rispondere con un comunicato ufficiale a quelle da lui stesso indicate come “critiche messe in circolo attraverso i social media” alla imminente visita papale in Iraq, in programma dal 5 all’8 marzo. Nel breve comunicato, diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato caldeo, il Patriarca ha preso atto che il Papa “non potrà visitare tutti i santuari”, ma nel contempo ha messo in evidenza la forte portata simbolica dei luoghi toccati dalla visita papale – compresi Ur, Najaf, Mosul e Quaraqosh – da dove il vescovo di Roma potrà diffondere “parole di amore, fratellanza, riconciliazione, tolleranza e rispetto per la vita, la diversità e il pluralismo”.
Intanto, in questi giorni, il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, continua a incontrare rappresentanti di istituzioni, forze politiche e raggruppamenti sociali e religiosi, tutti desiderosi di esprimere interesse e compiacimento per la prossima visita papale. Tra gli altri, il Patriarca ha ricevuto anche una delegazione dell’Alleanza politica sciita al Hikma (”Corrente di Saggezza nazionale”, nonché il parlamentare Saib Khidir, rappresentante della minoranza yazida.(GV) (Agenzia Fides 17/2/2021)
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AMERICA/CILE - Una Quaresima di conversione, purificazione e speranza
 
Santiago (Agenzia Fides) – Nel suo messaggio per la Quaresima, il Comitato Permanente della Conferenza Episcopale del Cile sottolinea l’imposizione delle ceneri con cui inizia questo tempo liturgico, invitando a partecipare di persona o da remoto, secondo le disposizioni relative alla pandemia, "per vivere questo profondo segno di umiltà senza minacciare la nostra salute o quella degli altri". Questo tempo di conversione ci invita a rinnovare la nostra fede e la nostra speranza, è anche un tempo di purificazione e penitenza per il dolore causato con i nostri peccati. "I Pastori della Chiesa chiedono ancora una volta perdono a Dio e ai nostri fratelli e sorelle che sono stati abusati, maltrattati, esclusi o ignorati da alcuni dei loro ministri”.
“L'ultimo anno è stato difficile per tutti – scrivono i Vescovi -. La pandemia di Covid-19 ha evidenziato la nostra fragilità; dobbiamo piangere i gravi danni alla salute di molte persone, tra cui molte che hanno perso la vita; abbiamo anche subito le sue gravi conseguenze sociali che diventano più drammatiche tra i più vulnerabili”. Invitano tuttavia a ringraziare Dio “per le innumerevoli espressioni di solidarietà fraterna, carità e vicinanza, nonché per l'impegno professionale di coloro che lavorano al servizio dei malati negli ospedali e nei centri sanitari. Ringraziamo anche sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi e laici che hanno cercato di accompagnare con i sacramenti, la preghiera e il conforto in questo momento di incertezza.”
I Vescovi lamentano anche gli atti di violenza che continuano a verificarsi nella società cilena, con la perdita di vite umane, aggressioni a persone, case, luoghi pubblici e persino luoghi di culto di diverse confessioni religiose. Aumenta significativamente la migrazione nel nord del paese, di persone provenienti da nazioni con un'enorme crisi sociale e politica. Alcune manifestazioni climatiche di insolita intensità, hanno causato gravi danni alle famiglie che hanno perso le loro case, le attività agricole ed economiche, portando incertezza e insicurezza.
“In questo insieme di situazioni, molte persone si chiedono cosa ci sta dicendo il Signore? Cosa possiamo fare per vivere il nostro status di cristiani in questo momento?” I Vescovi rispondono: “Meditare con cuore sincero la Parola di Dio, fonte permanente di salvezza e luce, per il discernimento quotidiano, riveste una particolare importanza in questo tempo liturgico della Quaresima”. Ricordano quindi la preghiera personale e comunitaria, che è sempre un modo sicuro per scoprire la volontà di Dio. "Non smettiamo mai di pregare incessantemente per il dono della vita e della salute, della giustizia e della pace" aggiungono, e citano il Messaggio di Quaresima 2021 di Papa Francesco: "la via della povertà e della privazione (digiuno), lo sguardo e i gesti dell'amore verso l'uomo ferito (elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (preghiera) ci permettono di incarnare fede sincera, speranza viva e carità attiva".
Questo tempo complesso che stiamo vivendo ha portato vari tipi di privazione a molti, gli sprechi non hanno posto in una società che cerca di superare le sue disuguaglianze, e “la Quaresima ci dà la possibilità di tornare all'essenziale della nostra vita di credenti, mettendo Cristo al centro". Quindi esortano: "Dobbiamo rinnovarci in atteggiamenti di speranza! La possibilità di accedere a uno dei vaccini contro il Covid-19 ci apre una finestra di speranza per avviare il processo di superamento di questa grave pandemia”. Tutti sono invitati a vaccinarsi, perché “non c’è alcun motivo ragionevole per sospettare che i vaccini siano dannosi o che il loro uso possa essere soggetto a divieti morali.”
Infine i Vescovi cileni ricordano che inizia un anno di importanti decisioni per la vita del Paese "in cui ogni connazionale deve essere protagonista", chiamando a partecipare attivamente e ad essere informati su ciò che riguarda le elezioni, i progetti e i programmi dei candidati. "Come la Quaresima è un cammino per credere e testimoniare un tempo nuovo – concludono -, aiutiamoci con i nostri atteggiamenti personali, familiari e civili perché le giovani generazioni continuino a credere nel Cile e nei valori umani e cristiani che nel corso della storia hanno ispirato la nostra società". (SL) (Agenzia Fides 17/02/2021)
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AMERICA/PERU' - Emergenza sociale e sanitaria: centinaia di migranti provenienti dal Brasile bloccati alla frontiera
 
Puerto Maldonado (Agenzia Fides) – Il Vicario Apostolico di Puerto Maldonado ha rivolto un appello alle autorità governative per quanto accade alla frontiera con il Brasile: dopo l'arrivo di più di 300 migranti, nella maggioranza provenienti da Haiti, il ponte che segna il passaggio di frontiera fra Acre (Brasile) e Madre de Dios (Perù) è diventato luogo di una vera emergenza sociale e sanitaria, dovuta alla chiusura per legge stabilita dalle misure sanitarie.
"Riteniamo che si debba fornire una soluzione immediata a questa situazione per evitare che si scateni un grave conflitto sociale" ha sottolineato il Vicariato nel suo comunicato pubblicato sui social network e sui media locali, e inviato anche a Fides. "I nostri operatori pastorali al confine tra Brasile e Perù riferiscono che attualmente ci sono circa 380 migranti, per lo più haitiani, ma provenienti anche da Senegal, Burkina Faso, Pakistan, Bangladesh e India, che devono entrare in Perù per andare nella regione di Tumbes, al confine con l'Ecuador, e da lì raggiungere le rispettive destinazioni” si legge nel comunicato.
“Tra i migranti ci sono donne incinte, minori e donne che allattano con i loro figli – prosegue il testo -. Infatti, domenica 14 febbraio, il comune brasiliano di Assis, ha inviato un'equipe medica per verificare lo stato di salute dei più vulnerabili alla frontiera e curare i casi che ne avevano bisogno".
"A Iñapari (Perù) - informa il comunicato -, il governo regionale di Madre de Dios dispone delle infrastrutture necessarie per sottoporre tutti i migranti al test PCR molecolare e, in questo modo, garantire che questa azione umanitaria venga svolta con successo senza mettere a rischio la salute pubblica nazionale”.
“Esortiamo le autorità governative regionali e nazionali, e soprattutto la Cancelleria della Repubblica, a trovare la formula che consenta di rispondere immediatamente a questa emergenza, evitando un grave conflitto sociale che si aggiunge ai gravi problemi che già abbiamo" conclude il messaggio del Vicario Apostolico, che teme anche il rischio di un conflitto sociale con i residenti del luogo, dovuto al numero elevato di migranti perché vanno crescendo di giorno in giorno.
(CE) (Agenzia Fides 17/02/2021)
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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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