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sabato 16 dicembre 2023

Pironio e Romero, amici anche in Paradiso

 

AMERICA/ARGENTINA - Pironio e Romero, amici anche in Paradiso
 
di Gianni Valente
Campana (Agenzia Fides) – Nascono amicizie tra i Santi, riverbero della loro comune amicizia con Cristo. Amicizie che li aiutano anche a attraversare le sofferenze apostoliche che quasi sempre accompagnano il cammino e il dono della santità. Amicizie che poi rimangono per tutti come un segno potente e confortante di cosa è davvero la Chiesa di Cristo, e di cosa la tiene in piedi e la fa camminare anche in mezzo alle tempeste della Storia.


Una amicizia di questa tempra ha unito già su questa terra Oscar Arnulfo Romero, l’Arcivescovo martire salvadoregno ucciso sull’altare il 24 marzo 1980, e Eduardo Francisco Pironio (1920/1998), il Vescovo argentino Presidente del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano), chiamato a Roma da Papa Paolo VI come Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli istituti di vita apostolica.
Romero è stato proclamato santo il 14 da Papa Francesco il 14 ottobre 2018, insieme a San Paolo VI. Eduardo Francisco Pironio viene proclamato Beato sabato 16 dicembre, nel Santuario argentino di Nostra Signora di Luiàn, dove riposano le sue spoglie mortali, durante una liturgia presieduta dal Cardinale Fernando Vérgez Álzaga, che per 23 anni è stato segretario dello stesso Pironio,



Con la Beatificazione del Cardinale Pironio, l’amicizia sacerdotale che lo unì al martire Romero si manifesta ancor di più come segno e testimonianza potente del tesoro di santità martiriale che negli ultimi decenni ha arricchito le vicende delle Chiesa dell’America Latina e dei loro pastori.


Gli incontri a Antigua

“Monsignor Romero non avrebbe sopportato tutte le sofferenze, che dovette sopportare nella sua difficile missione di pastore — ‘sembra che la mia vocazione sia quella di andar raccogliendo cadaveri’, disse in un’omelia — se non avesse avuto al suo fianco un altro uomo di Dio che sta andando verso gli altari, monsignor Eduardo Pironio”. Così ha scritto il Cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chávez, che del martire salvadoregno fu amico e collaboratore, nella postfazione al libro di Anselmo Palini Óscar Romero. «Ho udito il grido del mio popolo» (Roma, 2018).
In quella stessa prefazione-testimonianza, il Cardinale Rosa Chàvez fa risalire l’amicizia sacerdotale tra Romero e Pironio al ritiro che lo stesso Pironio predicò ai Vescovi cattolici del Centro America a Antigua (Guatemala) nell’agosto del 1972. Il ritiro spirituale che ci predicò dalla prima sera monsignor Pironio” scrive Romero in un successivo articolo di resoconto “ci pose precisamente in questa “ora” della nostra storia che, come l'“ora” di Gesù, è un’ora di croce pasquale, di dolorose speranze che reclama dai pastori attuali un grande silenzio di preghiera, aperto alla Parola di Dio, una grande povertà di spirito che è disponibilità di dialogo e di servizio”. In quell’articolo, così Romero parla di Pironio; : “La parola ispirata di questo grande vescovo moderno, segretario generale del Celam nominato da poco vescovo di Mar del Plata, ci fece riflettere sulla vera missione politica della Chiesa in America latina e sul vero senso della liberazione cristiana che, per essere impulso dello Spirito di Dio e per avere come meta la libertà piena e il trionfo sul peccato e le sue conseguenze, è più che una semplice urgenza della storia o un grido rivoluzionario e va molto al di là degli orizzonti della storia e molto più in profondità del semplice aspetto socioeconomico”. In quel ritiro- aggiunge Romero Pironio “Invitò a proclamare con semplicità e fervore il messaggio di salvezza, perché l’unico cammino della vera liberazione è vivere le beatitudini del Vangelo. Se le beatitudini non hanno la forza per realizzare i nostri necessari cambiamenti, si dovrebbe abbandonare il Vangelo come un’utopia e dire che Cristo non ebbe la capacità di offrire il vero fermento per la trasformazione umana e sociale”.

Nel 1974, Papa Paolo VI chiama il Vescovo Pironio a predicare gli Esercizi spirituali alla Curia Romana. Nel luglio 1975, sempre a Antigua, in Guatemala, Pironio predica gli stessi Esercizi ai Vescovi dell’America centrale. Negli appunti raccolti in quegli Esercizi, Romero richiama anche l’urgenza di “Sentire la Chiesa come la descrive Medellín: povera, missionaria, pasquale” richiamata dal predicatore argentino.
Da allora e negli anni successivi, mentre il Salvador precipita nella violenza, per il Vescovo Romero Pironio diventa amico e consigliere, a cui confidare anche le sofferenze più intime.


Gli incontri a Roma

Nel febbraio 1977, per volontà di Papa Paolo VI, Romero diventa Arcivescovo di San Salvador. Nel 1975, Pironio è stato chiamato a Roma come Prefetto della Congregazione per il Religiosi dallo stesso Papa Montini, che nel 1976 lo crea Cardinale. Da quel tempo, l’amicizia tra Pironio e Romero lascia tracce eloquenti anche nel Diario del Vescovo salvadoregno, che è «una chiave per capire la sua vita» (Gregorio Rosa Chávez). Romero annota nel suo diario il ruolo ricoperto da Pironio in occazione delle sue tre ultime visite a Roma, segnate da consolazioni, incomprensioni e tribolazioni.

La visita del giugno 1978 è tutta segnata dalla gioia del Vescovo salvadoregno per il conforto ricevuto visitando le memorie dei Santi Apostoli e ascoltando le parole e gli incoraggiamenti di Papa Paolo VI; “Sono state sempre le mie preghiere presso queste tombe degli apostoli a darmi ispirazione e forza. È così soprattutto questa sera: sento che la mia visita non è una semplice visita di pietà privata, ma che, nel compimento della visita ad limina, porto con me tutti gli interessi, le preoccupazioni, i problemi, le speranze, i progetti, le angosce di tutti i miei sacerdoti, delle comunità religiose, delle parrocchie, delle comunità di base, cioè di tutta un’arcidiocesi che viene con me a prostrarsi, ieri davanti alla tomba di san Pietro, oggi davanti alla tomba di san Paolo” scrive Romero ner resoconto della giornata di domenica 18 giugno.

Nel viaggio a Roma del maggio 1979, Romero cerca e trova con più insistenza il conforto di Pironio. Per lui le cose sono cambiate: le critiche di suoi detrattori sembrano aver trovato ascolto in Palazzi vaticani. La Santa Sede ha già inviato in Salvador il Vescovo argentino Antonio Quarracino come Visitatore apostolico. Romero prende atto delle “informazioni negative circa la mia pastorale” che circolano nei Palazzi vaticani, e e dell’ipotesi che lui stesso possa essere sostituito nella guida della Arcidiocesi di Buenos Aires con un Amministratore apostolico “sede plena”. Mercoledì 9 maggio, Romero va a visitare Pironio “che mi ha accolto - scrive nel suo diario - in modo così fraterno e cordiale che soltanto questo incontro sarebbe bastato a colmarmi di conforto e coraggio. Gli ho esposto con confidenza la mia situazione sia nella mia arcidiocesi che presso la Santa Sede. Mi ha aperto il suo cuore, dicendomi quello che anche lui è costretto a patire, come prova sofferenza profonda per i problemi dell’America Latina che non sono del tutto compresi dal ministero supremo della Chiesa. […] E ha soggiunto: «La cosa peggiore che puoi fare è scoraggiarti. Coraggio, Romero!» ripetendolo molte volte. L’ho ringraziato anche per le risposte ad altri interrogativi posti in questa conversazione lunga e fraterna, e poi me ne sono andato col cuore pieno di nuova fortezza acquisita dal mio viaggio a Roma”.

Anche nel gennaio 1980, nel suo ultimo viaggio a Roma, l’Arcivescovo Romero incontra il Cardinale Pironio. “Roma” scrive il 28 gennaio “per me significa il ritorno alla culla, alla casa, alla fonte, al cuore, al cervello della nostra Chiesa. Ho chiesto al Signore di conservarmi questa fede e questa adesione a quella Roma che Cristo ha scelto a sede del pastore universale, il Papa”. Gli incontri romani per Romero sono confortanti: tra questi soprattutto il colloquio con Pironio, il 30 gennaio: “Poi ho potuto parlare con il cardinal Pironio, in una visita per me molto breve, ma molto incoraggiante. Mi ha detto che lui stesso voleva vedermi per comunicarmi con gioia che la visita del cardinale Lorscheider era stata molto positiva e che lo stesso Papa aveva ricevuto una relazione molto buona sul mio conto. Il Cardinal Lorscheider” aggiunge Romero “aveva detto al Cardinale Pironio che nel Salvador ho ragione io, che la situazione è molto difficile, che io vedevo chiaramente le cose e il ruolo della Chiesa e che bisogna aiutarmi. Suppongo che questa sia una sintesi della relazione fatta dal cardinal Lorscheider sul suo viaggio in Salvador. Ho ringraziato molto il cardinal Pironio e gli ho fatto persino coraggio, quando mi ha detto che anche lui aveva sofferto molto, proprio a causa del suo sforzo in favore dei popoli dell’America Latina, e che mi capiva benissimo. Mi ha citato una frase del Vangelo a cui lui dà una spiegazione particolare:


‘Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono fare nulla allo spirito’. Lui la interpreta nel senso che, se quelli che uccidono il corpo sono terribili, sono certo più terribili quelli che colpiscono lo spirito, calunniando, diffamando, distruggendo una persona, e che pensa sia proprio questo il mio martirio, persino dall’interno della stessa Chiesa, e che devo farmi animo”.

Romero torna da Roma a San Salvador col cuore confortato anche dalle parole di Pironio. Mancano meno di due mesi al suo martirio. (Agenzia Fides 15/12/2023)

giovedì 9 novembre 2023

Vatican news 9 novembre 2023

 

AFRICA/UGANDA - Nuovi casi “falsi preti” cattolici scoperti in Uganda
 
Kampala (Agenzia Fides) – Nuovo avvertimento ai fedeli cattolici ugandesi sulla presenza di “falsi preti” in giro per le diocesi del Paese. Dopo l’avvertimento lanciato agli inizi di settembre nella provincia ecclesiastica di Kampala (vedi Fides 7/9/2023), è ora la volta di. p. Didas Kasapuri, parroco della chiesa dei martiri dell'Uganda a Mbarara, a mettere in guardia i fedeli cattolici sulla presenza di falsi preti.
Queste persone hanno invitato i parrocchiani a recarsi in case e in altri luoghi con il pretesto di offrire preghiere e benedizioni.
Tra questi c’è uno chiamato p .Hillary, che guida sessioni di preghiera ogni martedì e venerdì a Kakukuzi, e un certo p. Kiyemba, che tiene sessioni di preghiera ogni mercoledì e giovedì di ogni mese nella sua casa a Kakyeeka, nella città di Mbarara.
Altri si spacciano per frati cattolici, come Henry e Ambrose, nonché Kimuli Erineo, che secondo quanto riferito ha abbandonato la fede cattolica per diventare pastore in un altro gruppo religioso.
“Chiunque continui a frequentare le case delle persone menzionate e altri luoghi da loro indicati dovrebbe smettere di ricevere i santi sacramenti. Chiunque desideri funzioni religiose nelle proprie case deve avvisare l'ufficio del parroco”, ha avvertito p. Kasapuri in una dichiarazione.
Inoltre il parroco ha anche sospeso in via precauzionale tutti i pellegrinaggi fuori dalla diocesi, comprese le visite a luoghi sacri come Kibeho in Ruanda, Bukalango a Kampala e Kiwamirembe a Wakiso.
La sospensione è in vigore dal 5 novembre al 31 dicembre, con p. Kasapuri esorta coloro che intendono intraprendere tali pellegrinaggi in modo indipendente ad avvisare la parrocchia.
Il fenomeno di individui che si spacciano per pastori riguarda anche altre denominazioni cristiane in Uganda come la Chiesa anglicana. (L.M.) (Agenzia Fides 9/11/2023)
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AMERICA/CUBA - “La Chiesa è dove c'è il cristiano, e lì c'è il Signore”: Anno Giubilare per il V centenario della prima diocesi in terra cubana
 
Santiago de Cuba (Agenzia Fides) – E’ stato un evento storico, dalla portata sociale, culturale e religiosa quello vissuto dall’intera popolazione cubana caratterizzato dall’apertura dell’Anno Giubilare per il 500° anniversario della fondazione della Diocesi di Santiago de Cuba, prima diocesi in terra cubana, celebrato lo scorso 22 ottobre.

“In occasione di queste celebrazioni, Papa Francesco, su nostra richiesta, ha dichiarato Anno Giubilare il periodo che va dal 21 ottobre 2023 al 22 ottobre 2024 nel quale sarà concessa l'Indulgenza Plenaria a tutti coloro che quest'anno compiranno un pellegrinaggio alla Cattedrale de Nuestra Señora de la Asunción e attraverseranno la Porta Santa – ha detto Dionisio García Ibáñez, Arcivescovo di Santiago de Cuba, in una nota inviata all’Agenzia Fides.

“Iniziamo questo anno di Grazia, perché sia un anno di vita, di purificazione, di conversione, di ritorno alla fonte, di ritorno alle radici. Un tempo dove incontrare Dio che è il centro della nostra esistenza - ha detto il presule. Sarà un tempo di ringraziamento, di gioia in mezzo alle tante difficoltà quotidiane. L'anno giubilare è anche tempo di conversione, di ritorno a Dio, di ricongiunzione con Lui se lo abbiamo dimenticato. Sarà il momento per rafforzare la nostra fiducia in Lui, oltre ad essere un momento favorevole per cercarlo e provare a ritrovarlo se non lo conosciamo, sicuri che non rimarremo delusi.”

Nella Messa di apertura dell’Anno Giubilare per il V centenario della creazione della diocesi di Santiago de Cuba, il vescovo Dionisio ha espresso la sua gratitudine al Signore per essere sempre stato presente, alla comunità intera e ai fratelli di altre comunità cristiane che hanno preso parte.

“Grazie Signore, perché sei sempre stato presente qui su questa terra, e in questo popolo così diverso ma unito dal desiderio di essere fratelli, con il desiderio del bene, della pace, della giustizia.”

Il vescovo ha voluto sottolineare in modo particolare la presenza dei fratelli delle altre comunità cristiane: “ho voluto che festeggiassero con noi perché anche per loro la Parola di Dio è regola di vita. Noi, cattolici o appartenenti ad altre chiese e gruppi cristiani, che crediamo che Gesù Cristo è il nostro unico Salvatore, celebriamo tutti insieme 500 anni di presenza e di predicazione del Suo messaggio, che è sempre stato ed è un messaggio di umanizzazione, di misericordia e di Salvezza”.

Questa celebrazione ha anche un fondamento storico ha spiegato il vescovo Dionisio. Nell'anno 1517 si decise di fondare ed erigere una diocesi a Cuba. Fu scelta Baracoa, la città più grande dell'epoca. Venne nominato vescovo il sacerdote belga Juan Witte che non potette insediarsi a causa di molteplici difficoltà. Fu lui stesso a chiedere che la sede della diocesi venisse spostata e, quando il 22 ottobre 1523 tutte le pratiche burocratiche furono espletate fu eretta la diocesi con il nuovo nome di Diocesi di Santiago de Cuba. “Celebriamo non solo i 500 anni di presenza della Parola di Dio in questo paese e nella comunità cristiana, ma anche i 500 anni dalla dichiarazione dell'elevazione della Villa de Santiago a città di Santiago, a città di Cuba, come veniva chiamata all'epoca, strettamente legata all'insediamento della diocesi. Si tratta di un evento religioso, storico e di incontro tra culture, con tutte le diversità che rappresentano ognuno di noi, virtù e peccati, di allora e di adesso. La cosa importante è che Cristo ha cominciato a essere predicato e sappiamo che è il Signore della vita ed è il Signore della storia.”

“Molti di noi potranno dire: io ero presente all’anniversario dei 500 anni della creazione della Diocesi. Abbiamo preso parte a quello che abbiamo studiato sui libri di storia alle elementari. Qui in questo stesso luogo predichiamo la Parola di Dio e, grazie a Dio non solo noi, ma anche tanti fratelli in tanti altri luoghi, con e senza un tempio, perché sappiamo che la Chiesa è dove c'è il cristiano, e lì c'è il Signore” ha concluso il presule.

(AP) (Agenzia Fides 9/11/2023)

mercoledì 14 giugno 2023

Agenzia Fides 14 giugno 2023

 

AFRICA/SUDAN - Si aggrava la guerra in Sudan: denunciate violenze etniche nel Darfur
 
Khartoum (Agenzia Fides) – Situazione drammatica nell’ovest del Darfur, la regione occidentale del Sudan, che è insieme alla capitale Khartoum (vedi Fides 13/672023), l’epicentro dei combattimenti tra i soldati dell’esercito regolare sudanese e i miliziani delle Forze di supporto rapido (RSF).
Gli scontri più pesanti si concentrano ad El Geneina, la capitale del Darfur occidentale, dal 15 aprile, quando sono scoppiate le ostilità, assediata dalle RSF, che la sottopongono a continui bombardamenti.
Il conflitto tra le due formazioni militari ha assunto, per lo meno in questa area del Paese, una dimensione etnica, con scontri tra Masalit e tribù arabe (che formano la gran parte delle file delle RSF). I combattimenti intertribali hanno provocato numerose morti tra i civili e ampie distruzioni di infrastrutture ed edifici. Secondo alcune testimonianze provenienti dalla città, i miliziani delle RSF procederebbero ad un’operazione di pulizia etnica, prendendo di mira le popolazioni non arabe.
Una situazione denunciata dall'inviato delle Nazioni Unite per il Sudan, Volker Perthes. "Mentre la situazione in Darfur continua a deteriorarsi, sono particolarmente preoccupato per la situazione a El-Geneina (Darfur occidentale) dove la violenza ha assunto dimensioni etniche", ha dichiarato in una nota. “Massicci attacchi contro civili, basati sulla loro origine etnica, presumibilmente commessi da milizie arabe e uomini armati in divisa delle RSF sono profondamente inquietanti e, se veri, potrebbero costituire crimini contro l'umanità”, ha avvertito.
Un’altra zone interessata dai combattimenti è il Nord Kordofan, la cui capitale El Obeid è stretta in una morsa tra i due contendenti. Oggi, 14 giugno, l’aviazione sudanese ha colpito alcune postazioni delle RSF alla periferia ovest della città.
All’inizio delle ostilità la cattedrale della città fu colpita da alcuni razzi (vedi Fides 2/5/2023). Il Vescovo di El Obeid, Mons. Yunan Tombe Trille Kuku Andali, ha dichiarato a OSV News, che intende restare con i fedeli locali “fino a quando sarà possibile. Teniamo alcune funzioni la domenica e, quando necessario, in altre occasioni”. Nelle parole del Vescovo la situazione è drammatica: “La città è circondata. La gente è senza acqua, elettricità e connessione internet. In questi giorni piove e riusciamo a raccogliere un po' d'acqua. "Continuiamo a pregare e ad aspettare un segno di pace con la speranza che i nostri leader possano avviare un dialogo serio". (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2023)
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MEDIO ORIENTE - Dopo il terremoto, i Paesi arabi riabbracciano la “nazione paria” La fine all'isolamento della Siria vista dalla Santa Sede
 
di Victor Gaetan*

Dal 2011 le buone notizie sono merce rara per la Siria.
Devastata da oltre un decennio di guerra, assediata dalla povertà e dalla pandemia, il 6 febbraio è arrivata un ulteriore tormento, quando un terremoto ha ucciso circa 6persone persone che vivevano vicino al confine nord-occidentale del Paese con la Turchia e ne ha fatte sfollare oltre 330mila. Colpita di nuovo anche Aleppo, la città più grande della regione, che è stata per lungo tempo un centro importante per la cristianità di quelle terre.
L'improvvisa, ennesima catastrofe ha posto la Siria al centro delle preoccupazioni soprattutto dei suoi vicini, tra cui l'Arabia Saudita, accusata in precedenza di aver contribuito a fomentare l'insurrezione contro il presidente Bashar al Assad fornendo armi ai ribelli siriani.
Come diretta conseguenza della crisi umanitaria, la Lega Araba, composta da 22 nazioni, ha posto fine all'isolamento regionale della Siria: Assad è stato accolto personalmente alla riunione della Lega a Jeddah, in Arabia Saudita, il mese scorso, dove ha potuto rivolgersi di nuovo ai membri dell'organizzazione che lo aveva espulso 12 anni fa.
È uno sviluppo sorprendente e positivo, che può essere valutato con favore anche dalla Santa Sede, visto che la Santa Sede esorta anche l'Occidente a fare un passo avanti e a porre fine alle sanzioni che paralizzano l'economia siriana.

Quando prevale la diplomazia
Il sopraggiungere di una nuova scossa sismica ha provocato risposte immediate da parte di leader arabi: il Presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha chiamato Assad il giorno successivo. Una settimana dopo, il Ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, è volato a Damasco, realizzando il primo contatto diplomatico diretto di questo livello dall'inizio del conflitto siriano del 2011.
Nel volgere di poche settimane, una delegazione di parlamentari arabi, tra cui lo speaker del Parlamento iracheno, Muhammad al-Halbousi, Presidente dell'Unione interparlamentare araba, è atterrata nella capitale siriana: "Non possiamo fare a meno della Siria, e la Siria non può fare a meno del suo ambiente arabo, al quale speriamo possa tornare", ha dichiarato Halbousi a The Arab Weekly.
A fine marzo, ad Amman, in Giordania, le opzioni politiche possibili per la Siria sono state prese in considerazione da una più ampia schiera di entità nazionali e internazionali interessate, compresi i rappresentanti delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea, della Turchia, della Francia, della Germania e persino degli Stati Uniti. I membri della Lega Araba hanno però insistito sul fatto che gli orientamenti e le decisioni in merito alla Siria dovrebbero essere prese a livello regionale: "Le nazioni arabe devono prendere l'iniziativa di avviare le discussioni per risolvere la crisi siriana", ha sottolineato Safadi.
Il cuore dell' "Iniziativa giordana", un piano per reincorporare la Siria nelle strutture politiche regionali, è il principio della reciprocità. In cambio della normalizzazione e degli aiuti umanitari, il governo di Assad accetta di accelerare la reintegrazione dei rifugiati (oltre 663mila rifugiati siriani si trovano in Giordania, 865mila in Libano e ben 3,6 milioni in Turchia ), di controllare il contrabbando di droga e armi e di avviare una riforma della sicurezza per smantellare le milizie irregolari.
I negoziati finali erano già palesemente avviati quando, il 12 aprile, il Ministro degli Esteri siriano è volato a Gedda per incontrare il Ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, che ha ricambiato la visita recandosi a Damasco il 18 aprile Anche in questo caso, si è trattato dei primi colloqui diplomatici organizzati in Arabia Saudita coinvolgendo la Siria la Siria dallo scoppio della Guerra, nel 2011.
Il 7 maggio, un'assemblea dei ministri degli Esteri della Lega Araba al Cairo ha votato per invitare formalmente il governo di Assad a rientrare nel forum regionale, fondato nel 1945 da sei Paesi arabi, Siria compresa..

La Santa Sede non ha mai isolato la Siria
Da anni la Santa sede e le Chiese in Medio Oriente chiedono la fine dell'isolamento della Siria e agiscono in tal senso.
L'anno scorso, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha descritto il conflitto come il "più grave disastro umanitario causato dall'uomo dalla fine della Seconda guerra mondiale", lamentando la mancata attenzione della comunità internazionale per la pace e la ricostruzione economica del Paese. Le sue osservazioni furono esposte nel corso di una Conferenza (Church, House of Charity: Synodality and Coordination), organizzata a Damasco dalla Congregazione (oggi Dicastero) per le Chiese orientali, incontro che ha radunato nella capitale siriana organizzazioni umanitarie cattoliche e rappresentanti delle Chiese locali,. Al termine della Conferenza, i leader delle organizzazioni cattoliche di soccorso incontrarono il Presidente Assad, che elogiò il loro lavoro, soprattutto perché viene offerto a tutti i siriani, indipendentemente dalla fede. L'incontro corrispondeva ai criteri tradizionalmente seguiti e sostenuti dalla Santa Sede, quelli che considerano il dialogo è essenziale, sempre e ovunque.
Un mese prima dell'inizio del pontificato di Papa Francesco, nel febbraio 2013, il Cardinale libanese Bechara Boutros Raï è stato il primo Patriarca maronita in settant'anni a recarsi a Damasco. Il Patriarca maronita ha assistito all'insediamento del nuovo Patriarca della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, Giovanni X, prendendo parte a una celebrazione che si è trasformata in una dimostrazione di unità tra Capi cristiani ortodossi e cattolici di fronte all'estremismo che stava dilaniando il Paese.
Papa Francesco ha incontrato tutti i Patriarchi delle Chiese di rito orientale negli otto mesi seguiti alla sua elezione, e ha manifestato sollecitudine nel sostenerli e. Il Papa ha dato fiducia anche alla loro percezione della realtà e della situazione siriana, non allineandosi alle strategie occidentali che perseguono la politica del “cambio di regime” (regime change).

Diplomazia dell'incontro in Medio Oriente
Il processo seguito dai membri della Lega Araba per reintegrare la Siria dopo il disastro naturale rispecchia i princìpi seguiti dalla diplomazia vaticana.
In primo luogo, si è proceduto attraverso un'ampia consultazione personale. E per Francesco, l'incontro faccia a faccia permette trasformazioni del cuore e nuove simpatie tra i diversi punti di vista. Questo è il passaggio delicate e critico: la cultura dell'incontro va intesa come descrizione di incontri reali tra persone reali. È un programma d'azione, non una teoria.
In secondo luogo, il processo è stato costruito passo dopo passo. I Paesi hanno collaborato per ottenere risultati concreti, il che aumenta la fiducia. Uno dei passi più importanti che ha reso possibile la riconciliazione della Lega Araba con la Siria è stata la svolta diplomatica del 10 marzo: L'Arabia Saudita, a maggioranza sunnita, e l'Iran, a maggioranza sciita, hanno annunciato di voler ripristinare i legami e rilanciare un accordo di sicurezza. La rivalità tra i due potenti Paesi ha finora alimentato il conflitto regionale in Siria, Libano e Yemen.
In terzo luogo, la normalizzazione delle relazioni arabe con la Siria è un esempio di sussidiarietà, cioè rispecchia l'idea che i problemi politici debbano essere risolti, quando possibile, a livello locale e regionale, al livello più basso del processo decisionale, con la partecipazione di molte parti interessate. "Il principio di sussidiarietà permette a ciascuno di assumere il proprio ruolo nella cura e nel destino della società", ha detto Papa Francesco durante un'udienza generale. .

Infine, i protagonisti non hanno atteso l'approvazione delle potenze occidentali, che finora si sono opposte a questo abbraccio con la Siria. Nonostante sia un alleato degli Stati Uniti, l'Arabia Saudita, ad esempio, si è opposta alle preferenze statunitensi per pilotare i recenti sforzi di normalizzazione della Siria. Ciò che riecheggia la prassi vaticana è l'idea che i Paesi debbano impegnarsi per la pace, senza sapere in via preventive quali saranno i risultati esatti conseguiti; l'importante è avviare un processo verso migliori relazioni internazionali.

Porre fine alle sanzioni?
La Lega Araba è principalmente un'alleanza politica poco unita. Non ha il potere di portare un rapido sollievo alle numerose emergenze della Siria: una popolazione che vive una massiccia insicurezza alimentare e sanitaria, con un sorprendente 90% di persone che vivono in povertà.

Secondo molti esperti, la Siria è condannata a una sofferenza generalizzata, che colpisce quasi tutti I siriani, finché l'Occidente manterrà le sanzioni contro il Paese. Le sanzioni si applicano anche alla ricostruzione economica.
Rappresentanti della Santa Sede, Capi delle comunità cristiane locali (tra cui il Patriarca greco-cattolico melchita Youssef I) e rappresentanti di alto livello delle Nazioni Unite hanno deplorato le sanzioni punitive contro la Siria, perché puniscono le popolazioni impoverite e complicano gli sforzi di soccorso.

Il Consiglio delle Chiese per il Medio Oriente, che comprende le principali comunità cattoliche mediorientali, ha lanciato un monito severo: "Esortiamo a revocare immediatamente le sanzioni alla Siria e a consentire l'accesso a tutti i beni necessari, affinché le sanzioni non si trasformino in un crimine contro l'umanità”.


*Victor Gaetan è Senior Correspondent del National Catholic Register e si occupa di questioni internazionali. Scrive anche per la rivista Foreign Affairs e ha collaborato con Catholic News Service. L'Associazione della stampa cattolica del Nord America ha assegnato ai suoi articoli quattro premi, tra cui quello per l'eccellenza individuale. Gaetan ha conseguito una licenza (B.A.) in Studi Ottomani e Bizantini presso l'Università Sorbona di Parigi, un M.A. presso la Fletcher School of International Law and Diplomacy e un dottorato in Ideologia nella Letteratura presso la Tufts University. E' autore del libro God’s Diplomats : Pope Francis, Vatican Diplomacy, and America's Armageddon (Rowman & Littlefield, 2021). Il suo sito web è VictorGaetan.org
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ASIA/INDIA - Appello interreligioso in Manipur: porre fine alla violenza e assistere le vittime
 
Imphal (Agenzia Fides) - Fermare la spirale della violenza, che è sempre dannosa e lascia ferite profonde, fisiche e morali; offrire riparo e cura alle vittime; avviare un processo e un tempo di riconciliazione, a partire dall'esaminare le richieste delle esigenze delle comunità etniche coinvolte, Kuki e Meitei (vedi Fides 9/6/2023 e 9/5/2023). E' quanto chiedono i capi religiosi riunitisi al “Manipur Cultural Integration Council” nella città di Imphal, capitale dello stato indiano di Manipur, in India Nord occidentale. I 18 rappresentanti di comunità religiose come islam, cristianesimo, buddismo, culti locali e tradizionali, partecipando all'incontro, hanno deciso di lanciare un accorato appello per porre fine alla violenza in corso in Manipur e “affinchè siano intraprese ulteriori iniziative congiunte, grazie alla collaborazione di istituzioni civili e religiose, per assistere le vittime della violenza”. Il testo chiede di "fornire assistenza medica e fornire guarigione e cura a tutte le persone coinvolte, loro malgrado, dall'ondata di violenza a Manipur”, e invita espressamente tutte le comunità di fede "a partecipare, coinvolgersi direttamente e offrire un contributo alla riconciliazione”.
Afferma il testo inviato a Fides: “Noi, un gruppo di persone di diverse tradizioni religiose e di fede nel Manipur, piangiamo insieme con tutti coloro che hanno perso i loro cari e i loro vicini e condividiamo le sofferenze di molti altri che sono feriti nei loro cuori, menti e corpi, in mezzo alla violenza in corso”. E prosegue: “Questa violenza ha reso tutti noi, in diverse comunità religiose e tradizioni di fede, ugualmente impotenti e angosciati. Questa impotenza e angoscia condivise ha incoraggiato e riunito tutti noi a fare appello congiunto per porre fine a questa violenza”.
“Facciamo umilmente appello a tutti, da tutte le parti coinvolte – affermano i capi religiosi – affinché si lascino alle spalle la violenza per salvare l'umanità che ancora nei nostri cuori e nelle nostre menti. Questo è essenziale per salvare e proteggere le nostre generazioni presenti e future dal terrore di questa violenza che ci sta distruggendo. Preghiamo insieme il Dio in cui ognuno di noi crede per la guarigione delle ferite e il recupero dell'umanità che ci sta sfuggendo di mano”.
Tra i rappresentanti cattolici coinvolti nell’incontro vi è l’arcivescovo emerito di Guwahati, Thomas Menamparampil, che nei giorni scorsi ha visitato il Manipur, recandosi nelle aree degli indigeni Kuki e incontrando il loro rappresentanti; l'arcivescovo ha visitato, in seguito, le zone della comunità Meitei, incontrando i loro rappresentanti. L’arcivescovo ha speso la sua influenza contattando persone di entrambe le parti e implorando la pace. Ha incontrato rappresentanti di alto livello nella società e intellettuali che hanno un'autorità morale sulla loro comunità. “Ho avuto colloqui con leader religiosi di entrambe le parti e l'incontro dei leader religiosi che hanno lanciato un appello di pace è stato il frutto di questo sforzo, che deve continuare", spiega a Fides.
L’arcivescovo nota che “in questo momento vi sono forti tensioni e le ferite sono fresche. I giovani sono emotivamente coinvolti ed è anche difficile anche per gli anziani convincerli alla calma”. “La perdita di vite umane e la perdita di proprietà – nota – sono perfino superiori a quanto indicato dalle fonti ufficiali. Non vi sono facili soluzioni, ma stiamo tentando di avviare un percorso di dialogo. Come cristiani, cerchiamo di dare il nostro contributo alla pace”.
(PA) (Agenzia Fides 14/6/2023)
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AMERICA/HAITI - Alla crisi del Paese si aggiunge una recrudescenza di colera: i missionari Viatoriani accanto alla gente con fede e determinazione
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – “Ogni giorno porta la sua sofferenza. Purtroppo, ormai da anni, quando si parla di Haiti si pensa ad un paese di disastri: economici, ecologici, politici, demografici... ha detto all’Agenzia Fides padre Nestor Fils-Aimé, Superiore Provinciale del Canada dei Chierici di San Viatore, CSV. “Sfortunatamente ogni volta che si parla di questa terra, pur ricca di risorse naturali e umane e con una bellissima storia, si denunciano crisi, emergenze, violenze”. Il missionario ha fatto riferimento in particolare agli ultimi eventi di questa settimana di giugno che hanno visto il paese sommerso da frane, alluvioni e da ripetute scosse di terremoto (vedi Agenzia Fides 12/6/2023) e che attualmente sta vivendo una recrudescenza di casi di colera.
“I primi giorni del mese di giugno sono stati difficili – prosegue il Viatoriano. Forti piogge torrenziali hanno causato l’innalzamento delle acque provocando allagamenti con conseguenti danni materiali e perdita di vite umane nella regione metropolitana di Port-au-Prince, nelle aree di Croix-des-Missions, Tabarre, ecc.) così come nel sud del paese, nei distretti di Léogâne e Grand'Anse vicino Jérémie. Secondo una valutazione abbastanza prudente i morti potrebbero essere una sessantina, venti i dispersi, da 35 a 40.000 le case allagate... Inoltre, un terremoto di magnitudo 5.7 che il 6 giugno ha colpito Grand'Anse ha causato la morte di almeno 4 persone e si teme anche più di quaranta feriti.”
“Per noi è una grande sfida – sottolinea padre Fils-Aimé - sogniamo sempre un miglioramento che tarda a concretizzarsi. Tuttavia rimaniamo ottimisti e continuiamo ad agire con la stessa fede e determinazione per creare spazi di luce, gioia e speranza.”
Le infrastrutture dei Chierici di San Viatore non sono state direttamente interessate anche se hanno una casa di formazione a Cazeau molto vicino a Croix-des-Missions. I missionari gestiscono una scuola e sono responsabili di una parrocchia a Croix-des-Bouquets, quartiere vicino a Croix-des-Missions dove padre Jean-Yves Médidor, CSV, era stato rapito nel marzo scorso (vedi Agenzia Fides 14/3/2023). Fortunatamente non ci sono stati danni considerevoli neanche nella parrocchia di St-François d'Assise a Grand-Goâve, che i Viatoriani amministrano a una sessantina di chilometri a sud della capitale, non lontano dalla città di Léogâne.
Purtroppo venerdì 9 giugno le autorità sanitarie haitiane hanno confermato che una recrudescenza di colera ha provocato la morte di diverse centinaia di persone nel paese caraibico. Secondo i dati diffusi, l’epidemia che ha colpito per la prima volta Haiti nell’ottobre 2010 (vedi Agenzia Fides, 15/11/2010), ha ucciso 10.174 persone e dall’ottobre del 2022 sono morte 726 persone, di cui 26 dal 1 al 5 giugno di quest’anno. Nel periodo che va dal 1 ottobre dello scorso anno al 5 giugno 2023 i casi sospetti sono 45.248, 3007 confermati, 41.557 i ricoveri. L’età media dei contagiati ricoverati è di 17 anni. La crisi che esiste ora ad Haiti affonda le sue radici nel colpo di stato del 2004 (vedi Agenzia Fides 10/2/2004)
(AP) (Agenzia Fides 14/6/2023)

lunedì 27 giugno 2022

Uccisa una missionaria italiana che da 20 anni si dedicava ai bambini di strada: la lunga scia di sangue della Chiesa

AMERICA/HAITI - Uccisa una missionaria italiana che da 20 anni si dedicava ai bambini di strada: la lunga scia di sangue della Chiesa
 
Roma (Agenzia Fides) – “Desidero esprimere la mia vicinanza ai familiari e alle consorelle di Suor Luisa Dell’Orto, Piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, uccisa ieri a Port-au-Prince, capitale di Haiti. Da vent’anni suor Luisa viveva là, dedita soprattutto al servizio dei bambini di strada. Affido a Dio la sua anima e prego per il popolo haitiano, specialmente per i piccoli, perché possano avere un futuro più sereno, senza miseria e senza violenza. Suor Luisa ha fatto della sua vita un dono per gli altri fino al martirio”. Così il Santo Padre Francesco ha ricordato all’Angelus di domenica 26 giugno, l’assassinio della religiosa, rimasta vittima molto probabilmente di un tentativo di rapina.
L’Arcidiocesi di Milano, di cui era originaria, ha sottolineato che suor Luisa era la colonna portante di Kay Chal, “Casa Carlo”, che si trova in un sobborgo poverissimo di Port-au-Prince. Ha dedicato 20 anni di vita e di missione per offrire un luogo sicuro e accogliente a centinaia di bambini. La mattina di sabato 25 giugno quando è stata vittima di un’aggressione armata. Gravemente ferita, è stata portata d’urgenza all’ospedale dove si è spenta poco dopo, due giorni prima di compiere 65 anni. La notizia ha prodotto un fortissimo impatto a Port-au-Prince dove “seur Luisa”, come la chiamavano, era un’istituzione.
Suor Luisa era nata a Lomagna (Lecco) il 27 giugno 1957. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico di Lecco, nel 1984 si laureò in Storia e Filosofia. Nello stesso anno entra nella Congregazione delle Piccole sorelle del Vangelo di Lione. Nel 1987 parte per il Camerun: vive a Salapombe, in una foresta, tra i Pigmei Baka, fino al 1990. Nel frattempo a Lomagna sorge il Gruppo Missionario a sostegno di questa popolazione. Nel 1994 consegue la laurea in Teologia in Svizzera. Dal 1997 al 2001 è missionaria in Madagascar, dove si dedica alle varie attività pastorali, insegna Etica Generale e Speciale. Dal 2002 era missionaria ad Haiti. Ha anche insegnato Storia della Filosofia e Dottrina sociale della Chiesa e ha fatto parte del Comitato di Redazione di una rivista locale.
Nel suo messaggio di condoglianze, l’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, sottolinea tra l’altro: “La morte di suor Luisa Dell’Orto ci lascia straziati e sconcertati, diventa rivelazione del bene che ha compiuto e della vita santa che ha vissuto, diventa dolore e preghiera. Esprimo a nome della Chiesa ambrosiana la partecipazione al lutto dei familiari, al ricordo grato e sofferto di quanti l’hanno conosciuta, la certezza che la sua morte, così simile alla morte di Charles de Foucauld, unita alla morte di Gesù possa essere seme di vita nuova per la terra di Haiti e per lei ingresso nella gloria”.
Da lungo tempo i Vescovi di Haiti stanno lanciando appelli e richiami sulla difficile crisi a tutti i livelli che il paese sta attraversando. Violenza e corruzione sono dilagate ovunque, la popolazione precipita sempre di più nella povertà e ormai è sfinita. I disastri naturali che hanno colpito di frequente l’isola e la pandemia di Covid-19 contribuiscono a questa situazione, come l’instabilità politica, che ha visto un anno fa l’assassinio del Presidente della Repubblica Jovenel Moïse (vedi Fides 8/7/2021).
Nel loro messaggio per lo scorso Natale 2021, i Vescovi avevano scritto: “Non possiamo restare indifferenti ai tragici eventi degli ultimi mesi”, lanciando un nuovo appello alla comunità internazionale e ai politici locali, per trovare soluzioni al caos istituzionale, economico e sociale che investe il Paese ormai da anni. I Vescovi condividevano il dolore di quanti sono vittime di rapimento, stupro e violenze di tutti i generi, affidando alla misericordia di Dio le anime degli innocenti caduti sotto i colpi dei gruppi armati (vedi Fides 21/12/2021).
L’industria dei sequestri è fiorente nell’isola e le bande armate spadroneggiano ovunque nell’impunità totale, alla ricerca di facili guadagni, non risparmiando sacerdoti e suore, che pur provati anch’essi dalla situazione, non abbandonano il popolo haitiano. Domenica 11 aprile 2021 nella città di Croix-des-Bouquets, sono stati rapiti 5 sacerdoti, 2 suore e 3 parenti di uno dei sacerdoti (vedi Fides 12/4/2021). Il 6 settembre 2021, a Cap Haitien, padre André Sylvestre, sacerdote di 70 anni, è stato aggredito mentre usciva da una banca. Ferito da un gruppo di criminali, è morto in sala operatoria. Oltre alla sua parrocchia, gestiva un orfanotrofio e assisteva i senza dimora (vedi Fides 08/09/2021). Suor Isa Solá Matas, delle Religiose di Gesù-Maria (RJM), originaria di Barcellona (Spagna), è stata uccisa la mattina del 2 settembre 2016, mentre era alla guida della sua automobile durante un probabile tentativo di furto, in quanto sono stati rubati la sua borsa e altri oggetti personali. La religiosa era molto impegnata con le fasce più umili e povere di Haiti, con le quali praticamente conviveva dopo il terremoto del 2010.
Il 24 aprile 2013 era stato ucciso a Port au Prince padre Richard E. Joyal, canadese, della Società di Maria, per rapinargli il denaro che aveva appena prelevato dalla banca (vedi Fides 26/04/2013) e l’8 ottobre 2010 Julien Kénord, operatore della Caritas svizzera, è stato ucciso sempre a Port-au-Prince, in seguito ad un tentativo di rapina (vedi Fides 3/9/2016).
(SL) (Agenzia Fides 26/6/2022)

lunedì 28 marzo 2022

Agenzia fides AMERICA/CANADA - Storico viaggio dei Vescovi canadesi e dei delegati indigeni per incontrare Papa Francesco

 

AMERICA/CANADA - Storico viaggio dei Vescovi canadesi e dei delegati indigeni per incontrare Papa Francesco
 
Ottawa (Agenzia Fides) – Una delegazione di 32 indigeni anziani, custodi delle conoscenze, sopravvissuti delle scuole residenziali, insieme ai giovani, provenienti da tutto il paese, sono  partiti dal Canada alla volta di Roma per incontrare Papa Francesco. Questi delegati, scelti in collaborazione con l'Assemblea delle Prime Nazioni (AFN), il Consiglio nazionale Métis (MNC) e l'Inuit Tapiriit Kanatami (ITK), hanno una profonda esperienza di vita vissuta, l'eredità delle scuole residenziali e gli impatti del colonialismo. Molti di loro sono direttamente coinvolti nel percorso di guarigione e riconciliazione in atto. Con loro ci sono il Presidente ed il Vice-presidente della Conferenza Episcopale Canadese, Monsignor Raymond Poisson e Monsignor William T. McGrattan, insieme ad altri Vescovi particolarmente impegnati in questo campo.
“Come Vescovi canadesi, siamo grati a questi delegati per essersi uniti a noi in questo viaggio, e a Papa Francesco per la sua attenzione alle loro sofferenze e per il suo profondo impegno per la giustizia sociale”, ha affermato il Presidente della Conferenza Episcopale del Canada (CCCB), Mons. Poisson, nella nota pervenuta a Fides. “Ci aspettiamo che questi incontri privati consentano al Santo Padre di affrontare in modo significativo sia il trauma in atto e l'eredità della sofferenza affrontata dai popoli indigeni fino ad oggi, così come il ruolo della Chiesa cattolica nel sistema scolastico residenziale, che ha contribuito alla soppressione delle lingue, della cultura e della spiritualità indigene”.
Secondo le informazioni diffuse dalla CCCB, dopo gli incontri privati con il Santo Padre, è prevista un'udienza finale con Papa Francesco venerdì 1 aprile, dove ai delegati ufficiali si unirà un gruppo più ampio di membri dei Popoli Indigeni. L'udienza offrirà al Santo Padre l'opportunità di pronunciarsi pubblicamente, dopo aver ascoltato i delegati durante la settimana.
Nell’ottobre 2021 la CCCB ha invitato il Santo Padre Francesco a compiere una visita apostolica in Canada, anche nel contesto del processo pastorale, in atto da tempo, di riconciliazione con i popoli indigeni. Sua Santità ha manifestato la sua disponibilità a recarsi nel Paese. Come preparazione alla visita del Papa è stato programmato un incontro con I rappresentanti dei popoli indigeni, perchè possano aprire il loro cuore al Papa, condividendo sofferenze, speranze e desideri. In un primo tempo l’incontro era stato programmato per fine dicembre 2021, poi rimandato a causa della pandemia.
(SL) (Agenzia Fides 28/3/2022)

martedì 22 febbraio 2022

“Aguchita”, la missionaria martire che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei suoi popoli

 

AMERICA/PERU’ - “Aguchita”, la missionaria martire che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei suoi popoli
 
Lima (Agenzia Fides) – Suor María Agustina de Jesús Rivas López, conosciuta da tutti come “Aguchita”, la religiosa peruviana assassinata il 27 settembre 1990 dal gruppo terroristico Sendero Luminoso e il cui martirio in odium fidei è stato riconosciuto da Papa Francesco il 22 maggio 2021, sarà beatificata il 7 maggio. In questo periodo quindi si stanno intensificando le iniziative per far conoscere la testimonianza di fede della religiosa (vedi Fides 24/05/2021).
La Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), in coordinamento con l'Associazione Cattolica di Comunicazione Latinoamericana e Caraibica (SIGNIS), ha realizzato un cortometraggio documentario dal titolo “Aguchita”, che fa parte della serie “La Vida por la Amazonía”, presentato in anteprima il 14 febbraio.
ll documentario, della durata di 20 minuti, mostra la testimonianza di vita della missionaria peruviana che ha trascorso gran parte della sua vita nella foresta centrale del Perù. La religiosa, che apparteneva alla comunità del Buon Pastore, fu assassinate mentre svolgeva la sua missione pastorale nel villaggio di Ashaninka, nella foresta centrale del Perù. Aguchita ha dedicato il suo lavoro all'assistenza sanitaria, all'educazione, offrendo cibo e alfabetizzazione principalmente alle donne, che ha promosso attraverso progetti di formazione, organizzando gruppi giovanili e catechesi familiare nelle comunità rurali della città di Valle del Yurinaqui, nel dipartimento di Junín.
Alla missionaria peruviana che ha dato la vita per l'Amazzonia e per i diritti umani dei popoli amazzonici, è stato dedicato anche un libro, appena pubblicato, dal titolo "Aguchita: la morte non si improvvisa, l'amore è la nostra vocazione" di Alfonso Tapia, Vicario generale di San Ramón. Commentando il testo, lo storico José Antonio Benito sottolinea tra l’altro, che se a La Parada e nei suoi apostolati Aguchita ci ricorda Madre Teresa di Calcutta, nella selva peruviana “vediamo molto Santa Teresa, per la sua esperienza di infanzia spirituale, nella fiducia e nell'abbandono in Dio. Senza questa dimensione, Aguchita sarebbe un'attivista sociale – eccellente – ma ridotta a volontaria sociale. Qui si rivela la chiave della sua carità e santità”.
Nel racconto dell’uccisione di Aguchita e degli abitanti del villaggio, José Antonio Benito evidenzia che “la suora - in ogni momento - pregava per tutti. Così finì la sua vita e quella di tutti gli abitanti del villaggio che morirono in quel tragico giorno”. Ma per il credente il martirio non è qualcosa che finisce con l’atto cruento, così “la morte di Aguchita e delle migliaia di peruviani innocenti morti ingiustamente, diventa una testimonianza di pace e libertà. Non sono più morti assurde, ma hanno assunto un senso di rivendicazione per la giustizia e la pace, per un Perù più giusto e fraterno”.
(SL) (Agenzia Fides 22/02/2022)
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giovedì 20 gennaio 2022

Progetto “Hombres Nuevos”: 30 anni di cammino per la promozione integrale, da poveri passivi a cittadini liberi

 

AMERICA/BOLIVIA - Progetto “Hombres Nuevos”: 30 anni di cammino per la promozione integrale, da poveri passivi a cittadini liberi
 

Santa Cruz (Agenzia Fides) - Mons. Nicolás Castellanos Franco, Vescovo emerito di Palencia (Spagna), nel gennaio 1992 arrivò come missionario in Bolivia, dopo essersi dimesso da Ordinario di Palencia, precisamente nel quartiere di Plan Tres Mil, a Santa Cruz de la Sierra, dove il 60% della popolazone era povera e il 40% viveva in miseria. Di fronte a questa realtà fondò la fraternità ecclesiale "Fraternità Uomini Nuovi", (“Hombres Nuevos”) composta da sacerdoti, religiosi, laici e volontari, e iniziò quindi il “Progetto Uomini Nuovi”. Promovendo un importante lavoro nel campo dell'educazione e dello sviluppo, questo progetto diventò in breve tempo un'istituzione, con un enorme potenziale per rispondere alle molte esigenze della società.


Il Progetto celebra quindi 30 anni, come ricorda la Conferenza Episcopale Boliviana nella nota pervenuta a Fides, con grandi risultati nell'educazione e nella cultura: 100 scuole; case negli altopiani in modo che gli studenti non debbano camminare 4/6 ore per andare a scuola; 85 campi multifunzionali; Facoltà di Teatro, con l'Università Cattolica della Bolivia; Scuola e Orchestra di Uomini Nuovi; Scuole sportive; Ginnastica ritmica... Il Progetto ha inoltre promosso l'istruzione completa e la formazione di professionisti attraverso borse di studio universitarie, di cui hanno beneficiato oltre 5.000 laureati e tecnici superiori. E’ stato anche assicurato un sostegno alle microimprese.

L'evangelizzazione si realizza attraverso la promozione integrale di tutto l’uomo e di tutta la donna, attraverso gruppi di approfondimento della fede, gruppi di giovani, di bambini, dei diritti umani, della Caritas, delle Comunità ecclesiali. Nel 1992 la malnutrizione faceva morire molti bambini. Il centro per bambini "Palencia", che ha iniziato a funzionare un mese dopo la fondazione di “Hombres Nuevos”, ha salvato la vita a più di 5.000 bambini boliviani. E’ stato anche realizzato un enorme lavoro nell’ambito dell’edilizia sociale, con la collaborazione di oltre 5.000 volontari e il generoso contributo di istituzioni, aziende e privati.
Questa tabella di marcia di Uomini Nuovi, che è ancora molto più ampia, aveva e ha un obiettivo: far crescere l'autostima del boliviano, attraverso lo strumento dell'educazione, elevare la sua dignità fino a farlo diventare protagonista della propria storia, cessando di essere un soggetto sottomesso e passivo, dando invece vita a un cittadino libero, responsabile, solidale e contento.
(SL) (Agenzia Fides 20/01/2022)


lunedì 17 gennaio 2022

Agenzia Fides 17 gennaio 2022 - 4 martiri beati

 

AMERICA/EL SALVADOR - Il 22 gennaio la Beatificazione di quattro martiri: testimoni di una Chiesa in uscita, che annuncia con parole e opere il Regno di Dio
 

San Salvador (Agenzia Fides) – Sabato prossimo, 22 gennaio, alle ore 17, padre Rutilio Grande, gesuita, Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus Chávez, laici, e il francescano italiano Fray Cosme Spessotto, OFM, assassinati il 12 marzo 1977, i primi tre, e il 14 giugno 1980 il francescano (vedi Fides 01/09/2021) saranno proclamati Beati. La Messa con il rito della Beatificazione si terrà nella Piazza del Divin Salvatore del Mondo, antistante la Cattedrale di San Salvador, presieduta dal Cardinale Gregorio Rosa Chavez, Vescovo ausiliare di San Salvador, rappresentante di Papa Francesco. Si prevedono 25 Vescovi e 600 sacerdoti concelebranti, e la partecipazione di circa 5.000 persone in rappresentanza di tutte le parrocchie, che osserveranno le misure di biosicurezza e distanziamento. Il rito verrà trasmesso in diretta dalla televisione cattolica TVCa, e in ogni parrocchia ci saranno maxi schermi.
A pochi giorni dalla Beatificazione dei quattro martiri, Monsignor José Luis Escobar Alas, Arcivescovo di San Salvador, ha presentato il libro “Cronaca della Beatificazione e Canonizzazione di monsignor Romero”, un'edizione speciale che raccoglie le cronache dei due eventi in un unico volume, edito dall'Arcivescovado di San Salvador. La Beatificazione di monsignor Romero è avvenuta sabato 23 maggio 2015, la sua canonizzazione domenica 14 ottobre 2018. Per ognuno di questi due eventi il testo contiene non solo il resoconto di ciò che accadde, ma anche i principali documenti pubblicati al riguardo. Inoltre viene ricordato il percorso dei 35 anni, dall’omicidio di Monsignor Romero al giorno della sua Beatificazione, nonché i principali eventi accaduti negli ultimi quattro anni del processo di Canonizzazione.
In vista della Beatificazione del 22 gennaio, il Master in Teologia Latinoamericana dell'Università Centroamericana José Simeón Cañas (UCA) ha organizzato il concerto dal titolo “Rutilio vive!”: omaggio alla vita del gesuita e dei suoi compagni martiri, quando caddero in un'imboscata. Il concerto, che è stato trasmesso dall'UCA il 15 gennaio, attraverso Facebook e il canale Youtube dell'UCA, ha visto la partecipazione del gruppo "Cantando unidos por Monseñor Romero", composto da alcuni membri dei gruppi che, all'epoca, eseguivano brani ispirati all'eredità di Mons. Oscar Romero e di Rutilio Grande. E’ stato anche presentato un dipinto dell'artista Edgardo Trejo. "L'opera di Rutilio Grande, e in particolare il suo martirio con Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus, ha scatenato una vera esplosione di creatività: musica, poesia e pittura” ha evidenziato Martha Zechmeister, direttrice del Master in Teologia latinoamericana dell'UCA.
La Conferenza Episcopale di El Salvador (CEDES) ha pubblicato alcuni sussidi per prepararsi spiritualmente alla Beatificazione (vedi Fides 12/10/2021): “i nostri martiri sono testimoni credibili di una Chiesa in uscita, una Chiesa compassionevole e misericordiosa, una Chiesa che annuncia con parole e opere il Regno di Dio”, quindi tutti i battezzati sono esortati ad essere “martiri” cioè “testimoni” di Gesù Cristo nelle diverse situazioni di vita e costruttori del Regno di Dio, come sono stati i Beati martiri.
(SL) (Agenzia Fides 17/1/2022)

martedì 11 gennaio 2022

Agenzia Fides 11 Gennaio 2022

 

AFRICA - L’instabilità nel Sahel provoca un forte rialzo delle spese militari
 
Roma (Agenzia Fides) – Sono in rialzo le spese militari in Africa. Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2020 le spese per gli armamenti in Africa hanno superato i 43 miliardi di dollari, 5,1 per cento in più rispetto al 2019 e 11 per cento in più rispetto al 2011.
Le spese per la difesa hanno rappresentato una media dell'8,2% della spesa pubblica in tutta l'Africa nel 2020. La quota è considerevolmente più alta nei Paesi colpiti da conflitti come il Mali (18%) e il Burkina Faso (12%).
Ed è qui che si sono verificati gli aumenti più rapidi delle spese per la difesa. Secondo il SIPRI, tre dei cinque paesi africani in cui la spesa militare è in forte aumento negli ultimi dieci anni – Mali, in crescita del 339%, Niger (288%) e Burkina Faso (238%) – stanno combattendo le reti terroristiche nel Sahel, una regione estremamente povera che si estende dal Senegal al Sudan e all'Eritrea.
Le spese militari stanno indebolendo la capacità dei responsabili politici locali di effettuare investimenti pubblici in infrastrutture vitali per lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle loro popolazioni. Questo a sua volta genera malcontento e frustrazione specie tra i giovani, alcuni dei quali vanno ad alimentare i gruppi di guerriglia che operano nella regione.
La fragilità delle istituzioni dei Paesi del Sahel è testimoniata anche da golpe militari come quella in Mali dell’agosto 2020.
Per costringere i golpisti a restaurare il potere civile, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) ha deciso nel vertice straordinario tenutosi il 9 gennaio ad Accra, capitale del Ghana, il blocco dei confini terrestri e aerei tra i propri membri e il Mali, Paese senza sbocco sul mare. Questo dopo che i leader golpisti avevano rinunciato alla promessa di tenere elezioni nel febbraio 2022. (L.M.) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne: i poveri, sempre al centro
 
Abobo (Agenzia Fides) – “Appartengo alla Congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto. Già a 17 anni ho voluto consacrarmi a Dio, e dopo aver fatto la professione religiosa, sono partita per il Guatemala”: inizia così il racconto di suor Monica Auccello, nella testimonianza pervenuta all’Agenzia Fides. “Nel paese latinoamericano ho toccato con mano cosa significa scegliere i poveri, metterli al primo posto. Sono poi rientrata in Italia dove mi è stato chiesto di studiare scienze infermieristiche all’Università Tor Vergata di Roma, in vista di una partenza per la missione in Africa. Attualmente mi trovo a Abobo, la grande e misera periferia di Abidjan, dove mi occupo della formazione delle suore di voti temporanei e dirigo una scuola con 500 alunni: tra di loro anche un gruppo di bambini autistici, che accogliamo con affetto e pazienza.”
Raccontando la sua lunga e ricca esperienza, suor Monica mette in luce gioie e tristezze della sua missione nel nord della Costa d’Avorio, come “il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne”.
“Nel 2007 sono sbarcata in Costa d’Avorio, per lavorare nella città di Odienné, dove gestiamo un grande Centro Sanitario - scrive -. Io mi occupavo della salute di centinaia di bambini che ogni giorno venivano curati. Tra i tanti ricordi belli di Odienné, conservo la Casa-famiglia Arcobaleno, che ho contribuito ad aprire nel 2011. Siamo partiti da un bisogno concreto: tantissimi neonati abbandonati dalle mamme, ragazze-madri che in ambiente musulmano non potevano tenersi il bambino, oppure orfani, perché la mamma era morta durante il parto. Grazie a questa iniziativa, abbiamo dato un sorriso a tanti bambini sfortunati, procurando loro una casa e una famiglia e facilitandone l’adozione.”
Suor Monica parla anche delle sofferenze che si è portata da Odienné, in particolare la condizione nella quale vivono le donne lì. “Il carico della famiglia ricade tutto sulle spalle della donna, è lei da sola che deve crescere i figli, pensare a curarli se sono ammalati, sfamarli lavorando nei campi o vendendo quattro cose su un banchetto fuori casa. Gli uomini non fanno niente: guardano con indifferenza le loro mogli e figlie lavorare tutta la giornata, tornare dai campi con pesanti ceste sulla testa, o percorrere chilometri per procurarsi l’acqua. È una cosa che non ho mai accettato: la donna deve fare sforzi sovrumani, e l’uomo aspetta con impazienza che prepari il pranzo. Anche il modo in cui sono trattati i bambini mi ha fatto soffrire: in famiglia occupano l’ultimo posto. Quando il pranzo è pronto, il primo a sedersi a tavola e a servirsi è l’uomo. È per lui il pezzetto di carne nel sugo. Quando si è saziato, è il turno delle donne. Alla fine, se resta ancora qualcosa, è per i bambini. Non c’è allora da stupirsi se la malnutrizione è così diffusa, e se la mortalità infantile è così alta.”
Odienné si trova all’estremo nord-ovest del Paese, al confine con Guinea e Mali, e ha una popolazione di 250.000 abitanti, al 99% musulmani.
(MA/AP) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/EGITTO - Il Parlamento egiziano si prepara a approvare la nuova legge sullo statuto personale dei cristiani
 
Il Cairo (Agenzia Fides) - La nuova legge sullo statuto personale dei cristiani egiziani, attesa da decenni dalla Chiesa copta ortodossa e dalle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto, potrebbe essere esaminata e approvata in tempi brevi dal Parlamento del Cairo. I nuovi riferimenti all’imminente approvazione parlamentare del disegno di legge governativo, comprendente anche disposizioni su delicate questioni inerenti al diritto di famiglia, sono stati diffusi dal parlamentare Atef Maghawry, membro della Commissione legislativa del Parlamento. Sulla base delle informazioni a lui note in merito all’agenda dei lavori parlamentari, Maghawy ha riferito che il disegno di legge sta per essere sottoposto all’esame e al voto di approvazione dell’Assemblea parlamentare, chiamata a riprendere le sue sessioni plenarie il prossimo 23 gennaio.
La revisione del testo legislativo sullo statuto personale, prolungatasi per lungo tempo presso il Ministero egiziano della giustizia, si era conclusa nella prima metà del 2021 (vedi Fides 6/7/2021). Il processo di revisione aveva richiesto ben 16 sessioni di lavoro, ospitate presso il Ministero, che hanno visto riunirsi esperti, funzionari del Dicastero governativo e rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, convocati dalle autorità civili al fine di limare il testo e ottenere il consenso di tutte le Chiese e comunità ecclesiali in merito alla formulazione di tutti gli articoli del disegno di legge.
All’inizio di luglio 2021 il parlamentare Monsef Suleiman, consulente giuridico del Patriarcato copto ortodosso, aveva dichiarato al portale web egiziano Masrawy che la bozza rivista del testo sarebbe passata attraverso il vaglio del Consiglio di Stato prima di essere inviata alla Camera dei rappresentanti per essere sottoposta al voto parlamentare, che ne sancirà la definitiva approvazione e stabilità i tempi della sua entrata in vigore.
Il coinvolgimento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto nel lungo iter per la stesura di una nuova legge sullo statuto personale, era iniziato già nel 2014 (cfr. Fides 22/11/2014). Già a quel tempo il Ministero della giustizia aveva sottoposto ai responsabili delle diverse Chiese una bozza della legge, con la richiesta di studiare il testo e far pervenire in tempo breve le proprie considerazioni in merito. I tempi di stesura della bozza si sono allungati soprattutto per i negoziati volti a garantire la formulazione di un testo che, pur essendo unitario, tutelasse comunque i diversi approcci ecclesiali a materie come la separazione coniugale e il divorzio, regolate in maniera differente dalle varie confessioni cristiane. La bozza del testo legislativo unitario, elaborata in maniera consensuale dai rappresentanti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali, era stata consegnata alle autorità governative il 15 ottobre 2020. (GV) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Primi bilanci della rivolta ad Almaty: "Come dei bombardamenti"
 
Almaty (Agenzia Fides) – “La situazione nella zona di Almaty si sta lentamente stabilizzando. Ora si inizia a fare il bilancio dei disastri: ci sono zone della città totalmente distrutte, sembrano essere state colpite da bombardamenti. Ora è tempo di ricominciare: ci sarà non poco lavoro da fare per rimettere in piedi tutto, da ogni punto di vista, sia materiale sia umano, ma dobbiamo andare avanti”. E’ il commento rilasciato a Agenzia Fides da don Guido Trezzani, missionario in Kazakhstan, direttore nazionale della Caritas, in merito alla rivolta che si è scatenata nel paese nei giorni scorsi.
Il missionario ha poi aggiunto: “In questi giorni, il governo provvederà a stabilire un piano di intervento per la ricostruzione, sulla base del quale, se ce lo permetteranno, saremo pronti ad intervenire come Caritas Kazakhstan”.
L’organizzazione caritativa ha sede ad Almaty, capitale finanziaria del paese e città maggiormente colpita dagli scontri: proprio per questo, nei giorni scorsi, lo staff della Caritas non ha potuto recarsi a lavoro. Le manifestazioni in Kazakistan erano iniziate nelle prime ore del 5 gennaio, per protestare contro il caro bollette: sin da subito, le contestazioni hanno assunto i tratti della rivolta violenta, provocando morti e feriti e mettendo a ferro e fuoco diverse città del paese, soprattutto, appunto, l’ex capitale Almaty.
Nei giorni scorsi, riferisce all’Agenzia Fides una fonte locale, la totale assenza di connessione Internet ha reso difficile qualsiasi forma di acquisto: “Siamo ormai abituati a pagare tutto con il bancomat. Nessuno di noi era pronto all’eventualità che i metodi di pagamento elettronici fossero indisponibili per giorni, quindi tante persone hanno avuto difficoltà a fare la spesa. Inoltre, a causa dell’emergenza, per 3 giorni i supermercati sono rimasti chiusi. Da ieri hanno riaperto regolarmente: i rifornimenti non mancano, anche se al momento si registra una carenza di pane”. Dalla giornata di ieri, 10 gennaio, la possibilità di connettersi ad internet è stata ristabilita solo in alcune fasce orarie.
Nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AMERICA/BOLIVIA - E’ morto il primo sacerdote diocesano indigeno del Vicariato apostolico di El Beni
 
Trinidad (Agenzia Fides) - Don Maximiliano Noe Valverde era nato nella comunità di La Fortuna, sul fiume Mamoré, il 18 agosto 1962, terzo di otto fratelli. Nel decennio dal 1990 al 2000, il Vicariato Apostolico di El Beni ebbe la gioia di celebrare 9 ordinazioni diaconali e 7 ordinazioni sacerdotali. Tra questi ricevette l'ordinazione diaconale Maximiliano Noe Valverde, incardinato a Trinidad, Beni, dal 22 maggio 1994. Venne ordinato sacerdote a Trinidad il 4 giugno 1995, e fu il primo sacerdote diocesano indigeno della Chiesa di El Beni.
Secondo le notizie diffuse dalla Conferenza episcopale boliviana, giunte a Fides, d. Maximiliano è stato parroco della Parrocchia di La Resurrección dal 4 agosto 1995, missione che ha portato avanti fino ai suoi ultimi giorni di vita, nonostante la sua malattia diabetica, che ha poi complicato il suo quadro clinico fino a quando non è stato ricoverato all'ospedale Cossmil ed è morto nel pomeriggio di lunedì 10 gennaio, a 59 anni e 26 di sacerdozio.
Nella sua missione pastorale ed evangelizzatrice ha curato le comunità indigene del TIPNIS (Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Secure, area protetta e terra di comunità autoctone situata tra il nord del dipartimento di Cochabamba e il sud del dipartimento di Beni) e delle comunità circostanti. È stato anche Cappellano delle Forze Armate a Beni. Ha accompagnato i consigli di quartiere del Distretto 4 del comune della Santissima Trinità. I suoi funerali si tengono oggi, 11 gennaio, nella parrocchia che ha guidato per 26 anni.
Il Vicariato apostolico di El Beni o Beni, è stato eretto il 1° dicembre 1917 e affidato ai Frati Minori (OFM). Comprende quasi tutto il dipartimento boliviano di Beni, nella zona nord orientale del paese. Sede del Vicariato è la città di Trinidad, capoluogo del dipartimento. Ha una popolazione di 239.498 abitanti, di cui 191.598 cattolici. Le parrocchie sono 30, i sacerdoti diocesani 12 e quelli religiosi 13, 1 diacono permanente, i religiosi non sacerdoti sono 15 e le religiose 30. (SL) (Agenzia Fides 11/1/2022)

lunedì 20 dicembre 2021

Agenzia Fides 20 dicembre 2021

 

AFRICA/CAMERUN - L’Arcivescovo di Bamenda: si intensificano gli attacchi, con grande sofferenza dei civili
 
Bamenda (Agenzia Fides) - “La situazione nelle regioni anglofone è sempre molto tesa. Secondo gli osservatori, gli ‘Amba Boys’ (i gruppi indipendentisti, ndr) stanno intensificando gli attacchi sui militari. Questo comporta una reazione violenta da parte dell’esercito, che però colpisce anche la popolazione civile. Di recente, ad esempio, i gruppi armati hanno piazzato una bomba nei pressi di un centro dell’esercito che ha distrutto l’edificio e ucciso alcuni tra i militari e i soldati. In risposta, questi hanno dato fuoco alle case attorno all’area, con il risultato di morti tra i militari e almeno due tra i civili, oltre a varie abitazioni completamente distrutte”. È quanto riferisce all’Agenzia Fides l’Arcivescovo di Bamenda, Mons. Andrew Nkea Fuanya. La aree anglofone continuano a rappresentare un focolaio di grande tensione in Camerun mentre il processo di dialogo stenta a procedere.
Prosegue l’Arcivescovo: “Non c’è stato alcun passo in avanti negli ultimi tempi. Ora è un periodo pieno di attività, a ogni livello, e speriamo che dopo le festività natalizie si possa riprendere il processo di incontro e dialogo. Per quanto riguarda la situazione generale, dopo aver sottolineato che gli attacchi sono cresciuti in numero e intensità, va detto che, dal punto di vista sociale, la vita continua: la gente ha imparato a convivere con questo assurdo stato di cose e tira avanti. I negozi, gli uffici, i trasporti proseguono l’attività. Anche le scuole sono aperte, anche se non tutte, solo nei grandi centri, diciamo che si arriva a un 60% di istituti aperti. In questo periodo, le città sono piene di decorazioni per Natale, le chiese sono sempre piene e, se qualcuno dovesse passare da queste parti, potrebbe non rendersi conto che c’è una guerra in corso. La gente è stanca, vuole tornare alla normalità e con queste manifestazioni coglie l’occasione per mostrarlo a tutti. Come Chiesa, anche attraverso l’intervento della Caritas e della Commissione “Giustizia e Pace”, ci stiamo attivando per sostenere i nuovi sfollati interni creati dagli ultimi attacchi e speriamo davvero che il Natale possa illuminare i cuori e che il nuovo anno porti buone novità”.
Alla situazione di alta tensione che da anni si registra nelle regioni occidentali di lingua inglese, si aggiungono, di recente, quelle emerse nel nord del Paese, dove pastori e pescatori si sono scontrati violentemente per questioni legate all’utilizzo dell’acqua. Solo nelle scorse settimane ci sono stati 22 morti e migliaia di sfollati
“Il vescovo di Yagoua – conclude mons. Andrew Nkea Fuanya. - ci ha detto che la situazione è davvero pesante. Questi conflitti interni di tipo tribale sono davvero preoccupanti, specie in quella zona del Paese dove dovremmo essere tutti uniti per non offrire spazi di manovra all’avanzata di Boko Haram, molto attivo in quell’area”.
(LA) (Agenzia Fides 20/12/2021)
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ASIA/FIILIPPINE - Natale di solidarietà con le vittime del tifone Odette
 
Manila (Agenzia Fides) - La Chiesa cattolica nelle Filippine si mobilita per aiutare milioni di persone colpite dal recente supertifone "Rai", chiamato localmente "Odette", e prepara un Natale di piena e profonda solidarietà. “In questo tempo di tragedie come i disastri causati dal tifone Odette a Visayas e Mindanao, abbiamo bisogno di mantenere vivo nella nostra coscienza lo spirito dell'amore, lo spirito della solidarietà con chi soffre”, ha scritto in un messaggio Mons. Pablo Virgilio David, Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP). La Chiesa ha deciso che il 25 e il 26 dicembre saranno vissute come giornate nazionali di preghiera per le famiglie colpite dal tifone “Odette”, come comunicato dalla Conferenza Episcopale a tutte le diocesi.
Il Vescovo David, che guida la diocesi di Kalookan ha affermato che il fondo "Alay Kapwa Solidarity Fund" sarà utilizzato per la risposta alle emergenze delle comunità cattoliche. “Incoraggiamo tutti a rimettere tutte le collette alla Caritas che poi pianificherà e implementerà la nostra risposta complessiva”, ha aggiunto. "Possa questa stagione offrirci maggiori opportunità di compiere atti coerenti di Alay Kapwa (offerta di se stessi)", ha asserito.
Il Segretariato nazionale per l'azione sociale (NASSA), che è la Caritas delle Filippine, sta attualmente mobilitando i soccorsi per le diocesi più devastate, ha riferito il Vescovo David, auspicando: “Rispondiamo con generosità". Diverse diocesi nelle isole Visayas sono state gravemente danneggiate dal tifone Odette. Tra queste c'è la diocesi di Tagbilaran. In una dichiarazione pervenuta a Fides, il Vescovo Alberto Sy Uy della diocesi di Tagbilaran ha affermato: "La nostra provincia di Bohol è pesantemente devastata dal super tifone Odette. Sulla base dei primi rapporti, i soffitti delle case e delle infrastrutture sono stati gravemente danneggiati, comprese le nostre chiese e conventi; piante coltivazioni sono state sradicati; sono stati interrotti i collegamenti elettrici, così come l'approvvigionamento idrico. Il numero di possibili vittime è ancora da determinare”.
E' stato lanciato un allarme umanitario: molte delle persone colpite da questo disastro sono in condizioni miserabili e hanno un disperato bisogno di cibo, acqua, vestiti, riparo temporaneo e medicine. Sono confinati nelle rispettive città e villaggi poiché la maggior parte delle reti stradali è interrotta. Inoltre, le linee di comunicazione sono molto difficili in questo momento e le persone stanno lottando per raggiungere le comunità colpite.
Aggiunge il Vescovo Alberto Sy Uy: “Data la nostra grave situazione, ci rivolgiamo umilmente a voi per donazioni in denaro, inclusi beni di soccorso di vario genere. Con un numero crescente di vittime, decessi, feriti e sfollati, abbiamo bisogno di aiuti urgenti. Chiediamo di continuare a pregare per noi".
Anche l'Arcivescovo di Cebu, mons. Jose S. Palma, ha chiesto a tutti di mostrare solidarietà concreta con le persone gravemente colpite dal tifone Odette. In alcune parrocchie nel sud di Cebu, sulle strade sono ancora presenti pali elettrici e detriti di alberi. La gente fa lunghe file per approvvigionamenti di acqua e benzina. Mancano elettricità e comunicazione nel sud di Cebu. La maggior parte delle famiglie è colpita dal tifone: le persone hanno bisogno di cibo, acqua potabile e kit per l'igiene.
P. Antonio Labiao, Segretario esecutivo della Caritas delle Filippine riferisce a Fides a che diverse diocesi delle regioni di Visayas e Mindanao (nel sud delle Filippine) sono gravemente colpite dal tifone e che "hanno bisogno urgentemente di ripari, cibo, acqua e medicine". Secondo una prima, rapida valutazione, ben 10 diocesi sono devastate dal tifone. Tra queste l'arcidiocesi di Cebu e le diocesi di Tagbilaran, Maasin e Surigao sono "gravemente danneggiati".
“Celebriamo la nascita di Cristo attraverso la nostra carità, misericordia, compassione e generosità”, ha detto, rivolgendo l'appello di solidarietà a tutti i fedeli, per ricordare "le famiglie e in particolare i bambini colpiti dal tifone Odette”. Ieri, 19 dicembre, diverse diocesi hanno tenuto una apposita colletta durante le messe domenicali per aumentare la risposta della Chiesa.
Il National Disaster Risk Reduction and Management Council (NDRMMC) ha affermato che oltre 1,8 milioni di persone sono state colpite da Odette. Al 20 dicembre, la polizia nazionale filippina ha affermato che almeno 208 persone sono state uccise dal tifone Odette. Più di 239 persone sono rimaste ferite, mentre 52 erano disperse.
Secondo la Croce Rossa filippina, le conseguenze del tifone sono "una completa distruzione" nelle zone costiere, con "case, ospedali, edifici scolastici e comunitari fatti a pezzi".
Odette si è intensificato divenendo un "super tifone" prima di atterrare sull'isola di Siargao a Surigao del Norte il 16 dicembre, costringendo l'evacuazione di massa nelle zone pianeggianti. Con venti massimi sostenuti fino a 195 km, il 15° tifone che quest'anno è entrato nel territorio filippino provocando lo sfollamento di migliaia di famiglie e interrompendo anche le linee elettriche e di comunicazione.
Gli osservatori paragonano Odetto con il super tifone Haiyan che nel 2013 fece oltre 7.300 tra morti e dispersi.
Le Filippine, classificate tra le nazioni più vulnerabili del mondo agli impatti dei cambiamenti climatici, sono colpite da una media di 20 tempeste e tifoni ogni anno.
(SD-PA) (Agenzia Fides 20/12/2021)
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ASIA/SIRIA - Il Vescovo di Aleppo: il Natale e il cammino sinodale facciano rifiorire la nostra missione in tempi difficili
 
Aleppo (Agenzia Fides) - Il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa universale su suggerimento di Papa Francesco, può diventare anche per le comunità cattoliche di Aleppo e della martoriata Siria un tempo propizio per scoprire i nuovi sentieri in cui il Signore vuole attirare la missione della Sua Chiesa, liberandola dalla tentazione del ripiegamento su di sé e dell’immobilismo paralizzato davanti all’infierire di tempi cattivi. L’invito a fare tesoro di tale occasione, anche nelle difficili condizioni che tormentano il vissuto del popolo siriano, arriva dal Vescovo Georges Abou Khazen, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. Nel messaggio appena diffuso in vista del Natale che è alle porte, il Vescovo francescano esprime uno sguardo nutrito di speranza cristiana e scevro da ogni paralizzante vittimismo recriminatorio.
Nel testo diffuso dal Vescovo Georges, considerazioni sul cammino sinodale avviato dalla Chiesa universale si intrecciano con l’attesa trepidante del Signore che viene, insieme a riferimenti concreti ai problemi che assediano la quotidianità siriana, dove anche nelle aree ormai sottratte a conflitti bellici e scontri armati le condizioni economiche “diventano giorno dopo giorno più difficili”.
Il “modello sinodale” seguito nel processo che coinvolgerà tutta la Chiesa cattolica in vista del Sinodo del 2023 – rimarca il Vicario apostolico di Aleppo – “in realtà non è nuovo. È il modello delle prime Chiese nel cristianesimo: una Chiesa sinodale in cui i battezzati condividono con sacerdoti e vescovi la responsabilità congiunta della futura missione”. Anche nella condizione di sofferenza e precarietà che segna il dopoguerra siriano – riferisce il Vescovo Georges - “la mia speranza nasce da decine, da centinaia, anzi direi migliaia di laici che non sono rimasti a guardare”, e hanno attestato con le loro vite che la missione di annunciare il Vangelo consolando e soccorrendo chi soffre non è un ‘affare’ riservato al clero. Loro – prosegue il Vescovo – hanno mostrato che le circostanze difficili non sono per forza occasione e giustificazione per ripiegarsi in se stessi e recludersi un una apatia paralizzante e triste.
Proprio il racconto storico del Natale, e il dinamismo stesso del mistero dell’incarnazione nazione – rivelano quale è la sorgente che anima la speranza cristiana e la missione della Chiesa, anche in circostanze difficili e in condizioni avverse: “A Natale” ha rimarcato il Vescovo Abou Khazen - celebriamo la venuta di Cristo, il Verbo di Dio che è venuto e ha abitato in mezzo a noi. Sì, è venuto, e ha abitato in mezzo a noi. Non si è limitato a aprire la porta e a dire: ‘Chi vuole, venga qui, io non mi muoverò dal mio posto’. Invece, è sceso dal cielo per incontrare gli esseri umani. Allo stesso modo, la Vergine Maria, dopo che l'angelo Gabriele le aveva annunciato che avrebbe concepito e dato alla luce un figlio senza ‘conoscere uomo’, andò da sua cugina Elisabetta sulle montagne per servirla, perché Elisabetta, in attesa di Giovanni Battista, era anziana e aveva bisogno di qualcuno che le stesse accanto”. Lo stesso movimento dell’ “andare incontro” - ha aggiunto il Vicario apostolico di Aleppo – è condiviso nel racconto evangelico dai Re Magi, che vennero “vennero a cercare il re neonato” seguendo la stella. “Si aspettavano di trovarlo nei palazzi, e nei palazzi andarono prima a informarsi su di lui – annota il Vescovo George - ma non lo trovarono. E poiché il loro desiderio di incontrare l'altro era più forte della loro immaginazione, trovarono e riconobbero il bambino divino in un'umile mangiatoia, tra gente umile”. Il Natale di quest'anno, “che celebriamo nel cammino del Sinodo” ha proseguito il Vescovo francescano “ci ricorda che Dio non viene a noi mentre stiamo fermi e stabili, ma mentre camminiamo: ‘Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce’. Non dobbiamo lasciare che le circostanze ci paralizzino e ci impediscano di camminare e di domandare”. (GV) (Agenzia Fides 20/12/2021)
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AMERICA/CILE - I Vescovi al Presidente eletto Gabriel Boric: “Il Paese le affida una grande missione”
 
Santiago (Agenzia Fides) – In una lettera firmata dal Cardinale Celestino Aós Braco, Arcivescovo di Santiago e Presidente della Conferenza Episcopale Cilena (CECh) e da Monsignor Sergio Pérez de Arce Arriagada, Vescovo di Chillán, Segretario generale della CECh, i Vescovi cileni si congratulano con Gabriel Boric Font per il successo elettorale ottenuto al ballottaggio di domenica 19 dicembre (vedi Fides 17/12/2021), che lo porterà ad assumere la Presidenza della Repubblica dal prossimo marzo.
“Il Paese ha espresso un voto di fiducia e le affida una grande missione, volta a dirigere i destini della nostra nazione come prima autorità e primo servitore” è scritto nel messaggio, pervenuto all’Agenzia Fides. “Preghiamo Dio di donarle la sua saggezza e la sua forza, di cui avrà indubbiamente bisogno – proseguono i Vescovi -. La missione è sempre più grande delle nostre possibilità e capacità, ma confidiamo che - con la collaborazione dei cittadini, il lavoro dei diversi protagonisti sociali e politici, e la forza spirituale che viene dalla fede e dalle più profonde convinzioni umane - possa affrontare il suo compito con generosità, impegno e prudenza”.
I Vescovi ribadiscono infine che la Chiesa cattolica in Cile “vuole continuare a contribuire, secondo la sua particolare missione, alla costruzione di un'umanità più giusta e fraterna, dove specialmente i poveri e i sofferenti siano rispettati nella loro dignità”. Assicurano quindi il loro sostegno, la loro preghiera, e il contributo dell’azione pastorale, “che svilupperemo sempre nel dovuto rispetto dell'ordine democratico della nostra Patria e delle sue autorità legittimamente elette”.
Secondo le informazioni diffuse dalle agenzie internazionali, il candidato della sinistra Gabriel Boric, 35 anni, ha ottenuto il 56% dei voti, rispetto al 44% del suo avversario, il legislatore esponente della destra Jose Antonio Kast, alle elezioni presidenziali cilene tenutesi ieri. Kast ha fatto sapere tramite il suo profilo twitter di aver telefonato a Boric per complimentarsi per la vittoria. Il Cile sta vivendo un periodo di travaglio in tutti i campi dall’ottobre 2019, contrassegnato anche da manifestazioni e violenze che non hanno risparmiato la Chiesa. Con il plebiscito del 25 ottobre 2020 (vedi Fides 27/10/2020) i cileni hanno sancito l’inizio del processo per l’elaborazione di una nuova Costituzione. Il 21 novembre 2021 si sono svolte le elezioni presidenziali, parlamentari e regionali in un clima di forte polarizzazione, e il 19 dicembre il ballottaggio tra i due candidati alla Presidenza. Alla vigilia delle elezioni i Vescovi avevano sottolineato che “per chiunque verrà a governare il Paese nel prossimo periodo, il compito sarà difficile e complesso” (vedi Fides 25/10/2021;12/11/2021). (SL) (Agenzia Fides 20/12/2021)
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AMERICA/BRASILE - Caritas Brasile: kit di prevenzione dal Covid e attività informative per le comunità amazzoniche vulnerabili
 
Manaus (Agenzia Fides) - Entro la fine del mese di dicembre 4.500 famiglie di 9 comuni dell’Amazzonia, per un totale di 22.500 persone, riceveranno kit di igiene e prevenzione del Covid-19 grazie al progetto “Ajuri pela Vida na Amazônia” sviluppato da Caritas Brasile e alcune Caritas locali, con il finanziamento dell'USAID (Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale) e il sostegno di Catholic Relief Services (CRS). Le prime consegne sono iniziate il 6 dicembre e proseguiranno fino alla fine del mese. Caritas Brasile raggiungerà con questo progetto più di 100 comunità in situazione di vulnerabilità sociale, in nove comuni amazzonici: Coari, Tefé, Maraã, Alvarães, Fonte Boa, Juruá, Uarini, Itacoatiara e Parintins. I kit in distribuzione contengono gel alcolico, mascherina facciale in tessuto riutilizzabile, candeggina e sapone, per favorire il lavaggio delle mani.
Nella nota pervenuta a Fides si spiega che gli educatori sociali stanno inoltre portando avanti nelle comunità l’illustrazione del corretto utilizzo della mascherina, delle linee guida igieniche e del corretto lavaggio delle mani, nonché del distanziamento sociale, inoltre si sta sensibilizzando la popolazione sulle due dosi del vaccino contro il Covid-19. Si stanno organizzando anche focus group con popolazioni indigene, rivierasche, quilombola e periurbane, per implementare gli strumenti WASH (acqua, servizi igienico-sanitari e igiene). Secondo Anna Hrybyk del CRS, la promozione dell'igiene per la prevenzione dal Covid-19 è una priorità dell'intero progetto, in quanto tali pratiche devono essere mantenute anche dopo il completamento del ciclo di immunizzazione. (SL) (Agenzia Fides 20/12/2021)
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ASIA/VIETNAM - Nomina del Vescovo di Hung Hoá, Mons. Dominic Hoang Minh Tien
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Il Santo Padre Francesco il 18 dicembre 2021 ha nominato Vescovo della Diocesi di Hung Hoá (Viêt Nam), il rev. Dominic Hoang Minh Tien, del clero della medesima Diocesi, finora Vicario generale.
Mons. Dominc Hoang Minh Tien è nato il 7 gennaio 1969 a Bao Loc, nella Diocesi di Đà Lat. Dal 1992 al 1998 ha ricevuto la formazione filosofica e teologica a Hô Chí Minh City. Dal 1998 al 2003 ha lavorato nell’Economato, nell’Episcopio e nella Parrocchia di Thien Loc. Dal 2004 al 2006 ha frequentato i corsi complementari di Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Sao Bien a Nha Trang. Dal 2007 al 2008 ha svolto studi di Teologia pastorale presso l’East Asian Pastoral Institute dell’Ateneo de Manila University (Filippine). Dal 2009 al 2012 ha studiato Teologia nel Saint Charles Borromeo Seminary dell’Arcidiocesi di Philadelphia (Stati Uniti d’America), conseguendo il Master of Arts in Theology con specializzazione in Ecclesiologia. È stato ordinato sacerdote il 14 febbraio 2006 per la Diocesi di Hung Hoá.
Dopo l’Ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di No Luc (2006-2007); Servizio presso l’Economato Diocesano (2012-2014); Segretario del Vescovo e Responsabile per le vocazioni/pre-seminaristi (2012-2016); Economo Diocesano (2014-2020). Dal 2012 è stato Presidente della Commissione Diocesana per le vocazioni; dal 2016 Responsabile dei seminaristi maggiori e dal 2020 finora Vicario Generale della Diocesi di Hung Hoá e Parroco di Son Loc. (SL) (Agenzia Fides 20/12/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...