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martedì 22 agosto 2023

Agenzia Fides 22 agosto 2023

 

AFRICA/NIGER - Ancora stallo diplomatico ma si moltiplicano i “no” dei Vescovi africani all’intervento militare
 
Niamey (Agenzia Fides) - La Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS), ha respinto la proposta della giunta militare del Niger di tenere elezioni entro tre anni. Prosegue dunque il braccio di ferro tra i golpisti nigerini che hanno preso il potere il 26 luglio e alcuni degli Stati aderenti alla CEDEAO/ECOWAS che potrebbero decidere per un intervento militare per riportare al potere il Presidente Mohamed Bazoum. Mali, Burkina Faso e Guinea, Stati aderenti alla Comunità ma sospesi perché governati da giunte golpiste, hanno dichiarato solidarietà ai putschisti nigerini, mentre all’interno degli stessi Paesi che hanno minacciato un intervento militare si levano le voci di chi chiede di risolvere la crisi con il dialogo e non con la forza.
In Nigeria i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan al termine della loro Assemblea hanno rivolto un appello al Presidente nigeriano Bola Tinubu (uno dei maggiori sostenitori dell’operazione militare) ricordando che “ l’intervento militare proposto dai leader della ECOWAS per ripristinare la democrazia in Niger è molto impopolare in Nigeria”. “I nigeriani sono favorevoli alla negoziazione e ad altri mezzi non militari, e il presidente Bola Tinubu, che è innanzitutto presidente della Nigeria, deve ascoltare i nigeriani prima di chiunque altro” affermano i Vescovi. “Chiediamo quindi al Presidente e all’Assemblea nazionale di evitare di coinvolgere la Nigeria nel conflitto armato in Niger poiché abbiamo già tante sfide da affrontare come nazione”.
In Benin la locale Conferenza Episcopale ha chiesto che siano tolte le sanzioni economiche decretate contro il Niger dopo il golpe dalla CEDEAO/ECOWAS, definite “di una durezza inedita” che colpiscono “una popolazione già in forte sofferenza a causa del dramma della povertà e della miseria”. I Vescovi del Benin chiedono di togliere le sanzioni o quantomeno una loro revisione “in nome dell’etica, della solidarietà africana e della nostra comune umanità”, e auspicano di risolvere la crisi per via diplomatica. A tal fine il 15 agosto in occasione della celebrazione della Solennità dell'Assunzione della Vergine Maria, Regina della Pace, i Vescovi hanno esortato i sacerdoti a celebrare in tutte le parrocchie la Messa per la pace in Niger e nella sub-regione,. Inoltre, il 18 agosto 2023, tutti i fedeli cattolici e le persone di buona volontà sono stati chiamati a osservare una giornata di digiuno e preghiera per la stessa intenzione.
Anche in Togo la Conferenza Episcopale si è espressa per la revoca delle sanzioni al Niger e la prosecuzione del dialogo.
In precedenza si erano espresse a favore del dialogo e a scapito dell’intervento militare le Conferenze Episcopali della Nigeria e di Niger e Burkina Faso (vedi Fides 7/8/2023) e la Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale (RECOWA/CERAO, vedi Fides 10/8/2023). (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - “Giustizia e Pace” avvia un'azione collettiva a favore dei minatori colpiti da malattie legate all’estrazione del carbone
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – “Molto spesso i lavoratori non hanno i mezzi per fare ricorso legale nei confronti delle grandi aziende che hanno enormi risorse a loro disposizione” afferma il Cardinale eletto Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo, nel spiegare perché la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica dell'Africa meridionale (SACBC), ha intentato un'azione legale contro alcune società minerarie.
Il ricorso presentato presso l'Alta Corte del Sud Africa, Divisione locale di Gauteng, mira a risarcire i minatori che hanno contratto la malattia polmonare dovuta alla polvere di carbone sotto forma di pneumoconiosi e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Oltre ai lavoratori ancora in servizio la causa è portata avanti a beneficio di quelli in pensione o che si sono dimessi e dei familiari dei minatori morti per le malattia causate dalla polvere di carbone.
“Molto spesso gli ex lavoratori delle miniere non sono più membri dei sindacati e, quindi, non hanno i mezzi e la capacità di ricorrere legalmente contro le grandi aziende responsabili delle loro malattie polmonari” sottolinea l’Arcivescovo di Città del Capo. “Spetta quindi alla Chiesa prestare assistenza, dove possibile, affinché i diritti dei più vulnerabili siano rispettati e affinché possano accedere al risarcimento loro dovuto per legge. Molte aziende sono disponibili a risolvere tali casi, ma in alcuni casi è necessaria un’azione legale”.
“La polvere delle miniere di carbone può causare ai minatori lo sviluppo di malattie polmonari tra cui pneumoconiosi e BPCO… Nonostante conoscessero i rischi per i minatori, gli associati dell’industria mineraria del carbone non sono riusciti a fornire ai propri lavoratori formazione, attrezzature, e un ambiente di lavoro sicuro” afferma il ricorso collettivo che se accolto potrebbe aprire la strada ad altre azioni legali da parte di minatori colpiti da malattie legate al carbone.
Il carbone è un pilastro dell’economia del Sudafrica, dà lavoro a quasi 100.000 persone e rappresenta l’80% della produzione di elettricità. (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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ASIA/PAKISTAN - L'Arcivescovo di Lahore, capi musulmani e il Primo Ministro del Pakistan visitano le famiglie cristiane colpite dalla violenza
 
Faisalabad (Agenzia Fides) - In momenti di sofferenza il contatto umano, un abbraccio, un sorriso e parole di consolazione hanno un valore altissimo. Con questa convinzione l’Arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw si è recato a Jaranwala, città del Punjab pakistano dove il 16 agosto è avvenuta l'ondata di violenza sui cristiani, a causa di una presunta accusa blasfemia. L’Arcivescovo ha visitato le famiglie, ha pregato con loro, ha ascoltato e consolato. Dopo che ne giorni scorsi sono stati sui luoghi il Vescovo di Faisalabad, mons. Indrias Rehmat - che ha celebrato la messa nel quartiere devastato (vedi Fides 2178/2023) - e la delegazione della Commissione episcopale “Giustizia e pace”, guidata da Mons. Joseph Arshad, anche l’Arcivescovo Shaw ha voluto recarsi in loco per prendere visione personalmente della situazione, ha voluto portare la sua solidarietà, incontrare le famiglie di sfollati, fermarsi con loro e ascoltare le loro esigenze, leggere Vangelo insieme con loro, per trarre dalla Parola di Dio conforto e speranza. La visita ha avuto un tratto particolare e un segno speciale: l'Arcivescovo è giunto in compagnia di alcuni leader musulmani che, fin dall'inizio, hanno condannato la violenza e hanno voluto esserci per offrire la loro solidarietà e la loro comune preghiera.
"Quello che abbiamo visto è devastazione terribile, ci ha suscitato emozione e commozione. Le persone sono scioccate e disperate, senza più nulla. Sta a noi portare un briciolo di consolazione, facendoci testimoni dell'amore di Gesù. C'è bisogno di vicinanza umana, di assistenza psicologica e materiale, e stiamo organizzando tutti gli aiuti possibili tramite la Caritas e anche grazie a volontari e a diverse congregazioni religiose. Ho detto ai cristiani che non sono soli in questa sofferenza, Gesù è accanto a loro e noi siamo con loro, ci interessiamo e ci prenderemo cura di loro", ha rimarcato mons. Shaw.
La comunità di Jaranwala, in una assemblea di fedeli di diverse confessioni e di cittadini musulmani, ha accolto anche la visita di Anwar ul Haq, Primo Ministro ad interim del Pakistan. Come segno di attenzione delle istituzioni, il Primo Ministro ha voluto portare di persona, a nome del governo federale, solidarietà alle vittime. In un discorso cui i mass-media pakistani hanno dato ampia diffusione, Anwar ul Haq ha ricordato che “la comunità cristiana ha avuto un ruolo importante nella creazione de Pakistan" ed è parte integrante della nazione, aggiungendo che “è responsabilità di ogni musulmano proteggere le comunità minoritarie”.
Il Primo Ministro ha aggiunto: “Non stiamo perseguendo i nemici delle minoranze solo per obbligo, ma per convinzione. Come seguaci del fondatore della patria Ali Jinnah e come seguaci del Profeta Maometto, agiamo secondo la legge e la Costituzione del Pakistan, che ci incoraggia e ci obbliga a rispondere a questa atrocità. Non daremo un facile condono ai persecutori. Se qualcuno perseguita una qualsiasi comunità, la giustizia lo raggiungerà”. “Fratelli e sorelle – ha detto il Primo Ministro rivolgendosi ai cristiani – siamo con voi, saremo la voce dei senza voce. Faremo rispettare la legge e troverete lo stato e la società accanto a voi non solo verbalmente, ma con gesti tangibili e significativi”. Anwar ul Haq ha quindi distribuito assegni per 2 milioni di rupie ciascuno ai cristiani cristiana le cui case sono state distrutte durante le violenze.
Sul piano del dialogo interreligioso, considerato una via importante per rafforzare le relazioni e costruire una cultura della pace e della convivenza, l'associazione internazionale "Religions for Peace" ha rivolto un appello a “partner ecumenici e interreligiosi in tutto il mondo per dire ‘no’ a ogni forma di violenza e oppressione, e continuare la pregare e a costruire la giustizia e la pace in Pakistan”.
Anche tra i pakistani in diaspora, è forte la solidarietà verso le comunità cristiane colpite: "Questo incidente scioccante ha scosso i cuori delle persone in tutto il mondo, evidenziando l’urgente necessità di unità, comprensione e tolleranza religiosa", rimarca l'associazione “Voice of The Voiceless international” (VOV) , formata da pakistani all’estero. "In questo momento di dolore e angoscia, esprimiamo la nostra più profonda vicinanza alla comunità cristiana pakistana. Ci appelliamo a tutti gli individui, le comunità internazionali e i leader perchè ci si schieri uniti contro l’odio, la violenza e l’intolleranza e perchè si possa promuovere e vivere in Pakistan in un ambiente in cui tutte le fedi siano rispettate e valorizzate".
(PA) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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mercoledì 9 settembre 2020

Agenzia Fides 9 settembre 2020

 

EUROPA/SPAGNA - Verso la Giornata Missionaria Mondiale: “Nonostante le avversità, non ce ne andremo!” videomessaggio di speranza dei missionari di tutto il mondo
 
Madrid (Agenzia Fides) - Di fronte all'incertezza creata dalla pandemia, la Chiesa missionaria mostra la sua volontà unanime di restare in missione, tra la gente. Le Pontificie Opere Missionarie (POM) della Spagna lanciano un video internazionale in cui missionari di tutto il mondo e rappresentanti delle Chiese locali dei territori di missione uniscono le loro voci per lanciare un messaggio di speranza al mondo. Questo video, iniziativa di varie Direzioni nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, invita a “scaldare i motori” nel cammino verso la Giornata Missionaria Mondiale, che si svolgerà il 18 ottobre in tutto il mondo.
"Il mondo è cambiato e tutto sembra incerto ... Le vite sono cambiate ...". Inizia così il video #WeAreStilHere (# SeguimosAquí), che mostra in modo corale vari missionari e rappresentanti dei territori di missione. “Ma lasciate che vi diciamo una cosa: una cosa è certa. Non ce ne andremo" continua. “Non ci arrenderemo, perché siamo missionari. Con Dio non c'è niente di impossibile”. Concludono quindi con l’invito a partecipare al loro lavoro.
Il video raccoglie le testimonianze di responsabili di circoscrizioni ecclesiastiche di territori di missione, come il Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon (Myanmar), o il gesuita spagnolo Kike Figaredo, Prefetto apostolico di Battambang (Cambogia), e di missionari di varie nazionalità. Tra questi il Padre bianco spagnolo José María Cantal Rivas, che in Algeria lavora nel dialogo interreligioso; suor Veronika, missionaria croata che si trova nelle Isole Salomone, con la comunità Buma; P. Anton, missionario maltese in Guatemala, parroco nella foresta pluviale; suor Francise, missionaria irlandese in Pakistan, che opera tra i più emarginati della società.
Usando lingue diverse che mostrano l'universalità della Chiesa - inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, maltese, swahili, coreano, tagalog, birmano ... - i missionari lanciano un unico messaggio: la fedeltà alla missione, anche nel momenti avversi come quelli che stiamo vivendo. “Avere una missione è amare. E l'amore rende tutto possibile. Ed è per questo che continueremo qui”. (SL) (Agenzia Fides 9/9/2020)
LINK
Guarda il video della campagna di sensibilizzazione delle POM -> https://www.youtube.com/watch?v=OQuikKxh2mY&feature=youtu.be
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AFRICA/MOZAMBICO - Pandemia e violenze a Capo Delgado: la solidarietà dei Vescovi dell’Africa australe
 

Maputo (Agenzia Fides) – “La violenza, la perdita di vite umane e la realtà degli sfollati nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, ci preoccupa profondamente” affermano i membri dell’IMBISA (Inter-Regional Meeting of the Bishops of Southern Africa, che raggruppa i Vescovi di Angola, Botswana, Eswatini, Lesotho, Mozambico, Namibia, São Tomé e Príncipe, Sudafrica e Zimbabwe) in un messaggio di solidarietà ai fedeli della regione, sconvolti dall’emergenza COVID-19 e nel caso specifico di Cabo Delgado dalle violenze dei jihdisti della “Provincia dell’Africa centrale dello Stato islamico” (ISCAP, vedi Fides 17/8/2020).
Le persone vivono nella paura, non solo del COVID-19, ma anche della violenza che viene frequentemente esercitata su di loro” afferma il messaggio pervenuto a Fides, firmato da Sua Ecc. Mons. Lucio Andrice Muandula, Vescovo di Xai-Xai, Presidente dell’IMBISA e pubblicato al termine dell’incontro del Comitato Permanente dell’organizzazione.
“Vogliamo anche, seguendo il buon esempio di Papa Francesco, esprimere la nostra vicinanza e sostegno a Mons. Luiz Fernando Lisboa della diocesi di Pemba, Mozambico, e alla gente di Cabo Delgado. Vi invitiamo a pregare affinché gli sforzi per la pace possano produrre i frutti desiderati in quella bellissima terra. Ricordando il motto della visita papale dello scorso anno in Mozambico, "Speranza, riconciliazione e pace", vi chiediamo di pregare incessantemente affinché la pace possa diventare una realtà nella provincia di Cabo Delgado. Segnali di speranza in questa direzione sono già presenti, il che è molto incoraggiante, come testimoniato dall'incontro del Presidente Felipe Nyusi del Mozambico con Mons. Luiz” afferma il messaggio facendo riferimento all’incontro del 31 agosto tra il Capo dello Stato mozambicano e Sua Ecc. Mons. Luis Fernando Lisboa, Vescovo di Pemba. L’incontro ha permesso di superare una difficile fase di due settimane di crescente tensione tra la Chiesa e lo Stato (vedi 18/8/2020).
La pandemia ha sconvolgo la vita sociale ed economica dei Paesi membri dell’IMBISA. “La nuova pandemia COVID-19 ha causato profondi danni spirituali, sociali, psicologici, economici e medici a molte dei nostri fedeli” sottolineano i Vescovi. “Le celebrazioni eucaristiche hanno dovuto essere annullate o per lo meno frequentate da pochi, sono state sospese le lezioni di catechismo, limitata la partecipazione ai funerali e ridotto il contatto fisico tra i ministri della Chiesa e i fedeli. I protocolli riguardanti COVID-19 hanno fatto sì che molte scuole, luoghi di lavoro e altre strutture per lo sviluppo delle persone siano rimaste chiuse”.” Ciò ha influito sulla salute mentale di molte persone e ha aumentato l'incidenza di molte forme di violenza domestica. L'interruzione dell'attività economica ha causato la perdita di mezzi di sussistenza che a sua volta può portare alla perdita di vite umane causata dalla fame e da altri problemi sociali. Tutti i Paesi dell'IMBISA, già in difficoltà economiche, rimangono con infrastrutture sanitarie fragili e limitate”.
Il messaggio conclude rinnovando l’invito alla preghiera per la fine della pandemia e chiedendo ai governi di evitare la tentazione della corruzione per dare invece alle popolazioni in difficoltà l’assistenza necessaria. (L.M.) (Agenzia Fides 9/9/2020)
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AFRICA - “No alla violenza e sì alla pace”: appello dei Vescovi africani ad un anno dalla visita di Papa Francesco
 
Roma (Agenzia Fides) – Pace, Speranza e Riconciliazione. Sono queste le parole chiave della visita effettuata da Papa Francesco un anno fa in Mozambico, Madagascar e Mauritius, dal 4 al 10 settembre 2019 (vedi Fides4/9/2019), ricorda il messaggio pubblicato per l’anniversario dal Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar (SECAM/SCEAM).
“Per papa Francesco tutto si perde con la guerra e tutto si guadagna con la pace. Ha detto: "Con la guerra, molti uomini, donne e bambini soffrono perché non hanno una casa in cui vivere, niente cibo, niente scuole per istruirsi, ospedali per curarsi, chiese per incontrarsi per la preghiera e campi per impiegare la forza lavoro. Molte migliaia di persone sono costrette a spostarsi in cerca di sicurezza e di mezzi per sopravvivere (…) No alla violenza e sì alla pace!” dice il messaggio pervenuto a Fides.
Per il Santo Padre- continua il messaggio- la pace non è solo assenza di guerre, ma impegno instancabile - soprattutto di chi è in posizione di maggiore responsabilità - a riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, così spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli e sorelle, in modo che possano sentirsi i principali protagonisti del destino della loro nazione e continente”-
I Vescovi africani ricordano che “Papa Francesco ha insistito sul fatto che per rendere possibile la riconciliazione è necessario superare i tempi di divisione e violenza, di xenofobia e tribalismo. A questo proposito, dobbiamo raccogliere la sfida di accogliere e proteggere i migranti che arrivano in cerca di lavoro e alla ricerca di migliori condizioni di vita per le loro famiglie, di difendere gli incontri ecumenici e interreligiosi e di trovare modi per promuovere la collaborazione tra tutti - cristiani, religioni tradizionali, musulmani - per un futuro migliore per l'Africa”.
“È passato un anno dalla memorabile visita di Papa Francesco in Africa. In effetti, il calore della sua presenza e la ricchezza dei suoi messaggi sono ancora sentiti dalle persone di buon cuore. Tuttavia, atti di violenza brutali sono commessi in diversi Paesi africani, tra cui uno di quelli che il Santo Padre ha visitato lo scorso anno (Mozambico)” recita la conclusione. “In un discorso alla popolazione del Paese in occasione del primo anniversario della storica visita, i Vescovi del Mozambico hanno affermato: “Il Santo Padre ci ha lasciato un messaggio di incoraggiamento, animazione e guida per la nostra situazione attuale. Questo messaggio richiede da noi un impegno forte, continuo e rinnovato per la sua realizzazione”.
“Pertanto, con la presente ripetiamo l'appello di Papa Francesco che; tutti noi dobbiamo dire continuamente "no alla violenza e sì alla pace"; tutti devono unirsi per mano per porre fine alla povertà e tutti devono essere attivamente coinvolti nella cura della nostra casa comune. Ringraziamo Papa Francesco, messaggero di speranza, annunciatore di pace e fautore della riconciliazione” conclude il messaggio. (L.M.) (Agenzia Fides 9/9/2020)
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ASIA/PAKISTAN - Cristiano condannato a morte per "blasfemia"; i Vescovi chiedono una campagna del governo per i diritti delle minoranze
 
Lahore (Agenzia Fides) - Un tribunale di Lahore, capitale della provincia del Punjab pakistano, ha condannato a morte un cristiano per aver commesso "blasfemia": si tratta di Asif Pervaiz, 37 anni, è in carcere dal 2013 con l'accusa di aver inviato messaggi di testo SMS "blasfemi" al datore di lavoro Muhammad Saeed Khokher. Come riferito dall'avvocato Saif-ul-Malook, il legale musulmano che ha difeso anche la cristiana Asia Bibi, il tribunale non ha dato credito alla sua testimonianza, in cui l'uomo negava ogni addebito, e lo ha condannato a morte ieri, 8 settembre. Secondo la versione di Pervaiz, riferita dall'avvocato Malook, "Khokher voleva convincerlo a convertirsi all'Islam e, quando egli non ha acconsentito, lo ha accusato falsamente di blasfemia". Secondo Malook, "si tratta di un altro caso in cui la legge viene utilizzata ingiustamente contro le minoranze religiose". In Pakistan la "Legge di blasfemia" (gli articoli 295 "b" e "c" del Codice penale") prevede l'ergastolo o la pena di morte per il reato di vilipendio al Profeta Maometto, all'Islam o al Corano.
P. Qaisar Feroz OFM Cap, Segretario esecutivo della Commissione per le comunicazioni sociali dei Vescovi cattolici del Pakistan, rileva in un colloquio con l'Agenzia Fides: "La comunità cristiana del Pakistan è profondamente addolorata per la condanna a morte di Asif Pervaiz. Chiediamo vivamente al governo del Pakistan di far sì che si possa riconsiderare la decisione della Corte in modo che sia fatta giustizia. I casi di blasfemia aumentano di giorno in giorno in Pakistan, il che non è affatto un buon segno, per una società dove regna la tolleranza. Raccomandiamo vivamente al Primo Ministro Imran Khan di lanciare una campagna di sensibilizzazione in video per promuovere i diritti delle minoranze e la dignità umana".
Raggiunto dall'Agenzia Fides, padre Mario Rodrigues, prete e parroco a Karachi, commenta: "Pur non conoscendo direttamente il caso, non crediamo alle accuse. Ci sono troppi precedenti e casi di false accuse, in cui si strumentalizza la legge. Nessun cristiano in Pakistan si sognerebbe mai di insultare l'Islam o il Profeta Maometto. Siamo un popolo di persone rispettose verso tutte le religioni, tantopiù nella condizione in cui viviamo, sapendo che quello della blasfemia è un tasto molto delicato. Siamo tristi perchè le strumentalizzazioni e gli abusi della legge continuano. E' tempo di fare giustizia e reale uguaglianza per tutti i cittadini pakistani: anche i musulmani sono spesso vittime di false accuse".
Vi sono attualmente almeno 80 persone in prigione in Pakistan per il reato di "blasfemia", e almeno la metà di lro rischia l'ergastolo o la pena di morte. le persone accusate in base alle legge sono principalmente musulmani, in un paese in cui il 98% della popolazione segue l'Islam ma, come notano la gli attivisti cristiani della Commissione "Giustizia e pace" dei Vescovi cattolici pakistani, "la legge prende di mira in modo sproporzionato membri di minoranze religiose come cristiani e indù".
Vi sono inoltre casi di esecuzioni extragiudiziali, dato che leader radicali esortano i militanti a "farsi giustizia da soli", uccidendo persone ritenute colpevoli di blasfemia, anche se non sono condannate in tribunale o sono accusate falsamente. Secondo la Ong "Centro per la giustizia sociale", fondata e guidata dal cattolico pakistano Peter Jacob, a partire dal dal 1990, almeno 77 persone sono state uccise in esecuzioni extragiudiziali, in relazione ad accuse di blasfemia: tra gli uccisi vi sono persone accusate di blasfemia, i loro familiari, avvocati e giudici che hanno assolto gli accusati del reato. L'ultimo clamoroso omicidio del genere è avvenuto alla fine luglio, quando un uomo pakistano, ma con cittadinanza americana, Tahir Ahmad Naseem, 57 anni, accusato di blasfemia e sotto processo a Peshawar, è stato colpito a morte con sei colpi di arma da fuoco dal 19enne musulmano Faisal, mentre si trovava dentro al palazzo del tribunale di Peshawar.
A partire dal 2017, dopo una serie di sit-in di protesta su larga scala, i partiti politici di matrice islamica hanno incluso con sempre maggiore frequenza la questione della "difesa della legge di blasfemia" nelle loro piattaforme e agende politiche. Il partito politico Tehreek-e-Labbaik Pakistan (TLP), formato dal leader Khadim Hussain Rizvi conduce una dura aperta campagna per la difesa delle legge sulla blasfemia. Attivisti, Ong, gruppi religiosi non islamici ne chiedono la revisione per evitare gli abusi della legge e l'uso improprio come "arma" per vendette private.
(PA) (Agenzia Fides 9/9/2020)
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ASIA/MALAYSIA - Un Vescovo nel Comitato per il Piano di unità nazionale, "per costruire l'armonia e il bene comune"
 
Kuching (Agenzia Fides) - "Vivo questa nomina come un servizio al bene comune per aiutare il governo a promuovere la pace, l'armonia, la comprensione, la solidarietà e lavorare per lo sviluppo": come appreso dall'Agenzia Fides, con queste parole l'Arcivescovo di Kuching, mons. Simon Peter Poh Hoon Seng, ha accolto la nomina a membro dello speciale Comitato federale per il Piano d'azione per l'unità nazionale (2021-2025). L'Arcivescovo è uno dei 20 rappresentanti del Sarawak, l'unico stato della Federazione della Malaysia che è a maggioranza cristiana. Lo speciale Comitato governativo, composto da leder della società civile, uomini politici, personalità di rilievo nel mondo della cultura e della religione, ha il compito di assistere e sostenere il Ministero dell'Unità Nazionale (Kementerian Perpaduan Negara) nella sua azione di rafforzare l'armonia tra i cittadini nella società malaysiana, multiculturale, multietnica e multireligiosa. Il Comitato è in linea con l'aspirazione del governo che intende consolidare l'unità nazionale come fondamento dell'economia, della politica e della stabilità sociale in Malaysia.
Il governo malaysiano ha lanciato nei giorni scorsi uno speciale sondaggio popolare tra i cittadini per raccoglier opinioni sul Piano d'azione per l'unità nazionale (2021-2025), con lo scopo di raccogliere contributi e idee per applicare i principi del "Rukun Negara" e con l'intento di avere suggerimenti su programmi, iniziative e attività idonei ad promuovere l'unità. Il documento del "Rukun Negara" ("Principi nazionali") è la dichiarazione della filosofia alla base della nazione, approvata a partire dalla proclamazione della "Giornata nazionale", nel 1970. Mons. Seng è stato, accanto a funzionari governativi, responsabili di ONG, capi di associazioni, tra coloro che hanno partecipato al lancio e hanno illustratole finalità e obiettivi sondaggio popolare: si intente, infatti coinvolgere il più possibile la società civile, con una azione capillare affinchè il "Piano per l'unità" non venga percepito come "calato dall'alto", ma divenga reale espressione di una volontà popolare.
L'Arcivescovo è persona apprezzata da leader religiosi e politici, sempre impegnato a mantenere buone relazioni interreligiose e con le istituzioni. Da anni il suo impegno è riconosciuto in programmi e attività che mirano al miglioramento della società, e a promuovere l'armonia tra persone di diverse fedi.
Il Sarawak è lo stato più grande della Federazione della Malaysia. Situato sul Borneo malaysiano, copre un'area quasi uguale a quella della Malesia peninsulare. La capitale, Kuching, la maggiore città del Sarawak, è l centro economico dello stato e la sede del governo dello stato del Sarawak. Si tratta di uno stato caratterizzato dal pluralismo etnico, culturale e linguistico e religioso. I principali gruppi etnici sono Iban, Malay, Chinese, Melanau, Bidayuh e Orang Ulu. Su popolazione del Sarawak era di 2,6 milioni di abitanti (censimento 2015) il Sarawak è l'unico stato della Malesia dove i cristiani (42,6%) sono più numerosi dei musulmani (32,2%). Altre comunità religiose professano buddismo, induismo, culti tradizionali o animisti.
(SD-PA) (Agenzia Fides 9/9/2020)
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AMERICA/CUBA - Per la prima volta i media hanno trasmesso la festa religiosa della Vergine della Carità
 
L'Avana (Agenzia Fides) - La televisione cubana ha trasmesso la solenne Eucaristia in onore della Vergine della Carità, patrona di Cuba, celebrata la mattina di ieri, 8 settembre, nel suo santuario di El Cobre, una cittadina vicino alla città di Santiago de Cuba. A Cuba finora non erano mai stati trasmessi eventi religiosi dai media del governo, quindi tale gesto viene considerato come l'inizio di una nuova epoca.
La messa, presieduta da Mons. Dionisio García, Arcivescovo di Santiago de Cuba, è stata trasmessa in differita, alla sera, da uno dei canali nazionali della televisione cubana, in spirito di collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, affinché il rito religioso potesse raggiungere il maggior numero di fedeli durante l’attuale pandemia di Covid-19.
Lo stesso Presule aveva spiegato la scorsa settimana che i festeggiamenti previsti per il giorno della festa della Vergine si sarebbero adeguati alle misure preventive a causa dell'epidemia. Solo un gruppo ristretto di fedeli ha assistito alla messa nella Basilica del Cobre.
Anche le radio provinciali trasmettono da domenica scorsa le preghiere dei Vescovi di ciascuna diocesi, come atto di venerazione della Vergine della Carità, che ogni anno per la sua festa vede radunarsi migliaia di cubani devoti alla loro Santa Patrona.
Conosciuta tra i cubani come la 'Vergine Mambisa', poiché venerata dai combattenti per l'indipendenza cubana, che secondo la storia portarono la sua immagine sui campi di battaglia, fu proclamata Patrona di Cuba da Papa Benedetto XV nel 1916.

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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