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venerdì 14 luglio 2023

Agenzia Fides 14 luglio 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Suor Elena e il barcone sul Nilo che salva i profughi in fuga dalla guerra sudanese
 
Malakal (Agenzia Fides) - Il Sudan è sull’orlo del baratro. Da conflitto a bassa intensità, ormai a un passo dal terzo mese dallo scoppio, si sta rapidamente trasformando in guerra aperta. Dopo l’ennesima tregua concordata e non rispettata, si susseguono bombardamenti e combattimenti che coinvolgono principalmente la capitale Khartoum e la regione del Darfur, ma che si allargano di settimana in settimana interessando altre aree del Paese.
Secondo le Nazioni Unite il Sudan si sta pericolosamente avvicinando a una situazione di conflitto totale che "potrebbe destabilizzare l'intera regione". I morti sono già oltre 3 mila, tantissimi i feriti mentre si moltiplicano le voci di violenze ripetute sulle donne. Quasi tutti gli ospedali sono chiusi, mancano acqua, cibo ed elettricità.
Il terrore che vige in tutto il Paese ha fatto del Sudan - uno degli Stati con maggiore afflusso di profughi da tutti i Paesi limitrofi (circa 1,1 milioni) fino a prima della guerra – un luogo di esodo disperato. Le statistiche parlano di più di 2,8 milioni di persone sfollate a causa del conflitto, di cui oltre 2,2 milioni all'interno e oltre 700mila fuori dai confini.
Tra i Paesi maggiormente interessati dalla fuga oltre all’Egitto (255mila) e al Ciad (oltre 230mila) c’è il Sud Sudan il piccolo e giovane Paese (indipendente dal 2011) già gravato da crisi umanitarie e conflitti.
In Sud Sudan sono già arrivati 150mila profughi in fuga dal Sudan. “Nel giro di pochissimo tempo” riferisce all’Agenzia Fides Suor Elena Balatti, comboniana “si è creata un’emergenza enorme: La nostra area – spiega la religiosa, che è direttrice di Caritas Malakal, il capoluogo dello Stato dell’Alto Nilo – è la più interessata perché zona di confine e punto di accesso più immediato per chi proviene da Khartoum. Qui da noi arrivano soprattutto sudsudanesi che erano fuggiti a Khartoum a diverse riprese, prima dell’indipendenza, nel corso della guerra civile (2013-18, ndr) o a seguito di instabilità o emergenze ambientali recenti. Fanno ritorno nelle loro zone che continuano a essere devastate da problemi ambientali, alluvioni e scontri interetnici. L’afflusso, così massiccio e repentino, va ad aggravare una situazione già pesantissima. Purtroppo ci sono tensioni, sviluppatesi nella guerra civile, che ancora permangono e che creano esodi interni a cui, adesso, si aggiungono nuovi afflussi, solo qualche giorno fa sono arrivate circa 3000 persone dal Sudan in pochissimo tempo, è una situazione davvero complicata”.
Gli organismi internazionali preposti al sostegno dei profughi, le Ong e gli enti benefici presenti in Sud Sudan agivano già in condizioni critiche prima che scoppiasse la guerra in Sudan. Ora la situazione presenta gravi complicazioni di gestione anche perché nel piccolo Paese arrivano etnie diverse che avevano trovato rifugio in Sudan nel passato e ora si trovano nuovamente nell’impellenza di fuggire per salvarsi.
La gestione è difficilissima e necessita di grandi capacità logistiche e grosse quantità di beni di prima necessità. “L’Oim (Organizzane Internazionale per le Migrazioni) riferisce Suor Elena “sta facendo del suo meglio così come gli enti più piccoli come la nostra Caritas diocesana, ma diventa ogni giorno più complesso. Qui, oltre a sudsudanesi, arrivano sudanesi e anche tanti eritrei. A differenza di quelle nazionalità come quella egiziana o quelle europee, le cui ambasciate hanno facilitato l’esodo dei propri connazionali o hanno organizzato voli, per gli eritrei è diverso: nessuno vuole tornare in Eritrea né Asmara si è data da fare per aiutare. I sudsudanesi che tornano, invece, sono in gran parte persone che vivevano a Khartoum ormai da tempo e lì avevano trovato lavoro, casa, una propria stabilità dopo che erano partiti di corsa senza nulla, specie durante il conflitto, e avevano cominciato da zero. Ora rivivono la stessa esperienza a ritroso: hanno nuovamente lasciato tutto e devono ricostruirsi una vita dal nulla”.
Le tensioni in Sudan erano latenti da tempo (nell’ottobre 2021 c’è stato un colpo di Stato che ha interrotto la transizione democratica, ndr), ma nessuno si aspettava che si arrivasse a un conflitto in così breve tempo e che si trasformasse in una guerra aperta che mina la stabilità di un’intera area. “È stato tutto troppo rapido e violento, sapevamo che le tensioni erano presenti in Sudan da tempo ma non immaginavamo un’escalation di questo tipo. Il problema è quando in un Paese ci sono due eserciti (le forze armate regolari e le Rapid Support Forces - Rsf del generale Dagalo, ndr): l’equilibrio è precario, uno dei due tende inevitabilmente a pretendere supremazia e lo fa con le armi. Qui da noi è successo esattamente lo stesso (la guerra civile condotta dall’esercito fedele al Presidente Salva Kiir e le milizie armate sotto il comando di Rieck Machar, ndr). Infatti la gente qui dice ‘Hanno imparato da noi’”.
La presenza di gruppi armati diversi dall’esercito, come spiega Suor Elena, è senza dubbio un problema che crea grosse tensioni. Lo si è visto anche in Russia con il tentato golpe delle truppe Wagner di Evgenij Prigožin . La potente milizia mercenaria è notoriamente presente in Africa e, a detta di molti osservatori, è implicata anche nel conflitto sudanese: con molta probabilità sostiene con armi e uomini le Rsf. Ma c’è chi non esclude che possa aiutare anche l’esercito.
“Nel deserto del Darfur (una delle aree più colpite dal conflitto) non ci sono armi sofisticate, arrivano di certo da qualche altra fonte, qualcun altro le ha procurate. È già molto difficile mediare tra due parti in conflitto, figuriamoci se gli attori coinvolti sono di più”.
Se si riesce ancora a gestire un minimo di aiuto per le decine di migliaia di profughi in arrivo in Sud Sudan è grazie all’opera degli organismi internazionali così come di realtà più piccole come la Caritas diocesana o la Caritas Sud Sudan. “Per fortuna” racconta Suor Elena “riceviamo sostegno internazionale. Poco tempo fa sono venuti qui alcuni membri di Caritas Austria e hanno deciso di aiutare. Lo fanno con estrema generosità. Noi aiutiamo come possiamo in modo concreto, abbiamo messo a disposizione un barcone che trasporta la gente dal confine fino a qua viaggiando sul Nilo. Ne sono arrivati così circa 2000. Poi distribuiamo generi di prima necessità nei campi di transito. Purtroppo vediamo ogni giorno gente morire di fame o di stenti, alcuni anche durante il viaggio. È per questo che mi sento di rivolgere anche attraverso Fides un appello a aiutarci attraverso i canali di Caritas dedicati all’emergenza sfollati dal Sudan, Upper Nile Sud Sudan”. (LA) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/NIGER - “Il Signore ci dona sacerdoti provenienti da comunità perseguitate”
 
Niamey (Agenzia Fides) - E' prete soltanto da una settimana, don Laurent. Lui è originario di Kankani, villaggio di frontiera col Burkina Faso, da dove la gente, minacciata dai gruppi armati, è dovuta fuggire a Makalondi. Malgrado l’insicurezza generalizzata nella regione i cristiani erano numerosi, sabato 8 luglio. Hanno lasciato i lori villaggi per arrivare in città, la capitale Niamey, per l’ordinazione presbiterale di uno dei loro figli, Laurent Woba.
Ordinato dal vescovo di Niamey, Mons. Laurent Lompo originario della stessa zona occupata dal popolo Gourmanché, transfrontaliero tra il Niger e il Burkina Faso.
Laurent si è dunque integrato nel presbiterio della diocesi di Niamey e sono degne di nota le parole a lui rivoltegli dall’attuale coordinatore della fraternità dei preti diocesani. Di seguito un lungo e significativo passaggio del discorso di benvenuto e accoglienza, proposto da padre François Azouma, originario del vicino Togo.
“La tua ordinazione è motivo di gioia e di speranza. Sei stato appena ordinato in un contesto difficile, data la situazione della sicurezza nel tuo villaggio. La tua nascita alla vita sacerdotale, nonostante il clima di paura, è per noi un segno di speranza che non delude. Sul muro all'ingresso dell'Abbazia di Keur Moussa nel Senegal, sta scritto: "E il deserto fiorirà". Visto il contesto in cui vivono le comunità del tuo Settore, possiamo lasciarci convincere che il deserto fiorirà, perché è in queste comunità dove i presbiteri non possono più avere accesso per esercitare il loro ministero, in queste parrocchie dove è impossibile per i fedeli riunirsi per la preghiera, in queste località svuotate dei loro abitanti, è in queste comunità disperse e martoriate che il Signore manifesta la sua gloria attraverso il dono del sacerdozio.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. L'anno scorso, dopo l'ordinazione di padre Aimé Combari, della parrocchia di Saint Marc a Torodi, la Messa di ringraziamento a Torodi è stata rimandata alle calende greche. Se, nonostante la vicinanza di Torodi a Niamey, è difficile, se non impossibile, organizzare la prima Messa lì, ma il Signore ci dà Kankani, al confine con il Burkina, siamo tentati di dire Signore, "dov'è la serietà in tutto questo?". E non è tutto, come per prenderci in giro, se tutto va bene, Dio ci invita a celebrare il sacerdozio l'anno prossimo a Bomoanga, parrocchia dove era stato rapito il padre Pierluigi Maccalli.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. Infatti, suscitando sacerdoti in comunità martoriate, perseguitate, martirizzate e terrorizzate, dove i fedeli hanno paura di incontrarsi e persino di pregare a casa, dà loro motivo di sperare. Se il Signore ci fa dono di sacerdoti provenienti da queste comunità deserte che condividono con noi la loro gioia, è anche un'opportunità per noi di condividere la loro sofferenza e la loro miseria attraverso le opere di misericordia compiute per loro.
Reverendo padre Laurent, sei consapevole più di chiunque altro del contesto in cui sei stato ordinato. Forse non sai dove stai andando, ma almeno sai da dove vieni...! Sii sensibile alla miseria del tuo popolo, seguendo l'esempio di Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Tieni gli occhi fissi su Gesù, nostro modello. Qualsiasi cosa diciate, qualsiasi cosa facciate, sia nel nome di Gesù, non per piacere agli uomini, ma per piacere a Dio; lui è il padrone, noi siamo al suo servizio”. (M.A) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Salute e istruzione per combattere la povertà: i missionari in un piccolo villaggio periferico
 
Daloa (Agenzia Fides) – “Migliorare la salute delle popolazioni è un modo per combattere la povertà”.
Partendo da questo principio padre Ysmael Herbin Gbagoué, missionario a Daloa, ha parlato della necessità di ristrutturare un dispensario che la Società per le Missioni Africane gestisce a Zakoua.
“Servono strumenti medicali di qualità – ha spiegato il sacerdote SMA. Tra gli obiettivi c’è anche quello di poter fare funzionare un reparto di maternità e una farmacia. Sono previsti dei corsi femminili che verranno impartiti dagli infermieri, affinché le donne collaborino nella prevenzione delle malattie dei loro bambini.”
Zakoua è un piccolo villaggio situato a pochi chilometri dalla città di Daloa, nel centro-ovest del Paese. In questo quartiere periferico, come pure in quelli limitrofi, la popolazione non dispone di Centri di salute statali, e deve percorrere molti chilometri per trovare un infermiere o un medico.
Tra le malattie più diffuse prevalgono la tubercolosi e l’Aids, tuttavia la malaria rimane ancora la principale causa di morbilità e mortalità a Daloa.
(AP) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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ASIA/THAILANDIA - Il drammatico “limbo” dei rifugiati birmani
 
Bangkok (Agenzia Fides) - Oltre 90.000 rifugiati birmani vivono in nove campi profughi organizzati dal governo thailandese lungo il confine tra Thailandia e Myanmar e, secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il numero continua a crescere, a causa del conflitto civile in corso in Myanmar. La Thailandia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un quadro giuridico nazionale specifico per la protezione dei rifugiati urbani e dei richiedenti asilo. Molti dei rifugiati birmani sono bloccati in Thailandia in un “limbo” giuridico e sociale, mentre il governo non rilascia loro il permesso di spostarsi verso paesi terzi. Secondo le Ong che assistono i rifugiati, circa 1.100 persone che hanno ottenuto dal UNHCR l'approvazione per il reinsediamento negli Stati Uniti e in altri paesi, ma nemmeno a costoro è stato permesso di lasciare la Thailandia.
Quanti hanno ottenuto lo status di "rifugiato" dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Thailandia, stanno ricevendo assistenza dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in attesa di poter lasciare il paese. Ma né costoro, né tutti gli altri che non hanno ancora uno status ufficiale possono spostarsi dai campi, chiusi con recinzioni e sorveglianza: risiedono all'interno, in condizioni molto difficili, senza reddito, senza permesso lavorare in Thailandia, privi di assistenza sanitaria e di istruzione. L’area interessata è quella di Mae Tao Phae, nel distretto thailandese di Mae Sot, al confine con il Myanmar. L'ufficio dell'UNHCR in Thailandia ha confermato che solo il governo thailandese possiede l'autorità esclusiva per decidere chi è idoneo per le partenze internazionali e che ha la responsabilità della gestione dei campi profughi.
L’Ong "Border Consortium", che fornisce cibo, vestiti e sostegno a circa 87.000 rifugiati birmani in nove campi, stima che oltre 20.000 persone sono fuggite dal Myanmar in Thailandia per paura di persecuzioni politiche dopo il colpo di stato del 2021 e circa la metà di loro ha contattato l'UNHCR.
Tra le organizzazioni umanitarie impegnate in loco, la Caritas Thailandia fornisce aiuti di emergenza ai rifugiati birmani nel distretto di Mae Sariang. La Caritas ha segnalato la presenza di bambini malati che “hanno bisogno di cure ospedaliere” nei campi profughi. La diocesi tailandese di Chiang Mai ha consegnato, tramite la Caritas, 3,2 tonnellate di riso, duemila scatolette di pesce in scatola e 400 chili di pesce essiccato a diversi campi profughi. La Caritas attualmente sostiene anche oltre di 5.000 rifugiati ospiti nelle parrocchie vicino al confine tra Thailandia e Myanmar.
La Chiesa cattolica thailandese ha chiesto alle istituzioni politiche di farsi carico della situazione: mons. Francis Xavier Vira Arpondratana, Vescovo di Chiang Mai, ha incoraggiato a trovare soluzioni per i rifugiati e "farli sentire inclusi e accolti": “Siamo tutti consapevoli della difficile situazione dei nostri vicini, fratelli e sorelle che bussano alla nostra porta di casa, cercando rifugio”, ha detto.
Un appello è giunto anche dal Karen Peace Support Network e da altri gruppi della società civile che esortano a “rispondere ai bisogni dei rifugiati, sostenere i loro diritti umani e garantire la loro sicurezza”, mentre sono rigorosamente confinati dietro recinzioni, in situazione di crescente degrado.
Il 28 giugno, i parlamentari dell'ASEAN (la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico, di cui fano parte sia la Thailandia, sia il Myanmar) hanno esortato il nuovo governo thailandese a dare ascolto agli appelli della società civile “perché si possano riformare le politiche sui rifugiati ed essere più compassionevoli”.
(PA) (Agenzia Fides 14/7/2023)

martedì 11 gennaio 2022

Agenzia Fides 11 Gennaio 2022

 

AFRICA - L’instabilità nel Sahel provoca un forte rialzo delle spese militari
 
Roma (Agenzia Fides) – Sono in rialzo le spese militari in Africa. Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2020 le spese per gli armamenti in Africa hanno superato i 43 miliardi di dollari, 5,1 per cento in più rispetto al 2019 e 11 per cento in più rispetto al 2011.
Le spese per la difesa hanno rappresentato una media dell'8,2% della spesa pubblica in tutta l'Africa nel 2020. La quota è considerevolmente più alta nei Paesi colpiti da conflitti come il Mali (18%) e il Burkina Faso (12%).
Ed è qui che si sono verificati gli aumenti più rapidi delle spese per la difesa. Secondo il SIPRI, tre dei cinque paesi africani in cui la spesa militare è in forte aumento negli ultimi dieci anni – Mali, in crescita del 339%, Niger (288%) e Burkina Faso (238%) – stanno combattendo le reti terroristiche nel Sahel, una regione estremamente povera che si estende dal Senegal al Sudan e all'Eritrea.
Le spese militari stanno indebolendo la capacità dei responsabili politici locali di effettuare investimenti pubblici in infrastrutture vitali per lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle loro popolazioni. Questo a sua volta genera malcontento e frustrazione specie tra i giovani, alcuni dei quali vanno ad alimentare i gruppi di guerriglia che operano nella regione.
La fragilità delle istituzioni dei Paesi del Sahel è testimoniata anche da golpe militari come quella in Mali dell’agosto 2020.
Per costringere i golpisti a restaurare il potere civile, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) ha deciso nel vertice straordinario tenutosi il 9 gennaio ad Accra, capitale del Ghana, il blocco dei confini terrestri e aerei tra i propri membri e il Mali, Paese senza sbocco sul mare. Questo dopo che i leader golpisti avevano rinunciato alla promessa di tenere elezioni nel febbraio 2022. (L.M.) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne: i poveri, sempre al centro
 
Abobo (Agenzia Fides) – “Appartengo alla Congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto. Già a 17 anni ho voluto consacrarmi a Dio, e dopo aver fatto la professione religiosa, sono partita per il Guatemala”: inizia così il racconto di suor Monica Auccello, nella testimonianza pervenuta all’Agenzia Fides. “Nel paese latinoamericano ho toccato con mano cosa significa scegliere i poveri, metterli al primo posto. Sono poi rientrata in Italia dove mi è stato chiesto di studiare scienze infermieristiche all’Università Tor Vergata di Roma, in vista di una partenza per la missione in Africa. Attualmente mi trovo a Abobo, la grande e misera periferia di Abidjan, dove mi occupo della formazione delle suore di voti temporanei e dirigo una scuola con 500 alunni: tra di loro anche un gruppo di bambini autistici, che accogliamo con affetto e pazienza.”
Raccontando la sua lunga e ricca esperienza, suor Monica mette in luce gioie e tristezze della sua missione nel nord della Costa d’Avorio, come “il sorriso sul volto di tanti bambini orfani e la fatica delle donne”.
“Nel 2007 sono sbarcata in Costa d’Avorio, per lavorare nella città di Odienné, dove gestiamo un grande Centro Sanitario - scrive -. Io mi occupavo della salute di centinaia di bambini che ogni giorno venivano curati. Tra i tanti ricordi belli di Odienné, conservo la Casa-famiglia Arcobaleno, che ho contribuito ad aprire nel 2011. Siamo partiti da un bisogno concreto: tantissimi neonati abbandonati dalle mamme, ragazze-madri che in ambiente musulmano non potevano tenersi il bambino, oppure orfani, perché la mamma era morta durante il parto. Grazie a questa iniziativa, abbiamo dato un sorriso a tanti bambini sfortunati, procurando loro una casa e una famiglia e facilitandone l’adozione.”
Suor Monica parla anche delle sofferenze che si è portata da Odienné, in particolare la condizione nella quale vivono le donne lì. “Il carico della famiglia ricade tutto sulle spalle della donna, è lei da sola che deve crescere i figli, pensare a curarli se sono ammalati, sfamarli lavorando nei campi o vendendo quattro cose su un banchetto fuori casa. Gli uomini non fanno niente: guardano con indifferenza le loro mogli e figlie lavorare tutta la giornata, tornare dai campi con pesanti ceste sulla testa, o percorrere chilometri per procurarsi l’acqua. È una cosa che non ho mai accettato: la donna deve fare sforzi sovrumani, e l’uomo aspetta con impazienza che prepari il pranzo. Anche il modo in cui sono trattati i bambini mi ha fatto soffrire: in famiglia occupano l’ultimo posto. Quando il pranzo è pronto, il primo a sedersi a tavola e a servirsi è l’uomo. È per lui il pezzetto di carne nel sugo. Quando si è saziato, è il turno delle donne. Alla fine, se resta ancora qualcosa, è per i bambini. Non c’è allora da stupirsi se la malnutrizione è così diffusa, e se la mortalità infantile è così alta.”
Odienné si trova all’estremo nord-ovest del Paese, al confine con Guinea e Mali, e ha una popolazione di 250.000 abitanti, al 99% musulmani.
(MA/AP) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AFRICA/EGITTO - Il Parlamento egiziano si prepara a approvare la nuova legge sullo statuto personale dei cristiani
 
Il Cairo (Agenzia Fides) - La nuova legge sullo statuto personale dei cristiani egiziani, attesa da decenni dalla Chiesa copta ortodossa e dalle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto, potrebbe essere esaminata e approvata in tempi brevi dal Parlamento del Cairo. I nuovi riferimenti all’imminente approvazione parlamentare del disegno di legge governativo, comprendente anche disposizioni su delicate questioni inerenti al diritto di famiglia, sono stati diffusi dal parlamentare Atef Maghawry, membro della Commissione legislativa del Parlamento. Sulla base delle informazioni a lui note in merito all’agenda dei lavori parlamentari, Maghawy ha riferito che il disegno di legge sta per essere sottoposto all’esame e al voto di approvazione dell’Assemblea parlamentare, chiamata a riprendere le sue sessioni plenarie il prossimo 23 gennaio.
La revisione del testo legislativo sullo statuto personale, prolungatasi per lungo tempo presso il Ministero egiziano della giustizia, si era conclusa nella prima metà del 2021 (vedi Fides 6/7/2021). Il processo di revisione aveva richiesto ben 16 sessioni di lavoro, ospitate presso il Ministero, che hanno visto riunirsi esperti, funzionari del Dicastero governativo e rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, convocati dalle autorità civili al fine di limare il testo e ottenere il consenso di tutte le Chiese e comunità ecclesiali in merito alla formulazione di tutti gli articoli del disegno di legge.
All’inizio di luglio 2021 il parlamentare Monsef Suleiman, consulente giuridico del Patriarcato copto ortodosso, aveva dichiarato al portale web egiziano Masrawy che la bozza rivista del testo sarebbe passata attraverso il vaglio del Consiglio di Stato prima di essere inviata alla Camera dei rappresentanti per essere sottoposta al voto parlamentare, che ne sancirà la definitiva approvazione e stabilità i tempi della sua entrata in vigore.
Il coinvolgimento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Egitto nel lungo iter per la stesura di una nuova legge sullo statuto personale, era iniziato già nel 2014 (cfr. Fides 22/11/2014). Già a quel tempo il Ministero della giustizia aveva sottoposto ai responsabili delle diverse Chiese una bozza della legge, con la richiesta di studiare il testo e far pervenire in tempo breve le proprie considerazioni in merito. I tempi di stesura della bozza si sono allungati soprattutto per i negoziati volti a garantire la formulazione di un testo che, pur essendo unitario, tutelasse comunque i diversi approcci ecclesiali a materie come la separazione coniugale e il divorzio, regolate in maniera differente dalle varie confessioni cristiane. La bozza del testo legislativo unitario, elaborata in maniera consensuale dai rappresentanti delle diverse Chiese e comunità ecclesiali, era stata consegnata alle autorità governative il 15 ottobre 2020. (GV) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Primi bilanci della rivolta ad Almaty: "Come dei bombardamenti"
 
Almaty (Agenzia Fides) – “La situazione nella zona di Almaty si sta lentamente stabilizzando. Ora si inizia a fare il bilancio dei disastri: ci sono zone della città totalmente distrutte, sembrano essere state colpite da bombardamenti. Ora è tempo di ricominciare: ci sarà non poco lavoro da fare per rimettere in piedi tutto, da ogni punto di vista, sia materiale sia umano, ma dobbiamo andare avanti”. E’ il commento rilasciato a Agenzia Fides da don Guido Trezzani, missionario in Kazakhstan, direttore nazionale della Caritas, in merito alla rivolta che si è scatenata nel paese nei giorni scorsi.
Il missionario ha poi aggiunto: “In questi giorni, il governo provvederà a stabilire un piano di intervento per la ricostruzione, sulla base del quale, se ce lo permetteranno, saremo pronti ad intervenire come Caritas Kazakhstan”.
L’organizzazione caritativa ha sede ad Almaty, capitale finanziaria del paese e città maggiormente colpita dagli scontri: proprio per questo, nei giorni scorsi, lo staff della Caritas non ha potuto recarsi a lavoro. Le manifestazioni in Kazakistan erano iniziate nelle prime ore del 5 gennaio, per protestare contro il caro bollette: sin da subito, le contestazioni hanno assunto i tratti della rivolta violenta, provocando morti e feriti e mettendo a ferro e fuoco diverse città del paese, soprattutto, appunto, l’ex capitale Almaty.
Nei giorni scorsi, riferisce all’Agenzia Fides una fonte locale, la totale assenza di connessione Internet ha reso difficile qualsiasi forma di acquisto: “Siamo ormai abituati a pagare tutto con il bancomat. Nessuno di noi era pronto all’eventualità che i metodi di pagamento elettronici fossero indisponibili per giorni, quindi tante persone hanno avuto difficoltà a fare la spesa. Inoltre, a causa dell’emergenza, per 3 giorni i supermercati sono rimasti chiusi. Da ieri hanno riaperto regolarmente: i rifornimenti non mancano, anche se al momento si registra una carenza di pane”. Dalla giornata di ieri, 10 gennaio, la possibilità di connettersi ad internet è stata ristabilita solo in alcune fasce orarie.
Nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF) (Agenzia Fides 11/1/2022)
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AMERICA/BOLIVIA - E’ morto il primo sacerdote diocesano indigeno del Vicariato apostolico di El Beni
 
Trinidad (Agenzia Fides) - Don Maximiliano Noe Valverde era nato nella comunità di La Fortuna, sul fiume Mamoré, il 18 agosto 1962, terzo di otto fratelli. Nel decennio dal 1990 al 2000, il Vicariato Apostolico di El Beni ebbe la gioia di celebrare 9 ordinazioni diaconali e 7 ordinazioni sacerdotali. Tra questi ricevette l'ordinazione diaconale Maximiliano Noe Valverde, incardinato a Trinidad, Beni, dal 22 maggio 1994. Venne ordinato sacerdote a Trinidad il 4 giugno 1995, e fu il primo sacerdote diocesano indigeno della Chiesa di El Beni.
Secondo le notizie diffuse dalla Conferenza episcopale boliviana, giunte a Fides, d. Maximiliano è stato parroco della Parrocchia di La Resurrección dal 4 agosto 1995, missione che ha portato avanti fino ai suoi ultimi giorni di vita, nonostante la sua malattia diabetica, che ha poi complicato il suo quadro clinico fino a quando non è stato ricoverato all'ospedale Cossmil ed è morto nel pomeriggio di lunedì 10 gennaio, a 59 anni e 26 di sacerdozio.
Nella sua missione pastorale ed evangelizzatrice ha curato le comunità indigene del TIPNIS (Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Secure, area protetta e terra di comunità autoctone situata tra il nord del dipartimento di Cochabamba e il sud del dipartimento di Beni) e delle comunità circostanti. È stato anche Cappellano delle Forze Armate a Beni. Ha accompagnato i consigli di quartiere del Distretto 4 del comune della Santissima Trinità. I suoi funerali si tengono oggi, 11 gennaio, nella parrocchia che ha guidato per 26 anni.
Il Vicariato apostolico di El Beni o Beni, è stato eretto il 1° dicembre 1917 e affidato ai Frati Minori (OFM). Comprende quasi tutto il dipartimento boliviano di Beni, nella zona nord orientale del paese. Sede del Vicariato è la città di Trinidad, capoluogo del dipartimento. Ha una popolazione di 239.498 abitanti, di cui 191.598 cattolici. Le parrocchie sono 30, i sacerdoti diocesani 12 e quelli religiosi 13, 1 diacono permanente, i religiosi non sacerdoti sono 15 e le religiose 30. (SL) (Agenzia Fides 11/1/2022)

mercoledì 21 luglio 2021

Agenzia Fides 21 luglio 2021

 

AFRICA/COSTA D’AVORIO - L'istruzione è la chiave per lo sviluppo: aperti gli Stati generali dell’istruzione nazionale e dell’alfabetizzazione
 
Abidjan (Agenzia Fides) – "Ripensare l'ambiente scolastico ivoriano è necessario per offrire alle giovani generazioni un'istruzione di qualità è l’obiettivo degli Stati generali dell’istruzione nazionale e dell’alfabetizzazione, inaugurati lunedì 19 luglio dal Primo ministro, Patrick Achi". Lo scrive all’Agenzia Fides padre Donald Zagore, teologo ivoriano della Società per le Missioni Africane in merito all’iniziativa.
"Non è un segreto che il sistema educativo ivoriano sia in cattive condizioni – spiega il missionario -. I programmi scolastici sono poveri di contenuti. Le nostre scuole e università, generalmente sature, funzionano molto male. Si tratta di un'iniziativa molto apprezzata e che fa ben sperare, visto lo stato di degrado in cui è sprofondato il sistema educativo ivoriano da diversi decenni. Gli stati generali consisteranno nel fare il punto della situazione, nell'ottica di tracciare solchi attraverso proposte concrete per salvare semplicemente la scuola ivoriana".
Padre Zagore sottolinea quanto l'istruzione sia la chiave di ogni vero sviluppo: "Non si può aspirare ad uno sviluppo autentico e olistico se la formazione umana integrale è relegata in secondo piano. Qualsiasi progetto deve partire dalla base educativa. Non possiamo costruire strade, ospedali, ponti, facendo sempre appello agli emigrati. E’ nelle scuole che i nostri giovani devono formarsi. L'istruzione deve essere la priorità assoluta. La grande sfida per combattere veramente la povertà in Africa consiste in un'educazione autentica e olistica".
"La società ivoriana di domani, nata dalle coscienze forgiate dall'istruzione, – conclude p. Zagore - diventerebbe il luogo dove la vita umana è rispettata, salvaguardata, protetta dal concepimento fino alla morte. Il luogo dove i giovani non sono più costretti a cercare l’illusione della felicità tra droga e gangsterismo, ma dove la giustizia, la verità, l'amore, la solidarietà, il servizio risplendono e si realizzano. La nostra società deve diventare il luogo dove la corruzione è bandita".
(DZ/AP) (Agenzia Fides 21/07/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Partecipare alla vita politica della nazione e "scegliere un leader che incarni l'esempio di Gesù": l'invito dei Vescovi
 
Manila (Agenzia Fides) - A circa nove mesi dalle elezioni generali previse nel maggio 2022, Mons. Pablo Virgilio David, Vescovo di Caloocan, da poco eletto Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), incarico che diverrà esecutivo il 1° dicembre prossimo, invita gli elettori a registrarsi nelle liste elettorali per le prossime elezioni e a partecipare consapevolmente alla vita politica della nazione. “Se non sei ancora registrato, hai la possibilità di farlo ora. Questa è l'espressione più elementare della tua disponibilità a partecipare alla costruzione della nazione", afferma nell'appello inviato all'Agenzia Fides. “Vota secondo la tua coscienza. Ma per favore assicurati anche che la tua coscienza sia ben formata e ben informata” rileva il Vescovo David.
Un pensiero è rivolto soprattutto ai giovani, invitati a essere presenti, a votare e ad esprimere "tutto il loro potenziale" per influenzare realmente il futuro del paese, grazie alla loro consistenza numerica. Parlando dei "voti dei giovani" si intendono gli elettori di età compresa tra 18 e 35 anni, che nelle Filippine sono circa il 37% dell'intero elettorato, in base ai dati diffusi dalla Commissione elettorale.
Di conseguenza, i giovani costituiscono una grossa fetta di elettori che può influenzare notevolmente l'esito delle elezioni nazionali e locali. Le questioni-chiave affrontate in ogni elezione riguardano direttamente le problematiche e le sfide che vivono i giovani, il loro futuro impiego, i servizi di cui possono usufruire, una governance onesta e incentrata sulla trasparenza e sul bene comune, un'istruzione di qualità.
Anche il Vescovo Broderick Pabillo, finora Vescovo ausiliare di Manila e da poco nominato Vicario apostolico di Taytay, ha parlato del voto del 2022 invitando gli elettori a "scegliere un leader che incarni l'esempio di leadership di Gesù Cristo". Secondo il Vescovo Pabillo, "i cristiani hanno l'opportunità di guardare a Gesù come guida nella loro ricerca di leader autentici".
Guardando a Cristo Gesù, ha notato, "l'obiettivo della leadership non è conquistare il potere, ma servire, e lo ha fatto con umiltà, amore disinteressato e compassione". “Questa dovrebbe essere la base della nostra scelta dei leader e non i sondaggi e i comunicati stampa, soprattutto non i social media, invasi dai titoll”, ha affermato Mons. Pabillo. “Invece di considerare i sondaggi lasciamoci influenzare dalla Parola di Dio. Ha molto da dirci sulla leadership, anche sulla leadership politica", ha affermato.
Secondo il Vicario apostolico di Taytay, "il paese ha bisogno di leader che siano vicini e commossi dalla terribile situazione della gente. Abbiamo bisogno di leader che abbiano pietà e compassione e che non dicano continuamente 'uccidi, uccidi, uccidi'. Un buon Pastore offre se stesso perché le persone, noi, la popolazione, possiamo vivere”. Per questo il Vescovo chiede agli elettori di non lasciarsi influenzare dai risultati dei tanti sondaggi pre-elettorali che, a suo dire, "sono spesso usati per condizionare la mente del pubblico".
In un recente sondaggio dell'istituto "Pulse Asia", il sindaco di Davao City, Sara Duterte e suo padre, l'attuale presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, sono i potenziali candidati maggiormente apprezzati rispettivamente per la carica di Presidente e Vicepresidente, nelle elezioni del prossimo anno.
In vista delle elezioni politiche, previste per il 9 maggio 2022, la Commissione Elettorale dovrebbe pubblicare entro gennaio 2022 l'elenco ufficiale dei candidati, compresi quelli in corsa per la carica di Presidente, Vicepresidente, per i seggi di 12 senatori e di 308 membri della Camera dei Rappresentanti. E' previsto inoltre il voto per 81 governatori e vice governatori, 780 seggi nei Consigli provinciali, 1.634 sindaci e vicesindaci di comuni, e sono 13.546 i seggi da assegnare nei Consigli comunali.
Secondo la Costituzione delle Filippine del 1987, le elezioni generali si tengono ogni sei anni, il secondo lunedì di maggio.
(SD-PA)(Agenzia Fides 21/7/2021)
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ASIA/PAKISTAN - Limite di età per la conversione religiosa: il Ministero per gli affari religiosi frena
 
Lahore (Agenzia Fides) - Il Ministero per gli affari religiosi del Pakistan non intende porre limiti di età alla conversione religiosa. Come appreso da Fides, nel corso di una recente riunione della Commissione parlamentare per i diritti delle minoranze del Senato, il Ministro per gli Affari religiosi, Noorul Haq Qadri, ha affermato di non voler sostenere un possibile limite minimo di età di 18 anni per la conversione religiosa. Se qualcuno vuole cambiare religione prima dei 18 anni, quella è una libera scelta, ha asserito, mentre per il matrimonio si tratterebbe di una questione diversa. La questione relativa al limite di età minima per il matrimonio era stata sottoposta al Consiglio per l'Ideologia Islamica, organo consultivo. Ma, come notano le organizzazioni cristiane in Pakistan, la questione è strettamente connessa alla conversione religiosa.
In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, Nasir Saeed, Direttore della Ong "CLAAS" (Centre for Legal Aid Assistance & Settlement), spiega che i casi di giovani ragazze cristiane e indù costrette a convertirsi sono aumentati vertiginosamente nell'ultimo anno. E nota: “Tenere in considerazione lo scenario complessivo e considerare l'attuale impostazione di un'età minima di 18 anni per la conversione è fondamentale. Ho riscontrato personalmente almeno due dozzine di casi di conversione forzata di giovani ragazze cristiane nel Punjab, e il 90% delle ragazze ha meno di sedici anni". Secondo il Direttore di CLAAS, "spesso la polizia trasforma i casi di rapimento in casi di 'conversione religiosa' e poi, invece di intraprendere le necessarie azioni contro il rapitore, consegna un certificato di conversione ai genitori della ragazza rapita, dicendo che la ragazza si è convertita all'Islam di sua spontanea volontà, quindi essi non possono fare nulla ed è tutto legale".
“In alcuni casi la polizia ha perfino detto ai genitori che dovevano essere felici perché la loro figlia si era convertita all'Islam. Anche i tribunali pakistani spesso non rendono giustizia alle vittime e alle loro famiglie poiché, invece di decidere e applicare le leggi vigenti nel paese, i casi vengono decisi sulla base della dichiarazione estorte alle ragazze rapite. I giudici ignorano completamente le leggi nazionali e internazionali e danneggiano l'intero paese".
Dato questo scenario, "è opportuno e urgente che il governo agisca in base alle raccomandazioni della Commissione parlamentare sui diritti delle minoranze del Senato, fissando a 18 anni l'età minima per una conversione religiosa", nota Nasir Saeed.
Secondo i leader cristiani della società civile in Pakistan, un provvedimento che limiti l'età della conversione religiosa a 18 anni può risultare utile ad arginare il fenomeno del rapimento, conversione e matrimonio delle ragazze cristiane e indù. Ma la via migliore per risolvere la questione alla radice, si afferma, è frenare i matrimoni forzati garantendo l'applicazione di un'età minima di 18 anni per il matrimonio, secondo la legge sulla protezione delle donne.
(PA) (Agenzia Fides 21/7/2021)
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ASIA/IRAQ - Incontri ecumenici per rilanciare il Consiglio dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese presenti in Iraq
 
Erbil (Agenzia Fides) – Una delegazione della Chiesa caldea, guidata dal Patriarca e Cardinale Louis Raphael Sako, ha realizzato a Erbil una serie di incontri con rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Iraq, nel tentativo di avviare un processo volto a riqualificare e rilanciare strumenti di contatto e organismi ecumenici “congelati” da anni in uno stato di sostanziale inerzia.
Il Patriarca Sako, con alcuni suoi collaboratori, ha incontrato tra gli altri Mor Nicodemus Daoud Matti Sharaf, Arcivescovo siro ortodosso di Mosul, l’Arcivescovo Nathanael Nizar Samaan, alla guida della diocesi siro cattolica di Hadiab (Kurdistan iracheno) e rappresentanti della Chiesa Assira d’Oriente. Negli incontri – riferiscono le fonti accreditate del Patriarcato caldeo – gli esponenti delle diverse Chiese si sono soffermati in particolare sulla necessità di trovare nuove vie di cooperazione fraterna, alla luce delle tante emergenze che affliggono il popolo iracheno e rappresentano il contesto reale in cui le comunità ecclesiali sono chiamate a confessare la stessa fede in Cristo.
Gli incontri hanno rappresentato un primo passo del processo volto a rilanciare il ruolo del Concilio dei Capi delle Chiese presenti in Iraq, organismo ecumenico costituitosi a partire dal 2006, che negli ultimi anni è entrato in una fase di sostanziale afasia e latitanza.
A giugno, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 18/6/2021), il Patriarca Sako aveva pubblicato un intervento centrato sulle relazioni ecumeniche in cui sottolineava tra l’altro che il cammino per ricomporre la piena unità tra Chiese e comunità ecclesiali “non è così facile come qualcuno immagina”. In quel testo, il Porporato iracheno riconosceva che la questione del cammino per ricomporre la piena unità sacramentale tra i battezzati rappresenta una “questione complessa” che non può essere trattata con supponenza o sentimentalismo. Le Chiese e le comunità ecclesiali - riconosceva il Patriarca – non possono essere unificate in maniera forzosa, e non possono nemmeno essere spogliate delle loro singole identità “per decreto”, perché “la Chiesa non è una mera entità amministrativa”, ma una realtà intimamente connotata dalla sua propria, inconfondibile natura spirituale. Il modello storico e ideale a cui guardare – sottolineava Sako, proseguendo la sua riflessione – rimane quello della Chiesa nascente, raccontato negli Atti degli Apostoli. In quell’inizio – faceva notare il Cardinale iracheno – l’unità dei battezzati era non un obiettivo ideale da raggiungere attraverso sforzi e stratagemmi umani, ma fioriva come effetto gratuito della fede e della carità che animavano i cuori raggiunti dalla grazia di Cristo. Nel suo intervento, il Patriarca caldeo aveva anche deplorato l’immobilismo che, a suo giudizio, connota gli organismi ecumenici e i contatti inter-ecclesiali nel suo Paese, chiamando in causa proprio la stagione di appannamento attraversata negli ultimi anni dal Consiglio dei patriarchi e dei capi delle Chiese in Iraq, resa evidente anche dal paragone con la vivacità operativa di organismi analoghi presenti in Egitto, Giordania e Libano. (GV) (Agenzia Fides 21/7/2021)
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AMERICA/HAITI - Un missionario a Fides: “Il popolo haitiano deve riprendere la sua dignità di popolo”
 
Madrid (Agenzia Fides) - Padre Miguel de Haro, missionario redentorista spagnolo alla guida di una piccola Ong che gestisce alcuni progetti ad Haiti, in attesa di rientrare nell’isola caraibica dove risiede, in seguito alle vicende legate all'assassinio del presidente Moïse. In questo periodo era impegnato a costruire una piccola dispensa sociale a Les Anglais, nel sud del paese, e per questo scopo sta raccogliendo il materiale necessario, per poterlo portare ad Haiti. In un colloquio con l’Agenzia Fides, padre Miguel descrive la situazione nel paese caraibico, che conosce da tempo.
"La gente vive nella paura, secondo le informazioni che mi arrivano da Haiti, perché nell'isola sono continuati gli omicidi anche nella capitale, Port au Prince. Le bande armate agiscono per creare e provocare paura, e ci riescono. Questo spinge al caos sociale e politico con il rischio dell'anarchia – racconta a Fides -. Dinanzi a questo scenario, gli Organismi Internazionali, come ONU, OEA, UE, premono per ottenere un consenso, un accordo politico, fra i partiti e le istituzioni. Concretamente fra Claude Joseph e il nuovo candidato alla Presidenza, Ariel Henry. Secondo le ultime notizie, quest’ultimo ha avuto il riconoscimento di Joseph per guidare il paese, questo aiuta a creare un clima più tranquillo anche per i funerali del Presidente Moïse, il prossimo 23 luglio. Si tratta di un importante passo avanti per la ricostruzione del paese, ma non rappresenta certo la soluzione”.
Per il missionario la soluzione non può essere rappresentata dalle elezioni gestite, come in passato, dai soliti gruppi politici che ormai mancano di credibilità. “Non basta fare le elezioni tanto per farle – sottolinea -, bisogna che tutta la popolazione abbia un documento valido per poter svolgere elezioni chiare e giuste. Non bisogna nemmeno chiedere l'intervento degli organismi internazionali per controllare lo svolgimento del voto, ma bisogna fare un lavoro previo. Bisogna dare fiducia al popolo, perché ogni haitiano riesca ad avere un documento e possa partecipare realmente al voto”.
Come secondo punto, padre Miguel ritiene necessario verificare che i candidati non abbiano contatti con il narcotraffico o con qualsiasi tipo di corruzione. “Qui, penso, potrebbe partecipare direttamente la Chiesa, segnalando candidati giovani e non corrotti, per riuscire così a fare un cambio generazionale dei leader della politica haitiana. Bisogna proporre candidati con senso etico, con qualità umane, che siano formati per proporre la trasformazione necessaria al paese. Solo così la gente potrà ritrovare la fiducia e andare a votare, e le elezioni saranno realmente rappresentative”.
Riguardo alla situazione attuale, il missionario ribadisce che “è molto difficile, non c'è stabilità economica e neanche sicurezza. Bisogna cambiare l'idea che l'unica via di uscita sia la violenza, piuttosto occorre proporre il dialogo, il rispetto, la solidarietà. Il popolo haitiano deve riprendere la sua dignità di popolo. Una proposta che ritengo potrebbe dare fiducia al popolo e sarebbe parte della soluzione, è fare dei controlli sui soldi che riceve qualsiasi organismo per aiutare Haiti. Tante donazioni infatti sono sparite o perché è intervenuto lo stato o perché non è stato realizzato quanto promesso. E’ necessario che questi controlli siano pubblici e trasparenti.”
Su questo argomento padre Miguel ribadisce l’importanza di controllare e di rendere conto del denaro investito in modo pubblico, senza considerare se la Ong in esame sia sponsorizzata da personaggi famosi o politici in vista. “In questo ambito – prosegue - potrebbe essere di aiuto la Chiesa, che come istituzione ha il riconoscimento del popolo, quindi potrebbe chiedere di fare i controlli. Non interessa perdere eventuali privilegi o presentarsi come una realtà scomoda, ma sarebbe un modo di fare missione, riconoscere cioè che non bastano le parole ma occorrono i fatti”.
Ci sono tante voci in circolazione sui politici haitiani, secondo cui questi hanno rapporti con il crimine organizzato, direttamente o in modo indiretto. “Fino a quando questa situazione continua, non ci sarà un futuro diverso per il popolo” sottolinea il missionario, che auspica: “la Chiesa dovrebbe parlare in modo profetico e dire ad alta voce ai politici di non giocare con la fame dei poveri, perché sono loro a pagare le conseguenze della fame e della disperazione”.
“Ho fiducia nei giovani haitiani – conclude padre Miguel - che amano il loro Paese e vogliono un futuro diverso, più etico e più solidale per tutti coloro che da troppo tempo subiscono l'arroganza di una minoranza”.
(CE) (Agenzia Fides 21/07/2021)
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AMERICA/VENEZUELA - Inizia la missione evangelizzatrice della Diocesi di San Cristobal nel Vicariato apostolico di Caroni
 
San Cristobal (Agenzia Fides) – Ieri, 20 luglio, è stato reso pubblico il decreto con cui la Santa Sede, attraverso la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, affida il Vicariato apostolico di Caroní alle cure pastorali della Diocesi di San Cristóbal, in Venezuela. Il Vicariato apostolico, che comprende lo stato venezuelano di Bolívar, è stato eretto il 4 marzo 1922 da Papa Pio XI. Il 30 luglio 1954 ha ceduto una parte del suo territorio per l'erezione del Vicariato apostolico di Tucupita. Sede del Vicariato di Caroni è la città di Santa Elena de Uairén, dove si trova la Cattedrale dedicata a Sant'Elena.
Secondo le notizie pervenute all’Agenzia Fides dalla diocesi venezuelana, ieri mattina l'aereo con destinazione Santa Elena de Uairén, è decollato dal suolo tachirense, con a bordo il nuovo Vicario apostolico, Monsignor Gonzalo Ontiveros, e tre sacerdoti che lo accompagneranno nella missione: Hugo Ochoa, Javier Parra e José Luis Pereira. Monsignor Mario Moronta, Vescovo di San Cristóbal, ha annunciato che nei prossimi mesi invierà seminaristi e laici impegnati, oltre all'aiuto materiale che è già stato raccolto dai fedeli della diocesi.
Il Vicariato Apostolico di Caroní era affidato all'ordine dei Frati Minori Cappuccini, che hanno svolto un lungo e diligente ministero pastorale in quel territorio, ma a causa della carenza di vocazioni missionarie hanno dovuto lasciare l’incarico. Il Vicariato apostolico ha una popolazione di 91.100 abitanti di cui 57.700 cattolici. Ci sono 6 parrocchie, 2 sacerdoti diocesani e 6 religiosi, 4 religiosi non sacerdoti e 3 suore. Mons. Gonzalo Alfredo Ontiveros Vivas è stato nominato Vicario apostolico di Caroni da Papa Francesco il 28 aprile 2021. E’ nato il 5 dicembre 1968 a El Valle Capacho, nella Diocesi di San Cristóbal de Venezuela. E’ stato ordinato sacerdote il 14 agosto 1993 e Vescovo il 26 giugno 2021. Era Cappellano militare e Vice coordinatore del team responsabile della preparazione per il Centenario della Diocesi (vedi Fides 28/4/2021).

martedì 23 febbraio 2021

Agenzia fides 23 febbraio 2021

 

AFRICA/CONGO RD - “L’Ambasciatore Attanasio era vicino al mondo missionario” dice una volontaria salesiana
 
Kinshasa (Agenzia Fides) - Luca Attanasio, l’Ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, “era vicino al mondo missionario che opera nell’est del Paese”, dove è stato ucciso insieme al carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, e all’autista congolese Mustafa Milambo. Lo afferma, in un colloquio con l’Agenzia Fides, Monica Corna, Capo missione salesiana VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) in RDC, che ha lavorato a fianco dei Salesiani per 18 anni.
“Il dottor Attanasio era bene conosciuto dalla comunità missionaria nel Nord Kivu” dice Monica Corna, che da 18 anni opera con il VIS presso il centro don Bosco a Goma, il capoluogo della provincia orientale congolese. “Era sicuramente una persona molto entusiasta, che credeva in quello che faceva” dice la volontaria. “L’Ambasciatore Attanasio si era recato nel Nord Kivu per constatare di persona la difficile realtà delle popolazioni locali: per lui era importante vedere una certa realtà per avere una visione diretta per essere un vero testimone”.
Sulla dinamica dell’agguato Monica Corna dice “non ho elementi per fare supposizioni su quel che è successo”, ma aggiunge che "se è comprensibile l’emozione che la morte dei nostri connazionali ha suscitato in Italia, non bisogna cedere alla rabbia e spero che un atto del genere non faccia dire a qualcuno 'basta aiuti al Congo'. Questo sarebbe andare contro lo spirito che ha animato l’Ambasciatore Attanasio, che credeva che la Repubblica Democratica del Congo dovesse avere il posto che le spetta tra le nazioni”.
“La reazione dei congolesi è di dolore e di sgomento” afferma la volontaria. “Molti si chiedono perché il nostro Paese deve far notizia a livello internazionale solo quando accadono tragedie del genere”.
In effetti la stampa internazionale si occupa della RDC e in particolare di questa area, solo quando nelle violenze sono coinvolti cittadini stranieri, soprattutto se occidentali. “Ma le violenze contro le popolazioni locali sono quasi quotidiane ma cadono nel silenzio” sottolinea la volontaria del VIS.
L’agguato che ha portato all’uccisione dei tre uomini è avvenuto nella mattinata di ieri, 22 febbraio, nei pressi del villaggio di Kibumba, tre chilometri da Goma. Le circostanze del triplice omicidio sono ancora in fase di accertamento. (L.M.) (Agenzia Fides 23/2/2021)



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AFRICA/COSTA D’AVORIO - "Sto bene dove Dio vuole": una missionaria laica testimonia la sua vocazione
 
Bondoukou (Agenzia Fides) - “La vocazione laicale missionaria deve essere percepita come una grazia da condividere, non solo a parole ma con atti concreti, materiali e spirituali, con gioia, sacrificio, convinzione e tanta passione”. Così scrive all'Agenzia Fides Annalisa Tognon, missionaria laica impegnata in un grande villaggio della diocesi di Bondoukou, Costa d’Avorio.
“Questo mio servizio all’Africa è donare la mia vita a Cristo e seguirlo nella sua missione” sottolinea Annalisa. “Attualmente - prosegue - i tempi non sono facili qui nell’estremo nord-est della Costa d’Avorio, al confine con il Burkina Faso diventato bersaglio dei jihadisti. Proprio perché siamo in una zona dichiarata ‘rossa’ per il pericolo del terrorismo, Mons. Bruno Essoh Yedoh, Vescovo di Bondoukou, e il suo Consiglio mi hanno ordinato di lasciare la missione di Téhini. Qui facevo parte di un’équipe pastorale insieme a due preti diocesani locali e a Marie, una signora di etnia koulango, originaria di Yamadougou, villaggio vicino a Bondoukou. Lei è rimasta a Tehini, per assicurare la presenza e alcuni servizi alla missione.”
La missionaria spiega che, per motivi di sicurezza, da gennaio 2020 ha vissuto a Bondoukou dove le è stata affidata la visita ai malati del Centro Saint Camille, affiliato all’Associazione per malati di Grégoire Ahongbonon. “Il fondatore del Centro è stato p. Giacomo Bardelli, sacerdote della Società per le Missioni Africane (SMA), che ha iniziato la costruzione nel 2001 di cui sono stata testimone. Tuttavia, da qualche mese – aggiunge Annalisa - il Vescovo mi ha proposto un’altra missione nel villaggio di Tambi, dove vive la popolazione di etnia Nafana, un ramo del grande popolo Senufo, che abita il nord della Costa d’Avorio. Il villaggio dipende dalla parrocchia della Cattedrale, si trova a circa 40 km da Bondoukou, e a 16 km dalla frontiera con il Ghana. La comunità cristiana di Tambi non è ancora Parrocchia: un prete diocesano viene periodicamente da Bondouko a celebrare la Messa. Forse l’anno prossimo – se Dio vorrà – diventerà ‘quasi-parrocchia’ con un proprio sacerdote.”
“La mia è una chiamata specifica: laica e missionaria e, sto bene dove Dio vuole!” conclude la missionaria.
(ST/AP) (Agenzia Fides 23/2/2021)
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ASIA/MYANMAR - I leader religiosi pronti alla mediazione: si chiede un intervento dell'ASEAN
 
Yangon (Agenzia Fides) - I leader religiosi birmani di tutte le comunità di fede, riuniti nell'organizzazione "Religions for Peace -Myanmar", sono "pronti a continuare il Forum consultivo sulla pace e la riconciliazione in Myanmar, come uno spazio aperto per il dialogo, quando le condizioni sono accettabili, affinché tutte le parti possano incontrarsi e riunirsi": è la disponibilità alla mediazione espressa in un appello diffuso da Religions for Peace Myanmar, inviato all'Agenzia Fides. Il Forum è presieduto dal Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo cattolico di Yangon e alto rappresentante della Chiesa cattolica in Asia in quanto Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (FABC).
In questa fase, segnata da proteste di piazza e da episodi di repressione (con oltre 600 arresti di manifestanti), i leader religiosi rivolgono, in particolare, "un forte appello all'Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) come ente regionale impegnato per la pace, la stabilità e la prosperità, affinché offra urgentemente i suoi buoni servizi al Myanmar come stato membro". La Carta costitutiva dell'ASEAN, si ricorda, "impegna i suoi membri a favore della democrazia e dei diritti umani, dello Stato di diritto e del buon governo. È il momento di intensificare il servizio al popolo del Myanmar, comprese tutte le minoranze etniche, prima che sia troppo tardi", auspicano i capi religiosi chiedendo un diretto coinvolgimento dell'ASEAN.
"Con profonda angoscia, Religions for Peace Myanmar e Religions for Peace International, a nome di tutte le sue entità regionali e nazionali - si legge nel testo inviato a Fides - implorano tutte le parti interessate di smorzare la triste svolta degli eventi nelle strade del Myanmar. Tanto sangue è stato versato in questo mese. Religions for Peace è dalla parte del popolo del Myanmar nella sua ricerca della sacralità della vita. Condanniamo fermamente lo spargimento del sangue di innocenti". Religions for Peace riunisce leader di diverse tradizioni di fede, che promuovono "un mondo senza guerra e violenza": "Lavorando in Myanmar, abbiamo apprezzato i progressi della pace e della democrazia negli ultimi dieci anni. Abbiamo nutrito grandi aspettative di una nazione costruita su queste basi". La recente svolta degli eventi, con la contestazione del risultato delle elezioni, e la presa di potere dei militari "ha frammentato la nazione". Perciò i leader chiedono a tutte le parti interessate di "operare per la pace": "Una nazione a lungo sofferente può essere guarita solo attraverso il dialogo, non la violenza nelle strade". Le tensioni sociali e politiche giungono mentre "i poveri di questo paese, che già devono affrontare molteplici sfide tra cui la pandemia, la perdita di mezzi di sussistenza e l'insicurezza alimentare: essi hanno urgente bisogno di pace per sopravvivere".
Religions for Peace Myanmar, unendosi all'organizzazione buddista "Ma Ha Na" nel chiedere la pace e anche all'appello della Conferenza episcopale cattolica del Myanmar (CBCM), auspica: "Chiediamo a tutti, specialmente all'esercito, di tornare al tavolo di mediazione, per instaurare un dialogo, affrontare le questioni aperte e riconciliare la nazione".
(PA) (Agenzia Fides 23/2/2021)
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ASIA/PALESTINA - Il Presidente Abbas riserva 7 seggi (su 132) a candidati cristiani nel prossimo Parlamento palestinese
 
Ramallah (Agenzia Fides) - Alle prossime elezioni politiche palestinesi, in programma il prossimo 22 maggio, almeno 7 dei 132 seggi parlamentari in palio saranno occupati da cittadini palestinesi di fede cristiana. Lo stabilisce un decreto emesso nei giorni scorsi dal Presidente palestinese Mahmud Abbas. Il decreto, secondo quanto riferito dai media palestinesi, dispone che 7 dei 132 seggi del prossimo Consiglio legislativo (il parlamento unicamerale palestinese) siano riservati a candidati cristiani. Il decreto presidenziale applica un emendamento alle disposizioni della legge elettorale approvata nelle scorse settimane in vista del prossimo, importante appuntamento elettorale.
Il mandato del Consiglio legislativo palestinese è ufficialmente di quattro anni, ma le ultime elezioni legislative palestinesi si sono svolte nel lontano gennaio 2006. In quella occasione, la legge elettorale in vigore riservava a candidati di fede cristiana 5 seggi parlamentari. L’anno successivo si verificò lo scontro militare tra al Fatah – l’organizzazione a cui appartiene anche il Presidente Abbas – e il movimento politico islamista Hamas, che prese il controllo della Striscia di Gaza. Dopo la ripresa dei rapporti tra le due organizzazioni, a metà gennaio il Presidente Abbas ha annunciato le date per le prossime elezioni politiche (22 maggio) e presidenziali (31 luglio), a cui seguiranno anche le elezioni del Consiglio nazionale palestinese (31 agosto 2021). Le date sono state concordate in seno alle organizzazioni politiche palestinesi, dopo un accordo di massima tra Fatah e Hamas. Le ultime elezioni presidenziali palestinesi si erano svolte nel 2005.
Alla chiusura delle liste degli elettori, oltre 2 milioni e 600 mila palestinesi (pari al 93% degli aventi diritto) si sono registrati per partecipare alle votazioni politiche e presidenziali di maggio e luglio in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Nei giorni scorsi, il Premier dell’Autorità palestinese Mohammad Ibrahim Shtayyeh ha rivolto un appello ad Hamas per la liberazione di 80 detenuti politici imprigionati nelle carceri di Gaza. Il movimento islamista ha risposto che i detenuti oggetto dell’appello di Shtayyeh sono condannati dalla magistratura per reati attinenti alla sicurezza nazionale. (GV) (Agenzia Fides 23/2/2021)
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ASIA/CINA - E’ morto Mons. Andrea Han Jingtao: dopo 27 anni ai lavori forzati si impegnò in particolare nella formazione di sacerdoti, suore e laici
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 2020 è deceduto, all’età di 99 anni, S.E. Mons. Andrea Han Jingtao, Vescovo “non ufficiale” di Siping, nella provincia di Jilin (Cina Continentale). Nato il 26 luglio 1921 da una devota famiglia cattolica di Shanwanzi, nella contea di Weichang, Hebei, durante la sua infanzia la famiglia si trasferì nella contea di Linxi, Mongolia interna. Nel 1932 entrò nel Seminario minore di Siping e nel 1940 nel Seminario maggiore di Changchun. Il 14 dicembre 1947 fu ordinato sacerdote. A causa della sua fede cattolica e della sua fedeltà al Papa, nel 1953 venne arrestato e, dopo un periodo di carcerazione, condannato ai lavori forzati per 27 anni, ben 6 dei quali vissuti in isolamento in un bunker.
Nel 1980, grazie all’intervento del Vice-Presidente Deng Xiaoping, venne liberato in considerazione dei servizi che, come studioso, poteva rendere allo Stato. Infatti, svolse attività di docente all’Università Normale di Changchun e all’Istituto di storia della civiltà classica dell’Università Normale del Nordest, con il titolo di professore associato. In tal modo, introdusse molti cinesi allo studio del latino e del greco e della cultura occidentale classica. Dedito allo studioso fin dalla più tenera età, egli, mentre era considerato dai fedeli “un gigante di cultura e di fede”, era apprezzato anche nel campo educativo civile. Tra i suoi lavori principali figura la traduzione in cinese della Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino.
Il 6 maggio 1982 fu consacrato segretamente Vescovo coadiutore di Siping, di cui nel 1986, dopo la morte di Mons. Chang Zhenguo, divenne Vescovo ordinario. Come tale si impegnò in modo particolare nella formazione dei sacerdoti, delle suore e dei laici, non mancando di sensibilizzare tutti i fedeli circa l’evangelizzazione e la carità. Nella Diocesi fondò la Legio Mariae e la Congregazione religiosa del Monte Calvario, ramo maschile e ramo femminile. Nel 1993 fondò il primo centro sanitario e la prima casa di riposo della Diocesi, nonché un orfanotrofio.
Negli ultimi anni Mons. Han Jingtao viveva sotto lo stretto controllo della polizia. Dopo i funerali, ai quali clero e fedeli non hanno potuto partecipare, la salma è stata cremata. Grazie alle insistenti richieste dei familiari, le Autorità locali hanno permesso che le ceneri del Presule fossero deposte nel cimitero del villaggio nativo, accanto ai genitori. Sulla sua lapide, però, non vi è alcun segno religioso né il titolo di Vescovo. (Agenzia Fides 23/02/2021)
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ASIA/CINA - Morto a 100 anni Mons. Giuseppe Zong Huaide, dedito alla preghiera e al servizio caritativo
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Alle ore 20 del 5 gennaio 2021 è deceduto, all’età di 100 anni, S.E. Mons. Giuseppe Zong Huaide, Vescovo emerito di Sanyuan, nella provincia di Shaanxi (Cina Continentale). Nato il 16 giugno 1920 in un villaggio di Wuguanfang, nella contea di Sanyuan, quarto di cinque figli di una famiglia cattolica, entrò nel Seminario minore di Tongyuanfang nel 1935. Una volta conclusi gli studi teologici, fu ordinato sacerdote il 5 giugno 1949.
Successivamente svolse il ministero pastorale a Fuping e poi a Tongyuanfang, come Parroco, quindi presso la Cattedrale di Sanyuan. Dal 1961 al 1965, essendogli proibito di esercitare il ministero, si ritirò presso la sua casa e si mise a lavorare la terra. A causa della sua fede, nel 1965 fu arrestato e nel 1966 fu condannato ai campi di lavoro forzato. Nel febbraio 1980 fu liberato e tornò a operare come sacerdote a Tongyuanfang.
Il 9 agosto 1987 fu ordinato segretamente Vescovo e dopo alcuni anni fu riconosciuto ufficialmente come tale dalle Autorità civili. Il 23 dicembre 1997 poté compiere un pellegrinaggio in Italia ed essere ricevuto in Vaticano dal Papa San Giovanni Paolo II.
Nel 2003 la Santa Sede accettò le sue dimissioni. Da quel momento Mons. Zong Huaide ha trascorso il suo tempo nella preghiera e nel servizio caritativo. Il suo carattere dolce e delicato lo faceva amare da tutti. Numerosi ricordi ed elogi della sua testimonianza sono stati diffusi dai social media dopo la sua morte.
Dal 5 al 10 gennaio scorsi la salma di Mons. Zong è stata esposta ai fedeli nella chiesa di Tongyuan: nel medesimo luogo sacro il giorno 11 sono stati celebrati i funerali ed il Presule è stato sepolto.
Attualmente, la Diocesi di Sanyuan conta circa 40.000 fedeli, con 46 sacerdoti e la presenza di diverse congregazioni di religiosi e religiose. (Agenzia Fides 23/02/2021)
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AMERICA - Inizia il cammino verso l’Assemblea ecclesiale di novembre: “L'identità dei discepoli missionari”
 
Bogotà (Agenzia Fides) – Inizia il cammino di preparazione delle Chiese latinoamericane verso la prima Assemblea ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi, che si terrà dal 21 al 28 novembre nella Basilica di Guadalupe, in Messico (vedi Fides 23 e 25/01/2021). “L'Assemblea ecclesiale è la prima volta che si celebra. Non è una Conferenza dell'Episcopato latinoamericano come le precedenti, l'ultima, Aparecida. È un incontro del Popolo di Dio: laiche, laici, consacrate, consacrati, sacerdoti, vescovi, tutto il popolo di Dio che cammina. Si prega, si parla, si pensa, si discute, si cerca la volontà di Dio” ha spiegato Papa Francesco nel videomessaggio inviato il 24 gennaio, alla presentazione dell’Assemblea.
Ora il Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) ha preparato e diffuso il primo sussidio dell'Itinerario Spirituale, al fine di "promuovere la partecipazione del popolo di Dio che vive la sua fede nelle diverse realtà presenti nel continente e per accompagnare il cammino della Chiesa in preparazione all'Assemblea ecclesiale”. Il sussidio è il primo di una serie, che saranno pubblicati bimestralmente, e potrà essere utilizzato nei mesi di febbraio e marzo.
Il tema di questo primo incontro è “L'identità dei discepoli missionari”, con il motto “Discepoli per il Regno”. “La proposta è di entrare nell'itinerario dei discepoli missionari, in una comunità di uguali – è scritto nell’introduzione -, camminando insieme, in sinodalità. In questa prospettiva, il primo incontro propone di conoscere la realtà e l'identità dei discepoli missionari secondo il Documento di Aparecida". Il sussidio è articolato in cinque tappe, che partono da una testimonianza di vita seguita da un tempo di meditazione e riflessione, quindi segue l’ascolto di un brano della Parola di Dio, l’assunzione di un impegno concreto di vita, e infine un momento celebrativo e di preghiera. (SL) (Agenzia Fides 23/02/2021)
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AMERICA/COSTA RICA - "Guardare alla storia ringraziando Dio, guardare al futuro fiduciosi nella sua potenza”: cento anni della Provincia Ecclesiastica
 
San José (Agenzia Fides) – “È evidente che la fede cattolica del nostro popolo è stata un fattore fondamentale nella costruzione dell'identità che ci definisce nel mondo, come nazione che combatte per la pace, la democrazia, la giustizia sociale, l'ambiente e il rispetto dei diritti umani": si è espresso con queste parole il sindaco di San José, Johnny Araya, in una cerimonia tenutasi nel luogo in cui si trovava il primo eremo di San José, come parte di un ricco programma per la celebrazione del centenario della creazione della prima Provincia Ecclesiastica della Chiesa cattolica in Costa Rica.
"Quest'anno sarà il momento per rinnovare come Chiesa il nostro impegno a camminare con la storia del nostro popolo, per aiutare tutti noi a camminare sulla vera via che è Cristo" ha detto Monsignor Javier Román Arias, Vescovo di Limón, nella sua omelia in occasione dell'apertura delle celebrazioni del Centenario della Provincia Ecclesiastica della Costa Rica, il 13 febbraio nella Cattedrale di Limón.
Monsignor Román Arias ha sottolineato che "guardare alla storia ringraziando Dio" dovrebbe incoraggiarci anche a “guardare al futuro, fiduciosi nella sua potenza e misericordia. Facendo un viaggio attraverso i cento anni dalla creazione della Provincia Ecclesiastica, il Presule ha evidenziato la certezza “che il Vangelo di cui la Chiesa è portatrice non ha cessato di possedere la luce e la forza necessarie per continuare a rendere visibile, con parole e gesti, l'opera salvifica che Gesù è venuto a fare".
La Bolla di Papa Benedetto XV, firmata il 16 febbraio 1921, eresse la Provincia Ecclesiastica di Costa Rica, con Arcidiocesi San José, che già esisteva come diocesi dal 1850 e comprendeva tutta la Costa Rica, e la creazione della diocesi di Alajuela e del Vicariato apostolico di Limón. La storia della Chiesa in Costa Rica proseguì in seguito con la creazione di nuove diocesi e parrocchie fino ad oggi.
In seguito alla crescita demografica che ha avuto il Costa Rica durante i primi vent'anni del XX secolo, e della creazione in quello stesso periodo di altre Province Ecclesiastiche in El Salvador, Nicaragua, Honduras e Panama, il Centro America riprese, in quel periodo, la forza evangelizzatrice che i primi missionari avevano lasciato per continuare le missione nel Sud dell'America.
(CE) (Agenzia Fides 23/02/2021)

sabato 13 febbraio 2021

Agenzia Fides 13 febbraio 2021

 

AFRICA/KENYA - I missionari Orionini: “Un nuovo progetto per aiutare i Masai”
 
Kandisi (Agenzia Fides) - “L’obiettivo del progetto è quello di avviare una coltivazione di ‘fagioli gialli’ in territorio masai: l’idea nasce soprattutto dalla necessità di creare nuove entrate per il Centro e, al tempo stesso, di condividere le buone pratiche agricole che abbiamo acquisito in questi anni”. Così riferisce all’Agenzia Fides padre Jeremiah Muchembe, sacerdote dei Figli della Divina Provvidenza, di origini keniote, parlando del nuovo progetto agricolo che i religiosi Orionini della comunità di Kandisi stanno realizzando in collaborazione con gli indigeni Masai, che vivonosugli altopiani al confine fra Kenya e Tanzania.
La realizzazione di queste progetti è possibile grazie al contributo di alcuni benefattori che sostengono le iniziative dei padri Orionini, che in questa parte del Kenya hanno in cura una parrocchia che accoglie molti abitanti di villaggi dell’etnia Masai. A Kandisi l’Opera Don Orione segue un Centro diurno e una scuola di sviluppo per bambini e giovani disabili con un centro di orticultura: “La sfida legata a questa iniziativa - spiega p. Muchembe - non è soltanto quella di adoperare delle tecniche di lavorazione che rispettino l’ambiente, senza l’utilizzo di pesticidi chimici, ma anche quella di abbattere i pregiudizi nei confronti di una delle più antiche popolazioni africane, come quella Masai, che rischia di essere ormai bistrattata perché continua a mantenere antiche usanze e a praticare uno stile di vita indigeno”.
"È importante sensibilizzare il governo affinché finanzi progetti di questo tipo, perché hanno una profonda valenza culturale” - osserva il missionario. "Da diversi anni - racconta - attuiamo progetti di orticoltura che coinvolgono direttamente alcuni ragazzi disabili che frequentano la struttura. Questi hanno così l’opportunità di studiare, di diplomarsi e di fare un praticantato di 2 anni nel settore agricolo. Al termine del percorso formativo - prosegue p. Jeremiah - vengono assunti nella fattoria del Centro che vende i propri prodotti a diversi supermercati e alla comunità locale. Così facendo - conclude - i ragazzi diventano indipendenti, inserendosi socialmente nella comunità”.
In Kenya la Chiesa gestisce 2.805 strutture sanitarie e assistenziali, di cui 86 centri per anziani, invalidi e disabili.
(ES) (Agenzia Fides 13/2/2021)
LINK
Guarda la video intervista a padre Jeremiah Muchembe sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://www.youtube.com/watch?v=TQKVdf4Jxzs
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Al via al progetto GRAIL per la cura dei bambini affetti da HIV / AIDS
 

Abidjan (Agenzia Fides) - Abidjan (Agenzia Fides) -La cura dei bambini affetti da HIV / AIDS diventerà presto una realtà in Costa d'Avorio attraverso il progetto GRAIL (Galvanizing Religious Actors for better Identification and Linkage to pediatric HIV).
Questo progetto, che mira a migliorare la diagnosi e la cura dei bambini sieropositivi attraverso il rafforzamento dell'impegno dei leader religiosi, è stato ideato e realizzato dal 2017 da Caritas Internationalis e testato con successo in Congo e Nigeria.
Il 9 febbraio, il progetto è stato lanciato in Costa d’Avorio presso il CERAP (Centro di ricerca e azione per la pace) presso Abidjan Cocody, alla presenza dei rappresentati dei partner che ne fanno parte: Organizzazione mondiale della sanità, UNAIDS, PNLS, programma nazionale per la lotta contro l'HIV /AIDS del Ministero della Salute e Igiene pubblica, UNICEF.
Prima di questa cerimonia di inaugurazione si è celebrata una messa per affidare l’iniziativa al Signore. Nell'omelia Sua Ecc. Mons. Bruno Essoh Yédo, Vescovo di Bondoukou, Presidente della Commissione Episcopale per lo sviluppo umano integrale e Presidente della Caritas Costa d'Avorio, ha accolto con favore la realizzazione del progetto che aiuterà i bambini 0-14 anni con HIV che necessitano con urgenza di cure per accrescere le loro speranze di vita.
"Secondo le stime dell'UNAIDS 2018, solo il 40% dei bambini che hanno bisogno di cure vi ha accesso" ha lamentato il Vescovo di Bondoukou.
Mons. Bruno ha anche sottolineato l'impegno della Chiesa per la salute. "Se la Chiesa cattolica ha più di 21.000 centri sanitari e più di 16.000 programmi per anziani e persone che vivono con malattie croniche e invalidi, questo indica l'importanza che attribuisce ai più deboli" da qui il suo coinvolgimento nel GRAIL.
La realizzazione del progetto GRAIL in Costa d'Avorio è stata caratterizzata da un seminario di formazione di due giorni per guide religiose sugli aspetti teologici e scientifici della malattia da HIV / AIDS per una più ampia diffusione di messaggi di prevenzione in un'ottica di riduzione della stigmatizzazione sociale. Un approccio molto apprezzato da tutti i partner.
La fase pilota del progetto GRAIL in Costa d'Avorio sarà attivata nelle diocesi di Abidjan, Yopougon, Katiola, Korhogo e Grand-Bassam. (S.S.) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA/BANGLADESH - Le minoranze religiose: in Parlamento si recitino versetti sacri di tutte le fedi
 
Dhaka (Agenzia Fides) - Leggere versetti dai libri sacri di tutte le religioni prima dell'inizio della sessione parlamentare: è la richiesta sollevata dal "Bangladesh Hindu Buddhist Christian Unity Council" (BHUCUC), Consiglio interreligioso che riunisce in Bangladesh leader delle comunità religiose minoritarie, nel paese a larga maggioranza islamica.
Come appreso da Fides, il leader indù Rana Dasgupta, Segretario generale del BHBCUC, ha dichiarato: "Crediamo che nell'interesse dell'uguaglianza, della giustizia e della democrazia, la speranza di tutte le comunità religiose in Bangladesh sia di porre fine a ogni discriminazione religiosa nell'Assemblea nazionale del Bangladesh. In tal caso, a partire dall'anno del Giubileo d'oro dell'indipendenza (1971-2021), all'inizio della sessione parlamentare e in ogni giorno lavorativo, si dovrebbe prendere l'iniziativa di leggere le sacre scritture di tutte le religioni". Già dal 1973 al 1975, ricorda il Consiglio, la lettura delle Sacre Scritture di tutte le religioni ha avuto luogo in sessioni parlamentari. Ora è pratica è leggere versetti sacri solo dal Corano. Dasgupta ha fatto appello al presidente e al governo affinché si prenda l'iniziativa di pregare secondo i diversi riti religiosi dei parlamentari presenti: vi sono infatti nella Assemblea nazionale 19 membri dei parlamenti provenienti da comunità religiose minoritarie.
Il leader cristiano Nirmol Rozario, presidente del BHBCUC, concordando con la richiesta di Dasgupta, afferma : “Desideriamo un paese laico e rispettoso di tutti i cittadini, di ogni fede religiosa. Durante la guerra di indipendenza, persone di tutte le fedi hanno combattuto per un paese indipendente e tanti di loro furono tra le vittime della guerra . Oggi tutti noi abbiamo il diritto di praticare la nostra religione". "Chiediamo e umilmente al presidente del parlamento e al primo ministro Shekh Hasina di iniziare la recita dei libri sacri di tutte le regioni prima dell'inizio di ogni sessione in Parlamento", ha detto Rozario.
Il leader religioso buddista Bhikkhu Sunanda Priya ha detto che il governo mostrerà di dare spazio ai gruppi religiosi minoritari, "l'immagine del Bangladesh sarà più luminosa".
Su 160 milioni di abitanti, in Bangladesh l' 89,5% circa della popolazione professa la fede musulmana, l'9,6% è indù e il restante 0,9% include cristiani (tra questi i cattolici sono 400.00), buddisti e sikh.
(FC) Agenzia Fides (13/2/2021)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Il Vescovo di Karaganda: “Il beato Bukowiński, radice profonda della Chiesa kazaka e della sua fioritura vocazionale”
 
Karaganda (Agenzia Fides) - “Nel cammino della storia, la Chiesa è continuamente rigenerata e portata avanti dai santi e dalla loro testimonianza. Il Beato Wladyslaw Bukowiński è stato una radice attiva e profonda della fioritura della Chiesa viva di Karaganda e del Kazakistan. Io l’ho veramente conosciuto e incontrato, non di persona ovviamente, ma attraverso il seme, il fiore e il frutto, che Dio ha generato attraverso di lui soprattutto qui, a Karaganda, nei tempi difficili e dolorosi delle persecuzioni staliniane. Questo Beato, quindi, testimonia alla Chiesa del Kazakistan che è possibile diventare santi, cioè realizzare in pienezza la propria umanità, anche in condizioni estremamente difficili e dolorose. Oggi accogliamo la testimonianza della sua fede nei lager sovietici e impariamo da lui come essere testimoni di Gesù nell’immane lager della globalizzazione, che stritola l'uomo e che vuole ridurre la sua vita a un benessere e a una felicità puramente terreni”. E’ quanto afferma all’Agenzia Fides, Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo di Karaganda, parlando della vita di Beato Władysław Bukowiński, sacerdote diocesano che, fra i tormenti dei gulag sovietici, ha portato avanti la sua missione evangelizzatrice e coltivato il seme della nascente presenza cattolica in Kazakistan.
Arrestato tre volte per la sua attività di apostolato, il Beato Bukowiński ha trascorso nei lager 13 anni, 5 mesi e 10 giorni. Alla morte di Stalin, fu trasferito al confino a Karaganda dove lavorava come custode presso un cantiere edile, dedicandosi di notte all’apostolato clandestino. È stato il primo sacerdote cattolico ad esservi giunto e a restarvi stabilmente dopo la II guerra mondiale.
“Grazie alla presenza e alla testimonianza di quest'uomo di Dio, a Karaganda nacque, dalla fine degli anni Cinquanta, una comunità cattolica, costretta a nascondersi sotto terra, ma comunque vivacissima e intraprendente: questa prima Chiesa clandestina ha rappresentato la speranza che ha sorretto migliaia di deportati, in gran parte polacchi dell’Ucraina e tedeschi. Per il disegno di Dio e per la Sua grazia, la testimonianza di molti uomini, nonostante le feroci persecuzioni, ha reso Karaganda il centro del cattolicesimo ai tempi del regime sovietico”, racconta Mons. Dell’Oro.
Ancora oggi, la parrocchia di San Giuseppe a Karaganda è espressione della vivacità e della fede di quei cattolici e racchiude in sé un’eredità unica non solo in Kazakhstan, ma anche nell’intero territorio dell’ex Unione Sovietica: è, infatti, una delle prime chiese ufficialmente registrate durante il regime comunista, nel 1977. “In quell’anno - spiega Mons. Dell’Oro - furono gettate le fondamenta della futura Chiesa cattolica con la partecipazione attiva dei fedeli: alla costruzione del tempio, infatti, parteciparono tutti, dal più piccolo al più grande, compresi invalidi e ammalati”.
Dall’eredità spirituale di padre Bukowiński, rileva, sono nate più di 16 vocazioni al sacerdozio, tra cui quelle di due vescovi - Joseph Werth, Vescovo a Novosibirsk, e Nikolay Messmer, ora defunto, vescovo in Kirghizistan - e 28 vocazioni femminili alla vita consacrata in 7 diverse congregazioni e comunità: “Inoltre, quando sono tornati nella loro patria storica, centinaia di ex parrocchiani locali hanno portato nuova linfa alla vita della Chiesa in Germania, Polonia e in altri paesi. Come nei primi secoli, proprio le sofferenze e il sangue versato da questi cattolici hanno moltiplicato il numero dei cristiani, dando vita a questa Chiesa”, aggiunge il vescovo di Karaganda.
Oggi la città di Karaganda conta 4 chiese cattoliche, un seminario internazionale e un convento di clausura delle suore carmelitane. A giugno scorso, inoltre, Papa Francesco ha elevato la chiesa di San Giuseppe a Basilica minore. La diocesi di Karaganda comprende due regioni e occupa un territorio grande due volte e mezzo l’italia. Le circa 20 parrocchie sono separate tra loro da enormi distanze: le più lontane sono a 1700 km una dall’altra. In totale, nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF-PA) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA - Povertà e rischi di una “generazione perduta” a causa della pandemia
 
Singapore (Agenzia Fides) - Quanto conta la pandemia di Covid-19 nel futuro a breve termine dell’Asia? Quali sono i suoi effetti sulla povertà, una piaga che non riguarda solo il continente asiatico ma che in Asia, in passato, ha raggiunto punte estreme? Come si comportano gli Stati per dare una risposta all’allargarsi della povertà?
Secondo la World Bank, “lo shock da Covid-19 non solo mantiene le persone in povertà, ma crea anche una classe di nuovi poveri". Nell’autunno dell’anno scorso la Banca internazionale nata a Bretton Woods negli anni Quaranta pubblicava una stima secondo la quale, nel corso del 2020, il numero di persone che vivono in povertà nella regione Asia Pacifico sarebbe aumentato sino a 38 milioni, “tra i quali 33 milioni che altrimenti sarebbero sfuggiti alla povertà e altri 5 milioni spinti nella povertà” (considerando una soglia di $ 5,50 al giorno). Un nuovo rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sostiene che , nel mondo, più di 250 milioni di persone hanno perso il lavoro durante la pandemia: la crisi – rileva il direttore generale dell’Ilo Guy Ryder – c minaccia di produrre una "generazione perduta". Già prima del rapporto presentato nelle scorse settimane, l’ILO aveva per esempio stimato nell’ordine dei milioni i lavoratori dell’area Asia-Pacifico che, prima della pandemia avevano redditi stabili garantiti dal settore del turismo ma che, in seguito al Covid, si sono trovati a rischio di scivolare in una povertà da loro lontana.
La pandemia non sembra aver risparmiato nessun settore (il tessile, ad esempio, molto diffuso in Asia, il commercio al dettaglio, il lavoro informale) ma, nello stesso tempo, un rapporto del “Boao Forum for Asia”, organizzazione non profit con sede a Pechino e presieduta dall’ex segretario dell’Onu Ban Ki Moon, ha analizzato l’andamento delle politiche di riduzione della povertà in Asia, mettendo in luce alcuni risultati positivi.
L’Asia Poverty Reduction Report 2020 infatti prova a riassumere gli ultimi sviluppi, i risultati e le esperienze nella riduzione della povertà in Asia. Secondo il rapporto, la pandemia a è diventata l'elemento più diretto che colpisce la povertà del continente e a causa dello shock da Covid-19 e la disuguaglianza di reddito è aumentata più rapidamente rispetto all'era pre-pandemica. Visto inoltre che l'Asia sta attraversando rapide trasformazioni economiche e sociali, “la regione ha molto da migliorare nelle infrastrutture, nei servizi pubblici e nella capacità di gestione delle emergenze” mentre “i gruppi svantaggiati sono particolarmente vulnerabili all'impatto negativo degli incidenti che riguardano la sicurezza pubblica”. Il rapporto prevede che quasi la metà della popolazione che avrà a che fare con questa nuova ondata di povertà nel mondo si concentrerà nell'Asia meridionale. L'Asia in generale però rimane il maggior attore della riduzione della povertà globale.
“Grazie alla sua straordinaria crescita, la trasformazione economica e sociale dell'Asia ha anche cambiato radicalmente il panorama dell'economia globale e della gestione della povertà. Nel 2019, i tassi di incidenza della povertà dei Paesi in via di sviluppo in Asia – scrive il rapporto - erano scesi al di sotto del 3%. Se misurato da indicatori di povertà del reddito, il tasso di incidenza della povertà estrema in Asia è solo dell'1,85%. La regione sta entrando in una fase critica caratterizzata dall'eliminazione della povertà estrema e dall'apertura di una nuova era contrassegnata dalla riduzione della povertà relativa”. L'Asia comunque – conclude l’indagine - “dovrebbe guadagnare terreno nel raggiungimento del primo obiettivo dell'Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile che è proprio: Sconfiggere la povertà”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 13/02/2021)
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ASIA/LIBANO - Patriarca maronita: nel ‘Grande Digiuno' di Quaresima, chiediamo al Signore di “spazzar via” la pandemia con la forza della Resurrezione
 

Bkerké (Agenzia Fides) – Fin dall’antichità, la pratica del digiuno è servita a “esprimere pentimento” e invocare “misericordia divina durante tempi segnati da tribolazioni come malattie, epidemie, ingiustizie, persecuzioni e guerre”. Anche le circostanze del presente, così duramente segnato dagli effetti della pandemia, “spinge tutti noi a espiare i nostri peccati e i mali del mondo, e invocare Dio affinchè abbia pietà di noi e di tutta l'umanità, dicendo: ‘Vieni presto, o Signore, in nostro aiuto’ ”. E’ questo l’invito rivolto dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai a tutti i battezzati della Chiesa maronita, nella lettera-memorandum appena diffusa per riproporre le pratiche penitenziali da osservare nel tempo di Quaresima.
Nella cadenza dei tempi liturgici seguita dalla Chiesa maronita, il “Grande Digiuno” (la Quaresima) inizia quest’anno il 15 febbraio, Lunedì delle Ceneri. “I peccati” si legge nel messaggio patriarcale “si sono moltiplicati nel mondo senza alcun pentimento. Il male si va diffondendo, proprio come la pandemia da Covid-19, che dilaga in tutto il globo terrestre”, provocando la morte di un numero impressionante di persone in ogni parte del mondo.
Nel suo messaggio, il Patriarca Bechara Rai ricorda le vicende narrate nella Bibbia, in cui la pratica penitenziale del digiuno è sempre collegata a esperienze di liberazione dal giogo dell’oppressione, da pericoli o da piaghe che fanno soffrire il popolo. Il digiuno – aggiunge il cardinale libanese – “non ha di per sé un valore magico”, e raggiunge il cuore di Dio solo se esprime fede sincera e si accompagna alla preghiera sincera e alla carità verso chi è nel bisogno. “Con l'elemosina” si legge nel testo patriarcale “ripristiniamo il rapporto con i nostri fratelli e sorelle più bisognosi, restituendo loro ciò che è loro dovuto, perché ‘i beni della terra sono preparati da Dio per tutti gli uomini’ ”. Con la preghiera, riconosciamo le nostre miserie, invochiamo da Dio “il suo perdono e la sua misericordia” e chiediamo che Lui, con la sua grazia, “sostenga le nostre buone intenzioni”. La consuetudine ecclesiale – ha aggiunto il Patriarca maronita - prevede che con ciò che risparmiamo digiunando, aiutiamo i nostri fratelli e sorelle con i loro bisogni”. A questo riguardo, il Patriarca ha ringraziato “tutti coloro che prendono iniziative individuali o collettive, quelli che partecipano alle campagne promossa da Caritas-Libano, dalla Croce Rossa e da altre organizzazioni e associazioni caritative, e anche dalle parrocchie e dalle fondazioni”. Tra le indicazioni pratiche suggerite, il Patriarca ha ricordato anche la prassi di astenersi dal cibo dalla mezzanotte a mezzogiorno di tutti i giorni della Quaresima, ad eccezione dei sabati, delle domeniche e di altri giorni di festa solenne, come l’Annunciazione del Signore (25 marzo) e la festa di San Giuseppe (19 marzo). “Chiediamo a Dio, per intercessione di nostra Madre, la Vergine Maria” scrive il Patriarca maronita a conclusione della sua lettera “di accettare il nostro digiuno e di guarire coloro che sono affetti dall'epidemia da Covid-19, spazzando via questa pandemia con la forza della sua risurrezione e l'abbondanza della sua misericordia”. (GV) (Agenzia Fides 13/2/2021).
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AMERICA/BOLIVIA - Ad un anno da "Querida Amazonia" resta valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri
 
La Paz (Agenzia Fides) – Ad un anno dall'Esortazione Apostolica post-sinodale "Querida Amazonia", resta ancora valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri, dei popoli autoctoni, degli ultimi (vedi Fides 12/07/2020). Uno spazio dove viene preservata la loro ricchezza culturale, dove viene preservata la bellezza naturale e dove le comunità cristiane incarnate danno alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.
"L'Amazzonia è un insostituibile dono di Dio, considerato che è uno dei principali responsabili della regolazione del clima nel mondo; i suoi biosistemi sono una dispensa globale di acqua, cibo ed energia. Nelle condizioni attuali, con così tanti attacchi su questo territorio, si sta prendendo una rotta irreversibile. Molte informazioni scientifiche avvertono costantemente che l'equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell'Amazzonia", si legge nella pubblicazione inviata a Fides dalla REPAM.
"Querida Amazonia", continua a chiedere l'impegno di ciascuno di noi di "amazzonizarci"; termine usato per condividere con l'intera Chiesa boliviana e con l'intero pianeta i valori di una regione che ha molto da condividere, soprattutto gli insegnamenti della convivenza senza distruzione, in un rapporto reciproco che rappresenta la tanto sognata "ecologia integrale".
(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

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AMERICA/CUBA - il Ministro degli esteri celebra il V Anniversario dell'incontro tra Papa e il Patriarca di Mosca
 
L'Avana (Agenzia Fides) – "Ricordiamo il quinto Anniversario dello storico incontro all'Avana tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill. Cuba è lieta di aver ospitato questo epocale incontro", con queste parole, condivise su Twitter, il ministro cubano dei rapporti Esteri, Bruno Rodríguez, ha sottolineato la ricorrenza dell'incontro tra il Vescovo di Roma e il Primate dell'Ortodossia russa, enfatizzando l'importanza di quell'avvenimento. Il Cancelliere cubano ha definito l'evento "storico e epocale", e ha detto che la "Isla" è lieta di averlo ospitato.

Il Patriarca Kirill e Papa Francesco si sono riuniti sull'isola il 12 febbraio 2016. Si è trattato del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca di Mosca (Vedi Fides 12/02/2016).
In quell'occasione, il Papa e il Patriarca hanno firmato una dichiarazione congiunta, nella quale hanno espresso la volontà di collaborare e di fare tutto il necessario per superare le divisioni storiche ereditate.
“I cristiani di qui" riferì allora all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, commentando l'incontro tra il Papa e il Patriarca "si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire” .(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...