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ASIA/FILIPPINE - Partecipare alla vita politica della nazione e "scegliere un leader che incarni l'esempio di Gesù": l'invito dei Vescovi | |||
Manila (Agenzia Fides) - A circa nove mesi dalle elezioni generali previse nel maggio 2022, Mons. Pablo Virgilio David, Vescovo di Caloocan, da poco eletto Presidente della Conferenza episcopale delle Filippine (CBCP), incarico che diverrà esecutivo il 1° dicembre prossimo, invita gli elettori a registrarsi nelle liste elettorali per le prossime elezioni e a partecipare consapevolmente alla vita politica della nazione. “Se non sei ancora registrato, hai la possibilità di farlo ora. Questa è l'espressione più elementare della tua disponibilità a partecipare alla costruzione della nazione", afferma nell'appello inviato all'Agenzia Fides. “Vota secondo la tua coscienza. Ma per favore assicurati anche che la tua coscienza sia ben formata e ben informata” rileva il Vescovo David. Un pensiero è rivolto soprattutto ai giovani, invitati a essere presenti, a votare e ad esprimere "tutto il loro potenziale" per influenzare realmente il futuro del paese, grazie alla loro consistenza numerica. Parlando dei "voti dei giovani" si intendono gli elettori di età compresa tra 18 e 35 anni, che nelle Filippine sono circa il 37% dell'intero elettorato, in base ai dati diffusi dalla Commissione elettorale. Di conseguenza, i giovani costituiscono una grossa fetta di elettori che può influenzare notevolmente l'esito delle elezioni nazionali e locali. Le questioni-chiave affrontate in ogni elezione riguardano direttamente le problematiche e le sfide che vivono i giovani, il loro futuro impiego, i servizi di cui possono usufruire, una governance onesta e incentrata sulla trasparenza e sul bene comune, un'istruzione di qualità. Anche il Vescovo Broderick Pabillo, finora Vescovo ausiliare di Manila e da poco nominato Vicario apostolico di Taytay, ha parlato del voto del 2022 invitando gli elettori a "scegliere un leader che incarni l'esempio di leadership di Gesù Cristo". Secondo il Vescovo Pabillo, "i cristiani hanno l'opportunità di guardare a Gesù come guida nella loro ricerca di leader autentici". Guardando a Cristo Gesù, ha notato, "l'obiettivo della leadership non è conquistare il potere, ma servire, e lo ha fatto con umiltà, amore disinteressato e compassione". “Questa dovrebbe essere la base della nostra scelta dei leader e non i sondaggi e i comunicati stampa, soprattutto non i social media, invasi dai titoll”, ha affermato Mons. Pabillo. “Invece di considerare i sondaggi lasciamoci influenzare dalla Parola di Dio. Ha molto da dirci sulla leadership, anche sulla leadership politica", ha affermato. Secondo il Vicario apostolico di Taytay, "il paese ha bisogno di leader che siano vicini e commossi dalla terribile situazione della gente. Abbiamo bisogno di leader che abbiano pietà e compassione e che non dicano continuamente 'uccidi, uccidi, uccidi'. Un buon Pastore offre se stesso perché le persone, noi, la popolazione, possiamo vivere”. Per questo il Vescovo chiede agli elettori di non lasciarsi influenzare dai risultati dei tanti sondaggi pre-elettorali che, a suo dire, "sono spesso usati per condizionare la mente del pubblico". In un recente sondaggio dell'istituto "Pulse Asia", il sindaco di Davao City, Sara Duterte e suo padre, l'attuale presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, sono i potenziali candidati maggiormente apprezzati rispettivamente per la carica di Presidente e Vicepresidente, nelle elezioni del prossimo anno. In vista delle elezioni politiche, previste per il 9 maggio 2022, la Commissione Elettorale dovrebbe pubblicare entro gennaio 2022 l'elenco ufficiale dei candidati, compresi quelli in corsa per la carica di Presidente, Vicepresidente, per i seggi di 12 senatori e di 308 membri della Camera dei Rappresentanti. E' previsto inoltre il voto per 81 governatori e vice governatori, 780 seggi nei Consigli provinciali, 1.634 sindaci e vicesindaci di comuni, e sono 13.546 i seggi da assegnare nei Consigli comunali. Secondo la Costituzione delle Filippine del 1987, le elezioni generali si tengono ogni sei anni, il secondo lunedì di maggio. (SD-PA)(Agenzia Fides 21/7/2021) | |||
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ASIA/PAKISTAN - Limite di età per la conversione religiosa: il Ministero per gli affari religiosi frena | |||
Lahore (Agenzia Fides) - Il Ministero per gli affari religiosi del Pakistan non intende porre limiti di età alla conversione religiosa. Come appreso da Fides, nel corso di una recente riunione della Commissione parlamentare per i diritti delle minoranze del Senato, il Ministro per gli Affari religiosi, Noorul Haq Qadri, ha affermato di non voler sostenere un possibile limite minimo di età di 18 anni per la conversione religiosa. Se qualcuno vuole cambiare religione prima dei 18 anni, quella è una libera scelta, ha asserito, mentre per il matrimonio si tratterebbe di una questione diversa. La questione relativa al limite di età minima per il matrimonio era stata sottoposta al Consiglio per l'Ideologia Islamica, organo consultivo. Ma, come notano le organizzazioni cristiane in Pakistan, la questione è strettamente connessa alla conversione religiosa. In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, Nasir Saeed, Direttore della Ong "CLAAS" (Centre for Legal Aid Assistance & Settlement), spiega che i casi di giovani ragazze cristiane e indù costrette a convertirsi sono aumentati vertiginosamente nell'ultimo anno. E nota: “Tenere in considerazione lo scenario complessivo e considerare l'attuale impostazione di un'età minima di 18 anni per la conversione è fondamentale. Ho riscontrato personalmente almeno due dozzine di casi di conversione forzata di giovani ragazze cristiane nel Punjab, e il 90% delle ragazze ha meno di sedici anni". Secondo il Direttore di CLAAS, "spesso la polizia trasforma i casi di rapimento in casi di 'conversione religiosa' e poi, invece di intraprendere le necessarie azioni contro il rapitore, consegna un certificato di conversione ai genitori della ragazza rapita, dicendo che la ragazza si è convertita all'Islam di sua spontanea volontà, quindi essi non possono fare nulla ed è tutto legale". “In alcuni casi la polizia ha perfino detto ai genitori che dovevano essere felici perché la loro figlia si era convertita all'Islam. Anche i tribunali pakistani spesso non rendono giustizia alle vittime e alle loro famiglie poiché, invece di decidere e applicare le leggi vigenti nel paese, i casi vengono decisi sulla base della dichiarazione estorte alle ragazze rapite. I giudici ignorano completamente le leggi nazionali e internazionali e danneggiano l'intero paese". Dato questo scenario, "è opportuno e urgente che il governo agisca in base alle raccomandazioni della Commissione parlamentare sui diritti delle minoranze del Senato, fissando a 18 anni l'età minima per una conversione religiosa", nota Nasir Saeed. Secondo i leader cristiani della società civile in Pakistan, un provvedimento che limiti l'età della conversione religiosa a 18 anni può risultare utile ad arginare il fenomeno del rapimento, conversione e matrimonio delle ragazze cristiane e indù. Ma la via migliore per risolvere la questione alla radice, si afferma, è frenare i matrimoni forzati garantendo l'applicazione di un'età minima di 18 anni per il matrimonio, secondo la legge sulla protezione delle donne. (PA) (Agenzia Fides 21/7/2021) | |||
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ASIA/IRAQ - Incontri ecumenici per rilanciare il Consiglio dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese presenti in Iraq | |||
Erbil (Agenzia Fides) – Una delegazione della Chiesa caldea, guidata dal Patriarca e Cardinale Louis Raphael Sako, ha realizzato a Erbil una serie di incontri con rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Iraq, nel tentativo di avviare un processo volto a riqualificare e rilanciare strumenti di contatto e organismi ecumenici “congelati” da anni in uno stato di sostanziale inerzia. Il Patriarca Sako, con alcuni suoi collaboratori, ha incontrato tra gli altri Mor Nicodemus Daoud Matti Sharaf, Arcivescovo siro ortodosso di Mosul, l’Arcivescovo Nathanael Nizar Samaan, alla guida della diocesi siro cattolica di Hadiab (Kurdistan iracheno) e rappresentanti della Chiesa Assira d’Oriente. Negli incontri – riferiscono le fonti accreditate del Patriarcato caldeo – gli esponenti delle diverse Chiese si sono soffermati in particolare sulla necessità di trovare nuove vie di cooperazione fraterna, alla luce delle tante emergenze che affliggono il popolo iracheno e rappresentano il contesto reale in cui le comunità ecclesiali sono chiamate a confessare la stessa fede in Cristo. Gli incontri hanno rappresentato un primo passo del processo volto a rilanciare il ruolo del Concilio dei Capi delle Chiese presenti in Iraq, organismo ecumenico costituitosi a partire dal 2006, che negli ultimi anni è entrato in una fase di sostanziale afasia e latitanza. A giugno, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 18/6/2021), il Patriarca Sako aveva pubblicato un intervento centrato sulle relazioni ecumeniche in cui sottolineava tra l’altro che il cammino per ricomporre la piena unità tra Chiese e comunità ecclesiali “non è così facile come qualcuno immagina”. In quel testo, il Porporato iracheno riconosceva che la questione del cammino per ricomporre la piena unità sacramentale tra i battezzati rappresenta una “questione complessa” che non può essere trattata con supponenza o sentimentalismo. Le Chiese e le comunità ecclesiali - riconosceva il Patriarca – non possono essere unificate in maniera forzosa, e non possono nemmeno essere spogliate delle loro singole identità “per decreto”, perché “la Chiesa non è una mera entità amministrativa”, ma una realtà intimamente connotata dalla sua propria, inconfondibile natura spirituale. Il modello storico e ideale a cui guardare – sottolineava Sako, proseguendo la sua riflessione – rimane quello della Chiesa nascente, raccontato negli Atti degli Apostoli. In quell’inizio – faceva notare il Cardinale iracheno – l’unità dei battezzati era non un obiettivo ideale da raggiungere attraverso sforzi e stratagemmi umani, ma fioriva come effetto gratuito della fede e della carità che animavano i cuori raggiunti dalla grazia di Cristo. Nel suo intervento, il Patriarca caldeo aveva anche deplorato l’immobilismo che, a suo giudizio, connota gli organismi ecumenici e i contatti inter-ecclesiali nel suo Paese, chiamando in causa proprio la stagione di appannamento attraversata negli ultimi anni dal Consiglio dei patriarchi e dei capi delle Chiese in Iraq, resa evidente anche dal paragone con la vivacità operativa di organismi analoghi presenti in Egitto, Giordania e Libano. (GV) (Agenzia Fides 21/7/2021) | |||
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AMERICA/HAITI - Un missionario a Fides: “Il popolo haitiano deve riprendere la sua dignità di popolo” | |||
Madrid (Agenzia Fides) - Padre Miguel de Haro, missionario redentorista spagnolo alla guida di una piccola Ong che gestisce alcuni progetti ad Haiti, in attesa di rientrare nell’isola caraibica dove risiede, in seguito alle vicende legate all'assassinio del presidente Moïse. In questo periodo era impegnato a costruire una piccola dispensa sociale a Les Anglais, nel sud del paese, e per questo scopo sta raccogliendo il materiale necessario, per poterlo portare ad Haiti. In un colloquio con l’Agenzia Fides, padre Miguel descrive la situazione nel paese caraibico, che conosce da tempo. "La gente vive nella paura, secondo le informazioni che mi arrivano da Haiti, perché nell'isola sono continuati gli omicidi anche nella capitale, Port au Prince. Le bande armate agiscono per creare e provocare paura, e ci riescono. Questo spinge al caos sociale e politico con il rischio dell'anarchia – racconta a Fides -. Dinanzi a questo scenario, gli Organismi Internazionali, come ONU, OEA, UE, premono per ottenere un consenso, un accordo politico, fra i partiti e le istituzioni. Concretamente fra Claude Joseph e il nuovo candidato alla Presidenza, Ariel Henry. Secondo le ultime notizie, quest’ultimo ha avuto il riconoscimento di Joseph per guidare il paese, questo aiuta a creare un clima più tranquillo anche per i funerali del Presidente Moïse, il prossimo 23 luglio. Si tratta di un importante passo avanti per la ricostruzione del paese, ma non rappresenta certo la soluzione”. Per il missionario la soluzione non può essere rappresentata dalle elezioni gestite, come in passato, dai soliti gruppi politici che ormai mancano di credibilità. “Non basta fare le elezioni tanto per farle – sottolinea -, bisogna che tutta la popolazione abbia un documento valido per poter svolgere elezioni chiare e giuste. Non bisogna nemmeno chiedere l'intervento degli organismi internazionali per controllare lo svolgimento del voto, ma bisogna fare un lavoro previo. Bisogna dare fiducia al popolo, perché ogni haitiano riesca ad avere un documento e possa partecipare realmente al voto”. Come secondo punto, padre Miguel ritiene necessario verificare che i candidati non abbiano contatti con il narcotraffico o con qualsiasi tipo di corruzione. “Qui, penso, potrebbe partecipare direttamente la Chiesa, segnalando candidati giovani e non corrotti, per riuscire così a fare un cambio generazionale dei leader della politica haitiana. Bisogna proporre candidati con senso etico, con qualità umane, che siano formati per proporre la trasformazione necessaria al paese. Solo così la gente potrà ritrovare la fiducia e andare a votare, e le elezioni saranno realmente rappresentative”. Riguardo alla situazione attuale, il missionario ribadisce che “è molto difficile, non c'è stabilità economica e neanche sicurezza. Bisogna cambiare l'idea che l'unica via di uscita sia la violenza, piuttosto occorre proporre il dialogo, il rispetto, la solidarietà. Il popolo haitiano deve riprendere la sua dignità di popolo. Una proposta che ritengo potrebbe dare fiducia al popolo e sarebbe parte della soluzione, è fare dei controlli sui soldi che riceve qualsiasi organismo per aiutare Haiti. Tante donazioni infatti sono sparite o perché è intervenuto lo stato o perché non è stato realizzato quanto promesso. E’ necessario che questi controlli siano pubblici e trasparenti.” Su questo argomento padre Miguel ribadisce l’importanza di controllare e di rendere conto del denaro investito in modo pubblico, senza considerare se la Ong in esame sia sponsorizzata da personaggi famosi o politici in vista. “In questo ambito – prosegue - potrebbe essere di aiuto la Chiesa, che come istituzione ha il riconoscimento del popolo, quindi potrebbe chiedere di fare i controlli. Non interessa perdere eventuali privilegi o presentarsi come una realtà scomoda, ma sarebbe un modo di fare missione, riconoscere cioè che non bastano le parole ma occorrono i fatti”. Ci sono tante voci in circolazione sui politici haitiani, secondo cui questi hanno rapporti con il crimine organizzato, direttamente o in modo indiretto. “Fino a quando questa situazione continua, non ci sarà un futuro diverso per il popolo” sottolinea il missionario, che auspica: “la Chiesa dovrebbe parlare in modo profetico e dire ad alta voce ai politici di non giocare con la fame dei poveri, perché sono loro a pagare le conseguenze della fame e della disperazione”. “Ho fiducia nei giovani haitiani – conclude padre Miguel - che amano il loro Paese e vogliono un futuro diverso, più etico e più solidale per tutti coloro che da troppo tempo subiscono l'arroganza di una minoranza”. (CE) (Agenzia Fides 21/07/2021) | |||
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AMERICA/VENEZUELA - Inizia la missione evangelizzatrice della Diocesi di San Cristobal nel Vicariato apostolico di Caroni | |||
San Cristobal (Agenzia Fides) – Ieri, 20 luglio, è stato reso pubblico il decreto con cui la Santa Sede, attraverso la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, affida il Vicariato apostolico di Caroní alle cure pastorali della Diocesi di San Cristóbal, in Venezuela. Il Vicariato apostolico, che comprende lo stato venezuelano di Bolívar, è stato eretto il 4 marzo 1922 da Papa Pio XI. Il 30 luglio 1954 ha ceduto una parte del suo territorio per l'erezione del Vicariato apostolico di Tucupita. Sede del Vicariato di Caroni è la città di Santa Elena de Uairén, dove si trova la Cattedrale dedicata a Sant'Elena. Secondo le notizie pervenute all’Agenzia Fides dalla diocesi venezuelana, ieri mattina l'aereo con destinazione Santa Elena de Uairén, è decollato dal suolo tachirense, con a bordo il nuovo Vicario apostolico, Monsignor Gonzalo Ontiveros, e tre sacerdoti che lo accompagneranno nella missione: Hugo Ochoa, Javier Parra e José Luis Pereira. Monsignor Mario Moronta, Vescovo di San Cristóbal, ha annunciato che nei prossimi mesi invierà seminaristi e laici impegnati, oltre all'aiuto materiale che è già stato raccolto dai fedeli della diocesi. Il Vicariato Apostolico di Caroní era affidato all'ordine dei Frati Minori Cappuccini, che hanno svolto un lungo e diligente ministero pastorale in quel territorio, ma a causa della carenza di vocazioni missionarie hanno dovuto lasciare l’incarico. Il Vicariato apostolico ha una popolazione di 91.100 abitanti di cui 57.700 cattolici. Ci sono 6 parrocchie, 2 sacerdoti diocesani e 6 religiosi, 4 religiosi non sacerdoti e 3 suore. Mons. Gonzalo Alfredo Ontiveros Vivas è stato nominato Vicario apostolico di Caroni da Papa Francesco il 28 aprile 2021. E’ nato il 5 dicembre 1968 a El Valle Capacho, nella Diocesi di San Cristóbal de Venezuela. E’ stato ordinato sacerdote il 14 agosto 1993 e Vescovo il 26 giugno 2021. Era Cappellano militare e Vice coordinatore del team responsabile della preparazione per il Centenario della Diocesi (vedi Fides 28/4/2021). |
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