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mercoledì 19 ottobre 2022

1,5 milioni di tonnellate l'anno

(ANSA) - TRIESTE, 18 OTT - Trasteel, il gruppo di trading e industriale nel settore siderurgico con sede a Lugano (Svizzera), del quale è azionista di riferimento il gruppo Fratelli Cosulich (Trieste), ha acquisito il Gruppo Profilmec (Torino), uno dei principali produttori italiani di tubi in acciai, con oltre 400 dipendenti.

Lo si apprende dal quotidiano Il Piccolo di Trieste.


    Tra gli stabilimenti produttivi di Profilmec, quelli di Racconigi (Torino) e Sesto al Reghena (Pordenone), con una superficie totale di produzione di 450.000 mq e una capacità produttiva di 350.000 tonnellate annue.
    L'operazione, riferisce il Piccolo, ha una matrice triestina, coinvolgendo "da un lato la Fratelli Cosulich guidata da Augusto Cosulich (1,5 mld di fatturato), dall'altro la Transteel di proprietà di Giuseppe Mannina, che vede nel ruolo di amministratore delegato Gianfranco Imperato, con un passato a Trieste in Steeltubi, uno tra i maggiori trader nel comparto dei tubi di acciaio". Trasteel conta 9 stabilimenti industriali in Europa, Medio Oriente e Asia Pacifico, e uno degli stabilimenti principali è quello di San Giorgio di Nogaro (Udine), le Officine Tecnosider, con il partner di minoranza Varomet (trader svizzero) con un fatturato annuo di 1,3 miliardi di dollari.
    "Siamo molto orgogliosi di aver acquisito il controllo di un marchio storico del business europeo dei tubi", ha commentato sulle pagine del quotidiano di Trieste il Ceo Imperato, "portando il nostro tonnellaggio complessivo scambiato e trasformato a oltre 1,5 milioni di tonnellate l'anno".
    L'acquisizione è stata finanziata da un pool di banche composto da Crédit Agricole Italia, UniCredit, Bnl-Bnp Paribas e Mps Capital Services. (ANSA).

venerdì 19 giugno 2015

L'enciclica Laudato si' secondo le ACLI

Laudato Si', Bottalico: la lotta alla povertà salva l'ambiente



Laudato Si', Bottalico: la lotta alla povertà salva l'ambiente

«Lotta alla povertà e cura della natura sono due aspetti inscindibili dello stesso problema». Così Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, commenta la pubblicazione dell'enciclica di Papa Francesco Laudato Si'. «Quello indicato dal Pontefice è un approccio che chiama in causa tutti a cambiare gli stili di vita, le Associazioni a formare le coscienze alla ricerca della giustizia sociale e del rispetto dell'ambiente.
L'enciclica – prosegue Bottalico - rivolge un messaggio chiarissimo all'umanità: di fronte al deterioramento ambientale del pianeta vanno ripensati i criteri obsoleti, di epoche passate che continuano a governare il mondo. La politica deve recuperare la sua capacità di guida rispetto ai poteri economico-finanziari transnazionali, in funzione del bene comune per una ecologia integrale, ambientale e sociale. Questo cambiamento esige di mettere in discussione la cultura dominante preoccupata solo della massimizzazione del profitto.
L'enciclica evidenzia il pericoloso intreccio tra tecnocrazia e grandi poteri economici che usano la conoscenza come strumento di potere al servizio del profitto di pochi anziché per lo sviluppo di tutta l'umanità. Molto lucida e coraggiosa la denuncia della non neutralità delle direzioni in cui si sviluppano la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche, in un'epoca in cui queste sono più finanziate da interessi privati che dagli Stati. I prodotti della tecnica finiscono così per influenzare gli stili di vita nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere.
Di fronte a ciò – conclude Bottalico – serve quella rivoluzione culturale, invocata da Papa Francesco, che è indispensabile per il futuro del nostro pianeta e che possiamo contribuire a costruire dal basso e che pertanto, per una associazione popolare e d'ispirazione cristiana come le Acli, costituisce una priorità della nostra formazione».


Leggi di più su: http://www.acli.it/le-notizie/news-nazionali/10015-laudato-si-bottalico-la-lotta-alla-poverta-salva-l-ambiente#ixzz3dWDE2rnr
Fonte: www.acli.it 

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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