ASIA/TERRA SANTA - La Corte Suprema d’Israele respinge definitivamente il ricorso del Patriarcato ortodosso sugli immobili acquisiti da Ateret Cohanim |
Gerusalemme (Agenzia Fides) – La Corte Suprema d’Israele ha posto fine in via definitiva alle annose battaglie legali intentate dal Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme per annullare l’acquisizione, da parte dell’organizzazione ebraica radicale Ateret Cohanim, di tre prestigiosi immobili situati nella Città Vecchia di Gerusalemme, immobili un tempo appartenenti al Patriarcato e situati nella Città Vecchia di Gerusalemme. Il rilevante pronunciamento del supremo organismo giudiziario israeliano, avvenuto mercoledì 8 giugno, ha confermato la sentenza precedentemente disposta da una Corte di grado inferiore, che si era già pronunziata sulla inconsistenza delle prove e degli argomenti giuridici a base dell’azione legale intentata dal Patriarcato greco-ortodosso. I giudici Daphne Barak Erez, David Mintz e Shaul Shohat – riportano i media israeliani - hanno affermato di non aver trovato "nessun errore" nella precedente sentenza emessa dal tribunale distrettuale di Gerusalemme, che nel 2020 aveva respinto una richiesta del Patriarcato greco ortodosso di riaprire il caso sulla base di nuove prove attestanti – a giudizio dei delegali del Patriarcato, il "comportamento delinquente, che include l'estorsione e la frode” messo in atto da Ateret Cohanim per entrare in possesso degli immobili contesi. L’organizzazione Ateret Cohanim è stata più volte coinvolta in controverse acquisizioni di beni immobiliare registrate negli ultimi decenni a Gerusalemme Est, in particolare nel quartiere cristiano della Città Vecchia. “Stiamo parlando” ha dichiarato alle agenzie internazionali Asaad Mazawi, Avvocato del Patriarcato greco ortodosso, “di un gruppo di estremisti che vogliono sottrarre le proprietà alle Chiese, vogliono cambiare il carattere della Città Vecchia e vogliono invadere le aree cristiane”. In una dichiarazione diffusa dopo la sentenza della Corte Suprema, il Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme ha confermato l’intenzione di continuare a sostenere i dipendenti palestinesi che ancora si trovano all’interno degli immobili contesi, richiamando l’urgenza di contrastare la "politica razzista e l'agenda dell'estrema destra in Israele". Secondo quanto riportato dai media israeliani, Ateret Cohanim si sta preparando a sfrattare gli inquilini presenti nelle proprietà contese. Due dei tre edifici in questione, l’Hotel “Petra” e l’Hotel “Imperial”, si trovano nei pressi della Porta di Giaffa, considerata l’entrata più diretta per accedere al quartiere cristiano della Città Vecchia di Gerusalemme. La terza proprietà, sempre situata nel quartiere cristiano, è nota come “Muzamiya House”. La vendita dei tre immobili, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 26/6/2020), era avvenuta nel 2004, e la notizia della cessione aveva provocato proteste e malumori in seno alla comunità cristiana greco ortodossa, culminati con la deposizione del Patriarca Ireneo I da parte del Santo Sinodo con l’accusa di alienazione indebita di immobili del Patriarcato. Nell’agosto 2017 la Corte distrettuale di Gerusalemme aveva già respinto le iniziative legali con cui il Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme aveva tentato di far riconoscere come “illegali” e “non autorizzate” le acquisizioni dei tre immobili contesi da parte di Ateret Cohanim. Dopo quella sentenza, i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme avevano firmato un documento congiunto (vedi Fides 5/9/2017) in cui denunciavano il “tentativo sistematico per minare l'integrità della Città Santa” e “per indebolire la presenza cristiana in Terra Santa”. Un progetto che, a giudizio dei Capi delle Chiese di Gerusalemme, si manifestava anche nelle “violazioni dello Status Quo” dei Luoghi Santi. Nel loro documento congiunto, firmato anche da Theophilos III, Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, e dall'Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa,a quel tempo Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, si esprimeva ferma opposizione a “qualsiasi azione” messa in atto da “qualsiasi autorità o gruppo” che abbia l'effetto di violare e minare “leggi, accordi e regolamenti che hanno disciplinato la nostra vita per secoli”. Il Patriarcato ortodosso di Gerusalemme aveva presentato ricorso contro la sentenza del 2017 presso la Corte suprema d’Israele, che il 10 giugno 2019 aveva confermato la regolarità del passaggio di proprietà degli immobili, legittimamente acquistati da intermediari stranieri che agivano per conto di Ateret Cohanim. Poi, nel dicembre 2019, il contenzioso legale si era riaperto, dopo che un giudice del Tribunale distrettuale di Gerusalemme aveva messo in discussione il precedente pronunciamento della Corte suprema, aprendo di fatto alla possibilità di dare inizio a un nuovo processo sulla controversa questione. Adesso, l’ennesimo pronunciamento della Corte Suprema d’Israele sembra segnare la fine definitiva del braccio di ferro intorno agli immobili contesi della Città Vecchia di Gerusalemme. (GV) (Agenzia Fides 10/6/2022) |
Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
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venerdì 10 giugno 2022
La Corte Suprema d’Israele respinge definitivamente il ricorso del Patriarcato ortodosso sugli immobili acquisiti da Ateret Cohanim
martedì 27 febbraio 2018
ASIA/ISRAELE - Santo Sepolcro chiuso per il terzo giorno. Anche la Lega Araba contro le tasse sui beni ecclesiastici
Gerusalemme (Agenzia Fides) – Anche oggi, martedì 27 febbraio, il portone della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme è rimasto chiuso alle visite di pellegrini e turisti che visitano la Città Santa. Molti gruppi di fedeli – riferiscono fonti locali consultate dall'Agenzia Fides – fanno soste nello spiazzo davanti alla Basilica e recitano preghiere appoggiandosi anche alle mura esterne e al portone della Basilica. La “serrata” del Santo Sepolcro è stata decisa dai responsabili delle tre realtà ecclesiali – Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme, Patriarcato armeno apostolico di Gerusalemme e Custodia francescana di Terrasanta – che condividono la gestione della Basilica, come misura di denuncia pubblica contro quella che considerano una “sistematica campagna contro le Chiese e la comunità cristiana in Terra Santa, in flagrante violazione dello 'Status Quo'”, messa in atto dalle autorità israeliane. Una campagna che a giudizio dei Capi delle Chiese di Gerusalemme ha raggiunto “livelli senza precedenti” con la richiesta della municipalità di Gerusalemme di riscuotere tasse su beni ecclesiastici, disponendo anche il blocco dei conti correnti delle diverse realtà ecclesiali per spingerle a pagare gli arretrati. Nella giornata di lunedì 26 febbraio, anche Saeed Abu Ali, vice Segretario generale della Lega Araba per la Palestina e i territori arabi occupati, ha condannato l'imposizione di tasse su beni ecclesiastici disposta dalle autorità israeliane, bollandola come “una ennesima aggressione contro il popolo palestinese”, messa in atto per consolidare “l'occupazione della Città Santa”, e che ha anche l'effetto di svuotare gli accordi già firmati e le trattative ancora in corso tra Israele e Santa Sede. (GV) (Agenzia Fides 27/2/2018). |
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