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martedì 22 agosto 2023

Agenzia Fides 22 agosto 2023

 

AFRICA/NIGER - Ancora stallo diplomatico ma si moltiplicano i “no” dei Vescovi africani all’intervento militare
 
Niamey (Agenzia Fides) - La Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS), ha respinto la proposta della giunta militare del Niger di tenere elezioni entro tre anni. Prosegue dunque il braccio di ferro tra i golpisti nigerini che hanno preso il potere il 26 luglio e alcuni degli Stati aderenti alla CEDEAO/ECOWAS che potrebbero decidere per un intervento militare per riportare al potere il Presidente Mohamed Bazoum. Mali, Burkina Faso e Guinea, Stati aderenti alla Comunità ma sospesi perché governati da giunte golpiste, hanno dichiarato solidarietà ai putschisti nigerini, mentre all’interno degli stessi Paesi che hanno minacciato un intervento militare si levano le voci di chi chiede di risolvere la crisi con il dialogo e non con la forza.
In Nigeria i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Ibadan al termine della loro Assemblea hanno rivolto un appello al Presidente nigeriano Bola Tinubu (uno dei maggiori sostenitori dell’operazione militare) ricordando che “ l’intervento militare proposto dai leader della ECOWAS per ripristinare la democrazia in Niger è molto impopolare in Nigeria”. “I nigeriani sono favorevoli alla negoziazione e ad altri mezzi non militari, e il presidente Bola Tinubu, che è innanzitutto presidente della Nigeria, deve ascoltare i nigeriani prima di chiunque altro” affermano i Vescovi. “Chiediamo quindi al Presidente e all’Assemblea nazionale di evitare di coinvolgere la Nigeria nel conflitto armato in Niger poiché abbiamo già tante sfide da affrontare come nazione”.
In Benin la locale Conferenza Episcopale ha chiesto che siano tolte le sanzioni economiche decretate contro il Niger dopo il golpe dalla CEDEAO/ECOWAS, definite “di una durezza inedita” che colpiscono “una popolazione già in forte sofferenza a causa del dramma della povertà e della miseria”. I Vescovi del Benin chiedono di togliere le sanzioni o quantomeno una loro revisione “in nome dell’etica, della solidarietà africana e della nostra comune umanità”, e auspicano di risolvere la crisi per via diplomatica. A tal fine il 15 agosto in occasione della celebrazione della Solennità dell'Assunzione della Vergine Maria, Regina della Pace, i Vescovi hanno esortato i sacerdoti a celebrare in tutte le parrocchie la Messa per la pace in Niger e nella sub-regione,. Inoltre, il 18 agosto 2023, tutti i fedeli cattolici e le persone di buona volontà sono stati chiamati a osservare una giornata di digiuno e preghiera per la stessa intenzione.
Anche in Togo la Conferenza Episcopale si è espressa per la revoca delle sanzioni al Niger e la prosecuzione del dialogo.
In precedenza si erano espresse a favore del dialogo e a scapito dell’intervento militare le Conferenze Episcopali della Nigeria e di Niger e Burkina Faso (vedi Fides 7/8/2023) e la Conferenza episcopale regionale dell'Africa occidentale (RECOWA/CERAO, vedi Fides 10/8/2023). (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - “Giustizia e Pace” avvia un'azione collettiva a favore dei minatori colpiti da malattie legate all’estrazione del carbone
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – “Molto spesso i lavoratori non hanno i mezzi per fare ricorso legale nei confronti delle grandi aziende che hanno enormi risorse a loro disposizione” afferma il Cardinale eletto Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo, nel spiegare perché la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica dell'Africa meridionale (SACBC), ha intentato un'azione legale contro alcune società minerarie.
Il ricorso presentato presso l'Alta Corte del Sud Africa, Divisione locale di Gauteng, mira a risarcire i minatori che hanno contratto la malattia polmonare dovuta alla polvere di carbone sotto forma di pneumoconiosi e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Oltre ai lavoratori ancora in servizio la causa è portata avanti a beneficio di quelli in pensione o che si sono dimessi e dei familiari dei minatori morti per le malattia causate dalla polvere di carbone.
“Molto spesso gli ex lavoratori delle miniere non sono più membri dei sindacati e, quindi, non hanno i mezzi e la capacità di ricorrere legalmente contro le grandi aziende responsabili delle loro malattie polmonari” sottolinea l’Arcivescovo di Città del Capo. “Spetta quindi alla Chiesa prestare assistenza, dove possibile, affinché i diritti dei più vulnerabili siano rispettati e affinché possano accedere al risarcimento loro dovuto per legge. Molte aziende sono disponibili a risolvere tali casi, ma in alcuni casi è necessaria un’azione legale”.
“La polvere delle miniere di carbone può causare ai minatori lo sviluppo di malattie polmonari tra cui pneumoconiosi e BPCO… Nonostante conoscessero i rischi per i minatori, gli associati dell’industria mineraria del carbone non sono riusciti a fornire ai propri lavoratori formazione, attrezzature, e un ambiente di lavoro sicuro” afferma il ricorso collettivo che se accolto potrebbe aprire la strada ad altre azioni legali da parte di minatori colpiti da malattie legate al carbone.
Il carbone è un pilastro dell’economia del Sudafrica, dà lavoro a quasi 100.000 persone e rappresenta l’80% della produzione di elettricità. (L.M.) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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ASIA/PAKISTAN - L'Arcivescovo di Lahore, capi musulmani e il Primo Ministro del Pakistan visitano le famiglie cristiane colpite dalla violenza
 
Faisalabad (Agenzia Fides) - In momenti di sofferenza il contatto umano, un abbraccio, un sorriso e parole di consolazione hanno un valore altissimo. Con questa convinzione l’Arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw si è recato a Jaranwala, città del Punjab pakistano dove il 16 agosto è avvenuta l'ondata di violenza sui cristiani, a causa di una presunta accusa blasfemia. L’Arcivescovo ha visitato le famiglie, ha pregato con loro, ha ascoltato e consolato. Dopo che ne giorni scorsi sono stati sui luoghi il Vescovo di Faisalabad, mons. Indrias Rehmat - che ha celebrato la messa nel quartiere devastato (vedi Fides 2178/2023) - e la delegazione della Commissione episcopale “Giustizia e pace”, guidata da Mons. Joseph Arshad, anche l’Arcivescovo Shaw ha voluto recarsi in loco per prendere visione personalmente della situazione, ha voluto portare la sua solidarietà, incontrare le famiglie di sfollati, fermarsi con loro e ascoltare le loro esigenze, leggere Vangelo insieme con loro, per trarre dalla Parola di Dio conforto e speranza. La visita ha avuto un tratto particolare e un segno speciale: l'Arcivescovo è giunto in compagnia di alcuni leader musulmani che, fin dall'inizio, hanno condannato la violenza e hanno voluto esserci per offrire la loro solidarietà e la loro comune preghiera.
"Quello che abbiamo visto è devastazione terribile, ci ha suscitato emozione e commozione. Le persone sono scioccate e disperate, senza più nulla. Sta a noi portare un briciolo di consolazione, facendoci testimoni dell'amore di Gesù. C'è bisogno di vicinanza umana, di assistenza psicologica e materiale, e stiamo organizzando tutti gli aiuti possibili tramite la Caritas e anche grazie a volontari e a diverse congregazioni religiose. Ho detto ai cristiani che non sono soli in questa sofferenza, Gesù è accanto a loro e noi siamo con loro, ci interessiamo e ci prenderemo cura di loro", ha rimarcato mons. Shaw.
La comunità di Jaranwala, in una assemblea di fedeli di diverse confessioni e di cittadini musulmani, ha accolto anche la visita di Anwar ul Haq, Primo Ministro ad interim del Pakistan. Come segno di attenzione delle istituzioni, il Primo Ministro ha voluto portare di persona, a nome del governo federale, solidarietà alle vittime. In un discorso cui i mass-media pakistani hanno dato ampia diffusione, Anwar ul Haq ha ricordato che “la comunità cristiana ha avuto un ruolo importante nella creazione de Pakistan" ed è parte integrante della nazione, aggiungendo che “è responsabilità di ogni musulmano proteggere le comunità minoritarie”.
Il Primo Ministro ha aggiunto: “Non stiamo perseguendo i nemici delle minoranze solo per obbligo, ma per convinzione. Come seguaci del fondatore della patria Ali Jinnah e come seguaci del Profeta Maometto, agiamo secondo la legge e la Costituzione del Pakistan, che ci incoraggia e ci obbliga a rispondere a questa atrocità. Non daremo un facile condono ai persecutori. Se qualcuno perseguita una qualsiasi comunità, la giustizia lo raggiungerà”. “Fratelli e sorelle – ha detto il Primo Ministro rivolgendosi ai cristiani – siamo con voi, saremo la voce dei senza voce. Faremo rispettare la legge e troverete lo stato e la società accanto a voi non solo verbalmente, ma con gesti tangibili e significativi”. Anwar ul Haq ha quindi distribuito assegni per 2 milioni di rupie ciascuno ai cristiani cristiana le cui case sono state distrutte durante le violenze.
Sul piano del dialogo interreligioso, considerato una via importante per rafforzare le relazioni e costruire una cultura della pace e della convivenza, l'associazione internazionale "Religions for Peace" ha rivolto un appello a “partner ecumenici e interreligiosi in tutto il mondo per dire ‘no’ a ogni forma di violenza e oppressione, e continuare la pregare e a costruire la giustizia e la pace in Pakistan”.
Anche tra i pakistani in diaspora, è forte la solidarietà verso le comunità cristiane colpite: "Questo incidente scioccante ha scosso i cuori delle persone in tutto il mondo, evidenziando l’urgente necessità di unità, comprensione e tolleranza religiosa", rimarca l'associazione “Voice of The Voiceless international” (VOV) , formata da pakistani all’estero. "In questo momento di dolore e angoscia, esprimiamo la nostra più profonda vicinanza alla comunità cristiana pakistana. Ci appelliamo a tutti gli individui, le comunità internazionali e i leader perchè ci si schieri uniti contro l’odio, la violenza e l’intolleranza e perchè si possa promuovere e vivere in Pakistan in un ambiente in cui tutte le fedi siano rispettate e valorizzate".
(PA) (Agenzia Fides 22/8/2023)
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martedì 9 maggio 2023

Apolidi del Sudafrica, Tregua di 7 giorni nel Sudan 8 maggio 2023

 

AFRICA/SUDAN - Nuova intesa per una tregua di 7 giorni: popolazione allo stremo e la capitale continua ad essere assediata
 
Gedda (Agenzia Fides) – Non c’è tregua per la popolazione sudanese da quando il 15 aprile passato sono iniziati scontri armati tra l’esercito regolare del generale Abdel Fattah al-Burhan e i paramilitari delle Forze di intervento rapido (RSF) del generale Mohamed Hamdan Dagalo (vedi Agenzia Fides 19/4/2023). Secondo le stime, dall'inizio del conflitto sono state uccise almeno 700 persone. E’ recente la notizia che, dopo svariati accordi di cessate il fuoco (vedi Agenzia Fides 21/4/2023), il ministero degli Esteri del Sud Sudan ha dichiarato che è stato raggiunto un accordo in linea di principio su una tregua di sette giorni. L’incontro tra rappresentanti delle parti militari in lotta si è tenuto a Gedda, in Arabia Saudita, mentre i ministri degli esteri arabi erano riuniti Al Cairo in una riunione d'emergenza dell'organizzazione inter-araba dedicata alla crisi in Sudan. Tuttavia, nonostante il nuovo cessate il fuoco, previsto dal 4 all’11 maggio, continuano gli attacchi militari e Khartoum continua ad essere assediata.
Le trattative di Gedda proseguono e, secondo i due generali golpisti, servirebbero soltanto a garantire i corridoi umanitari per l’evacuazione degli stranieri e dei civili sudanesi bloccati nei campi di battaglia e per far arrivare gli aiuti internazionali. La situazione è drammatica, la stampa locale riporta assalti quotidiani contro abitazioni e negozi e irruzioni di uomini armati nelle banche.
Secondo il comitato dei medici, tutti gli ospedali della capitale sono fuori servizio per mancanza di materiali e di medicine. I medici sono costretti ad operare senza anestesia usando acqua e sale come disinfettante delle ferite. Si teme che il proseguimento della crisi rischierebbe di portare il paese allo smembramento in tanti piccoli stati, in perenne lotta, così come avvenne per il Sud Sudan.
(AP) (Agenzia Fides 8/5/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - I casi di bambini apolidi: una ferita aperta ma nascosta in Africa australe
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – Sono più di 642.000 i bambini migranti o sfollati che vivono in Sudafrica Secondo gli ultimi dati dell'UNICEF, in questa arida cifra sono compresi rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta o contrabbando e minori migranti non accompagnati e separati.
Tra questi vi sono diversi minori apolidi che non godono quindi di alcuna protezione da parte di uno Stato. Il problema è stato di recente affrontato dal Gruppo di lavoro su migrazione e tratta di esseri umani della Commissione Giustizia, pace e sviluppo del Simposio delle Conferenze episcopali d'Africa e Madagascar (SECAM). Rivolgendosi al Convegno Mons. Buti Joseph Tlhagale, Arcivescovo di Johannesburg ha sottolineato come “i conflitti prolungati nei Paesi africani sono la causa della presenza di tanti bambini apolidi”.
L’Arcivescovo di Johannesburg ha indicato nella tratta di esseri umani e nelle migrazioni forzate a causa del cambiamento climatico come altri fattori che contribuiscono all'aumento dei bambini apolidi in Africa. “Il cambiamento climatico spesso costringe le famiglie a trasferirsi, alla ricerca di migliori opportunità, si viene così a creare un numero enorme di apolidi”.
Mons. Tlhagale ha sottolineato che “in alcuni casi, i bambini vittime di tratta rimangono apolidi e diventano adulti senza avere documenti adeguati”; una condizione che viene poi trasmessa ai loro figli, incrementando il numero di apolidi nel proprio Paese di nascita. Questo è dovuto al fatto che spesso i governi africani non provvedono “a registrare i bambini alla nascita; lo Stato non ha ritenuto suo dovere garantire che i bambini siano registrati una volta venuti al mondo. La nascita dei bambini non è sempre registrata perché le persone non conoscono le procedure per la registrazione dei bambini, soprattutto nelle zone rurali. E soprattutto perché il governo non ha messo in atto tutele che assicurino che i bambini siano registrati alla venuta al mondo” ha sottolineato.
Vi sono lacune sulle leggi sudafricane sulla cittadinanza che non danno protezione ai bambini trovati abbandonati nel territorio di uno Stato. La maggior parte della legislazione della regione, compresa quella del Sudafrica, non garantisce a questi bambini il diritto alla nazionalità, esponendoli così a una vita di dolore ed esclusione.
Mons. Tlhagale è un sostenitore della campagna #IBelong. Lanciata nel novembre 2014 dall’ UNHCR la campagna #IBelong mira a porre fine all'apolidia entro dieci anni, identificando e proteggendo gli apolidi, risolvendo le situazioni esistenti di apolidia e prevenendo l'insorgenza di nuovi casi.
Mons. Tlhagale ha infine ricordato l’essenziale opera di assistenza a rifugiati e migranti condotta in Sudafrica dai alcuni ordini religiosi. In particolare “le Suore Missionarie Scalabriniane e le Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa accolgono un buon numero di bambini e ragazzi apolidi”. (L.M.) (Agenzia Fides 8/5/2023)

venerdì 9 settembre 2022

Da Fides news 8 settembre 2022






























AFRICA/MOZAMBICO - “La popolazione è disorientata” dice l’Arcivescovo di Nampula dopo l’assalto alla missione e l’uccisione di suor Maria
 
Maputo (Agenzia Fides) - “È una martire della Fede” esclama Sua Ecc. Mons. Inacio Saure, Arcivescovo di Nampula, quando apprende il messaggio di rivendicazione del sedicente Stato islamico (ISIS) sull’uccisione di quattro cristiani, tra cui la missionaria comboniana suor Maria De Coppi, nell’assalto alla missione di Chipene la sera del 6 settembre (vedi Fides 7/9/2022). Secondo la BBC, l'organizzazione jihadista ha pubblicato la rivendicazione su alcuni suoi account Telegram a nome della Provincia dello Stato Islamico nell'Africa Centrale. L’ISIS sostiene di aver ucciso la suora perché si era "impegnata eccessivamente nella diffusione del cristianesimo".
“Se la rivendicazione è autentica, allora suor Maria è veramente una martire della fede” afferma in un colloquio con l’Agenzia Fides Mons. Saure, che si dice preoccupato perché la provincia di Nampula sembra essere stata presa di mira dai jihadisti le cui attività avevano finora il loro fulcro in quella confinante di Cabo Delgado. “Da inizio settembre si succedono gli attacchi nella nostra provincia” dice l’Arcivescovo. “La popolazione è disorientata e in grande sofferenza perché vive nell’incertezza e non sa cosa fare, molti scappano ma non sanno bene dove andare” afferma Mons. Saure. “Ho parlato con il Vescovo di Nancala (dove si trova la missione di Chipene) e mi ha detto che le autorità hanno mandato lì i militari, ma la popolazione è spaventata”.
Le preoccupazioni dei Vescovi mozambicani sono condivise dai loro omologhi di Sudafrica, Botswana, ed Eswatini della SACBC (Southern African Catholic Bishops’ Conference), che nel loro messaggio di condoglianze per la morte di suor Maria affermano: “Notiamo con crescente preoccupazione i primi attacchi alla provincia di Nampula di venerdì (2 settembre) a Namapa e della scorsa notta (6 settembre) a Chipene. In effetti, gli attacchi si stanno sempre più avvicinando alla città di Nampula”.
“Sì - conferma Mons. Suare -, siamo preoccupati per l’avanzata dei jihadisti. In effetti potrebbero colpire qui a Nampula (capoluogo dell’omonima provincia)”. “Spero che il sacrificio di suor Maria contribuisca a tenere alta l’attenzione internazionale su quello che accade qui da noi” conclude.
(L.M.) (Agenzia Fides 8/9/2022)

sabato 28 agosto 2021

Agenzia Fides 28 agosto 2021

VATICANO - Il Gesuita Jeyaraj: “Seguire una via di pace partendo dalla giustizia e colmando le disuguaglianze”
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “L’importanza della fraternità si coglie innanzi tutto a partire dall’ascolto del grido di coloro che patiscono le conseguenze della sua mancanza, cioè dei poveri, dei bisognosi delle vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza. Percorrere la strada della fratellanza richiede di misurarsi con domande tutt’altro che banali che quel grido suscita, e che già percorrono il nostro travagliato mondo”. Così si è espresso padre Xavier Jeyaraj SJ, direttore del Segretariato per la Giustizia sociale e l’Ecologia della Compagnia del Gesù, nel corso di un webinar dal titolo “Accesso ai diritti e rispetto della dignità umana”, co-organizzata dall'Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, antenna italiana del “Forum Mondiale delle Città e dei Territori di Pace”, presentato in Vaticano il 31 luglio scorso (vedi Fides 31/07/2021).
Partendo dalle encicliche "Laudato si'" e "Fratelli tutti” di Papa Francesco, padre Xavier Jeyaraj , nella sua relazione, individua alcuni punti cruciali per promuovere politiche pubbliche, programmi e iniziative di cittadinanza che aiutino a costruire una reale educazione alla pace, alla dignità umana, allo sviluppo autentico e inclusivo. Secondo il Gesuita, “la cultura dell’incontro esige di mettere al centro di ogni azione politica, sociale ed economica la persona umana: per camminare verso l’amicizia sociale e la fraternità universale - sottolinea - è essenziale rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza”. In società che spesso non esitano a ignorare o emarginare alcune categorie di persone, bisogna essere in grado “di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Il ‘sogno’ - precisa p. Xavier – non va inteso non nel senso dell’evasione che fa perdere il contatto con la realtà, o dell’utopia consolatoria rispetto a una dura realtà, ma in quello che Papa Francesco indica come una visione capace di orientare, di indicare la direzione di marcia, di motivare al cambiamento”.
Persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo: “Mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza - osserva p. Jeyaraj - un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata nei suoi diritti fondamentali. La dignità della persona è dunque il vero valore non negoziabile: come dice il Papa, prendersi cura del mondo significa prendersi cura di noi stessi, ed è ora necessario costituire un ‘noi’ universale”.
In questa prospettiva il discernimento e il dialogo sono “la radice a cui fare riferimento per comprendere il significato di questa insistenza sulla necessità di costruire un popolo” - nota p. Xavier. Questa esprime un anelito che si consolida profondamente nella fede cattolica. “Con la firma del Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana - spiega il religioso - questo diventa vero persino nella concretezza della formulazione del testo: quanto abbiamo in comune riusciamo anche a esprimerlo con parole, in cui tutti possiamo riconoscerci. Questo - conclude - è il modo migliore per incamminarsi concretamente verso una via di pace nella costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune”.
(ES) (Agenzia Fides 28/8/2021)
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AFRICA/SUDAFRICA - Il Vescovo Sipuka: economia inclusiva e istruzione, antidoto alla violenza
 
Johannesburg (Agenzia Fides) - “Dopo le violenze scoppiate a luglio, abbiamo suggerito al governo di adottare delle misure per la riconciliazione, chiedendo a chi ha rubato e saccheggiato i negozi di riportare entro breve la merce sottratta per ottenere una amnistia. Il governo ha dato l’ok e alcune persone stanno rispondendo”. Lo afferma Mons. Sithembele Sipuka, Vescovo di Mthatha, Sudafrica, e Presidente della SACBC (Southern African Catholic Bishops' Conference, che raccoglie i Vescovi di Sudafrica, Botswana ed eSwatini) in una intervista rilasciata all’Agenzia Fides. Più di 300 persone sono morte e circa 3.000 negozi sono stati saccheggiati quando a luglio sono scoppiate proteste e violenze, innescate dalla detenzione dell'ex presidente Jacob Zuma ma in seguito guidate dalla rabbia per la povertà e la disuguaglianza.
Dice il Vescovo, che ha illustrato la questione anche all'Assemblea plenaria della Southern African Catholic Bishops’ Conference (vedi Fides 6/8/2021): “La situazione è tornata alla calma, ma ora ci si chiede come sia stato possibile che migliaia di cittadini prendessero d’assalto negozi, locali, case senza che ci sia stato un intervento immediato per fermarli”. Il Sudafrica, dopo giorni di scontri che in varie città hanno lasciato segni di saccheggio e devastazione, fa i conti con le profonde divisioni che la attraversano, specie dopo l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma, accusato di corruzione nel periodo del suo mandato e incarcerato lo scorso 7 luglio. Zuma, condannato a 15 mesi di reclusione per essersi sempre rifiutato di venire giudicato per i crimini di cui è sospettato, ha ancora molti seguaci nel Paese, alcuni dei quali hanno scelto la rivolta.
“La violenza non è solo risposta all’incarcerazione dell’ex presidente – riprende Mons. Sipuka -. Dietro a simili avvenimenti ci sono doversi motivi: in prims una polarizzazione politica tra quanti continuano a supportare Zuma e quelli che invece si professano dalla parte della legge e vogliono che la giustizia faccia il suo corso. Tutto ciò ha una conseguenza diretta sulla società perché organismi istituzionali come l’esercito o la polizia, dipendono da ministeri alla cui guida ci sono esponenti di fazioni diverse. Le profonde divisioni nel partito al governo hanno portato a separazioni nei servizi segreti, nella polizia e nell’esercito, generando una sostanziale inazione perché chi pensa ai propri interessi non mette il Paese al primo posto. Una seconda ragione che pesa è la povertà della popolazione, ridotta in alcune fasce alla fame. Migliaia di persone facilmente utilizzabili da chi vuole fomentare la violenza. C’è un terzo elemento poi, che è la criminalità: i criminali utilizzano queste opportunità per allargare il raggio di azione e creare caos.”.
La Chiesa cattolica, che ha emanato un accorato appello a firma della SACBC (affiancato da un documento della South African Council of Churches - SACC -, ndr) richiama alla pace e, nel contempo, sviscera le radici del conflitto. Spiega Mons. Sithembele Sipuka: “La violenza è sempre da condannare e se ci sono differenze nel partito, nella politica o nella società, l’unica via è sedersi e dialogare. Mai strumentalizzare i poveri per servire i propri interessi, prima di tutto viene il bene del Paese. Il nostro messaggio ai più poveri è ‘non permettete che vi usino’. Sono loro le prime vittime: il pane in molti luoghi non si può acquistare a prezzi equi perché i negozi sono stati devastati”. Prosegue il Vescovo: “Crediamo poi che un punto fondamentale sia la collaborazione tra imprese, mondo del lavoro e governo. Bisogna viaggiare verso una economia che includa e che riduca la povertà, dato l’alto numero di disoccupati. L’istruzione è di scarsa qualità e i giovani escono dai percorsi formativi senza che possano essere produttivi da subito. Il nostro sguardo va anche alle zone più rurali del Paese: il governo si deve occupare di favorire lo sviluppo perché le popolazioni che vi abitano possano guadagnarsi la vita dignitosamente e perché sono zone fondamentali per offrire un contributo notevole all’economia”.
Il Vescovo conclude auspicando che “la voce Consiglio delle Chiese sia ascoltata, come avvenuto, ad esempio, per la consulenza su come affrontare la pandemia. In alcuni casi le nostre proposte sono divenute azioni, come per i sussidi per chi ha perso il lavoro per il Covid”.
(LA) (Agenzia Fides 28/8/2021)
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ASIA/MEDIO ORIENTE - Vescovi armeni cattolici convocati a Roma dal 20 settembre per eleggere il nuovo Patriarca
 
Aleppo (Agenzia Fides) – I vescovi armeni cattolici, provenienti dalle diocesi sparse in Medio Oriente e nei Paesi di maggior concentrazione della diaspora armena, si riuniranno a Roma, a partire dal prossimo 20 settembre, per eleggere il loro nuovo Patriarca. Lo conferma all’Agenzia Fides l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati, attuale Amministratore della Chiesa patriarcale di Cilicia degli armeni. “Il Santo Sinodo elettivo svoltosi a partire dallo scorso 22 giugno presso il Convento libanese di Nostra Madre di Bzommar” ricorda l’Arcivescovo Marayati “non è andato a buon fine. In quindici giorni, nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti dei dodici vescovi partecipanti al Sinodo, soglia richiesta per essere eletto successore del Patriarca Krikor Bedros XXI Ghabroyan, scomparso lo scorso 25 maggio (nella foto, durante la concelebrazione eucaristica con Papa Francesco, ndr). A quel punto, secondo quanto è stabilito dal Codice dei Canoni delle Chiese orientali, le sessioni del Sinodo elettivo sono state interrotte, e la questione è stata rimessa al Papa. Ora ci ritroveremo il prossimo 20 settembre, presso il Pontificio Collegio armeno di Roma, per due giorni di ritiro spirituale. Poi, a partire dal 22 settembre, inizierà l’assemblea sinodale per eleggere il nuovo Patriarca, che si svolgerà sotto la presidenza del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali”.
Riguardo alle procedure di elezione dei Patriarchi, il canone 72 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, al primo comma, stabilisce che “è eletto colui che ha riportato due terzi dei voti, a meno che per diritto particolare non sia stabilito che, dopo un conveniente numero di scrutini, almeno tre, sia sufficiente la parte assolutamente maggiore dei voti (eventualità attualmente non contemplata nel diritto particolare della Chiesa armena cattolica, ndr) e l’elezione sia portata a termine a norma del canone 183, §§3 e 4”. Il secondo comma del medesimo canone 72 chiarisce che “Se l’elezione non si porta a termine entro quindici giorni, da computare dall’apertura del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la cosa viene devoluta al Romano Pontefice”.
Se anche il Sinodo elettivo della Chiesa patriarcale armena cattolica dovesse registrare una nuova situazione di stallo, l’esito positivo dell’assemblea elettorale sarà comunque garantito dal ricorso a alcune deroghe, che dopo un certo numero di votazioni avvenute senza esito consentiranno di eleggere Patriarca il candidato che raggiunge la maggioranza assoluta (la metà più uno) dei voti espressi. Se l’impasse elettorale dovesse perpetuarsi, sarà eletto Patriarca il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei consensi. Se infine i voti dei vescovi votanti dovessero concentrarsi in maniera assolutamente paritaria intorno a due candidati, diverrà Patriarca il vescovo più anziano per ordinazione sacerdotale. (GV) (Agenzia Fides 28/8/2021).
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ASIA/BANGLADESH - I cattolici piantano un milione di alberi nello spirito della Laudato Si'
 
Dacca (Agenzia Fides) – Piantare circa un milione di alberi in occasione dell'Anno Laudato Si', nel centenario della nascita del "Padre della Nazione", lo Sheikh Mujibur Rahman, e nell'anno in cui il Bangladesh celebra i 50 anni dell'indipendenza. E' l'obiettivo raggiunto dalla piccola Chiesa cattolica bangladese, che, nella nazione di oltre 165 milioni di persone, rappresenta solo 400.000 fedeli. Il programma di piantumazione è stato avviato il 14 agosto 2020 in un impegno collettivo promosso dal Cardinale Patrick D'Rozario e da tutti i Vescovi cattolici del Bangladesh. In occasione dell'Anno Laudato si', tutte gli enti e comunità cattoliche si sono dati da fare: 400.000 alberi sono stati piantati da gruppi e parrocchie delle varie diocesi cattoliche; 360mila da Caritas Bangladesh; 215mila da Christian Cooperative Credit Union Ltd; 10.000 alberi sono stati affidati dalla Bangladesh Christian Association, per un totale di 931.000 alberi.
Padre Jyoti Francis Costa, Segretario Generale aggiunto della Conferenza Episcopale del Bangladesh, ha dichiarato all'Agenzia Fides: "Il Santo Padre ha chiamato i fedeli a prendersi cura della terra, e i fedeli cattolici di questo Paese hanno risposto piantando alberi perché gli alberi possono rendere il mondo più verde e produrre ossigeno". E ha aggiunto: "Tutti i Vescovi sovrintendono alla campagna di piantumazione degli alberi nelle diverse diocesi, che entro quest'anno sarà completata".
Anche Caritas Bangladesh sta lavorando nella stessa direzione. Sebastian Rozario, Direttore Esecutivo di Caritas, ha dichiarato all'Agenzia Fides di aver piantato alberi nelle loro aree di lavoro che coprono 49 distretti. "Stiamo consegnando altri alberi a quanti beneficiano del nostro sostegno, e si stanno piantando gli alberi aggiuntivi. La maggior parte degli alberi è già stata piantata; il resto degli alberi lo pianteremo entro quest'anno". Rozario ritiene che questa iniziativa sia una pietra miliare per la Chiesa cattolica. "Oltre a distribuire alberi ai beneficiari, tutti e 6.000 i volontari della Caritas hanno piantato un albero con il loro impegno personale", ha spiegato.
La cooperativa cristiana "Credit Union Ltd", organizzazione cooperativa fondata a Dacca dal sacerdote della Santa Croce padre Charles J. Young, sta facendo la stessa campagna. Pankaj Gilbert Costa, presidente dell'organizzazione ha confermato l'impegno a piantare 215mila alberi.
Nirmol Rozario, presidente della Bangladesh Christian Association, ha informato che la sua organizzazione ho distribuito 10.000 alberi da frutti e piante ad amici persone che se ne prenderanno cura. Il giovane Sujon Haldar ha ricevuto una piantina di mango dalla Bangladesh Christian Association e l'ha piantata nel giardino della sua abitazione: "Questi alberi in futuro mi forniranno ombra, frutti e legno. Gli alberi sono amici per sempre", dice, apprezzando l'iniziativa della Chiesa cattolica.
(FC-PA) (Agenzia Fides 28/08/2021)
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AMERICA - Nasce la piattaforma “MigraSegura” per offrire informazioni utili e sicure ai migranti venezuelani in Brasile ed Ecuador
 
Brasilia (Agenzia Fides) – E’ nata la piattaforma digitale “MigraSegura”, rivolta ai migranti, soprattutto venezuelani, che vi potranno trovare informazioni sicure e affidabili sui servizi di base e sulle politiche migratorie di Brasile e Ecuador. Frutto della collaborazione tra Caritas Ecuador e Caritas Brasile, con il sostegno della fondazione “JuntosEsMejor Challenge”, dell’USAID e della Banca Interamericana dello Sviluppo, con il supporto del Catholic Relief Services (CRS), la piattaforma è stata lanciata ufficiale il 26 agosto attraverso il sito web www.facebook.com/migrasegura.
Come spiega la nota pervenuta all’Agenzia Fides, l'obiettivo è di fornire informazioni tempestive ai migranti venezuelani, che possono essere vittime delle reti di tratta di persone e di gruppi criminali, per mancanza di una guida che li orienti. Infatti, "l'entità della crisi venezuelana, in cui si stima che più di 5 milioni e mezzo di persone abbiano lasciato il proprio Paese, richiede di mettere al servizio dei rifugiati e dei migranti venezuelani informazioni che hanno lo scopo di salvare vite umane, oltre a contribuire al processo decisionale con informazioni veritiere, in modo che possano avere un transito migratorio sicuro".
Questo progetto è iniziato alla fine del 2020. Per la sua realizzazione è stato condotto uno studio interpellando un campione di 807 rappresentanti di famiglie venezuelane (400 in Ecuador e 407 in Brasile), e 15 informatori-chiave (6 donne e 9 uomini) in rappresentanza di organizzazioni che hanno una vasta esperienza di lavoro con questa popolazione. La raccolta dei dati è stata effettuata in 8 città del Brasile e 6 città dell'Ecuador. Lo studio ha rivelato che circa il 66% delle persone che hanno lasciato il Venezuela per il Brasile e l'Ecuador, non hanno informazioni sui paesi ospitanti. Le ragioni principali per cui le famiglie lasciano il Venezuela sono la carenza di cibo nel paese (75%), la mancanza di occupazione (70%) e l’accesso limitato ai servizi sanitari e alle medicine (58%). I motivi per cui hanno scelto come paese di destinazione il Brasile e l’Ecuador sono principalmente le prospettive di lavoro più vantaggiose (68%), una maggiore situazione di sicurezza (47%) e migliori prospettive educative per i bambini e i giovani (39%).
(SL) (Agenzia Fides 28/08/2021)

lunedì 18 gennaio 2021

Agenzia Fides 18 gennaio 2021

 

AFRICA/NIGERIA - Barbaramente ucciso un sacerdote cattolico
 
Abuja (Agenzia Fides) – Rapito e ucciso P. John Gbakaan, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Gulu, nella diocesi di Minna. nell'area del governo locale di Lapai, nello Stato del Niger, che è stato ucciso il 15 gennaio lungo la strada Lambata-Lapai.
Lo ha confermato ieri, domenica 17 gennaio, il parroco di Santa Teresa a Madala, p. John Jatau, secondo il quale p. Gbakaan, insieme a suo fratello e ad un altro prete, il 14 gennaio si era recato a Makurdi nello stato di Benue per andare a trovare sua madre.
Il 15 gennaio, sulla via del ritorno, il sacerdote e il fratello sono stati attaccati da uomini armati lungo la strada Lambata-Lapai. L’assalto è avvenuto intorno alle 9 di sera, nei pressi del villaggio di Tufa. I due uomini sono stati catturati da banditi armati, che poi sabato 16 gennaio hanno chiamato la diocesi di Minna, chiedendo la somma di trenta milioni di Naira, poi ridotta a cinque milioni di Naira.
Nel frattempo però il corpo esanime del sacerdote è stato ritrovato legato a un albero, nei pressi della strada dove è avvenuto il rapimento. P. Gbakaan sarebbe stato ucciso a colpi di machete, talmente violenti da rendere difficile il riconoscimento.
Nella boscaglia è stata ritrovata anche la Toyota Venza su cui viaggiava il sacerdote. Non si hanno ancora notizie del fratello, che sarebbe ancora nelle mani dei banditi.
L'Associazione Cristiana della Nigeria, CAN, ha chiesto al governo federale di porre fine al rapimento e all'uccisione di leader religiosi da parte di banditi nel Paese. Il vicepresidente della CAN (regione settentrionale), Rev. John Hayab, ha definito "scioccante e dolorosa" l'uccisione del sacerdote cattolico, affermando che l'insicurezza nel Nord ha assunto una dimensione allarmante. “Abbiamo ricevuto la notizia del rapimento e dell'uccisione del nostro caro P. John con grande shock e dolore” ha detto il Rev. Hayab. “Oggi nel nord della Nigeria molte persone vivono nella paura e molti giovani hanno paura di diventare sacerdoti o pastori perché la vita di questi è in grande pericolo. “Quando banditi o rapitori si rendono conto che la loro vittima è un prete o un pastore, sembra che uno spirito violento si impadronisca del loro cuore per chiedere un riscatto maggiore e in alcuni casi arrivano al punto di uccidere la vittima” dice il responsabile della CAN. “Stiamo semplicemente supplicando il governo federale e tutte le agenzie di sicurezza di fare tutto il necessario per porre fine a questo male”. (L.M.) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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AFRICA/SUDAFRICA - La Chiesa lancia l’allarme sulla diffusione della “variante sudafricana” del Covid-19
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – In Africa australe preoccupa il diffondersi della cosiddetta variante sudafricana del virus Sars-Cov2, responsabile della malattia Covid-19. "Siamo stati informati dal Ministero della Salute che la seconda ondata di Covid-19 sta colpendo lo Zambia", scrive in un comunicato Sua Ecc. Mons. Patrick Chisanga, Vescovo di Mansa, Presidente della Zambia Conference of Catholic Bishops (ZCCB). "C'è un'escalation sia nel numero di casi confermati che nel numero di morti. Questa ondata di casi è ulteriormente accompagnata da un aumento della gravità della malattia che richiede il ricovero in ospedale e l'ossigenoterapia” afferma Mons. Chisanga, che aggiunge: “i nuovi contagi sono più trasmissibili e più diffusi in termini di localizzazione geografica” quindi se la “traiettoria continua, il blocco del Paese sarebbe inevitabile, con tutte le conseguenze devastanti di una situazione del genere".
Il Jesuit Center for Theological Reflection (JCTR), dello Zambia, ha criticato il lassismo nell'attuazione delle misure anti Covid-19 che sarebbe la causa principale dell’aumento dei casi. “Quando la prima ondata di Covid-19 ha colpito lo Zambia, nel marzo 2020, siamo corsi prontamente al riparo seguendo con la massima attenzione nei primi tre mesi le linee guida per combattere il Covid-19. Abbiamo presto sviluppato familiarità con il virus poiché le statistiche hanno giocato a nostro favore con pochissimi decessi e un numero molto elevato di guarigioni", afferma una nota del JCTR. Ma in seguito “si è creato un compiacimento e un rilassamento delle misure di precauzione e ora siamo in pericolo, poiché il Covid-19 è riemerso in Zambia con un ceppo che si sta diffondendo più rapidamente e facilmente rispetto ai ceppi precedenti".
Anche in Sudafrica preoccupa l’aumento dei casi legati al nuovo ceppo. “Alla luce dell'attuale ondata di Covid-19 e delle restrizioni imposte dal Presidente dello Stato, nonché dell'incertezza su ciò che accadrà alla fine di questo mese, abbiamo deciso di tenere una riunione plenaria virtuale invece di riunione in presenza come previsto" ha annunciato la Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC), la Conferenza che riunisce i Vescovi di Sudafrica, Botswana e Swaziland. La decisione è stata presa a causa dell’ondata di casi di Covid-19, in gran parte nella nuova variante del virus identificata in Sudafrica, che ha colpito tra gli altri, l'Arcivescovo Coadiutore di Durban, Sua Ecc. Mons. Abel Gabuza.
La nuova variante ha causato la morte di sei suore cattoliche delle Figlie di San Francesco a Port Shepstone, diocesi di Marianhill, morte in seguito complicazioni del coronavirus nel giro di una settimana, dal 10 al 17 dicembre 2020 (vedi Fides 22/12/2020). Il Sudafrica ha registrato il maggior numero di infezioni da coronavirus in Africa, avvicinandosi alla soglia di 900.000 casi, con oltre 20.000 decessi. (L.M.) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Appello dei Vescovi delle Visayas: fermare le uccisioni dei popoli indigeni
 
Capiz (Agenzia Fides) - "Un'indagine approfondita da parte di un ente indipendente per accertare cosa sia realmente accaduto lo scorso 30 dicembre 2020; la cessazione dell'intervento militare sulle comunità indigene, in modo che i nostri fratelli e sorelle, i Tumandok, possano tornare a casa e vivere di nuovo in pace; che la polizia e l'esercito seguano coscienziosamente gli standard etici nelle regole di ingaggio durante operazioni di polizia o militari, portando telecamere in tutte le operazioni per proteggersi da false accuse e per proteggere i civili dall'uso della violenza o dall'abuso di potere": lo chiedono i Vescovi delle isole Visayas occidentali nel centro dell'arcipelago delle Filippine, in una Lettera pastorale, pervenuta all'Agenzia Fides, che fa esplicito riferimento alla "difficile situazione dei nostri fratelli e sorelle Tumandok" e al massacro degli indigeni avvenuto alla fine del 2020 (vedi FIdes 16/1/2021).
La lettera - che porta la firma di 8 Vescovi, tra i quali il Cardinale Jose Advincula, Arcivescovo di Capiz; Mons. Jose Corazon Tala-oc, Vescovo di Kalibo; Mons. Narciso Abellana, Vescovo di Romblon; Mons. Jose Lazo, Arcivescovo di Jaro, e altri Vescovi della regione metropolitana di Jaro - sarà letta in tutte le messe, in tutte le chiese delle Visayas occidentali, il 24 gennaio 2021.
I Vescovi chiedono a tutti "di essere vigili nel difendere la sacralità della vita e nel rispettare e proteggere i diritti di tutti", esortando "a discernere e a pregare per la volontà di Dio in mezzo a tutte le uccisioni e violazioni dei diritti umani e ad agire guidati dai principi dell'azione non violenta". I Presuli lanciano un accorato appello a "fermare le uccisioni, rispettare i diritti delle perone, vivere in pace, fermare la militarizzazione delle comunità indigene".
"Noi, Vescovi delle Visayas occidentali - si afferma - condividiamo i dolori e le ansie dei nostri fratelli e sorelle della tribù Tumandok. Siamo addolorati con le famiglie delle nove tribù Tumandok che sono state uccise. Condividiamo le sofferenze degli arrestati e delle loro famiglie. Ci immedesimiamo con la paura e l'insicurezza di coloro che sono stati sfollati a causa della violenza. E condanniamo nel modo più forte possibile, tutte le uccisioni, e specialmente le uccisioni dei nostri fratelli Tumandok"
Prosegue il testo: "Le voci di quelle 27.000 vittime della guerra insensata contro le droghe illegali, gridano a Dio per la giustizia . Recentemente, dall'isola di Negros, molti sono etichettati come membri o sostenitori del Partito Comunista delle Filippine, New People’s Army (CPP-NPA). Ora, lo vediamo nell'isola di Panay. Un fratello Vescovo ha detto che le uccisioni sono la continuazione delle uccisioni di massa e degli arresti di altri attivisti nelle Filippine centrali negli ultimi mesi".
La Lettera pastorale ricorda che il 30 dicembre 2020 un'operazione congiunta dell'Esercito filippino e della Polizia nazionale filippina, con 28 mandati di perquisizione, ha provocato la morte di nove persone e l'arresto di 17 membri e leader delle tribù Tumandok di Tapaz, Capiz e Calinog, Iloilo (vedi Fides). Tra le persone uccise e arrestate c'erano ex o attuali leader del gruppo Tumandok.
I Tumandok, alleanza di 17 comunità di popoli indigeni a Capiz e Iloilo, si oppongono fermamente alla costruzione della mega diga di Jalaur. I leader indigeni e le organizzazioni per la difesa dei diritti umani credono che, a causa della loro forte opposizione al progetto, siano diventati vittime delle operazioni militari e siano accusati come membri o sostenitori dei guerriglieri comunisti.
Nella strage del 30 dicembre, mentre la polizia afferma che gli indigeni "hanno combattuto, ecco perché sono stati uccisi", le famiglie ribattono che le vittime non hanno resistito all'arresto e che "sono state assassinate".
"Le atrocità commesse - scrivono i Vescovi delle Visayas - hanno creato un clima di paura e incertezze tra i residenti delle comunità Tumandok. La paura ha costretto molti a lasciare le loro comunità e migrare verso luoghi più sicuri". La voce dei Vescovi, alzatasi in difesa delle popolazioni indigene, si affida all'intercessione della Vergine Maria, Nuestra Senora de la Candelaria, patrona delle Visayas occidentali, per riportare pace e giustizia nelle Filippine centrali.
(PA) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - L'amore verso il Santo Niño porta ad amare i poveri, in mezzo alla pandemia
 
Cebu (Agenzia Fides) - I devoti del Santo Nino, il Bambino Gesù, sono chiamati a "raggiungere e amare i poveri, nelle periferie, nel mezzo della pandemia": è l'esortazione rivolta a ai fedeli dall'Arcivescovo Jose Palma alla guida del diocesi di Cebu, celebrando ieri, 17 gennaio, la festa di Santo Niño (Gesù Bambino), noto evento che ogni anno segna la vita sociale, civile e religiosa a Cebu, nelle Filippine centrali, attirando milioni di persone.
Come appreso da Fides, nel 2021 la celebrazione è stata di basso profilo e le messe sono state celebrate a porte chiuse nella Basilica Minore del Santo Niño a causa dei protocolli sanitari. Migliaia di fedeli hanno potuto seguire la messa in diretta online. Tutte le fastose e affollate celebrazioni, le processioni all'aperto e gli eventi culturali che di solito occupavano la città, sono stati cancellati in conformità con le restrizioni del governo.
"Nel mezzo di una crisi come la pandemia, i battezzati devono rimanere saldi nel loro amore per Gesù e testimoniare il Vangelo, prendendosi cura dei poveri, dei vulnerabili e degli emarginati" ha detto l'Arcivescovo, invitando i fedeli a "prendersi cura l'uno dell'altro". “Il Santo Niño aveva bisogno delle cure di Maria e Giuseppe. Con spirito evangelico di amore e prossimità, siamo chiamati a stare accanto a persone emarginate o indigenti, nelle periferie esistenziali, la dove viviamo ma anche in altri luoghi, in altre nazioni" ha ricordato.
Lee Lim, uno dei devoti locali, ha detto a Fides: “Segnati da questa pandemia, continuiamo a mostrare il nostro amore per Gesù Bambino. Preghiamo perché la pandemia ci permetta di testimoniare il nostro amore verso il prossimo, specialmente i più poveri, sofferenti e bisognosi".
L'immagine del Santo Niño di Cebu è legata all'origine del cristianesimo nelle Filippine: fu portata nell'arcipelago 500 anni fa dall'esploratore portoghese Ferdinando Magellano il 14 aprile 1521, come dono alla regina Juana, che venne battezzata. Successivamente furono battezzati anche il marito di Juana, Rajah Humabon e circa 800 indigeni nativi. Fu la prima comunità cristiana nelle Filippine.
Nel 1565, quando il conquistatore spagnolo Miguel Lopez de Legazpi arrivò a Cebu, un soldato spagnolo trovò l'immagine all'interno di una casa bruciata di un abitante locale. Da allora, la festa e la devozione legata al Santo Niño è diventata la festa più popolare della regione e tra le più importanti feste religiose a livello nazionale.
(SD-PA) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/INDONESIA - Fioritura di vocazioni nell'emergenza pandemica: la gioia di essere missionari
 
Maumere (Agenzia Fides) - “In un contesto mondiale aggravato dalla pandemia del Coronavirus, nell’isola di Flores non mancano notizie positive. Nei prossimi mesi infatti sono in programma nuove ordinazioni sacerdotali, che si andranno ad aggiungere a quelle recenti di 20 Missionari Verbiti, 3 dell'Istituto dei Padri Vocazionisti e 1 Stimmatino”, scrive all’Agenzia Fides Padre Luigi Galvani, missionario Camilliano presente sull’isola da oltre 10 anni. A Flores si contano numerose vocazioni sacerdotali e religiose: “Sono tanti gli Istituti maschili e femminili che hanno realizzato i loro seminari e case religiose. Abbiamo il Seminario filosofico e teologico più grande della Chiesa cattolica nel mondo, dei Missionari Verbiti, con oltre mille e duecento studenti che Papa Giovanni Paolo II ha visitato nel 1989" ricorda p. Galvani.
Il Camilliano spiega che a Flores il Coronavirus ha limitato la sua presenza finora ma che, tuttavia, le difficoltà non mancano: “L'isola di Flores - rileva - è considerata tra le più povere dell'Indonesia ma ha la caratteristica di avere la più alta percentuale di cattolici (il 70%) delle 17 mila isole del grande arcipelago Indonesiano. La popolazione qui ha bisogno di tutto, generi alimentari, assistenza sanitaria oltre a necessità di base. Ogni mese distribuiamo pacchi alimentari a circa 200 famiglie particolarmente indigenti. Inoltre, curiamo sempre con passione la costruzione di casette speciali per malati con problemi mentali reduci da anni di emarginazione in misere situazioni igieniche e di povertà. Ne abbiamo realizzate già una cinquantina dando nuova gioia e speranza a tanti poveri malati" (vedi Fides 15/3/2019).
(LG/AP) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/LIBANO - Crisi libanese, il Patriarca maronita invoca una netta distinzione tra sfera civile e appartenenze religiose
 
Bkerké (Agenzia Fides) – Il Libano riuscirà a sopravvivere alla crisi di sistema che attraversa da anni solo quando verrà marcato in maniera più netta e decisa il confine che tiene distinto l’ambito politico-istituzionale dalle dinamiche di appartenenza religiosa. Lo ha ribadito con forza il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai, inserendo l’appello al termine dell’omelia della liturgia eucaristica da lui presieduta domenica 17 gennaio nella chiesa delle sede patriarcale di Bkerké. Nel suo intervento, il Patriarca ha anche aggiunto che la messa a punto di una reale distinzione tra i processi politici e le dinamiche di appartenenza religiosa-confessionale permetterebbe al Paese di sollevarsi dalla crisi e riprendere il cammino anche conservando l’attuale sistema istituzionale libanese, fondato proprio sulla distribuzione degli incarichi istituzionali e politici in base alle diverse appartenenze confessionali.
“Se avremo” ha detto esattamente il Patriarca “un vero Stato di diritto, uno Stato che non mescola l’ambito civile e quello religioso, e dove i politici non sfruttano la loro affiliazione religiosa o confessionale per tornaconto personale, ma sono fedeli e leali solo nei confronti della Nazione libanese, allora noi potremo davvero dire che è sorta una nuova alba sul Libano. E in questo caso, non sarà necessario neanche modificare il sistema, ma piuttosto rispettarne le disposizioni”.
Nel corso della sua omelia, il Cardinale libanese ha di nuovo esortato il Presidente Michael Aoun e il Premier designato Saad Hariri, a mettere da parte incomprensioni e risentimenti personali, in modo da incontrarsi e dialogare sui nomi dei ministri da selezionare per la nuova compagine di governo. La situazione catastrofica del Paese - ha aggiunto il Patriarca Rai – non può tollerare ulteriori rinvii nella formazione del governo.
L’ultimo governo libanese in carica, presieduto dal Premier Hassan Diab, è caduto dopo le proteste seguite alle esplosioni nel porto di Beirut del 4 agosto 2020. Il Premier dimissionario Diab, insieme a tre ex ministri, è stato anche sottoposto a processo per responsabilità in quel disastroso evento. Il sunnita Hariri, leader del Partito politico “Futuro”, è stato incaricato di formare un nuovo governo il 22 ottobre 2020, ma da allora non è ancora riuscito a costituire il nuovo gabinetto, anche a causa delle tensioni istituzionali sorte tra il Premier incaricato e il Presidente Aoun intorno alla lista dei ministri che dovrebbero comporre la squadra di governo. A complicare lo scenario ci sono anche nuove pressioni internazionali che puntano a condizionare il profilo politico del nuovo esecutivo. (GV) (Agenzia Fides 18/1/2021)


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AMERICA/EL SALVADOR - L'Arcivescovo di San Salvador: dopo 29 anni gli accordi di pace devono essere ancora realizzati e l’ingiustizia continua
 
San Salvador (Agenzia Fides) - Nel suo consueto incontro domenicale con i giornalisti, l'Arcivescovo di San Salvador, Mons. José Luis Escobar Alas, ieri si è soffermato come primo punto, sulla richiesta fatta al Congresso per una modifica della Costituzione, in modo che vi sia scritto il diritto umano di ogni cittadino ad una alimentazione adeguata. I cittadini di El Salvador infatti non godono di questo diritto benché il paese abbia firmato gli accordi proposti dalle Nazioni Unite già dal 1948. Come ha sottolineato l'Arcivescovo, "il paese manca di una politica di sicurezza alimentare e nutrizionale. Si spera - ha aggiunto -, che sia approvata nell'assemblea del prossimo 19 gennaio".
L'Arcivescovo quindi si è soffermato sugli "Acuerdos De Paz" (Accordi di Pace) di 29 anni fa, evidenziando che non dovrebbero continuare a essere celebrati, in quanto la popolazione è ancora in attesa della loro realizzazione. Inoltre il cambio di nome fatto dal presidente Bukele, poco interessa, ha commentato, sono molto più importanti i contenuti che il nome.
Il 16 gennaio 1992 il governo firmò un Accordo di pace con la guerriglia di sinistra al castello di Chapultepec, a Città del Messico, mettendo fine a una guerra civile durata 12 anni e nella quale sono morte 75mila persone.
Gli Accordi di Pace inizialmente sono stati una cosa buona, ma tutto è rimasto lì, ha detto il Presule: “Non si è svolto il processo di pace richiesto, tutte le famiglie delle vittime sono rimaste deluse e tutta la popolazione è impotente davanti ad una legge dell’amnistia che non ha permesso la giustizia". "E' vero che il primo accordo è stato quello di vivere in democrazia, ma l'ingiustizia continua" ha sottolineato Mons. Escobar Alas.
"Sono trascorsi 29 anni da questa firma, e non si vede la vera riforma che si era proposta. E’ una cosa molto triste – ha affermato -. Per esempio, la riforma tributaria. Non si è fatto nulla al riguardo. I poveri continuano a pagare gli stessi tributi dei ricchi. La riforma delle pensioni, un altro caso simile. La riforma educativa, ancora niente. Solo con la riforma costituzionale dell'acqua siamo riusciti nell’intento, ma con molta fatica e senza le proposte di una vera riforma. Ecco perché questi Accordi di Pace non si vedono sotto questo aspetto. C'è sempre violenza. Ecco perché insistiamo che gli Accordi di Pace sono stati una cosa buona, ma si devono ancora realizzare, per dare origine ad una nuova società".
Poi ha sottolineato che "celebrare gli Accordi che non sono stati realizzati, è un vero peccato, non ha senso. Noi vogliamo giustizia, e giustizia per il popolo. Sono ormai 5 anni che abbiamo proposto la Legge di Riconciliazione, ma ancora niente" ha concluso l’Arcivescovo.
(CE) (Agenzia Fides 18/01/2021)
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AMERICA/BRASILE - I Vescovi di Amazonas e Roraima: “per l'amor di Dio, mandateci ossigeno per i malati di Covid-19”
 
Manaus (Agenzia Fides) – Di fronte alla crisi sanitaria provocata dalla seconda ondata di pandemia da Covid-19 che sta colpendo lo stato di Amazonas, e in particolare Manaus, la Regione Norte 1 della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), che comprende il Nord di Amazonas e Roraima, ha lanciato la campagna "Amazonas e Roraima contano sulla tua solidarietà". L'azione mira ad aiutare le vittime di Covid-19 che soffrono senza cure adeguate negli ospedali.
Nella nota pubblicata dai Vescovi si afferma: "Come Chiesa cattolica, chiediamo alle autorità di sforzarsi per prevenire il maggior numero possibile di morti, e alla popolazione amazzonica, affinché la cura e il rispetto dei decreti promulgati siano assunti da tutti e da tutte, come strumento per contribuire a contenere gli effetti della seconda ondata della pandemia. Ci auguriamo che i più poveri non siano esclusi dalle cure e che la solidarietà e la cura comune siano assunte da tutti e da tutte, tenendo presente la ‘consapevolezza di essere una comunità mondiale che viaggia sulla stessa barca’ (FT 32)".
L'Arcivescovo di Manaus, Mons. Leonardo Steiner, ha lanciato un appello attraverso un video diffuso sui social network: "Nella prima ondata, le persone sono morte a causa della mancanza di informazioni, della mancanza di letti negli ospedali, della mancanza di letti nella terapia intensiva di Amazonas e Roraima. Oggi, nella seconda ondata, le persone muoiono a causa della mancanza di posti letto negli ospedali, per la mancanza di letti nella terapia intensiva e, sorprendentemente, per la mancanza di ossigeno. Le persone, anche se ricoverate in ospedale, non hanno ossigeno. Noi Vescovi di Amazonas e Roraima facciamo un appello: per l'amor di Dio, mandateci ossigeno, forniteci ossigeno. Le persone non possono più morire per mancanza di ossigeno, per la mancanza di letti in terapia intensiva".
Secondo la Fundação de Vigilância em Saúde do Estado do Amazonas, dall’1 al 14 gennaio, il numero di contagi è aumentato a 21.786 persone, con una media di 1.556 casi giornalieri e 635 morti, in media 45 morti al giorno, la stragrande maggioranza a Manaus. Il numero di sepolture nei cimiteri di Manaus, dove il 13 gennaio sono state sepolte 198 persone fa pensare che il numero delle vittime del Covid-19 sia maggiore di quanto indicato dai dati ufficiali.
I Vescovi della Regione Norte 1 rilevano che il rilassamento delle misure di distanziamento e la mancanza di cure personali, soprattutto l'uso di mascherina e gel alcolico, sono state una costante negli ultimi mesi. “Insieme a questo, siamo indignati per la situazione che stiamo vivendo, visto che non sempre sono state ascoltate le segnalazioni di scienziati ed epidemiologi, che da diversi mesi annunciavano l'arrivo di una seconda ondata, e non sono state prese adeguate misure sanitarie”. (SL) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/VIETNAM - Dimissioni e nomina del Vescovo di Xuân Lôc
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il 16 gennaio 2021, il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Xuân Lôc (Viȇt Nam), presentata da S.E. Mons. Joseph Đình Đúc Đao. Gli succede S.E. Mons. John Do Văn Ngân, finora Vescovo titolare di Buleliana ed Ausiliare della medesima Diocesi. (SL) (Agenzia Fides 18/1/2021)

mercoledì 2 dicembre 2020

Agenzia Fides 2 dicembre 2020

 

VATICANO - Il Papa ricorda quattro missionarie uccise in El Salvador 40 anni fa
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Al termine dell’udienza generale di oggi, il Santo Padre Francesco ha ricordato il martirio di quattro missionarie, con queste parole: “Oggi è il quarantesimo anniversario della morte di quattro missionarie del Nord America, uccise in El Salvador: le suore di Maryknoll Ita Ford e Maura Clarke, la suora orsolina Dorothy Kazel e la volontaria Jean Donovan. Il 2 dicembre 1980 furono rapite, violentate e assassinate da un gruppo di paramilitari. Prestavano il loro servizio a El Salvador nel contesto della guerra civile. Con impegno evangelico e correndo grandi rischi portavano cibo e medicinali agli sfollati e aiutavano le famiglie più povere. Queste donne vissero la loro fede con grande generosità. Sono un esempio per tutti a diventare fedeli discepoli missionari”.
Suor Ita Ford e suor Maura Clarke prima di arrivare in El Salvador avevano passato anni di missione rispettivamente in Cile e in Nicaragua, mentre suor Dorothy Kazel lavorava da tempo in quel paese. La Conferenza Episcopale di El Salvador ha indetto per il 2020 un Anno Giubilare dei Martiri, a 40 anni dal martirio di San Oscar Arnulfo Romero (vedi Fides 28/01/2020), ricordando che "i martiri hanno dato la vita e ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio di fede. Vogliamo sentire la loro voce e allo stesso tempo vogliamo far riecheggiare quella voce”. (SL) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AFRICA/SUDAFRICA - I Vescovi: “No alla cultura dell’edonismo che porta i giovani a ignorare le restrizioni anti Covid-19”
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – “Le persone sono stanche delle restrizioni per il Covid-19” afferma Sua Ecc. Mons. Sithembele Sipuka, Vescovo di Mthatha e Presidente della SACBC (Southern African Catholic Bishops' Conference, che riunisce i Vescovi di Sudafrica, Botswana ed ESwatini), nel suo messaggio di fine anno sullo stato della nazione e della Chiesa in Sudafrica.
“Secondo la maggior parte dei resoconti, la crescita dei contagi nella seconda ondata, è dovuto in gran parte alle persone che non rispettano le misure preventive del Covid-19. Ciò che preoccupa è che queste misure non sono violate per motivi di sopravvivenza, ad esempio, persone che chiedono sovvenzioni o pacchi di cibo, ma per motivi culturali e di intrattenimento” denuncia Mons. Sipuka.
Il Vescovo cita ad esempio le cerimonie funebri tradizionali (imicimbi), nelle quali le persone rimangono a stretto contatto fisico, mangiano dal piatto comune (isithebe) e bevono dallo stesso calice (ibhekile).
“L'inosservanza delle norme di prevenzione del Covid-19 per motivi di intrattenimento, che si manifestano in riunioni e feste di gruppo, è commessa in gran parte dai giovani. Queste pratiche forniscono l'opportunità perfetta per la diffusione del virus e, come guide spirituali, che ci piaccia o no, saremo coinvolti nelle conseguenze di questi comportamenti fatali, quindi dobbiamo fare qualcosa per questo problema” sottolinea Mons Sipuka.
Secondo il Presidente della SACBC, alla radice del radunarsi in gruppi per fare festa da parte dei giovani, ignorando il pericolo della trasmissione del Covid-19, “c'è la cultura edonistica dominante che propaga la ricerca del piacere a tutti i costi, anche se ciò significa mettere in pericolo gli altri”. “Contro questa forma di egoismo, il valore della solidarietà umana proposto da Papa Francesco nella sua ultima Enciclica “Fratelli Tutti” e il valore di rimandare il piacere momentaneo per il bene comune sono valori alternativi che potremmo presentare ai giovani” suggerisce Mons. Sipuka.
“Ancora più importante, dobbiamo sottolineare che l'attuale disagio imposto dalla normativa Covid-19 è nulla in confronto ai danni alla vita sociale e all'economia che deriverà dall'infezione da Covid-19, ci saranno molte lacrime e rimpianti!” conclude. A fine novembre in Sudafrica i casi di Covid-19 erano 775 502 con 21.201 decessi. (L.M.) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AFRICA/CONGO RD - Gli Stati dell’Africa Australe invitati a fare fronte comune contro la minaccia terroristica in Kivu e nel Mozambico
 
Kinshasa (Agenzia Fides) - La minaccia islamista nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nel nord del Mozambico sono sfide comuni, che devono essere affrontate da tutti gli appartenenti alla Comunità degli Stati dell’Africa Australe (SADC), chiede il CEPADHO, un’organizzazione per la difesa dei diritti umani del Nord Kivu, provincia nell’est della RDC piagata da decenni dalle violenze commesse dai ribelli di origine ugandese delle ADF. In un comunicato inviato all’Agenzia Fides il CEPADHO saluta il vertice straordinario della Troika di difesa e sicurezza della SADC, tenutosi a Gaberone (Botswana), dedicato alla minaccia islamista in Mozambico e nell’est della RDC. All’incontro hanno partecipato i leader dei Paesi della Troika, Botswana, Sudafrica e Zimbabwe, oltre al Presidente congolese Félix Antoine Tshisekedi.
“Considerando l'entità della minaccia terroristica caratterizzata dalla serie di ripetuti massacri di civili perpetrati dagli islamisti dell'ADF/MTM a Beni, nel Nord-Kivu (est della RDC), per 6 anni e, dati i suoi comprovati legami con il movimento ANSAR AL-SUNNA, attivo nella Provincia di Cabo Delgado, in Mozambico, tutti legati allo Stato Islamico/Daesh, gli Stati della Regione non hanno più diritto ad errori di apprezzamento. Sono chiamati ad agire prontamente e in solidarietà con le forze armate per arginare questo grande pericolo” afferma il CEPADHO.
“Il CEPADHO, che accoglie con favore la presenza del Capo dello Stato congolese alla riunione, invita gli Stati della SADC a concordare una forza regionale (che includa espressamente l'Angola) a sostegno degli eserciti della RDC e del Mozambico”. In effetti le truppe appartenenti ai Paesi della SADC sono state invitate a sostituire i Caschi Blu della Missione ONU nella RDC (MONUSCO). (L.M.) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AFRICA/ALGERIA - Addio all’Arcivescovo Henri Teissier, amico di Sant’Agostino, fratello dei nuovi martiri
 
Algeri (Agenzia Fides) – Ha lasciato questo mondo la mattina di martedì primo dicembre, giorno della memoria del Beato Charles de Foucauld: Henri Antoine Marie Teissier, Arcivescovo emerito di Algeri, si è spento per le conseguenze di un ictus all’età di 91 anni, dopo una vita dedicata con intelligenza a servire e amare per passione evangelica il popolo algerino e la missione delle comunità cristiane disseminate in terra d’Algeria.
Nato a Lione nel 1929, Henri Tessier si era trasferito in Algeria quando era ancora un giovane seminarista, venendo ordinato sacerdote nel 1955 dall’allora Arcivescovo di Algeri, il Cardinale Léon-Etienne Duval. Nel 1966 aveva ottenuto la cittadinanza algerina, e nel 1972 Papa Papa Paolo VI lo aveva nominato Vescovo di Orano. Nel 1980 era diventato Coadiutore dell’Arcivescovo Duval, per succedergli nel 1988 – e fino al 2008 - alla guida dell’Arcidiocesi di Algeri.
Durante i venti anni del suo ministero a capo dell’Arcidiocesi di Algeri, il Paese attraversa il periodo buio del terrorismo e delle stragi islamiste. Tra le innumerevoli vittime di quella lunga stagione di sangue figurano anche i 19 religiosi e religiose della Chiesa cattolica locale – tra cui il vescovo Pierre Lucien Claverie e i sette monaci di Tibhirine - assassinati tra il 1994 e il 1996, che saranno poi proclamati Beati l’8 dicembre 2018, nella liturgia di beatificazione celebrata a Orano. “Ho un ricordo di ciascuno. Erano i miei fratelli e le mie sorelle. Avevo incontrato ciascuno di loro pochi giorni prima che venissero uccisi”, aveva raccontato l’Arcivescovo Teissier in una intervista a Mondo e Missione. Lui stesso, a partire da quegli anni, fu costretto a muoversi sotto scorta. “I nostri fratelli e sorelle uccisi” aggiungeva l’Arcivescovo parlando dei nuovi martiri d’Algeria “celebravano o partecipavano alla Messa ogni giorno, consapevoli che forse sarebbe stata l’ultima volta. (…). Sono stati vittime delle violenze nei posti in cui vivevano ed erano conosciuti. Gli attentatori volevano dimostrare che quelle relazioni e quella condivisione dovevano avere fine. Ma non è stato così. La grande maggioranza di preti, religiosi, religiose e laici ha deciso di restare”.
Nei lunghi anni vissuti al servizio del popolo algerino e della Chiesa locale, l’Arcivescovo Teissier ha dedicato con passione il suo tempo e le sue energie a riscoprire e divulgare l’attualità delle grandi figure africane dei primi secoli cristiani, a cominciare da Sant’Agostino. “Gli europei” spiegava Teissier “devono sapere che una parte notevole delle loro radici cristiane latine si trovano nel sud del Mediterraneo. E gli abitanti del Maghreb devono allo stesso modo conoscere il ruolo che i loro antenati hanno svolto in una tradizione culturale e religiosa che ora sembra completamente estranea alla loro terra. Una presa di coscienza che può anche avere la sua importanza per le giovani Chiese d’Africa che vedono le proprie fonti spirituali come unicamente europee, dimenticando non solo le origini orientali della Bibbia e lo sviluppo della patristica orientale, ma anche il ruolo dell’Africa romana”. In una sua relazione del 2003, l’Arcivescovo di Algeri ricordava tra l’altro che “Verso il 200, al primo Concilio di Cartagine, si contano già settanta vescovi dell’Africa romana sotto la presidenza di Agrippino. Nello stesso periodo, in Italia del nord non si sa se ci fossero altri vescovadi all’infuori di quelli di Roma, Milano e Ravenna”. Del resto – aggiungeva Teissier - l’influenza africana a Roma si era fatta sentire “già fin dal 189, quando Vittore, un africano di Leptis Magna, viene eletto papa a Roma (189-198). Ciò dimostra il posto che doveva avere la Chiesa d’Africa a Roma fin dalla fine del secondo secolo. E nel terzo e quarto continuerà ad aumentare”.
Nel 2001 l’Arcivescovo Teissier era stato protagonista del grande convegno su Sant’Agostino organizzato a Algeri per riscoprire l’africanità e l’universalità del Santo Vescovo d’Ippona. “Durante la crisi integralista in cui è sprofondato il Paese dal 1990 al 2000” ricordava Teissier “la prima battaglia per la libertà, legata ad Agostino, è stata quella per ottenere di parlare liberamente di lui nella società algerina”, in quanto i settori integralisti bollavano il Santo di Ippona come un “infedele” sottomesso all’imperialismo “occidentale” dell’Antica Roma. Secondo l’Arcivescovo Teissier, “Una delle più gravi ingiustizie fatte ad Agostino è stata quella di dipingerlo come un partigiano della coercizione in nome della verità”. Nei suoi interventi dedicati ad Agostino, l’Arcivescovo Teissier ricordava come il Santo de Le Confessioni e della Città di Dio, "dopo la sua conversione a Cassiciacum e il battesimo a Milano abbia voluto ritornare nella sua terra natale per non abbandonarla più e inscrivere tutta la sua opera entro la Chiesa d’Africa. Questa libertà di situarsi all’interno della sua propria cultura, Agostino la esercita anche all’interno della Chiesa”.
In un’intervista del 2001 pubblicata sul mensile 30Giorni, l’Arcivescovo Teissier sottolineava quanto fosse utile per la missione attuale della Chiesa riscoprire la figura di Agostino d’Ippona e la sua teologia della grazia, ricolma di preziose suggestioni su come si può comunicare la novità cristiana agli uomini e alle donne del tempo presente: “I nostri amici musulmani” rimarcava in quell’intervista l’Arcivescovo Teissier “desiderano che la religione abbia tutta la sua importanza nella vita totale della società. Non accettano la distinzione tra temporale e spirituale che (più o meno facilmente) si fa tra i cristiani, e dicono che tutta la civitas deve essere sottomessa alla legge di Dio. Quando Agostino cammina nella città di Dio cammina contemporaneamente nella città degli uomini, e indica certamente l’imprescindibilità della città di Dio nell’esistenza dell’uomo, però non c’è teocrazia. L’importante non è avere un capo cristiano religioso che imponga per obbedienza religiosa le sue convinzioni alla società, ma che ciascuno dei credenti si apra alla grazia di Dio, al dono di Dio”. (GV) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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ASIA/INDIA - Due statue della Madonna e di Madre Teresa distrutte da vandali in Bengala Occidentale
 
Baruipur (Agenzia Fides) - Due statue della Beata Vergine Maria e di Madre Teresa di Calcutta, collocate in due grotte fuori dalla chiesa del Sacro Cuore a Morapai, nello stato del Bengala occidentale, sono state distrutte da vandali ignoti. Don Soosaiappan, il parroco, e p. Gautam Naskar, viceparroco, se ne sono accorti alle 6 del mattino del 28 novembre. Hanno informato il capo del consiglio del villaggio e la polizia locale.
“Le due immagini sono ridotte in frantumi” ha riferito mons. Shyamal Bose, Vescovo della diocesi di Baruipur, dove si trova la parrocchia, visitando il luogo. "Le autorità ci hanno assicurato di arrestare i colpevoli al più presto e sostituiranno immediatamente tutte le immagini" ha detto il Vescovo.
In una nota pervenuta a Fides, il Global Council of Indian Christians (Gcic), ha espresso preoccupazione e sgomento per i diversi incidenti di violenza anticristiana che si stanno verificando in diversi stati dell'India, soprattutto nelle aree tribali. In vista del Natale, il Consiglio dei cristiani auspica che "possano prevalere pace e armonia nella società indiana, e che Cristo, principe della pace, porti pace e sicurezza ai fedeli Indiani”.
Secondo il sito web "MapViolence", gestito dallo United Christian Forum (UCF), che monitora gli episodi di violenza e ostilità contro la comunità cristiana in India, la maggior parte degli episodi di violenza si registra negli stati di Uttar Pradesh, Madhya Pradesh e Chhattisgarh. A partire dal 1° settembre fino a oggi, 2 dicembre, gli episodi di violenza anticristiana, su persone, oggetti o luoghi, segnalati nell'intera nazione, sono 76. In tutto il 2020 (gennaio-novembre) sono 250.
Alla radice di tali violenze, spiega l'UCF, vi è la diffusione di notizie false o di propaganda tendenziosa: si afferma, ad esempio che i cristiani starebbero cercando di convertire fedeli indù, anche offrendo denaro. Tali notizie, diffuse ad arte sui social media, innescano reazioni violente. "I cristiani indiani rispettano la legge e nutrono benevolenza nei confronti dei concittadini" ribadisce l'UCF.
(SD-PA) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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ASIA/FILIPPINE - Diritto alla vita e alla salute: la Chiesa in prima linea nella lotta all'Aids
 
Manila (Agenzia Fides) - Anche in tempo di pandemia, urge uno sforzo comune e collettivo per combattere l'Aids e porre fine ai pregiudizi e allo stigma che colpisce quanti sono sieropositivi. "La nostra nazione e tutto mondo è chiamato a solidarietà ed empatia con coloro che ne soffrono. Tutti dobbiamo lavorare insieme nella lotta contro l'Aids" ha detto il Camilliano p. Dan Cancino, Segretario esecutivo della Commissione episcopale per la sanità. Parlando in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids, celebrata ieri, 1° dicembre, il Camilliano ha sottolineato che "bisogna continuare a sostenere le famiglie delle persone morte per gli effetti dell'AIDS”.
Secondo il Ministero della salute, nel Paese vengono segnalati quotidianamente in media 21 nuovi casi di infezione da Hiv. Le Filippine hanno segnalato 81.169 casi di Hiv/Aids da gennaio 1984 (quando si registro il primo caso) a ottobre 2020.
Intervenendo sul nodo della malattia, che non diminuisce in tempo di pandemia, la Christian Conference of Asia (CCA), un organismo ecumenico che riunisce Chiese protestanti di diverse denominazioni e la Chiesa cattolica, ha ribadito il suo impegno "a lavorare per una società libera dall'AIDS". Ricordando il tema della Giornata mondiale contro l'Aids 2020, "Solidarietà globale e responsabilità condivisa", Mathews George Chunakara, Segretario generale della CCA, ha affermato in una dichiarazione inviata all'Agenzia Fides: "Occorre riflettere sulle nostre azioni come comunità di fedeli e rafforzare i nostri sistemi sanitari, provati dalla crisi Covid-19". La pandemia Covid-19 sta costringendo i paesi a sospendere le loro risposte all'Hiv, nel campo della prevenzione, test e trattamento. Il Covid-19 ha reso le comunità più vulnerabili poiché i servizi diventano limitati". Chunakara ribadisce la responsabilità collettiva delle Chiese in Asia per combattere l'epidemia di Aids che affligge il mondo da 40 anni.
“La CCA, insieme alle organizzazioni che ne fanno parte, continuerà ad essere in prima linea nel movimento per il diritto alla vita e alla salute. Insieme, mettiamo fine all'Aids, chiedendo solidarietà globale e responsabilità condivisa, assicurando che nessuno venga lasciato indietro" ha aggiunto.
(SD-PA) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AMERICA/VENEZUELA - “Senza incontrarsi, senza dialogo autentico, non ci sarà benessere e fratellanza”: i Vescovi in vista delle elezioni
 
Caracas (Agenzia Fides) - La Commissione Permanente dell'Episcopato venezuelano rivolge un messaggio al popolo di Dio, in vista delle elezioni legislative per il rinnovo del parlamento unicamerale, indette per il 6 dicembre, ribadendo quanto già affermato: "lungi dal contribuire alla soluzione democratica della situazione politica che stiamo vivendo oggi, tendono ad aggravarla e non aiuteranno a risolvere i veri problemi delle persone” (vedi Fides 19/10/2020).
Allo stesso tempo, i Vescovi rilanciano l'appello urgente “a tutti coloro che dedicano i loro sforzi alla politica e alle varie organizzazioni della società civile, per continuare a compiere sforzi comuni per ripristinare i diritti democratici della nazione". Ricordano quindi che tutte le iniziative sono necessarie e importanti, come la consultazione popolare, in quanto “le persone hanno pieno diritto di esprimersi attraverso i canali legittimi garantiti dalla Costituzione, esprimendo la propria opinione come autentico soggetto sociale”.
Fedeli al loro ministero di Pastori e come cittadini del Venezuela, i Vescovi invitano “ad un serio discernimento che ci porti alla ricerca di una soluzione giusta, pacifica, democratica e concordata tra tutti i venezuelani, alla crisi multiforme che colpisce il Venezuela”. Esortano quindi a non lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, al contrario, “dobbiamo continuare a fare tutto il possibile e a lavorare per l'unità, la pace e la prosperità della nazione, ponendo il bene comune al primo posto”.
Nel messaggio i Vescovi sottolineano che “il popolo venezuelano anela certamente a un cambiamento pacifico della situazione, per il quale vuole esprimersi con il voto, in condizioni giuste, eque e uguali per i partiti. Altrimenti, dandosi le spalle, senza riconoscersi e accettarsi, qualsiasi risultato rafforzerà il confronto più della sincera ricerca di una soluzione in cui tutti hanno una parte. Senza incontrarsi, senza riconoscimento reciproco e senza dialogo autentico, non ci sarà soluzione che porti benessere e fratellanza”.
I Vescovi si affidano all'intercessione del Venerabile José Gregorio Hernández e della Verine Maria di Coromoto, la Madre amorevole che ci accompagna e che “ci ha fatto il meraviglioso dono del grande liberatore di tutta l'umanità, la cui nascita celebreremo il prossimo Natale, Gesù, il Signore”. (SL) (Agenzia Fides 2/12/2020)
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AMERICA/HAITI - "La popolazione sta perdendo la speranza, ma noi continuiamo ad annunciare Cristo Redentore": testimonianza di un missionario
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – "La popolazione sta perdendo la speranza, sembra che non ci sia via di uscita, ma come Chiesa continuiamo ad annunciare Cristo Redentore!" afferma il missionario redentorista, padre Renold Antoine CSsR, che ha inviato a Fides una sua testimonianza della situazione ad Haiti che riportiamo di seguito.
"Da diversi mesi il Paese soffre una situazione drammatica sotto diversi aspetti. Il caos e l’anarchia si stanno diffondendo nelle strade. Molte attività su tutto il territorio nazionale stanno lavorando a metà. La vita in alcuni luoghi diventa impossibile. Manifestazioni pianificate e spontanee, violente o pacifiche, di tutti i settori e le forze della società haitiana, occupano le strade di tutte le grandi città del Paese.
C’è una corruzione generalizzata, che è un cancro per il Paese. Vediamo aumentare rapine, crimini organizzati e sequestri di persone, si accentua ogni giorno il proliferare di gruppi armati nei quartieri popolari.
In questi giorni si sono alzate delle voci da tutti i settori per denunciare l’insicurezza generalizzata che sta vivendo il Paese e per chiedere al governo nazionale di assumersi le proprie responsabilità per la tutela della vita e dei beni della popolazione. Purtroppo vediamo che la paura si impadronisce di tutti, e in tutti i settori della popolazione, poiché sono tutti vittime dei banditi armati.
Molte persone perdono la speranza, perché sembra che non ci sia via d’uscita per risolvere questa situazione caotica. Come Chiesa locale, continuiamo ad annunciare Cristo, perché in Lui c’è redenzione piena. Allo stesso tempo invitiamo i protagonisti a sedersi e a cercare in modo comune le soluzioni adeguate per far uscire il Paese da questo labirinto, poiché nessun gruppo particolare può in modo magico risolvere questa crisi acuta che il Paese sta attraversando.
Come abbiamo detto più volte, Haiti si salverà quando ci sarà un dialogo sincero, in cui tutti i protagonisti partecipino e mettano al primo posto l’interesse collettivo" conclude Padre Renold Antoine CSsR, Missionario Redentorista ad Haiti.
La situazione nel paese caraibico sta degenerando sempre di più. Due giorni fa Luis Abinader, il presidente del paese vicino, la Repubblica Dominicana, ha fatto delle dichiarazioni riguardo ad Haiti: "Non possiamo aiutare Haiti, siamo anche noi un Paese con troppi problemi per prenderci cura di un altro Paese che è il più povero dell'emisfero occidentale. In effetti, non è necessario essere esperti di politica internazionale per pensare che uno Stato in via di sviluppo si assuma l'arduo compito di assumersi la responsabilità di un altro, tanto meno nelle circostanze attuali. Senza dubbio, la Repubblica di Haiti come Stato ha fallito. Ciò è dovuto principalmente alla visione a breve termine e all'individualismo della sua classe politica, che non compie sforzi significativi per lottare per il progresso collettivo. Di conseguenza, manca di istituzionalità e di certezza del diritto.”
In un messaggio a conclusione dell’Assemblea plenaria, con il titolo: "Non lasciatevi rubare la vostra speranza", la Conferenza Episcopale di Haiti ha espresso preoccupazione sulla realtà di violenza e ha denunciato le situazioni che devono cambiare, chiedendo a tutte le parrocchie di Haiti tre giorni di "Preghiera, digiuno e intercessione per la conversione e per la liberazione del paese", dal 5 al 7 dicembre (vedi Fides 01/12/2020)
(CE) (Agenzia Fides 02/12/2020)
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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

Tutto sull'arrivo del nuovo arcivescovo Mons. Riccardo Lamba

  LA CHIESA UDINESE ACCOGLIE IL NUOVO ARCIVESCOVO MONS. RICCARDO LAMBA Un momento storico, di grande solennità e festa, sarà celebrato domen...