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giovedì 28 maggio 2020

Agenzia fides 28 maggio 2020

VATICANO - L'Arcivescovo Dal Toso: "Per il Papa è prezioso il contributo delle POM alla missione universale della Chiesa"
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il cuore delle Pontificie Opere Missionarie batte dove batte il cuore della Chiesa”: con questa espressione l'Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie (POM) e Segretario aggiunto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, commenta in un’intervista all’Agenzia Fides il Messaggio che Papa Francesco ha voluto donare alle Pontificie Opere Missionarie (vedi Fides 22/5/2020). Il messaggio è stato accolto dalle POM “con stupore e gratitudine”, come un appello che “vuole aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale”. "Il Papa invita le POM a vivere l’originarietà del loro carisma, per una Chiesa realmente missionaria", osserva mons. Dal Toso. Ecco il testo completo dell’intervista rilasciata a Fides:

Come le POM hanno accolto il messaggio del Papa?

Con stupore e gratitudine. Sono rimasto contento quando ho appreso dell’intenzione del Papa di inviare un messaggio alle Pontificie Opere Missionarie. Del resto, come Egli stesso ha scritto, il suo desiderio era di visitarci nel corso della nostra Assemblea generale, che si doveva tenere in questi giorni, ma purtroppo è stata sospesa a motivo della pandemia in corso. Leggo tutto questo in primo luogo come segno di attenzione speciale a questa Istituzione che ha quasi 200 anni di storia e che tanto bene ha fatto alla Chiesa: senza le POM la missione evangelizzatrice della Chiesa, soprattutto negli ultimi cento anni, non avrebbe portato i frutti che ora vediamo. Per me dunque il Messaggio del Papa è motivo di gratitudine e, nello stesso tempo, di riflessione per le sfide che abbiamo davanti e che il Papa ha opportunamente indicato. Non dimentichiamo che le POM sono una rete universale, con ca. 120 direzioni nazionali e incaricati in ogni diocesi.

Il Messaggio tocca l'identità e la natura delle Opere: come può aiutare a rinnovarne la missione?

Papa Francesco dice spesso che senza radici non ci sono frutti. Lo scopo del Messaggio è esattamente quello di aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale. Nei suoi discorsi alle POM nel 2017 e nel 2018 il Papa ha parlato della necessità di questo rinnovamento. Perché? Perché il mondo e la Chiesa di oggi non sono più quelli di 50 anni fa e dunque questo ci pone anche di fronte alla domanda: come parlare al cristiano di oggi e come declinare la missione nel mondo di oggi? Sappiamo tutti che il paradigma missionario non è più necessariamente quello da nord a sud, ma piuttosto quello di una Chiesa comunione che si sostiene mutuamente nella missione, condividendo quanto si ha. Il problema non è – e il Papa lo dice proprio in riferimento al carisma – quello di cambiare identità, ma piuttosto di rispondere, con il carisma, alle necessità della Chiesa e del mondo di oggi. Ho più volte detto nei miei incontri che, se Papa Francesco chiede una Chiesa missionaria, allora anche noi dobbiamo chiederci come il nostro carisma, che è un carisma missionario, può aiutare la Chiesa nella conversione missionaria.

Quali sono, a suo parere, i punti qualificanti del testo?

Credo sia centrale la fede: mi rincuora molto e mi incoraggia il fatto che il Papa abbia collocato il carisma nel contesto della missione, e la missione nel suo riferimento a Cristo, e dunque alla fede. La missione esiste perché ne va della fede come adesione personale a Cristo, sia del missionario che della persona che riceve l’annuncio della fede. In questo senso l’istituzione ha il suo senso nel favorire questo movimento fondamentale da Cristo all’uomo e viceversa. Il Papa parte da questa considerazione e perciò ritengo questo il fulcro del Messaggio. Poi certamente ci sono molti altri aspetti di ispirazione per noi: l'azione dello Spirito Santo, la riscoperta del carisma originario con l’accento sulla preghiera e sulla carità; il sostegno alla Chiesa locale; la caratteristica di questo carisma di essere vissuto dal semplice fedele e dunque la partecipazione del battezzato alla missione della Chiesa; il legame specifico con il ministero petrino, di cui siamo strumento.

In che modo pensa si possano evitare le “insidie” citate?

Le insidie ci saranno sempre e il Papa ci incoraggia ad affrontarle, come ogni buon padre con un figlio. Purtroppo devo anche riconoscere che troppo spesso delle POM viene considerato solo l’aspetto finanziario. Ma il Papa ricorda che il carisma e l’istituzione si appartengono mutuamente, e c’è sempre bisogno di riprendere la freschezza del carisma perché l’istituzione mantenga la sua funzione fondamentale di tutelarlo e di rendere permanente la sua fecondità missionaria. Il rinnovamento in atto, per il quale Papa Francesco ci dà preziosi consigli, esprime esattamente il nostro desiderio di non perdere l’originarietà del carisma stesso e di viverlo oggi. Per essere più concreti, da un anno le POM stanno attraversando una riflessione ai diversi livelli, internazionale, nazionale e diocesano, proprio per capire dove situare il rinnovamento e come applicarlo. Credo che la strada indicata da Papa Francesco, e cioè da una parte l’attenzione alle insidie, e dall’altra i consigli per il cammino, siano i binari sui quali il rinnovamento potrà procedere sicuro.

Quale strada percorreranno in futuro le POM?

Da sempre scopo delle POM è aiutare tutti a vivere una fede missionaria e universale. Nel 2022 compiremo 200 anni di vita e proprio in questi giorni ci ha raggiunto la bella notizia che è stato riconosciuto il miracolo della fondatrice della prima Opera, Pauline Jaricot, che ha dato una struttura fondante a tutta la nostra attività. Quindi c’è già una strada tracciata. Pensiamo solo a cosa significa la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, che, fin dal 1926, vuole coinvolgere tutte le parrocchie del mondo nella animazione missionaria. Penso ai tanti malati che offrono le loro sofferenze per la missione in quei Paesi dove le POM lavorano con i malati. Pensiamo all’aiuto finanziario che continuiamo ad offrire, grazie alla condivisione di molti, e per il quale porto qualche esempio, riferendomi al 2019: per ognuno dei quasi 25.000 seminaristi maggiori dei paesi di missione (Asia, Africa, Oceania e, in parte, America Latina) diamo un contributo di 450 dollari Usa, che in alcuni Paesi copre quasi la totalità del costo annuale della formazione; ogni circoscrizione ecclesiastica dei Paesi di missione riceve un contributo per le spese ordinarie per un importo totale di più di 27 milioni di dollari Usa; abbiamo finanziato progetti di educazione scolastica per circa 7 milioni di dollari Usa. Oppure penso al fatto che ogni anno contribuiamo con più di 11 milioni di dollari alla formazione e al sostentamento dei catechisti laici, che nei territori di missione sono animatori fondamentali delle comunità cristiane. In questo momento stiamo aiutando molte Diocesi rimaste senza sostegno a motivo del Covid-19. Questo impegno, materiale e spirituale, dovrà continuare, anche perché sono le Chiese locali a chiedercelo, ma in quello spirito che il Papa ha sottolineato: il cuore della missione è risvegliare la fede nella comunione della carità. E vorrei aggiungere che questo non può essere uno sforzo delle sole POM. Questo è un criterio sul quale siamo chiamati a misurare tutta la nostra azione ecclesiale. E il cuore delle POM batte dove batte il cuore della Chiesa.
(Agenzia Fides 28/5/2020)
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VATICANO - Il Segretario generale dell'Opera della Propagazione della Fede: Pauline Jaricot, una laica con il cuore rivolto all'evangelizzazione
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare il Decreto con il quale la Chiesa riconosce il miracolo attribuito all'intercessione della nostra amata e venerabile Fondatrice, Pauline Marie Jaricot. Questa notizia ha riempito il mio cuore e il cuore di tutti i membri della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede e, in effetti, l'intera famiglia delle Pontificie Opere Missionarie con grande gioia e ringraziamento. Pauline non è stata solo ispirata a creare una rete mondiale di preghiera e carità a sostegno della Chiesa nelle terre di missione, ma ha dedicato tutta la sua vita e il suo patrimonio familiare a questo beato impegno. Era una donna di profonda fede e virtù cristiana, con un particolare amore per l'adorazione eucaristica e la preghiera del Rosario": con queste parole padre Tadeusz J. Nowak, OMI, Segretario generale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede commenta a Fides la promulgazione del Decreto che riconosce il miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Paoline Marie Jaricot (vedi Fides 27/5/2020).
Il Segretario generale prosegue: "Durante la sua vita, ha sopportato molte sofferenze, sia fisiche che spirituali. Tuttavia, nonostante tutte le sue prove, è rimasta ferma nella sua dedizione e perseveranza per il lavoro che ora è una rete mondiale a sostegno della sollecitudine del Santo Padre per le missioni e le giovani Chiese nei territori di missione. È rimasta una laica dedita al servizio di Cristo e della Sua Chiesa, profondamente impegnata nell'evangelizzazione del mondo. Ora intercederà per l'intera Chiesa, ma avrà sicuramente un posto speciale nel suo cuore per tutti i membri della rete mondiale di preghiera e carità che ha fondato: mentre il mondo si trova nella crisi provocata dalla pandemia, c'è grande speranza e gioia nella certezza della comunione dei Santi. La nostra amata fondatrice, Pauline, che presto sarà proclamata beata, continua a guidare la meravigliosa opera delle Pontificia Opera Missionaria per la diffusione della Buona Novella nel mondo".
Pauline Maria Jaricot, Fondatrice del “Consiglio della Propagazione della Fede” e del “Rosario Vivente”, nacque il 22 luglio 1799 a Lione (Francia) e vi morì il 9 gennaio 1862, nella miseria e nell'indifferenza generale. Benedetto XV elevò l'Opera da lei fondata a “Pontificia” e trasferì la sua sede da Lione a Roma. Papa Giovanni XXIII l'ha dichiarata venerabile il 25 gennaio 1963. Il 26 maggio 2020 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante il miracolo attribuito alla sua intercessione. (SL) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/UGANDA - “Diversi Vescovi hanno chiesto di potere accedere al Fondo di emergenza POM; le necessità sono tante”
 
Kampala (Agenzia Fides) – “L'Uganda è ancora sotto blocco imposto dal 21 marzo. C'è stato un certo allentamento di alcune misure ma mantenendo le distanze sociali e indossando la mascherina in strada e in qualsiasi tipo di incontri” dice p. Pontian Kaweesa, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Uganda che all’Agenzia Fides descrive la situazione della Chiesa e del Paese bloccato per la pandemia da COVID-19.
“A causa del divieto dei servizi religiosi nei luoghi di culto, le persone continuano a pregare privatamente nelle loro case. Si è dato quindi nuovo slancio alla Chiesa domestica. Ho ricevuto molte testimonianze di persone e famiglie che leggono insieme la Bibbia e recitano preghiere nelle loro case; il Rosario, le Litanie di Nostra Signora e la coroncina della Divina Misericordia”. Moltissime persone e famiglie inoltre guardano la Messa ogni giorno soprattutto in TV e quelle trasmesse in streaming sui loro smartphone e alla radio”. Diverse famiglie inoltre seguono la Messa quotidiana del Santo Padre da Roma con le sue omelie così edificanti e molte persone hanno pregato con lui e per le persone per le quali ha sempre chiesto di pregare: infermieri, medici; i migranti, i rifugiati, i malati e quelli che sono morti a volte in solitudine” sottolinea p. Kaweesa.
P. Kaweesa sottolinea l’importanza del fondo d’emergenza delle POM mondiali per le attività caritative della Chiesa in Uganda. “Vi sono situazioni di emergenza che hanno richiesto l'attenzione della Chiesa in molte diocesi dell'Uganda. Per citarne solo alcuni, abbiamo case per portatori di handicap o invalidi come la casa di Nalukolongo (Papa Francesco ha visitato questa casa durante la sua visita apostolica in Uganda nel 2015); a Kisenyi e Busega” dice. “Due congregazioni, quella dei “Missionaries of the Poor” composta da laici fratelli e sacerdoti e l'altra delle “Missionaries of the Poor Nuns", composta da religiose, hanno case e istituzioni che si prendono cura dei malati, degli affamati e dei portatori di handicap intorno alla città di Kampala. Offrono pasti quotidiani a una gran numero di persone che altrimenti non avrebbero da mangiare e imboccano coloro che hanno problemi fisici così gravi da non essere autosufficienti”. P. Kaweesa cita uno di loro, p. Borals, “Abbiamo alcuni adulti e bambini mentalmente turbati con HIV / AIDS che sono più difficili da gestire, ecco perché i loro genitori li abbandonano”. Il monastero ospita oltre 282 adulti e bambini senzatetto e un dispensario medico che serve lo slum di Mengo-Kisenyi. Fornisce anche borse di studio ad oltre 400 bambini e giovani nelle scuole primarie e secondarie. P. Kaweesa ricorda inoltre che “nella diocesi di Kasese nel sud-ovest dell'Uganda, le piogge torrenziali hanno provocato inondazioni e frane che hanno devastato l'ospedale di Kilembe e provocato lo sfollamento di diverse persone. Le strutture diocesane sono state convertite in un ospedale e migliaia di persone vengono curate in due vicine scuole primarie”. “Alcuni Vescovi che devono affrontare emergenze di questo tipo nelle loro diocesi, hanno richiesto il Fondo speciale di emergenza POM per le vittime del Coronavirus” dice p. Kaweesa. “Ho inoltrato la loro richiesta alla Nunziatura in Uganda e sto aspettando di ricevere risposta da Roma. Confido che le loro domande riceveranno una risposta adeguata. Ho inviato una lettera a tutti i Vescovi in Uganda e li ho informati del Fondo di emergenza POM COVID-19 a Roma a cui anche loro possono contribuire”. “Le persone al momento fanno fatica a offrire un contributo” ammette il Direttore Nazionale delle POM tuttavia “a livello nazionale molte società, banche e istituzioni finanziarie, individui, diocesi e la Conferenza episcopale dell'Uganda (UEC) hanno offerto denaro, generi alimentari e veicoli alla Task Force nazionale per aiutare i bisognosi. Possiamo solo sperare e pregare che questo spirito di preghiera e carità continui anche dopo la fine della pandemia. La missione e l'evangelizzazione ne usciranno così rafforzate” auspica p. Kaweesa. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/KENYA - Con l'aumento dei contagi per Covid 19, si aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili
 
Nairobi (Agenzia Fides) – L’emergenza sanitaria causata dal Covid 19 aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili. In prima linea per rispondere alle esigenze dei piccoli assistiti negli istituti di cura cattolici vi è l’Association of Sisterhoods Kenya (AOSK). Come Fides ha appreso dal programma Catholic Care for Children Kenya" (CCC-Kenya), sono emerse varie difficoltà come l’interruzione delle donazioni a favore delle case che si occupano di bambini, con la conseguente carenza di approvvigionamento di prodotti alimentari, dispositivi sanitari di protezione, acqua corrente e tutte le misure principali atte a contenere la diffusione del virus.
In un rapporto redatto dal suor Delvin Mukhwana, coordinatrice del programma CCC-Kenya, e inviato a Fides, emergono le diverse sfide affrontate dalle istituzioni cattoliche: la maggior parte delle case e le piccole istituzioni cristiane dipende da benefattori che attualmente non sono in grado di garantire le offerte necessarie.
L’AOSK, da parte sua, ha risposto a questa crisi inviando fondi ai vari istituti di assistenza all'infanzia (CCI) per sostenerli nell'acquisto di beni di prima necessità. In totale, hanno beneficiato di questo fondo 127 CCI che ospitano oltre 10.000 bambini e oltre 5000 beneficiari indiretti.
Suor Mildred Nekesa, amministratrice della Madre Ippolita Children's Home Ndithini, diocesi di Machakos, si è detta grata dell’enorme contributo dell’AOSK e ha sottolineato che, durante il momento più difficile della pandemia di Covid-19, l’Associazione ha sostenuto la loro CCI con fondi per acquistare cibo, sapone, disinfettanti, maschere per il viso e per fare fronte ad altre importanti esigenze dei bambini.
Secondo le informazioni del Ministero della Salute keniota, il 27 maggio il paese ha registrato 123 contagi, il più alto numero di casi di Coronavirus in un solo giorno e tre decessi in un colpo solo.
Attualmente il numero totale di contagiati all’interno del paese è 1471. Il Ministro Mutahi Kagwe ha specificato che dei 123 casi, 85 arrivano dalla Capitale, compreso lo slum di Mathare con 33 contagi e quello di Kibera con 14, più altri casi distribuiti in altre zone povere della città, ma anche in quartieri commerciali e popolosi. A Mombasa, e particolarmente nella Città Vecchia, altri 24 casi, mentre dopo più di due mesi viene segnalato un caso nella Contea di Kilifi. Il positivo più giovane ha un anno, quello più vecchio ne ha 76.
(AP) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/NIGER - Divelta la croce, simbolo della parrocchia di p. Maccalli
 

Niamey (Agenzia Fides) – E' stata divelta la croce simbolo della parrocchia di p. Pierluigi Maccalli, il missionario della Società delle Missioni Africane rapito nel settembre 2018. “Secondo le testimonianze raccolte, la croce di ferro era stata fissata nel 1995, anno della creazione della parrocchia. Si tratta della stessa dove è stato rapito P. Pierluigi Maccalli il mese di settembre del 2018. Portare via lui è stato anche divellere la croce dal territorio di Bomoanga, sperduto nella savana di confine, a metà del nulla” dice all’Agenzia Fides p. Mauro Armanino, confratello di p. Macalli.
“Sulla collina andavano in pellegrinaggio soprattutto per domandare la pioggia nei duri tempi della siccità di stagione. Pioveva a dirotto ogni volta, prima ancora che la preghiera finisse. Anche i musulmani del paesino invitavano i cristiani, vista l’efficacia ‘empirica’ della preghiera, ad andare sulla collina della croce a un paio di miglia dal villaggio. La croce, alta e in ferro, si vedeva dal villaggio, fino a due settimane fa” racconta p. Armanino.
“Venerdì 15 maggio uomini ignoti sono saliti attrezzati sulla collina e hanno divelto la croce, solidamente avvitata al cemento tramite bulloni a prova di ruggine. Hanno strappato la croce dal suo posto e l’hanno poi deposta su una pietra non lontano” afferma il missionario. “Si presume siano stati coloro che la stampa e la gente chiama i ‘jihadisti’, armati e a volte incappucciati che traversano e terrorizzano i cristiani e la gente dei villaggi della regione”. “All’inizio del mese - continua il missionario - loro o altri affiliati, hanno reso visita al capo villaggio ricordando i comandamenti guida della loro strategia: evitare di denunciarli alle forze governative, non tagliare alberi, evitare l’alcol e soprattutto rifiutare tutto ciò che non sia l’Islam”. “Questi sono i precetti che li accompagnano e che, grazie alle armi e all’abbandono delle Forze di Difesa e di Sicurezza, mantengono in uno stato costante di paura i contadini del posto e in particolare i cristiani. Questi ultimi, ormai da tempo, non si riuniscono più nella chiesa che Pierluigi aveva concepito e poi realizzato per loro e con loro. La paura li spinge a pregare nelle case e le porte della chiesa sono chiuse. La croce strappata è allora il simbolo di quanto si cerca di strappare ad ogni costo dal cuore della gente: la fede vissuta nel Vangelo che libera. I contadini sono pazienti e sanno bene che la croce è scritta sulla terra e nessuno potrà più portarla via” conclude p. Armanino. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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ASIA/BANGLADESH - Rilascio di detenuti per contenere il coronavirus: secondo la Chiesa è "un passo giusto"
 
Dhaka (Agenza Fides) - Dacca (Agenzia Fides) - “Accogliamo con favore la decisione del governo di rilasciare tremila detenuti. È un'iniziativa tempestiva. Molte persone, in carcere per reati minori o lievi, possono essere rilasciati in questa situazione di pandemia". Cosi afferma all'Agenzia Fides, Mons. Bejoy N. D’Cruze, Vescovo di Sylhet e presidente della Commissione episcopale per l'unità dei cristiani e il dialogo interreligioso, accogliendo con favore il passo annunciato dal governo bangladese di rilascire i detenuti con pena minore di un anno di reclusione, come misura per evitare il sovraffollamento e contenre il contagio da coronavirus. Dopo alcuni casi di positività per Covid-19 registrati in carcere, le autorità hanno disposto il rilascio graduale di oltre tremila detenuti, iniziando a liberare oltre 385 prigionieri.
“Ho visitato le carceri nei mesi scorsi. Gesù ci ha insegnato l'amore e la cura di quelli che sono in prigione. E' nostra missione prenderci cura di chi è dentro la prigione", nota il vescovo. La Commissione episcopale per "Giustizia e pace" ha una specifica pastorale dei detenuti . P. Liton Hubert Gomes, sacerdote di Santa Croce, incaricato di quel ministero pastorale , racconta ad Agenza Fides che il Bangladesh ha circa 90.000 detenuti mentre la capacità massima degli istituti di pena è 40.000. Circa anche 180 sono cristiani, 40 dei quali stranieri. “È importante provvedere alla sicurezza, in tempo di pandemia: il rilascio di prigionieri è una decisione giusta ", afferma a Fides.
La pastorale nelle carceri prevede visite periodiche, con incontri e doni per i prigionieri e speciali liturgie come la messa nelle festività di Natale e Pasqua Padre Liton osserva a Fides : “In Bangladesh ci sono migliaia di prigionieri condannati per piccoli reati, molti sono innocenti o molti sono prigionieri di coscienza, come politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani. Sarebbe bello e auspichiamo che venissero rilasciati 30mila detenuti".
(FC-PA) (Agenzia Fides, 28/05/2020) 
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ASIA/LAOS - Zero decessi da Covid-19, ma un impatto negativo su economia e turismo
 
Vientiane (Agenzia Fides) - Nel piccolo e isolato Laos, un paese con sette milioni di abitanti nel cuore settentrionale del Sudest asiatico e con un governo di tipo socialista, con un partito unico al potere, i numeri del coronavirus sono così bassi da destare stupore: al 27 maggio i casi positivi al Covid-19 risultavano solo 19 con zero decessi. Intanto due dei cinque pazienti affetti da Covid-19 all'ospedale Mittaphab di Vientiane sono risultati negativi al test e, se negativi per la seconda volta, potranno tornare a casa. Il “primato” del Laos, condiviso in Asia solo con Timor Est, Turkmenistan, Cambogia e Vietnam si osserva nonostante la vicinanza geografica con la Cina e l'enorme via vai di manodopera cinese in Laos: migliaia di operai cinesi sono impegnati a costruire la ferrovia veloce che deve collegare il Sud della Repubblica popolare a Singapore. Il tragitto, che oggi richiede giorni, entro qualche anno si potrà compiere in alcune ore.
Sebbene il Laos abbia reagito con prontezza ed efficacia isolando il virus prima che potesse colpire il fragile sistema sanitario nazionale, i suoi effetti si faranno comunque sentire in campo socio-economico: secondo il rapporto semestrale della Banca mondiale si prevede infatti che nel 2020 la crescita economica diminuirà almeno dell’1% o dell'1,8% nello scenario peggiore, e la pandemia aumenterà il disavanzo fiscale, con un aumento del debito. Lo shock avrà anche conseguenze anche sul mercato del lavoro e sulla povertà visto il forte calo nel settore del turismo che rappresenta l'11% dell'occupazione totale e il 22% nelle aree urbane.
Il Laos ha raggiunto una serie di obiettivi ambiziosi nello sviluppo grazie al piano di riforme di liberalizzazione del mercato (il “Chintanakhan Mai”) introdotto nel 1986. I livelli di povertà si sono dimezzati dal 46,0% del1993 al 23,3% del 2013 e la crescita del Pil è stata in media del 7,8% nell'ultimo decennio, con netti miglioramenti nel campo dell’istruzione e della salute. Nel 2018 i risultati di questa crescita, trainata principalmente dalle risorse naturali, dai settori energetici e dal turimo, hanno consentito al Laos di passare da Paese a basso reddito a medio-basso. Nel 2024 la nazione potrà essere formalmente rimossa dall'elenco dei Paesi “meno sviluppati”. Resta però un Paese con profonde difficoltà in zone geografiche isolate e in aree che sono ancora nella morsa di povertà, disoccupazione ed esclusione sociale. I segmenti socialmente più vulnerabili, come anziani, donne e bambini, pagano l’appartenenza a famiglie povere delle aree rurali remote il che è particolarmente vero per le famiglie di origine vietnamita o gli appartenenti a tribù montane, differenze etniche che hanno creato problemi con la maggioranza di etnia Lao.
(MG-PA) (Agenzia Fides 28/5/2020)

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