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venerdì 14 gennaio 2011

Il pensiero delle ACLI sul Caso Mirafiori

Mirafiori: Acli, salvaguardare investimenti. Senza estromettere rappresentanza PDF Stampa E-mail
Giovedì 13 Gennaio 2011 11:51
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Ogni investimento va salvato”, ma la produttività e la competitività non possono essere assicurate estromettendo pezzi di rappresentanza”. Il modello delle relazioni industriali è ormai “obsoleto”: serve “maggiore partecipazione dei lavoratori alle scelte e al destino delle imprese”.

Con un documento della presidenza nazionale, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani prendono posizione sulle vicende degli stabilimenti Fiat, accordando sostanzialmente un parere positivo al referendum di Mirafiori, richiamando l’azienda automobilistica italiana ai doveri di responsabilità sociale nei confronti del proprio territorio, invitandola a illustrare con maggiore chiarezza i dettagli dei propri progetti in Italia.  

C’è il pericolo, scrivono le Acli, che “con la crisi vengano messe in discussione le stesse basi materiali del sistema industriale”. Per questo, anche in ragione della “scarsa attrazione di capitali stranieri verso il Paese”, “ogni investimento va salvato, in tal modo garantendo ed aumentando l’occupazione”. Ma la Fiat non può ritenere “che la produttività e la competitività dei propri stabilimenti sia assicurata semplicemente estromettendo pezzi di rappresentanza dei lavoratori dalla vita aziendale”. “Ciò che oggi può sembrare una facile scorciatoia, potrebbe rappresentare in futuro un rischio di ingovernabilità delle relazioni industriali all’interno degli stabilimenti dell’auto”.

D’altro canto, aggiungono le Acli, “l’antagonismo sociale non può e non deve essere il metro esclusivo delle relazioni industriali”. “La Fiom faccia fino in fondo la sua parte rientrando in fabbrica ed esprimendo a pieno titolo la rappresentanza dei lavoratori che le hanno dato adesione. Solo così potrà pienamente assolvere al suo compito di essere sindacato dei lavoratori”.  

E’ tempo, secondo le Acli,  di “imprimere un deciso cambiamento al modello ormai obsoleto delle relazioni industriali”. Ci vuole “una chiara definizione dei diritti inalienabili di ogni rapporto di lavoro, compresi i contratti atipici, e su di essi inscrivere gli obblighi di un intero sistema economico, ma non si possono confondere con tali diritti le tutele e le conquiste sull’organizzazione del lavoro che sono state costruite nei decenni dell’economia fordista, in un contesto di sviluppo economico che la globalizzazione ha definitivamente superato”.

D’altra parte, la richiesta di maggiore responsabilità al mondo del lavoro deve essere accompagnata da “adeguati processi di partecipazione”. “L’abbandono dei vecchi modelli non potrà avvenire se non dentro un quadro di nuova democrazia economica che promuova la partecipazione dei lavoratori alle scelte e ai destino delle imprese. Gli stessi referendum senza questi presupposti rischiano di diventare vuote formulazioni rituali”. Nello specifico “è indispensabile che la Fiat illustri con chiarezza anche i dettagli dei propri progetti in Italia, non solo per rendere più chiaro il ruolo del nostro Paese nel contesto dell’internazionalizzazione dell’auto, ma ancor più per corrispondere alla responsabilità sociale nei confronti del proprio territorio a cui ogni azienda oggi non può sottrarsi”.  

Le Acli segnalano infine l’esigenza di porre “regole chiare della rappresentanza e vincoli di rispetto delle maggioranze”. “Qualsiasi sia l’esito del referendum – dicono le associazioni dei lavoratori cristiani – tutti dovranno prendere atto della volontà espressa dai lavoratori e sulle basi di quell’accordo promuovere le azioni conseguenti”.  

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