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EUROPA/ITALIA - Padre Maccalli è “un filo che ci unisce da 15 mesi: lo affidiamo al Signore” | |||
Crema (Agenzia Fides) – Sono passati quindici mesi dal giorno in cui non si hanno più notizie di padre Luigi Maccalli, sacerdote della Società per le Missioni Africane rapito in Niger nel settembre 2018 (vedi Agenzia Fides 18/9/2018). Tante persone continuano a mantenere vivo il suo ricordo nonostante questi lunghi mesi di silenzio: “Ti vorrebbero tutti subito nuovamente a casa per poterti abbracciare, pensarti al sicuro e in buona salute, stare in tua compagnia. Qualcuno ha detto che vorrebbe tanto poter accarezzare la tua barba. Manchi a tutti padre Gigi, a chi ha avuto la fortuna di conoscerti bene, ma manchi anche a chi ti ha conosciuto meno" scrive Lucia Pavan, laica che frequenta la comunità SMA di Crema. Prosegue la lettera giunta a Fides: “Esiste una ‘comunione di vite’ che va al di là dei tempi e dei modi. E la tua vita sta coinvolgendo e interrogando oggi la vita di molte persone, vicine o lontane. Che conoscevi o anche no. C’è un filo che ci unisce. A volte non lo vediamo, non ce ne accorgiamo, ma siamo tutti legati, gli uni agli altri. E ciò che mi capita, porta sempre un significato e una domanda a chi mi sta accanto, e viceversa. Nessuno sa che cosa tu stia vivendo. Nessuno sa accettare un’ingiustizia come il tuo rapimento senza farsi domande, senza reagire emotivamente. Ci sono momenti nella vita in cui possiamo solo affidarci al Signore e lasciare che Lui faccia. E così oggi, padre Gigi, vogliamo credere che anche in questo momento il Signore sta agendo attraverso la tua vita di padre missionario lì dove ti trovi, con chi hai accanto”. Dal Niger un giorno Padre Maccalli scriveva ai suoi amici: “La speranza è la virtù africana per eccellenza e molti sono coloro che sperano un futuro diverso”. “Non avresti mai voluto che tutte le nostre attenzioni – dicono oggi nella comunità che lo attende e prega per lui – si concentrassero solo per te. E così ti affidiamo al Signore, insieme ad ogni uomo che in questo momento è privato della sua libertà e della sua dignità. Dietrich Bonhoeffer dalla sua cella ad Auschwitz scriveva: Io credo che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa. Per questo egli ha bisogno di uomini che sappiano servirsi di ogni cosa per il fine migliore. Ciao Padre Gigi, chiediamo al Signore di custodirti, di darti forza e tanta speranza”. (LP/AP) (17/12/2019 Agenzia Fides) | |||
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AFRICA/MALAWI - Due importanti incontri ecclesiali in Malawi | |||
Blantyre (Agenzia Fides) - "L'incontro ci ha aiutato a pianificare e a prepararci al meglio all'Anno della Bibbia", ha detto il Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM), p. Vincent Mwakwawa, al termine della riunione di pianificazione dell'anno biblico, tenutasi presso il Centro Pastorale Nantipwiri, nell'Arcidiocesi di Blantyre. All’incontro hanno partecipato i membri delle POM, i Coordinatori Pastorali e gli appartenenti all’Apostolato familiare del Malawi. I partecipanti, provenienti dalle otto diocesi del Paese, hanno anche discusso della preparazione della festa dell'Epifania, che si celebrerà il 5 gennaio del prossimo anno nella diocesi di Karonga, nella Cattedrale di San Giuseppe operaio.“È stato anche un modo per capire come le POM possano aiutare a prendersi cura delle famiglie, in particolare formare i genitori come insegnanti dei bambini, e come trasformare una famiglia in una scuola di missione” ha aggiunto p. Mwakhwawa. Un altro importante incontro è stata l’Assemblea Generale Annuale Nazionale della Catholic Women Organization (CWO) tenutasi presso il campus principale della DMI University, nella diocesi di Mangochi, dal 12 al 15 dicembre. Aprendo l’incontro Sua Ecc. Mons. Montfort Stima, Vescovo di Mangochi, ha invitato le donne a rispondere alla chiamata di Dio alla santità. Sua Ecc Mons. Peter Martin Musikuwa, Vescovo di Chikwawa, durante la celebrazione dell'Eucaristia ha invitato le donne a essere operatrici di pace, giustizia e amore per i poveri nel Paese. Mons. Musikuwa, ha inoltre pregato le donne della CWO di usare correttamente i social media, dicendo che questi dovrebbero essere uno strumento per portare la salvezza alle persone e non indurle a peccare contro la volontà di Dio. P. Vincent Mwakhwawa, responsabile nazionale per i laici ha elogiato le opere della CWO in tutte le otto diocesi del Malawi. Lucy Vokhiwa, presidente della CWO in Malawi, ha annunciato che i membri della CWO svolgeranno sessioni di studio su tematiche quali l’Enciclica Laudato Si; la cura dei vulnerabili della società; il lavoro missionario delle donne cattoliche. (Agenzia Fides 17/12/2019) | |||
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ASIA/INDIA - La nuova legge sulla cittadinanza agli immigrati "è incostituzionale": appello alla "disobbedienza civile" | |||
New Delhi (Agenzia Fides) - "La nuova legge sulla cittadinanza (Citizenship Amendment Act 2019), approvata dal Parlamento e promulgata il 12 dicembre dopo la firma del Presidente dell'India, è palesemente discriminatoria, divisiva e draconiana. Inoltre è incostituzionale e va contro lo spirito democratico dell'India": lo afferma all'Agenzia Fides il Gesuita indiano p. Cedrik Prakash, attivista impegnato nel Jesuit Refugee Service, esprimendo i sentimenti della comunità cristiana in India. Il nuovo provvedimento rende ammissibili alla cittadinanza gli immigrati irregolari di comunità indù, cristiane, buddiste, sikh e zoroastriane provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, escludendo, in modo significativo, quelli di religione musulmana. Il governo opera una distinzione tra i musulmani, considerati "immigrati illegalmente", e i "rifugiati" che cercano di sfuggire alle persecuzioni nel loro paese di origine. Il Ministro degli Interni Amit Shah ha pubblicamente parlato di "infiltrati", riferendosi agli immigrati musulmani. La società civile indiana, scesa in piazza per protestare, lamenta la patente violazione degli articoli 14 e 15 della Costituzione indiana, che garantisce il diritto alla parità e alla non-discriminazione. Nota p. Prakash all'Agenzia Fides: "La legge ha un chiaro costrutto maggioritario e discriminatorio. Esiste un piano per istituire in India un 'Regno induista', come si diceva tra i gruppi estremisti indù già negli anni '30 del secolo scorso. Ma poi, grazie a indiani illuminati come Gandhi, Nehru, Patel, Ambedkar e altri, questo piano non è riuscito. Tuttavia, in modo surrettizio e insidioso, oggi questa mentalità è di nuovo in in ascesa". Il Gesuita prosegue: "Il cosiddetto 'approccio umanitario' nei confronti delle minoranze perseguitate in altri paesi, se fosse autentico, dovrebbe prendere in considerazione anche i Rohingya del Myanmar, i Tamil e i singalesi dello Sri Lanka, gli Hazara afghani e gli Ahmadi dal Pakistan. Se fosse un reale approccio umanitario, non dovrebbe discriminare nessuno". Ora, secondo gli attivisti cristiani in India, "il prossimo passo è un ricorso alla Corte Suprema, per far dichiarare la legge incostituzionale", nota. "L'unica opzione per noi, popolo dell'India - dice il Gesuita - è la disobbedienza civile. Diversi eminenti cittadini hanno intrapreso la disobbedienza civile. Per tutelare la nostra identità e democrazia, dobbiamo prendere spunto dal Mahatma Gandhi, che promuoveva la disobbedienza come forma di resistenza e di ribellione senza violenza". Conclude p. Prakash: "Dobbiamo agire rapidamente per garantire che il Citizenship Amendment Act sia ritirato prima che gli estremisti prendano il controllo delle nostre vite e della nazione". (PA) (Agenzia Fides 17/12/2019) | |||
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ASIA/TURCHIA - Il nuovo Patriarca armeno: la questione del Genocidio armeno strumentalizzata per strategie economico-politiche | |||
Istanbul (Agenzia Fides) - “Ci addolora vedere gli eventi capitati agli armeni 100 anni fa su queste terre, trasformati in strumenti di pressione economica, politica o strategica da parte dei Parlamenti di altri Stati. Riteniamo che questo conduca a una situazione che si rivolta in maniera inappropriata contro i nostri antenati”. Lo ha detto il nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli, Sahak II Machalyan, nelle prime dichiarazioni pubbliche diffuse dalla stampa turca dopo la sua elezione patriarcale e con evidente riferimento alla risoluzione approvata giovedì 12 dicembre dal Senato USA che ha riconosciuta il carattere genocidario dei massacri di armeni perpetrati durante la Prima Guerra Mondiale nei territori della Penisola anatolica. I media nazionali danno ampio spazio alla netta presa di posizione da parte del nuovo Patriarca, proposta come un tratto di forte connotazione dei primi passi del suo nuovo mandato ecclesiale. In un’intervista rilasciata a Sabah, subito dopo il voto del Senato USA, il neoeletto Patriarca armeno aveva minimizzato: “Queste cose non vanno prese troppo sul serio” aveva detto Sahak II, facendo notare che i parlamenti hanno il compito istituzionale di approvare leggi e risoluzioni, e questo non comporta nessun coinvolgimento da parte delle comunità e delle autorità ecclesiali armene. Nel contempo, il Patriarca ha comunque suggerito che le campagne di mobilitazione sul riconoscimento del Genocidio armeno fanno parte di strategie più ampie, e vengono usate come strumenti di pressione geopolitica. “Avremmo voluto” ha aggiunto il nuovo Patriarca “che gli eventi vissuti su queste terre fossero trattati dalle persone che vivono in queste terre; avremmo voluto il miglioramento delle relazioni tra Turchia e Armenia. E che le due parti potessero dialogare tra loro. È proprio perché le due parti non parlano tra loro che altri Paesi, dell'altra sponda dell'Atlantico, si arrogano il diritto di immischiarsi in queste vicende”. In altre dichiarazioni rilanciate negli ultimi due giorni dai media turchi, Sahak II ha richiamato la condizione singolare vissuta dagli armeni In Turchia, che in parte li differenzia dal resto delle comunità armene sparse nel mondo, anche riguardo alla memoria dei sanguinosi eventi del 1915. “Come armeni” ha detto il Patriarca di Costantinopoli “siamo integrati in Turchia e abbiamo legato il nostro avvenire con quello della Turchia. Siamo in armonia con tutte le componenti di questa nazione”. La scelta di vivere in Turchia – ha riconosciuto Sahak – comporta un modo particolare di vivere la memoria dei fatti di sangue vissuti dagli armeni nella Penisola anatolica (eventi che il Patriarca non definisce mai pubblicamente con l’espressione “Genocidio”). “Abbiamo vissuto il trauma del 1915” sottolinea Sahak II “e l'abbiamo superato in qualche modo, continuando a vivere qui. E naturalmente gli sviluppi politici registrati al di fuori della comunità armena della Turchia ci riguardano. E l'eccitazione provocata in Turchia ha come effetto quello di fomentare odio”. (GV) (Agenzia Fides 17/12/2019). | |||
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AMERICA/COSTA RICA - “La vita è sacra”: i Vescovi indignati per le norme sulla depenalizzazione dell’aborto | |||
San José (Agenzia Fides) – “Netto rifiuto e indignazione” per la firma della cosiddetta “Norma tecnica” sulla depenalizzazione dell’aborto da parte del Presidente Carlos Alvarado Quesada, è stata espressa della Conferenza Episcopale del Costa Rica, in quanto “contraddice il sentimento espresso, in modo molto chiaro, da un popolo convinto del suo amore per Dio e per la vita nascente". Nel comunicato intitolato “La vita umana è sacra”, pervenuto all’Agenzia Fides, i Vescovi ricordano di essersi sempre espressi “contro questa e ogni azione che intenda aprire la porta per attentare alla vita umana, specialmente quella dei più vulnerabili, come il bambino che deve nascere, perché il Vangelo della Vita è al centro del messaggio di Gesù”. Allo stesso tempo i Vescovi riconoscono l’onestà e l’impegno di quanti “hanno sostenuto che ogni vita ha valore”, specialmente i legislatori e i diversi settori sociali che lo hanno ribadito con fermezza. “I credenti devono difendere e promuovere il diritto alla vita” prosegue il comunicato, che invita a chiedere al Signore della vita che guidi il nostro cammino “come un paese sovrano, e non continui ad allinearsi alla cultura della morte che gli si sta imponendo”. Il Presidente della Costa Rica, Carlos Alvarado Quesada, ha firmato il 13 dicembre il decreto contenente il “regolamento tecnico” relativo alla depenalizzazione dell’aborto. L’interruzione volontaria della gravidanza era stata depenalizzata nel Paese nel 1970, se fatta “allo scopo di evitare un pericolo per la vita o la salute della madre”. In assenza di un decreto attuativo, tale normativa non era però applicabile nella sua interezza. Dopo le sollecitazioni della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), lo Stato ha predisposto il regolamento tecnico, che è stato approvato dal Fondo di previdenza sociale nazionale, ed è stato firmato dal Capo dello Stato il 13 dicembre. I Vescovi hanno sempre sostenuto la sacralità della vita umana fin dal suo concepimento e nel comunicato del 10 ottobre avevano espresso pieno appoggio alla campagna “40 giorni per la vita” che invitava a pregare “perché l’aborto non venga mai legalizzato in Costa Rica”. Con rispetto e piena convinzione che “la vita umana è inviolabile” secondo la Costituzione del Costa Rica, invitavano il Presidente della Repubblica “a non firmare la norma tecnica”, in quanto bisogna difendere quanti non hanno la possibilità di gridare per la loro vita. (SL) (Agenzia Fides 17/12/2019) | |||
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AMERICA/MESSICO - Tendere una mano ai migranti: iniziativa congiunta delle diocesi di frontiera di Brownsville e Matamoros | |||
Matamoros (Agenzia Fides) - La Casa del Migrante San Juan Diego e San Francisco, nella città di Matamoros, stato messicano di Tamaulipas, confinante con la parte meridionale dello stato statunitense del Texas, ha ricevuto tre tonnellate di cibo, oltre a una donazione in denaro, dall'organizzazione internazione dei Cavalieri di Colombo degli Stati Uniti. Secondo le informazioni diffuse dalla diocesi di Matamoros, pervenute a Fides, si tratta di una delle iniziative congiunte promosse dai Vescovi di questa regione di frontiera per assistere i migranti, attraverso la Pastorale Sociale nel nord di Tamaulipas e la Caritas del Texas. “In questo momento l'attenzione solidale è focalizzata su Matamoros, considerando l'arrivo di molti fratelli migranti in questa regione” ha detto il Vescovo di Brownsville, Mons. Daniel Flores, che insieme al suo Ausiliare, Mario Aviles, ha partecipato alla consegna degli aiuti. Quindi ha aggiunto: “invitiamo tutti e ognuno a continuare a sostenere la comunità migrante, senza giudicare e condannare". Il Vescovo di Matamoros, Eugenio Lira, ha commentato: "è un bel segno di solidarietà dei Cavalieri di Colombo, che hanno fatto uno sforzo per sostenere questa Casa del Migrante, dove si cerca di tendere una mano ai nostri fratelli e sorelle che, per vari motivi, hanno dovuto lasciare le loro case e sono venuti a cercare il sogno americano". La consegna degli aiuti è stata l’occasione, per i Vescovi, di incontrare i migranti del sud del Messico e del Centroamerica che sono temporaneamente ospitati nella Casa del Migrante, di ascoltare le loro angosce, necessità, tristezze e illusioni, prima di condividere la cena in un clima di fraternità e di speranza. Erano presenti anche i membri dei Cavalieri di Colombo della diocesi di Matamoros, l’équipe di coordinamento della Pastorale sociale, i collaboratori della Casa del Migrante, oltre a giornalisti di entrambi i paesi. (SL) (Agenzia Fides 17/12/2019) |
Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
mercoledì 18 dicembre 2019
Agenzia Fides 17 dicembre 2019
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