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lunedì 19 gennaio 2009

Gran Bretagna: sdegno per la campagna pubblicitaria che nega l'esistenza di Dio

Gran Bretagna: sdegno per la campagna pubblicitaria che nega l'esistenza di Dio

◊ “Probabilmente Dio non esiste. Smetti di preoccuparti e goditi la vita”: all’inizio di gennaio questo slogan pubblicitario è apparso su oltre 800 autobus in tutta la Gran Bretagna e nella metropolitana di Londra, scatenando la reazione dei cristiani inglesi. Come riportato dall’agenzia Zenit, la campagna pubblicitaria è sostenuta dall’Associazione umanista britannica, finanziata con oltre 140mila sterline (150mila euro) e dovrebbe essere riproposta, su scala minore, anche in Spagna. Il direttore nazionale dell’associazione Christian Voice, Stephen Green, ha dunque presentato una denuncia presso l’Advertising standards authority (Asa) accusando la pubblicità di essere ingannevole e di violare il codice “a meno che chi promuove l’annuncio non dimostri che probabilmente Dio non esiste”. Nel regolamento dell’Asa, infatti, si legge che “la pubblicità non può disorientare i consumatori. Ciò significa che chi la promuove deve avere prove che dimostrino ciò che annuncia sui suoi prodotti o sui servizi prima che l’annuncio compaia”. Secondo un portavoce dell’Asa, infine, l’authority ha accettato la denuncia e la valuterà nei prossimi giorni, riservandosi di decidere se contattare o meno chi ha promosso l’annuncio. (R.B.)

Presento un'intervista della Radiovaticana dal Bollettino del 13 gennaio:

Una trovata pubblicitaria che non giova al dialogo tra posizioni diverse: il commento di don Gianfranco Calabrese ai "bus dell'ateismo"

◊ Fa discutere la notizia diffusa ieri sui principali quotidiani italiani on line della campagna atea sull’inesistenza di Dio che sarà promossa a Genova dal prossimo 4 febbraio. Su alcuni autobus del capoluogo ligure campeggerà infatti lo slogan: "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno". Analoghe iniziative sono state lanciate nei mesi scorsi anche negli Stati Uniti, in Australia, in Inghilterra e in Spagna. Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di don Gianfranco Calabrese della diocesi di Genova, docente della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale:


R. - La pubblicità è sempre un modo di rendersi pubblico di alcune posizioni che vogliono, in qualche modo, farsi dello spazio. Se fosse un dibattito sereno, potrebbe starci, ma non vorrei fosse un modo polemico di reagire a delle posizioni nel segno di un anticlericalismo che ormai - secondo me - è datato, perché oggi c’è una forte ricerca d’incontro, di dialogo.


D. - La Chiesa, come dicono gli organizzatori di quest’iniziativa, è dunque così pervasiva da occupare tutti gli spazi?


R. - C’è un po’, in queste tesi, un motivo dominante: che la Chiesa parla sempre ed è sempre presente in tutte le cose. Ma io credo che il problema non sia che la Chiesa è presente: il fatto è che, in una società debole dal punto di vista dei valori, la maggioranza delle persone interpella la Chiesa perché vede in essa un riferimento a quei valori che vorrebbe trovare in altre figure, anche non della Chiesa, e che purtroppo non sono presenti. Quello che mi preoccupa di più, però, è che non vorrei che questi modi di agire - di tipo pubblicitario - creino polemicamente delle contrapposizioni che, in questo momento, nel nostro Paese non dovrebbero esserci, perché credo sarebbe bene lavorare insieme o almeno dibattere, ma non così, per slogan.


D. - Quanto impatto, quanta presa sulla gente può avere una pubblicità così?


R. - Può colpire all’inizio, ma di fatto non incide in profondità. Anche perché la gente, se è convinta, dentro, di certi valori positivi o negativi, conduce comunque la vita secondo questi valori, in particolare per cià che riguarda la religiosità, che io vedo - nel popolo italiano - molto radicata.

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