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martedì 8 giugno 2021

Fides News 8 giugno 2021

 

VATICANO - Suor Palmide Gamba, con cuore di madre ha generato tanti figli e figlie nella fede
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Suor Palmide Gamba, delle Suore Francescane Missionarie di Maria, è morta il 18 maggio 2021, i funerali sono stati celebrati il 20 maggio nella cappella del convento delle suore, a Grottaferrata (Roma). “La sua solerte dedizione alla missione della Chiesa cinese e lo straordinario zelo apostolico posto nell’accompagnamento spirituale delle Suore cinesi in Italia e nel suo servizio a Propaganda Fide” sono stati ricordati dal Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Cardinale Luis Antonio G. Tagle, nel messaggio di condoglianze alla Superiora generale del suo istituto. “Non ha mai mancato di affrontare ogni problematica con cuore di madre – prosegue il Cardinale – con discernimento e fiducia, figlia della virtù teologale della Speranza, si sentiva chiamata a comunicare la buona notizia del Vangelo a tutti”.
Nata a Brescia (Italia) il 21 luglio 1935, aveva frequentato il noviziato a Grottaferrata, dove aveva emesso i voti temporanei il 19 marzo 1965, e quelli perpetui a Macau, l’11 aprile 1971. Aveva studiato Lingue e letterature straniere all’Università di Pisa, Pastorale catechistica a Parigi e Letteratura cinese a Taiwan, dove per molti anni si è dedicata con generosità all’impegno pastorale. Nella vita religiosa ha ricoperto diversi incarichi di responsabilità: insegnante, superiora, consigliera generale e provinciale, formatrice, direttrice dell’associazione laicale, membro del “China team”…
Dopo alcuni anni di servizio negli uffici del Dicastero Missionario, in Vaticano, le era stato affidato l’incarico di occuparsi della formazione e dell’accompagnamento delle suore cinesi in Italia che sarebbero venute a Roma per completare i loro studi. Il suo desiderio era di andare a portare la Buona Novella in Cina continentale, ha ricordato chi la conosceva da lungo tempo. Non le è stato possibile a causa della situazione politica, ma allo stesso modo ha contribuito sia pure “a distanza” alla realizzazione del suo desiderio formando intellettualmente, spiritualmente e umanamente le suore cinesi che venivano a Roma.
Fede, semplicità, umiltà e gioia furono alcune delle virtù e delle qualità che suor Palmide ha incarnato. Era una donna piena di amore per Cristo, un bell’esempio di come si ama il Signore e i fratelli e le sorelle. E’ stata veramente una “madre” che ha generato tanti figli e figlie nella fede, soprattutto per la Chiesa in Cina, ha aiutato molti ad avvicinarsi a Cristo, a credere in Lui testimoniando l’amore al Vangelo non a parole, ma con la vita. Per molti è stata veramente madre, sorella, amica. Alla sua intercessione sono ora affidate le consorelle Francescane Missionarie di Maria e la Chiesa in Cina, affinché proseguano la provvidenziale opera evangelizzatrice percorrendo la stessa strada mostrata da lei. (SL) (Agenzia Fides 08/06/2021)
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AFRICA/MOZAMBICO - Donne e bambini le vittime più colpite dalla violenza jihadista
 
Maputo (Agenzia Fides) – Sono donne e bambini le vittime più colpite dalla violenza e dalle conseguenze dello sfollamento nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, dove dal 2017 oltre 700.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per le azioni di gruppi jihadisti che si richiamano allo Stato Islamico. La situazione si è aggravata nel marzo di quest’anno con l’assalto alla città di Palma (vedi Fides 27/3/2021) con lo sfollamento di altre 67.000 persone. La metà di questi sono bambini. Gli sfollati sono arrivati con tutti i mezzi possibili, anche a piedi, nel capoluogo di Pemba, e sono accolti in campi gestiti da organizzazioni locali e internazionali. Ma le necessità sono molteplici e la situazione della sicurezza, specie per i più deboli, rimane precaria.
“Con le ragazze che non vanno a scuola e le famiglie che affrontano perdite economiche e difficoltà, il rischio di matrimoni precoci e gravidanze adolescenziali diventa fonte di crescente preoccupazione” afferma Andrea M. Wojnar, responsabile per il Mozambico dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR).
Chi non è riuscito a fuggire ha dovuto subire conseguenze ancora più drammatiche. Centinaia di ragazzi e ragazze sono stati rapiti dai gruppi jihadisti, denuncia p. Kwiriwi Fonseca, responsabile delle comunicazioni della diocesi di Pemba. I ragazzi, afferma il sacerdote, sono reclutati a forza nelle file dei jihadisti, mentre le ragazze vengono date “in moglie” ai combattenti o servono come schiave.
P. Fonseca riporta la denuncia di suor Eliane da Costa, una religiosa brasiliana che si trovava a Mocímboa da Praia quando il villaggio costiero è caduto nelle mani dei terroristi, nell'agosto 2020, e decine di persone furono rapite. “Suor Eliane ha vissuto 24 giorni tra i terroristi, nella foresta, e mi ha avvertito dicendo: 'Padre Fonseca, non dimentichi le persone rapite, soprattutto bambini e adolescenti, anche loro addestrati per essere terroristi'”, afferma il sacerdote.
A Lichinga, provincia di Niassa, suor Mónica da Rocha, religiosa portoghese appartenente alla Congregazione delle Suore Riparatrici di Nostra Signora di Fátima, accoglie gli sfollati e dice che è “urgente ricostruire le vite distrutte”. “I rapimenti nel contesto della guerra sono più comuni nei giovani e nei bambini. Nel caso dei ragazzi rapiti, il più delle volte sono presi per essere addestrati a combattere a fianco dei terroristi e nel caso delle ragazze per essere schiave sessuali”.
Per aiutare le popolazioni del nord del Mozambico più di 30 organizzazioni della società civile portoghese, tra cui diverse istituzioni cattoliche, hanno lanciata la campagna “Cabo Delgado, non siamo rassegnati alla violenza”. I partecipanti hanno lanciato un appello al governo del Portogallo (il Mozambico è una ex colonia portoghese), all’Unione Europea e alle Nazioni Unite per la “consegna urgente di aiuti umanitari” a Cabo Delgado. (L.M.) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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AFRICA/BENIN - I giovani seminaristi hanno scelto di servire l'Africa come missionari
 
Calavi (Agenzia Fides) - I giovani del Centro di Formazione della Società per le Missioni Africane (SMA) in Benin hanno scelto di servire l'Africa come missionari. “La mia missione l’ho esercitata in modo un po’ particolare a Calavi, dove la SMA ha un centro di formazione internazionale per i suoi seminaristi dei vari continenti” scrive padre Filippo Drogo al termine del quinquennio di formazione dei seminaristi SMA.
“Alla fine di questo cammino i nostri giovani seminaristi partono con un'idea nel cuore, che li motiva a dedicare tutta la loro vita alla missione in Africa: è l’idea che ha ispirato il fondatore della SMA, Mons. de Brésillac: ‘Andare verso i più abbandonati’.”
P. Drogo insiste sul fatto che i poveri, gli abbandonati purtroppo ci sono sempre. “Dobbiamo essere attenti ad ascoltare dove lo Spirito ci guida, per comprendere quali sono le povertà di oggi, e chi sono oggi i più abbandonati.” “Arrivando qui – conclude il missionario - ho scoperto la Chiesa del Benin: una Chiesa cosciente che la fede è stata portata in Africa grazie al dono della vita di tanti missionari. Molti sacerdoti beninesi sono cresciuti all’ombra dei padri SMA e delle suore missionarie venuti dall’Europa, e a loro devono tutto: la trasmissione della fede, ma anche l’aiuto materiale, la costruzione di chiese e seminari.”
Si tratta di una Chiesa giovane che solo 160 anni fa vide arrivare i primi missionari (vedi Agenzia Fides 14/4/2021). “Una Chiesa fresca, che ha voglia di mettersi in gioco, e di fare scelte evangeliche radicali. Il suo dinamismo è una ricchezza, è un aspetto importante di quello che ho vissuto in questi cinque anni, e lo porterò con me al mio ritorno in Italia. Cercherò di trasmetterlo alle nostre comunità cristiane in Italia e in Europa.”
(FD/AP) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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ASIA/MYANMAR - Il Vicario di Loikaw: "Le chiese nel mirino dei militari"
 
Loikaw (Agenzia Fides) - E' una situazione grave e drammatica quella della diocesi di Loikaw, nello stato birmano di Kayah (Myanmar orientale), dove infuria il conflitto tra esercito birmano e forze di difesa popolari che si oppongono alla giunta militare, dopo il colpo di stato del 1° febbraio. La Chiesa cattolica locale sta prodigandosi con ogni mezzo e risorsa per aiutare gli sfollati interni ma "le chiese sono nel mirino dei militari": è quanto afferma in una accorata Lettera pastorale, inviata all'Agenzia Fides, padre Celso Ba Shwe, Vicario generale della diocesi cattolica di Loikaw. Data l'improvvisa scomparsa del Vescovo e la sede vescovile vacante, padre Celso Ba Shwe, Vicario generale, sta governando la pastorale ordinaria della diocesi.
Nella Lettera pastorale diffusa oggi, il Vicario riferisce degli intensi combattimenti tra esercito e forze della resistenza composte da giovani della società di ogni etnia e religione. In uno scenario critico dal punto di vista umanitario e precario per la sicurezza dei civili, "tutte le comunità religiose nella diocesi stanno dando rifugio e aiutando i civili nelle loro rispettive chiese ed edifici. Ma le chiese sono nel mirino dei militari", afferma con seria preoccupazione.
Di fronte auna violenza e a una ferocia senza precedenti, con bombardamenti indiscriminati su donne, anziani e bambini sfollati, il Vicario esorta tutto il popolo di Dio "a ricorrere alla Vergine Maria e a recitare ogni sera alle 19:00 il Rosario per la pace e per il ritorno della stabilità in Myanmar". Il testo della missiva sottolinea che "la popolazione è stanca e terrorizzata e ora, a causa dei bombardamento di chiese e monasteri, dove i civili avevano trovato riparo, sta fuggendo verso aree forestali che sono anch'esse non sicure", nota.
Come riferito all'Agenzia Fides, sono almeno sei le chiese colpite o interessate da violenza e raid militari nei giorni scorsi. Sacerdoti e religiosi locali stanno mettendo in campo tutte le loro energie fisiche e spirituali per restare accanto alla popolazione in una fase di reale emergenza umanitaria.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 8/6/2021)


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ASIA/PAKISTAN - Antico collegio cristiano sottratto alla Chiesa: si calpestano i diritti delle minoranze
 
Peshawar (Agenzia Fide) - L'Edwardes College nella città di Peshawar, storico istituto della "Chiesa del Pakistan" (la Chiesa anglicana), nella diocesi anglicana di Peshawar, viene affidato alla gestione dello stato. Lo ha deciso la Corte Suprema di Peshawar pronunciandosi a favore del governo della provincia di Khyber Pakhtunkhawa, nell'ambito della battaglia legale in corso tra Chiesa e governo provinciale per il controllo e la gestione dell'istituto. La sentenza della Corte Suprema giunge dopo che, nell'ottobre 2019, l'Alta Corte di Peshawar aveva emesso un ordine di nazionalizzazione del più antico istituto di istruzione del territorio provinciale. Il recente verdetto della Corte Suprema viene totalmente rigettato dalle comunità cristiane che, come affermano i Vescovi anglicani in Pakistan, "non vedono tutelato il loro diritto costituzionale e vedono calpestata la giustizia".
Zeeshan Yaqub, attivista per i diritti delle minoranze di Peshawar rileva all'Agenzia Fides che "la comunità cristiana in Pakistan compie grandi sforzi nel campo dell'istruzione, della salute e di altri servizi umanitari, che vanno a beneficio di tutta la popolazione, di persone di ogni religione. Chiediamo la tutela dei diritti delle minoranze. come previsti dalla Costituzione del Pakistan, anche nelle loro proprietà".
L'Edwardes College nacque come scuola missionaria cristiana chiamata "Edwardes High School", fondata dalla "Church Missionary Society" britannica nel 1853. Nel 1900 si trasformò in Collegio e da allora ha funzionato come istituzione privata, gestita ufficialmente dalla "Chiesa anglicana". L'istituto è rimasto sotto la direzione della Chiesa anche dopo che, nel 1972, venne presa dal governo del Pakistan la decisione di nazionalizzare le istituzioni educative private. Molti istituti sono stati restituiti alle Chiese nei decenni successivi, secondo una politica di de-nazionalizzazione.
La controversia legale sull'amministrazione dell'Edwardes College è iniziata nel 2014, dopo che i missionari americani hanno lasciato la gestione dell'istituto a membri della Chiesa locale ed è stato nominato il primo preside cristiano pakistano. Un accademico musulmano, contestando tale nomina, ha portato il caso dinanzi all'Alta Corte nel 2016. In base alle decisioni dell'Alta Corte, il Vescovo anglicano di Peshawar Mons. Humphrey Sarfraz Peters (a cui intanto era passata la giurisdizione, con l'erezione di quella diocesi) ha ripristinato l'originario Consiglio di amministrazione, secondo la Costituzione promulgata dalla "Church Missionary Society". Tra l'altro la Chiesa è proprietaria esclusiva dei terreni e dei fabbricati del Collegio: per questo il Collegio non rientrava nei criteri della nazionalizzazione. Mons. Humphrey Sarfraz Peters ha ricordato che il Collegio ha sostenuto tutte le spese educative, proprio come qualsiasi altro istituto di istruzione privato, senza alcun aggravio di spesa per lo stato.
L'attuale governo della provincia di Khyber Pakhtunkhawa non ha accettato la configurazione del Collegio come "istituzione privata", di proprietà della Chiesa, e ha proseguito la battaglia legale cercando di strappare il controllo totale della struttura alla Chiesa. La sentenza dell'Alta Corte di Peshawar dell'ottobre 2019 ha dato ragione al governo civile e, dopo l'ultimo ricorso intentato dalla Chiesa, anche la Corte Suprema si è pronunciata a favore del governo della Khyber Pakhtunkhawa.
Una recente ricerca della Ong "Centro per la giustizia sociale" ha rilevato il forte indebolimento delle scuole e degli istituti un tempo cristiani, dopo la avvenuta nazionalizzazione, nella qualità dell'istruzione impartita.
(KN-PA) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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AMERICA/MESSICO - I Vescovi dopo le elezioni: rispettare i risultati, lavorare per il dialogo, l’unità e lo sviluppo
 
Città del Messico (Agenzia Fides) – Dopo le elezioni del 6 giugno, i Vescovi messicani hanno espresso la loro soddisfazione alla popolazione apprezzandone la maturità espressa “nell’ampia partecipazione dei cittadini e nel rispetto delle istituzioni elettorali”. “Tuttavia – proseguono - prendiamo atto che si è trattato di un processo politico segnato da una forte violenza, quindi eleviamo le nostre preghiere per coloro che, assumendo la vocazione politica e suscitando sogni per un Messico migliore, sono stati aggrediti o è stata loro tolta la vita”.
Il processo elettorale infatti è stato uno dei più violenti degli ultimi anni (vedi Fides 31/5/2021), dal settembre 2020 alla fine di Maggio sono stati assassinati 89 politici. Almeno 18 candidati hanno ritirato la loro candidatura per paura, minacce o violenze. Molti candidati hanno dovuto indossare un giubbotto antiproiettile nelle manifestazioni elettorali. Le bande di narcotrafficanti e la criminalità organizzata vogliono infatti collocare i propri candidati nei municipi più importanti, per poter continuare a controllare il territorio con le loro attività senza interferenza della polizia. Per quelle che sono state definite "le piu' grandi elezioni della storia del Paese”, 96,5 milioni di elettori sono stati chiamati a scegliere oltre 20 mila tra deputati, governatori, sindaci e consiglieri comunali. Secondo le prime indicazioni dei risultati, il partito del presidente, Andres Manuel Lopez Obrador, ha perso la maggioranza assoluta e quella qualificata con i suoi alleati alla Camera dei deputati.
Nel loro messaggio, reso pubblico il 7 giugno, i Vescovi “invitano tutti, forze politiche, governanti e membri della società civile, a rispettare i risultati del processo elettorale espresso attraverso il voto, a riprendere il dialogo e a trovare strade comuni al di là delle differenze di parte”. Quindi esortano gli eletti “a onorare la volontà del popolo, a lavorare per l'unità, lo sviluppo integrale e la dignità di quanti che vivono in questo Paese”. Ricordano quindi ai governanti che è urgente "recuperare la fiducia dei cittadini e il vero significato della politica”, e ai cittadini che “la democrazia non finisce con il voto, ma è necessario seguire questo processo”.
Infine i Vescovi messicani offrono la loro collaborazione alle istituzioni democratiche per affrontare le sfide poste alla nazione, ampliando le prospettive e operando affinché “ci sia un lavoro dignitoso, un'istruzione e un'assistenza sanitaria per tutti i cittadini".(SL) (Agenzia Fides 08/06/2021)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Cardinale Brenes invita a pregare perché i giudici “prendano decisioni in accordo con la verità”
 
Managua (Agenzia Fides) - Il Cardinale Leopoldo Brenes, Arcivescovo di Managua, ha chiesto al paese, a maggioranza cattolico, di pregare affinché i giudici prendano decisioni "legate alla verità", in riferimento al caso della candidata presidenziale Cristiana Chamorro Barrios, che non ha menzionato, la quale è accusata di presunta "gestione abusiva e falsità ideologica, in concorrenza con il riciclaggio di denaro, proprietà e beni".
Durante la messa domenicale del 6 giugno, trasmessa dal Canale cattolico del Nicaragua dalla casa del Cardinale a causa della pandemia di Covid-19, Brenes ha chiesto di pregare "per tutti i nostri giudici nella delicata missione di assicurare la giustizia, affinché tutti si lascino guidare dallo Spirito che ci conduce sempre verso la verità, affinché tutti i loro giudizi e decisioni siano in accordo con la verità".
Nel video inviato a Fides attraverso i social media, il Cardinale Brenes ha detto di aver sentito "la preoccupazione di molti fratelli, che con grande tristezza vedono come molti dei nostri concittadini vengano convocati e interrogati".
A Managua, la figlia dell'ex presidente Violeta Barrios de Chamorro (1990-1997), accusata dalla Procura, è agli arresti domiciliari dal 2 giugno. A Cristiana Chamorro Barrios, che secondo la stampa locale ha abbastanza popolarità per vincere le elezioni generali del 7 novembre prossimo, la magistratura ha così impedito di concorrere alle elezioni, in cui il presidente Daniel Ortega cerca la sua terza rielezione per un quarto mandato consecutivo. La Procura ha convocato giornalisti e rappresentanti legali di diverse aziende per interrogarli la prossima settimana. Chamorro, secondo quanto dichiarato alle agenzie di stampa, ha definito l'indagine contro di lei “una farsa".
Quanto espresso domenica dal Cardinale Brenes è condiviso dai principali leader cattolici del paese. Il Vescovo della diocesi di Matagalpa, Mons. Rolando Álvarez, ha detto: "Non si può vivere escludendo l'altro, censurando e scartando l'avversario, perché poi la politica si militarizza e la si spoglia del suo vero significato, che è la ricerca del bene comune; mettiamo il Paese sull'orlo di una dinamica devastante". Il Vescovo ha raccomandato di "smettere di guardare indietro, smettere di ancorarsi al passato senza imparare da esso, perché si ipoteca il futuro della nostra gente, soprattutto dei più poveri e più deboli, che devono pagare in povertà e costi più alti" ha concluso. In Nicaragua, secondo il censimento ufficiale del 2005, il 58,5% dei suoi 6,5 milioni di abitanti fa parte della Chiesa cattolica.
(CE) (Agenzia Fides 8/06/2021)

martedì 25 febbraio 2020

agenzia Fides 25 febbraio 2020

EUROPA/SPAGNA - “Día de Hispanoamérica”: in comunione con i missionari spagnoli in America Latina
Madrid (Agenzia Fides) – Ricordare i missionari spagnoli in America Latina e collaborare con loro: questo è lo scopo del "Día de Hispanoamérica" che si celebra domenica prossima, 1 marzo. Quest'anno il motto sarà "Affinché in Lui possano avere vita". Si tratta di "una dimensione fondamentale della vita che Dio partecipa e ci invita a condividere, il nucleo vivente che anima e verifica il cammino missionario della Chiesa, della vita che diventa Vita” spiega la presidenza della Pontificia Commissione per l'America Latina nel suo messaggio per la giornata inviato a Fides.
Fra le diversi segnalazioni pervenute a Fides per questa circostanza, la Commissione per le Missioni e la Cooperazione fra le Chiese della Conferenza Episcopale Spagnola ha pubblicato diversi sussidi per la Giornata dell'Ispanoamerica, che comprendono fra altro il Messaggio della Presidenza della Pontificia Commissione per l'America Latina, un sussidio liturgico, un rapporto informativo, e un testo sul tema del Laicato Missionario scritto per l'occasione da Dolores Golmayo, Presidente del Gruppo Associazioni di Laici Missionari.
Le Pontificie Opere Missionarie (POM) della Spagna stanno preparando la celebrazione della Giornata con diverse attività sui social media, in modo organizzato e con ampia diffusione. Il programma televisivo "Tu eres Mision", programma delle Pontificie Opere Missionarie sulla tv TRECE, presenterà la Giornata, che ogni prima domenica di marzo la Chiesa spagnola celebra in tutti i paesi ispanici, ricordando in modo speciale le Chiese gemelle dell'America Latina. Padre Javier Pedraza, sacerdote diocesano di Madrid, membro della Obra de Cooperación Sacerdotal Hispanoamericana (OCSHA), parlerà dei suoi 18 anni di missione in Brasile, offrendo la testimonianza della sua esperienza missionaria nelle diocesi brasiliane di Feira de Santana e Ruy Barbosa, vicino a Bahia. Quindi seguità la testimonianza di una coppia di sposi missionari e di una religiosa colombiana che ha lavorato in Congo, ad Haiti e in Angola.
Il Progetto delle POM della Spagna per questa occasione riguarda una delle Chiese più giovani del mondo, la Mongolia, dove tre missionari arrivarono nel 1992, dopo la caduta del regime comunista. Attualmente ci sono più di 70 missionari di 24 nazioni.
Il rapporto della Obra per la Cooperación Sacerdotal Hispanoamericana (OCSHA) informa che attualmente ci sono 208 sacerdoti spagnoli in America Latina, mentre nel 2019 erano 237. In questo giorno vengono ricordati in modo particolare attraverso la preghiera e l'aiuto economico.
(CE) (Agenzia Fides, 25/02/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Land grabbing, i Vescovi: “Serve uno strumento giuridico per regolare le attività delle società transnazionali”
Abidjan (Agenzia Fides) - “Denunciamo con forza l'accaparramento della terra e l'espropriazione forzata della terra in tutte le sue forme. Le conseguenze sono incalcolabili: perdita del patrimonio culturale e ancestrale, sfollamento, disoccupazione, carestia, esodo, migrazione, ecc.” affermano i Vescovi del Comitato Permanente dell’Unione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Occidentale (Cerao/Recowa), nella dichiarazione pubblicata al termine della loro riunione tenutasi a metà febbraio ad Abidjan.
Rivolgendosi agli “Stati, aziende multinazionali e a tutti coloro che sono coinvolti nella disastrosa operazione di accaparramento del suolo e di espropriazione forzata della terra in Africa”, i Vescovi chiedono di ascoltare la parola di Dio: “Non depredare il povero, perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale” (Pr.22,22). Oltre al “fenomeno del land grabbing da parte delle multinazionali, con la connivenza di alcuni attori locali”, i Vescovi denunciano “l’espropriazione forzata della terra degli agricoltori da parte dei pastori a fini di pascolo”, con “la caccia all'uomo, lo sfollamento forzata degli abitanti dei villaggi i cui terreni agricoli vengono distrutti. E la conseguente perdita di vite umane”.
“Nonostante ciò che si può dire dei benefici economici dell'estrazione mineraria in Africa, va notato che i suoi effetti dannosi sono incalcolabili per il popolo africano” afferma il messaggio. Tra gli effetti dannosi vi sono: il degrado dell'ambiente, lo squilibrio dell'ecosistema, la perdita di biodiversità, l'inquinamento di fiumi, mari, acque sotterranee, ecc.
I Vescovi dell’Africa occidentale chiedono pertanto “la creazione di uno strumento globale giuridicamente vincolante per regolare le attività delle società transnazionali. Chiediamo ai nostri rispettivi governi in Africa occidentale di lavorare collettivamente con altri Paesi per il raggiungimento di tale strumento di pacifica governance globale”
“Lavoriamo insieme per un nuovo ordine mondiale che garantisca alle diverse comunità dell'Africa occidentale il diritto a un ambiente favorevole allo sviluppo sostenibile, rispettoso della natura e delle risorse naturali. Seguendo il Santo Padre, invitiamo i governi dell'Africa occidentale a "correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto per l'ambiente" e i diritti delle comunità” conclude la dichiarazione. (L.M.) (Agenzia Fides 25/2/2020)
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AFRICA/TOGO - La sfida della democrazia in Africa: opposizioni deboli
Sokodè (Agenzia Fides) – In base ai risultati diffusi dalla Commission Électorale Nationale Indépendante (CENI), Faure Gnassingbé è stato appena rieletto Presidente del Togo per un quarto mandato, con quasi il 72,36% dei voti contro il 18,37% dell’avversario Agbéyomé Messan Kodjo, ex Primo ministro ed ex-presidente dell’Assembla nazionale, e il 4,35% di Jean Pierre Fabre, presidente del principale partito di opposizione del Togo, la National Alliance for Change.
Nonostante le proteste dell’opposizione, che ha denunciato brogli, il giorno delle votazioni l'accesso a Internet è stato limitato e molti cittadini non sono riusciti a votare. “Affrontare la sfida della democrazia in Africa non deve essere solo una prerogativa dei poteri esistenti, ma anche dell'opposizione. Il recente caso del Togo ne è un esempio perfetto” ha scritto all’Agenzia Fides p. Donald Zagore, sacerdote della Società per le Missioni Africane, missionario in Togo. “Eppure – prosegue - in Togo, l'opposizione ha commesso gravi errori di cui oggi deve assumersi la responsabilità.”
Il missionario fa notare quanto la campagna elettorale delle forze di opposizione fosse circoscritta al sud e visibilmente assente al nord del Paese. “Prima, incapace di parlare all’unisono, - prosegue Zagore – l’opposizione aveva invitato i suoi sostenitori a non partecipare al censimento elettorale che si è svolto dal 1 al 25 ottobre 2018. Non prendendo parte alle elezioni legislative del 20 dicembre 2018, si è ritrovata a non avere un rappresentante in Parlamento. Inoltre, durante la campagna elettorale, l'opposizione ha avuto come obiettivo prevalente l’allontanamento dell’attuale presidente più che proporre al popolo togolese un solido programma di governo.”
“La debolezza delle forze di opposizione rimane un grave problema per la democrazia in Africa: esso pregiudica la politica africana che registra, in linea generale, la mancanza di argomenti concreti, preferendo spesso un linguaggio di violenza e ribellioni armate per accedere al potere”, conclude il missionario.
(DZ/AP) (25/2/2020 Agenzia Fides)
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ASIA/PAKISTAN - Dialogo e fraternità: l'eredità della dichiarazione di Abu Dhabi in Pakistan
Lahore (Agenzia Fides) - Il dialogo senza pregiudizi, la cultura dell'incontro, la relazione fraterna con il prossimo, al di là delle diffierenze di cultura, religione o etnia, lingua o classe sociale, la collaborazione materiale e spirituale tra fedeli cristiani e musulmani: è questo il prezioso patrimonio che lascia al Pakistan lo storico documento sulla "Fratellanza umana per la pace e la vita nel mondo" firmato da Papa Francesco e da Ahmad Al -Tayyeb, Grande Imam di Al-Ahzar, il 4 febbraio 2019. E' quanto emerso da un recente incontro, tenutosi a Lahore, che ha voluto celebrare nella "terra dei puri" il primo anniversario di quella storica firma, che in Pakistan ha generato iniziative di scambio, dialogo, preghiera interreligiosa.
Alla commemorazione, organizzata dalla Commissione nazionale per il dialogo interreligioso e l'ecumenismo, in seno alla Conferenza episcopale cattolica del Pakistan, erano presenti, tra gli altri leader cristiani, l'Arcivescovo Sebastian Francis Shaw, Presidente della Commissione, e l'Arcivescovo Christophe Zakhia El-Kassis, Nunzio Apostolico in Pakistan. Accanto a loro, Chaudhry Mohammad Sarwar, Governatore della provincia del Punjab, Muhammad Abdul Khabir Azad, Imam della grande "Moschea reale" di Lahore e numerosi altri eminenti leader musulmani. Tra i partecipanti, anche membri della società civile, rappresentanti delle scuole, studenti di facoltà di college e università e un buon numero di fedeli di diverse religioni.
Scopo dell'evento era rinnovare il comune impegno per il dialogo e la fraternità in Pakistan ed esprimere solidarietà a Papa Francesco e ad Ahmad Al-Tayyeb per i loro sforzi nel promuovere la riconciliazione, la cultura del dialogo, la pace, la libertà e la giustizia nel mondo.
L'Arcivescovo Shaw ha affermato che "accettarsi e accogliersi reciprocamente è essenziale per vivere insieme in pace e armonia", guardando con favore il fatto che "tante persone di diverse religioni" fossero riunite "per commemorare il primo anniversario di quello storico documento". Il Nunzio Apostolico Zakhia El-Kassis ha riaffermato la visione di Papa Francesco per la pace, l'armonia e la convivenza nel mondo, ricordando che "è necessario promuovere la cultura del dialogo come percorso per il rispetto reciproco, l'accettazione, l'armonia, la giustizia, la libertà e l'uguaglianza".
L'impegno de cristiani e musulmani in Pakistan per il dialogo e la convivenza, nell'ottica del bene comune del paese, è stato apprezzato da Chaudhry Mohammad Sarwar, Governatore della provincia del Punjab, che ha detto: "Tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo per rendere il Pakistan un paese migliore". La pace, ha ricordato, "non si può promuovere in una società senza la giustizia", promettendo che "il governo farà del suo meglio per promuovere l'armonia religiosa".
Anche Muhammad Abdul Khabir Azad e gli altri leder musulmani hanno espresso la loro visione favorevole al documento di Abu Dhabi, confermando l'impegno per "il rispetto reciproco, il dialogo, i diritti umani e la giustizia, basati sulla misericordia, per costruire una società prospera e pacifica in Pakistan".
A conclusione della commemorazione, nel giardino del Palazzo del Governatore del Punjab a Lahore è stato piantato un ulivo, simbolo di pace e prosperità nella Sacra Bibbia e nel Corano. (PA) (Agenzia Fides 25/2/2020)
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ASIA/PAKISTAN - Feriti tre cristiani che volevano costruire una cappella
Lahore (Agenzia Fides) - Tre uomini cristiani pakistani che stavano lavorando alla costruzione di una cappella a Sahiwal, nella provincia del Punjab pakistano, sono stati feriti in seguito ad una aggressione di persone che volevano fermare il progetto. Come appreso dall'Agenzia Fides, nei giorni scorsi i musulmani Muhammad Akram, Muhammad Liaqat, Aslam e i loro compagni hanno attaccato i cristiani, che avevano manifestato l'intenzione di costruire una piccola cappella, sulla loro terra, nel villaggio dove vivono, il "Chak 92-9L", nel distretto di Sahiwal. Il villaggio è composto da 150 case, mentre la popolazione cristiana totale è di circa 120 fedeli. Gulzar Masih, uno dei cristiani locali, proprietario di un appezzamento di terra (con tanto di certificato legale di proprietà), intendeva erigere una semplice costruzione da adibire a cappella per il culto dei cristiani locali, attualmente costretti a percorrere diversi chilometri per recarsi in una chiesa. Muhammad Liaqat si è opposto alla costruzione della chiesa, contestando la proprietà di quella terra e contestando, inoltre, l'idea di avere una chiesa cristiana nel villaggio. Ne è sorto un litigio conclusosi con l'arrivo della polizia che ha fermato le persone coinvolte nella rissa: Gulzar e suo figlio, Liaqat e i suoi compagni, tutti successivamente rilasciati.
Lo stesso giorno Muhammad Liaqat con i suoi complici, questa volta equipaggiati con armi da fuoco e da taglio, hanno iniziato a demolire il muro di cinta che i cristiani avevano cominciato a costruire, per poi edificare la cappella. All'arrivo di Gulzar Masih e di altri fedeli, che volevano impedire la demolizione, gli aggressori hanno aperto il fuoco ferendo gravemente tre cristiani: Azeem, figlio di Gulzar, Sajjad e Razaq, tutti poi ricoverati all'ospedale civile di Sahiwal. La polizia ha nuovamente fermato alcuni sospetti ma intanto anche gli aggressori hanno sporto denuncia contro i cristiani, sostenendo di essere stati aggrediti.
Secondo l'Ong CLAAS (Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement) , che fornisce assistenza legale ai cristiani del villaggio, si tratta di "una patente violazione dei diritto al culto dei fedeli, e di un abuso compiuto da altri cittadini musulmani, che usano la violenza indiscriminata sulle minoranze religiose". (PA) (Agenzia Fides 25/2/2020) .
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ASIA/IRAQ - Parlamentari iracheni della componente cristiana: non voteremo la fiducia al governo Allawi
Baghdad (Agenzia Fides) – Il Parlamento iracheno si appresta a votare, giovedì 27 febbraio, la fiducia al governo designato dal Primo Ministro Mohammed Allawi, ma i membri dell’assemblea parlamentare che occupano i cinque seggi riservati alle minoranze cristiane hanno già annunciato la loro intenzione di far mancare il loro voto di sostegno al nuovo esecutivo. A rendere nota la posizione dei cinque parlamentari è stato il parlamentare Aswan al Kildani, appartenente alla formazione politica delle cosiddette “Brigate Babilonia”, che occupa il seggio riservato ai cristiani nella Provincia elettorale di Ninive.
Aswan Salem, fratello di Rayan al Kildani (il fondatore delle “Brigate Babilonia”), in una recente intervista rilasciata alla rete televisiva MBC Iraq ha dichiarato che i cinque deputati della “componente cristiana” non daranno il proprio voto di fiducia al governo Allawi perché il Premier designato non ha avuto consultazioni con i rappresentanti delle proprie rispettive formazioni politiche, e non ha reso noto il nome dell’esponente cristiano a cui intende affidare un ministero nella futura compagine governativa. Un altro parlamentare titolare di uno dei cinque seggi riservati ai cristiani ha chiarito il motivo della contesa, dichiarando che il Premier incaricato Allawi avrebbe intenzione di affidare un ministero a una personalità cristiana “indipendente”; senza tener conto delle indicazioni e dei desiderata delle formazioni politiche di appartenenza dei parlamentari che occupano i cinque seggi riservati ai cristiani.
Dopo le ultime elezioni politiche, avvenute nel maggio 2018, anche il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako (vedi Fides 16/5/2019) aveva denunciato le operazioni dei Partiti politici iracheni più influenti, che a giudizio di molti osservatori avevano piazzato i propri emissari anche nei seggi parlamentari riservati dal sistema istituzionale nazionale ai rappresentanti appartenenti alla componente cristiana.
Secondo indiscrezioni circolate sui media iracheni, e riportate anche sul website ankawa.com, il rappresentante cristiano scelto dal Premier designato Allawi per guidare il Ministero dell’immigrazione e dei rifugiati sarebbe Wiliam Warda. Giornalista e esponente di spicco del Partito Zowaa (Assyrian Democratic Movement), premiato nel 2019 dal Dipartimento di Stato USA all’International Religious Freedom Award.
Nei giorni scorsi, il Segretario di Stato USA Mike Pompeo ha chiamato il Premier designato iracheno Allawi per chiedergli di proteggere i 5200 soldati statunitensi di stanza in Iraq. Nel dibattito politico che precede il voto di fiducia, le componenti sciite chiedono di espellere dal Paese la presenza militare statunitense, mentre le componendi sunnite insieme a quelle curde chiedono di mantenere sul proprio territorio il contingente militare Usa, anche in considerazione del ruolo che i soldati statunitensi possono svolgere nella lotta alle cellule clandestine dei miliziani del sedicente Stato Islamico (Daesh) ancora presenti in Iraq.
Nella conversazione avuta con Allawi, Pompeo ha anche sottolineato l'urgenza con cui il prossimo governo iracheno deve porre fine alle uccisioni di manifestanti e dia risposte adeguate alle loro richieste.
Dallo scorso ottobre, l'Iraq è in preda a una rivolta segnata da quasi 550 morti e 30.000 feriti, per lo più manifestanti, e che ha portato anche alle dimissioni del precedente governo, guidato da Adel Abdel Mahdi.
il 3 gennaio 2020, gli apparati USA hanno ucciso a Baghdad il generale iraniano Qasem Soleimani. (GV) (Agenzia Fides (25/2/2020)
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AMERICA - I Vescovi di Messico e Paraguay: rispettare le donne, riconoscere i loro diritti, promuovere la loro dignità
Città del Messico (Agenzia Fides) – “Siamo profondamente addolorati dalla violenza contro le donne, che si è espressa in un modo nuovo e aggressivo, così crudele da generare confusione, dolore, amarezza, tristezza, pianto, indignazione, impotenza e molti desideri di vendetta”. Così scrive la Presidenza della Conferenza episcopale del Messico, in un comunicato dal titolo “Educare alla pace, urgenza nazionale”, che prende spunto dai recenti brutali crimini commessi contro donne e bambine, per affermare che “il grido di dolore delle vittime della violenza grida al cielo per ottenere giustizia. I cristiani non possono rimanere indifferenti”.
“Questa realtà ci mette di fronte ad un'autentica emergenza educativa perché abbiamo perso i riferimenti di base della convivenza umana: verità, bontà e bellezza” sottolinea il testo, pervenuto all’Agenzia Fides. I Vescovi sottolineano che l’educazione non può essere ridotta solo all'istituzione scolastica, pur importante, ma non sufficiente. “Riconosciamo la necessità di una base educativa che coinvolga la vita familiare” ribadiscono, mettendo in rilievo che le lezioni impartite nelle scuole “non possono sostituire l'educazione che la famiglia può dare”.
I Vescovi ricordano: “siamo tutti corresponsabili della soluzione della crisi di umanità che affrontiamo: la famiglia, la scuola, i media, le Chiese”, al fine di forgiare una cultura di speranza e di pace, unendosi alla responsabilità dello Stato. “Chiediamo a tutti i credenti e alle persone di buona volontà – concludono i Vescovi messicani - di fare tutto il possibile per impedire che la violenza cresca e si diffonda, in modo speciale invitiamo tutti a rispettare le donne e a riconoscere il diritto che loro hanno, a promuovere la loro dignità, garantendo la loro libertà e integrità nella nostra società”.
In occasione della “Giornata della donna paraguaiana” celebrata in tutto il Paese il 24 febbraio, in ricordo della prima assemblea delle donne americane, che si tenne in Paraguay il 24 febbraio 1967, i Vescovi del paese hanno pubblicato un messaggio in cui sottolineano che “le donne hanno sempre avuto un ruolo importante nella società e in particolare in Paraguay, le donne hanno persino dato la vita per salvare il loro paese in momenti critici. Le donne paraguayane hanno saputo forgiare un nuovo percorso per la ricostruzione della nazione paraguayana dopo la catastrofe che abbiamo vissuto tra il 1865 e il 1870. Nonostante il grande contributo, anche in questo caso, le donne sono state retrocesse”.
Sebbene l'apporto delle donne in diversi settori della società sia stato ampiamente riconosciuto, sottolineano i Vescovi, “la società machista del nostro paese ha sempre posticipato la loro partecipazione a vari aspetti della vita pubblica”. Oggi la Chiesa apprezza “l'incorporazione delle donne nelle aree di lavoro tradizionalmente occupate dagli uomini” e riconosce che “sono eroine coraggiose che salvano vite umane, amministrano la giustizia e lavorano per mettere fine alla corruzione”.
Nella conclusione i Vescovi del Paraguay constatano che “la violenza contro le donne continua ad aumentare e ad evidenziare il misconoscimento della dignità e del valore di molte donne, per questo è importante "parlare con loro", come ci chiede Aparecida, riconoscerle e creare spazi di partecipazione per camminare insieme verso un paese più inclusivo, cooperativo e solidale”. (SL) (Agenzia Fides 25/2/2020)
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ASIA/INDIA - Nomina del Vescovo Ausiliare di Tura
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Il Santo Padre Francesco, il 24 febbraio 2020 ha nominato Vescovo Ausiliare della Diocesi di Tura (India), il rev.do Jose Chirackal, del clero di Tura, finora Parroco di St. Luke’s Church e Direttore del Centro Pastorale Diocesano, assegnandogli la sede titolare di Acufida.
Il rev.do Jose Chirackal è nato il 14 luglio 1960 a Karukutty, Kerala, nell’Arcidiocesi Maggiore di Rito Siro-Malabarese di Ernakulam-Angamaly. Dopo gli studi secondari, ha lasciato lo Stato del Kerala, trasferendosi a Shillong nel 1976, per la formazione ecclesiastica. Ha frequentato il St. Paul’s Minor Seminary, prima di studiare Filosofia nel Christ King College e Teologia nell’Oriens Theological College, Shillong. Ha ottenuto un Baccalaureato in Arti, presso il St. Anthony’s College. Ha conseguito Licenza e Dottorato in Diritto Canonico all’Università Urbaniana, in Roma. È stato ordinato sacerdote il 29 dicembre 1987, per la Diocesi di Tura.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1988-1991: Vicario parrocchiale di St. Joseph’s Church a Selsella; 1991-1995: Studi di Dottorato in Diritto Canonico a Roma; 1995-2004: Rettore del St. Peter’s Minor Seminary, Tura; 2004-2009: Cancelliere ed Economo diocesano; 2004-2011: Vicario Giudiziale e Portavoce diocesano; 2009-2011: Parroco della Cattedrale Mary of Help of Christians, Tura; 2011-2014: Rettore dell’Oriens Theological College, Arcidiocesi di Shillong e Segretario della Commissione per le vocazioni e formazione nella Regione Nort East; 2014-2019: Economo diocesano e Difensore del Vincolo del Tribunale ecclesiastico della Diocesi di Tura. Dal luglio 2019: Parroco nella St. Luke’s Church, Walbakgre, Tura e Direttore del Centro Pastorale. (SL) (Agenzia Fides 25/2/2020)

giovedì 16 gennaio 2020

Agenzia Fides 16 gennaio 2020

AFRICA/SUDAFRICA - Ucciso un missionario belga in un presunto tentativo di rapina
 
Johannesburg (Agenzia Fides) - Gli Oblati di Maria Immacolata in Sudafrica (OMISA) sono devastati dalla morte di P. Jozef (Jef) Hollanders, ucciso in una rapina nella parrocchia della città di Bodibe, vicino a Mahikeng, nella provincia nord-occidentale del Sudafrica, domenica notte 12 gennaio” afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides. “Il suo corpo è stato scoperto lunedì pomeriggio da un parrocchiano. La polizia è impegnata a fondo nell’indagare sul suo omicidio”.
“Siamo profondamente colpiti da quello che è successo. P. Jeff è stato trovato legato mani e piedi e con una corda intorno al collo. Una morte terribile per qualcuno che ha dedicato tutta la sua vita alla sua missione ", afferma p. Daniël Coryn, superiore provinciale dei Missionari Oblati di Maria (OMI), da Blanden in Belgio. Secondo Sua Ecc. Mons. Victor Phalana, Vescovo di Klerksdorp, nella cui giurisdizione si trova Bodibe, il missionario probabilmente è morto a causa di un infarto o di uno strangolamento.
Non si esclude che p. Hollanders sia stato vittima di un tentativo di rapina, ma secondo Mons. Phalana, i rapinatori erano male informati: “Tutti sanno che non aveva soldi. Ha servito una comunità povera. Ha usato ogni centesimo che abbia mai posseduto per il suo popolo. Ha dato via tutto quello che aveva”. Secondo il Vescovo, la comunità ecclesiale è stata colpita duramente. P. Hollanders era "pieno di entusiasmo, vita e dedizione" e parlava fluentemente afrikaans e tswana, una lingua bantu parlata in Sudafrica e Botswana. "Faceva parte della vita delle persone."
P. Hollanders era nato in Belgio il 4 marzo 1937. Ha emesso i primi voti come Oblato l'8 settembre 1958 ed è stato ordinato sacerdote il 26 dicembre 1963. È arrivato in Sudafrica il 31 gennaio 1965.
“Per 55 anni è stato un missionario dedicato e fedele nell'area di lingua Tswana, ora Provincia del Nord Ovest del Sudafrica” sottolinea il comunicato. “Gli piaceva creare nuove comunità cristiane, che sono diventate parrocchie o stazioni parrocchiali in quella che è diventata la diocesi di Klerksdorp”. “Ci è stato ricordato che Gesù è morto per mano di altri e abbiamo immaginato che anche padre Jef avrebbe detto: "Perdonali, perché non sanno quello che fanno" conclude il comunicato dell’OMISA. Il funerale di p. Hollanders, si terrà mercoledì 22 gennaio, alle ore 10, nella Cattedrale di Klerksdorp. (L.M.) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AFRICA/NIGER - P. Luigi Maccalli ancora prigioniero: il filo della speranza non è spezzato
 
Niamey (Agenzia Fides) - “Nel cortile della missione di Bomoanga, sempre tenuta in ordine, ora non c’è più nessuno a ricevere chi desiderava ascolto, conforto e una mano aperta per condividere il dolore” scrive p. Mauro Armanino, della Società per le Missioni Africane, confratello di p. Luigi Maccalli, rapito il 17 settembre 2018 e tuttora nelle mani di ignoti sequestratori. Nonostante le note di scoraggiamento che si vanno diffondendo a causa del prolungato silenzio da quel giorno di sedici mesi fa, quando il missionario venne prelevato dalla sua missione di Bomoanga (vedi Agenzia Fides 18/7/2018), la preghiera e la speranza di tante persone continua incessante.
“Una signora del posto, che si occupa di bambini malnutriti, diceva che la partenza del padre ha rappresentato la morte della comunità. Ha aggiunto che è sorpresa del ‘mancato agire’ di Dio che, secondo lei, si limita a ‘guardare’ ” nota ancora p. Armanino. “Forse non si è accorta che da Niamey, passando per Bomoanga, il villaggio del rapimento di Pierluigi, c’è un filo sottile che non è stato spezzato. Un filo di fuoco e di sabbia chiamato speranza”. Sono tanti infatti i confratelli del missionario rapito e i fedeli in Niger, in Italia e in altre parti del mondo, che continuano a pregare e sperare di poter riabbracciare padre Luigi Maccalli.
(MA/AP) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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ASIA/BANGLADESH - Formazione e dialogo interreligioso: le priorità della diocesi di Khulna  
 
Khulna (Agenzia Fides) - La formazione permanente dei fedeli cattolici e il dialogo interreligioso sono le priorità del piano pastorale della diocesi di Khulna per il 2020. "La nostra gente ha bisogno di sviluppo e promozione umana, per un miglioramento sociale ed economico delle condizioni di vita, ma è entusiasta di crescere nella fede", ha detto all'Agenzia Fides il Vescovo James Romen Boiragi, che guida la comunità ecclesiale a Khulna. "In generale - ha notatao il Vescovo - esiste una certa timidezza tra i fedeli nel testimoniare la propria fede o annunciare il Vangelo" ha detto. In tale contesto la diocesi di Khulna ha intrapreso diversi programmi di formazione permanente nelle parrocchie rivolti ai battezzati, "in modo che le persone possano rafforzare la loro fede e affrontare le sfide della vita" afferma Mons. Boiragi.
Un aspetto su cui si focalizza la pastorale, rileva, è anche quello di "impegnarsi nel dialogo e a vivere in armonia con persone di altre fedi, in un paese a maggioranza musulmana" racconta il Vescovo.
"La maggior parte dei servizi offerti da strutture e istituti cattolici, come programmi educativi, sanitari e di sviluppo sociale, sono pensati e rivolti indistintamente a tutti, senza alcuna discriminazione di fede o etnia. Attraverso questo impegno nella società e per il benessere della popolazione, promuoviamo la convivenza pacifica e reciproca con persone di altre religioni”, riferisce.
Va notato, poi, che il Bangladesh è un paese soggetto a calamità naturali come inondazioni, tifoni e cicloni, effetti dei cambiamenti climatici. L'impatto più forte di tali fenomeni si rileva soprattutto sulla vita di fasce della popolazione già indigenti o vulnerabili, che si ritrovano sotto la soglia di sopravvivenza. Le varie diocesi cattoliche bengalesi, inclusa quella di Khulna, organizzano e partecipano, accanto a gruppi governativi e della società civile, a programmi di sensibilizzazione e prevenzione rivolti alla popolazione che vive in aree a rischio.
La diocesi di Khulna è stata creata nel 1952 e oggi ha oltre 35.000 cattolici sparsi in 10 parrocchie, in cui operano 42 sacerdoti e oltre 80 suore, su una popolazione complessiva di circa 15 milioni di abitanti, per lo più musulmani. (SD) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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ASIA/TURCHIA - Scarcerato il monaco siro ortodosso accusato di complicità con il PKK
 
Mardin (Agenzia Fides) – E’ fuori dal carcere, ma non potrà allontanarsi dalla sua residenza il monaco siro ortodosso Sefer Bileçen, arrestato lo scorso 9 gennaio dalle forze di sicurezza turche con l’accusa di aver offerto aiuto e copertura a militanti del PKK, il Partito Curdo dei Lavoratori bollato come organizzazione terroristica dal governo di Ankara. La scarcerazione del sacerdote è avvenuta martedì 14 gennaio su istanza dei suoi avvocati, e dopo che il religioso si era impegnato a non lasciare la sua abitazione e a vivere in una condizione di libertà parziale fino a quando le accuse di complicità con i membri del PKK non saranno confermate e smentite.
Padre Sefer Bileçen, sacerdote del Monastero di Mor Yakup a Nusaybin (l’antica Nisibi, attualmente compresa nella Provincia turca di Mardin), dopo il suo arresto era stato condotto davanti a un giudice del tribunale locale con l’accusa di fiancheggiamento nei confronti di “un'organizzazione terroristica"”. Per lui si erano aperte immediatamente le porte del carcere.
Nei giorni successivi all’arresto, i media turchi avevano riferito che le indagini sul monaco erano iniziate nel settembre 2018, quando le telecamere montate su due droni dei servizi di sicurezza turchi avevano filmato due militanti del PKK che entravano nel monastero di Mor Yakup. Da quel momento, il monastero e in particolare il monaco Sefer erano stati posti sotto sorveglianza dai servizi di intelligence. Nel settembre 2019, un miliziano del PKK arrestato dalle forze di sicurezza turche aveva confessato di aver visitato più volte il monastero di Mor Yakup per mangiare, bere e rifocillarsi. Anche altre testimonianze riportate sui media turchi confermano che la presunta “complicità” contestata dalle autorità turche al monaco siro-ortodosso si è limitata alla semplice offerta di cibo e bevande a persone che dicevano di essere affamate e di aver sete. (GV) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AMERICA/REP. DOMINICANA - I Vescovi per le elezioni del 2020: “Come dominicani e come Pastori ci preoccupa tutto ciò che riguarda l'essere umano"
 
Santo Domingo (Agenzia Fides) - La Conferenza Episcopata Dominicana (CED), nella sua Lettera pastorale intitolata "Elezioni 2020: spazio per la partecipazione e l'impegno", che porta la data del 21 gennaio, “nel 60° anniversario della Lettera pastorale del gennaio 1960”, invita i candidati alle elezioni comunali di febbraio e a quelle generali di maggio, a presentare proposte basate sulla soluzione delle esigenze più urgenti del popolo dominicano, “evitando intrighi, calunnie e manipolazioni delle cosiddette campagne sporche, nonché lo spreco di risorse economiche in pubblicità eccessive”.
Nel lungo e dettagliato documento di 24 pagine, giunto all’Agenzia Fides, i Vescovi ricordano che nell’agenda delle azioni concrete dei candidati non devono mancare la lotta alla corruzione amministrativa, pubblica e privata, la difesa della vita della madre e del nascituro, la violenza cittadina e all’interno delle famiglie, i cambiamenti climatici, il rispetto dell'ordine giuridico e costituzionale. Inoltre sono necessarie politiche di gestione dell'immigrazione, investimenti nella sanità, nella giustizia e nella sicurezza sociale, politiche occupazionali, salari equi e riduzione della povertà.
Agli eletti ricordano che quanti assumono incarichi pubblici devono mettersi a servizio con sobrietà, educazione, saggezza, senso del governo, dignità, autenticità, trasparenza, saggezza e giustizia, in modo che non debbano "sentirsi indispensabili o arrivino a credersi dei messia politici”. Il Consiglio elettorale centrale “merita il nostro sostegno e quello di tutti i dominicani, soprattutto al fine di garantire un processo elettorale trasparente”, in quanto “non si può ammettere la pratica corrotta e illegale di acquistare e vendere schede davanti a tutti, senza agire contro questa infrazione elettorale".
A quanti mettono in dubbio il diritto della Chiesa ad esprimere la propria opinione su questioni politiche o sui processi elettorali, i Vescovi rispondono: “come dominicani e Pastori di questo popolo, ci preoccupa tutto ciò che riguarda l'essere umano". Inoltre sottolineano che la Chiesa rispetta la libertà di scelta, che il voto è un diritto e un dovere di coscienza che non deve essere motivato da interessi personali e che un vero esercizio democratico è possibile solo in uno Stato di diritto in cui la legge prevale "al di sopra di interpretazioni congiunturali e accomodanti".
Nella loro lettera, i Vescovi esprimono il desiderio che i leader politici firmino un patto nazionale di impegno sulle priorità per la società dominicana, "stilando un'agenda nazionale e provinciale che superi gli interessi personali e di gruppo a favore del benessere collettivo della nazione". Oltre ad una quota riservata per ricoprire cariche pubbliche, i Vescovi sottolineano la necessita di offrire maggiori opportunità per mostrare il valore incommensurabile della donna e la sua dignità, esprimendo anche la loro preoccupazione per il notevole aumento dei femminicidi.
Quest'anno la Conferenza Episcopale Dominicana commemora il 60° anniversario della Lettera pastorale pubblicata nel gennaio 1960 contro il regime di Rafael Leónidas Trujillo, firmata dai sei Vescovi di quel tempo, che “nell'esercizio della loro missione profetica”, alzarono la voce per reclamare la difesa dei diritti umani, il rispetto e la promozione della vita e della dignità umana. Quel documento “irradiò luce in un momento critico della vita nazionale, caratterizzata dalla sofferenza generalizzata imposta dalla tirannia”. Anche se oggi viviamo in una situazione diversa, evidenziano i Vescovi, “ci sono ancora molti ostacoli da superare per ottenere una migliore qualità della vita per tutti e per una ricomposizione sociale”. (SL) (Agenzia Fides 16/1/2020)
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AMERICA/NICARAGUA - Denunciate nuove intimidazioni contro la Chiesa, l’unità del popolo per costruire un nuovo Nicaragua
 
Managua (Agenzia Fides) – Il Vicario generale dell'Arcidiocesi di Managua, Mons. Carlos Avilés, ha denunciato l'intimidazione contro i fedeli cattolici da parte dello stato: "Membri delle forze dell'ordine prendono nota della targa delle auto dei fedeli solo per il fatto che vanno a messa in una parrocchia, è ridicolo. Ma la Chiesa ha fatto questa esperienza di persecuzione già negli anni 80. Noi, malgrado questo, non ci fermiamo nel nostro lavoro e nella nostra missione, evangelizzare e stare a fianco del popolo. Dall'aprile 2018, quando il popolo è uscito pacificamente a manifestare la protesta contro la riforma del ‘Seguro Social’ ed è stato brutalmente fermato con violenza dalla dittatura, la Chiesa cattolica si è messa ancora una volta dalla parte dei più deboli".
Le dichiazioni di Mons. Aviles sono contenute in un video condiviso con Fides e diffuso sui social media, in cui informa che c'è stata una denuncia ufficiale della Chiesa su questi fatti, pubblicata anche sui media. Il video contiene una intervista al giornale La Prensa del Nicaragua, dove il Vicario generale della diocesi descrive la situazione della Chiesa: "Grazie a Dio, la Chiesa riflette quanto vive la società, quanto vive il popolo. Non abbiamo nessun potere, né militare, né politico, per affrontare e lottare contro una repressione gratuita solo per stare dalla parte del popolo, o solo per denunciare le richieste di giustizia del popolo".
Mons. Avilés conclude chiedendo ai membri della polizia di fermare la persecuzione contro la Chiesa e i suoi fedeli: "Non possiamo vivere in un ambiente di repressione. Bisogna vivere con spirito cristiano, in pace e armonia".
La situazione in Nicaragua è sempre di continua tensione. Sono inutili i tentativi del governo di presentare alla stampa internazionale un paese tranquillo e sereno quando i leader sociali e contadini sono perseguitati, minacciati o addirittura uccisi. Gli imprenditori non sostengono più la politica economica del governo, con conseguenze negative immediate da parte del mercato internazionale; alla stampa nazionale è impedito di informare sui fatti quotidiani; i partiti dell'opposizione si trovano senza strumenti politici dinanzi alle prossime elezioni.
Tuttavia le testimonianze dei giovani in molte città del paese, attraverso i social media, confermano che un Nicaragua Libero e Unito non solo è possibile, ma sarà frutto di ogni piccolo contributo, secondo le parole di Mons. Rolando Alvarez, Vescovo di Matagalpa: "Il popolo sta dando lezione di unità. Lo fa con la vita quotidiana, mirando ai grandi ideali per costruire un nuovo Nicaragua, una grande nazione. Perché la vera unità la fa il popolo".

lunedì 25 novembre 2019

Agenzia fides 25 novembre 2019

AFRICA/CONGO RD - Proteste nell’est della RDC dopo l’ennesima incursione dei ribelli ugandesi dell’ADF
 
Kinshasa (Agenzia Fides) - Forte tensione questa mattina a Beni e a Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove la popolazione è scesa in piazza per protestare contro le continue violenze commesse dai ribelli ugandesi dell’ADF che nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 novembre hanno assalito il distretto di Masiani nella città di Beni.
Secondo fonti locali, a Beni la folla inferocita ha assaltato la sede locale della MONUSCO, la Missione ONU nella RDC, i cui Caschi Blu sono accusati di non essere in grado di proteggere la popolazione. Molti ormai chiedono il ritiro della MONUSCO, ma altri, rispondono che l’esercito regolare congolese si è dimostrato non meno inefficace nel contrastare le incursioni dell’ADF.
Secondo l’ONG locale CEPADHO (Centro Studi per la Promozione della Pace, della Democrazia e dei Diritti Umani)), dal 30 ottobre a oggi alla seconda metà di novembre, sono 71 i civili uccisi dalle ADF nella città e nel territorio di Beni, senza contare le persone rapite, le case bruciate e i saccheggi.
“Il CEPADHO è profondamente rammaricato che nell'arco di 3 settimane dal lancio delle operazioni in corso contro i terroristi dell'ADF, il nemico riesca a massacrare almeno 71 civili e rapirne più di 30” afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides. Profeticamente l’ONG locale avvertiva però che “pur condividendo la rabbia dalla popolazione per le violenze continue dell'ADF, invita le persone a rimanere calme e ad esprimere con cautela i propri sentimenti per evitare di cadere nella trappola del nemico che trova piacere nelle uccisioni di civili indifesi, nella paralisi di attività che potrebbero causare proteste violente, distruzioni e persino morti e feriti sia tra i dimostranti che tra le forze dell'ordine”. (L.M.) (Agenzia Fides 25/11/2019)
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AFRICA/CAMERUN - Tensione e violenza nelle province del nord: la Chiesa invita a un dialogo inclusivo
 
Bamenda (Agenzia Fides) - Nelle province anglofone del Camerun le violenze continuano. Sebbene in alcune zone si sia assistito a una cessazione degli scontri, in altre località la tensione è altissima. Le forze dell’ordine di Yaoundé hanno messo in campo un sistema di repressione che sta colpendo duramente la popolazione. Le milizie indipendentiste rispondono con altrettanta durezza. Nei civili c’è paura. "Nei giorni scorsi a Bambui (una località non lontana da Bamenda, la città principale della provincia nord-occidentale) molte case sono state bruciate e scontri armati continuano ancora ogni giorno. Alcune persone sono rimaste uccise. Le pattuglie di polizia spaventano la popolazione, soprattutto gli anziani che non hanno mai vissuto una simile atmosfera di tensione", racconta a Fides un religioso camerunese, chiedendo l'anonimato per scongiurare ritorsioni nei suoi confronti e nei confronti di altri religiosi.
Nelle due province, il conflitto è in atto dal 2016. Allora il presidente Paul Biya aveva proclamato di voler spostare gli insegnanti francofoni nelle scuole anglofone. Questo provvedimento è stato la scintilla che ha portato a uno scontro durissimo tra le autorità e le milizie che chiedono l’indipendenza delle province anglofone. Finora il conflitto, secondo un rapporto della Ong Human Rights Watch, avrebbero causato 1.800 morti, oltre mezzo milione di sfollati e 35.000 rifugiati in Nigeria.
La popolazione non teme solo le forze dell’ordine, ma anche le milizie separatiste. "Nei loro confronti - continua il religioso - la popolazione ha un atteggiamento altalenante. Negli ultimi mesi ci sono stati molti rapimenti di sacerdoti. Ciò ha costretto Andrew Nkea Fuanya, il vescovo di Mamfe, a chiudere tre parrocchie nella sua diocesi. George Nkuo, vescovo di Kumbo, è stato rapito. Non solo le autorità religiose, ma anche i civili vengono rapiti quotidianamente per essere liberati dietro riscatto. Detto questo, va aggiunto che gran parte della popolazione preferisce i miliziani alla polizia".
La tensione blocca la vita sociale ed economica delle province. "I continui scontri - continua la fonte di Fides – rendono impossibili le attività della società civile. Anche in campo economico le difficoltà sono crescenti da quando la maggior parte delle imprese ha cessato di operare in loco. Le due province vivono di agricoltura, ma anche coltivare i campi è complicato. Molti contadini sono stati uccisi mentre lavoravano".
Le elezioni presidenziali e legislative del 2020 potranno cambiare la situazione? C’è scetticismo: "Alcuni partiti politici, come il Fronte socialdemocratico, la principale formazione di opposizione, si sono ritirati" , prosegue il religioso. "Si temono frodi durante il voto, si teme anche un’esplosione di violenza. La Chiesa cattolica continua a predicare che la violenza non può portare a soluzioni positive. I Vescovi chiedono che si apra un dialogo inclusivo attraverso il quale le parti si confrontino senza pregiudizi. Di fronte alle costanti minacce, soprattutto da parte dei separatisti, la Chiesa cattolica cerca di avvicinare i ragazzi per educarli ai valori della vita". (EC) (Agenzia Fides 25/11/2019)
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ASIA/GIAPPONE - Il Papa ai cattolici giapponesi: riconoscere i doni di Dio ci liberi dall’assillo del perfezionismo
 
Tokyo (Agenzia Fides) – Nella società giapponese, che soffre processi di disgregazione anche a causa del senso di competizione e del culto dell’efficientismo, la Chiesa cattolica può diventare “lievito profetico” per favorire una convivenza che “protegga e si prenda cura di ogni vita”, aiutando tutti a “riconoscere gioiosamente che la nostra realtà è frutto di un dono, e accettare anche la nostra libertà come grazia”. Lo ha detto Papa Francesco, nell’omelia della messa celebrata lunedì 25 novembre nello stadio del Tokyo Dome, nel corso della terza giornata della sua visita apostolica in terra giapponese.
Nell’omelia, prendendo spunto dalla lettura del passo del Vangelo in cui Gesù invita i suoi a non affannarsi per il domani, “perché a ogni giorno basta la sua pena”, il Papa ha abbracciato inquietudini e fragilità che attraversano la società giapponese: Anche per chi appartiene alla Chiesa – ha spiegato il Vescovo di Roma -, “lungo il cammino, questa libertà filiale potrebbe vedersi soffocata e indebolita quando restiamo prigionieri del circolo vizioso dell’ansietà e della competitività, o quando concentriamo tutta la nostra attenzione e le nostre migliori energie nella ricerca assillante e frenetica della produttività e del consumismo come unico criterio per misurare e convalidare le nostre scelte o definire chi siamo e quanto valiamo”. L’anima finisce oppressa e incatenata quando prevale “l’affanno di credere che tutto possa essere prodotto, conquistato e controllato”. Così accade che anche nella evoluta società giapponese “casa, scuola e comunità, destinate ad essere luoghi dove ognuno sostiene e aiuta gli altri, si stanno sempre più deteriorando a causa dell’eccessiva competizione nella ricerca del guadagno e dell’efficienza”. Le parole di Gesù che suggerisce ai suoi di non affannarsi – ha rimarcato il Papa – non vanno intese come “un invito a ignorare quanto succede intorno a noi o a diventare sconsiderati verso le nostre occupazioni e responsabilità quotidiane”. Il Signore - ha aggiunto il Pontefice - non ci dice che le necessità di base, come il cibo e i vestiti, non siano importanti; ci invita, piuttosto, a riconsiderare le nostre scelte quotidiane per non restare intrappolati o isolati nella ricerca del successo ad ogni costo, anche a costo della vita”, e affrancarsi da “atteggiamenti mondani” che si presentano come vie per raggiungere la felicità, e “in realtà ci rendono solo sottilmente infelici e schiavi, oltre ad ostacolare lo sviluppo di una società veramente armoniosa e umana”.Nel contesto giapponese, segnato da una corsa competitiva al perfezionismo che rischia di creare nuove, impressionati sacche di esclusione sociale, il Papa ha chiamato la comunità cattolica locale a “proteggere ogni vita e a testimoniare con sapienza e coraggio uno stile segnato dalla gratuità e dalla compassione, dalla generosità e dall’ascolto semplice, capace di abbracciare e di ricevere la vita così come si presenta con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso”. La comunità ecclesiale anche in Giappone è chiamata a “dare il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, a tutto quello che non è puro né distillato, ma non per questo è meno degno di amore”, seguendo i passi di Gesù, che “ha abbracciato il lebbroso, il cieco e il paralitico, ha abbracciato il fariseo e il peccatore. Ha abbracciato il ladro sulla croce e ha abbracciato e perdonato persino quelli che lo stavano mettendo in croce”. Per i cristiani, in Giappone come dovunque – ha rimarcato il Vescovo di Roma “ l’unica misura possibile con cui giudicare ogni persona e ogni situazione è quella della compassione del Padre per tutti i suoi figli”. (GV) (Agenzia Fides 25/11/2019)
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ASIA/THAILANDIA - La visita del Papa ha toccato il cuore di cattolici e buddisti
 
Chiang Mai (Agenzia Fides) – “È stata una esperienza straordinaria. La gente è stata motivata, preparata e cosciente dell’eccezionalità dell’evento. L’ultima visita di un Papa risaliva a 35 anni fa. Le parrocchie si sono prodigate a organizzare e a partecipare. Anche dai confini lontani del nord, magari con giorni di viaggio, si sono mossi, nonostante la stagione del raccolto del riso, fondamentale per la sussistenza delle popolazioni rurali”: così Don Attilio de Battisti, missionario fidei donum a Chiang Mai, traccia all’Agenzia Fides un bilancio della straordinaria visita di Papa Francesco in Thailandia, che ha avuto il privilegio di seguire da vicino.
“La visita del Papa ha smosso un po’ tutti. Il mondo cattolico si è sforzato di mostrare con orgoglio la sua fede, i suoi simboli, i suoi riti, i suoi riferimenti. Il mondo buddista si è cimentato a commentare, presentare, spiegare alla popolazione i contenuti della religione cattolica e la sua storia. Tutti sono rimasti incantati dai gesti profetici di Papa Francesco in diverse occasioni. Sono gesti non usuali nella cultura thailandese, molto solenne e rigida circa il protocollo. I canali televisivi di stato, le radio, i social si sono riempiti di foto, dirette, gesti ed espressioni del Santo Padre nei vari incontri ufficiali”.
Spiega don Attilio: “La Thailandia intera ha mostrato il meglio del suo stile e della sua cultura. Si potrebbe studiare l’animo thailandese a partire da uno qualsiasi degli eventi vissuti: ordine per le strade, sicurezza, disciplina, raffinatezza, costumi, musiche, espressioni di gioia. Sono in Thailandia da quasi 12 anni e ho ripassato l’essenza della cultura thailandese, la stessa che a tratti ci mette in difficoltà quando cerchiamo di ‘inculturare’ il messaggio cristiano nella pastorale. Vista da fuori emerge una figura di Thailandia patinata e formale. Nella realtà la spiritualità e lo stile di vita del thailandese ordinario è sobrio e ben radicato nelle tradizioni. Il Papa ha dimostrato di conoscere bene i tasti sensibili della gente, anche altolocata, ha messo in evidenza valori e pregi senza tralasciare esortazioni e indicazioni pastorali che saranno da riprendere con calma. La stessa barriera linguistica (il Papa ha sempre parlato in spagnolo) obbligherà e rileggere e riprendere molti passaggi cruciali. Sono stati due giorni intensissimi, non adatti a un ultraottantenne carico di responsabilità, ma tutti memorizzati con cura e affetto”.
Il missionario scrive a Fides: “Va riconosciuto che la Chiesa locale ha saputo non solo organizzare egregiamente un evento complicato di suo e ulteriormente articolato dai protocolli ufficiali, ma ha anche saputo vivere al meglio il valore missionario della visita. Ha preparato ricchissimi materiali distribuiti gratuitamente a profusione a tutti, ha gestito la comunicazione con grande competenza e precisione, ha coinvolto la base, le scuole, i gruppi, le imprese. Anche la gente semplice ha voluto mettere in campo quello che aveva: i motorini per trasportare gratuitamente i pellegrini lungo le strade blindate al traffico, nelle case si dava da bere e cibo a chiunque passasse, tutti hanno decorato strade e angoli, gli alunni hanno vivacizzare piazzette e parcheggi, le strutture scolastiche di Bangkok sono rimaste chiuse per far posto a viaggiatori stanchi e gruppi arrivati da lontano.”
Il missionario conclude dicendosi “contento e fortunato di aver partecipato a questa visita. Nonostante l’esiguità della comunità cattolica in questo paese, ancora una volta è emerso lo spirito di collaborazione e l’amore per il bene dell’intera nazione, nonché per gli ‘ospiti’. Sono arrivati in migliaia dal Vietnam, dalla Cambogia, dalla Malesia, dal Laos, paesi che difficilmente potranno ospitare il Santo Padre per ragioni politiche. Anche la gente dal Myanmar, che ha già accolto di recente il Pontefice, ha voluto partecipare. Moltissimi Vescovi della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia sono convenuti per un incontro con il Papa. Non ultimo, Dio ci ha benedetti anche con un clima decisamente moderato e tollerabile”.
(AdB/AP) (25/11/2019 Agenzia Fides)
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ASIA/INDIA - Violenze sui cristiani: si conferma il trend in aumento
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Sono 275 gli episodi di violenza contro i cristiani indiani segnalati (dal 1° gennaio al 31 ottobre 2019) al numero verde gratuito attivato dallo "United Christian Forum (UCF) e dalla "Alliance for Defending Freedom" (ADF), organizzazioni impegnate a difendere la vita e i diritti delle comunità cristiane in India. Come comunicato all'Agenzia Fides, dei 275 episodi di violenza denunciati al numero verde, 192 sono state intimidazioni e minacce da parte di una folla di militanti. In media, si tratta di 27 incidenti al mese, rispetto alla media di 20 incidenti nel 2018. Secondo i dati ricevuti da Fides, 145 donne e 106 bambini sono rimasti feriti in casi i violenza di massa.
Tra gli episodi più recenti registrati nell'ottobre 2019, il 24 ottobre 2019, in un villaggio dello stato di Orissa, un gruppo di militanti ha fatto irruzione nelle case di nove famiglie cristiane, bruciando Bibbie e altra letteratura cristiana davanti alla statua di una divinità indù.
In Gujarat, il 22 ottobre una folla di 35-40 persone ha interrotto una pacifica riunione di preghiera a Fatehpur Tehsil, sollevando false accuse di conversione religiosa, aggredendo e ferendo gravemente il Pastore cristiano protestante che guidava la liturgia. Il 20 ottobre, un gruppo di 4-5 estremisti ha minacciato e chiesto di chiudere una chiesa cristiana a Coimbatore, in Tamil Nadu.
Il 18 ottobre 2019, una folla di membri del "Bajrang Dal" (forum di gruppi estremisti indù) ha interrotto una liturgia e ha profanato la Santa Comunione, le Bibbie e altri articoli religiosi a Nehru Nagar in Madhya Pradesh
In una denuncia presentata il 13 ottobre 2019 all'ADF, si riferisce che le famiglie cristiane residenti a Raghunathpur, nello stato di Jharkhand, sono socialmente ostracizzate e private dei servizi di base del villaggio.
In questi e altri episodi, "la tendenza a non presentare una denuncia (First Information report) contro gli autori di violenza continua, poiché su questi 275 incidenti solo 32 denunce sono state registrate contro gli aggressori", nota UCF. "Ciò dimostra la tacita comprensione tra gli autori di violenza e la polizia, che ovviamente gode del patrocinio di leader o funzionari politici locali. A volte la mancata presentazione di denunce è anche dovuta al timore di rappresaglie" rileva a Fides A. C. Michael, attivista cattolico, ex membro della Commissione per le minoranze dello stato di Delhi.
Secondo i dati registrati da "United Christian Forum (UCF) e "Alliance for Defending Freedom" (ADF) dal 2014, gli attacchi ai cristiani sono aumentati costantemente: erano 147 nel 2014; 177 nel 2015; 208 nel 2016; 240 nel 2017; 292 nel 2018.
Tehmina Arora, direttore di ADF India, dichiara a Fides: “Nessuno dovrebbe essere perseguitato a causa della sua fede. È preoccupante vedere questi atti di violenza illegale di massa continuare ancora anche dopo una serie di indicazioni al governo dalla Corte Suprema. Le forze politiche devono smettere di incoraggiare la violenza e la polizia deve agire per garantire protezione alle minoranze religiose". (SD) (Agenzia Fides 25/11/2019)
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AMERICA/BOLIVIA - Presentati gli accordi per il dialogo di pace, approvata la legge per nuove elezioni nel 2020
 
La Paz (Agenzia Fides) – I rappresentanti della Conferenza Episcopale Boliviana, dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea, hanno presentato sabato 23 novembre i punti dell’accordo raggiunto al termine del dialogo svoltosi nelle ultime settimane (vedi Fides 19;22/11/2019). Il documento, pervenuto a Fides, vuole contribuire attraverso il dialogo al processo di costruzione della pace concentrandosi su alcune questioni cruciali.
In primo luogo si ribadisce l’impegno a lavorare attraverso il tavolo di dialogo, sostenendo “gli sforzi per prevenire e superare i conflitti attraverso il dialogo, in particolare nelle aree del paese più colpite dalla violenza”. Si intende poi fornire assistenza tecnica al Tribunale Supremo Elettorale e ai Tribunali Elettorali Dipartimentali, in modo che “il processo elettorale soddisfi i più elevati standard nazionali e internazionali”.
Un altro punto dell’accordo prevede di “stabilire una presenza nei dipartimenti per promuovere il pieno esercizio dei diritti politici dei cittadini, su base paritaria e senza intimidazioni, durante la campagna elettorale, le elezioni e il periodo post-elettorale” e di “prestare particolare attenzione alla piena, libera e sicura partecipazione delle donne e delle popolazioni indigene al processo elettorale”. Dopo i tragici eventi verificatisi in occasione delle elezioni del 20 ottobre (vedi Fides 22/10/2019), è necessario arrivare alla verità e alla giustizia, operare affinchè non si ripetano, garantendo “indagini trasparenti, imparziali ed efficaci e che i responsabili siano puniti secondo le norme di legge e dei diritti umani internazionali”.
Per dare maggiore certezza al processo di dialogo, è necessario “monitorare l'attuazione degli accordi raggiunti al tavolo di dialogo”. Inoltre è stato deciso di aumentare le attività dell’organizzazione delle Nazioni Unite in Bolivia, in particolare verso la popolazione più vulnerabile. L’ultimo punto dell’accordo riguarda la comunità internazionale, chiamata ad assicurare il suo sostegno “per una soluzione pacifica della crisi e lo svolgimento di un processo elettorale trasparente, credibile e inclusivo”.
Domenica 24 novembre, la Presidente ad interim della Bolivia, Jeanine Añez, ha firmato la “Legge di regime eccezionale e transitorio”, approvata dal Parlamento, che prevede elezioni generali nel 2020. Le elezioni si terranno entro un periodo massimo di 120 giorni, una volta approvato il calendario elettorale. Secondo gli accordi tra le forze politiche al potere e l'opposizione, la nuova legge prevede che Evo Morales e il suo vice Alvaro García Linera, non potranno partecipare alle elezioni del 2020; i nuovi membri del Supremo Tribunale elettorale saranno eletti per 6 anni; i partiti politici presenteranno nuove alleanze e candidati. (S.L.) (Agenzia Fides 25/11/2019)
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AMERICA/NICARAGUA - Migliora la salute del parroco di Masaya, ricoverato in ospedale
 
Managua (Agenzia Fides) – Ieri, domenica 24 novembre, padre Edwing Román, parroco della parrocchia di San Miguel a Masaya ha informato attraverso il suo account Twitter, che la sua salute è migliorata e che presto tornerà nella sua parrocchia di Masaya. Dopo aver trascorso otto giorni senz’acqua, senza elettricità, senza niente da mangiare e perfino senza le sue medicine, padre Edwin e i parenti dei prigionieri politici, venerdì 22 novembre sono stati portati via dalla chiesa di San Miguel a Masaya, mentre ringraziavano coloro che li avevano sostenuti con le preghiere e in altro modo (vedi Fides 18/11/2019). All'Ospedale Vivian Pellas dove sono stati ricoverati, qualche giornalista è riuscito a scambiare poche parole con padre Edwin e con Diana Lacayo, presidente dell'Associazione dei parenti dei prigionieri politici.
Il sacerdote e le altre persone del gruppo sono state portate all'ospedale con aiuto della Croce Rossa nicaraguense, che ha confermato l'urgente bisogno di un intervento medico per loro, che non avevano cibo da una settimana. Attualmente padre Roman continua ad essere ricoverato in quanto, essendo diabetico, è tra i più provati dal divieto della polizia di ricevere cibo, acqua e medicine, secondo quanto informa l'arcidiocesi di Managua e lo stesso Cardinale Leopoldo Brenes, che è andato a visitarlo ieri.
Padre Edwing faceva parte di un gruppo di 14 persone che sono rimastate dentro la Parrocchia di San Miguel Arcángel, nella città di Masaya, per otto giorni. Tra di loro almeno 10 donne avevano iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione di oltre 160 prigionieri politici. La polizia ha arrestato 16 persone per aver cercato di portare acqua alle persone che si trovavano all'interno della parrocchia, dopo che era stata interrotta la fornitura di acqua e di elettricità all’edificio. I sostenitori della polizia e del governo hanno mpedito l'accesso ai media attorno al tempio.
Questa azione dei familiari dei prigionieri politici non è isolata, ma è una delle tante proteste contro la crisi politico-sociale che dall’aprile 2018 ha lasciato almeno 328 morti, secondo la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR), anche se le organizzazioni locali aumentano il numero a 651 e il governo ne riconosce 200 (vedi Fides 29/10/2019).

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

The Chosen ...é sufficiente per me...posso fare molto con questo ..

Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occ...