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lunedì 14 giugno 2021

 

AFRICA/BURKINA FASO - “A cosa servono le basi militari straniere nel Sahel?” chiedono i Vescovi dopo la strage di Solhan
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) – Il Burkina Faso è sotto choc per la strage di Solhan, il villaggio nel nord-est del Paese assalito nella notte tra il 4 e il 5 giugno, nel quale almeno 160 persone sono state uccise (vedi Fides 7/6/2021), affermano i Vescovi di Burkina Faso e Niger in un comunicato pubblicato al termine della loro seconda Assemblea Plenaria.
“Indubbiamente si stanno compiendo notevoli sforzi nella lotta al terrorismo e dobbiamo congratularci con tutte le parti coinvolte, in particolare le forze di difesa e di sicurezza. Il tragico evento di Solhan, ci ha però scioccati e fa apparire l'idra terrorista in una luce che uccide l'ottimismo che stava cominciando a rinascere tra le popolazioni” affermano nel documento pervenuto all’Agenzia Fides. All’Apertura dell’Assemblea, il Cardinale Philippe Ouedraogo, Arcivescovo di Ouagadougou, aveva espresso le condoglianza della Conferenza Episcopale di Burkina Faso e Niger alle vittime del massacro (vedi Fides 10/6/2021).
Nella nota i Vescovi si chiedono se la presenza di basi militari straniere nei Paesi del Sahel contribuisca o meno a rafforzare la sicurezza delle popolazioni locali. “La notte d’orrore di Solhan mostra che lo spettro terrorista sta diventando sempre più minaccioso per una popolazione che è tuttavia circondata da basi militari, sia nazionali che straniere. Questo crea forte perplessità nelle popolazioni, con una prospettiva allarmante di incommensurabile disagio degli sfollati in questo periodo di inizio inverno” scrivono i Vescovi facendo riferimento alla stagione secca saheliana, detta “invernale”.
“Naturalmente ci si interroga sul valore della presenza di tante forze straniere nei nostri territori, poiché la speranza dei frutti delude sempre più la promessa dei fiori. Questa osservazione è di grande preoccupazione per le popolazioni; preoccupazione che condividiamo. Quando arriva la fine del tunnel?” chiedono i Vescovi.
Il 12 giugno migliaia di persone si sono radunate a Dori, nel nord del Burkina Faso, per denunciare “l'inerzia” delle autorità dopo il massacro di Solhan (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AFRICA - Terrorismo e violenza: situazione insostenibile nei paesi dell’Africa occidentale
 
Abidjan (Agenzia Fides) – "La subregione dell'Africa occidentale sta purtroppo diventando il bastione del terrorismo in Africa. Una situazione che diventa sempre più preoccupante" scrive all’Agenzia Fides p. Donald Zagore, teologo ivoriano della Società per le Missioni Africane, esprimendo tutta la sua preoccupazione e l'allarme per la situazione dell'area. Il conflitto tra forze governative e gruppi armati legati a Isis e al-Qaeda, nella parte occidentale del Sahel, ha devastato gran parte della regione nell’ultimo decennio, innescando una significativa crisi umanitaria. Secondo i dati del progetto Armed Conflict and Location Event Data Project sono morte quasi 7.000 persone a causa del peggioramento dei combattimenti lo scorso anno. E, secondo quanto pubblicato dalle Nazioni Unite, le continue violenze hanno provocato lo sfollamento interno di oltre due milioni di persone.
Rileva padre Zagore: "Aumentano gli sfollati e i morti. Intere popolazioni che vivono in condizioni di totale precarietà non ce la fanno più - insiste il missionario -. Instabilità politica quasi permanente, violazione dei valori democratici, corruzione su vasta scala, povertà sempre più accentuata, ascesa al potere dei cartelli della droga e dell'oro clandestino, che contribuiscono enormemente al finanziamento del terrorismo, stanno aggravando le condizioni sociali, politiche ed economiche in questa parte dell'Africa".
"Fino a quando i nostri Stati rimarranno prigionieri di tutti questi mali senza mai combatterli con vigore, le loro porte saranno ampiamente aperte a tutte le forme di violenza e di terrorismo per eccellenza. Non è più tempo di discorsi ed eterni vertici sulla lotta al terrorismo. E’ il momento di agire. Le persone non devono diventare prigioniere nel proprio paese" dice accorato il missionario.
Tra gli altri gravi episodi di violenza registrati nella giornata di ieri, 13 giugno 2021, si segnala la morte di almeno due soldati e un gendarme, rimasti uccisi dall’esplosione del loro veicolo a causa di un ordigno esplosivo nella regione di Tèhini, nel nord-est della Costa d'Avorio, vicino al confine con il Burkina Faso. Secondo quanto riportato da fonti locali l'esplosione ha provocato anche tre feriti a meno di una settimana da un attacco di sospetti jihadisti nella cittadina di Tougbo, a pochi chilometri dal confine con il Burkinabè.
Il conflitto nella regione del Sahel ha causato una delle più grandi crisi umanitarie del mondo, con 24 milioni di persone bisognose di aiuti quest'anno e 13 milioni che soffrono la fame, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Con le sue vaste distese desertiche poco controllate e i confini porosi, il Sahel si è rivelato terreno fertile per l'ascesa della militanza islamista in una delle regioni più povere del mondo, mentre il cambiamento climatico ha peggiorato la competizione per le risorse in diminuzione. Secondo un recente studio commissionato dal Catholic Relief Services (CRS) in Mali, Burkina Faso e Niger la disoccupazione giovanile e la mancanza di opportunità economiche sono la causa principale della violenza, spingendo molti giovani a unirsi a gruppi armati. In Africa Occidentale una élites dell'1% possiede ricchezza più di tutto il resto della popolazione e i governi non fanno abbastanza per ridurre la disuguaglianza attraverso politiche come la tassazione e la spesa sociale, ha affermato l'Ong Oxfam.
(DZ/AP) (Agenzia Fides 14/06/2021)
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ASIA/MYANMAR - Preti cattolici arrestati e rilasciati dall'esercito: violenze a Mandalay
 
Mandalay (Agenzia Fides) - I militari birmani hanno arrestato e rilasciato sei sacerdoti cattolici e un laico cattolico nel villaggio di Chan Thar, nell'Arcidiocesi di Mandalay, 700 km a nord di Yangon. Come conferma all'Agenzia Fides p. Dominic Jyo Du, Vicario generale dell'Arcidiocesi di Mandalay, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, militari birmani hanno fatto irruzione nel complesso della chiesa dell'Assunzione e nella annessa casa del clero arrestando il parroco e altri sacerdoti che erano in visita da lui, compiendo una capillare perquisizione della struttura. L'irruzione è stata motivata dal fatto che, secondo alcuni informatori, alcuni parlamentari della Lega nazionale per la democrazia si nascondono in chiese cattoliche e monasteri buddisti. Nel blitz compito nelle ore notturne, i militari hanno divelto il cancello del complesso della chiesa cattolica dell'Assunzione, costruita 200 anni fa dai missionari francesi delle Missioni Estere di Parigi (MEP). A causa dell'arrivo dell'esercito, molti abitanti del villaggio, compresi anziani, donne, malati, sono fuggiti nelle vicine foreste e poi il giorno dopo, alla fine dell'operazione, sono potuti rientrare nelle loro case.
Come riferisce p. Dominic Jyo Du, dopo una notte di interrogatori in stato di fermo, il 13 giugno, intorno all'1,30 di pomeriggio, tutti sono stati rilasciati: "E' stata comunque un'esperienza terribile, dal carattere intimidatorio. Non sono stati maltrattati o torturati ma, quando a un sacerdote è stato intimato di spogliarsi dell'abito sacro, il parroco si è opposto, dicendo che avrebbero potuto anche ucciderlo, ma non l'avrebbe fatto. E' stato coraggioso. I militari non hanno insistito e li hanno rispettati. A volte i militari rispettano gli uomini di Dio, a volte no. Dipende dalle persone".
La gente del luogo ha potuto riabbracciare i preti cattolici. Nel villaggio di Chan Thar si ricorda il primo sacerdote missionario cattolico francese, p. Joseph Pho, MEP, che arrivò in questo villaggio nel 1902, mentre oggi nel villaggio è ancora operante una clinica aperta dalle suore francescane nel 1919. La presenza cattolica è molto apprezzata da tutta la popolazione.
Nell'attuale situazione di crisi, migliaia di persone di ogni ceto sociale vengono arrestate, incarcerate "a causa di informazioni errate, fornite da informatori pro militari", segnala una fonte di Fides. A Mandalay proseguono gli scontri tra le locali di difesa del popolo (People's Defence force) e agenti di polizia e dell'esercito birmano che continuano a compiere raid e perquisizioni notturne nelle case, in edifici civili come scuole, in luoghi di culto come chiese, pagode, monasteri. In risposta le forze della resistenza si organizzano per colpire obiettivi militari.
Mandalay, antica capitale della Birmania (oggi Myanmar) prima dell’arrivo degli inglesi, è disseminata di templi buddisti e rappresenta lo spirito mistico del paese, segnata dal buddismo Hinayana.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/AFGHANISTAN - Le donne afgane: senza giustizia, la guerra proseguirà
 
Kabul (Agenzia Fides) - È preoccupata Nargis Nehan, direttrice dell’Organizzazione non governativa “Equality for Peace and Democracy”. “Con il ritiro delle truppe, sembra che la società civile non sia più utile come prima alla comunità internazionale”. Già Ministra per il Petrolio e le risorse naturali, volto noto dell’attivismo nella capitale afghana, Nehan nota che al disimpegno militare sta corrispondendo un disimpegno diplomatico e finanziario. Il 14 aprile 2021 il Presidente degli Statu Uniti, Joe Biden, ha annunciato che il ritiro delle truppe statunitensi, incondizionato, avverrà entro l’11 settembre 2021. Lo stesso vale per i Paesi che contribuiscono coi i loro eserciti alla missione della Nato. Nelle ambasciate straniere si stilano piani di evacuazione. I donatori appaiono più riluttanti a sostenere nuovi progetti. “Non siamo coinvolte a sufficienza nelle discussioni di alto livello”, lamenta Nehan. Spesso, sostiene, “ le donne afgane sono chiamate a parlare soltanto di diritti delle donne, ma abbiamo idee su tutto: dal processo di pace al quadro regionale”.
Previsto dall’accordo bilaterale tra Usa e Talebani del febbraio 2020, il negoziato intra-afghano, tra Talebani e fronte repubblicano, è iniziato soltanto nel settembre 2020. Non ha prodotto risultati significativi. I Talebani hanno disertato una Conferenza dell’Onu prevista lo scorso aprile in Turchia, con il pretesto che la data scelta da Biden per il ritiro completo posticipava di 4 mesi quanto concordato a Doha. Da allora, la violenza è cresciuta.
"È la prima volta in vent’anni che mi sento veramente minacciata”. Così racconta all’Agenzia Fides Najba Ayoubi, giornalista, direttrice di “The Killid Radio”, rete indipendente di radio afgane con sedi in otto province del Paese. Negli ultimi mesi si sono registrati numerosi omicidi mirati contro giornalisti e giornaliste, membri della società civile, giudici, funzionari governativi. Nessun gruppo rivendica gli omicidi. La violenza cresce anche sui fronti militari, con i Talebani alla conquista di nuovi distretti e il governo concentrato nella protezione dei capoluoghi provinciali. Per Najiba Ayoubi “quando si entra in un negoziato il primo passo dovrebbe essere accettare un cessate il fuoco. Solo dopo si negozia”. I Talebani avrebbero scelto invece “la strada sbagliata. Vogliono andare al potere con la forza”. Per Najiba Ayoubi resta importante trovare un accordo politico tra il governo di Kabul e i Talebani. Ma nota che “firmare un documento non produrrà la pace”. “Il processo politico è importante, ma senza pace sociale ci saranno sempre altri conflitti. Qui c’è una società in guerra da 40 anni. Tante famiglie chiedono giustizia”. Se non si soddisfano le richieste di giustizia, la guerra proseguirà”, conclude la direttrice di The Killid Radio.
(GB-PA) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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ASIA/TERRA SANTA - Gerusalemme, il Patriarcato latino indice la "Giornata annuale della pace per l'Oriente” e annuncia la consacrazione della regione alla Sacra Famiglia di Nazareth
 
Nazareth (Agenzia Fides) – Una “Giornata della Pace per l’Oriente”, da celebrare ogni anno con una speciale liturgia eucaristica “per implorare la Misericordia di Dio e la sua Pace su questo amato Medio Oriente, dove la fede cristiana è nata ed è ancora viva, nonostante le sofferenze”. L’inedita iniziativa è stata annunciata dall’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. Il Patriarca, che è anche Presidente della Assemblea dei Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, in aggiunta ha dato notizia che in quest’anno 2021, dedicato a san Giuseppe, nella Messa della prima Giornata per la pace, in programma domenica 27 giugno a Nazareth, presso la Basilica dell’Annunciazione, verrà compiuta anche una speciale Consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia.
“In occasione della celebrazione del 130° anniversario della Rerum Novarum, l'enciclica emanata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891 sui ‘Diritti e doveri del capitale e del lavoro’ – spiega il Patriarca Pizzaballa in un messaggio diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme -, il Comitato episcopale ‘Giustizia e Pace’, che emana dal Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente, ha lanciato l’iniziativa della celebrazione annuale di una Santa Messa durante una giornata che si chiamerà ‘Giornata della Pace per l'Oriente’, e che quest'anno sarà domenica 27 giugno 2021, alle ore 10:00”.
Una liturgia eucaristica per la pace nella regione mediorientale verrà celebrata in ciascuno dei Paesi su cui il Consiglio dei Patriarchi cattolici del Medio Oriente esercita la sua opera di coordinamento. Domenica 27 giugno, a Nazareth, nella Basilica dell’Annunciazione, nella Messa presieduta dal Patriarca Pizzaballa e concelebrata dai Vescovi ordinari cattolici di Terra Santa, verrà benedetta un'icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con reliquie custodite nella stessa Basilica. L'icona riproduce l’immagine della Sacra Famiglia raffigurata sopra l'altare della chiesa di San Giuseppe, a Nazareth, dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dello Sposo di Maria.
“Una volta benedetta” riferisce il Patriarca Pizzaballa nel suo messaggio, “l'Icona sarà portata in pellegrinaggio, partendo dal Libano, verso i paesi dell'Oriente, fino al suo arrivo a Roma verso la fine dell'anno di San Giuseppe, l'8 dicembre 2021. Da Roma, l'Icona farà il suo viaggio di ritorno in Terra Santa”. Anche Papa Francesco, domenica 27 giugno, impartirà da Roma la sua speciale benedizione apostolica per la “Giornata della Pace per l'Oriente”. (GV) (Agenzia Fides 14/6/2021)
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AMERICA/MESSICO - Sacerdote ucciso in una sparatoria tra cartelli del narcotraffico
 
Jalisco (Agenzia Fides) - Il Ministro Provinciale della Provincia Francescana dei santi Francisco e Santiago in Messico, padre Angel Gabino Gutiérrez Martinez, OFM, ha informato della morte violenta del suo confratello, padre Juan Antonio Orozco Alvarado, OFM, vittima, insieme ad altre persone, di uno scontro fra bande armate tra i cartelli che si disputano il territorio.
La comunicazione del Superiore francescano porta la data del 12 giugno, ed è pervenuta a Fides domenica 13 giugno festa di Sant'Antonio di Padova. La notizia è stata confermata da una nota della Prelatura di Jesús María (del Nayar), suffraganea di Guadaljara, che indica la mattina di sabato 12 giugno come data del sanguinoso evento, in cui oltre al sacerdote ci sono altri morti e feriti.
La comunità cattolica di Guadalajara ha riferito che il sacerdote ha perso la vita mentre si stava recando a celebrare la messa nella comunità di Tepehuana de Pajaritos. Alcuni membri armati del cartello di Jalisco Nueva Generación (CJNG) e del cartello di Sinaloa hanno iniziato ad attaccarsi a vicenda, il sacerdote e il piccolo gruppo di fedeli della comunità che lo avevano accolto e con lui si stavano recando in chiesa, si sono trovati nel mezzo dello scontro.
Padre Juan Antonio Orozco Alvarado aveva 33 anni, era parroco a Santa Lucía de la Sierra, nel municipio di Valparaíso nello stato di Zacatecas, Jalisco. "Padre Juanito", come era conosciuto, aveva iniziato solo 6 mesi fa il suo lavoro pastorale nella zona.
La Conferenza Episcopale Messicana (CEM) ha deplorato il fatto, auspicando che Nostra Signora de Guadalupe "consoli il nostro dolore con il suo cuore di madre e ripristini la giustizia e la pace nella nostra società". La CEM ha inoltre ricordato che Fray Juan - originario di Monclova - è stato "vittima della violenza che esiste nel nostro Paese".
(CE) (Agenzia Fides 14/06/2021)

martedì 8 giugno 2021

Fides News 8 giugno 2021

 

VATICANO - Suor Palmide Gamba, con cuore di madre ha generato tanti figli e figlie nella fede
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Suor Palmide Gamba, delle Suore Francescane Missionarie di Maria, è morta il 18 maggio 2021, i funerali sono stati celebrati il 20 maggio nella cappella del convento delle suore, a Grottaferrata (Roma). “La sua solerte dedizione alla missione della Chiesa cinese e lo straordinario zelo apostolico posto nell’accompagnamento spirituale delle Suore cinesi in Italia e nel suo servizio a Propaganda Fide” sono stati ricordati dal Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Cardinale Luis Antonio G. Tagle, nel messaggio di condoglianze alla Superiora generale del suo istituto. “Non ha mai mancato di affrontare ogni problematica con cuore di madre – prosegue il Cardinale – con discernimento e fiducia, figlia della virtù teologale della Speranza, si sentiva chiamata a comunicare la buona notizia del Vangelo a tutti”.
Nata a Brescia (Italia) il 21 luglio 1935, aveva frequentato il noviziato a Grottaferrata, dove aveva emesso i voti temporanei il 19 marzo 1965, e quelli perpetui a Macau, l’11 aprile 1971. Aveva studiato Lingue e letterature straniere all’Università di Pisa, Pastorale catechistica a Parigi e Letteratura cinese a Taiwan, dove per molti anni si è dedicata con generosità all’impegno pastorale. Nella vita religiosa ha ricoperto diversi incarichi di responsabilità: insegnante, superiora, consigliera generale e provinciale, formatrice, direttrice dell’associazione laicale, membro del “China team”…
Dopo alcuni anni di servizio negli uffici del Dicastero Missionario, in Vaticano, le era stato affidato l’incarico di occuparsi della formazione e dell’accompagnamento delle suore cinesi in Italia che sarebbero venute a Roma per completare i loro studi. Il suo desiderio era di andare a portare la Buona Novella in Cina continentale, ha ricordato chi la conosceva da lungo tempo. Non le è stato possibile a causa della situazione politica, ma allo stesso modo ha contribuito sia pure “a distanza” alla realizzazione del suo desiderio formando intellettualmente, spiritualmente e umanamente le suore cinesi che venivano a Roma.
Fede, semplicità, umiltà e gioia furono alcune delle virtù e delle qualità che suor Palmide ha incarnato. Era una donna piena di amore per Cristo, un bell’esempio di come si ama il Signore e i fratelli e le sorelle. E’ stata veramente una “madre” che ha generato tanti figli e figlie nella fede, soprattutto per la Chiesa in Cina, ha aiutato molti ad avvicinarsi a Cristo, a credere in Lui testimoniando l’amore al Vangelo non a parole, ma con la vita. Per molti è stata veramente madre, sorella, amica. Alla sua intercessione sono ora affidate le consorelle Francescane Missionarie di Maria e la Chiesa in Cina, affinché proseguano la provvidenziale opera evangelizzatrice percorrendo la stessa strada mostrata da lei. (SL) (Agenzia Fides 08/06/2021)
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AFRICA/MOZAMBICO - Donne e bambini le vittime più colpite dalla violenza jihadista
 
Maputo (Agenzia Fides) – Sono donne e bambini le vittime più colpite dalla violenza e dalle conseguenze dello sfollamento nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, dove dal 2017 oltre 700.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per le azioni di gruppi jihadisti che si richiamano allo Stato Islamico. La situazione si è aggravata nel marzo di quest’anno con l’assalto alla città di Palma (vedi Fides 27/3/2021) con lo sfollamento di altre 67.000 persone. La metà di questi sono bambini. Gli sfollati sono arrivati con tutti i mezzi possibili, anche a piedi, nel capoluogo di Pemba, e sono accolti in campi gestiti da organizzazioni locali e internazionali. Ma le necessità sono molteplici e la situazione della sicurezza, specie per i più deboli, rimane precaria.
“Con le ragazze che non vanno a scuola e le famiglie che affrontano perdite economiche e difficoltà, il rischio di matrimoni precoci e gravidanze adolescenziali diventa fonte di crescente preoccupazione” afferma Andrea M. Wojnar, responsabile per il Mozambico dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR).
Chi non è riuscito a fuggire ha dovuto subire conseguenze ancora più drammatiche. Centinaia di ragazzi e ragazze sono stati rapiti dai gruppi jihadisti, denuncia p. Kwiriwi Fonseca, responsabile delle comunicazioni della diocesi di Pemba. I ragazzi, afferma il sacerdote, sono reclutati a forza nelle file dei jihadisti, mentre le ragazze vengono date “in moglie” ai combattenti o servono come schiave.
P. Fonseca riporta la denuncia di suor Eliane da Costa, una religiosa brasiliana che si trovava a Mocímboa da Praia quando il villaggio costiero è caduto nelle mani dei terroristi, nell'agosto 2020, e decine di persone furono rapite. “Suor Eliane ha vissuto 24 giorni tra i terroristi, nella foresta, e mi ha avvertito dicendo: 'Padre Fonseca, non dimentichi le persone rapite, soprattutto bambini e adolescenti, anche loro addestrati per essere terroristi'”, afferma il sacerdote.
A Lichinga, provincia di Niassa, suor Mónica da Rocha, religiosa portoghese appartenente alla Congregazione delle Suore Riparatrici di Nostra Signora di Fátima, accoglie gli sfollati e dice che è “urgente ricostruire le vite distrutte”. “I rapimenti nel contesto della guerra sono più comuni nei giovani e nei bambini. Nel caso dei ragazzi rapiti, il più delle volte sono presi per essere addestrati a combattere a fianco dei terroristi e nel caso delle ragazze per essere schiave sessuali”.
Per aiutare le popolazioni del nord del Mozambico più di 30 organizzazioni della società civile portoghese, tra cui diverse istituzioni cattoliche, hanno lanciata la campagna “Cabo Delgado, non siamo rassegnati alla violenza”. I partecipanti hanno lanciato un appello al governo del Portogallo (il Mozambico è una ex colonia portoghese), all’Unione Europea e alle Nazioni Unite per la “consegna urgente di aiuti umanitari” a Cabo Delgado. (L.M.) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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AFRICA/BENIN - I giovani seminaristi hanno scelto di servire l'Africa come missionari
 
Calavi (Agenzia Fides) - I giovani del Centro di Formazione della Società per le Missioni Africane (SMA) in Benin hanno scelto di servire l'Africa come missionari. “La mia missione l’ho esercitata in modo un po’ particolare a Calavi, dove la SMA ha un centro di formazione internazionale per i suoi seminaristi dei vari continenti” scrive padre Filippo Drogo al termine del quinquennio di formazione dei seminaristi SMA.
“Alla fine di questo cammino i nostri giovani seminaristi partono con un'idea nel cuore, che li motiva a dedicare tutta la loro vita alla missione in Africa: è l’idea che ha ispirato il fondatore della SMA, Mons. de Brésillac: ‘Andare verso i più abbandonati’.”
P. Drogo insiste sul fatto che i poveri, gli abbandonati purtroppo ci sono sempre. “Dobbiamo essere attenti ad ascoltare dove lo Spirito ci guida, per comprendere quali sono le povertà di oggi, e chi sono oggi i più abbandonati.” “Arrivando qui – conclude il missionario - ho scoperto la Chiesa del Benin: una Chiesa cosciente che la fede è stata portata in Africa grazie al dono della vita di tanti missionari. Molti sacerdoti beninesi sono cresciuti all’ombra dei padri SMA e delle suore missionarie venuti dall’Europa, e a loro devono tutto: la trasmissione della fede, ma anche l’aiuto materiale, la costruzione di chiese e seminari.”
Si tratta di una Chiesa giovane che solo 160 anni fa vide arrivare i primi missionari (vedi Agenzia Fides 14/4/2021). “Una Chiesa fresca, che ha voglia di mettersi in gioco, e di fare scelte evangeliche radicali. Il suo dinamismo è una ricchezza, è un aspetto importante di quello che ho vissuto in questi cinque anni, e lo porterò con me al mio ritorno in Italia. Cercherò di trasmetterlo alle nostre comunità cristiane in Italia e in Europa.”
(FD/AP) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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ASIA/MYANMAR - Il Vicario di Loikaw: "Le chiese nel mirino dei militari"
 
Loikaw (Agenzia Fides) - E' una situazione grave e drammatica quella della diocesi di Loikaw, nello stato birmano di Kayah (Myanmar orientale), dove infuria il conflitto tra esercito birmano e forze di difesa popolari che si oppongono alla giunta militare, dopo il colpo di stato del 1° febbraio. La Chiesa cattolica locale sta prodigandosi con ogni mezzo e risorsa per aiutare gli sfollati interni ma "le chiese sono nel mirino dei militari": è quanto afferma in una accorata Lettera pastorale, inviata all'Agenzia Fides, padre Celso Ba Shwe, Vicario generale della diocesi cattolica di Loikaw. Data l'improvvisa scomparsa del Vescovo e la sede vescovile vacante, padre Celso Ba Shwe, Vicario generale, sta governando la pastorale ordinaria della diocesi.
Nella Lettera pastorale diffusa oggi, il Vicario riferisce degli intensi combattimenti tra esercito e forze della resistenza composte da giovani della società di ogni etnia e religione. In uno scenario critico dal punto di vista umanitario e precario per la sicurezza dei civili, "tutte le comunità religiose nella diocesi stanno dando rifugio e aiutando i civili nelle loro rispettive chiese ed edifici. Ma le chiese sono nel mirino dei militari", afferma con seria preoccupazione.
Di fronte auna violenza e a una ferocia senza precedenti, con bombardamenti indiscriminati su donne, anziani e bambini sfollati, il Vicario esorta tutto il popolo di Dio "a ricorrere alla Vergine Maria e a recitare ogni sera alle 19:00 il Rosario per la pace e per il ritorno della stabilità in Myanmar". Il testo della missiva sottolinea che "la popolazione è stanca e terrorizzata e ora, a causa dei bombardamento di chiese e monasteri, dove i civili avevano trovato riparo, sta fuggendo verso aree forestali che sono anch'esse non sicure", nota.
Come riferito all'Agenzia Fides, sono almeno sei le chiese colpite o interessate da violenza e raid militari nei giorni scorsi. Sacerdoti e religiosi locali stanno mettendo in campo tutte le loro energie fisiche e spirituali per restare accanto alla popolazione in una fase di reale emergenza umanitaria.
(PA-JZ) (Agenzia Fides 8/6/2021)


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ASIA/PAKISTAN - Antico collegio cristiano sottratto alla Chiesa: si calpestano i diritti delle minoranze
 
Peshawar (Agenzia Fide) - L'Edwardes College nella città di Peshawar, storico istituto della "Chiesa del Pakistan" (la Chiesa anglicana), nella diocesi anglicana di Peshawar, viene affidato alla gestione dello stato. Lo ha deciso la Corte Suprema di Peshawar pronunciandosi a favore del governo della provincia di Khyber Pakhtunkhawa, nell'ambito della battaglia legale in corso tra Chiesa e governo provinciale per il controllo e la gestione dell'istituto. La sentenza della Corte Suprema giunge dopo che, nell'ottobre 2019, l'Alta Corte di Peshawar aveva emesso un ordine di nazionalizzazione del più antico istituto di istruzione del territorio provinciale. Il recente verdetto della Corte Suprema viene totalmente rigettato dalle comunità cristiane che, come affermano i Vescovi anglicani in Pakistan, "non vedono tutelato il loro diritto costituzionale e vedono calpestata la giustizia".
Zeeshan Yaqub, attivista per i diritti delle minoranze di Peshawar rileva all'Agenzia Fides che "la comunità cristiana in Pakistan compie grandi sforzi nel campo dell'istruzione, della salute e di altri servizi umanitari, che vanno a beneficio di tutta la popolazione, di persone di ogni religione. Chiediamo la tutela dei diritti delle minoranze. come previsti dalla Costituzione del Pakistan, anche nelle loro proprietà".
L'Edwardes College nacque come scuola missionaria cristiana chiamata "Edwardes High School", fondata dalla "Church Missionary Society" britannica nel 1853. Nel 1900 si trasformò in Collegio e da allora ha funzionato come istituzione privata, gestita ufficialmente dalla "Chiesa anglicana". L'istituto è rimasto sotto la direzione della Chiesa anche dopo che, nel 1972, venne presa dal governo del Pakistan la decisione di nazionalizzare le istituzioni educative private. Molti istituti sono stati restituiti alle Chiese nei decenni successivi, secondo una politica di de-nazionalizzazione.
La controversia legale sull'amministrazione dell'Edwardes College è iniziata nel 2014, dopo che i missionari americani hanno lasciato la gestione dell'istituto a membri della Chiesa locale ed è stato nominato il primo preside cristiano pakistano. Un accademico musulmano, contestando tale nomina, ha portato il caso dinanzi all'Alta Corte nel 2016. In base alle decisioni dell'Alta Corte, il Vescovo anglicano di Peshawar Mons. Humphrey Sarfraz Peters (a cui intanto era passata la giurisdizione, con l'erezione di quella diocesi) ha ripristinato l'originario Consiglio di amministrazione, secondo la Costituzione promulgata dalla "Church Missionary Society". Tra l'altro la Chiesa è proprietaria esclusiva dei terreni e dei fabbricati del Collegio: per questo il Collegio non rientrava nei criteri della nazionalizzazione. Mons. Humphrey Sarfraz Peters ha ricordato che il Collegio ha sostenuto tutte le spese educative, proprio come qualsiasi altro istituto di istruzione privato, senza alcun aggravio di spesa per lo stato.
L'attuale governo della provincia di Khyber Pakhtunkhawa non ha accettato la configurazione del Collegio come "istituzione privata", di proprietà della Chiesa, e ha proseguito la battaglia legale cercando di strappare il controllo totale della struttura alla Chiesa. La sentenza dell'Alta Corte di Peshawar dell'ottobre 2019 ha dato ragione al governo civile e, dopo l'ultimo ricorso intentato dalla Chiesa, anche la Corte Suprema si è pronunciata a favore del governo della Khyber Pakhtunkhawa.
Una recente ricerca della Ong "Centro per la giustizia sociale" ha rilevato il forte indebolimento delle scuole e degli istituti un tempo cristiani, dopo la avvenuta nazionalizzazione, nella qualità dell'istruzione impartita.
(KN-PA) (Agenzia Fides 8/6/2021)
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AMERICA/MESSICO - I Vescovi dopo le elezioni: rispettare i risultati, lavorare per il dialogo, l’unità e lo sviluppo
 
Città del Messico (Agenzia Fides) – Dopo le elezioni del 6 giugno, i Vescovi messicani hanno espresso la loro soddisfazione alla popolazione apprezzandone la maturità espressa “nell’ampia partecipazione dei cittadini e nel rispetto delle istituzioni elettorali”. “Tuttavia – proseguono - prendiamo atto che si è trattato di un processo politico segnato da una forte violenza, quindi eleviamo le nostre preghiere per coloro che, assumendo la vocazione politica e suscitando sogni per un Messico migliore, sono stati aggrediti o è stata loro tolta la vita”.
Il processo elettorale infatti è stato uno dei più violenti degli ultimi anni (vedi Fides 31/5/2021), dal settembre 2020 alla fine di Maggio sono stati assassinati 89 politici. Almeno 18 candidati hanno ritirato la loro candidatura per paura, minacce o violenze. Molti candidati hanno dovuto indossare un giubbotto antiproiettile nelle manifestazioni elettorali. Le bande di narcotrafficanti e la criminalità organizzata vogliono infatti collocare i propri candidati nei municipi più importanti, per poter continuare a controllare il territorio con le loro attività senza interferenza della polizia. Per quelle che sono state definite "le piu' grandi elezioni della storia del Paese”, 96,5 milioni di elettori sono stati chiamati a scegliere oltre 20 mila tra deputati, governatori, sindaci e consiglieri comunali. Secondo le prime indicazioni dei risultati, il partito del presidente, Andres Manuel Lopez Obrador, ha perso la maggioranza assoluta e quella qualificata con i suoi alleati alla Camera dei deputati.
Nel loro messaggio, reso pubblico il 7 giugno, i Vescovi “invitano tutti, forze politiche, governanti e membri della società civile, a rispettare i risultati del processo elettorale espresso attraverso il voto, a riprendere il dialogo e a trovare strade comuni al di là delle differenze di parte”. Quindi esortano gli eletti “a onorare la volontà del popolo, a lavorare per l'unità, lo sviluppo integrale e la dignità di quanti che vivono in questo Paese”. Ricordano quindi ai governanti che è urgente "recuperare la fiducia dei cittadini e il vero significato della politica”, e ai cittadini che “la democrazia non finisce con il voto, ma è necessario seguire questo processo”.
Infine i Vescovi messicani offrono la loro collaborazione alle istituzioni democratiche per affrontare le sfide poste alla nazione, ampliando le prospettive e operando affinché “ci sia un lavoro dignitoso, un'istruzione e un'assistenza sanitaria per tutti i cittadini".(SL) (Agenzia Fides 08/06/2021)
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AMERICA/NICARAGUA - Il Cardinale Brenes invita a pregare perché i giudici “prendano decisioni in accordo con la verità”
 
Managua (Agenzia Fides) - Il Cardinale Leopoldo Brenes, Arcivescovo di Managua, ha chiesto al paese, a maggioranza cattolico, di pregare affinché i giudici prendano decisioni "legate alla verità", in riferimento al caso della candidata presidenziale Cristiana Chamorro Barrios, che non ha menzionato, la quale è accusata di presunta "gestione abusiva e falsità ideologica, in concorrenza con il riciclaggio di denaro, proprietà e beni".
Durante la messa domenicale del 6 giugno, trasmessa dal Canale cattolico del Nicaragua dalla casa del Cardinale a causa della pandemia di Covid-19, Brenes ha chiesto di pregare "per tutti i nostri giudici nella delicata missione di assicurare la giustizia, affinché tutti si lascino guidare dallo Spirito che ci conduce sempre verso la verità, affinché tutti i loro giudizi e decisioni siano in accordo con la verità".
Nel video inviato a Fides attraverso i social media, il Cardinale Brenes ha detto di aver sentito "la preoccupazione di molti fratelli, che con grande tristezza vedono come molti dei nostri concittadini vengano convocati e interrogati".
A Managua, la figlia dell'ex presidente Violeta Barrios de Chamorro (1990-1997), accusata dalla Procura, è agli arresti domiciliari dal 2 giugno. A Cristiana Chamorro Barrios, che secondo la stampa locale ha abbastanza popolarità per vincere le elezioni generali del 7 novembre prossimo, la magistratura ha così impedito di concorrere alle elezioni, in cui il presidente Daniel Ortega cerca la sua terza rielezione per un quarto mandato consecutivo. La Procura ha convocato giornalisti e rappresentanti legali di diverse aziende per interrogarli la prossima settimana. Chamorro, secondo quanto dichiarato alle agenzie di stampa, ha definito l'indagine contro di lei “una farsa".
Quanto espresso domenica dal Cardinale Brenes è condiviso dai principali leader cattolici del paese. Il Vescovo della diocesi di Matagalpa, Mons. Rolando Álvarez, ha detto: "Non si può vivere escludendo l'altro, censurando e scartando l'avversario, perché poi la politica si militarizza e la si spoglia del suo vero significato, che è la ricerca del bene comune; mettiamo il Paese sull'orlo di una dinamica devastante". Il Vescovo ha raccomandato di "smettere di guardare indietro, smettere di ancorarsi al passato senza imparare da esso, perché si ipoteca il futuro della nostra gente, soprattutto dei più poveri e più deboli, che devono pagare in povertà e costi più alti" ha concluso. In Nicaragua, secondo il censimento ufficiale del 2005, il 58,5% dei suoi 6,5 milioni di abitanti fa parte della Chiesa cattolica.
(CE) (Agenzia Fides 8/06/2021)

lunedì 17 maggio 2021

Agenzia Fides 17 maggio 2021

 

EUROPA/POLONIA - La pandemia non ha fermato i piccoli missionari della Prima Comunione
 
Warszawa (Agenzia Fides) - Le feste per la Prima Comunione che caratterizzano il mese di maggio anche in Polonia, rappresentano una buona opportunità per sensibilizzare i bambini sulle necessità dei loro coetanei in tutto il mondo. “I Bambini della Prima Comunione per i Bambini delle Missioni” è una delle più importanti iniziative della Pontificia Opera della Santa Infanzia (POSI), attraverso cui si vuole suscitare la solidarietà di tutti i bambini. “Non possiamo dimenticare il profondo senso evangelizzatore di questo evento” sottolinea p. Maciej Będziński, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Polonia, nella nota inviata a Fides. “È proprio nella famiglia che si svolge la preparazione, la celebrazione e il rendimento di grazie per l'Eucaristia ricevuta. Questa gioia ha una prospettiva ancora più ricca quando condividi la tua felicità con gli altri” aggiunge.
Espressioni di ringraziamento ai bambini polacchi sono state inviate da suor Roberta Tremarelli, Segretaria generale della POSI. “Grazie per le vostre preghiere quotidiane per i bambini di tutto il mondo. Questa è la prima attività missionaria che Papa Francesco ci ricorda. Dobbiamo pregare per loro ogni giorno. Vi ringrazio anche per tutto quello che fate durante gli incontri nei vostri gruppi missionari e per aver sostenuto i progetti della POSI nelle zone di missione” ha scritto suor Roberta.
“L'anno scorso ci ha sorpreso la pandemia e le relative restrizioni. Non c'erano molti ospiti durante le celebrazioni della Prima Comunione. Il Signore Gesù, tuttavia, era lo stesso di sempre. Aspettava tutti allo stesso modo di sempre e i ragazzi hanno potuto offrire le loro preghiere per i missionari” osserva suor Monika Juszka RMI, Segretaria nazionale della POSI in Polonia. La Segreteria nazionale ha preparato uno schema di catechesi per una preparazione missionaria alla Prima Comunione, oltre a un poster, immaginette, sussidi liturgici per l'animazione missionaria della Santa Messa, commenti e preghiere.
La POSI ha ricevuto offerte da parte dei bambini della Prima Comunione per un importo di 846.643,63 PLN (nel 2019) e 776.342,47 PLN (nel 2020). Ciò dimostra che nonostante le restrizioni, la pandemia non ha certo fermato i bambini missionari della Prima Comunione. La POSI della Polonia nell'ultimo anno finanziario (2019) ha sostenuto 91 progetti in 14 paesi di 3 continenti, per un importo di 2.668.902,23 PLN. L'aiuto ha riguardato la pastorale dei bambini nelle diocesi, l’educazione e la promozione della vita e della salute. (AS/SL) (Agenzia Fides 17/05/2021)
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AFRICA/NIGERIA - Nuovo grido di allarme dei Vescovi sulla grave insicurezza nel Paese
 
Abuja (Agenzia Fides) - “La violenza, l’insicurezza e la paura che si vivono in diverse parti del nostro Paese, è fonte di grande preoccupazione per noi Vescovi. La nostra nazione è in grave pericolo, a meno che non portiamo un nuovo spirito, un nuovo approccio” affermano i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Onitsha and Owerri in un videomessaggio nel quale riaffermano la preoccupazione più volte espressa dalla Conferenza Episcopale della Nigeria (Catholic Bishops Conference of Nigeria - CBCN) sull’insicurezza del Paese.
Un’insicurezza dovuta non solo all’azione di gruppi jihadisti nel Nord, a bande armate di pastori Fulani nel centro-nord, e al banditismo diffuso ovunque, ma soprattutto alla corruzione e all’inefficienza delle forze di polizia, statali e federali. Carenze così gravi che hanno favorito la nascita di gruppi di autodifesa, col rischio di aggravare l’instabilità nel Paese, come già denunciato in precedenza dalla CBCN (vedi Fides 24/2/2021).
Nel loro messaggio i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Onitsha and Owerri denunciano però un “preoccupante sbilanciamento dell'applicazione della giustizia", perché "il governo ha ritenuto necessario disarmare coloro che stanno lottando per l'autodifesa lasciando liberi pastori armati, banditi e altri che uccidono e distruggono, invece di affrontare l’origine dei problemi, dando risposta alle grida della gente".
I Vescovi chiedono dunque al governo guidato dal Presidente Muhammad Buhari di "esaminare le questioni di sicurezza e frenare coloro che utilizzano le armi per intimidire la gente e creare disordini".
Dal conto suo in occasione della 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il Vescovo di Ekiti, Sua Ecc. Mons. Felix Ajakaye ha invitato i politici ad evitare quella che ha definito come "idolatria politica", ovvero la consuetudine di saltare da un partito politico all'altro, spesso per ragioni pecuniarie, anziché di curarsi dell’interesse nazionale.
Nel rivolgersi ai giornalisti presenti Mons. Ajakaye li ha invitati a praticare il giornalismo “come mezzo di integrità e credibilità; non deve esserci spazio per un giornalismo da poltrona in cui un giornalista si basa su mera speculazione senza fare sforzi per condurre una vera inchiesta”. Mons. Ajakaye ha chiesto quindi al mondo dei media di contribuire alla vita sociale del Paese esercitando al meglio la propria professione. “Il segno distintivo della professione di giornalista è il giornalismo investigativo che è tutto basato sulla ricerca e orientato al positivo, richiede pazienza, sacrificio, impegno e forza di volontà, che è incentrato su giustizia, pace, unità, armonia, crescita e sviluppo”. (L.M.) (Agenzia Fides 17/5/2021)

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AFRICA/KENYA - Il Nunzio apostolico ai cristiani: No al tribalismo, si scelga l’unità
 
Bungoma (Agenzia Fides) – I cristiani devono tenersi alla larga dal tribalismo che porta divisione tra il popolo di Dio e abbracciare l'unità per fare regnare la pace. Si è espresso così Mons. Bert van Megen, Nunzio apostolico in Kenya, rivolgendosi ai cristiani presenti alla consacrazione della Cattedrale di Cristo Re della Diocesi di Bungoma. “Siamo una nuova famiglia, la famiglia di Dio, che va oltre le differenze tribali che ci dividono” ha rimarcato il Nunzio nell’omelia. “Il mio augurio è che questo bellissimo edificio, a cui tanti di voi hanno contribuito, finanziariamente o attraverso il loro lavoro e impegno, possa contribuire a una maggiore unità nella diocesi, affinchè i cristiani di Bungoma diventino un'unica famiglia in Gesù Cristo. Tutti voi che avete collaborato siete le pietre, la muratura, i pilastri, le finestre, le tegole e, naturalmente, l'altare.”
“Questa è la Casa del Signore e nessun altro può rivendicare diritti. L'unica parola che deve essere pronunciata qui è la Parola di Dio, nessun dibattito politico, nessun battibecco e maldicenza” si legge nel documento pervenuto all’Agenzia Fides, dove il rappresentante del Santo Padre mette in guardia i fedeli dall'usare la Chiesa come piattaforma per le convenzioni politiche. “I seguaci di Cristo sono la dimora dello Spirito Santo chi ci chiama ad essere uniti.”
“Come dice San Paolo, c'è chi pianta, chi annaffia, chi diserba, e poi c'è chi raccoglie” ha detto Mons. Obanyi, Amministratore apostolico della Diocesi di Bungoma e Ordinario della diocesi di Kakamega, ringraziando i fedeli per il loro duro lavoro e dedizione fino al completamento della Cattedrale. “Sono uno di quelli che si sono trovati a raccogliere ciò che era stato piantato, e desidero esprimere tutta la mia gratitudine a coloro che hanno messo il cuore e la mente in questo lavoro”.
La Cattedrale è la più grande del Kenya, con una capacità fino a 4.000 persone, il progetto è nato su iniziativa dell'ex Ordinario di Bungoma, il Vescovo Norman King’oo Wambua, che ora presta servizio nella diocesi di Machakos. Anche lui era presente per l'occasione.
(AP) (Agenzia Fides 17/5/2021)
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AFRICA/BURKINA FASO - Comunione e dialogo islamo-cristiano per la festa di fine Ramadan
 
Ouagadougou (Agenzia Fides) - La comunione spirituale e la collaborazione tra cristiani e musulmani è molto importante per il futuro della società: con questo spirito l’Arcidiocesi di Ouagadougou ha aperto le sue porte ai membri della “Lega Islamica per la Pace in Faso” in occasione delle celebrazioni di fine Ramadan. Come si apprende da una nota inviata all’Agenzia Fides, il Cardinale Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo Metropolita di Ouagadougou, ha acconsentito alla richiesta giunta dalla stessa associazione islamica, accogliendo nel complesso diocesano i fedeli islamici, salutati, in un atmosfera di amicizia e fraternità, dal Cardinale e dal Presidente della Lega Islamica.
Al termine della preghiera, il Card. Ouédraogo ha augurato ai presenti una felice festa di fine Ramadan, ricordando il “Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” firmato da Papa Francesco e Amed Al Tayeb durante il viaggio apostolico del Santo Padre negli Emirati Arabi. Il Presule ha sottolineato l'importanza di abbattere i muri dell'odio per costruire ponti nella nazione segnata da conflitti e violenze: “Vediamo questa iniziativa come un cammino verso la pace, come un vero e proprio ponte. Siete venuti a costruire un ponte che ci condurrà verso un nuovo Burkina Faso, un Paese riconciliato nella giustizia e nella pace vera e duratura”, ha detto il Cardinale.
Il presidente della Lega islamica per la pace in Burkina Faso, Ousséni Tapsoba, ha commentato così l’iniziativa: “Questo momento, primo nel suo genere, riflette la volontà di promuovere la coesione, la convivenza politica e sociale e la volontà di instaurare un dialogo fecondo tra le religioni e nella intera società burkinabè. La scelta del luogo in cui abbiamo celebrato la fine del digiuno è stata dettata dall’impegno dello stesso Card. Ouédraogo, che da sempre si impegna per la ricerca della pace e della fratellanza tra figli e figlie dello stesso paese”.
Al termine dell’iniziativa, i due leader si sono incontrati personalmente per un confronto fraterno, al fine di rafforzare il dialogo interreligioso in un Paese colpito da diversi anni da attacchi terroristici, spesso di natura jihadista.
(EZ-LF) (Agenzia Fides 17/5/2021)
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ASIA/MYANMAR - Arrestato dai militari un sacerdote della diocesi di Banmaw
 
Banmaw (Agenzia Fides) - L'esercito del Myanmar ha arrestato padre Colombano Labang Lar Di, sacerdote cattolico della diocesi di Banmaw. Secondo informazioni confermate all'Agenzia Fides dalla Chiesa locale, il prete è stato arrestato il 14 maggio mentre si recava nella città di Myitkyina dove avrebbe dovuto ritirare degli aiuti in denaro per sostenere famiglie povere che sono senza lavoro e che stanno partecipando al movimento di disobbedienza civile contro il colpo di stato militare avvenuto in Myanmar il 1° febbraio scorso. Secondo persone a lui vicine, il sacerdote in questo tempo ha aiutato numerosi civili, occupandosi di assistere e portare aiuti umanitari a quanti sono scesi in piazza o hanno aderito in qualche modo alla protesta pacifica, operando in spirito di solidarietà e carità cristiana.
La notizia dell'arresto del sacerdote, subito divenuta virale sui social media, ha generato reazioni della società civile e nella Chiesa birmana, segnando un altro passo avanti di violenza da parte dei militari che intimidiscono il personale cattolico e i leader religiosi. Secondo alcune notizie circolate, il prete avrebbe dovuto essere rilasciato ma la parrocchia di Banmaw dove il sacerdote lavora ha smentito le voci del rilascio.
Numerosi sacerdoti, religiosi e suore in tutto il paese continuano ad aiutare la popolazione civile, inerme e indifesa, indigente o senza lavoro, procurando per loro aiuti umanitari e scorte di cibo. Questo servizio oggi viene pesantemente minacciato.
Larghe fasce di professionisti e lavoratori in Myanmar, la cui opera è vitale per l'economia del paese, stanno guidando il Movimento per la disobbedienza civile (CDM) contro la giunta militare. Operatori sanitari e medici, banchieri, avvocati, insegnanti, ingegneri, funzionari pubblici di tutta la nazione, hanno chiesto ai militari di ripristinare le istituzioni democratiche, rifiutandosi di tornare al lavoro.
Zwe Min Aung, chirurgo di Naypyidaw, ha spiegato che "questo speciale boicottaggio non ha un leader ma è nato spontaneamente dal basso, per protestare in modo pacifico e non violento", e che procede e si diffonde soprattutto grazie ai social media
Per ritorsione, al 16 maggio, la giunta militare ha licenziato più di 150.000 insegnanti di scuole di ogni ordine e grado, dalle scuole primarie alle università, arrestando nel complesso diecimila membri del personale civile in tutto il paese. Dal 1° febbraio scorso l'esercito ha arrestato centinaia di membri della Lega nazionale per la democrazia, il partito che era uscito vincitore elle elezioni di novembre 2020, guidato dalla leader Aung San Suu Kyi, anch'essa agli arresti.
La diocesi cattolica di Banmaw, con 34 mila cattolici, si trova nello stato Kachin, nel Nordest del Myanmar.
(JM-PA) (Agenzia Fides 17/5/2021)
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ASIA/MYANMAR - Risuonano in Myanmar le parole del Papa: una benedizione per la nazione
 
Yangon (Agenzia Fides) - "Le parole di vicinanza così forti e chiare di Papa Francesco, quel messaggio 'Non perdete la speranza', sono un incoraggiamento speciale per tutto il popolo sofferente in Myanmar. Ci sentiamo chiamati a restare fedeli al Vangelo anche a rischio della vita. Ringraziamo di cuore il Santo Padre perché ha a cuore le sorti della nostra nazione": così dice all'Agenzia Fides Joseph Kung Za Hmung, leader laico cattolico, direttore di "Gloria News Journal", giornale cattolico birmano su web, esprimendo i sentimenti del popolo birmano che ha seguito grazie ai canali del web e dei social network la santa messa celebrata domenica 16 maggio in San Pietro da Papa Francesco, dedicata ai fedeli del Myanmar residenti in Italia.
Come appreso dall'Agenzia Fides, migliaia di fedeli cattolici si sono collegati e hanno seguito in diretta via web l'evento celebrato in San Pietro, collegandosi alle piattaforme Youtube e Facebook. "I fedeli birmani sono sorpresi e perfino commossi: non avremmo mai immaginato di poter ascoltare parole e suoni della nostra terra proclamati nella Basilica. Ci sentiamo davvero nel cuore della Chiesa universale. Grazie al Papa per la sua profonda umanità. Abbiamo avvertito la profonda comunione con la Chiesa universale" rileva Za Hmung a Fides.
In particolare una donna di Banmaw ha visto suo fratello, prete birmano che studia a Roma, leggere il Vangelo durante la celebrazione eucaristica. Esprimendo la sua grandissima gioia, ha detto. "Questa è una autentica benedizione di Dio sulla nostra famiglia e su tutto il nostro popolo".
Facendosi portavoce dei Vescovi, sacerdoti e religiosi e di tutti i cattolici birmani, il Cardinale Charles Maung Bo ha espresso profonda gratitudine, dicendo "grazie al Santo Padre per le sua preghiera e perché ha nel cuore il nostro amato popolo". La santa Messa è stata seguita anche da cittadini non cristiani che hanno apprezzato molto la speciale preghiera del Papa e la sua attenzione alla nazione, ancora sconvolta dalla repressione militare.
Il Papa ha chiesto ai fedeli, in Myanmar e all'estero, di custodire la fede, l’unità e la verità, rischiando anche la vita per il Vangelo. "Custodire la fede - ha sottolineato - è tenere lo sguardo alto verso il cielo mentre sulla terra si combatte e si sparge il sangue innocente. È non cedere alla logica dell’odio e della vendetta, ma restare con lo sguardo rivolto a quel Dio dell’amore che ci chiama ad essere fratelli tra di noi".
“Custodire la verità - ha proseguito il Pontefice - non significa difendere delle idee, diventare guardiani di un sistema di dottrine e di dogmi”, ma restare fedeli e legati a Cristo perché Lui è “la verità”. “Custodire la verità significa essere profeti in tutte le situazioni della vita” ed esserne testimoni: "Il Vangelo - ha detto Papa Francesco nella sua omelia - ci chiede di essere nella verità e per la verità, per la propria verità, donando la vita per gli altri. E dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare. Il Signore non ha bisogno di gente tiepida: ci vuole consacrati nella verità e nella bellezza del Vangelo, perché possiamo testimoniare la gioia del Regno di Dio anche nella notte buia del dolore e quando il male sembra più forte".
Papa Francesco ha poi lanciato un appello alla fratellanza, contro ogni divisione: "Quanto bisogno c’è, soprattutto oggi, di fraternità. So che alcune situazioni politiche e sociali sono più grandi di voi, ma l’impegno per la pace e la fraternità nasce sempre dal basso: ciascuno, nel piccolo, può fare la sua parte. Ciascuno può impegnarsi a essere, nel piccolo, un costruttore di fraternità, a essere seminatore di fraternità, a lavorare per ricostruire ciò che si è spezzato invece che alimentare la violenza. Siamo chiamati a farlo, anche come Chiesa: promuoviamo il dialogo, il rispetto per l’altro, la custodia del fratello, la comunione".
Gesù Cristo, ha concluso, “prega il Padre e intercede per tutti noi, perché ci custodisca dal maligno e ci liberi dal potere del male”. E dunque, ha detto, non bisogna perdere la speranza.
(PA) (Agenzia Fides 17/5/2021)
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ASIA/LIBANO - Patriarca maronita Raï: il Libano non si faccia coinvolgere nel conflitto militare israelo-palestinese
 
Bkerké (Agenzia Fides) - Le violenze subite dai palestinesi “fanno stringere il cuore”, e solo una soluzione autentica e definitiva della questione palestinese può fermare violenze e omicidi, “dopo 73 anni di guerre, devastazioni e oppressione israeliana”. Ma il Libano deve trovare “modi pacifici” per manifestare la propria solidarietà con il popolo palestinese, mantenendo la propria neutralità rispetto al conflitto armato e evitando ogni tipo di coinvolgimento militare.
L’appello a salvaguardare la neutralità libanese davanti alla spirale di violenza che avvolge la Terra Santa è stato lanciato domenica 16 maggio dal Patriarca maronita Béchara Boutros Raï, nel corso dell’omelia della liturgia eucaristica da lui celebrata presso la Sede patriarcale di Bkerké. Entrando nel dettaglio, il Patriarca ha invitato le autorità libanesi a tenere sotto stretto controllo il confine israelo-libanese, evitando che il territorio libanese diventi una piattaforma per “lanciare missili” in territorio israeliano. “Alcuni - ha aggiunto il Primate della Chiesa maronita, alludendo al Partito sciita Hezbollah, senza citarlo esplicitamente – sono coinvolti direttamente o attraverso gruppi ausiliari in quello che sta accadendo, ed espongono il Libano a nuove guerre”, ma il popolo libanese “non ha alcuna intenzione di distruggere il proprio Paese più di quanto esso non sia già devastato”, visto anche che “i libanesi hanno già pagato abbastanza per questi conflitti fuori controllo”. Nel corso dell’omelia, il Patriarca Raï ha anche ribadito che l’unica possibilità di porre fine ai conflitti arabo-israeliani passa attraverso il reale riconoscimento dello Stato palestinese, indipendente e sovrano, da parte di Israele.
La fuga verso il Libano di rifugiati palestinesi è iniziata nel 1948, anno della nascita dello Stato d’Israele. Secondo i dati forniti dall’ONU, nel Paese dei Cedri risiedono 300mila rifugiati palestinesi, raccolti in 12 campi profughi, dove vivono spesso in condizioni di estrema povertà.
Giovedì scorso, fonti militari israeliane hanno dato notizia di tre missili lanciati dal Libano sul territorio israeliano. Diverse manifestazioni pro-palestinesi si sono tenute negli ultimi giorni nei pressi del confine israelo-libanese, con i dimostranti che hanno tentato di lanciare bombe molotov contro le postazioni militari israeliane. L’esercito israeliano ha risposto con lancio di lacrimogeni e proiettili, provocando venerdì 14 maggio la morte di un manifestante libanese di 21 anni. (GV) (Agenzia Fides 17/5/2021)
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AMERICA/MESSICO - "Non possiamo accettare la violenza come stile di vita": aumentano omicidi e violenze contro i candidati
 
Città del Messico (Agenzia Fides) - "Il Messico non può accettare la violenza come stile di vita" ha esortato l'Arcidiocesi di Mexico, invitando i cittadini a scegliere il 6 giugno la migliore proposta politica che contribuisca a ricostruire il tessuto sociale. Attraverso il settimanale cattolico “Desde la Fe”, l'Arcidiocesi ha denunciato che il Messico affronta il secondo anno elettorale più violento della sua storia, ricordando le precedenti consultazioni del 2018. Con l'avvicinarsi delle elezioni del 6 giugno, il numero di omicidi e minacce contro i candidati alle cariche elettive è in aumento, sia per mano del crimine organizzato che degli avversari politici.
L'editoriale del settimanale cattolico riprende i dati della Segreteria di sicurezza e protezione dei cittadini, secondo cui "dal 4 marzo al 30 aprile di quest'anno, sono stati segnalati 234 casi di minacce o aggressioni contro i candidati, 12 dei quali sono stati assassinati". Inoltre il quarto rapporto sulla violenza politica in Messico 2021, preparato dalla società di consulenza Etellekt, "da settembre 2020 a maggio 2021, 79 politici sono stati assassinati, 33 dei quali durante il periodo della campagna elettorale". Sulla base di questi dati, l'editoriale nota che "queste cifre collocano l'attuale processo elettorale come il secondo più violento della storia, al di sotto solo delle elezioni del 2018, in cui 152 politici hanno perso la vita, 48 dei quali candidati e candidate".
"Desde la Fe" riconosce che le situazioni di violenza estrema "sono molto concentrate”, tuttavia esse “costituiscono segnali di allarme" che meritano di essere presi in considerazione e richiedono un lavoro comune di tutti i protagonisti sociali per favorire la famiglia, l'educazione e le istituzioni. "Scegliere quelle opzioni che favoriscono la ricostruzione del tessuto sociale ci permetterà di fare un passo avanti per trovare la pace di cui il nostro amato Messico, che rifiuta di accettare la violenza come stile di vita, ha tanto bisogno" scrive il settimanale.
In Messico il legame tra politica e Chiesa "è stato molto delicato", poiché i rapporti Chiesa-Stato hanno provocato almeno due grandi guerre interne (vedi Fides 3/05/2021), ma la Chiesa insiste nel denunciare il modo sbagliato di fare politica, cercando solo gli interessi personali o, ancora più grave, essendo complici di azioni politiche molto discusse, come permettere l'infiltrazione del crimine organizzato (vedi Fides 22/03/2021).
Domenica 6 giugno più di 90 milioni di messicani rinnoveranno completamente la Camera dei Deputati e 30 parlamenti locali, oltre ad eleggere 15 governatorati e 1.900 consigli comunali, per questo sono state definite come le più grandi elezioni nella storia del Paese. Consapevoli dell'importanza di questo evento, i Vescovi invitano la comunità nazionale a fare l'opzione migliore e a partecipare al voto con responsabilità, impegnandosi a costruire il futuro del paese (vedi Fides 12/05/2021).
(CE) (Agenzia Fides 17/05/2021)
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mercoledì 24 febbraio 2021

Agenzia Fides 24 febbraio 2021

 

AFRICA/NIGERIA - “La Nigeria rischia di spaccarsi” avvertono i Vescovi
 
Abuja (Agenzia Fides) – “La Nigeria rischia di cadere a pezzi”. È il grido di allarme dei Vescovi nigeriani che notano un ripiegamento in se stessi dei diversi gruppi nazionali che compongono la Federazione, di fronte alle gravi mancanze delle istituzioni statali, in primo luogo l’incapacità di garantire a tutti la sicurezza.
“Le spinte all'autodifesa stanno rapidamente guadagnando terreno. Molti gruppi etnici stanno suonando rumorosamente i tamburi di guerra, chiedendo non solo una maggiore autonomia, ma anche la rinuncia definitiva a una nazione in cui hanno perso ogni fiducia e senso di appartenenza. Le richieste di secessione su base etnica non dovrebbero essere ignorate o prese alla leggera” avvertono i Vescovi in una dichiarazione firmata da Sua Ecc. Mons. Augustine Obiora Akubeze, Arcivescovo di Benin City e Presidente della Conferenza Episcopale nigeriana (CBCN), e da Sua Ecc. Mons. Camillus Raymond Umoh, Vescovo di Ikot Ekpene e Segretario della CBCN.
Alla base dello scoramento dei nigeriani nei confronti dell’unità nazionale, secondo i Vescovi, c’è il fallimento del governo: “Molti hanno rinunciato alla possibilità e persino all'aspirazione di una Nigeria come un Paese unito. Non c'è da stupirsi che molti attori non statali stiano riempiendo il vuoto creato dal fallimento tangibile del governo”.
“Il governo federale sotto il Presidente Muhammadu Buhari non può più ritardare l'assunzione del suo obbligo di governare la nazione; non secondo pregiudizi etnici e religiosi ma sulla falsariga di principi oggettivi e positivi di correttezza, equità e, soprattutto, giustizia” rimarca la dichiarazione.
“Noi, della Conferenza episcopale della Nigeria, con membri provenienti da tutte le parti della Nigeria, siamo molto turbati per l'attuale stato di instabilità del Paese” continua la dichiarazione. “Lanciamo questo allarme per un profondo amore patriottico per la nostra nazione, non per interessi settoriali, siano essi politici, etnici o anche religiosi” sottolineano i Vescovi.
“Nonostante il persistere delle crisi, omicidi, Covid 19, rapimenti, banditismo, rapine a mano armata, affermiamo sinceramente la nostra fede nella fattibilità e desiderabilità del Progetto Nigeria, come una nazione prospera sotto la protezione del Signore” concludono i Vescovi. “Ma siamo anche convinti che la costruzione di una nazione del genere, specialmente nelle nostre attuali circostanze, abbia un costo. Siamo anche convinti che l'alternativa di separarci, abbia un costo di gran lunga superiore a quello che serve per tenerci insieme” conclude il messaggio lanciando un appello a tutti per “fare i sacrifici necessari per gestire meglio le nostre differenze e trasformarle in una forza positiva invece che negativa”. (L.M.) (Agenzia Fides 24/2/2021)
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AFRICA/CONGO RD - “L’attacco all’Ambasciatore italiano è la manifestazione eloquente del terrorismo che la popolazione deve affrontare da anni”
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – L’ONG congolese per i diritti umani CEPADHO, nel porgere le condoglianze per l’uccisione di Luca Attanasio, del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese Mustafa Milambo, condanna fermamente questo crimine e qualifica “l’attacco come una manifestazione eloquente del terrorismo che la popolazione deve affrontare da diversi anni nel Nord Kivu”.
Nel comunicato inviato all’Agenzia Fides il CEPADHO “incoraggia le autorità congolesi a coinvolgere le forze armate congolesi, la Polizia, i Servizi di sicurezza civile e militare, nella ricerca attiva degli autori di questo barbarie, in modo che vengano arrestati e che rispondano penalmente per il loro atto. In questa occasione, CEPADHO invita le Grandi Potenze a mostrare più solidarietà con la RDC a caccia di gruppi armati e movimenti terroristici, in vista della loro eliminazione immediata e definitiva nell'est del paese”. (L.M.) (Agenzia Fides 24/2/2021)

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AFRICA/GHANA - Istruzione e Covid-19: la situazione delle scuole nelle zone rurali del Paese
 
Accra (Agenzia Fides) – A partire dal 18 gennaio le scuole dell’intero Paese hanno ripreso le attività. Tuttavia in diversi villaggi al momento della riapertura mancavano i dispositivi di protezione individuali (DPI) per tutti e la situazione non è ancora del tutto sotto controllo. “E’ stato un vero spettacolo vedere genitori e bambini in fila in attesa di essere registrati davanti ai compound delle scuole, dopo 10 mesi di chiusura a causa del Covid-19”, scrive all’Agenzia Fides padre Paul Saa-Dade Ennin, Superiore Provinciale dei missionari SMA in Ghana.
“Se da una parte c’erano i genitori sollevati dal fatto di poter riportare i propri figli a scuola, dall’altra gli scolari erano felici di tornare a rivedere i compagni e condividere questi lunghi mesi trascorsi chi in casa ad aiutare i genitori per le faccende domestiche, chi fuori per i mercati o per i campi.”
P. Paul spiega che nel villaggio di Babaso, distretto Ejura-Sekyeredumase della regione di Ashanti, i DPI dovevano ancora essere consegnati al momento della riapertura della scuola. Gli scolari indossavano le mascherine, e la chiesa parrocchiale locale aveva fornito i secchi e il sapone liquido per il lavaggio delle mani che purtroppo non sono stati sufficienti per tutti. “In questo contesto scolastico – racconta il missionario - il distanziamento sociale è la sfida principale. Nelle aule i banchi sono disposti tenendo conto delle distanze richieste, ma in alcune classi, a causa del numero di alunni e delle dimensioni dell'aula, è stato impossibile. Gli insegnanti hanno grandi difficoltà in particolare durante la ricreazione – spiega p. Paul -. È semplicemente impossibile lasciare che i bambini giochino insieme osservando i protocolli, serve un aiuto immediato concreto da parte del governo prima che nelle scuole, specialmente quelle nelle aree rurali svantaggiate come Babaso, scoppino nuove epidemie.”
Nel suo racconto il Superiore Provinciale SMA descrive la gioia di tanti piccoli che sono potuti rientrare a scuola in tempo di Covid, ma anche il rammarico per tanti altri compagni che per poter sostenere e aiutare le proprie famiglie, sono stati costretti a trasferirsi in città per lavorare come domestici. “Alcune delle ragazze sono purtroppo rimaste incinte durante il lockdown, altre sono state date in matrimonio per mantenere la famiglia e non torneranno” spiega p. Ennin. Il missionario evidenzia il fatto che queste sono solo alcune delle tristi realtà degli effetti del Covid-19 sui bambini: “Il loro futuro sarà gravemente compromesso se non vengono intraprese azioni e provvedimenti strategici e coscienziosi.”
(PE/AP) (24/2/2021 Agenzia Fides)
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ASIA/MALAYSIA - In Quaresima riaprono le chiese nello stato di Sarawak
 
Kuching (Agenzia Fides) - Le chiese di Kuching, capitale dello stato malaysiano del Sarawak in Malaysia (situato sull'isola del Borneo), hanno riaperto in occasione del tempo di Quaresima. Come comunicato all'Agenzia Fides dall'Arcivescovo di Kuching, Simon Poh, il governo locale ha permesso la riapertura della maggior parte delle chiese, dopo oltre due settimane di chiusura per contenere la diffusione del Covid-19. La celebrazione eucaristica nelle parrocchie che hanno avuto il permesso è iniziata tra il 20 e il 21 febbraio, in occasione della prima domenica di Quaresima. I fedeli sono stati invitati a verificare gli orari di riapertura e a conformarsi a tutte le informazioni e i protocolli sanitari per frequentare la chiesa nella massima sicurezza. Le chiese situate nelle aree in cui sono ancora presenti dei focolai di Covid-19 non possono riaprire. Lo stato di Sarawak è ancora strettamente bloccato fino al 1 marzo, con diversi focolai di Covid attivi.
“Affidiamo ai nostri leader della Chiesa cattolica e ai responsabili dei Consigli pastorali nei 300 villaggi cattolici dell'arcidiocesi, il compito di monitorare e garantire il rispetto delle procedure sanitarie necessarie durante le preghiere, le celebrazioni, i riti funebri. L'autorità statale considera tali raduni ad alto rischio di potenziali infezioni", rimarca l'Arcivescovo, invitando al massimo rigore e attenzione.
L'Arcivescovo invita i fedeli ad osservare nel tempo di Quaresima la pratica del digiuno, dell'astinenza, della preghiera e della carità, anche sfruttando i canali di comunicazione online per restare in contatto con le chiese, e a dare molto spazio ala preghiera in casa. "Tutti siamo chiamati a fare dei sacrifici e a fare del nostro meglio per contenere il Covid. Tutti i fedeli sono chiamati ad assumersi la responsabilità cristiana, sociale e morale, per ridurre il rischio di sviluppare nuovi focolai", ha detto.
“Rimanete vigili, seguite tutti i protocolli di sicurezza. Pregate, digiunate e fate l'elemosina. fate pratiche penitenziali. Offrite a Gesù i vostri sacrifici durante questa Quaresima. Convertitevi e credete al Vangelo", ha detto l'Arcivescovo.
Bernard Lim, leader laico cattolico, dichiara a Fides: “Siamo felici per la riapertura delle chiese durante la Quaresima. Ci impegneremo a seguire le misure sanitarie richieste. Vivremo questo tempo immersi nella preghiera".
(SD-PA) (Agenzia Fides 24/2/2021)
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ASIA/TURCHIA - Stop per la banda dei “ladri di chiese”. Provarono a vendere anche la Basilica di Sant’Antonio
 
Istanbul (Agenzia Fides) – La Basilica cattolica di Sant’Antonio da Padova, situata nella centralissima Istiklal Caddesi, uno dei viali più rinomati di Istanbul, non corre per ora alcun rischio di finire sul mercato immobiliare come un immobile privato di pregio. Nei giorni scorsi è stato arrestato e rinviato a giudizio - con la richiesta di condanna a 285 anni di carcere - il faccendiere Sebahattin Gök, l’uomo che lo scorso anno, con una rete di complici aveva architettato una complessa operazione truffaldina per entrare illegalmente in possesso della più grande chiesa cattolica di Istanbul e rivenderla al miglior offerente. Le indagini compiute intorno al caso hanno confermato che la “banda” di Gök e dei suoi sodali si stava specializzando in truffe immobiliari compiute ai danni di comunità ecclesiali e religiose, di proprietari stranieri o di gruppi etnici minoritari.
La prima chiesa sorta nell’area attualmente occupata dalla Basilica fu eretta già nel 1725 dalla comunità italiana di Istanbul. L’attuale luogo di culto (nella foto), officiato dai Francescani Conventuali, fu ricostruito in stile neogotico veneziano tra il 1906 e il 1912. Conformemente alla prassi dell’epoca, la proprietà della chiesa fu intestata a membri della famiglia reale italiana. Nel gennaio 1971, gli eredi di Casa Savoia rinunciarono ai diritti sull’immobile, a vantaggio della associazione Sent Antuan Kilisesi (Chiesa di Sant’Antonio) che risponde alla comunità cattolica locale.
Negli ultimi anni anni, Sebahattin Gök aveva compiuto diversi viaggi in Italia, Francia e Stati Uniti, raccogliendo procure e deleghe firmate da persone da lui presentate come eredi legittimi degli antichi intestatari della Basilica (compresi i membri di una famiglia di Saluzzo, che nel contenzioso sorto non hanno ancora del tutto rinunciato alle loro pretese). Con queste lettere, e dopo aver rastrellato anche dubbi “certificati di eredità” presso un tribunale civile di pace, il faccendiere turco si era presentato al locale distretto catastale, rivendicando il diritto di entrare in possesso del luogo di culto a nome dei legittimi proprietari. Lo scorso anno, i Francescani Conventuali affidatari della chiesa sono ricorsi alla giustizia turca, ottenendo un provvedimento cautelare volto a tutelare il luogo di culto e i locali ad esso collegati. Nel corso delle indagini, è emerso che la stessa rete di complici legata a Gök aveva messo in atto un tentativo analogo di appropriazione illegale della chiesa bulgara di Galata e di altri luoghi di culto e immobili eretti in passato dalle locali comunità armene, francesi, italiane ed ebraiche, collezionando per questi tentativi 34 cause legali intentate contro di lui. Un contenzioso analogo a quello sorto intorno alla Basilica di Sant'Antonio coinvolge anche uno storico istituto scolastico appartenente a una Congregazione religiosa femminile di origine piemontese.
L’arresto di Gök è avvenuto in base alle accuse di falsificazione di documenti ufficiali finalizzati e truffa aggravata. La vicenda ripropone a suo modo la controversa questione delle tante chiese e dei beni ecclesiastici disseminati in territorio turco dei cui titoli di proprietà, nel corso dei secoli, si sono perse le tracce, e che in vario modo, non sempre legale, sono finiti in possesso di privati, o in tempi anche recenti sono stati acquisiti dal Dicastero turco del Tesoro. (GV) (Agenzia Fides 24/2/2021)
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AMERICA - Assemblea continentale delle Pontificie Opere Missionarie: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito”
 
La Paz (Agenzia Fides) – “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito”: sotto questo slogan, dal 22 al 27 febbraio si sta svolgendo, in forma virtuale, l'Assemblea continentale dei Direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie (POM) dell’America. Per le POM della Bolivia partecipano Mons. Waldo Barrionuevo CSsR, Direttore nazionale POM; Mons. Adolfo Bittschi, Vescovo responsabile per le Missioni della Conferenza Episcopale; Suor Cintia Vásquez, Coordinatrice nazionale delle POM, oltre ai collaboratori della Direzione nazionale.
Ogni giornata inizia con una preghiera dedicata a un continente. Lunedì 22 febbraio l’Arcivescovo Mons. Giampietro Dal Toso, Presidente delle POM, ha condiviso uno spazio di riflessione incoraggiando il lavoro missionario delle POM del continente. Ha anche ringraziato per l'animazione missionaria portata avanti in diversi modi, secondo il carisma missionario, e indicato come farla nel contesto attuale.
Martedì 23 febbraio la riflessione sul motto dell’anno e sul Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria 2021 è stata tenuta da P. Ricardo Guillén (Venezuela). Quindi è seguito un percorso di riflessione proposto dal team del CAM VI-Porto Rico, e infine la condivisione dell’esperienza di formazione e animazione missionaria virtuale portata avanti dalle POM Honduras.
Mercoledì 24 è prevista una riflessione in chiave missionaria dell’enciclica "Fratelli Tutti" a cura del Dottor Lucas Cerviño, quindi la condivisione dell’esperienza di formazione e animazione missionaria virtuale portata avanti dalle POM del Costa Rica.
Giovedì 25 febbraio, P. Mauricio Jardín affronterà le sfide missionarie del Sinodo. Seguirà la presentazione dell’esperienza della raccolta fondi da parte della Direzione Nazionale degli Stati Uniti. Quindi il webinar fundraising e uno spazio da condividere.
L’ultimo giorno, venerdì 26 febbraio, inviterà a guardare verso la Prima Assemblea Ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi, quindi ci sarà un incontro con i membri del CELAM. Infine la presentazione di Missio Invest dagli USA e la chiusura dell'Assemblea.
(PA/CE) (Agenzia Fides 24/02/2021)
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AMERICA/EL SALVADOR - Nuovo passo in avanti per il diritto all’acqua e all’alimentazione: i partiti firmano un impegno pubblico
 
San Salvador (Agenzia Fides) – Una nuova tappa è stata raggiunta nel percorso per l'approvazione definitiva della riforma della Costituzione che preveda i diritti umani all'acqua e all'alimentazione in El Salvador.
Dopo la vittoria ottenuta, nell'ottobre 2020 (vedi Fides 17/10/2020), con l'inserimento dell'accesso all'acqua e ai servizi igienici come diritto umano, il 28 gennaio l'Assemblea Legislativa ha approvato, con 57 voti favorevoli su 84, la riforma dell'articolo 69 che ora include il cibo come diritto umano. Ora la Chiesa cattolica e l'Alleanza per la Riforma Costituzionale di El Salvador hanno ottenuto la "Firma dell'impegno per i diritti umani all'acqua e all’alimentazione" da parte dei partiti politici, in un documento presentato ieri sui social media dell'Arcidiocesi di San Salvador.
Il documento esprime l'impegno pubblico dei partiti firmatari a votare a favore della riforma definitiva degli articoli 2 e 69 che riguardano questi diritti. Mentre la Chiesa cattolica diffondeva questo documento attraverso i suoi social media, membri dell'Alleanza per la Riforma hanno dato vita ad una carovana pubblica, i giorni 22 e 23 febbraio, per consegnare ad ogni sede di partito la lettera dell'impegno firmata.
(CE) (Agenzia Fides 24/02/2021)
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AMERICA/MESSICO - Migranti: i molti aspetti del circuito della mobilità nel Centroamerica
 
Tijuana (Agenzia Fides) - La frontiera a Nord, tra Messico e Stati Uniti d’America, è uno dei principali corridoi migratori del mondo, segnato da violazioni dei diritti fondamentali e da un alto rischio per la vita dei migranti, con discriminazione e xenofobia. Ma la migrazione nel Continente è anche altro: ce n'è una centroamericana di cui si parla meno. E’ quanto sottolinea il dossier “Mobilità alla frontiera: Tijuana come spazio di (ri)costruzione della vita” realizzato dal Csem, il Centro scalabriniano di Studi Migratori.
L’analisi fatta dai ricercatori del Csem, parte da Tijuana luogo di frontiera tra Usa e Messico dove proprio le suore Missionarie Scalabriniane hanno creato un modello di accoglienza nell’Istituto Madre Assunta. Secondo la nota inviata a Fides, il testo analizza la migrazione centroamericana da una prospettiva regionale più vasta, analizzando le differenze che hanno coinvolto i singoli Stati. El Salvador, Honduras e Guatemala possono considerarsi come nazioni che hanno avuto principalmente una emigrazione verso gli Stati Uniti. Il Belize, invece, ha la doppia caratteristica di essere sia recettore dei migranti centroamericani sia luogo di partenza verso gli Usa.
Il Nicaragua, invece, è l’eccezione regionale, con alti indici di intensità migratoria verso il Costa Rica. Panama ha flussi importanti di migranti verso gli Usa, a causa della sua condizione storica e politica con la federazione e, ora, è un Paese che ha mutato in parte la propria realtà e ne accoglie molti. Ma esistono anche circuiti migratori intraregionali in Centroamerica, facilitati dal programma di libera circolazione Ca4 e dall’uso del dollaro a El Salvador e a Panama.
In questo panorama risalta il caso del Messico, tanto che ora si parla di un circuito migratorio centroamericano. I dati parlano nel 2010 della presenza di 59.936 centroamericani nel Paese. Sono dodici milioni i messicani negli Usa, con una curva che ha avuto il suo picco nel 2007, con 6,9 milioni a partire da quell’anno.
Secondo lo studio che tocca l’America, dal 1970 al 2020 il contesto sociopolitico è cambiato. Se negli anni Settanta il tipo di migrazione era principalmente politica (a causa dell’esilio derivato da dittature e da regimi coloniali di Belize e Panama), si è passati ai lavoratori economici degli anni Novanta e ai primi rifugiati ambientali e agli sfollati interni degli anni Duemila. Dal 2010, invece, l’America è caratterizzata da rifugiati, dalle migrazioni familiari, infantili e giovanili e dalle carovane dei migranti.
Particolarmente critica è la violenza omicida che caratterizza alcuni Paesi: il tasso più elevato è a El Salvador (58 omicidi ogni 100.000 abitanti in media tra il 2016 e il 2019), poi Honduras (45 ogni 100.000), Belize (36,5 ogni 100.000). Le rimesse incidono parecchio sui sistemi economici dell’America Latina: a El Salvador contano il 21,4% del Pil, in Honduras il 20%, in Guatemala il 12%, in Nicaragua l’11,3%, in Belize il 5% e in Messico il 2,7%.
Uno dei temi maggiormente trattati è stato quello della violenza istituzionale. In 5 anni il Venezuela ha espulso 4,5 milioni di persone, specialmente verso i Paesi dell’America Latina. Nel 2014 solo il 2,3 per cento della popolazione venezuelana viveva all’estero e nel 2019 la cifra è cresciuta al 16%, la seconda dell’America Latina dopo El Salvador, la cui percentuale è al 25%. Il Messico ha il 10% dei suoi cittadini all’estero.
Ma nel Sud del continente, si legge ancora nello studio, “inefficienza, rozzezza e bassezza di molte istituzioni pubbliche e private, esercitano una violenza passiva sulla popolazione”. Oggi, “l’impunità istituzionale, la violenza sistemica e la povertà neoliberale hanno portato alle principali cause della migrazione”. (SL) (Agenzia Fides 24/02/2021)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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