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venerdì 14 luglio 2023

Agenzia Fides 14 luglio 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Suor Elena e il barcone sul Nilo che salva i profughi in fuga dalla guerra sudanese
 
Malakal (Agenzia Fides) - Il Sudan è sull’orlo del baratro. Da conflitto a bassa intensità, ormai a un passo dal terzo mese dallo scoppio, si sta rapidamente trasformando in guerra aperta. Dopo l’ennesima tregua concordata e non rispettata, si susseguono bombardamenti e combattimenti che coinvolgono principalmente la capitale Khartoum e la regione del Darfur, ma che si allargano di settimana in settimana interessando altre aree del Paese.
Secondo le Nazioni Unite il Sudan si sta pericolosamente avvicinando a una situazione di conflitto totale che "potrebbe destabilizzare l'intera regione". I morti sono già oltre 3 mila, tantissimi i feriti mentre si moltiplicano le voci di violenze ripetute sulle donne. Quasi tutti gli ospedali sono chiusi, mancano acqua, cibo ed elettricità.
Il terrore che vige in tutto il Paese ha fatto del Sudan - uno degli Stati con maggiore afflusso di profughi da tutti i Paesi limitrofi (circa 1,1 milioni) fino a prima della guerra – un luogo di esodo disperato. Le statistiche parlano di più di 2,8 milioni di persone sfollate a causa del conflitto, di cui oltre 2,2 milioni all'interno e oltre 700mila fuori dai confini.
Tra i Paesi maggiormente interessati dalla fuga oltre all’Egitto (255mila) e al Ciad (oltre 230mila) c’è il Sud Sudan il piccolo e giovane Paese (indipendente dal 2011) già gravato da crisi umanitarie e conflitti.
In Sud Sudan sono già arrivati 150mila profughi in fuga dal Sudan. “Nel giro di pochissimo tempo” riferisce all’Agenzia Fides Suor Elena Balatti, comboniana “si è creata un’emergenza enorme: La nostra area – spiega la religiosa, che è direttrice di Caritas Malakal, il capoluogo dello Stato dell’Alto Nilo – è la più interessata perché zona di confine e punto di accesso più immediato per chi proviene da Khartoum. Qui da noi arrivano soprattutto sudsudanesi che erano fuggiti a Khartoum a diverse riprese, prima dell’indipendenza, nel corso della guerra civile (2013-18, ndr) o a seguito di instabilità o emergenze ambientali recenti. Fanno ritorno nelle loro zone che continuano a essere devastate da problemi ambientali, alluvioni e scontri interetnici. L’afflusso, così massiccio e repentino, va ad aggravare una situazione già pesantissima. Purtroppo ci sono tensioni, sviluppatesi nella guerra civile, che ancora permangono e che creano esodi interni a cui, adesso, si aggiungono nuovi afflussi, solo qualche giorno fa sono arrivate circa 3000 persone dal Sudan in pochissimo tempo, è una situazione davvero complicata”.
Gli organismi internazionali preposti al sostegno dei profughi, le Ong e gli enti benefici presenti in Sud Sudan agivano già in condizioni critiche prima che scoppiasse la guerra in Sudan. Ora la situazione presenta gravi complicazioni di gestione anche perché nel piccolo Paese arrivano etnie diverse che avevano trovato rifugio in Sudan nel passato e ora si trovano nuovamente nell’impellenza di fuggire per salvarsi.
La gestione è difficilissima e necessita di grandi capacità logistiche e grosse quantità di beni di prima necessità. “L’Oim (Organizzane Internazionale per le Migrazioni) riferisce Suor Elena “sta facendo del suo meglio così come gli enti più piccoli come la nostra Caritas diocesana, ma diventa ogni giorno più complesso. Qui, oltre a sudsudanesi, arrivano sudanesi e anche tanti eritrei. A differenza di quelle nazionalità come quella egiziana o quelle europee, le cui ambasciate hanno facilitato l’esodo dei propri connazionali o hanno organizzato voli, per gli eritrei è diverso: nessuno vuole tornare in Eritrea né Asmara si è data da fare per aiutare. I sudsudanesi che tornano, invece, sono in gran parte persone che vivevano a Khartoum ormai da tempo e lì avevano trovato lavoro, casa, una propria stabilità dopo che erano partiti di corsa senza nulla, specie durante il conflitto, e avevano cominciato da zero. Ora rivivono la stessa esperienza a ritroso: hanno nuovamente lasciato tutto e devono ricostruirsi una vita dal nulla”.
Le tensioni in Sudan erano latenti da tempo (nell’ottobre 2021 c’è stato un colpo di Stato che ha interrotto la transizione democratica, ndr), ma nessuno si aspettava che si arrivasse a un conflitto in così breve tempo e che si trasformasse in una guerra aperta che mina la stabilità di un’intera area. “È stato tutto troppo rapido e violento, sapevamo che le tensioni erano presenti in Sudan da tempo ma non immaginavamo un’escalation di questo tipo. Il problema è quando in un Paese ci sono due eserciti (le forze armate regolari e le Rapid Support Forces - Rsf del generale Dagalo, ndr): l’equilibrio è precario, uno dei due tende inevitabilmente a pretendere supremazia e lo fa con le armi. Qui da noi è successo esattamente lo stesso (la guerra civile condotta dall’esercito fedele al Presidente Salva Kiir e le milizie armate sotto il comando di Rieck Machar, ndr). Infatti la gente qui dice ‘Hanno imparato da noi’”.
La presenza di gruppi armati diversi dall’esercito, come spiega Suor Elena, è senza dubbio un problema che crea grosse tensioni. Lo si è visto anche in Russia con il tentato golpe delle truppe Wagner di Evgenij Prigožin . La potente milizia mercenaria è notoriamente presente in Africa e, a detta di molti osservatori, è implicata anche nel conflitto sudanese: con molta probabilità sostiene con armi e uomini le Rsf. Ma c’è chi non esclude che possa aiutare anche l’esercito.
“Nel deserto del Darfur (una delle aree più colpite dal conflitto) non ci sono armi sofisticate, arrivano di certo da qualche altra fonte, qualcun altro le ha procurate. È già molto difficile mediare tra due parti in conflitto, figuriamoci se gli attori coinvolti sono di più”.
Se si riesce ancora a gestire un minimo di aiuto per le decine di migliaia di profughi in arrivo in Sud Sudan è grazie all’opera degli organismi internazionali così come di realtà più piccole come la Caritas diocesana o la Caritas Sud Sudan. “Per fortuna” racconta Suor Elena “riceviamo sostegno internazionale. Poco tempo fa sono venuti qui alcuni membri di Caritas Austria e hanno deciso di aiutare. Lo fanno con estrema generosità. Noi aiutiamo come possiamo in modo concreto, abbiamo messo a disposizione un barcone che trasporta la gente dal confine fino a qua viaggiando sul Nilo. Ne sono arrivati così circa 2000. Poi distribuiamo generi di prima necessità nei campi di transito. Purtroppo vediamo ogni giorno gente morire di fame o di stenti, alcuni anche durante il viaggio. È per questo che mi sento di rivolgere anche attraverso Fides un appello a aiutarci attraverso i canali di Caritas dedicati all’emergenza sfollati dal Sudan, Upper Nile Sud Sudan”. (LA) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/NIGER - “Il Signore ci dona sacerdoti provenienti da comunità perseguitate”
 
Niamey (Agenzia Fides) - E' prete soltanto da una settimana, don Laurent. Lui è originario di Kankani, villaggio di frontiera col Burkina Faso, da dove la gente, minacciata dai gruppi armati, è dovuta fuggire a Makalondi. Malgrado l’insicurezza generalizzata nella regione i cristiani erano numerosi, sabato 8 luglio. Hanno lasciato i lori villaggi per arrivare in città, la capitale Niamey, per l’ordinazione presbiterale di uno dei loro figli, Laurent Woba.
Ordinato dal vescovo di Niamey, Mons. Laurent Lompo originario della stessa zona occupata dal popolo Gourmanché, transfrontaliero tra il Niger e il Burkina Faso.
Laurent si è dunque integrato nel presbiterio della diocesi di Niamey e sono degne di nota le parole a lui rivoltegli dall’attuale coordinatore della fraternità dei preti diocesani. Di seguito un lungo e significativo passaggio del discorso di benvenuto e accoglienza, proposto da padre François Azouma, originario del vicino Togo.
“La tua ordinazione è motivo di gioia e di speranza. Sei stato appena ordinato in un contesto difficile, data la situazione della sicurezza nel tuo villaggio. La tua nascita alla vita sacerdotale, nonostante il clima di paura, è per noi un segno di speranza che non delude. Sul muro all'ingresso dell'Abbazia di Keur Moussa nel Senegal, sta scritto: "E il deserto fiorirà". Visto il contesto in cui vivono le comunità del tuo Settore, possiamo lasciarci convincere che il deserto fiorirà, perché è in queste comunità dove i presbiteri non possono più avere accesso per esercitare il loro ministero, in queste parrocchie dove è impossibile per i fedeli riunirsi per la preghiera, in queste località svuotate dei loro abitanti, è in queste comunità disperse e martoriate che il Signore manifesta la sua gloria attraverso il dono del sacerdozio.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. L'anno scorso, dopo l'ordinazione di padre Aimé Combari, della parrocchia di Saint Marc a Torodi, la Messa di ringraziamento a Torodi è stata rimandata alle calende greche. Se, nonostante la vicinanza di Torodi a Niamey, è difficile, se non impossibile, organizzare la prima Messa lì, ma il Signore ci dà Kankani, al confine con il Burkina, siamo tentati di dire Signore, "dov'è la serietà in tutto questo?". E non è tutto, come per prenderci in giro, se tutto va bene, Dio ci invita a celebrare il sacerdozio l'anno prossimo a Bomoanga, parrocchia dove era stato rapito il padre Pierluigi Maccalli.
Dio non è serio, ma fa le cose seriamente. Infatti, suscitando sacerdoti in comunità martoriate, perseguitate, martirizzate e terrorizzate, dove i fedeli hanno paura di incontrarsi e persino di pregare a casa, dà loro motivo di sperare. Se il Signore ci fa dono di sacerdoti provenienti da queste comunità deserte che condividono con noi la loro gioia, è anche un'opportunità per noi di condividere la loro sofferenza e la loro miseria attraverso le opere di misericordia compiute per loro.
Reverendo padre Laurent, sei consapevole più di chiunque altro del contesto in cui sei stato ordinato. Forse non sai dove stai andando, ma almeno sai da dove vieni...! Sii sensibile alla miseria del tuo popolo, seguendo l'esempio di Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Tieni gli occhi fissi su Gesù, nostro modello. Qualsiasi cosa diciate, qualsiasi cosa facciate, sia nel nome di Gesù, non per piacere agli uomini, ma per piacere a Dio; lui è il padrone, noi siamo al suo servizio”. (M.A) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Salute e istruzione per combattere la povertà: i missionari in un piccolo villaggio periferico
 
Daloa (Agenzia Fides) – “Migliorare la salute delle popolazioni è un modo per combattere la povertà”.
Partendo da questo principio padre Ysmael Herbin Gbagoué, missionario a Daloa, ha parlato della necessità di ristrutturare un dispensario che la Società per le Missioni Africane gestisce a Zakoua.
“Servono strumenti medicali di qualità – ha spiegato il sacerdote SMA. Tra gli obiettivi c’è anche quello di poter fare funzionare un reparto di maternità e una farmacia. Sono previsti dei corsi femminili che verranno impartiti dagli infermieri, affinché le donne collaborino nella prevenzione delle malattie dei loro bambini.”
Zakoua è un piccolo villaggio situato a pochi chilometri dalla città di Daloa, nel centro-ovest del Paese. In questo quartiere periferico, come pure in quelli limitrofi, la popolazione non dispone di Centri di salute statali, e deve percorrere molti chilometri per trovare un infermiere o un medico.
Tra le malattie più diffuse prevalgono la tubercolosi e l’Aids, tuttavia la malaria rimane ancora la principale causa di morbilità e mortalità a Daloa.
(AP) (Agenzia Fides 14/7/2023)
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ASIA/THAILANDIA - Il drammatico “limbo” dei rifugiati birmani
 
Bangkok (Agenzia Fides) - Oltre 90.000 rifugiati birmani vivono in nove campi profughi organizzati dal governo thailandese lungo il confine tra Thailandia e Myanmar e, secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il numero continua a crescere, a causa del conflitto civile in corso in Myanmar. La Thailandia non ha aderito alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e non dispone di un quadro giuridico nazionale specifico per la protezione dei rifugiati urbani e dei richiedenti asilo. Molti dei rifugiati birmani sono bloccati in Thailandia in un “limbo” giuridico e sociale, mentre il governo non rilascia loro il permesso di spostarsi verso paesi terzi. Secondo le Ong che assistono i rifugiati, circa 1.100 persone che hanno ottenuto dal UNHCR l'approvazione per il reinsediamento negli Stati Uniti e in altri paesi, ma nemmeno a costoro è stato permesso di lasciare la Thailandia.
Quanti hanno ottenuto lo status di "rifugiato" dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Thailandia, stanno ricevendo assistenza dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in attesa di poter lasciare il paese. Ma né costoro, né tutti gli altri che non hanno ancora uno status ufficiale possono spostarsi dai campi, chiusi con recinzioni e sorveglianza: risiedono all'interno, in condizioni molto difficili, senza reddito, senza permesso lavorare in Thailandia, privi di assistenza sanitaria e di istruzione. L’area interessata è quella di Mae Tao Phae, nel distretto thailandese di Mae Sot, al confine con il Myanmar. L'ufficio dell'UNHCR in Thailandia ha confermato che solo il governo thailandese possiede l'autorità esclusiva per decidere chi è idoneo per le partenze internazionali e che ha la responsabilità della gestione dei campi profughi.
L’Ong "Border Consortium", che fornisce cibo, vestiti e sostegno a circa 87.000 rifugiati birmani in nove campi, stima che oltre 20.000 persone sono fuggite dal Myanmar in Thailandia per paura di persecuzioni politiche dopo il colpo di stato del 2021 e circa la metà di loro ha contattato l'UNHCR.
Tra le organizzazioni umanitarie impegnate in loco, la Caritas Thailandia fornisce aiuti di emergenza ai rifugiati birmani nel distretto di Mae Sariang. La Caritas ha segnalato la presenza di bambini malati che “hanno bisogno di cure ospedaliere” nei campi profughi. La diocesi tailandese di Chiang Mai ha consegnato, tramite la Caritas, 3,2 tonnellate di riso, duemila scatolette di pesce in scatola e 400 chili di pesce essiccato a diversi campi profughi. La Caritas attualmente sostiene anche oltre di 5.000 rifugiati ospiti nelle parrocchie vicino al confine tra Thailandia e Myanmar.
La Chiesa cattolica thailandese ha chiesto alle istituzioni politiche di farsi carico della situazione: mons. Francis Xavier Vira Arpondratana, Vescovo di Chiang Mai, ha incoraggiato a trovare soluzioni per i rifugiati e "farli sentire inclusi e accolti": “Siamo tutti consapevoli della difficile situazione dei nostri vicini, fratelli e sorelle che bussano alla nostra porta di casa, cercando rifugio”, ha detto.
Un appello è giunto anche dal Karen Peace Support Network e da altri gruppi della società civile che esortano a “rispondere ai bisogni dei rifugiati, sostenere i loro diritti umani e garantire la loro sicurezza”, mentre sono rigorosamente confinati dietro recinzioni, in situazione di crescente degrado.
Il 28 giugno, i parlamentari dell'ASEAN (la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico, di cui fano parte sia la Thailandia, sia il Myanmar) hanno esortato il nuovo governo thailandese a dare ascolto agli appelli della società civile “perché si possano riformare le politiche sui rifugiati ed essere più compassionevoli”.
(PA) (Agenzia Fides 14/7/2023)

mercoledì 21 giugno 2023

Agenzia Fides 21 giugno 2023

 

AFRICA/SUD SUDAN - Il business dei matrimoni precoci: 4 milioni di ragazze costrette a sposarsi nel 2022
 
Juba (Agenzia Fides) - La pratica dei matrimoni precoci è tragicamente diffusa in Sud Sudan. Uno studio recente diffuso dall’organizzazione Strategic Initiative for Women in the Horn of Africa (SIHA) riporta che più di 10 ragazze sono costrette a sposarsi ogni settimana nella nazione più giovane del mondo, che ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan nel 2011, e oltre il 50% di tutte le ragazze nel paese si sposano prima dei 18 anni.
A lanciare l’allarme gli esponenti della chiesa cattolica locale che lamentano come questa pratica faccia naufragare i sogni di istruzione superiore delle ragazze e di conseguenza precluda loro ogni prospettiva futura.
“Come leader della Chiesa, deploriamo il comportamento dei genitori che obbligano le proprie figlie ad abbandonare la scuola per farle sposare o perché rimangono incinta”, ha detto il vescovo della diocesi di Wau, Mathew Remijio Adam. “Per una società migliore ed equa bisogna favorire l’istruzione dei propri figli, maschi e femmine, perché farli sposare in tenera età o prima di aver terminato gli studi distrugge il loro futuro” ha sottolineato il vescovo Adam che ha invitato i padri a guardare gli sforzi di tante madri che lavorano nei campi, costruiscono una casa per sostenere le loro figlie negli studi.
Nel rapporto SIHA è inoltre emerso che l'8% delle spose bambine in Sud Sudan rimane incinta prima di raggiungere l'età adulta e che il rifiuto di sposarsi è spesso causa di abusi, esclusione dalla società e persino reclusione. Più una sposa è giovane e più viene pagata alla famiglia.
A fare eco al vescovo di Wau è stato Emmanuel Barnadino Lowi Napeta, vescovo della diocesi di Torit, che ha mosso accuse verso i genitori che privilegiano le doti materiali date in cambio delle loro figlie, come ad esempio capi di bestiame e altri doni, rispetto all'istruzione e al benessere delle stesse. “Durante la mia recente visita pastorale alla parrocchia di Nostra Signora di Fatima, - ha dichiarato Napeta - ho sentito che alcuni anziani costringono le loro figlie a sposarsi ancora giovani per avere in cambio delle mucche”.
Il prelato auspica che gli anziani denuncino questa problematica, “questa vecchia mentalità deve essere sfidata per consentire alle ragazze di ottenere un'istruzione di qualità che consenta loro un futuro dignitoso. L’istruzione rende possibile l’impossibile”.
Il Piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per il Sud Sudan indica che 4 milioni di ragazze sono state vittime di matrimoni precoci o forzati nel 2022, un aumento rispetto ai 2,7 milioni del 2021.
(AP) (Agenzia Fides 21/6/2023)
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AFRICA/UGANDA - Tre studenti della scuola assalita riescono a scappare; ancora interrogativi sulle motivazioni del massacro
 
Kampala (Agenzia Fides) –Sono riusciti a scappare dalle mani dei loro sequestratori tre studenti catturati nell’assalto alla scuola secondaria di Lhubiriha (distretto di Kasese nell’Uganda occidentale) nella notte tra il 17 e il 18 giugno (vedi Fides 19/6/2023). Lo ha reso noto un portavoce dell’esercito ugandese secondo il quale gli assalitori hanno portato gli ostaggi nella vicina Repubblica Democratica del Congo da dove poi sono riusciti a liberarsi, grazie anche alla pressione esercitata dai soldati ugandesi sul gruppo. Secondo i militari vi sarebbero ancora 3 studenti nelle mani dei terroristi, ma altre fonti affermano che gli ostaggi prelevati durante l’assalto sarebbero di più, almeno una ventina.
Nel frattempo 20 persone sono state arrestate in relazione all’assalto alla scuola nel corso del quale sono state uccise 42 persone, di cui 37 sono studenti. Il fatto che tra le persone arrestate vi siano il direttore dell’istituto e il dirigente scolastico lascia pensare che le autorità diano un certo credito all’ipotesi lanciata dal Ministro dell’Istruzione, la First Lady, Janet Museveni, che l’assalto sia stato commesso in relazione ad una disputa sulla proprietà della scuola (vedi Fides 19/6/2023). Fin da subito l’esercito ha accusato le ADF (Allied Democratic Forces) di aver commesso il massacro, ma finora non sono giunte rivendicazioni da parte del gruppo jihadista, anche se tra le persone arrestate c’è un autoproclamato membro delle ADF che ha rivendicato sui canali social il massacro.
Janet Museveni aveva tra l’altro affermato che nelle vicinanze della scuola assalita, che conta una sessantina di studenti, ce n’è un’altra frequentata da 700 alunni, che non è stata però toccata dagli assalitori. Alcuni esponenti dell’opposizione accusano l’esercito di essere intervenuto con due ore di ritardo dall’assalto nonostante ci fosse una caserma militare a un chilometro e mezzo dalla scuola e una stazione di polizia a 2 km, ricordando che secondo quanto dichiarato dagli stessi militari gli assalitori hanno trascorso almeno due giorni nell’area prima dell’attacco.
Per chiarire questi punti il Parlamento ugandese ha convocato il governo per riferire sugli eventi di Lhubiriha. (L.M.) (Agenzia Fides 21/6/2023)
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ASIA/IRAQ - Partiti dei cristiani lanciano nuovo allarme su acquisizioni illegali di terre nella piana di Ninive
 
Mosul (Agenzia Fides) – Cinque formazioni politiche animate da leader e militanti cristiani hanno lanciato un nuovo allarme su operazioni immobiliari di vasta portata che a loro giudizio mirano a modificare gli equilibri nella composizione demografica nel Governatorato di Ninive, area di tradizionale radicamento delle comunità caldee, assire e sire. In un documento sottoscritto dai responsabili dei cinque Partiti, sulla base di informazioni ricevute da fonti ufficiali e comunitarie, si denunciano iniziative di municipalità della provincia di Ninive volte a promuovere la vendita di terreni nel distretto di Talkeif a acquirenti che non vivono nella regione e non appartengono alle comunità cristiane autoctone. Tali iniziative – si legge nel pronunciamento - Violano un comma dell’Articolo 23 della Costituzione che (anche in base a un pronunciamento della Corte Suprema Federale n*65 del 2013) va interpretato come un vero e proprio divieto a porre in atto acquisizioni immobiliari di terreni a case allo scopo di modificare gli equilibri demografici tra le diverse componenti della popolazione irachena, secondo modalità che rispondono a una mentalità settaria. Secondo i responsabili dei Partiti che hanno sottoscritto il comunicato, tale mentalità orienta ancora le scelte “di molti di coloro che attualmente detengono il potere, nonostante a parole affermino il contrario”.
Gli estensori del pronunciamento fanno appello al Primo Ministro e al Ministro di edilizia, municipalità e lavori pubblici, chiedendo loro di dare immediate istruzioni alle autorità competenti, in modo da “fermare qualsiasi misura volta a modificare in profondità l’attuale status delle proprietà immobiliari nelle aree si storico insediamento delle comunità cristiane autoctone in Iraq.
I responsabili delle sigle politiche chiedono anche l’istituzione di nuove unità amministrative nella Piana di Ninive, per favorire lo sviluppo di infrastrutture e servizi e contrastare processi che continuano a alimentare l’emigrazione dei cristiani e a ostacolare il ritorno alle proprie case di quanti erano fuggiti dalla Piana quando essa era caduta in buona part sotto il controllo delle milizie jihadiste del cosiddetto Stato Islamico (Daesh). Il documento si conclude con un appello ai cristiani a contrastare le prassi e le mentalità razziste e settarie “che minano l’armonia della coesistenza pacifica e della autentica condivisione nazionale”.
L’allarme sulla manomissione degli equilibri demografici nella Piana di Ninive è lanciato da cinque sigle politiche: il Partito Patriottico Assiro, l’Unione Patriottica Bethnahrain, il Partito Abnaa al-Nahrain, il Movimento Democratico Assiro (Zowaa) e il Consiglio Popolare Assiro Siriano Caldeo. L’appello non è stato sottoscritto dal “Movimento Babilonia”, che controlla 4 dei 5 seggi riservati a deputati di fede cristiana nel Parlamento iracheno. (GV) (Agenzia Fides 21/6/2023)

mercoledì 14 giugno 2023

Agenzia Fides 14 giugno 2023

 

AFRICA/SUDAN - Si aggrava la guerra in Sudan: denunciate violenze etniche nel Darfur
 
Khartoum (Agenzia Fides) – Situazione drammatica nell’ovest del Darfur, la regione occidentale del Sudan, che è insieme alla capitale Khartoum (vedi Fides 13/672023), l’epicentro dei combattimenti tra i soldati dell’esercito regolare sudanese e i miliziani delle Forze di supporto rapido (RSF).
Gli scontri più pesanti si concentrano ad El Geneina, la capitale del Darfur occidentale, dal 15 aprile, quando sono scoppiate le ostilità, assediata dalle RSF, che la sottopongono a continui bombardamenti.
Il conflitto tra le due formazioni militari ha assunto, per lo meno in questa area del Paese, una dimensione etnica, con scontri tra Masalit e tribù arabe (che formano la gran parte delle file delle RSF). I combattimenti intertribali hanno provocato numerose morti tra i civili e ampie distruzioni di infrastrutture ed edifici. Secondo alcune testimonianze provenienti dalla città, i miliziani delle RSF procederebbero ad un’operazione di pulizia etnica, prendendo di mira le popolazioni non arabe.
Una situazione denunciata dall'inviato delle Nazioni Unite per il Sudan, Volker Perthes. "Mentre la situazione in Darfur continua a deteriorarsi, sono particolarmente preoccupato per la situazione a El-Geneina (Darfur occidentale) dove la violenza ha assunto dimensioni etniche", ha dichiarato in una nota. “Massicci attacchi contro civili, basati sulla loro origine etnica, presumibilmente commessi da milizie arabe e uomini armati in divisa delle RSF sono profondamente inquietanti e, se veri, potrebbero costituire crimini contro l'umanità”, ha avvertito.
Un’altra zone interessata dai combattimenti è il Nord Kordofan, la cui capitale El Obeid è stretta in una morsa tra i due contendenti. Oggi, 14 giugno, l’aviazione sudanese ha colpito alcune postazioni delle RSF alla periferia ovest della città.
All’inizio delle ostilità la cattedrale della città fu colpita da alcuni razzi (vedi Fides 2/5/2023). Il Vescovo di El Obeid, Mons. Yunan Tombe Trille Kuku Andali, ha dichiarato a OSV News, che intende restare con i fedeli locali “fino a quando sarà possibile. Teniamo alcune funzioni la domenica e, quando necessario, in altre occasioni”. Nelle parole del Vescovo la situazione è drammatica: “La città è circondata. La gente è senza acqua, elettricità e connessione internet. In questi giorni piove e riusciamo a raccogliere un po' d'acqua. "Continuiamo a pregare e ad aspettare un segno di pace con la speranza che i nostri leader possano avviare un dialogo serio". (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2023)
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MEDIO ORIENTE - Dopo il terremoto, i Paesi arabi riabbracciano la “nazione paria” La fine all'isolamento della Siria vista dalla Santa Sede
 
di Victor Gaetan*

Dal 2011 le buone notizie sono merce rara per la Siria.
Devastata da oltre un decennio di guerra, assediata dalla povertà e dalla pandemia, il 6 febbraio è arrivata un ulteriore tormento, quando un terremoto ha ucciso circa 6persone persone che vivevano vicino al confine nord-occidentale del Paese con la Turchia e ne ha fatte sfollare oltre 330mila. Colpita di nuovo anche Aleppo, la città più grande della regione, che è stata per lungo tempo un centro importante per la cristianità di quelle terre.
L'improvvisa, ennesima catastrofe ha posto la Siria al centro delle preoccupazioni soprattutto dei suoi vicini, tra cui l'Arabia Saudita, accusata in precedenza di aver contribuito a fomentare l'insurrezione contro il presidente Bashar al Assad fornendo armi ai ribelli siriani.
Come diretta conseguenza della crisi umanitaria, la Lega Araba, composta da 22 nazioni, ha posto fine all'isolamento regionale della Siria: Assad è stato accolto personalmente alla riunione della Lega a Jeddah, in Arabia Saudita, il mese scorso, dove ha potuto rivolgersi di nuovo ai membri dell'organizzazione che lo aveva espulso 12 anni fa.
È uno sviluppo sorprendente e positivo, che può essere valutato con favore anche dalla Santa Sede, visto che la Santa Sede esorta anche l'Occidente a fare un passo avanti e a porre fine alle sanzioni che paralizzano l'economia siriana.

Quando prevale la diplomazia
Il sopraggiungere di una nuova scossa sismica ha provocato risposte immediate da parte di leader arabi: il Presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha chiamato Assad il giorno successivo. Una settimana dopo, il Ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, è volato a Damasco, realizzando il primo contatto diplomatico diretto di questo livello dall'inizio del conflitto siriano del 2011.
Nel volgere di poche settimane, una delegazione di parlamentari arabi, tra cui lo speaker del Parlamento iracheno, Muhammad al-Halbousi, Presidente dell'Unione interparlamentare araba, è atterrata nella capitale siriana: "Non possiamo fare a meno della Siria, e la Siria non può fare a meno del suo ambiente arabo, al quale speriamo possa tornare", ha dichiarato Halbousi a The Arab Weekly.
A fine marzo, ad Amman, in Giordania, le opzioni politiche possibili per la Siria sono state prese in considerazione da una più ampia schiera di entità nazionali e internazionali interessate, compresi i rappresentanti delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea, della Turchia, della Francia, della Germania e persino degli Stati Uniti. I membri della Lega Araba hanno però insistito sul fatto che gli orientamenti e le decisioni in merito alla Siria dovrebbero essere prese a livello regionale: "Le nazioni arabe devono prendere l'iniziativa di avviare le discussioni per risolvere la crisi siriana", ha sottolineato Safadi.
Il cuore dell' "Iniziativa giordana", un piano per reincorporare la Siria nelle strutture politiche regionali, è il principio della reciprocità. In cambio della normalizzazione e degli aiuti umanitari, il governo di Assad accetta di accelerare la reintegrazione dei rifugiati (oltre 663mila rifugiati siriani si trovano in Giordania, 865mila in Libano e ben 3,6 milioni in Turchia ), di controllare il contrabbando di droga e armi e di avviare una riforma della sicurezza per smantellare le milizie irregolari.
I negoziati finali erano già palesemente avviati quando, il 12 aprile, il Ministro degli Esteri siriano è volato a Gedda per incontrare il Ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, che ha ricambiato la visita recandosi a Damasco il 18 aprile Anche in questo caso, si è trattato dei primi colloqui diplomatici organizzati in Arabia Saudita coinvolgendo la Siria la Siria dallo scoppio della Guerra, nel 2011.
Il 7 maggio, un'assemblea dei ministri degli Esteri della Lega Araba al Cairo ha votato per invitare formalmente il governo di Assad a rientrare nel forum regionale, fondato nel 1945 da sei Paesi arabi, Siria compresa..

La Santa Sede non ha mai isolato la Siria
Da anni la Santa sede e le Chiese in Medio Oriente chiedono la fine dell'isolamento della Siria e agiscono in tal senso.
L'anno scorso, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha descritto il conflitto come il "più grave disastro umanitario causato dall'uomo dalla fine della Seconda guerra mondiale", lamentando la mancata attenzione della comunità internazionale per la pace e la ricostruzione economica del Paese. Le sue osservazioni furono esposte nel corso di una Conferenza (Church, House of Charity: Synodality and Coordination), organizzata a Damasco dalla Congregazione (oggi Dicastero) per le Chiese orientali, incontro che ha radunato nella capitale siriana organizzazioni umanitarie cattoliche e rappresentanti delle Chiese locali,. Al termine della Conferenza, i leader delle organizzazioni cattoliche di soccorso incontrarono il Presidente Assad, che elogiò il loro lavoro, soprattutto perché viene offerto a tutti i siriani, indipendentemente dalla fede. L'incontro corrispondeva ai criteri tradizionalmente seguiti e sostenuti dalla Santa Sede, quelli che considerano il dialogo è essenziale, sempre e ovunque.
Un mese prima dell'inizio del pontificato di Papa Francesco, nel febbraio 2013, il Cardinale libanese Bechara Boutros Raï è stato il primo Patriarca maronita in settant'anni a recarsi a Damasco. Il Patriarca maronita ha assistito all'insediamento del nuovo Patriarca della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, Giovanni X, prendendo parte a una celebrazione che si è trasformata in una dimostrazione di unità tra Capi cristiani ortodossi e cattolici di fronte all'estremismo che stava dilaniando il Paese.
Papa Francesco ha incontrato tutti i Patriarchi delle Chiese di rito orientale negli otto mesi seguiti alla sua elezione, e ha manifestato sollecitudine nel sostenerli e. Il Papa ha dato fiducia anche alla loro percezione della realtà e della situazione siriana, non allineandosi alle strategie occidentali che perseguono la politica del “cambio di regime” (regime change).

Diplomazia dell'incontro in Medio Oriente
Il processo seguito dai membri della Lega Araba per reintegrare la Siria dopo il disastro naturale rispecchia i princìpi seguiti dalla diplomazia vaticana.
In primo luogo, si è proceduto attraverso un'ampia consultazione personale. E per Francesco, l'incontro faccia a faccia permette trasformazioni del cuore e nuove simpatie tra i diversi punti di vista. Questo è il passaggio delicate e critico: la cultura dell'incontro va intesa come descrizione di incontri reali tra persone reali. È un programma d'azione, non una teoria.
In secondo luogo, il processo è stato costruito passo dopo passo. I Paesi hanno collaborato per ottenere risultati concreti, il che aumenta la fiducia. Uno dei passi più importanti che ha reso possibile la riconciliazione della Lega Araba con la Siria è stata la svolta diplomatica del 10 marzo: L'Arabia Saudita, a maggioranza sunnita, e l'Iran, a maggioranza sciita, hanno annunciato di voler ripristinare i legami e rilanciare un accordo di sicurezza. La rivalità tra i due potenti Paesi ha finora alimentato il conflitto regionale in Siria, Libano e Yemen.
In terzo luogo, la normalizzazione delle relazioni arabe con la Siria è un esempio di sussidiarietà, cioè rispecchia l'idea che i problemi politici debbano essere risolti, quando possibile, a livello locale e regionale, al livello più basso del processo decisionale, con la partecipazione di molte parti interessate. "Il principio di sussidiarietà permette a ciascuno di assumere il proprio ruolo nella cura e nel destino della società", ha detto Papa Francesco durante un'udienza generale. .

Infine, i protagonisti non hanno atteso l'approvazione delle potenze occidentali, che finora si sono opposte a questo abbraccio con la Siria. Nonostante sia un alleato degli Stati Uniti, l'Arabia Saudita, ad esempio, si è opposta alle preferenze statunitensi per pilotare i recenti sforzi di normalizzazione della Siria. Ciò che riecheggia la prassi vaticana è l'idea che i Paesi debbano impegnarsi per la pace, senza sapere in via preventive quali saranno i risultati esatti conseguiti; l'importante è avviare un processo verso migliori relazioni internazionali.

Porre fine alle sanzioni?
La Lega Araba è principalmente un'alleanza politica poco unita. Non ha il potere di portare un rapido sollievo alle numerose emergenze della Siria: una popolazione che vive una massiccia insicurezza alimentare e sanitaria, con un sorprendente 90% di persone che vivono in povertà.

Secondo molti esperti, la Siria è condannata a una sofferenza generalizzata, che colpisce quasi tutti I siriani, finché l'Occidente manterrà le sanzioni contro il Paese. Le sanzioni si applicano anche alla ricostruzione economica.
Rappresentanti della Santa Sede, Capi delle comunità cristiane locali (tra cui il Patriarca greco-cattolico melchita Youssef I) e rappresentanti di alto livello delle Nazioni Unite hanno deplorato le sanzioni punitive contro la Siria, perché puniscono le popolazioni impoverite e complicano gli sforzi di soccorso.

Il Consiglio delle Chiese per il Medio Oriente, che comprende le principali comunità cattoliche mediorientali, ha lanciato un monito severo: "Esortiamo a revocare immediatamente le sanzioni alla Siria e a consentire l'accesso a tutti i beni necessari, affinché le sanzioni non si trasformino in un crimine contro l'umanità”.


*Victor Gaetan è Senior Correspondent del National Catholic Register e si occupa di questioni internazionali. Scrive anche per la rivista Foreign Affairs e ha collaborato con Catholic News Service. L'Associazione della stampa cattolica del Nord America ha assegnato ai suoi articoli quattro premi, tra cui quello per l'eccellenza individuale. Gaetan ha conseguito una licenza (B.A.) in Studi Ottomani e Bizantini presso l'Università Sorbona di Parigi, un M.A. presso la Fletcher School of International Law and Diplomacy e un dottorato in Ideologia nella Letteratura presso la Tufts University. E' autore del libro God’s Diplomats : Pope Francis, Vatican Diplomacy, and America's Armageddon (Rowman & Littlefield, 2021). Il suo sito web è VictorGaetan.org
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ASIA/INDIA - Appello interreligioso in Manipur: porre fine alla violenza e assistere le vittime
 
Imphal (Agenzia Fides) - Fermare la spirale della violenza, che è sempre dannosa e lascia ferite profonde, fisiche e morali; offrire riparo e cura alle vittime; avviare un processo e un tempo di riconciliazione, a partire dall'esaminare le richieste delle esigenze delle comunità etniche coinvolte, Kuki e Meitei (vedi Fides 9/6/2023 e 9/5/2023). E' quanto chiedono i capi religiosi riunitisi al “Manipur Cultural Integration Council” nella città di Imphal, capitale dello stato indiano di Manipur, in India Nord occidentale. I 18 rappresentanti di comunità religiose come islam, cristianesimo, buddismo, culti locali e tradizionali, partecipando all'incontro, hanno deciso di lanciare un accorato appello per porre fine alla violenza in corso in Manipur e “affinchè siano intraprese ulteriori iniziative congiunte, grazie alla collaborazione di istituzioni civili e religiose, per assistere le vittime della violenza”. Il testo chiede di "fornire assistenza medica e fornire guarigione e cura a tutte le persone coinvolte, loro malgrado, dall'ondata di violenza a Manipur”, e invita espressamente tutte le comunità di fede "a partecipare, coinvolgersi direttamente e offrire un contributo alla riconciliazione”.
Afferma il testo inviato a Fides: “Noi, un gruppo di persone di diverse tradizioni religiose e di fede nel Manipur, piangiamo insieme con tutti coloro che hanno perso i loro cari e i loro vicini e condividiamo le sofferenze di molti altri che sono feriti nei loro cuori, menti e corpi, in mezzo alla violenza in corso”. E prosegue: “Questa violenza ha reso tutti noi, in diverse comunità religiose e tradizioni di fede, ugualmente impotenti e angosciati. Questa impotenza e angoscia condivise ha incoraggiato e riunito tutti noi a fare appello congiunto per porre fine a questa violenza”.
“Facciamo umilmente appello a tutti, da tutte le parti coinvolte – affermano i capi religiosi – affinché si lascino alle spalle la violenza per salvare l'umanità che ancora nei nostri cuori e nelle nostre menti. Questo è essenziale per salvare e proteggere le nostre generazioni presenti e future dal terrore di questa violenza che ci sta distruggendo. Preghiamo insieme il Dio in cui ognuno di noi crede per la guarigione delle ferite e il recupero dell'umanità che ci sta sfuggendo di mano”.
Tra i rappresentanti cattolici coinvolti nell’incontro vi è l’arcivescovo emerito di Guwahati, Thomas Menamparampil, che nei giorni scorsi ha visitato il Manipur, recandosi nelle aree degli indigeni Kuki e incontrando il loro rappresentanti; l'arcivescovo ha visitato, in seguito, le zone della comunità Meitei, incontrando i loro rappresentanti. L’arcivescovo ha speso la sua influenza contattando persone di entrambe le parti e implorando la pace. Ha incontrato rappresentanti di alto livello nella società e intellettuali che hanno un'autorità morale sulla loro comunità. “Ho avuto colloqui con leader religiosi di entrambe le parti e l'incontro dei leader religiosi che hanno lanciato un appello di pace è stato il frutto di questo sforzo, che deve continuare", spiega a Fides.
L’arcivescovo nota che “in questo momento vi sono forti tensioni e le ferite sono fresche. I giovani sono emotivamente coinvolti ed è anche difficile anche per gli anziani convincerli alla calma”. “La perdita di vite umane e la perdita di proprietà – nota – sono perfino superiori a quanto indicato dalle fonti ufficiali. Non vi sono facili soluzioni, ma stiamo tentando di avviare un percorso di dialogo. Come cristiani, cerchiamo di dare il nostro contributo alla pace”.
(PA) (Agenzia Fides 14/6/2023)
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AMERICA/HAITI - Alla crisi del Paese si aggiunge una recrudescenza di colera: i missionari Viatoriani accanto alla gente con fede e determinazione
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – “Ogni giorno porta la sua sofferenza. Purtroppo, ormai da anni, quando si parla di Haiti si pensa ad un paese di disastri: economici, ecologici, politici, demografici... ha detto all’Agenzia Fides padre Nestor Fils-Aimé, Superiore Provinciale del Canada dei Chierici di San Viatore, CSV. “Sfortunatamente ogni volta che si parla di questa terra, pur ricca di risorse naturali e umane e con una bellissima storia, si denunciano crisi, emergenze, violenze”. Il missionario ha fatto riferimento in particolare agli ultimi eventi di questa settimana di giugno che hanno visto il paese sommerso da frane, alluvioni e da ripetute scosse di terremoto (vedi Agenzia Fides 12/6/2023) e che attualmente sta vivendo una recrudescenza di casi di colera.
“I primi giorni del mese di giugno sono stati difficili – prosegue il Viatoriano. Forti piogge torrenziali hanno causato l’innalzamento delle acque provocando allagamenti con conseguenti danni materiali e perdita di vite umane nella regione metropolitana di Port-au-Prince, nelle aree di Croix-des-Missions, Tabarre, ecc.) così come nel sud del paese, nei distretti di Léogâne e Grand'Anse vicino Jérémie. Secondo una valutazione abbastanza prudente i morti potrebbero essere una sessantina, venti i dispersi, da 35 a 40.000 le case allagate... Inoltre, un terremoto di magnitudo 5.7 che il 6 giugno ha colpito Grand'Anse ha causato la morte di almeno 4 persone e si teme anche più di quaranta feriti.”
“Per noi è una grande sfida – sottolinea padre Fils-Aimé - sogniamo sempre un miglioramento che tarda a concretizzarsi. Tuttavia rimaniamo ottimisti e continuiamo ad agire con la stessa fede e determinazione per creare spazi di luce, gioia e speranza.”
Le infrastrutture dei Chierici di San Viatore non sono state direttamente interessate anche se hanno una casa di formazione a Cazeau molto vicino a Croix-des-Missions. I missionari gestiscono una scuola e sono responsabili di una parrocchia a Croix-des-Bouquets, quartiere vicino a Croix-des-Missions dove padre Jean-Yves Médidor, CSV, era stato rapito nel marzo scorso (vedi Agenzia Fides 14/3/2023). Fortunatamente non ci sono stati danni considerevoli neanche nella parrocchia di St-François d'Assise a Grand-Goâve, che i Viatoriani amministrano a una sessantina di chilometri a sud della capitale, non lontano dalla città di Léogâne.
Purtroppo venerdì 9 giugno le autorità sanitarie haitiane hanno confermato che una recrudescenza di colera ha provocato la morte di diverse centinaia di persone nel paese caraibico. Secondo i dati diffusi, l’epidemia che ha colpito per la prima volta Haiti nell’ottobre 2010 (vedi Agenzia Fides, 15/11/2010), ha ucciso 10.174 persone e dall’ottobre del 2022 sono morte 726 persone, di cui 26 dal 1 al 5 giugno di quest’anno. Nel periodo che va dal 1 ottobre dello scorso anno al 5 giugno 2023 i casi sospetti sono 45.248, 3007 confermati, 41.557 i ricoveri. L’età media dei contagiati ricoverati è di 17 anni. La crisi che esiste ora ad Haiti affonda le sue radici nel colpo di stato del 2004 (vedi Agenzia Fides 10/2/2004)
(AP) (Agenzia Fides 14/6/2023)

martedì 9 maggio 2023

Apolidi del Sudafrica, Tregua di 7 giorni nel Sudan 8 maggio 2023

 

AFRICA/SUDAN - Nuova intesa per una tregua di 7 giorni: popolazione allo stremo e la capitale continua ad essere assediata
 
Gedda (Agenzia Fides) – Non c’è tregua per la popolazione sudanese da quando il 15 aprile passato sono iniziati scontri armati tra l’esercito regolare del generale Abdel Fattah al-Burhan e i paramilitari delle Forze di intervento rapido (RSF) del generale Mohamed Hamdan Dagalo (vedi Agenzia Fides 19/4/2023). Secondo le stime, dall'inizio del conflitto sono state uccise almeno 700 persone. E’ recente la notizia che, dopo svariati accordi di cessate il fuoco (vedi Agenzia Fides 21/4/2023), il ministero degli Esteri del Sud Sudan ha dichiarato che è stato raggiunto un accordo in linea di principio su una tregua di sette giorni. L’incontro tra rappresentanti delle parti militari in lotta si è tenuto a Gedda, in Arabia Saudita, mentre i ministri degli esteri arabi erano riuniti Al Cairo in una riunione d'emergenza dell'organizzazione inter-araba dedicata alla crisi in Sudan. Tuttavia, nonostante il nuovo cessate il fuoco, previsto dal 4 all’11 maggio, continuano gli attacchi militari e Khartoum continua ad essere assediata.
Le trattative di Gedda proseguono e, secondo i due generali golpisti, servirebbero soltanto a garantire i corridoi umanitari per l’evacuazione degli stranieri e dei civili sudanesi bloccati nei campi di battaglia e per far arrivare gli aiuti internazionali. La situazione è drammatica, la stampa locale riporta assalti quotidiani contro abitazioni e negozi e irruzioni di uomini armati nelle banche.
Secondo il comitato dei medici, tutti gli ospedali della capitale sono fuori servizio per mancanza di materiali e di medicine. I medici sono costretti ad operare senza anestesia usando acqua e sale come disinfettante delle ferite. Si teme che il proseguimento della crisi rischierebbe di portare il paese allo smembramento in tanti piccoli stati, in perenne lotta, così come avvenne per il Sud Sudan.
(AP) (Agenzia Fides 8/5/2023)
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AFRICA/SUDAFRICA - I casi di bambini apolidi: una ferita aperta ma nascosta in Africa australe
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – Sono più di 642.000 i bambini migranti o sfollati che vivono in Sudafrica Secondo gli ultimi dati dell'UNICEF, in questa arida cifra sono compresi rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta o contrabbando e minori migranti non accompagnati e separati.
Tra questi vi sono diversi minori apolidi che non godono quindi di alcuna protezione da parte di uno Stato. Il problema è stato di recente affrontato dal Gruppo di lavoro su migrazione e tratta di esseri umani della Commissione Giustizia, pace e sviluppo del Simposio delle Conferenze episcopali d'Africa e Madagascar (SECAM). Rivolgendosi al Convegno Mons. Buti Joseph Tlhagale, Arcivescovo di Johannesburg ha sottolineato come “i conflitti prolungati nei Paesi africani sono la causa della presenza di tanti bambini apolidi”.
L’Arcivescovo di Johannesburg ha indicato nella tratta di esseri umani e nelle migrazioni forzate a causa del cambiamento climatico come altri fattori che contribuiscono all'aumento dei bambini apolidi in Africa. “Il cambiamento climatico spesso costringe le famiglie a trasferirsi, alla ricerca di migliori opportunità, si viene così a creare un numero enorme di apolidi”.
Mons. Tlhagale ha sottolineato che “in alcuni casi, i bambini vittime di tratta rimangono apolidi e diventano adulti senza avere documenti adeguati”; una condizione che viene poi trasmessa ai loro figli, incrementando il numero di apolidi nel proprio Paese di nascita. Questo è dovuto al fatto che spesso i governi africani non provvedono “a registrare i bambini alla nascita; lo Stato non ha ritenuto suo dovere garantire che i bambini siano registrati una volta venuti al mondo. La nascita dei bambini non è sempre registrata perché le persone non conoscono le procedure per la registrazione dei bambini, soprattutto nelle zone rurali. E soprattutto perché il governo non ha messo in atto tutele che assicurino che i bambini siano registrati alla venuta al mondo” ha sottolineato.
Vi sono lacune sulle leggi sudafricane sulla cittadinanza che non danno protezione ai bambini trovati abbandonati nel territorio di uno Stato. La maggior parte della legislazione della regione, compresa quella del Sudafrica, non garantisce a questi bambini il diritto alla nazionalità, esponendoli così a una vita di dolore ed esclusione.
Mons. Tlhagale è un sostenitore della campagna #IBelong. Lanciata nel novembre 2014 dall’ UNHCR la campagna #IBelong mira a porre fine all'apolidia entro dieci anni, identificando e proteggendo gli apolidi, risolvendo le situazioni esistenti di apolidia e prevenendo l'insorgenza di nuovi casi.
Mons. Tlhagale ha infine ricordato l’essenziale opera di assistenza a rifugiati e migranti condotta in Sudafrica dai alcuni ordini religiosi. In particolare “le Suore Missionarie Scalabriniane e le Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa accolgono un buon numero di bambini e ragazzi apolidi”. (L.M.) (Agenzia Fides 8/5/2023)

mercoledì 19 aprile 2023

Agenzia Fides Udienza del mercoledì e Sudan 19 aprile 2023

 

VATICANO - Papa Francesco: i martiri, testimoni grati di Cristo
 
Roma (Agenzia Fides) - Dopo la generazione degli Apostoli, i testimoni “per eccellenza” del Vangelo di Cristo sono sempre stati i martiri, coloro che hanno effuso il sangue per Cristo e hanno sperimentato nella loro carne anche il miracolo di perdonare “i propri aguzzini”. Perché i martiri non sono eroi “spuntati in un deserto” ma “frutti maturi e eccellenti della vita del Signore, che è la Chiesa”. E la Chiesa non ha mai fatto recriminazioni per i suoi martiri, e ha sempre guardato il martirio come “dono insigne e suprema prova di carità”. Con queste e altre espressioni eloquenti, Papa Francesco ha ricordato il vincolo intimo e indissolubile che unisce l’annuncio del Vangelo al martirio, esperienza che segna e accompagna sempre la vicenda della Chiesa nella Storia. Lo ha fatto oggi, mercoledì 12 aprile, durante l’Udienza generale, proseguendo il ciclo di catechesi dedicate alla passione per l’annuncio del Vangelo e allo zelo apostolico. Le schiere dei martiri di oggi sono più folte "nel nostro tempo che nei primi secoli", ha ripetuto ancora una volta il Papa, rendendo particolare omaggio alla memoria e ai nomi delle Suore Missionarie della Carità trucidate in Yemen negli ultimi anni (vedi Fides 4 e 5/3/2016).
La parola “martirio” – ha ricordato il Pontefice all’inizio della sua catechesi, davanti alla moltitudine assiepata in Piazza San Pietro – deriva dal greco martyria, che significa proprio testimonianza. Tuttavia, “ben presto nella Chiesa si è usata la parola martire per indicare chi dava testimonianza fino all’effusione del sangue.
Il cuore e la sorgente del martirio – ha proseguito il Vescovo di Roma, citando le prediche dedicate da Sant’Agostino al martire San Lorenzo, diacono romano – non è uno slancio di eroismo religioso, ma un “mistero d’amore”, un dinamismo tutto intessuto di “gratuità e gratitudine” per i doni di salvezza ricevuti gratuitamente da Cristo. E “il Concilio Vaticano II” ha rimarcato il Papa, citando la Costituzione dogmatica Lumen Gentium – “ci ricorda che «il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità»”
Tra i connotati che rendono il martirio cristiano imparagonabile a forme di eroismo e dedizione – ha rimarcato Papa Francesco nella sua catechesi – c’è il fatto che “i martiri, a imitazione di Gesù e con la sua grazia, fanno diventare la violenza di chi rifiuta l’annuncio una occasione suprema di amore, che arriva fino al perdono dei propri aguzzini”. I martiri – ha insistito il Papa – “perdonano sempre gli aguzzini. Stefano, il primo martire, morì pregando: ‘Signore, perdona loro, non sanno cosa fanno’. I martiri pregano per gli aguzzini”. E benchè “siano solo alcuni quelli a cui viene chiesto il martirio”, il miracolo del perdono offerto anche ai propri carnefici e la partecipazione dei martiri al mistero della Passione di Cristo ricordano a tutti “che ogni cristiano è chiamato alla testimonianza della vita, anche quando non arriva all’effusione del sangue, facendo di sé stesso un dono a Dio e ai fratelli, ad imitazione di Gesù”.
Nella parte conclusiva della sua catechesi, Papa Francesco ricordato a tutti la testimonianza martiriale resa dalle Suore Missionarie della Carità presenti in Yemen, dove “offrono assistenza ad anziani ammalati e a persone con disabilità. Alcune di loro hanno sofferto il martirio, ma le altre continuano, rischiano la vita ma vanno avanti. Accolgono tutti, di qualsiasi religione, perché la carità e la fraternità non hanno confini”. Nel luglio 1998 – ha ricordato il Vescovo di Roma - Suor Aletta, Suor Zelia e Suor Michael vennero “uccise da un fanatico”. Poi, nel marzo 2016, “Suor Anselm, Suor Marguerite, Suor Reginette e Suor Judith sono state uccise insieme ad alcuni laici che le aiutavano nell’opera della carità tra gli ultimi. (...) Tra questi laici uccisi” ha aggiunto Papa Francesco “oltre ai cristiani c’erano fedeli musulmani che lavoravano con le suore. Ci commuove vedere come la testimonianza del sangue possa accomunare persone di religioni diverse. Non si deve mai uccidere in nome di Dio, perché per Lui siamo tutti fratelli e sorelle. Ma insieme si può dare la vita per gli altri. Preghiamo dunque” ha concluso il Vescovo di Roma, utilizzando anche espressioni riprese dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinti “perché non ci stanchiamo di dare testimonianza al Vangelo anche in tempo di tribolazione. Tutti i santi e le sante martiri siano semi di pace e di riconciliazione tra i popoli per un mondo più umano e fraterno, nell’attesa che si manifesti in pienezza il Regno dei cieli, quando Dio sarà tutto in tutti”. (GV) (Agenzia Fides 19/4/2023).

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AFRICA/SUDAN -Strade deserte, attività commerciali chiuse, solo rumore di bombe
 
Khartoum (Agenzia Fides) – “Siamo tutti chiusi dentro casa e ci hanno raccomandato di non uscire. Arrivano pallottole e bombe da ogni parte. Ieri sera, martedì 18 aprile, dalle 18 era prevista una tregua fino alle 6 di questa mattina e invece non è stata rispettata. Ci sono stati bombardamenti anche tutta questa notte passata e stamattina. In questo momento ‘sembra’ che si siano calmati ma sappiamo che la cosa andrà per le lunghe e non finirà presto. I due generali non hanno intenzione di perdere il posto”. Sono parole appena giunte all’Agenzia Fides da fonti locali che per motivi di sicurezza hanno chiesto l’anonimato. Religiosi e religiose sono sparsi nelle varie comunità e, a seconda della vicinanza con il palazzo presidenziale assediato o con l’aeroporto, sono tutti in zone ad altissimo rischio.
“C’è solo da pregare, pregare tanto che arrivino ad un accordo. Preghiamo per questo popolo affinchè il Signore protegga questa gente che è quella che soffre più di tutti. Purtroppo non riusciamo ad aiutare nessuno e questo è il vero dramma. Soprattutto nelle periferie di Khartoum hanno fame e non possono acquistare nulla da mangiare. Tutte le attività commerciali sono chiuse. Per la strada non c’è nessuno, solo rumore di bombe.”
Il Paese è al suo quinto giorno di guerra civile e ciascuna delle parti, esercito federale (SAF) e Forze di intervento rapido (RSF), accusa l’altra di violazione della tregua prevista per dare la possibilità alla gente di rifornirsi di cibo e evacuare i feriti. Caccia ed elicotteri dell’esercito sorvolano la capitale e da terra rispondono le unità della contraerea. In una nota diffusa dalla stampa locale risulta che a Khartoum molti ospedali sono fuori uso a causa dei colpi di artiglieria subiti e delle sparatorie nelle vicinanze oppure dal loro utilizzo come sedi militari. Gli appelli del sindacato dei medici (Ccsd) sono caduti nel vuoto (vedi Agenzia Fides 18/4/2023). "Dei 59 ospedali di base nella capitale e negli Stati federali sudanesi adiacenti alle aree di conflitto, 39 sono ‘fuori servizio’: 9 perché sono stati bombardati e 16 dopo essere stati evacuati forzatamente" riporta il Ccsd aggiungendo che nella medesima zona di conflitto ci sono altri 20 ospedali che "rischiano di essere chiusi per mancanza di personale medico" e vari tipi di forniture tra cui quella di corrente elettrica.
La Croce Rossa Internazionale ha comunicato che “non è possibile fornire nessuna assistenza sanitaria, perché le scorte di medicinali sono finite e gli aeroporti sono tutti bloccati. La situazione è disperata”.
La situazione della popolazione è drammatica. Sono stati registrati assalti ai negozi da parte di uomini armati. Entrambe le parti belligeranti non sono interessate alla tregua e intendono risolvere militarmente lo scontro. I combattimenti avvengono all’interno delle abitazioni e il rischio è una guerriglia urbana di lunga durata.
(AP) (Agenzia Fides 19/4/2023)

mercoledì 5 aprile 2023

Agenzia Fides 5 aprile 2023

 

AFRICA/NIGERIA - Assalita chiesa pentecostale; nuovo rapimento di massa di studenti
 
Abuja (Agenzia Fides) – Assalita nelle prime ore del 2 aprile, domenica delle Palme, la chiesa pentecostale situata ad Akenawe, Tswarev, nello Stato di Benue, nel centro nord della Nigeria. Gli assalitori, si sospetta una banda di pastori Fulani, hanno ucciso un fedele, ferito diverse persone tra cui il capo tradizionale della comunità, e rapito il pastore della chiesa e alcuni fedeli.
Secondo la stampa locale il luogo di culto è stato assalito durante una veglia notturna.
Nello Stato di Kaduna, nel nord della Nigeria, un gruppo armato ha rapito otto studenti delle scuole secondarie mentre tornavano a casa insieme a un numero imprecisato di altre persone. Si tratta del primo sequestro di studenti nella regione dopo un periodo di calma, soprattutto dopo la circolazione di nuove banconote per frenare il pagamento dei riscatti ai rapitori prima delle elezioni politiche tenutesi a fine febbraio.
La piaga dei rapimenti a scopo estorsivo è un fenomeno ben noto in Nigeria che colpisce non solo il Nord dove sono presenti gruppi jihadisti ma anche altre aree della Federazione (vedi Fides 29/3/2023). (L..M.) (Agenzia Fides 5/4/2023)
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AFRICA - Tre suore cattoliche premiate per i loro progetti di sviluppo in Africa
 
Santa Clara (Agenzia Fides) – “Il futuro dell'Africa è nelle mani degli africani. Spetta a noi ideare il nostro futuro; tornerò a casa come africana per tracciare soluzioni africane per l'Africa” ha affermato suor Juunza Christabel Mwangani, delle Sisters of the Holy Spirit, una congregazione religiosa fondata nel 1971 nella diocesi di Monze, in Zambia, alla cerimonia di premiazione del Builders of Africa's Future (BAF) 2022 assegnato dall'African Diaspora Network (ADN).
La religiosa ha ritirato il premio in rappresentanza del’ Emerging Farmers Initiative, un progetto avviato dalla sua congregazione religiosa nel villaggio di Magoye, Mazabuka.
“Insieme a un gruppo di suore abbiamo fondato l'Emerging Farmers Initiative, nel 2019, con il permesso dei superiore della congregazione” spiega suor Juunza Christabel Mwangani. “La nostra congregazione conta 40 suore e ha sede nella diocesi di Monze, nella provincia meridionale dello Zambia. L'Emerging Farmers Initiative si trova nel villaggio di Mulando nella zona di Nziba, Magoye, nello stesso distretto della casa madre della congregazione. Nziba si trova nella parte rurale del distretto di Mazabuka a circa 151 chilometri da Lusaka, la capitale dello Zambia nella provincia meridionale”.
“Ci sono circa 73 famiglie nel villaggio di Mulando con una media di otto membri ciascuna. L’attività principale è l'agricoltura di sussistenza, l'allevamento del bestiame e la produzione agricola. A causa delle frequenti siccità e della totale dipendenza dall'agricoltura, i livelli di povertà sono ancora elevati. Anche il livello di analfabetismo è ancora alto, stimato al 25 per cento. La metà della popolazione della zona ha meno di 20 anni” continua la suora.
“L’Emerging Farmers Initiative è pensata per funzionare nel contesto della scuola secondaria, come unità di produzione. La maggior parte delle scuole si concentra solo sull'apprendimento accademico. Attraverso l'Emerging Farmers Initiative, che ospita le nostre unità di produzione di pollame, suini e uova, orto; alberi da frutto, campi di mais e stagni di pesci, offriamo formazione pratica ai nostri alunni e competenze che trasformano la vita a giovani che abbandonano la scuola e giovani famiglie a rischio. Grazie all'EFI, prepariamo i nostri studenti ad affrontare il mondo reale” conclude la religiosa.
Fondata nel 2010, African Diaspora Network (ADN) è un'organizzazione no profit con sede nella Silicon Valley che promuove l'imprenditorialità e lo sviluppo economico nel continente africano e nelle comunità in cui vive la diaspora africana.
Anche due suore ugandesi hanno vinto il premio BAF: suor Frances Kabagaaju delle Daughters of the Child Jesus of Uganda che gestisce un centro sanitario di Nkuruba a Rwenzori, al confine con la Repubblica Democratica del Congo; e suor Rose Thumitho delle Little Sisters of St. Francis, una delle fondatrici della Mother Kevin Providence Social Enterprise, a Jinja, per offrire opportunità di sviluppo a donne e giovani. (L.M.) (Agenzia Fides 5/4/2023)
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ASIA/VIETNAM - La Pasqua dei giovani: comunione e annuncio di speranza
 
Hanoi (Agenzia Fides) - La celebrazione della Pasqua è un momento speciale per i giovani cattolici in Vietnam: nelle diverse diocesi si tengono, a partire dalla Domenica Palme, raduni e incontri giovanili che quest'anno hanno insistito su temi come unità, comunione e annuncio di speranza nella società.
Nella diocesi di Da Nang, in Vietnam centrale, oltre 600 giovani da 45 parrocchie si sono radunati la Domenica delle palme per vivere una giornata di "Osanna" e iniziare la Settimana santa con lo spirito giusto. Padre Agostino Tran Nhu Huynh ha incontrato i giovani e ha condiviso con loro una riflessione sul tema "Alzatevi, non abbiate paura", ricordando l'esempio dell'apostolo Giovanni che incontrò il Signore Gesù Cristo da giovane. Ha poi ripercorso il viaggio di Giovanni alla scoperta della sua vocazione, la sua volontà e desiderio di “cercare un maestro per imparare la Via nella vita”, che ha trovato in Cristo.
Il Vescovo di Da Nang, mons. Joseph Dang Duc Ngan, ha parlato ai giovani dello spirito del Sinodo, invitando ciascuno ad "aprire la tenda del proprio cuore per ricevere Dio e accogliere con amore il prossimo che chiede di entrare", citando il recente documento del Sinodo dei Vescovi per l'Asia.
Culmine dell'incontro è stata la concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, in cui i fedeli sono stati invitati a "seguire il Signore nel cammino della Croce, nell'amore, nella lode, nella fiducia in Dio", imparando a "rivolgersi a Dio in tutte le situazioni", per essere "testimoni viventi che annunciano il Vangelo".
Anche nella diocesi di Thai Binh, in Vietnam del Nord, oltre 500 giovani si sono riuniti il 2 aprile nella parrocchia di Cao Xa per vivere una giornata di fraternità e di lode sul tema "Essere comunità, essere in comunione". Padre Francis Huyen, sacerdote Redentorista, parlando all'assemblea ha messo in luce la comunione tra l'uomo e Dio, tra ogni uomo e il prossimo, ma anche il rapporto tra la persona e la verità di se stessa . Il religioso ha rimarcato la chiamata a vivere una vita di fede, in relazione con Dio e con il prossimo, specialmente nello speciale tempo del cammino sinodale, promosso a livello universale e che ogni Chiesa particolare è chiamata a mettere in pratica.
Il raduno a Thai Binh è stato caratterizzato da un tempo di Adorazione, da un tempo dedicato ad avvicinarsi al Sacramento della Riconciliazione, dalla celebrazione della Via Crucis, dall'Eucarestia conclusiva. I giovani sono ripartiti con il desiderio di dare una testimonianza viva, gioiosa della fede ai loro coetanei e con la promessa di incontrarsi con tanti altri giovani di tutto il mondo in occasione della Giornata Mondiale delle Gioventù, nell’estate 2023.
Nella diocesi di Xuan Loc, nel Vietnam del Sud, la Domenica delle Palme circa 3000 giovani hanno trascorso una giornata nella parrocchia di Thanh Tam, all'insegna della fraternità, della preghiera, della gioia e della condivisione. Padre Joseph Vu The Toan ha coinvolto i presenti aiutandoli a guardare all'esperienza dei discepoli di Gesù (prima della Passione del Signore e dopo la Risurrezione) e a "mettersi nei loro panni", invitandoli a "vivere con coraggio la vocazione e la missione che Dio dona, per rendere più significativa la loro vita e donare la Buona novella di Gesù e chiunque incontrano sul loro cammino”.
Nel ripercorrere la Passione del Signore, i giovani hanno condiviso il desiderio di "vivere per amore" come Gesù, che ha amato i suoi "fino alla fine". Nella messa conclusiva, mons. John Do Van Ngan, Vescovo diocesano, ha meditato sulle ultime sette parole di Gesù crocifisso, che mostrano il suo cuore "tutto rivolto al Padre", che è l'atteggiamento giusto del cristiano per vivere la Settimana Santa.
In tutte le diocesi vietnamite i giovani si stanno organizzando e preparando per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù che quest'anno si terrà a Lisbona, in Portogallo, dal 1° al 6 agosto 2023.
(PA) (Agenzia Fides 5/4/2023)
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lunedì 27 febbraio 2023

Due artcoli sull'Africa...Congo RD ...Etiopia

 

AFRICA/CONGO RD - “Aspettiamo chiarimenti sull’invasione dell’Arcivescovado da parte della Guardia Repubblicana”
 

Kinshasa (Agenzia Fides) – "Esigiamo chiarimenti dalla gerarchia dei militari che hanno fatto irruzione nell’arcivescovato e nella cattedrale” afferma un comunicato dell’Arcidiocesi di Lubumbashi dove nella mattina di venerdì 24 febbraio una squadra di militari della Guardia Repubblicana, è entrato in forze nell’incinto dell’arcivescovato e della cattedrale.
"Questo venerdì, un convoglio di veicoli militari pesantemente armati, che dichiaravano essere parte della Guardia Repubblicana, ha parcheggiato di fronte all'arcidiocesi di Lubumbashi. Nove uomini agguerriti hanno cercato di entrare nell'arcidiocesi. Dopo aver incontrato la ferma resistenza della squadra di sicurezza all'ingresso della residenza episcopale, si sono rapidamente portati alla portineria e, hanno chiesto con insistenza l'accesso all'ufficio di monsignor l'arcivescovo che era tranquillamente al lavoro” si legge nel comunicato dell'arcidiocesi di Lubumbashi (nel sud-est della Repubblica Democratica del Congo).
La squadra di militari era comandata da un colonello che si esprimeva in lingua Swahili, scortato da sei uomini in uniforme, due uomini di razza bianca che parlavano unicamente in inglese e un interprete congolese assegnato alla Presidenza della Repubblica.
“Questi visitatori indesiderati – prosegue la nota- affermavano di far parte della squadra avanzata del Presidente della Repubblica. Hanno precisato che avevano il compito per prendere accordi di sicurezza in vista di una manifestazione religiosa che si svolgerà presso la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Lubumbashi durante una prevista visita del Capo dello Stato nell'Alto Katanga. Di questa curiosa manifestazione, né l'Arcivescovo, né il parroco della cattedrale, né i servizi competenti della Provincia o della città hanno la minima idea” precisa l’Arcidiocesi che si avanza l’ipotesi o di un tentativo di sequestro dell'Arcivescovo Fulgence Muteba Mugalu o per lo meno di “un'intimidazione non giustificata”.
Il comandante della Guardia Repubblicana nell’Alto Katanga ha dichiarato che l’azione condotta dai sui uomini “non è stata un’attività ostile nei confronti dell’Arcivescovo ma un atto di sollecitazione benevola presso le autorità ecclesiastiche per adottare misure di protezione nel caso di visite di alte personalità nella cattedrale”.
La Guardia Repubblicana (GR) è l’unità deputata alla tutela delle istituzioni - in genere - e del Presidente della Repubblica in particolare, ed è distinta dal resto delle forze armate congolesi (FARDC). È formata da circa 12.000 uomini, addestrati da istruttori egiziani e israeliani. In caso di emergenza, a GR può essere impiegata in combattimenti contro guerriglieri o eserciti invasori oppure in operazioni di mantenimento o ripristino dell'ordine pubblico. (L.M.) (Agenzia Fides 27/2/2023)
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AFRICA/ETIOPIA - Assistenza psicologica, scuole, generi alimentari per 7 milioni di persone: i missionari Salesiani sempre in prima linea
 

Mekelle (Agenzia Fides) – “L'invio di aiuti umanitari in Tigray è diventato più facile e continuiamo ad assistere le persone che sono state coinvolte nei due anni di conflitti”, ha scritto padre Abba Hailemariam Medhin, Superiore dell'Ispettoria Salesiana dell'Africa-Etiopia (AET) in merito ai recenti interventi della Congregazione nella regione settentrionale dell’Etiopia. “Le persone hanno ancora bisogno di generi alimentari e non. Stiamo lentamente riprendendo il servizio di assistenza psicologica e stiamo riaprendo i centri educativi, ma le persone hanno soprattutto bisogno di cibo e servizi sanitari”.
Sono ancora quasi 7 milioni i tigrini ad avere bisogno di aiuti. Come riferito da Salesian Missions, sebbene sia stato firmato l’accordo di pace (vedi Agenzia Fides 3/11/2022) e molti servizi siano stati ripristinati, sono ancora tante le necessità. Le banche sono aperte ma le persone non hanno ancora accesso ai propri conti.
Il supporto dei missionari e delle missionarie salesiani nella regione è stato costante, compatibilmente con le disposizioni governative. In Tigray sono in 25 impegnati nel servizio a più di 5.000 minori e giovani in centri educativi di ogni ordine e grado, istituti tecnici, centri giovanili e parrocchie.
Grazie al sostegno dal Programma Alimentare Mondiale un carico di merci è stato inviato all'opera salesiana di Mekele. Da lì sono state distribuite, con il contributo di altre parrocchie e del clero locale offerti volontari, tra molte altre aree bisognose.
La presenza dei missionari Salesiani di don Bosco in Etiopia risale al 1975. Il loro primo centro è stato a Mekelle, capitale del Tigray. Attualmente registrano in tutto 14 case, tra queste, quattro si trovano in Tigray e tre in Eritrea. Le suore salesiane di don Bosco hanno registrato la loro prima presenza nel paese nel 1986 a Dilla, a sud del Paese. Ora sono dislocate in cinque centri, lavorano per i più poveri, fornendo istruzione, assistenza sanitaria e pastorale, cibo, acqua e medicinali. Insieme ai salesiani danno particolare attenzione e risorse ai bambini di strada, alle vittime della tratta di esseri umani e ai carcerati.


giovedì 9 febbraio 2023

Fides News 9 febbraio

 

AFRICA/CONGO RD - Si aggrava il bilancio dell’assalto a un convoglio ONU
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – Rimane alta la tensione nella provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Questa mattina, 9 febbraio, sono segnalati nuovi scontri tra le forze armate congolesi (FARDC) e i ribelli M23 lungo la strada Kitshanga – Sake a circa 10 km da quest’ultima. I combattimenti hanno creato il panico generale nella città di Sake, da dove diverse persone si stanno dirigendo verso Goma e Minova, accrescendo ulteriormente il numero di sfollati accolti nel capoluogo del Nord Kivu e nei suoi dintorni.
Nel frattempo si aggrava il bilancio dell’assalto al convoglio della Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione del Congo (MONUSCO) del 7 febbraio. Sono infatti 8 e non 3 come riportato in precedenza (vedi Fides 8/2/2023) le vittime tra gli assalitori, provenienti dal campo di sfollati di Kanyaruchinya, non lontano da Goma. I feriti sono 28.
Il nuovo bilancio è stato reso noto ieri, 8 febbraio, dal governatore militare del Nord Kivu, tenente generale Ndima Kongba Constant. Secondo il comunicato ufficiale del governatore militare “intorno alle sei del pomeriggio ora locale, un convoglio della MONUSCO proveniente da Rutshuru è stato fermato da sfollati di guerra che vivono nel campo di Kanyaruchinya nel gruppo di Buvira perché volevano conoscere il carico dei veicoli del convoglio. Di fronte al rifiuto della MONUSCO, la popolazione ha barricato la strada, impedendole così di avanzare verso Goma. Di fronte a questa situazione, i militari dell’ONU preposti alla sicurezza hanno sparato alcuni colpi di avvertimento che hanno causato purtroppo la morte di 8 civili oltre a 28 feriti”.
Sia la MONUSCO sia la nuova forza militare dispiegata dalla Comunità degli Stati dell’Africa Orientale (EAC) sono al centro delle proteste scoppiate a Goma, dove diversi dimostranti sono scesi in strada per chiedere il ritiro dei militari stranieri accusati di passività o addirittura di complicità con i ribelli M23. La missione militare dell’EAC è stata approvata il 20 giugno scorso nel corso di una riunione dei Capi di Stato e di governo della Comunità. Il progetto prevede di dispiegare una forza militare congiunta con un minimo di 6.500 ad un massimo di 12.000 soldati comandanti da un generale keniano con base a Goma, con il compito di “contenere, vincere e sradicare le forze negative” (gruppi armati) che agiscono nel Nord e Sud Kivu, in Ituri e in Haut-Uélé. (L.M.) (Agenzia Fides 9/2/2023)

ASIA/SIRIA - Patriarchi e Capi delle Chiese: dopo il terremoto, basta sanzioni e embargo contro il popolo siriano
 
Damasco (Agenzia Fides) – Dopo il terremoto che lunedì 6 febbraio ha colpito ampie aree nel nord siriano, vanno immediatamente rimossi embarghi economici e sanzioni disposti da Paesi e organismi occidentali contro la Repubblica araba di Siria. La richiesta, perentoria, arriva da Patriarchi e Capi delle Chiese e comunità ecclesiali residenti in Siria.
Il sisma ha provocato in Siria migliaia di vittime, seminando distruzione e moltiplicando le sofferenze del popolo siriano, già piegato sotto il peso della guerra, della pandemia, dell’inflazione e della mancanza di risorse naturali, medicine, beni di prima necessità. Davanti a una terra e a una nazione tanto devastata, Patriarchi e Capi delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Siria fanno appello all’ONU, e si rivolgono anche direttamente alle Nazioni che impongono da anni sanzioni e embargo economico alla Siria guidata da Bashar al Assad, chiedendo di rimuovere immediatamente tali misure definite «inique» e avviando piuttosto iniziative umanitarie eccezionali e tempestive per soccorrere le popolazioni siriane travolte da sciagure insostenibili.
La richiesta dei Capi cristiani è affidata a un comunicato, sottoscritto, tra gli altri, da Mar Ignatius Aphrem II, Patriarca di Antiochia dei Siri ortodossi, da Yohanna X, Patriarca di Antiochia dei greco-ortodossi, e da Youssef I Absi, Patriarca di Antiochia dei greco-cattolici melkiti. «Facciamo inoltre appello» si legge nel comunicato, che porta la data di martedì 7 febbraio «alle persone di coscienza viva sparse in tutto il mondo, affinché alzino la voce chiedendo di porre fine alle sofferenze del popolo siriano e consentire ai cittadini siriani di vivere con dignità, secondo quanto è affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani».
Il terremoto – si legge nel comunicato dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese in Siria – ha distrutto luoghi di culto, presidi sanitari, centri di assistenza sociale, alimentando una nuova impennata nel numero dei senzatetto e degli sfollati interni, proprio mentre l’inverno fa registrare le sue temperature più rigide.
Nel loro intervento, Patriarchi e Capi delle Chiese assicurano preghiere per le vittime del terremoto e le loro loro famiglie, pregano per la guarigione dei feriti e per tutti gli operatori coinvolti nella macchina dei soccorsi, chiedendo a governi, istituzioni internazionali e organizzazioni umanitarie di intervenire in aiuto del popolo siriano prescindendo da qualsiasi considerazione e calcolo di ordine politico.

Le sanzioni e i blocchi economici imposti da anni da Paesi occidentali contro il governo di Damasco, introdotti già nel 2011, vengono di volta in volta prorogati nell’intento di produrre il collasso del sistema che fa capo al Presidente Bashar al Assad. Nel corso degli anni, in innumerevoli occasioni, organismi ecclesiali e singoli Patriarchi e Vescovi hanno criticato con asprezza tali disposizioni che producono gravi conseguenze per la vita quotidiana di milioni di siriani, chiedendone la sospensione o l’abolizione. «Perpetuare le sanzioni contro la Siria» dichiarava all’Agenzia Fides nel novembre 2021 il Vescovo Georges Abou Khazen, Vicario apostolico (ora emerito) di Aleppo per i cattolici di rito latino «significa condannare a morte molta gente» (vedi Fides 20/11/2021). Dopo il terremoto, anche il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches-MECC, organismo ecumenico di collegamento delle Chiese e comunità ecclesiali presenti nei Paesi mediorientali e del Nord Africa) ha chiesto «l’immediata revoca delle sanzioni contro la Siria e l’accesso a tutte le risorse, in modo che le sanzioni non si trasformino in un crimine contro l’umanità». (GV) (Agenzia Fides 9/2/2023)
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ASIA/TURCHIA - Il Vescovo Bizzeti: situazione drammatica. Il terremoto spinga a abbandonare politiche di conflitto
 
Iskenderun (Agenzia Fides) – Davanti al terremoto che ha annientato migliaia di vite umane e ridotto in macerie interi quartieri tra Siria e Turchia, la tragedia collettiva e il dolore comune di nazioni e popoli diversi «rende ancora più evidente, nel caso non fosse già abbastanza chiaro, che solo muovendoci insieme nella stessa direzione possiamo fare qualcosa di utile. Una tragedia come questa, se fosse guardata con lucidità e realismo, potrebbe diventare un paradossale incentivo alla pace». Con questo sguardo e con questo giudizio il Vescovo Paolo Bizzeti, Vicario apostolico dell’Anatolia, valuta i possibili riflessi del sisma sul groviglio di tensioni, violenze, incursioni armate, setterismi e voracità geopolitiche che si intrecciano proprio nelle aree colpite dall’ultima catastrofe mediorientale.

Ora sono sotto gli occhi di tutti i palazzi sbriciolati, gli affannosi tentativi di soccorrere i sopravvissuti, le paure di nuove scosse e del propagarsi di epidemie. Ma quelle stesse aree vedono da anni confrontarsi e scontrarsi le rivendicazioni del potere di Damasco, le perduranti sacche di resistenza di gruppi d’opposizione e milizie islamiste, progetti autonomisti curdi, incursioni e occupazioni militari turche in chiave anti-curda. Mentre il leader turco Recep Tayyip Erdogan, da anni impegnato a espandere gli scenari del suo protagonismo geopolitico, punta a perpetuare il suo potere ottenendo un altro mandato come Presidente alle elezioni del prossimo 14 maggio.

In questo quadro complicato e pieno di incognite – fa notare il Vescovo Bizzeti - «la popolazione colpita dal terremoto ora ha solo bisogno di aiuti, da qualsiasi parte arrivino. La circostanza tragica che stiamo vivendo, se si guarda correttamente alle cose così come sono, dovrebbe essere per tutti un’occasione per riconoscere che conviene abbattere muri e steccati, divisioni politiche che alla fine non hanno nessun risvolto di bene per la popolazione. Il terremoto è anche un occasione per ripensare le nostre vite insieme, le nostre politiche, orientandole verso la pace».

Intanto, sul terreno – riferisce il Vicario apostolico di Anatolia – «la situazione appare drammatica soprattutto nei centri urbani come Iskenderun e Antakya, dove sono venuti giù palazzi e intere aree abitate costruite senza criterio. La situazione è meno grave nelle aree rurali dove le case sono basse. Le reti di carità legate in vario modo alla Chiesa cattolica – a partire dalla Caritas – si sono sono tutte attivate in aiuto delle popolazioni colpite, e c’è una stretta collaborazione con gli organismi dello Stato. Ma l’area colpita è molto vasta, e non è stato possibile intervenire in maniera tempestiva su tutti i fronti». (GV) (Agenzia Fides 9/2/2023).
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ASIA/MYANMAR - Con la legge marziale in altre 37 città, l'esercito è deciso a "schiacciare ogni resistenza"
 
Mandalay (Agenzia Fides) - Con l'imposizione della legge marziale in altri 37 comuni in tutto il paese, comprese le roccaforti della resistenza delle regioni di Sagaing e Magwe, si fa decisamente più forte la pressione del governo militare del Myanmar sulla popolazione civile, al fine di "schiacciare ogni possibile ribellione", nota una fonte di Fides nella nazione. "La sofferenza di innocenti e lo sfollamento di civili, donne, bambini e anziani, sta raggiungendo livelli insostenibili. La crudeltà dei militari verso il popolo è terribile, così come i crimini di guerra", nota la fonte di Fides che risiede nell'area di Mandalay.
La legge marziale è arrivata il giorno dopo che il regime ha esteso lo "stato di emergenza" per altri sei mesi, a due anni dal colpo di stato del 1° febbraio 2021. Il capo della giunta Min Aung Hlaing ha detto pubblicamente che "la sicurezza deve essere rafforzata in 65 delle 330 township del paese per ripristinare lo stato di diritto" e, con l'approvazione del nuovo provvedimento, la legge marziale è ufficialmente in vigore in 37 nuovi comuni, sparsi in otto stati, che sono sotto il controllo diretto dei comandanti regionali. Il regime aveva dichiarato la legge marziale in alcune parti delle province di Yangon, Mandalay e dello Stato Chin nel 2021.
Tra i nuovi comuni destinatari della legge marziale, 11 sono nella regione di Sagaing, sul fiume Irrawaddy, a sudovest di Mandalay. Qui nelle scorse settimane si è intensificata l'azione militare dell'esercito, costringendo altri 6.000 civili a fuggire dalle loro case prima dell'avanzata delle truppe. Secondo un rapporto dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli Affari umanitari, nella martoriata regione di Sagaing - considerata una delle roccaforti della resistenza delle Forze di Difesa popolare (People' Defence Forces) - in due anni i combattimenti hanno costretto quasi 650.000 persone ad abbandonare le loro case e vivere in campi profughi, alloggi di fortuna, o nelle foreste.
La giunta, inoltre, ha reso noto che i tribunali militari esamineranno tutti i casi di violazione della legge marziale, avvertendo la popolazione che potranno essere comminate pene come l'ergastolo e la pena di morte. In tali casi, inoltre, non saranno ammessi appelli per i verdetti, ad eccezione della condanna a morte, per cui un appello potrà essere presentato direttamente al generale Min Aung Hlaing, capo della giunta, per una decisione definitiva e inappellabile.
Hlaing ha detto al Consiglio nazionale di difesa e sicurezza che 198 delle 330 township del paese sono attualmente "stabili e pacifiche" e che è necessario incrementare gli sforzi per sedare ogni protesta.
Intanto i ministri degli Esteri dell'ASEAN (la Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico), di cui il Myanmar è membro, riuniti a Giacarta nei giorni scorsi, hanno affrontato durante il vertice la questione birmana: la presidente di turno, il ministro degli Esteri dell'Indonesia Retno Marsudi, ha proposto ai membri dell'Associazione l'immediata applicazione del piano di pace in cinque punti, concordato con la stessa giunta birmana nell'aprile 2021, che prevede la fine delle violenze e il dialogo tra militari e ribelli. L'ASEAN ha reso noto un "ampio consenso da parte di tutti i Paesi" sulla proposta. Anche se il Myanmar continua a far parte dell'ASEAN, la nazione è stata esclusa dai vertici di alto livello proprio perchè non ha attuato il piano del 2021.
(PA) (Agenzia Fides 9/2/2023)


Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

The Chosen ...é sufficiente per me...posso fare molto con questo ..

Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occ...