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sabato 13 febbraio 2021

Agenzia Fides 13 febbraio 2021

 

AFRICA/KENYA - I missionari Orionini: “Un nuovo progetto per aiutare i Masai”
 
Kandisi (Agenzia Fides) - “L’obiettivo del progetto è quello di avviare una coltivazione di ‘fagioli gialli’ in territorio masai: l’idea nasce soprattutto dalla necessità di creare nuove entrate per il Centro e, al tempo stesso, di condividere le buone pratiche agricole che abbiamo acquisito in questi anni”. Così riferisce all’Agenzia Fides padre Jeremiah Muchembe, sacerdote dei Figli della Divina Provvidenza, di origini keniote, parlando del nuovo progetto agricolo che i religiosi Orionini della comunità di Kandisi stanno realizzando in collaborazione con gli indigeni Masai, che vivonosugli altopiani al confine fra Kenya e Tanzania.
La realizzazione di queste progetti è possibile grazie al contributo di alcuni benefattori che sostengono le iniziative dei padri Orionini, che in questa parte del Kenya hanno in cura una parrocchia che accoglie molti abitanti di villaggi dell’etnia Masai. A Kandisi l’Opera Don Orione segue un Centro diurno e una scuola di sviluppo per bambini e giovani disabili con un centro di orticultura: “La sfida legata a questa iniziativa - spiega p. Muchembe - non è soltanto quella di adoperare delle tecniche di lavorazione che rispettino l’ambiente, senza l’utilizzo di pesticidi chimici, ma anche quella di abbattere i pregiudizi nei confronti di una delle più antiche popolazioni africane, come quella Masai, che rischia di essere ormai bistrattata perché continua a mantenere antiche usanze e a praticare uno stile di vita indigeno”.
"È importante sensibilizzare il governo affinché finanzi progetti di questo tipo, perché hanno una profonda valenza culturale” - osserva il missionario. "Da diversi anni - racconta - attuiamo progetti di orticoltura che coinvolgono direttamente alcuni ragazzi disabili che frequentano la struttura. Questi hanno così l’opportunità di studiare, di diplomarsi e di fare un praticantato di 2 anni nel settore agricolo. Al termine del percorso formativo - prosegue p. Jeremiah - vengono assunti nella fattoria del Centro che vende i propri prodotti a diversi supermercati e alla comunità locale. Così facendo - conclude - i ragazzi diventano indipendenti, inserendosi socialmente nella comunità”.
In Kenya la Chiesa gestisce 2.805 strutture sanitarie e assistenziali, di cui 86 centri per anziani, invalidi e disabili.
(ES) (Agenzia Fides 13/2/2021)
LINK
Guarda la video intervista a padre Jeremiah Muchembe sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://www.youtube.com/watch?v=TQKVdf4Jxzs
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Al via al progetto GRAIL per la cura dei bambini affetti da HIV / AIDS
 

Abidjan (Agenzia Fides) - Abidjan (Agenzia Fides) -La cura dei bambini affetti da HIV / AIDS diventerà presto una realtà in Costa d'Avorio attraverso il progetto GRAIL (Galvanizing Religious Actors for better Identification and Linkage to pediatric HIV).
Questo progetto, che mira a migliorare la diagnosi e la cura dei bambini sieropositivi attraverso il rafforzamento dell'impegno dei leader religiosi, è stato ideato e realizzato dal 2017 da Caritas Internationalis e testato con successo in Congo e Nigeria.
Il 9 febbraio, il progetto è stato lanciato in Costa d’Avorio presso il CERAP (Centro di ricerca e azione per la pace) presso Abidjan Cocody, alla presenza dei rappresentati dei partner che ne fanno parte: Organizzazione mondiale della sanità, UNAIDS, PNLS, programma nazionale per la lotta contro l'HIV /AIDS del Ministero della Salute e Igiene pubblica, UNICEF.
Prima di questa cerimonia di inaugurazione si è celebrata una messa per affidare l’iniziativa al Signore. Nell'omelia Sua Ecc. Mons. Bruno Essoh Yédo, Vescovo di Bondoukou, Presidente della Commissione Episcopale per lo sviluppo umano integrale e Presidente della Caritas Costa d'Avorio, ha accolto con favore la realizzazione del progetto che aiuterà i bambini 0-14 anni con HIV che necessitano con urgenza di cure per accrescere le loro speranze di vita.
"Secondo le stime dell'UNAIDS 2018, solo il 40% dei bambini che hanno bisogno di cure vi ha accesso" ha lamentato il Vescovo di Bondoukou.
Mons. Bruno ha anche sottolineato l'impegno della Chiesa per la salute. "Se la Chiesa cattolica ha più di 21.000 centri sanitari e più di 16.000 programmi per anziani e persone che vivono con malattie croniche e invalidi, questo indica l'importanza che attribuisce ai più deboli" da qui il suo coinvolgimento nel GRAIL.
La realizzazione del progetto GRAIL in Costa d'Avorio è stata caratterizzata da un seminario di formazione di due giorni per guide religiose sugli aspetti teologici e scientifici della malattia da HIV / AIDS per una più ampia diffusione di messaggi di prevenzione in un'ottica di riduzione della stigmatizzazione sociale. Un approccio molto apprezzato da tutti i partner.
La fase pilota del progetto GRAIL in Costa d'Avorio sarà attivata nelle diocesi di Abidjan, Yopougon, Katiola, Korhogo e Grand-Bassam. (S.S.) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA/BANGLADESH - Le minoranze religiose: in Parlamento si recitino versetti sacri di tutte le fedi
 
Dhaka (Agenzia Fides) - Leggere versetti dai libri sacri di tutte le religioni prima dell'inizio della sessione parlamentare: è la richiesta sollevata dal "Bangladesh Hindu Buddhist Christian Unity Council" (BHUCUC), Consiglio interreligioso che riunisce in Bangladesh leader delle comunità religiose minoritarie, nel paese a larga maggioranza islamica.
Come appreso da Fides, il leader indù Rana Dasgupta, Segretario generale del BHBCUC, ha dichiarato: "Crediamo che nell'interesse dell'uguaglianza, della giustizia e della democrazia, la speranza di tutte le comunità religiose in Bangladesh sia di porre fine a ogni discriminazione religiosa nell'Assemblea nazionale del Bangladesh. In tal caso, a partire dall'anno del Giubileo d'oro dell'indipendenza (1971-2021), all'inizio della sessione parlamentare e in ogni giorno lavorativo, si dovrebbe prendere l'iniziativa di leggere le sacre scritture di tutte le religioni". Già dal 1973 al 1975, ricorda il Consiglio, la lettura delle Sacre Scritture di tutte le religioni ha avuto luogo in sessioni parlamentari. Ora è pratica è leggere versetti sacri solo dal Corano. Dasgupta ha fatto appello al presidente e al governo affinché si prenda l'iniziativa di pregare secondo i diversi riti religiosi dei parlamentari presenti: vi sono infatti nella Assemblea nazionale 19 membri dei parlamenti provenienti da comunità religiose minoritarie.
Il leader cristiano Nirmol Rozario, presidente del BHBCUC, concordando con la richiesta di Dasgupta, afferma : “Desideriamo un paese laico e rispettoso di tutti i cittadini, di ogni fede religiosa. Durante la guerra di indipendenza, persone di tutte le fedi hanno combattuto per un paese indipendente e tanti di loro furono tra le vittime della guerra . Oggi tutti noi abbiamo il diritto di praticare la nostra religione". "Chiediamo e umilmente al presidente del parlamento e al primo ministro Shekh Hasina di iniziare la recita dei libri sacri di tutte le regioni prima dell'inizio di ogni sessione in Parlamento", ha detto Rozario.
Il leader religioso buddista Bhikkhu Sunanda Priya ha detto che il governo mostrerà di dare spazio ai gruppi religiosi minoritari, "l'immagine del Bangladesh sarà più luminosa".
Su 160 milioni di abitanti, in Bangladesh l' 89,5% circa della popolazione professa la fede musulmana, l'9,6% è indù e il restante 0,9% include cristiani (tra questi i cattolici sono 400.00), buddisti e sikh.
(FC) Agenzia Fides (13/2/2021)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Il Vescovo di Karaganda: “Il beato Bukowiński, radice profonda della Chiesa kazaka e della sua fioritura vocazionale”
 
Karaganda (Agenzia Fides) - “Nel cammino della storia, la Chiesa è continuamente rigenerata e portata avanti dai santi e dalla loro testimonianza. Il Beato Wladyslaw Bukowiński è stato una radice attiva e profonda della fioritura della Chiesa viva di Karaganda e del Kazakistan. Io l’ho veramente conosciuto e incontrato, non di persona ovviamente, ma attraverso il seme, il fiore e il frutto, che Dio ha generato attraverso di lui soprattutto qui, a Karaganda, nei tempi difficili e dolorosi delle persecuzioni staliniane. Questo Beato, quindi, testimonia alla Chiesa del Kazakistan che è possibile diventare santi, cioè realizzare in pienezza la propria umanità, anche in condizioni estremamente difficili e dolorose. Oggi accogliamo la testimonianza della sua fede nei lager sovietici e impariamo da lui come essere testimoni di Gesù nell’immane lager della globalizzazione, che stritola l'uomo e che vuole ridurre la sua vita a un benessere e a una felicità puramente terreni”. E’ quanto afferma all’Agenzia Fides, Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo di Karaganda, parlando della vita di Beato Władysław Bukowiński, sacerdote diocesano che, fra i tormenti dei gulag sovietici, ha portato avanti la sua missione evangelizzatrice e coltivato il seme della nascente presenza cattolica in Kazakistan.
Arrestato tre volte per la sua attività di apostolato, il Beato Bukowiński ha trascorso nei lager 13 anni, 5 mesi e 10 giorni. Alla morte di Stalin, fu trasferito al confino a Karaganda dove lavorava come custode presso un cantiere edile, dedicandosi di notte all’apostolato clandestino. È stato il primo sacerdote cattolico ad esservi giunto e a restarvi stabilmente dopo la II guerra mondiale.
“Grazie alla presenza e alla testimonianza di quest'uomo di Dio, a Karaganda nacque, dalla fine degli anni Cinquanta, una comunità cattolica, costretta a nascondersi sotto terra, ma comunque vivacissima e intraprendente: questa prima Chiesa clandestina ha rappresentato la speranza che ha sorretto migliaia di deportati, in gran parte polacchi dell’Ucraina e tedeschi. Per il disegno di Dio e per la Sua grazia, la testimonianza di molti uomini, nonostante le feroci persecuzioni, ha reso Karaganda il centro del cattolicesimo ai tempi del regime sovietico”, racconta Mons. Dell’Oro.
Ancora oggi, la parrocchia di San Giuseppe a Karaganda è espressione della vivacità e della fede di quei cattolici e racchiude in sé un’eredità unica non solo in Kazakhstan, ma anche nell’intero territorio dell’ex Unione Sovietica: è, infatti, una delle prime chiese ufficialmente registrate durante il regime comunista, nel 1977. “In quell’anno - spiega Mons. Dell’Oro - furono gettate le fondamenta della futura Chiesa cattolica con la partecipazione attiva dei fedeli: alla costruzione del tempio, infatti, parteciparono tutti, dal più piccolo al più grande, compresi invalidi e ammalati”.
Dall’eredità spirituale di padre Bukowiński, rileva, sono nate più di 16 vocazioni al sacerdozio, tra cui quelle di due vescovi - Joseph Werth, Vescovo a Novosibirsk, e Nikolay Messmer, ora defunto, vescovo in Kirghizistan - e 28 vocazioni femminili alla vita consacrata in 7 diverse congregazioni e comunità: “Inoltre, quando sono tornati nella loro patria storica, centinaia di ex parrocchiani locali hanno portato nuova linfa alla vita della Chiesa in Germania, Polonia e in altri paesi. Come nei primi secoli, proprio le sofferenze e il sangue versato da questi cattolici hanno moltiplicato il numero dei cristiani, dando vita a questa Chiesa”, aggiunge il vescovo di Karaganda.
Oggi la città di Karaganda conta 4 chiese cattoliche, un seminario internazionale e un convento di clausura delle suore carmelitane. A giugno scorso, inoltre, Papa Francesco ha elevato la chiesa di San Giuseppe a Basilica minore. La diocesi di Karaganda comprende due regioni e occupa un territorio grande due volte e mezzo l’italia. Le circa 20 parrocchie sono separate tra loro da enormi distanze: le più lontane sono a 1700 km una dall’altra. In totale, nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF-PA) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA - Povertà e rischi di una “generazione perduta” a causa della pandemia
 
Singapore (Agenzia Fides) - Quanto conta la pandemia di Covid-19 nel futuro a breve termine dell’Asia? Quali sono i suoi effetti sulla povertà, una piaga che non riguarda solo il continente asiatico ma che in Asia, in passato, ha raggiunto punte estreme? Come si comportano gli Stati per dare una risposta all’allargarsi della povertà?
Secondo la World Bank, “lo shock da Covid-19 non solo mantiene le persone in povertà, ma crea anche una classe di nuovi poveri". Nell’autunno dell’anno scorso la Banca internazionale nata a Bretton Woods negli anni Quaranta pubblicava una stima secondo la quale, nel corso del 2020, il numero di persone che vivono in povertà nella regione Asia Pacifico sarebbe aumentato sino a 38 milioni, “tra i quali 33 milioni che altrimenti sarebbero sfuggiti alla povertà e altri 5 milioni spinti nella povertà” (considerando una soglia di $ 5,50 al giorno). Un nuovo rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sostiene che , nel mondo, più di 250 milioni di persone hanno perso il lavoro durante la pandemia: la crisi – rileva il direttore generale dell’Ilo Guy Ryder – c minaccia di produrre una "generazione perduta". Già prima del rapporto presentato nelle scorse settimane, l’ILO aveva per esempio stimato nell’ordine dei milioni i lavoratori dell’area Asia-Pacifico che, prima della pandemia avevano redditi stabili garantiti dal settore del turismo ma che, in seguito al Covid, si sono trovati a rischio di scivolare in una povertà da loro lontana.
La pandemia non sembra aver risparmiato nessun settore (il tessile, ad esempio, molto diffuso in Asia, il commercio al dettaglio, il lavoro informale) ma, nello stesso tempo, un rapporto del “Boao Forum for Asia”, organizzazione non profit con sede a Pechino e presieduta dall’ex segretario dell’Onu Ban Ki Moon, ha analizzato l’andamento delle politiche di riduzione della povertà in Asia, mettendo in luce alcuni risultati positivi.
L’Asia Poverty Reduction Report 2020 infatti prova a riassumere gli ultimi sviluppi, i risultati e le esperienze nella riduzione della povertà in Asia. Secondo il rapporto, la pandemia a è diventata l'elemento più diretto che colpisce la povertà del continente e a causa dello shock da Covid-19 e la disuguaglianza di reddito è aumentata più rapidamente rispetto all'era pre-pandemica. Visto inoltre che l'Asia sta attraversando rapide trasformazioni economiche e sociali, “la regione ha molto da migliorare nelle infrastrutture, nei servizi pubblici e nella capacità di gestione delle emergenze” mentre “i gruppi svantaggiati sono particolarmente vulnerabili all'impatto negativo degli incidenti che riguardano la sicurezza pubblica”. Il rapporto prevede che quasi la metà della popolazione che avrà a che fare con questa nuova ondata di povertà nel mondo si concentrerà nell'Asia meridionale. L'Asia in generale però rimane il maggior attore della riduzione della povertà globale.
“Grazie alla sua straordinaria crescita, la trasformazione economica e sociale dell'Asia ha anche cambiato radicalmente il panorama dell'economia globale e della gestione della povertà. Nel 2019, i tassi di incidenza della povertà dei Paesi in via di sviluppo in Asia – scrive il rapporto - erano scesi al di sotto del 3%. Se misurato da indicatori di povertà del reddito, il tasso di incidenza della povertà estrema in Asia è solo dell'1,85%. La regione sta entrando in una fase critica caratterizzata dall'eliminazione della povertà estrema e dall'apertura di una nuova era contrassegnata dalla riduzione della povertà relativa”. L'Asia comunque – conclude l’indagine - “dovrebbe guadagnare terreno nel raggiungimento del primo obiettivo dell'Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile che è proprio: Sconfiggere la povertà”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 13/02/2021)
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ASIA/LIBANO - Patriarca maronita: nel ‘Grande Digiuno' di Quaresima, chiediamo al Signore di “spazzar via” la pandemia con la forza della Resurrezione
 

Bkerké (Agenzia Fides) – Fin dall’antichità, la pratica del digiuno è servita a “esprimere pentimento” e invocare “misericordia divina durante tempi segnati da tribolazioni come malattie, epidemie, ingiustizie, persecuzioni e guerre”. Anche le circostanze del presente, così duramente segnato dagli effetti della pandemia, “spinge tutti noi a espiare i nostri peccati e i mali del mondo, e invocare Dio affinchè abbia pietà di noi e di tutta l'umanità, dicendo: ‘Vieni presto, o Signore, in nostro aiuto’ ”. E’ questo l’invito rivolto dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai a tutti i battezzati della Chiesa maronita, nella lettera-memorandum appena diffusa per riproporre le pratiche penitenziali da osservare nel tempo di Quaresima.
Nella cadenza dei tempi liturgici seguita dalla Chiesa maronita, il “Grande Digiuno” (la Quaresima) inizia quest’anno il 15 febbraio, Lunedì delle Ceneri. “I peccati” si legge nel messaggio patriarcale “si sono moltiplicati nel mondo senza alcun pentimento. Il male si va diffondendo, proprio come la pandemia da Covid-19, che dilaga in tutto il globo terrestre”, provocando la morte di un numero impressionante di persone in ogni parte del mondo.
Nel suo messaggio, il Patriarca Bechara Rai ricorda le vicende narrate nella Bibbia, in cui la pratica penitenziale del digiuno è sempre collegata a esperienze di liberazione dal giogo dell’oppressione, da pericoli o da piaghe che fanno soffrire il popolo. Il digiuno – aggiunge il cardinale libanese – “non ha di per sé un valore magico”, e raggiunge il cuore di Dio solo se esprime fede sincera e si accompagna alla preghiera sincera e alla carità verso chi è nel bisogno. “Con l'elemosina” si legge nel testo patriarcale “ripristiniamo il rapporto con i nostri fratelli e sorelle più bisognosi, restituendo loro ciò che è loro dovuto, perché ‘i beni della terra sono preparati da Dio per tutti gli uomini’ ”. Con la preghiera, riconosciamo le nostre miserie, invochiamo da Dio “il suo perdono e la sua misericordia” e chiediamo che Lui, con la sua grazia, “sostenga le nostre buone intenzioni”. La consuetudine ecclesiale – ha aggiunto il Patriarca maronita - prevede che con ciò che risparmiamo digiunando, aiutiamo i nostri fratelli e sorelle con i loro bisogni”. A questo riguardo, il Patriarca ha ringraziato “tutti coloro che prendono iniziative individuali o collettive, quelli che partecipano alle campagne promossa da Caritas-Libano, dalla Croce Rossa e da altre organizzazioni e associazioni caritative, e anche dalle parrocchie e dalle fondazioni”. Tra le indicazioni pratiche suggerite, il Patriarca ha ricordato anche la prassi di astenersi dal cibo dalla mezzanotte a mezzogiorno di tutti i giorni della Quaresima, ad eccezione dei sabati, delle domeniche e di altri giorni di festa solenne, come l’Annunciazione del Signore (25 marzo) e la festa di San Giuseppe (19 marzo). “Chiediamo a Dio, per intercessione di nostra Madre, la Vergine Maria” scrive il Patriarca maronita a conclusione della sua lettera “di accettare il nostro digiuno e di guarire coloro che sono affetti dall'epidemia da Covid-19, spazzando via questa pandemia con la forza della sua risurrezione e l'abbondanza della sua misericordia”. (GV) (Agenzia Fides 13/2/2021).
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AMERICA/BOLIVIA - Ad un anno da "Querida Amazonia" resta valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri
 
La Paz (Agenzia Fides) – Ad un anno dall'Esortazione Apostolica post-sinodale "Querida Amazonia", resta ancora valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri, dei popoli autoctoni, degli ultimi (vedi Fides 12/07/2020). Uno spazio dove viene preservata la loro ricchezza culturale, dove viene preservata la bellezza naturale e dove le comunità cristiane incarnate danno alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.
"L'Amazzonia è un insostituibile dono di Dio, considerato che è uno dei principali responsabili della regolazione del clima nel mondo; i suoi biosistemi sono una dispensa globale di acqua, cibo ed energia. Nelle condizioni attuali, con così tanti attacchi su questo territorio, si sta prendendo una rotta irreversibile. Molte informazioni scientifiche avvertono costantemente che l'equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell'Amazzonia", si legge nella pubblicazione inviata a Fides dalla REPAM.
"Querida Amazonia", continua a chiedere l'impegno di ciascuno di noi di "amazzonizarci"; termine usato per condividere con l'intera Chiesa boliviana e con l'intero pianeta i valori di una regione che ha molto da condividere, soprattutto gli insegnamenti della convivenza senza distruzione, in un rapporto reciproco che rappresenta la tanto sognata "ecologia integrale".
(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

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AMERICA/CUBA - il Ministro degli esteri celebra il V Anniversario dell'incontro tra Papa e il Patriarca di Mosca
 
L'Avana (Agenzia Fides) – "Ricordiamo il quinto Anniversario dello storico incontro all'Avana tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill. Cuba è lieta di aver ospitato questo epocale incontro", con queste parole, condivise su Twitter, il ministro cubano dei rapporti Esteri, Bruno Rodríguez, ha sottolineato la ricorrenza dell'incontro tra il Vescovo di Roma e il Primate dell'Ortodossia russa, enfatizzando l'importanza di quell'avvenimento. Il Cancelliere cubano ha definito l'evento "storico e epocale", e ha detto che la "Isla" è lieta di averlo ospitato.

Il Patriarca Kirill e Papa Francesco si sono riuniti sull'isola il 12 febbraio 2016. Si è trattato del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca di Mosca (Vedi Fides 12/02/2016).
In quell'occasione, il Papa e il Patriarca hanno firmato una dichiarazione congiunta, nella quale hanno espresso la volontà di collaborare e di fare tutto il necessario per superare le divisioni storiche ereditate.
“I cristiani di qui" riferì allora all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, commentando l'incontro tra il Papa e il Patriarca "si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire” .(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

venerdì 29 maggio 2020

Agenzia fides 29 maggio 2020

AFRICA/KENYA - “Il Vangelo è attualizzato attraverso la carità” dice il Direttore Nazionale delle POM nel Kenya a rischio fame per il blocco da COVID-19
 


Nairobi (Agenzia Fides) – “La pandemia da COVID 19 ha influenzato negativamente la vita sociale, economica e religiosa, a causa della chiusura dei movimenti in entrata e in uscita da Nairobi, Mombasa, e dalla contee di Kwale e Kilifi, e del coprifuoco dall'alba al tramonto che è stato imposto il 27 marzo come misure di contenimento per frenare la diffusione del Coronavirus in Kenya” dice all’Agenzia Fides p. Bonaventure Luchidio, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Kenya.
“Questa situazione ha messo la maggioranza dei keniani che vive nei settori informali a rischio fame e malnutrizione. Questo perché il 48% della popolazione keniana vive di guadagni giornalieri nel settore informale. Quelli che hanno un impiego fisso hanno dovuto sopportare la riduzione dei salari fino al 50%, mentre ad altri è stato concesso un congedo non retribuito indeterminato. Queste circostanze hanno come conseguenza due problemi principali: la fame e lo stress nelle famiglie.” afferma p. Luchidio.
“Anche la Chiesa- dice il Direttore Nazionale delle POM- risente della situazione perché dipende interamente dalle offerte della domenica per realizzare le proprie attività e mantenere i sacerdoti. Coloro che vivono nelle aree rurali sopportano il peso maggiore perché, a parte la mancanza dei beni di base, la comunità in quelle aree guarda ai sacerdoti e ai religiosi per il sostegno spirituale e il sostentamento materiale. I sacerdoti devono interagire in modo creativo con i parrocchiani condividendo il poco che ricevono dalle persone di buona volontà”.
Il Fondo speciale di emergenza delle POM è quindi un’iniziativa più che benvenuta in Kenya. P. Luchidio dice che “il Fondo in primo luogo serve a sostenere le diocesi e i sacerdoti e i religiosi che sono rinchiusi in case e che stanno sperimentando la fame, dando loro l'opportunità di contattare i fedeli in difficoltà nelle loro parrocchie in cerca di cibo”.
“In secondo luogo, il Fondo aiuta le diocesi a pagare il personale che è stato mandato a casa in congedo non retribuito perché le diocesi non possono sostenere con i loro stipendi ogni mese. È diventato difficile per i Vescovi gestire i loro segretariati a causa di fondi insufficienti per pagare il personale” dice p. Luchidio.
“In terzo luogo, i fondi aiuteranno a rendere le chiese conformi ai protocolli governativi in modo che, quando verrà annunciata la loro riapertura saranno in grado di tenere le celebrazioni secondo le linee guida del Ministero di Salute”.
P Luchidio dice che “la Conferenza Episcopale ha lanciato un programma di raccolta chiamato “adotta un programma familiare” in cui una famiglia mantiene un'altra famiglia che ha bisogno di cibo. A seguito dell'appello dei Vescovi, le persone di buona volontà si sono organizzate. Siamo toccati dalle diverse forme di coesione sociale e solidarietà; le persone hanno aperto le loro case per accogliere i vicini bisognosi che non sono stati in grado di pagare l'affitto, altri hanno raccolto razioni alimentari per famiglie affamate. Alcuni hanno persino fatto di tutto per sostenere i sacerdoti in aree remote in modo che questi possano raggiungere le famiglie bisognose”. “Questi atti di carità e solidarietà hanno toccato il cuore di così tante persone e fatto capire loro che il Vangelo è attualizzato attraverso la carità” sottolinea p. Luchidio.
“Questa esperienza ci ha insegnato che in effetti è possibile nutrire 5000 persone con 5 pagnotte di pane e due pesci” conclude il Direttore Nazionale delle POM in Kenya. (L.M.) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AFRICA/MOZAMBICO - “Cabo Delgado è diventato il palcoscenico di una guerra misteriosa e incomprensibile” denunciano i Vescovi
 


Maputo (Agenzia Fides) - “Siamo profondamente preoccupati per il peggioramento della situazione a Cabo Delgado che è diventato il palcoscenico di una guerra misteriosa e incomprensibile” affermano in un comunicato giunto all’Agenzia Fides, i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Nampula, nel nord del Mozambico, regione sconvolta dalle violenze di gruppi jihadisti (vedi Fides 31/3/2020 e 16/4/2020).
“La guerra iniziata dall'ottobre 2017, si sta diffondendo in tutta la Provincia e con essa molte altre forme di violenza e violazione dei diritti umani, deteriorando le condizioni di vita già precarie e causando grandi sofferenze alle popolazioni” denunciano i Vescovi.
“Le drammatiche conseguenze di questa crisi sono evidenti: incendi di villaggi, distruzione di infrastrutture economiche e sociali, popolazioni spaventate e affamate, famiglie in fuga, confuse e disorientate senza sapere dove cercare riparo e protezione” afferma la dichiarazione. “E come se ciò non bastasse, la stessa provincia di Cabo Delgado, già così duramente colpita, è purtroppo diventata, in Mozambico, l'epicentro dello scoppio della pandemia globale causato dal Covid-19”.
“Come pastori, vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà con tutti i nostri fratelli e concittadini a Cabo Delgado e, allo stesso tempo, incoraggiarli a non perdere mai il coraggio e la speranza in tempi migliori. Gesù Cristo risorto e vincitore delle forze del peccato e della morte, ci assicura che l'odio, la distruzione e la morte non hanno l'ultima parola, ma la vittoria della vita, della giustizia e dell'amore” dicono i Vescovi che esprimono apprezzamento e riconoscimento “a tutti coloro che, dentro o fuori, prendono e moltiplicano le iniziative per mitigare la sofferenza delle persone.
I Vescovi raccomandano infine i fedeli della provincia di Cabo Delgado a non allentare le precauzioni necessarie per prevenire l'ulteriore diffusione del Coronavirus. “Per amore della vita, nostra e altrui, tutti dobbiamo osservare rigorosamente le misure di contenimento indicate dalle autorità sanitarie e dal nostro governo”. (L.M.) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AFRICA/ERITREA - I Lazzaristi accanto ai piccoli di ogni religione, sulle orme di san Giustino
 
Hebo (Agenzia Fides) - Sono vicini ai bambini da 73 anni. Li nutrono, li vestono, li aiutano a crescere e poi li inseriscono nella comunità di origine. Dal 1947, in Eritrea, i padri vincenziani (missionari Lazzaristi), insieme alla suore Figlie della Carità, non hanno mai smesso di stare vicino ai più piccoli, in particolare quelli più poveri e dimenticati. Senza chiedere nulla in cambio, anzi, rispettando le loro culture e le loro tradizioni.
Il progetto, che fin dall’inizio si chiama «Salvavita», affonda le radici nella storia. I padri Lzzaristi arrivano in quella che allora si chiama Abissinia nel 1839 sulle orme della predicazione di San Giustino de Jacobis. Creano strutture, aiutano la povera gente. Finché alla guida della congregazione non viene nominato un religioso francese. Le autorità coloniali italiane temono che i religiosi possano lavorare a favore della Francia, allora potenza nemica. I lazzaristi vengono così costretti a lasciare l’Eritrea, ma il loro ricordo non svanisce. E non si allenta neppure il legame tra la congregazione e il piccolo Paese. Negli anni Trenta, quando scoppia la guerra contro l’Etiopia, numerosi lazzaristi sono chiamati a servire come cappellani nell’esercito italiano. Si stringe nuovamente un rapporto con l’Eritrea.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, una parte di essi decide di non tornare in Italia. «La situazione nel Paese è delicata - spiega a Fides Joseph Zeracristos, Lazzarista eritreo - la gente è poverissima. Molte mamme muoiono durante il parto e i bambini rimangono soli. Nel 1947 decidono, insieme alle suore Figlie della carità, di prendersi cura di questi piccoli. I primi quattro neonati vengono ospitati al primo piano della loro comunità».
Parte così il progetto «Salvavita» che, da allora, non si è mai fermato. «L’Eritrea è una nazione piccola e orgogliosa, ma anche molto povera – continua padre Zeracristos -. Nel tempo, purtroppo, la situazione sanitaria non è migliorata. Fatta eccezione per un breve periodo negli anni Novanta, dopo la fine della guerra civile, nel quale il governo ha creato molte strutture sanitarie, la condizione delle mamme è sempre stata molto precaria».
I religiosi e le religiose hanno così continuato a ospitare nella loro struttura di Hebo (la città nella quale sorge il santuario intitolato a San Giustino de Jacobis) ospitano ogni anno tra i 38 e i 45 bambini. Inizialmente li accudivano fino al 18° anno di vita, poi la decisione di curarli fino ai 6 anni e reintrodurli nelle loro comunità. «Arrivano bambini di famiglie ortodosse, musulmane, cattoliche – continua il padre Lazzarista -, noi li ospitiamo tutti, ma abbiamo sempre rispettato la loro cultura e la la loro fede. Se sono musulmani non li battezziamo, se sono ortodossi rispettiamo e accompagniamo la loro confessione di fede. Una volta reinseriti nelle loro comunità ci penseranno i parenti a formarli alla loro fede. Noi, una volta in famiglia, li seguiamo e li aiutiamo comunque».
Ogni anno, nel corso della festa di San Giustino de Jacobis (30 luglio), molti padri e figli tornano a Hebo sobbarcandosi anche viaggi lunghi per ringraziare i padri Lazzaristi per il sostegno dato loro. Ma qual è il segreto di questo progetto così longevo? «Ci sono tanti elementi - conclude padre Zeracristos -. Intanto direi che non è il progetto di un singolo missionario, ma della nostra intera comunità Lazzarista eritrea. Dal 1947 è la comunità a farsene carico e a portarlo avanti. In secondo luogo, direi che è importante la generosità di molti italiani che, attraverso il sostegno a distanza, ci aiutano ad accudire i piccoli. Noi non abbandoneremo mai i piccoli. Staremo loro vicino aiutandoli a crescere e a diventare buoni cittadini».
(EC) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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ASIA/INDIA - Preghiera, empatia solidarietà della Chiesa verso le vittime del ciclone Amphan
 
New Delhi (Agenzia Fides) - Preghiera, empatia, vicinanza e solidarietà concreta: così la Chiesa cattolica in India mostra la sua vicinanza alle popolazioni vittime del ciclone Amphan che negli ultimi giorni ha colpito parti degli stati indiani di Odisha e Bengala Occidentale, e del Bangladesh.
"Nelle nostre preghiere, ricordiamo tutte le persone colpite da questo ciclone, dal Covid- 19 e tutti quei migranti che stanno ancora tornando a casa", ha dichiarato in una nota, pervenuta a Fides, il Cardinale Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale dell'India (Cbci). Esprimendo vicinanza e solidarietà, il messaggio invita le autorità civili, le organizzazioni umanitarie le comunità religiose a portare sollievo a tutte le persone colpite dal ciclone.
L'Arcivescovo Thomas D'Souza, alal guida della comunità cattolica di Calcutta, ha lanciato un appello tutte le parrocchie e le istituzioni ecclesiali a mobilitarsi per aiutare le persone colpite con materiale di soccorso (cibo e alloggio), in collaborazione di Caritas India e Seva Kendra, l'ente benefico dell'arcidiocesi.
Le strade sono state allagate a Calcutta, la capitale del Bengala occidentale, dove vivono 15 milioni di persone, mentre le linee elettriche sono state abbattute e gli alberi caduti hanno bloccato le strade. Circa 200 soldati dell'esercito indiano si sono uniti a oltre 4.000 agenti di soccorso e volontari locali che lavorano per le strade con la polizia dopo che la tempesta ha devastato la città.
L'intervento tempestivo da parte del governo del Bengala occidentale a l'evacuazione di milioni di persone dalle zone colpite ha evitato la strage ma almeno 112 persone nell'India orientale e in Bangladesh sono morte durante la tempesta, la più forte che ha colpito la regione dal 1999.
Oltre il 60% della popolazione è stata interessata dalle conseguenze del ciclone nel Bengala Occidentale con interi villaggi devastati. Le strade e l'elettricità rimangono tagliate in gran parte del Bengala Occidentale e oltre 5000 alberi sono caduti a causa di venti e forti piogge.
Una team delle Nazioni Unite in India ha definito il ciclone Amphan ancora più distruttivo del ciclone Aila, che nel 2009 ha causato danni diffusi nella stessa regione dell'India orientale e del Bangladesh meridionale.
(SD-PA) (Agenzia Fides 29/5/2020)

 
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ASIA/UZBEKISTAN - La pandemia rallenta la registrazione di una nuova parrocchia, ma la vita della Chiesa continua grazie alla tecnologia
 
Tashkent (Agenzia Fides) - “Il lockdown ha avuto l’effetto di bloccare la procedura di costruzione e registrazione di una nuova parrocchia nella città di Angren. All'inizio dell’anno avevamo iniziato a raccogliere i documenti necessari per l’apertura ufficiale di un nuova chiesa e di una nuova unità pastorale, ma tutto si è fermato a causa della pandemia, perché gli uffici amministrativi sono chiusi. Ci rimetteremo a lavoro non appena sarà possibile. In Uzbekistan, la quarantena durerà almeno fino al 1° giugno. I luoghi di culto sono chiusi e per ora non si hanno notizie sulla riapertura, perché, nonostante il numero di contagi da coronavirus non sia altissimo, ogni giorno continua a registrarsi qualche nuovo caso. Certamente tutto ciò comporta delle difficoltà, ma cerchiamo di avere pazienza. In questo tempo intensifichiamo la preghiera affinché Dio possa aiutarci a fermare l’epidemia in tutto il mondo”. Lo riferisce all’Agenzia Fides l’Amministratore Apostolico dell’Uzbekistan, il francescano p. Jerzy Maculewicz.
Il distanziamento sociale non ha frenato, comunque, il fervente dialogo interreligioso che caratterizza il paese dell’Asia centrale: “Tramite la chat di Telegram che tiene in contatto noi leader religiosi, lo scorso 14 maggio ho chiesto a tutti di unirsi alla giornata di preghiera interreligiosa promossa dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana. Noi cattolici abbiamo organizzato l’esposizione del Santissimo, a cui molti hanno preso parte da casa grazie a internet”. All’inizio della pandemia, infatti, p. Maculewicz ha chiesto ai sacerdoti più giovani di cercare dei mezzi tecnologici per rimanere in contatto con i fedeli durante il tempo di isolamento: “Abbiamo acquistato una videocamera per poter garantire una buona qualità delle riprese. Trasmettiamo messe, momenti di preghiera e incontri biblici su piattaforme online. Le celebrazioni si tengono a porte chiuse a Tashkent, ma siamo felici di sapere che, grazie alla tecnologia, vi partecipano anche i fedeli delle altre città”.
Il missionario racconta che nel paese dell’Asia centrale il numero di contagi si aggira intorno al numero complessivo di 3mila unità, mentre la riapertura sta seguendo passi graduali: da alcuni giorni, alcune fabbriche e imprese di costruzione hanno ripreso le attività, mentre scuole, università, trasporti pubblici, bar e ristoranti restano ancora chiusi. Il diritto all’istruzione viene garantito a distanza, grazie alla rete Internet. Coloro che non sono dotati di computer, usano lo smartphone o possono seguire le lezioni trasmesse da un’emittente televisiva nazionale.
Attualmente la piccola comunità cattolica uzbeka, composta da circa 3.000 battezzati ha, nel complesso, in tutto il paese, 5 parrocchie: ai circa 700 fedeli di Tashkent, se ne aggiungono altri presenti tra Samarcanda, Bukhara, Urgench e Fergana. Ad Angren, dove si vuole costruire la nuova chiesa, vi sono 25 fedeli.
Su 30 milioni di abitanti, la popolazione uzbeka è al 90% musulmana. Circa il 3,5% è di fede cristiana ortodossa russa, mentre un altro 3% comprende piccole comunità cristiane di altre confessioni, inclusi i cattolici.
(LF) (Agenzia Fides 29/5/2020)
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AMERICA/CILE - I candidati al diaconato permanente in formazione attraverso la connessione virtuale
 
La Serena (Agenzia Fides) - Nel bel mezzo delle difficoltà che affronta la nazione, tra tensioni sociali e pandemia, la scuola di diaconi di San Lorenzo de La Serena, entità responsabile della formazione dei candidati per il diaconato permanente non ha interrotto la su attività e ha continuato il loro percorso di formazione online.
Le riunioni si svolgono regolarmente dal lunedì al giovedì, utilizzando una piattaforma virtuale.
Padre José Luis Flores, direttore della Scuola Diaconale arcidiocesana, parlando a Fides, ha fatto riferimento alla sfida di iniziare le attività nel mezzo di una pandemia: "All'inizio - racconta - abbiamo ascoltato le notizie sull'invito a lavorare dalle nostre case, tramite telelavoro, e anche a insegnanti e studenti per tenere lezioni online. Questa situazione sanitaria non solo ha reso difficile la relazione personale, ma anche la vita di fede, attraverso la partecipazione e l'accesso all'Eucaristia domenicale. La sfera digitale ci offerto nuove possibilità. Il virtuale non toglie lo reale, lo completa. Alla fine dell'anno scorso è stato difficile tenere lezioni o incontri nel bel mezzo della crisi sociale".
Nella Chiesa si sono affrontate le sfide poste dal Covid-19: "Pertanto - prosegue p. Flores - abbiamo deciso di iniziare a lavorare online. La grande preoccupazione era come farlo, se non usiamo mai quei mezzi. Eravamo scettici e dubbiosi di questo strumento di apprendimento a distanza. Tuttavia, col tempo, abbiamo scoperto che non è un problema acquisire conoscenze attraverso l'ambiente online . Ci siamo resi conto che questa opzione di utilizzo della tecnologia è possibile, che non ci sono barriere all'apprendimento, alla comunicazione e che tutto viene realizzato con un po' di adattamento, impegno, costanza e coerenza".
Il sacerdote ha aggiunto che “stare insieme è il sogno di Gesù di costruire un mondo in cui tutto può essere migliore. È importante essere presenti per ascoltarci, pregare, condividere i nostri bisogni e seminare speranza", ha concluso".
In Cile, varie difficoltà sono sorte dallo scorso ottobre. Manifestazioni e protesti sociali, movimenti di studenti e operai. Negli ultimi mesi l'incertezza causata dall'epidemia sociale e le conseguenze della pandemia di Coronavirus ha cambiato il normale funzionamento di molte attività di diverso tipo, nella soceità, nel mondo del lavoro, nella Chiesa.
(CE) (Agenzia Fides 29/05/2020)
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AMERICA/GUATEMALA - La tecnologia, "buon alleato" per portare la Parola di Dio nelle case
 
Città di Guatemala (Agenzia Fides) - La tecnologia è diventata "un buon alleato" perfetto per le Chiese guatemalteche, nel raggiungere migliaia di fedeli a cui è proibito incontrarsi per le liturgia, causa il blocco imposto aella assemblee per fermare la diffusione del Covid-19. Sia la Chiesa cattolica che la Chiesa evangelica in Guatemala invitano i fedeli a "non perdere la fiducia in Dio e a non disperarsi" nel bel mezzo della pandemia. "Questa passerà presto, a Dio piacendo ma, come popolo santo di Dio, manteniamo la speranza, proteggiamo la vita", dice in un messaggio ai fedeli padre Donaldo Rodríguez parroco della parrocchia di San Pedro nella capitale di Guatemala.
La tecnologia, spiega a Fides il parrco, è diventata uno strumento utile per portare la Parola di Dio nelle case dei guatemaltechi, ma è anche una sfida: “Questa realtà e la nuova modalità ha rappresentato per noi una vera sfida,. Non sapevamo usare i media come Internet, Facebook, questi media attuali ", racconta. E ora, rileva, "anche il lavoro del prete è aumentato: a volte devo predicare otto volte, la domenica".
"Il fatto che la comunità non venga fisicamente in chiesa - spiega - e il fatto che non possiamo recarci noi nelle comunità, non significa che il bisogno di Dio sia stato sospeso: al contrario, oggi rimane forte nel cuore dei fedeli, soprattutto in questo tempo di difficoltà. La Parola di Dio ha la forza di portare, allora, consolazione e speranza tra la gente", afferma padre Rodríguez. E i fedeli, rileva, cercano la vicinanza e l'annuncio della Parola di Dio attraverso Internet, che si rivela un mezzo utile in questa precaria situazione di impedimento di ogni relazione umana.
Guatemala, El Salvador, Honduras e Costa Rica tengono tuttora chiusi i loro templi religiosi. In Nicaragua rimangono aperte solo le chiese evangeliche. (CE) (Agenzia Fides 29/05/2020)
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OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - I giovani: confidare in Dio per superare ogni difficoltà
 
Port Moresby (Agenzia Fides) - Positività, fiducia, condivisione, speranza sono alcuni punti cardine sui quali un gli studenti della "Don Bosco Technical School" (DBTS), a Gabutu, si sono confrontati sulle onde radio del programma “Chat Room”, della stazione radiofonica cattolica Tribe 92 FM, dedicata e incentrata sui giovani in Papua Nuova Guinea. In tempo di Covid-19, tra tanta disperazione e negatività i giovani papuani hanno esortato i coetanei a mantenere uno stato d’animo fiducioso nonostante le difficoltà, a confidare in Dio per superare ogni ostacolo.
Focus dell’incontro sono stati l'importanza della positività in tutte le sue forme nei giovani e la solidarietà. Tra gli intervenuti c’è stato chi ha definito una mentalità positiva come " trampolino di lancio verso il successo nella vita per grazia di Dio".
Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides i ragazzi definiscono il processo di crescita "una fonte di confusione e distrazione": “Dobbiamo quindi rimanere sempre positivi ed impegnarci ad essere la migliore versione di noi stessi per ispirare gli altri verso obiettivi sempre più alti, nella consapevolezza della vocazione e della missione che Dio ci ha dato”, ha detto. “Per sviluppare una struttura mentale positiva in un giovane - ha detto un altro studente - la strada inizia da noi stessi e da cosa ci viene insegnato nelle nostre case. Se siamo costantemente incoraggiati, verrà fuori una mente positiva che si rifletterà nella nostra persona”.
“In passato non ero fiducioso come lo sono oggi – aggiunge un altro studente intervenuto alla trasmissione. Stavo seguendo un percorso negativo fino a quando non mi sono iscritto alla DBTS, dove mi sono stati ricordati i miei valori personali.”
“Alla DBTS abbiamo anche i Family Days ai quali mio padre è sempre stato presente per darmi il suo sostegno. Mi ha incoraggiato a partecipare alle attività della scuola e sapere che è lì per me è una grande motivazione”.
A concludere il dibattito uno studente ha messo in luce le tre caratteristiche essenziali necessarie per far prevalere una mente positiva. “La presenza di Dio nella nostra vita ha la precedenza in tutto ciò che facciamo; in secondo luogo dobbiamo poterci affidare a persone con le quali relazionarci, e infine bisogna lasciarsi guidare da una forte pratica di autodisciplina”, ha detto. Facebook e i social media hanno l'effetto di isolanre le persone, c’è bisogno di "disconnettersi e riconnettersi alle persone che ci circondano", hanno detto i giovani.
“Continuate ad essere l'ispirazione per molti giovani”, ha detto p. Ambrose Pereira sdb, Segretario per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, ringraziando i ragazzi per aver condiviso il loro ottimismo, la loro genuinità e le loro convinzioni.
(AP) (29/5/2020 Agenzia Fides)

giovedì 28 maggio 2020

Agenzia fides 28 maggio 2020

VATICANO - L'Arcivescovo Dal Toso: "Per il Papa è prezioso il contributo delle POM alla missione universale della Chiesa"
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il cuore delle Pontificie Opere Missionarie batte dove batte il cuore della Chiesa”: con questa espressione l'Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie (POM) e Segretario aggiunto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, commenta in un’intervista all’Agenzia Fides il Messaggio che Papa Francesco ha voluto donare alle Pontificie Opere Missionarie (vedi Fides 22/5/2020). Il messaggio è stato accolto dalle POM “con stupore e gratitudine”, come un appello che “vuole aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale”. "Il Papa invita le POM a vivere l’originarietà del loro carisma, per una Chiesa realmente missionaria", osserva mons. Dal Toso. Ecco il testo completo dell’intervista rilasciata a Fides:

Come le POM hanno accolto il messaggio del Papa?

Con stupore e gratitudine. Sono rimasto contento quando ho appreso dell’intenzione del Papa di inviare un messaggio alle Pontificie Opere Missionarie. Del resto, come Egli stesso ha scritto, il suo desiderio era di visitarci nel corso della nostra Assemblea generale, che si doveva tenere in questi giorni, ma purtroppo è stata sospesa a motivo della pandemia in corso. Leggo tutto questo in primo luogo come segno di attenzione speciale a questa Istituzione che ha quasi 200 anni di storia e che tanto bene ha fatto alla Chiesa: senza le POM la missione evangelizzatrice della Chiesa, soprattutto negli ultimi cento anni, non avrebbe portato i frutti che ora vediamo. Per me dunque il Messaggio del Papa è motivo di gratitudine e, nello stesso tempo, di riflessione per le sfide che abbiamo davanti e che il Papa ha opportunamente indicato. Non dimentichiamo che le POM sono una rete universale, con ca. 120 direzioni nazionali e incaricati in ogni diocesi.

Il Messaggio tocca l'identità e la natura delle Opere: come può aiutare a rinnovarne la missione?

Papa Francesco dice spesso che senza radici non ci sono frutti. Lo scopo del Messaggio è esattamente quello di aiutare le Opere a rinnovarsi, riscoprendo la linfa originale. Nei suoi discorsi alle POM nel 2017 e nel 2018 il Papa ha parlato della necessità di questo rinnovamento. Perché? Perché il mondo e la Chiesa di oggi non sono più quelli di 50 anni fa e dunque questo ci pone anche di fronte alla domanda: come parlare al cristiano di oggi e come declinare la missione nel mondo di oggi? Sappiamo tutti che il paradigma missionario non è più necessariamente quello da nord a sud, ma piuttosto quello di una Chiesa comunione che si sostiene mutuamente nella missione, condividendo quanto si ha. Il problema non è – e il Papa lo dice proprio in riferimento al carisma – quello di cambiare identità, ma piuttosto di rispondere, con il carisma, alle necessità della Chiesa e del mondo di oggi. Ho più volte detto nei miei incontri che, se Papa Francesco chiede una Chiesa missionaria, allora anche noi dobbiamo chiederci come il nostro carisma, che è un carisma missionario, può aiutare la Chiesa nella conversione missionaria.

Quali sono, a suo parere, i punti qualificanti del testo?

Credo sia centrale la fede: mi rincuora molto e mi incoraggia il fatto che il Papa abbia collocato il carisma nel contesto della missione, e la missione nel suo riferimento a Cristo, e dunque alla fede. La missione esiste perché ne va della fede come adesione personale a Cristo, sia del missionario che della persona che riceve l’annuncio della fede. In questo senso l’istituzione ha il suo senso nel favorire questo movimento fondamentale da Cristo all’uomo e viceversa. Il Papa parte da questa considerazione e perciò ritengo questo il fulcro del Messaggio. Poi certamente ci sono molti altri aspetti di ispirazione per noi: l'azione dello Spirito Santo, la riscoperta del carisma originario con l’accento sulla preghiera e sulla carità; il sostegno alla Chiesa locale; la caratteristica di questo carisma di essere vissuto dal semplice fedele e dunque la partecipazione del battezzato alla missione della Chiesa; il legame specifico con il ministero petrino, di cui siamo strumento.

In che modo pensa si possano evitare le “insidie” citate?

Le insidie ci saranno sempre e il Papa ci incoraggia ad affrontarle, come ogni buon padre con un figlio. Purtroppo devo anche riconoscere che troppo spesso delle POM viene considerato solo l’aspetto finanziario. Ma il Papa ricorda che il carisma e l’istituzione si appartengono mutuamente, e c’è sempre bisogno di riprendere la freschezza del carisma perché l’istituzione mantenga la sua funzione fondamentale di tutelarlo e di rendere permanente la sua fecondità missionaria. Il rinnovamento in atto, per il quale Papa Francesco ci dà preziosi consigli, esprime esattamente il nostro desiderio di non perdere l’originarietà del carisma stesso e di viverlo oggi. Per essere più concreti, da un anno le POM stanno attraversando una riflessione ai diversi livelli, internazionale, nazionale e diocesano, proprio per capire dove situare il rinnovamento e come applicarlo. Credo che la strada indicata da Papa Francesco, e cioè da una parte l’attenzione alle insidie, e dall’altra i consigli per il cammino, siano i binari sui quali il rinnovamento potrà procedere sicuro.

Quale strada percorreranno in futuro le POM?

Da sempre scopo delle POM è aiutare tutti a vivere una fede missionaria e universale. Nel 2022 compiremo 200 anni di vita e proprio in questi giorni ci ha raggiunto la bella notizia che è stato riconosciuto il miracolo della fondatrice della prima Opera, Pauline Jaricot, che ha dato una struttura fondante a tutta la nostra attività. Quindi c’è già una strada tracciata. Pensiamo solo a cosa significa la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, che, fin dal 1926, vuole coinvolgere tutte le parrocchie del mondo nella animazione missionaria. Penso ai tanti malati che offrono le loro sofferenze per la missione in quei Paesi dove le POM lavorano con i malati. Pensiamo all’aiuto finanziario che continuiamo ad offrire, grazie alla condivisione di molti, e per il quale porto qualche esempio, riferendomi al 2019: per ognuno dei quasi 25.000 seminaristi maggiori dei paesi di missione (Asia, Africa, Oceania e, in parte, America Latina) diamo un contributo di 450 dollari Usa, che in alcuni Paesi copre quasi la totalità del costo annuale della formazione; ogni circoscrizione ecclesiastica dei Paesi di missione riceve un contributo per le spese ordinarie per un importo totale di più di 27 milioni di dollari Usa; abbiamo finanziato progetti di educazione scolastica per circa 7 milioni di dollari Usa. Oppure penso al fatto che ogni anno contribuiamo con più di 11 milioni di dollari alla formazione e al sostentamento dei catechisti laici, che nei territori di missione sono animatori fondamentali delle comunità cristiane. In questo momento stiamo aiutando molte Diocesi rimaste senza sostegno a motivo del Covid-19. Questo impegno, materiale e spirituale, dovrà continuare, anche perché sono le Chiese locali a chiedercelo, ma in quello spirito che il Papa ha sottolineato: il cuore della missione è risvegliare la fede nella comunione della carità. E vorrei aggiungere che questo non può essere uno sforzo delle sole POM. Questo è un criterio sul quale siamo chiamati a misurare tutta la nostra azione ecclesiale. E il cuore delle POM batte dove batte il cuore della Chiesa.
(Agenzia Fides 28/5/2020)
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VATICANO - Il Segretario generale dell'Opera della Propagazione della Fede: Pauline Jaricot, una laica con il cuore rivolto all'evangelizzazione
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare il Decreto con il quale la Chiesa riconosce il miracolo attribuito all'intercessione della nostra amata e venerabile Fondatrice, Pauline Marie Jaricot. Questa notizia ha riempito il mio cuore e il cuore di tutti i membri della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede e, in effetti, l'intera famiglia delle Pontificie Opere Missionarie con grande gioia e ringraziamento. Pauline non è stata solo ispirata a creare una rete mondiale di preghiera e carità a sostegno della Chiesa nelle terre di missione, ma ha dedicato tutta la sua vita e il suo patrimonio familiare a questo beato impegno. Era una donna di profonda fede e virtù cristiana, con un particolare amore per l'adorazione eucaristica e la preghiera del Rosario": con queste parole padre Tadeusz J. Nowak, OMI, Segretario generale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede commenta a Fides la promulgazione del Decreto che riconosce il miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Paoline Marie Jaricot (vedi Fides 27/5/2020).
Il Segretario generale prosegue: "Durante la sua vita, ha sopportato molte sofferenze, sia fisiche che spirituali. Tuttavia, nonostante tutte le sue prove, è rimasta ferma nella sua dedizione e perseveranza per il lavoro che ora è una rete mondiale a sostegno della sollecitudine del Santo Padre per le missioni e le giovani Chiese nei territori di missione. È rimasta una laica dedita al servizio di Cristo e della Sua Chiesa, profondamente impegnata nell'evangelizzazione del mondo. Ora intercederà per l'intera Chiesa, ma avrà sicuramente un posto speciale nel suo cuore per tutti i membri della rete mondiale di preghiera e carità che ha fondato: mentre il mondo si trova nella crisi provocata dalla pandemia, c'è grande speranza e gioia nella certezza della comunione dei Santi. La nostra amata fondatrice, Pauline, che presto sarà proclamata beata, continua a guidare la meravigliosa opera delle Pontificia Opera Missionaria per la diffusione della Buona Novella nel mondo".
Pauline Maria Jaricot, Fondatrice del “Consiglio della Propagazione della Fede” e del “Rosario Vivente”, nacque il 22 luglio 1799 a Lione (Francia) e vi morì il 9 gennaio 1862, nella miseria e nell'indifferenza generale. Benedetto XV elevò l'Opera da lei fondata a “Pontificia” e trasferì la sua sede da Lione a Roma. Papa Giovanni XXIII l'ha dichiarata venerabile il 25 gennaio 1963. Il 26 maggio 2020 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante il miracolo attribuito alla sua intercessione. (SL) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/UGANDA - “Diversi Vescovi hanno chiesto di potere accedere al Fondo di emergenza POM; le necessità sono tante”
 
Kampala (Agenzia Fides) – “L'Uganda è ancora sotto blocco imposto dal 21 marzo. C'è stato un certo allentamento di alcune misure ma mantenendo le distanze sociali e indossando la mascherina in strada e in qualsiasi tipo di incontri” dice p. Pontian Kaweesa, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Uganda che all’Agenzia Fides descrive la situazione della Chiesa e del Paese bloccato per la pandemia da COVID-19.
“A causa del divieto dei servizi religiosi nei luoghi di culto, le persone continuano a pregare privatamente nelle loro case. Si è dato quindi nuovo slancio alla Chiesa domestica. Ho ricevuto molte testimonianze di persone e famiglie che leggono insieme la Bibbia e recitano preghiere nelle loro case; il Rosario, le Litanie di Nostra Signora e la coroncina della Divina Misericordia”. Moltissime persone e famiglie inoltre guardano la Messa ogni giorno soprattutto in TV e quelle trasmesse in streaming sui loro smartphone e alla radio”. Diverse famiglie inoltre seguono la Messa quotidiana del Santo Padre da Roma con le sue omelie così edificanti e molte persone hanno pregato con lui e per le persone per le quali ha sempre chiesto di pregare: infermieri, medici; i migranti, i rifugiati, i malati e quelli che sono morti a volte in solitudine” sottolinea p. Kaweesa.
P. Kaweesa sottolinea l’importanza del fondo d’emergenza delle POM mondiali per le attività caritative della Chiesa in Uganda. “Vi sono situazioni di emergenza che hanno richiesto l'attenzione della Chiesa in molte diocesi dell'Uganda. Per citarne solo alcuni, abbiamo case per portatori di handicap o invalidi come la casa di Nalukolongo (Papa Francesco ha visitato questa casa durante la sua visita apostolica in Uganda nel 2015); a Kisenyi e Busega” dice. “Due congregazioni, quella dei “Missionaries of the Poor” composta da laici fratelli e sacerdoti e l'altra delle “Missionaries of the Poor Nuns", composta da religiose, hanno case e istituzioni che si prendono cura dei malati, degli affamati e dei portatori di handicap intorno alla città di Kampala. Offrono pasti quotidiani a una gran numero di persone che altrimenti non avrebbero da mangiare e imboccano coloro che hanno problemi fisici così gravi da non essere autosufficienti”. P. Kaweesa cita uno di loro, p. Borals, “Abbiamo alcuni adulti e bambini mentalmente turbati con HIV / AIDS che sono più difficili da gestire, ecco perché i loro genitori li abbandonano”. Il monastero ospita oltre 282 adulti e bambini senzatetto e un dispensario medico che serve lo slum di Mengo-Kisenyi. Fornisce anche borse di studio ad oltre 400 bambini e giovani nelle scuole primarie e secondarie. P. Kaweesa ricorda inoltre che “nella diocesi di Kasese nel sud-ovest dell'Uganda, le piogge torrenziali hanno provocato inondazioni e frane che hanno devastato l'ospedale di Kilembe e provocato lo sfollamento di diverse persone. Le strutture diocesane sono state convertite in un ospedale e migliaia di persone vengono curate in due vicine scuole primarie”. “Alcuni Vescovi che devono affrontare emergenze di questo tipo nelle loro diocesi, hanno richiesto il Fondo speciale di emergenza POM per le vittime del Coronavirus” dice p. Kaweesa. “Ho inoltrato la loro richiesta alla Nunziatura in Uganda e sto aspettando di ricevere risposta da Roma. Confido che le loro domande riceveranno una risposta adeguata. Ho inviato una lettera a tutti i Vescovi in Uganda e li ho informati del Fondo di emergenza POM COVID-19 a Roma a cui anche loro possono contribuire”. “Le persone al momento fanno fatica a offrire un contributo” ammette il Direttore Nazionale delle POM tuttavia “a livello nazionale molte società, banche e istituzioni finanziarie, individui, diocesi e la Conferenza episcopale dell'Uganda (UEC) hanno offerto denaro, generi alimentari e veicoli alla Task Force nazionale per aiutare i bisognosi. Possiamo solo sperare e pregare che questo spirito di preghiera e carità continui anche dopo la fine della pandemia. La missione e l'evangelizzazione ne usciranno così rafforzate” auspica p. Kaweesa. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/KENYA - Con l'aumento dei contagi per Covid 19, si aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili
 
Nairobi (Agenzia Fides) – L’emergenza sanitaria causata dal Covid 19 aggrava la situazione dei bambini più vulnerabili. In prima linea per rispondere alle esigenze dei piccoli assistiti negli istituti di cura cattolici vi è l’Association of Sisterhoods Kenya (AOSK). Come Fides ha appreso dal programma Catholic Care for Children Kenya" (CCC-Kenya), sono emerse varie difficoltà come l’interruzione delle donazioni a favore delle case che si occupano di bambini, con la conseguente carenza di approvvigionamento di prodotti alimentari, dispositivi sanitari di protezione, acqua corrente e tutte le misure principali atte a contenere la diffusione del virus.
In un rapporto redatto dal suor Delvin Mukhwana, coordinatrice del programma CCC-Kenya, e inviato a Fides, emergono le diverse sfide affrontate dalle istituzioni cattoliche: la maggior parte delle case e le piccole istituzioni cristiane dipende da benefattori che attualmente non sono in grado di garantire le offerte necessarie.
L’AOSK, da parte sua, ha risposto a questa crisi inviando fondi ai vari istituti di assistenza all'infanzia (CCI) per sostenerli nell'acquisto di beni di prima necessità. In totale, hanno beneficiato di questo fondo 127 CCI che ospitano oltre 10.000 bambini e oltre 5000 beneficiari indiretti.
Suor Mildred Nekesa, amministratrice della Madre Ippolita Children's Home Ndithini, diocesi di Machakos, si è detta grata dell’enorme contributo dell’AOSK e ha sottolineato che, durante il momento più difficile della pandemia di Covid-19, l’Associazione ha sostenuto la loro CCI con fondi per acquistare cibo, sapone, disinfettanti, maschere per il viso e per fare fronte ad altre importanti esigenze dei bambini.
Secondo le informazioni del Ministero della Salute keniota, il 27 maggio il paese ha registrato 123 contagi, il più alto numero di casi di Coronavirus in un solo giorno e tre decessi in un colpo solo.
Attualmente il numero totale di contagiati all’interno del paese è 1471. Il Ministro Mutahi Kagwe ha specificato che dei 123 casi, 85 arrivano dalla Capitale, compreso lo slum di Mathare con 33 contagi e quello di Kibera con 14, più altri casi distribuiti in altre zone povere della città, ma anche in quartieri commerciali e popolosi. A Mombasa, e particolarmente nella Città Vecchia, altri 24 casi, mentre dopo più di due mesi viene segnalato un caso nella Contea di Kilifi. Il positivo più giovane ha un anno, quello più vecchio ne ha 76.
(AP) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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AFRICA/NIGER - Divelta la croce, simbolo della parrocchia di p. Maccalli
 

Niamey (Agenzia Fides) – E' stata divelta la croce simbolo della parrocchia di p. Pierluigi Maccalli, il missionario della Società delle Missioni Africane rapito nel settembre 2018. “Secondo le testimonianze raccolte, la croce di ferro era stata fissata nel 1995, anno della creazione della parrocchia. Si tratta della stessa dove è stato rapito P. Pierluigi Maccalli il mese di settembre del 2018. Portare via lui è stato anche divellere la croce dal territorio di Bomoanga, sperduto nella savana di confine, a metà del nulla” dice all’Agenzia Fides p. Mauro Armanino, confratello di p. Macalli.
“Sulla collina andavano in pellegrinaggio soprattutto per domandare la pioggia nei duri tempi della siccità di stagione. Pioveva a dirotto ogni volta, prima ancora che la preghiera finisse. Anche i musulmani del paesino invitavano i cristiani, vista l’efficacia ‘empirica’ della preghiera, ad andare sulla collina della croce a un paio di miglia dal villaggio. La croce, alta e in ferro, si vedeva dal villaggio, fino a due settimane fa” racconta p. Armanino.
“Venerdì 15 maggio uomini ignoti sono saliti attrezzati sulla collina e hanno divelto la croce, solidamente avvitata al cemento tramite bulloni a prova di ruggine. Hanno strappato la croce dal suo posto e l’hanno poi deposta su una pietra non lontano” afferma il missionario. “Si presume siano stati coloro che la stampa e la gente chiama i ‘jihadisti’, armati e a volte incappucciati che traversano e terrorizzano i cristiani e la gente dei villaggi della regione”. “All’inizio del mese - continua il missionario - loro o altri affiliati, hanno reso visita al capo villaggio ricordando i comandamenti guida della loro strategia: evitare di denunciarli alle forze governative, non tagliare alberi, evitare l’alcol e soprattutto rifiutare tutto ciò che non sia l’Islam”. “Questi sono i precetti che li accompagnano e che, grazie alle armi e all’abbandono delle Forze di Difesa e di Sicurezza, mantengono in uno stato costante di paura i contadini del posto e in particolare i cristiani. Questi ultimi, ormai da tempo, non si riuniscono più nella chiesa che Pierluigi aveva concepito e poi realizzato per loro e con loro. La paura li spinge a pregare nelle case e le porte della chiesa sono chiuse. La croce strappata è allora il simbolo di quanto si cerca di strappare ad ogni costo dal cuore della gente: la fede vissuta nel Vangelo che libera. I contadini sono pazienti e sanno bene che la croce è scritta sulla terra e nessuno potrà più portarla via” conclude p. Armanino. (L.M.) (Agenzia Fides 28/5/2020)
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ASIA/BANGLADESH - Rilascio di detenuti per contenere il coronavirus: secondo la Chiesa è "un passo giusto"
 
Dhaka (Agenza Fides) - Dacca (Agenzia Fides) - “Accogliamo con favore la decisione del governo di rilasciare tremila detenuti. È un'iniziativa tempestiva. Molte persone, in carcere per reati minori o lievi, possono essere rilasciati in questa situazione di pandemia". Cosi afferma all'Agenzia Fides, Mons. Bejoy N. D’Cruze, Vescovo di Sylhet e presidente della Commissione episcopale per l'unità dei cristiani e il dialogo interreligioso, accogliendo con favore il passo annunciato dal governo bangladese di rilascire i detenuti con pena minore di un anno di reclusione, come misura per evitare il sovraffollamento e contenre il contagio da coronavirus. Dopo alcuni casi di positività per Covid-19 registrati in carcere, le autorità hanno disposto il rilascio graduale di oltre tremila detenuti, iniziando a liberare oltre 385 prigionieri.
“Ho visitato le carceri nei mesi scorsi. Gesù ci ha insegnato l'amore e la cura di quelli che sono in prigione. E' nostra missione prenderci cura di chi è dentro la prigione", nota il vescovo. La Commissione episcopale per "Giustizia e pace" ha una specifica pastorale dei detenuti . P. Liton Hubert Gomes, sacerdote di Santa Croce, incaricato di quel ministero pastorale , racconta ad Agenza Fides che il Bangladesh ha circa 90.000 detenuti mentre la capacità massima degli istituti di pena è 40.000. Circa anche 180 sono cristiani, 40 dei quali stranieri. “È importante provvedere alla sicurezza, in tempo di pandemia: il rilascio di prigionieri è una decisione giusta ", afferma a Fides.
La pastorale nelle carceri prevede visite periodiche, con incontri e doni per i prigionieri e speciali liturgie come la messa nelle festività di Natale e Pasqua Padre Liton osserva a Fides : “In Bangladesh ci sono migliaia di prigionieri condannati per piccoli reati, molti sono innocenti o molti sono prigionieri di coscienza, come politici, giornalisti e attivisti per i diritti umani. Sarebbe bello e auspichiamo che venissero rilasciati 30mila detenuti".
(FC-PA) (Agenzia Fides, 28/05/2020) 
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ASIA/LAOS - Zero decessi da Covid-19, ma un impatto negativo su economia e turismo
 
Vientiane (Agenzia Fides) - Nel piccolo e isolato Laos, un paese con sette milioni di abitanti nel cuore settentrionale del Sudest asiatico e con un governo di tipo socialista, con un partito unico al potere, i numeri del coronavirus sono così bassi da destare stupore: al 27 maggio i casi positivi al Covid-19 risultavano solo 19 con zero decessi. Intanto due dei cinque pazienti affetti da Covid-19 all'ospedale Mittaphab di Vientiane sono risultati negativi al test e, se negativi per la seconda volta, potranno tornare a casa. Il “primato” del Laos, condiviso in Asia solo con Timor Est, Turkmenistan, Cambogia e Vietnam si osserva nonostante la vicinanza geografica con la Cina e l'enorme via vai di manodopera cinese in Laos: migliaia di operai cinesi sono impegnati a costruire la ferrovia veloce che deve collegare il Sud della Repubblica popolare a Singapore. Il tragitto, che oggi richiede giorni, entro qualche anno si potrà compiere in alcune ore.
Sebbene il Laos abbia reagito con prontezza ed efficacia isolando il virus prima che potesse colpire il fragile sistema sanitario nazionale, i suoi effetti si faranno comunque sentire in campo socio-economico: secondo il rapporto semestrale della Banca mondiale si prevede infatti che nel 2020 la crescita economica diminuirà almeno dell’1% o dell'1,8% nello scenario peggiore, e la pandemia aumenterà il disavanzo fiscale, con un aumento del debito. Lo shock avrà anche conseguenze anche sul mercato del lavoro e sulla povertà visto il forte calo nel settore del turismo che rappresenta l'11% dell'occupazione totale e il 22% nelle aree urbane.
Il Laos ha raggiunto una serie di obiettivi ambiziosi nello sviluppo grazie al piano di riforme di liberalizzazione del mercato (il “Chintanakhan Mai”) introdotto nel 1986. I livelli di povertà si sono dimezzati dal 46,0% del1993 al 23,3% del 2013 e la crescita del Pil è stata in media del 7,8% nell'ultimo decennio, con netti miglioramenti nel campo dell’istruzione e della salute. Nel 2018 i risultati di questa crescita, trainata principalmente dalle risorse naturali, dai settori energetici e dal turimo, hanno consentito al Laos di passare da Paese a basso reddito a medio-basso. Nel 2024 la nazione potrà essere formalmente rimossa dall'elenco dei Paesi “meno sviluppati”. Resta però un Paese con profonde difficoltà in zone geografiche isolate e in aree che sono ancora nella morsa di povertà, disoccupazione ed esclusione sociale. I segmenti socialmente più vulnerabili, come anziani, donne e bambini, pagano l’appartenenza a famiglie povere delle aree rurali remote il che è particolarmente vero per le famiglie di origine vietnamita o gli appartenenti a tribù montane, differenze etniche che hanno creato problemi con la maggioranza di etnia Lao.
(MG-PA) (Agenzia Fides 28/5/2020)

mercoledì 6 maggio 2020

Agenzia Fides 6 maggio 2020

VATICANO - Covid-19: Caritas Internationalis si unisce alla richiesta di Papa Francesco per una "solidarietà creativa globale"
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Siamo consapevoli di essere davanti a un'emergenza atipica in cui i Paesi che normalmente sono tra i maggiori donatori sono i più colpiti dal virus” ha dichiarato il Segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John, mentre aumentano i contesti dove si fanno sempre più drammatici gli effetti della crisi economica causata dal Covid-19, che richiedono risposte immediate. Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides, Aloysius John sottolinea che bisogna “essere coscienti che l’utilizzo degli aiuti internazionali per rispondere ai bisogni nazionali non rappresenta la giusta soluzione. Se non agiamo immediatamente, le conseguenze del coronavirus uccideranno più persone della pandemia stessa”.
Caritas Internationalis si dice fortemente preoccupata per la grave crisi umanitaria che sta facendo seguito alla diffusione della pandemia ed esorta la comunità internazionale ad intraprendere azioni coraggiose e immediate. Il lockdown deciso in Europa, negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone ha paralizzato l'economia globale che è ora fortemente compromessa. Secondo le proiezioni del World Food Programme, in tutto il mondo il numero di persone sull’orlo della fame è destinato a raddoppiare a causa delle conseguenze economiche legate alla pandemia e potrebbe raggiungere quota 230 milioni di persone. L'Africa è il continente maggiormente colpito, a causa della mancanza di cibo, come conseguenza diretta del lockdown attivato in diversi Paesi, nonché a causa di una varietà di disastri naturali quali inondazioni, siccità, invasione di locuste, raccolti scarsi. Molti Paesi del Medio Oriente, dell'America Latina e dell'Asia sono già sull'orlo di una grave crisi alimentare che sta comportando un importante aumento della malnutrizione infantile e del numero di adulti che soffrono la fame.
D'altro canto i migranti, gli sfollati interni, i rifugiati e i rimpatriati, in diversi continenti, sono tra i gruppi maggiormente a rischio, essendo gravemente colpiti dalla crisi alimentare e dalla mancanza di condizioni di vita sicure. Molti rimpatriati in Venezuela soffrono la fame. I migranti irregolari sono un'altra comunità particolarmente esposta, perché non rientra in nessuna delle categorie che possono ottenere aiuti. Le autorità locali dovrebbero garantire loro accesso a servizi essenziali e in particolare all'assistenza sanitaria.
In questo contesto di assoluta precarietà, Caritas Internationalis si unisce alla richiesta di Papa Francesco di promuovere una "solidarietà creativa globale" e andare oltre la semplice risposta alla propagazione del coronavirus, al fine di evitare un'altra grave tragedia umanitaria”.
L’organizzazione esorta la comunità internazionale a sospendere le sanzioni economiche contro la Libia, l'Iran, il Venezuela e la Siria al fine di consentire l'importazione di medicinali, di attrezzature mediche e di beni di prima necessità per la popolazione. Inoltre, si afferma, occorre fornire alle organizzazioni di ispirazione religiosa i mezzi necessari per rispondere ai bisogni urgenti causati dalla pandemia, attuando programmi di micro sviluppo in grado di garantire la sicurezza alimentare per le comunità più povere, nonché assistenza umanitaria, sanitaria e in denaro. Caritas chiede di stanziare fondi aggiuntivi per sostenere le comunità più vulnerabili affinché sopravvivano durante questo periodo di lockdown, e segnala l'urgenza di garantire l'accesso a servizi essenziali per gli sfollati interni e i rifugiati, compreso l'accesso ai campi profughi e per sfollati interni.
Il Segretario Generale conclude il suo appello sottolineando che “non si potrà fermare questa nuova grave crisi umanitaria se non verranno intraprese azioni coraggiose per sostenere le comunità più vulnerabili”.
(AP) (6/5/2020 Agenzia Fides)
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AFRICA/SENEGAL - Covid-19: Fondo di solidarietà della Chiesa senegalese per le famiglie più povere
 
Dakar (Agenzia Fides) - Il 7 marzo 2020, i Vescovi del Senegal hanno lanciato una campagna nazionale di mobilitazione a favore del Fondo di emergenza del Senegal. L'idea era di fornire alla Caritas Senegal i mezzi per agire rapidamente in situazioni di emergenza e fornire assistenza alle persone più vulnerabili.
“La pandemia di Covid19, che sta attualmente imperversando nel mondo e che ha fortemente scosso tutti i settori della nostra società, purtroppo ci obbliga a interrompere, dal 4 maggio, questa campagna di raccolta fondi inizialmente destinata principalmente a comunità e strutture della Chiesa” afferma un comunicato di Caritas Senegal inviato all’Agenzia Fides
“Tuttavia, Caritas Senegal rimane determinata a fornire assistenza ai più vulnerabili per aiutare coloro che non possono permettersi di soddisfare i loro bisogni di base nel contesto di questa crisi sanitaria il cui impatto socio-economico mette a repentaglio la vita di molte persone e intere famiglie” afferma il comunicato.
“Pertanto, l'importo raccolto nell'ambito della prima mobilitazione nazionale per il Fondo di emergenza del Senegal, che ammonta a 10.327.500 FCFA sarà interamente dedicato all'acquisto di cibo per le famiglie povere. Le strutture sanitarie cattoliche impegnate nella cura dei malati saranno supportate anche da altre risorse mobilitate con i nostri partner”.
“La Caritas Senegal, a nome dei Vescovi, esprime la sua soddisfazione e ringrazia tutte le persone, strutture e associazioni che hanno risposto alla loro chiamata apportando la loro generosità” conclude la nota. (L.M.) (Agenzia Fides 6/5/2020)

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AFRICA/KENYA - La Chiesa a Kisumu dona aiuti alle vittime delle alluvioni e lancia un appello per far fronte alle conseguenze del Covid-19
 
Nairobi (Agenzia Fides) – "Raggiungeremo molte altre persone perché la generosità della nostra gente ci ha convinto che la farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non si svuoterà (1 Re 17:14)", ha detto l’Arcivescovo di Kisumu, Sua Ecc. Mons. Philip Anyolo, lodando la consegna di generi alimentari e di prima necessità alle vittime delle inondazioni che hanno colpito la sua arcidiocesi.
Gli aiuti includevano farina di mais, un pacchetto di zucchero, fagioli e biancheria da letto, che sono stati donati dalle suore Francescane di Sant'Anna e da altri patrocinatori, e distribuiti dal personale della Caritas Kisumu a oltre 400 famiglie colpite dalle alluvioni nelle contee di Nyando e Nyakach.
Mons. Anyolo ha dichiarato che l'Arcidiocesi identificherà e sosterrà altre famiglie bisognose colpite dalla pandemia di Covid-19 nelle contee di Kisumu e Siaya, ed ha lanciato “un appello a tutti per sostenere l'arcidiocesi di Kisumu attraverso il dipartimento della Caritas, donando cibo e articoli non alimentari, nonché offerte di denaro", ha detto.
Mons. Anyolo ha affermato che la pandemia di coronavirus ha portato alla chiusura delle attività e alla perdita di posti di lavoro, creando seri problemi di sostentamento alimentare per molte famiglie keniane.
Mons. Anyolo, che è anche Presidente della Conferenza Episcopale cattolica del Kenya (KCCB), ha affermato che la Chiesa è impegnata a dare speranza ai disperati donando cibo in questa fase nella quale il governo sta lottando per contenere la diffusione del Coronavirus.
L’Arcivescovo ha creato un team guidato dal direttore della Caritas, P. Samuel Nyattaya, per consigliare l'arcidiocesi su come rispondere con prontezza alle emergenze che potrebbero emergere a seguito della pandemia di Covid-19. (L.M.) (Agenzia Fides 6/5/2020)
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ASIA/TIMOR EST - Al via una task force pastorale per l’emergenza Covid-19
 
Dili (Agenzia Fides) - Per portare assistenza materiale, psicologica e spirituale alle persone in difficoltà a causa del Covid-19, l'Arcidiocesi di Dili ha creato una “task force pastorale” composta da sacerdoti, religiosi e laici con competenze in psicologia e medicina che lavorano a stretto contatto con la Caritas locale per distribuire gli aiuti. L’iniziativa è stata annunciata alla fine di aprile dall'Arcivescovo di Dili, Mons. Virgílio do Carmo da Silva, dopo un incontro con il Primo ministro José Maria Vasconcelos. "L'iniziativa di una specifica task force è stata presa in risposta alle richieste del Centro di gestione integrata della crisi Covid-19 per la cooperazione e il sostegno a coloro che sono in quarantena o isolati", ha detto l'Arcivescovo Da Silva dopo l'incontro, rimarcando che il lockdown rappresenta anche un momento di prova di natura psicologica, oltre che sociale ed economica. Il Premier dal canto suo si è congratulato col Presule e ha invitato la Chiesa a continuare a fornire assistenza spirituale, psicologica e materiale ai colpiti dalla pandemia.
Il team organizzato dall’Arcidiocesi fa capo a padre Angelo Salsinha e godrà del sostegno di diverse religiose negli ospedali di Timor. Una di loro, la suora canossiana Guilhermina Marcal, ha già cucito un migliaio di mascherine da donare ai bisognosi. Come riferito dall’Arcivescovo di Dili, i Vescovi di Timor hanno anche deciso di convertire e di usare per l’acquisto di beni primari destinati agli indigenti i fondi che erano stati offerti dalla Chiesa coreana per la costruzione della nuova Nunziatura.
E’ stato inoltre ribadito il pieno sostegno della Chiesa timorese alle nuove misure decise dal governo dopo l'aumento dei casi registrati nel Paese, esortando i cittadini a essere disciplinati per "spezzare la catena del contagio”. Il governo ha, infatti, annunciato la proroga delle restrizioni alla vita sociale, che erano state imposte il 21 marzo per contenere il contagio, per tutto il mese di maggio.
L'Arcidiocesi di Dili a Timor Est ha sospeso le messe pubbliche e le altre attività pastorali dopo che il ministero della sanità aveva annunciato il primo caso di Covid-19 e lo stato di emergenza, il 28 marzo scorso. Da allora le celebrazioni liturgiche sono trasmesse via tv, radio e attraverso i social media. Durante la celebrazione della Pasqua, l’Arcivescovo do Carmo da Silva aveva detto che "celebrare la Pasqua in mezzo alla pandemia di Covid-19 invita tutti noi a mettere da parte i nostri interessi personali, di gruppo o di partito e a creare unità per combattere il virus”.
Il più piccolo e povero Paese dell’Asia orientale, Timor Est, si è rivelato un esempio di virtù nell’affrontare la pandemia di coronavirus. Il governo ha chiuso le tre frontiere terrestri con l'Indonesia già il 19 marzo ancor prima che si verificasse, il 21 dello stesso mese, il primo caso. Con una popolazione di circa 1,3 milioni di abitanti, al 95% è cattolici, Timor Est fa i conti oggi con solo 24 casi e nessuna vittima.
Quella di Timor Est è una storia segnata dalla decolonizzazione dal Portogallo nel 1975, cui è seguita, nel 1976, l’invasione militare indonesiana che si annetteva la metà portoghese dell’isola di Timor: una storia di violenza e morte durata fino al 1999 quando un referendum – mediato dall’Onu e accettato da Giacarta – ha segnato per l’isola la nuova era dell’indipendenza, iniziata ufficialmente nel 2002 dopo due anni di caos e incidenti. L’emergenza del Covid-19 rappresenta ora una sfida, ma il paese ha saputo reagire, anche grazie al contributo della Chiesa locale (EG-PA) (Agenzia Fides 6/5/2020).



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ASIA/PAKISTAN - L'Eucarestia distribuita "porta a porta" ai fedeli: la Chiesa cura i bisogni spirituali del popolo di Dio
 
Lahore (Agenzia Fides) - Il Santissimo Sacramento portato per le vie dei quartieri, a benedire le case; le messe in urdu seguite online dai fedeli anche in altre parti del mondo; l'Eucarestia distribuita "porta a porta" ai parrocchiani: con queste modalità la Chiesa in Pakistan cerca di curare la vita spirituale del popolo di Dio in tempi di lockdown, mentre ogni assemblea è vietata.
“Per salvarci dalla pandemia globale di Covid-19, abbiamo due compiti. Il primo è salvare le persone e tutelare la loro salute; il secondo è proteggere e rafforzare la fede. La persona può essere salvata osservando misure come il distanziamento sociale e il lockdown; la fede si fortifica continuando a partecipare a messe e preghiere on-line”: lo dice all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Sebastian Francis Shaw, alla guida della diocesi di Lahore, che quotidianamente celebra la messa trasmessa online per i fedeli del Pakistan su Facebook e sulla tv cattolica diocesana, mentre in Pakistan continua il confinamento per contenere la diffusione del coronavirus. L'Arcivescovo Sebastian ha inoltre affermato: "Cerchiamo di adempiere alla nostra responsabilità di osservare la distanza sociale ed evitare di visitare parenti e amici", ma "manteniamo la relazione spirituale e il vicendevole conforto".
Anche nell'Arcidiocesi di Karachi i sacerdoti cattolici periodicamente escono per mostrare la loro vicinanza ai fedeli per rafforzare la loro fede. P. Anthony Abraz, parroco della Parrocchia di San Tommaso a Karachi, si è recato nei quartieri dove vivono in maggioranza fedeli cristiani, portando l'ostensorio con il Santissimo Sacramento per benedire la gente e soddisfare il bisogno spirituale dei fedeli. Parlando con Fides p. Anthony afferma: “Mentre è in vigore il blocco per il Covid-19, le persone hanno bisogni materiali e spirituali. La Chiesa sta facendo molte iniziative di carità per distribuire alimenti. Ma, avvertendo anche la sete spirituale delle persone, abbiamo deciso in parrocchia di uscire per le strade portando il Santissimo Sacramento. La gente si fermava davanti alle porte o ai balconi principali per adorare e venerare il Signore presente nell'Eucarestia e per ricevere la benedizione eucaristica". P. Anthony informa: “Non possiamo radunarci, ma con questo speciale approccio pastorale andiamo nei vari quartieri per ricordare che Dio è con noi e non ci abbandona. Vediamo tanta gioia tra le persone che si sentono consolate in questo momento difficile".
P. Noman Noel, sacerdote della parrocchia St. James a Karachi, che celebra ogni giorno una messa trasmessa online, racconta a Fides : “Dopo aver discusso con il nostro gruppo pastorale parrocchiale, noi 4 sacerdoti della parrocchia abbiamo deciso di andare nelle aree della nostra comunità cristiana per distribuire la Santa Comunione. Prendendo le precauzioni necessarie, abbiamo visitato la gente porta a porta per distribuire l'Eucarestia: è stato un segno potente di Dio che viene a visitare il suo popolo". P. Noman osserva: “Questo gesto ha portato gioia e felicità. Ho visto persone che avevano le lacrime agli occhi. Mi ha stupito la risposta della gente e l'amore per l'Eucaristia. Speriamo e preghiamo che questo momento di prova passi presto. Seguendo le regole e il distanziamento vorremmo distribuire la Santa Comunione una volta al mese ai nostri parrocchiani “.
Padre Aamir Bhatti, sacerdote e amministratore delegato della "Good News Catholic Web TV", parlando con la Fides, informa: “Stiamo trasmettendo quotidianamente la Santa Messa in diretta e più di 1.000 persone si collegano alla messa in Urdu da altre parti del mondo. Prima della messa vengono lette le intenzioni di preghiera inviate dai fedeli e la messa è celebrata specialmente per le intenzioni di preghiera del popolo ”.
Anche l'Arcivescovo Joseph Arshad della diocesi di Islamabad-Rawalpindi ha organizzato l'Adorazione eucaristica per pregare per la guarigione del mondo dal coronavirus. Parlando a Fides, l'Arcivescovo dice: “In questo momento critico per l'umanità preghiamo senza sosta e uniamoci tutti insieme nella preghiera affinché la grazia della guarigione di Dio sia una potente forza per la nostra comunità e per tutta l'umanità".
(AG-PA) (Agenzia Fides 6/5/2020)
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ASIA/TURCHIA - Muore per coronavirus il medico cristiano Murat Dilmener, il “dottore dei poveri”
 
Istanbul (Agenzia Fides) – Nonostante le misure di distanziamento sociale per contrastare il contagio da Covid-19, centinaia di medici, studenti e lavoratori della Facoltà di medicina dell’Università di Istanbul hanno voluto essere presenti di persona alla commemorazione - organizzata presso il complesso universitario - del noto medico cristiano Murat Dilmener, morto domenica 3 maggio a causa del coronavirus. Per Dilmener, 78 anni, colpito dal virus a inizio aprile, non sono servite alcune settimane di cure in terapia intensiva.
Il medico turco, cristiano siro ortodosso, era nato a Mardin e aveva animato iniziative di volontariato presso le chiese della sua comunità sia a Mardin che a Istanbul. Specialista di medicina interna, Dilmener era stato il primo cristiano siriaco assunto come professore in una Facoltà di medicina in Turchia. Nel 2004, le autorità turche avevano avviato un'indagine contro Dilmener e altri 135 medici che avevano curato senza permesso e gratuitamente malati poveri presso un ospedale pubblico di Istanbul. Le accuse rivolte al professore di aver sottratto fondi pubblici per sostenere quella iniziativa si erano rivelate senza fondamento. Dopo quella vicenda, anche i media turchi definivano Dilmener come «il dottore dei poveri».
I monasteri siriaci dell’area di Mardin – come il famoso monastero di Mor Gabriel - rappresentano un patrimonio fondamentale per la Chiesa sira ortodossa. Adesso il Patriarca di quella Chiesa orientale risieda a Damasco, ma dal XIII secolo fino al 1933 la sede del patriarcato si trovava nel monastero di Mor Hananyo, presso Mardin. Negli ultimi anni, a causa del conflitto siriano, la comunità cristiana sira ortodossa in Turchia ha visto accrescere sensibilmente il numero dei suoi fedeli, con l’arrivo dei profughi in fuga dalla Siria devastata dalla guerra. (GV) (Agenzia Fides 6/5/2020).
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AMERICA/BOLIVIA - I Vescovi: una nuova data per le elezioni per non mettere in pericolo la salute e la vita dei boliviani
 
La Paz (Agenzia Fides) - La Conferenza Episcopale boliviana suggerisce che l'Assemblea Plurinazionale insieme al Supremo Tribunale elettorale, lavorino in modo coordinato e tengano conto della difficoltà che esiste attualmente a causa della pandemia di coronavirus e del rapido aumento delle infezioni registrate nel paese, per assegnare una nuova data alle elezioni generali nel paese. La Bolivia, dopo aver annullato i comizi elettorali del 20 ottobre 2019 (vedi Fides 22/10/2019), aveva fissato le nuove elezioni per il 3 maggio 2020. Il 20 marzo, i partiti convocati dal Tribunale elettorale, avevano deciso di rimandare le elezioni e di entrare in quarantena per 2 settimane.
Ieri, martedì 5 maggio, la Conferenza Episcopale boliviana, attraverso una dichiarazione, ha chiesto alle autorità nazionali di decidere in modo "imparziale" il momento più opportuno per le prossime elezioni generali, per non mettere in pericolo la salute e la vita di tutti i cittadini.
"L'Assemblea Plurinazionale deve agire in coordinamento e fiducia con la Suprema Corte elettorale, per decidere, in modo imparziale, ciò che è nell'interesse generale, tenendo conto delle difficoltà delle condizioni attuali, perché, se la data di celebrazione delle elezioni è necessaria, molto di più è necessario non mettere in pericolo la salute e la vita dei cittadini e garantire elezioni pulite e trasparenti" afferma la dichiarazione inviata a Fides.
I vescovi boliviani ricordano anche alle autorità che il 2 maggio Papa Francesco ha esortato i leader politici a porre fine alle loro differenze e ad essere uniti per superare la pandemia di Covid-19, sottolineando che il loro lavoro principale è "prendersi cura dei loro popoli".
I Vescovi sono preoccupati per gli episodi di violenza verificatisi in alcune aree del Paese, che hanno alla loro base gli interessi di alcuni gruppi o partiti, e anche lo sfruttamento della malattia e della sofferenza del popolo "per la propria propaganda politica", afferma la dichiarazione. Infine ricordano che in questo momento la priorità non è quella di mettere in pericolo la salute e la vita dei boliviani e che è tempo di agire con responsabilità e unità.
(CE) (Agenzia Fides 06/05/2020)
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AMERICA/COLOMBIA - Mese della famiglia in tempo di pandemia: “Con Maria, sperimentiamo la Chiesa domestica”
 
Bogotà (Agenzia Fides) – Abitualmente la Chiesa colombiana celebra la “Settimana della famiglia” a maggio, tuttavia, data la realtà attuale dovuta alla pandemia di coronavirus, quest’anno i Vescovi propongono l'esperienza del “Mese della Famiglia” dal 3 maggio al 14 giugno, con il tema "Con Maria, sperimentiamo la Chiesa domestica".
Secondo la nota pervenuta a Fides, il Dipartimento per il matrimonio e la famiglia della Conferenza episcopale della Colombia (CEC) e la Commissione nazionale del matrimonio e della famiglia, invitano a rimanere in preghiera, a rafforzare i legami di fraternità, dialogo, rispetto e serena convivenza nelle case. "I processi di evangelizzazione devono continuare, così come la vita pastorale delle nostre parrocchie - afferma padre Juan Carlos Liévano, direttore del dipartimento Matrimonio e Famiglia della CEC -. Tutto ciò è nuovo e ci sta costringendo a creare strategie per l'adempimento della nostra missione. La situazione attuale ci mette alla prova in due modi: sopravvivere e avere condizioni di vita minime e dignitose, ma dobbiamo anche continuare a fornire il nostro servizio nel mondo”.
Utilizzando le piattaforme virtuali di incontro e interazione, vengono proposti una serie di argomenti per la catechesi interattiva, uno per ogni settimana, che prendono in considerazione diversi aspetti della realtà familiare e dei membri che la compongono: Famiglia, fonte di riconciliazione e perdono. La madre, riflesso della tenerezza di Dio. I bambini come dono di Dio. Nella vecchiaia continueranno a dare frutti. Fratelli, zii, cugini, espressione della comunione e dell'amore che si espande. Una esperienza di amore fiducioso e condiviso. La paternità fonte di amore reciproco.
Tra le attività suggerite per vivere questo periodo, figurano la raccolta di storie e fotografie dei momenti più importanti per ogni famiglia; collocare in un angolo della casa gli oggetti relativi a circostanze significative; immaginare come sarà la propria famiglia tra 10 o 15 anni; scrivere su foglietti di carta i temi di cui si vorrebbe parlare in famiglia ed estrarne uno al giorno per discuterlo insieme; fare un elenco delle persone che si amano e che non vivono nella famiglia a cui inviare un messaggio o un video; prima di iniziare la Messa che ogni parrocchia trasmette, presentare i nomi dei membri della famiglia che saranno ricordati in particolare in quella celebrazione… (SL) (Agenzia Fides 6/5/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Nomina del Vescovo Ausiliare di Bouaké
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il Santo Padre Francesco, il 5 maggio 2020, ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Bouaké (Costa D’Avorio), il rev.do Jacques Assanvo Ahiwa, del clero di Grand Bassam, finora Maître de conférences presso l’Università di Strasburgo, assegnandogli la sede titolare di Elefantaria di Mauritania.
Il rev.do Jacques Assanvo Ahiwa è nato il 6 gennaio 1969 a Kuindjabo, nel Distretto di Aboisso, Diocesi di Grand-Bassam. Ha fatto il percorso formativo nel Seminario Minore di Bouaké e nel Seminario Maggiore Saint Coeur de Marie di Anyama, Arcidiocesi di Abidjan. È in possesso di un Dottorato in Teologia Biblica conseguito all’Università di Strasburgo nel 2011. È stato ordinato il 13 dicembre 1997, per la Diocesi di Grand Bassam.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: 1997-1998: Vicario Parrocchiale nella parrocchia San François Xavier di Aboisso; 1998-2002: Segretario Generale della Diocesi di Grand-Bassam e Direttore diocesano delle Pontificie Opere Missionarie; 2002-2004: Master in Teologia Biblica presso l’Université Catholique de l’Afrique de l’Ouest (U.C.A.O. / U.U.A.); 2004-2011: Dottorato in Teologia Biblica a Strasburgo; 2011- 2018: Vicario Generale di Grand Bassam; dal 2018: Maître de conférences presso l’Università di Strasburgo. (SL) (Agenzia Fides 6/5/2020)

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

The Chosen ...é sufficiente per me...posso fare molto con questo ..

Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occ...