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sabato 13 febbraio 2021

Agenzia Fides 13 febbraio 2021

 

AFRICA/KENYA - I missionari Orionini: “Un nuovo progetto per aiutare i Masai”
 
Kandisi (Agenzia Fides) - “L’obiettivo del progetto è quello di avviare una coltivazione di ‘fagioli gialli’ in territorio masai: l’idea nasce soprattutto dalla necessità di creare nuove entrate per il Centro e, al tempo stesso, di condividere le buone pratiche agricole che abbiamo acquisito in questi anni”. Così riferisce all’Agenzia Fides padre Jeremiah Muchembe, sacerdote dei Figli della Divina Provvidenza, di origini keniote, parlando del nuovo progetto agricolo che i religiosi Orionini della comunità di Kandisi stanno realizzando in collaborazione con gli indigeni Masai, che vivonosugli altopiani al confine fra Kenya e Tanzania.
La realizzazione di queste progetti è possibile grazie al contributo di alcuni benefattori che sostengono le iniziative dei padri Orionini, che in questa parte del Kenya hanno in cura una parrocchia che accoglie molti abitanti di villaggi dell’etnia Masai. A Kandisi l’Opera Don Orione segue un Centro diurno e una scuola di sviluppo per bambini e giovani disabili con un centro di orticultura: “La sfida legata a questa iniziativa - spiega p. Muchembe - non è soltanto quella di adoperare delle tecniche di lavorazione che rispettino l’ambiente, senza l’utilizzo di pesticidi chimici, ma anche quella di abbattere i pregiudizi nei confronti di una delle più antiche popolazioni africane, come quella Masai, che rischia di essere ormai bistrattata perché continua a mantenere antiche usanze e a praticare uno stile di vita indigeno”.
"È importante sensibilizzare il governo affinché finanzi progetti di questo tipo, perché hanno una profonda valenza culturale” - osserva il missionario. "Da diversi anni - racconta - attuiamo progetti di orticoltura che coinvolgono direttamente alcuni ragazzi disabili che frequentano la struttura. Questi hanno così l’opportunità di studiare, di diplomarsi e di fare un praticantato di 2 anni nel settore agricolo. Al termine del percorso formativo - prosegue p. Jeremiah - vengono assunti nella fattoria del Centro che vende i propri prodotti a diversi supermercati e alla comunità locale. Così facendo - conclude - i ragazzi diventano indipendenti, inserendosi socialmente nella comunità”.
In Kenya la Chiesa gestisce 2.805 strutture sanitarie e assistenziali, di cui 86 centri per anziani, invalidi e disabili.
(ES) (Agenzia Fides 13/2/2021)
LINK
Guarda la video intervista a padre Jeremiah Muchembe sul canale Youtube dell'Agenzia Fides -> https://www.youtube.com/watch?v=TQKVdf4Jxzs
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Al via al progetto GRAIL per la cura dei bambini affetti da HIV / AIDS
 

Abidjan (Agenzia Fides) - Abidjan (Agenzia Fides) -La cura dei bambini affetti da HIV / AIDS diventerà presto una realtà in Costa d'Avorio attraverso il progetto GRAIL (Galvanizing Religious Actors for better Identification and Linkage to pediatric HIV).
Questo progetto, che mira a migliorare la diagnosi e la cura dei bambini sieropositivi attraverso il rafforzamento dell'impegno dei leader religiosi, è stato ideato e realizzato dal 2017 da Caritas Internationalis e testato con successo in Congo e Nigeria.
Il 9 febbraio, il progetto è stato lanciato in Costa d’Avorio presso il CERAP (Centro di ricerca e azione per la pace) presso Abidjan Cocody, alla presenza dei rappresentati dei partner che ne fanno parte: Organizzazione mondiale della sanità, UNAIDS, PNLS, programma nazionale per la lotta contro l'HIV /AIDS del Ministero della Salute e Igiene pubblica, UNICEF.
Prima di questa cerimonia di inaugurazione si è celebrata una messa per affidare l’iniziativa al Signore. Nell'omelia Sua Ecc. Mons. Bruno Essoh Yédo, Vescovo di Bondoukou, Presidente della Commissione Episcopale per lo sviluppo umano integrale e Presidente della Caritas Costa d'Avorio, ha accolto con favore la realizzazione del progetto che aiuterà i bambini 0-14 anni con HIV che necessitano con urgenza di cure per accrescere le loro speranze di vita.
"Secondo le stime dell'UNAIDS 2018, solo il 40% dei bambini che hanno bisogno di cure vi ha accesso" ha lamentato il Vescovo di Bondoukou.
Mons. Bruno ha anche sottolineato l'impegno della Chiesa per la salute. "Se la Chiesa cattolica ha più di 21.000 centri sanitari e più di 16.000 programmi per anziani e persone che vivono con malattie croniche e invalidi, questo indica l'importanza che attribuisce ai più deboli" da qui il suo coinvolgimento nel GRAIL.
La realizzazione del progetto GRAIL in Costa d'Avorio è stata caratterizzata da un seminario di formazione di due giorni per guide religiose sugli aspetti teologici e scientifici della malattia da HIV / AIDS per una più ampia diffusione di messaggi di prevenzione in un'ottica di riduzione della stigmatizzazione sociale. Un approccio molto apprezzato da tutti i partner.
La fase pilota del progetto GRAIL in Costa d'Avorio sarà attivata nelle diocesi di Abidjan, Yopougon, Katiola, Korhogo e Grand-Bassam. (S.S.) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA/BANGLADESH - Le minoranze religiose: in Parlamento si recitino versetti sacri di tutte le fedi
 
Dhaka (Agenzia Fides) - Leggere versetti dai libri sacri di tutte le religioni prima dell'inizio della sessione parlamentare: è la richiesta sollevata dal "Bangladesh Hindu Buddhist Christian Unity Council" (BHUCUC), Consiglio interreligioso che riunisce in Bangladesh leader delle comunità religiose minoritarie, nel paese a larga maggioranza islamica.
Come appreso da Fides, il leader indù Rana Dasgupta, Segretario generale del BHBCUC, ha dichiarato: "Crediamo che nell'interesse dell'uguaglianza, della giustizia e della democrazia, la speranza di tutte le comunità religiose in Bangladesh sia di porre fine a ogni discriminazione religiosa nell'Assemblea nazionale del Bangladesh. In tal caso, a partire dall'anno del Giubileo d'oro dell'indipendenza (1971-2021), all'inizio della sessione parlamentare e in ogni giorno lavorativo, si dovrebbe prendere l'iniziativa di leggere le sacre scritture di tutte le religioni". Già dal 1973 al 1975, ricorda il Consiglio, la lettura delle Sacre Scritture di tutte le religioni ha avuto luogo in sessioni parlamentari. Ora è pratica è leggere versetti sacri solo dal Corano. Dasgupta ha fatto appello al presidente e al governo affinché si prenda l'iniziativa di pregare secondo i diversi riti religiosi dei parlamentari presenti: vi sono infatti nella Assemblea nazionale 19 membri dei parlamenti provenienti da comunità religiose minoritarie.
Il leader cristiano Nirmol Rozario, presidente del BHBCUC, concordando con la richiesta di Dasgupta, afferma : “Desideriamo un paese laico e rispettoso di tutti i cittadini, di ogni fede religiosa. Durante la guerra di indipendenza, persone di tutte le fedi hanno combattuto per un paese indipendente e tanti di loro furono tra le vittime della guerra . Oggi tutti noi abbiamo il diritto di praticare la nostra religione". "Chiediamo e umilmente al presidente del parlamento e al primo ministro Shekh Hasina di iniziare la recita dei libri sacri di tutte le regioni prima dell'inizio di ogni sessione in Parlamento", ha detto Rozario.
Il leader religioso buddista Bhikkhu Sunanda Priya ha detto che il governo mostrerà di dare spazio ai gruppi religiosi minoritari, "l'immagine del Bangladesh sarà più luminosa".
Su 160 milioni di abitanti, in Bangladesh l' 89,5% circa della popolazione professa la fede musulmana, l'9,6% è indù e il restante 0,9% include cristiani (tra questi i cattolici sono 400.00), buddisti e sikh.
(FC) Agenzia Fides (13/2/2021)
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ASIA/KAZAKHSTAN - Il Vescovo di Karaganda: “Il beato Bukowiński, radice profonda della Chiesa kazaka e della sua fioritura vocazionale”
 
Karaganda (Agenzia Fides) - “Nel cammino della storia, la Chiesa è continuamente rigenerata e portata avanti dai santi e dalla loro testimonianza. Il Beato Wladyslaw Bukowiński è stato una radice attiva e profonda della fioritura della Chiesa viva di Karaganda e del Kazakistan. Io l’ho veramente conosciuto e incontrato, non di persona ovviamente, ma attraverso il seme, il fiore e il frutto, che Dio ha generato attraverso di lui soprattutto qui, a Karaganda, nei tempi difficili e dolorosi delle persecuzioni staliniane. Questo Beato, quindi, testimonia alla Chiesa del Kazakistan che è possibile diventare santi, cioè realizzare in pienezza la propria umanità, anche in condizioni estremamente difficili e dolorose. Oggi accogliamo la testimonianza della sua fede nei lager sovietici e impariamo da lui come essere testimoni di Gesù nell’immane lager della globalizzazione, che stritola l'uomo e che vuole ridurre la sua vita a un benessere e a una felicità puramente terreni”. E’ quanto afferma all’Agenzia Fides, Mons. Adelio Dell’Oro, Vescovo di Karaganda, parlando della vita di Beato Władysław Bukowiński, sacerdote diocesano che, fra i tormenti dei gulag sovietici, ha portato avanti la sua missione evangelizzatrice e coltivato il seme della nascente presenza cattolica in Kazakistan.
Arrestato tre volte per la sua attività di apostolato, il Beato Bukowiński ha trascorso nei lager 13 anni, 5 mesi e 10 giorni. Alla morte di Stalin, fu trasferito al confino a Karaganda dove lavorava come custode presso un cantiere edile, dedicandosi di notte all’apostolato clandestino. È stato il primo sacerdote cattolico ad esservi giunto e a restarvi stabilmente dopo la II guerra mondiale.
“Grazie alla presenza e alla testimonianza di quest'uomo di Dio, a Karaganda nacque, dalla fine degli anni Cinquanta, una comunità cattolica, costretta a nascondersi sotto terra, ma comunque vivacissima e intraprendente: questa prima Chiesa clandestina ha rappresentato la speranza che ha sorretto migliaia di deportati, in gran parte polacchi dell’Ucraina e tedeschi. Per il disegno di Dio e per la Sua grazia, la testimonianza di molti uomini, nonostante le feroci persecuzioni, ha reso Karaganda il centro del cattolicesimo ai tempi del regime sovietico”, racconta Mons. Dell’Oro.
Ancora oggi, la parrocchia di San Giuseppe a Karaganda è espressione della vivacità e della fede di quei cattolici e racchiude in sé un’eredità unica non solo in Kazakhstan, ma anche nell’intero territorio dell’ex Unione Sovietica: è, infatti, una delle prime chiese ufficialmente registrate durante il regime comunista, nel 1977. “In quell’anno - spiega Mons. Dell’Oro - furono gettate le fondamenta della futura Chiesa cattolica con la partecipazione attiva dei fedeli: alla costruzione del tempio, infatti, parteciparono tutti, dal più piccolo al più grande, compresi invalidi e ammalati”.
Dall’eredità spirituale di padre Bukowiński, rileva, sono nate più di 16 vocazioni al sacerdozio, tra cui quelle di due vescovi - Joseph Werth, Vescovo a Novosibirsk, e Nikolay Messmer, ora defunto, vescovo in Kirghizistan - e 28 vocazioni femminili alla vita consacrata in 7 diverse congregazioni e comunità: “Inoltre, quando sono tornati nella loro patria storica, centinaia di ex parrocchiani locali hanno portato nuova linfa alla vita della Chiesa in Germania, Polonia e in altri paesi. Come nei primi secoli, proprio le sofferenze e il sangue versato da questi cattolici hanno moltiplicato il numero dei cristiani, dando vita a questa Chiesa”, aggiunge il vescovo di Karaganda.
Oggi la città di Karaganda conta 4 chiese cattoliche, un seminario internazionale e un convento di clausura delle suore carmelitane. A giugno scorso, inoltre, Papa Francesco ha elevato la chiesa di San Giuseppe a Basilica minore. La diocesi di Karaganda comprende due regioni e occupa un territorio grande due volte e mezzo l’italia. Le circa 20 parrocchie sono separate tra loro da enormi distanze: le più lontane sono a 1700 km una dall’altra. In totale, nell’intero territorio del Kazakhstan si contano 4 diocesi cattoliche, per un totale di 70 parrocchie. I sacerdoti presenti nella nazione sono 91, tra i quali 61 diocesani e 30 religiosi. I cattolici rappresentano una piccola minoranza: secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero degli Esteri kazako, degli oltre 17 milioni di abitanti del Paese, circa il 26% è costituito da cristiani, e l’1% di questi è di fede cattolica.
(LF-PA) (Agenzia Fides 13/2/2021)
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ASIA - Povertà e rischi di una “generazione perduta” a causa della pandemia
 
Singapore (Agenzia Fides) - Quanto conta la pandemia di Covid-19 nel futuro a breve termine dell’Asia? Quali sono i suoi effetti sulla povertà, una piaga che non riguarda solo il continente asiatico ma che in Asia, in passato, ha raggiunto punte estreme? Come si comportano gli Stati per dare una risposta all’allargarsi della povertà?
Secondo la World Bank, “lo shock da Covid-19 non solo mantiene le persone in povertà, ma crea anche una classe di nuovi poveri". Nell’autunno dell’anno scorso la Banca internazionale nata a Bretton Woods negli anni Quaranta pubblicava una stima secondo la quale, nel corso del 2020, il numero di persone che vivono in povertà nella regione Asia Pacifico sarebbe aumentato sino a 38 milioni, “tra i quali 33 milioni che altrimenti sarebbero sfuggiti alla povertà e altri 5 milioni spinti nella povertà” (considerando una soglia di $ 5,50 al giorno). Un nuovo rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sostiene che , nel mondo, più di 250 milioni di persone hanno perso il lavoro durante la pandemia: la crisi – rileva il direttore generale dell’Ilo Guy Ryder – c minaccia di produrre una "generazione perduta". Già prima del rapporto presentato nelle scorse settimane, l’ILO aveva per esempio stimato nell’ordine dei milioni i lavoratori dell’area Asia-Pacifico che, prima della pandemia avevano redditi stabili garantiti dal settore del turismo ma che, in seguito al Covid, si sono trovati a rischio di scivolare in una povertà da loro lontana.
La pandemia non sembra aver risparmiato nessun settore (il tessile, ad esempio, molto diffuso in Asia, il commercio al dettaglio, il lavoro informale) ma, nello stesso tempo, un rapporto del “Boao Forum for Asia”, organizzazione non profit con sede a Pechino e presieduta dall’ex segretario dell’Onu Ban Ki Moon, ha analizzato l’andamento delle politiche di riduzione della povertà in Asia, mettendo in luce alcuni risultati positivi.
L’Asia Poverty Reduction Report 2020 infatti prova a riassumere gli ultimi sviluppi, i risultati e le esperienze nella riduzione della povertà in Asia. Secondo il rapporto, la pandemia a è diventata l'elemento più diretto che colpisce la povertà del continente e a causa dello shock da Covid-19 e la disuguaglianza di reddito è aumentata più rapidamente rispetto all'era pre-pandemica. Visto inoltre che l'Asia sta attraversando rapide trasformazioni economiche e sociali, “la regione ha molto da migliorare nelle infrastrutture, nei servizi pubblici e nella capacità di gestione delle emergenze” mentre “i gruppi svantaggiati sono particolarmente vulnerabili all'impatto negativo degli incidenti che riguardano la sicurezza pubblica”. Il rapporto prevede che quasi la metà della popolazione che avrà a che fare con questa nuova ondata di povertà nel mondo si concentrerà nell'Asia meridionale. L'Asia in generale però rimane il maggior attore della riduzione della povertà globale.
“Grazie alla sua straordinaria crescita, la trasformazione economica e sociale dell'Asia ha anche cambiato radicalmente il panorama dell'economia globale e della gestione della povertà. Nel 2019, i tassi di incidenza della povertà dei Paesi in via di sviluppo in Asia – scrive il rapporto - erano scesi al di sotto del 3%. Se misurato da indicatori di povertà del reddito, il tasso di incidenza della povertà estrema in Asia è solo dell'1,85%. La regione sta entrando in una fase critica caratterizzata dall'eliminazione della povertà estrema e dall'apertura di una nuova era contrassegnata dalla riduzione della povertà relativa”. L'Asia comunque – conclude l’indagine - “dovrebbe guadagnare terreno nel raggiungimento del primo obiettivo dell'Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile che è proprio: Sconfiggere la povertà”.
(MG-PA) (Agenzia Fides 13/02/2021)
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ASIA/LIBANO - Patriarca maronita: nel ‘Grande Digiuno' di Quaresima, chiediamo al Signore di “spazzar via” la pandemia con la forza della Resurrezione
 

Bkerké (Agenzia Fides) – Fin dall’antichità, la pratica del digiuno è servita a “esprimere pentimento” e invocare “misericordia divina durante tempi segnati da tribolazioni come malattie, epidemie, ingiustizie, persecuzioni e guerre”. Anche le circostanze del presente, così duramente segnato dagli effetti della pandemia, “spinge tutti noi a espiare i nostri peccati e i mali del mondo, e invocare Dio affinchè abbia pietà di noi e di tutta l'umanità, dicendo: ‘Vieni presto, o Signore, in nostro aiuto’ ”. E’ questo l’invito rivolto dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai a tutti i battezzati della Chiesa maronita, nella lettera-memorandum appena diffusa per riproporre le pratiche penitenziali da osservare nel tempo di Quaresima.
Nella cadenza dei tempi liturgici seguita dalla Chiesa maronita, il “Grande Digiuno” (la Quaresima) inizia quest’anno il 15 febbraio, Lunedì delle Ceneri. “I peccati” si legge nel messaggio patriarcale “si sono moltiplicati nel mondo senza alcun pentimento. Il male si va diffondendo, proprio come la pandemia da Covid-19, che dilaga in tutto il globo terrestre”, provocando la morte di un numero impressionante di persone in ogni parte del mondo.
Nel suo messaggio, il Patriarca Bechara Rai ricorda le vicende narrate nella Bibbia, in cui la pratica penitenziale del digiuno è sempre collegata a esperienze di liberazione dal giogo dell’oppressione, da pericoli o da piaghe che fanno soffrire il popolo. Il digiuno – aggiunge il cardinale libanese – “non ha di per sé un valore magico”, e raggiunge il cuore di Dio solo se esprime fede sincera e si accompagna alla preghiera sincera e alla carità verso chi è nel bisogno. “Con l'elemosina” si legge nel testo patriarcale “ripristiniamo il rapporto con i nostri fratelli e sorelle più bisognosi, restituendo loro ciò che è loro dovuto, perché ‘i beni della terra sono preparati da Dio per tutti gli uomini’ ”. Con la preghiera, riconosciamo le nostre miserie, invochiamo da Dio “il suo perdono e la sua misericordia” e chiediamo che Lui, con la sua grazia, “sostenga le nostre buone intenzioni”. La consuetudine ecclesiale – ha aggiunto il Patriarca maronita - prevede che con ciò che risparmiamo digiunando, aiutiamo i nostri fratelli e sorelle con i loro bisogni”. A questo riguardo, il Patriarca ha ringraziato “tutti coloro che prendono iniziative individuali o collettive, quelli che partecipano alle campagne promossa da Caritas-Libano, dalla Croce Rossa e da altre organizzazioni e associazioni caritative, e anche dalle parrocchie e dalle fondazioni”. Tra le indicazioni pratiche suggerite, il Patriarca ha ricordato anche la prassi di astenersi dal cibo dalla mezzanotte a mezzogiorno di tutti i giorni della Quaresima, ad eccezione dei sabati, delle domeniche e di altri giorni di festa solenne, come l’Annunciazione del Signore (25 marzo) e la festa di San Giuseppe (19 marzo). “Chiediamo a Dio, per intercessione di nostra Madre, la Vergine Maria” scrive il Patriarca maronita a conclusione della sua lettera “di accettare il nostro digiuno e di guarire coloro che sono affetti dall'epidemia da Covid-19, spazzando via questa pandemia con la forza della sua risurrezione e l'abbondanza della sua misericordia”. (GV) (Agenzia Fides 13/2/2021).
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AMERICA/BOLIVIA - Ad un anno da "Querida Amazonia" resta valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri
 
La Paz (Agenzia Fides) – Ad un anno dall'Esortazione Apostolica post-sinodale "Querida Amazonia", resta ancora valido l'appello a sognare un'Amazzonia dove si promuovano i diritti dei più poveri, dei popoli autoctoni, degli ultimi (vedi Fides 12/07/2020). Uno spazio dove viene preservata la loro ricchezza culturale, dove viene preservata la bellezza naturale e dove le comunità cristiane incarnate danno alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.
"L'Amazzonia è un insostituibile dono di Dio, considerato che è uno dei principali responsabili della regolazione del clima nel mondo; i suoi biosistemi sono una dispensa globale di acqua, cibo ed energia. Nelle condizioni attuali, con così tanti attacchi su questo territorio, si sta prendendo una rotta irreversibile. Molte informazioni scientifiche avvertono costantemente che l'equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell'Amazzonia", si legge nella pubblicazione inviata a Fides dalla REPAM.
"Querida Amazonia", continua a chiedere l'impegno di ciascuno di noi di "amazzonizarci"; termine usato per condividere con l'intera Chiesa boliviana e con l'intero pianeta i valori di una regione che ha molto da condividere, soprattutto gli insegnamenti della convivenza senza distruzione, in un rapporto reciproco che rappresenta la tanto sognata "ecologia integrale".
(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

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AMERICA/CUBA - il Ministro degli esteri celebra il V Anniversario dell'incontro tra Papa e il Patriarca di Mosca
 
L'Avana (Agenzia Fides) – "Ricordiamo il quinto Anniversario dello storico incontro all'Avana tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill. Cuba è lieta di aver ospitato questo epocale incontro", con queste parole, condivise su Twitter, il ministro cubano dei rapporti Esteri, Bruno Rodríguez, ha sottolineato la ricorrenza dell'incontro tra il Vescovo di Roma e il Primate dell'Ortodossia russa, enfatizzando l'importanza di quell'avvenimento. Il Cancelliere cubano ha definito l'evento "storico e epocale", e ha detto che la "Isla" è lieta di averlo ospitato.

Il Patriarca Kirill e Papa Francesco si sono riuniti sull'isola il 12 febbraio 2016. Si è trattato del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca di Mosca (Vedi Fides 12/02/2016).
In quell'occasione, il Papa e il Patriarca hanno firmato una dichiarazione congiunta, nella quale hanno espresso la volontà di collaborare e di fare tutto il necessario per superare le divisioni storiche ereditate.
“I cristiani di qui" riferì allora all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, commentando l'incontro tra il Papa e il Patriarca "si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire” .(CE) (Agenzia Fides 13/02/2021)

lunedì 18 gennaio 2021

Agenzia Fides 18 gennaio 2021

 

AFRICA/NIGERIA - Barbaramente ucciso un sacerdote cattolico
 
Abuja (Agenzia Fides) – Rapito e ucciso P. John Gbakaan, parroco della chiesa di Sant'Antonio di Gulu, nella diocesi di Minna. nell'area del governo locale di Lapai, nello Stato del Niger, che è stato ucciso il 15 gennaio lungo la strada Lambata-Lapai.
Lo ha confermato ieri, domenica 17 gennaio, il parroco di Santa Teresa a Madala, p. John Jatau, secondo il quale p. Gbakaan, insieme a suo fratello e ad un altro prete, il 14 gennaio si era recato a Makurdi nello stato di Benue per andare a trovare sua madre.
Il 15 gennaio, sulla via del ritorno, il sacerdote e il fratello sono stati attaccati da uomini armati lungo la strada Lambata-Lapai. L’assalto è avvenuto intorno alle 9 di sera, nei pressi del villaggio di Tufa. I due uomini sono stati catturati da banditi armati, che poi sabato 16 gennaio hanno chiamato la diocesi di Minna, chiedendo la somma di trenta milioni di Naira, poi ridotta a cinque milioni di Naira.
Nel frattempo però il corpo esanime del sacerdote è stato ritrovato legato a un albero, nei pressi della strada dove è avvenuto il rapimento. P. Gbakaan sarebbe stato ucciso a colpi di machete, talmente violenti da rendere difficile il riconoscimento.
Nella boscaglia è stata ritrovata anche la Toyota Venza su cui viaggiava il sacerdote. Non si hanno ancora notizie del fratello, che sarebbe ancora nelle mani dei banditi.
L'Associazione Cristiana della Nigeria, CAN, ha chiesto al governo federale di porre fine al rapimento e all'uccisione di leader religiosi da parte di banditi nel Paese. Il vicepresidente della CAN (regione settentrionale), Rev. John Hayab, ha definito "scioccante e dolorosa" l'uccisione del sacerdote cattolico, affermando che l'insicurezza nel Nord ha assunto una dimensione allarmante. “Abbiamo ricevuto la notizia del rapimento e dell'uccisione del nostro caro P. John con grande shock e dolore” ha detto il Rev. Hayab. “Oggi nel nord della Nigeria molte persone vivono nella paura e molti giovani hanno paura di diventare sacerdoti o pastori perché la vita di questi è in grande pericolo. “Quando banditi o rapitori si rendono conto che la loro vittima è un prete o un pastore, sembra che uno spirito violento si impadronisca del loro cuore per chiedere un riscatto maggiore e in alcuni casi arrivano al punto di uccidere la vittima” dice il responsabile della CAN. “Stiamo semplicemente supplicando il governo federale e tutte le agenzie di sicurezza di fare tutto il necessario per porre fine a questo male”. (L.M.) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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AFRICA/SUDAFRICA - La Chiesa lancia l’allarme sulla diffusione della “variante sudafricana” del Covid-19
 
Johannesburg (Agenzia Fides) – In Africa australe preoccupa il diffondersi della cosiddetta variante sudafricana del virus Sars-Cov2, responsabile della malattia Covid-19. "Siamo stati informati dal Ministero della Salute che la seconda ondata di Covid-19 sta colpendo lo Zambia", scrive in un comunicato Sua Ecc. Mons. Patrick Chisanga, Vescovo di Mansa, Presidente della Zambia Conference of Catholic Bishops (ZCCB). "C'è un'escalation sia nel numero di casi confermati che nel numero di morti. Questa ondata di casi è ulteriormente accompagnata da un aumento della gravità della malattia che richiede il ricovero in ospedale e l'ossigenoterapia” afferma Mons. Chisanga, che aggiunge: “i nuovi contagi sono più trasmissibili e più diffusi in termini di localizzazione geografica” quindi se la “traiettoria continua, il blocco del Paese sarebbe inevitabile, con tutte le conseguenze devastanti di una situazione del genere".
Il Jesuit Center for Theological Reflection (JCTR), dello Zambia, ha criticato il lassismo nell'attuazione delle misure anti Covid-19 che sarebbe la causa principale dell’aumento dei casi. “Quando la prima ondata di Covid-19 ha colpito lo Zambia, nel marzo 2020, siamo corsi prontamente al riparo seguendo con la massima attenzione nei primi tre mesi le linee guida per combattere il Covid-19. Abbiamo presto sviluppato familiarità con il virus poiché le statistiche hanno giocato a nostro favore con pochissimi decessi e un numero molto elevato di guarigioni", afferma una nota del JCTR. Ma in seguito “si è creato un compiacimento e un rilassamento delle misure di precauzione e ora siamo in pericolo, poiché il Covid-19 è riemerso in Zambia con un ceppo che si sta diffondendo più rapidamente e facilmente rispetto ai ceppi precedenti".
Anche in Sudafrica preoccupa l’aumento dei casi legati al nuovo ceppo. “Alla luce dell'attuale ondata di Covid-19 e delle restrizioni imposte dal Presidente dello Stato, nonché dell'incertezza su ciò che accadrà alla fine di questo mese, abbiamo deciso di tenere una riunione plenaria virtuale invece di riunione in presenza come previsto" ha annunciato la Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC), la Conferenza che riunisce i Vescovi di Sudafrica, Botswana e Swaziland. La decisione è stata presa a causa dell’ondata di casi di Covid-19, in gran parte nella nuova variante del virus identificata in Sudafrica, che ha colpito tra gli altri, l'Arcivescovo Coadiutore di Durban, Sua Ecc. Mons. Abel Gabuza.
La nuova variante ha causato la morte di sei suore cattoliche delle Figlie di San Francesco a Port Shepstone, diocesi di Marianhill, morte in seguito complicazioni del coronavirus nel giro di una settimana, dal 10 al 17 dicembre 2020 (vedi Fides 22/12/2020). Il Sudafrica ha registrato il maggior numero di infezioni da coronavirus in Africa, avvicinandosi alla soglia di 900.000 casi, con oltre 20.000 decessi. (L.M.) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - Appello dei Vescovi delle Visayas: fermare le uccisioni dei popoli indigeni
 
Capiz (Agenzia Fides) - "Un'indagine approfondita da parte di un ente indipendente per accertare cosa sia realmente accaduto lo scorso 30 dicembre 2020; la cessazione dell'intervento militare sulle comunità indigene, in modo che i nostri fratelli e sorelle, i Tumandok, possano tornare a casa e vivere di nuovo in pace; che la polizia e l'esercito seguano coscienziosamente gli standard etici nelle regole di ingaggio durante operazioni di polizia o militari, portando telecamere in tutte le operazioni per proteggersi da false accuse e per proteggere i civili dall'uso della violenza o dall'abuso di potere": lo chiedono i Vescovi delle isole Visayas occidentali nel centro dell'arcipelago delle Filippine, in una Lettera pastorale, pervenuta all'Agenzia Fides, che fa esplicito riferimento alla "difficile situazione dei nostri fratelli e sorelle Tumandok" e al massacro degli indigeni avvenuto alla fine del 2020 (vedi FIdes 16/1/2021).
La lettera - che porta la firma di 8 Vescovi, tra i quali il Cardinale Jose Advincula, Arcivescovo di Capiz; Mons. Jose Corazon Tala-oc, Vescovo di Kalibo; Mons. Narciso Abellana, Vescovo di Romblon; Mons. Jose Lazo, Arcivescovo di Jaro, e altri Vescovi della regione metropolitana di Jaro - sarà letta in tutte le messe, in tutte le chiese delle Visayas occidentali, il 24 gennaio 2021.
I Vescovi chiedono a tutti "di essere vigili nel difendere la sacralità della vita e nel rispettare e proteggere i diritti di tutti", esortando "a discernere e a pregare per la volontà di Dio in mezzo a tutte le uccisioni e violazioni dei diritti umani e ad agire guidati dai principi dell'azione non violenta". I Presuli lanciano un accorato appello a "fermare le uccisioni, rispettare i diritti delle perone, vivere in pace, fermare la militarizzazione delle comunità indigene".
"Noi, Vescovi delle Visayas occidentali - si afferma - condividiamo i dolori e le ansie dei nostri fratelli e sorelle della tribù Tumandok. Siamo addolorati con le famiglie delle nove tribù Tumandok che sono state uccise. Condividiamo le sofferenze degli arrestati e delle loro famiglie. Ci immedesimiamo con la paura e l'insicurezza di coloro che sono stati sfollati a causa della violenza. E condanniamo nel modo più forte possibile, tutte le uccisioni, e specialmente le uccisioni dei nostri fratelli Tumandok"
Prosegue il testo: "Le voci di quelle 27.000 vittime della guerra insensata contro le droghe illegali, gridano a Dio per la giustizia . Recentemente, dall'isola di Negros, molti sono etichettati come membri o sostenitori del Partito Comunista delle Filippine, New People’s Army (CPP-NPA). Ora, lo vediamo nell'isola di Panay. Un fratello Vescovo ha detto che le uccisioni sono la continuazione delle uccisioni di massa e degli arresti di altri attivisti nelle Filippine centrali negli ultimi mesi".
La Lettera pastorale ricorda che il 30 dicembre 2020 un'operazione congiunta dell'Esercito filippino e della Polizia nazionale filippina, con 28 mandati di perquisizione, ha provocato la morte di nove persone e l'arresto di 17 membri e leader delle tribù Tumandok di Tapaz, Capiz e Calinog, Iloilo (vedi Fides). Tra le persone uccise e arrestate c'erano ex o attuali leader del gruppo Tumandok.
I Tumandok, alleanza di 17 comunità di popoli indigeni a Capiz e Iloilo, si oppongono fermamente alla costruzione della mega diga di Jalaur. I leader indigeni e le organizzazioni per la difesa dei diritti umani credono che, a causa della loro forte opposizione al progetto, siano diventati vittime delle operazioni militari e siano accusati come membri o sostenitori dei guerriglieri comunisti.
Nella strage del 30 dicembre, mentre la polizia afferma che gli indigeni "hanno combattuto, ecco perché sono stati uccisi", le famiglie ribattono che le vittime non hanno resistito all'arresto e che "sono state assassinate".
"Le atrocità commesse - scrivono i Vescovi delle Visayas - hanno creato un clima di paura e incertezze tra i residenti delle comunità Tumandok. La paura ha costretto molti a lasciare le loro comunità e migrare verso luoghi più sicuri". La voce dei Vescovi, alzatasi in difesa delle popolazioni indigene, si affida all'intercessione della Vergine Maria, Nuestra Senora de la Candelaria, patrona delle Visayas occidentali, per riportare pace e giustizia nelle Filippine centrali.
(PA) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/FILIPPINE - L'amore verso il Santo Niño porta ad amare i poveri, in mezzo alla pandemia
 
Cebu (Agenzia Fides) - I devoti del Santo Nino, il Bambino Gesù, sono chiamati a "raggiungere e amare i poveri, nelle periferie, nel mezzo della pandemia": è l'esortazione rivolta a ai fedeli dall'Arcivescovo Jose Palma alla guida del diocesi di Cebu, celebrando ieri, 17 gennaio, la festa di Santo Niño (Gesù Bambino), noto evento che ogni anno segna la vita sociale, civile e religiosa a Cebu, nelle Filippine centrali, attirando milioni di persone.
Come appreso da Fides, nel 2021 la celebrazione è stata di basso profilo e le messe sono state celebrate a porte chiuse nella Basilica Minore del Santo Niño a causa dei protocolli sanitari. Migliaia di fedeli hanno potuto seguire la messa in diretta online. Tutte le fastose e affollate celebrazioni, le processioni all'aperto e gli eventi culturali che di solito occupavano la città, sono stati cancellati in conformità con le restrizioni del governo.
"Nel mezzo di una crisi come la pandemia, i battezzati devono rimanere saldi nel loro amore per Gesù e testimoniare il Vangelo, prendendosi cura dei poveri, dei vulnerabili e degli emarginati" ha detto l'Arcivescovo, invitando i fedeli a "prendersi cura l'uno dell'altro". “Il Santo Niño aveva bisogno delle cure di Maria e Giuseppe. Con spirito evangelico di amore e prossimità, siamo chiamati a stare accanto a persone emarginate o indigenti, nelle periferie esistenziali, la dove viviamo ma anche in altri luoghi, in altre nazioni" ha ricordato.
Lee Lim, uno dei devoti locali, ha detto a Fides: “Segnati da questa pandemia, continuiamo a mostrare il nostro amore per Gesù Bambino. Preghiamo perché la pandemia ci permetta di testimoniare il nostro amore verso il prossimo, specialmente i più poveri, sofferenti e bisognosi".
L'immagine del Santo Niño di Cebu è legata all'origine del cristianesimo nelle Filippine: fu portata nell'arcipelago 500 anni fa dall'esploratore portoghese Ferdinando Magellano il 14 aprile 1521, come dono alla regina Juana, che venne battezzata. Successivamente furono battezzati anche il marito di Juana, Rajah Humabon e circa 800 indigeni nativi. Fu la prima comunità cristiana nelle Filippine.
Nel 1565, quando il conquistatore spagnolo Miguel Lopez de Legazpi arrivò a Cebu, un soldato spagnolo trovò l'immagine all'interno di una casa bruciata di un abitante locale. Da allora, la festa e la devozione legata al Santo Niño è diventata la festa più popolare della regione e tra le più importanti feste religiose a livello nazionale.
(SD-PA) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/INDONESIA - Fioritura di vocazioni nell'emergenza pandemica: la gioia di essere missionari
 
Maumere (Agenzia Fides) - “In un contesto mondiale aggravato dalla pandemia del Coronavirus, nell’isola di Flores non mancano notizie positive. Nei prossimi mesi infatti sono in programma nuove ordinazioni sacerdotali, che si andranno ad aggiungere a quelle recenti di 20 Missionari Verbiti, 3 dell'Istituto dei Padri Vocazionisti e 1 Stimmatino”, scrive all’Agenzia Fides Padre Luigi Galvani, missionario Camilliano presente sull’isola da oltre 10 anni. A Flores si contano numerose vocazioni sacerdotali e religiose: “Sono tanti gli Istituti maschili e femminili che hanno realizzato i loro seminari e case religiose. Abbiamo il Seminario filosofico e teologico più grande della Chiesa cattolica nel mondo, dei Missionari Verbiti, con oltre mille e duecento studenti che Papa Giovanni Paolo II ha visitato nel 1989" ricorda p. Galvani.
Il Camilliano spiega che a Flores il Coronavirus ha limitato la sua presenza finora ma che, tuttavia, le difficoltà non mancano: “L'isola di Flores - rileva - è considerata tra le più povere dell'Indonesia ma ha la caratteristica di avere la più alta percentuale di cattolici (il 70%) delle 17 mila isole del grande arcipelago Indonesiano. La popolazione qui ha bisogno di tutto, generi alimentari, assistenza sanitaria oltre a necessità di base. Ogni mese distribuiamo pacchi alimentari a circa 200 famiglie particolarmente indigenti. Inoltre, curiamo sempre con passione la costruzione di casette speciali per malati con problemi mentali reduci da anni di emarginazione in misere situazioni igieniche e di povertà. Ne abbiamo realizzate già una cinquantina dando nuova gioia e speranza a tanti poveri malati" (vedi Fides 15/3/2019).
(LG/AP) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/LIBANO - Crisi libanese, il Patriarca maronita invoca una netta distinzione tra sfera civile e appartenenze religiose
 
Bkerké (Agenzia Fides) – Il Libano riuscirà a sopravvivere alla crisi di sistema che attraversa da anni solo quando verrà marcato in maniera più netta e decisa il confine che tiene distinto l’ambito politico-istituzionale dalle dinamiche di appartenenza religiosa. Lo ha ribadito con forza il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai, inserendo l’appello al termine dell’omelia della liturgia eucaristica da lui presieduta domenica 17 gennaio nella chiesa delle sede patriarcale di Bkerké. Nel suo intervento, il Patriarca ha anche aggiunto che la messa a punto di una reale distinzione tra i processi politici e le dinamiche di appartenenza religiosa-confessionale permetterebbe al Paese di sollevarsi dalla crisi e riprendere il cammino anche conservando l’attuale sistema istituzionale libanese, fondato proprio sulla distribuzione degli incarichi istituzionali e politici in base alle diverse appartenenze confessionali.
“Se avremo” ha detto esattamente il Patriarca “un vero Stato di diritto, uno Stato che non mescola l’ambito civile e quello religioso, e dove i politici non sfruttano la loro affiliazione religiosa o confessionale per tornaconto personale, ma sono fedeli e leali solo nei confronti della Nazione libanese, allora noi potremo davvero dire che è sorta una nuova alba sul Libano. E in questo caso, non sarà necessario neanche modificare il sistema, ma piuttosto rispettarne le disposizioni”.
Nel corso della sua omelia, il Cardinale libanese ha di nuovo esortato il Presidente Michael Aoun e il Premier designato Saad Hariri, a mettere da parte incomprensioni e risentimenti personali, in modo da incontrarsi e dialogare sui nomi dei ministri da selezionare per la nuova compagine di governo. La situazione catastrofica del Paese - ha aggiunto il Patriarca Rai – non può tollerare ulteriori rinvii nella formazione del governo.
L’ultimo governo libanese in carica, presieduto dal Premier Hassan Diab, è caduto dopo le proteste seguite alle esplosioni nel porto di Beirut del 4 agosto 2020. Il Premier dimissionario Diab, insieme a tre ex ministri, è stato anche sottoposto a processo per responsabilità in quel disastroso evento. Il sunnita Hariri, leader del Partito politico “Futuro”, è stato incaricato di formare un nuovo governo il 22 ottobre 2020, ma da allora non è ancora riuscito a costituire il nuovo gabinetto, anche a causa delle tensioni istituzionali sorte tra il Premier incaricato e il Presidente Aoun intorno alla lista dei ministri che dovrebbero comporre la squadra di governo. A complicare lo scenario ci sono anche nuove pressioni internazionali che puntano a condizionare il profilo politico del nuovo esecutivo. (GV) (Agenzia Fides 18/1/2021)


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AMERICA/EL SALVADOR - L'Arcivescovo di San Salvador: dopo 29 anni gli accordi di pace devono essere ancora realizzati e l’ingiustizia continua
 
San Salvador (Agenzia Fides) - Nel suo consueto incontro domenicale con i giornalisti, l'Arcivescovo di San Salvador, Mons. José Luis Escobar Alas, ieri si è soffermato come primo punto, sulla richiesta fatta al Congresso per una modifica della Costituzione, in modo che vi sia scritto il diritto umano di ogni cittadino ad una alimentazione adeguata. I cittadini di El Salvador infatti non godono di questo diritto benché il paese abbia firmato gli accordi proposti dalle Nazioni Unite già dal 1948. Come ha sottolineato l'Arcivescovo, "il paese manca di una politica di sicurezza alimentare e nutrizionale. Si spera - ha aggiunto -, che sia approvata nell'assemblea del prossimo 19 gennaio".
L'Arcivescovo quindi si è soffermato sugli "Acuerdos De Paz" (Accordi di Pace) di 29 anni fa, evidenziando che non dovrebbero continuare a essere celebrati, in quanto la popolazione è ancora in attesa della loro realizzazione. Inoltre il cambio di nome fatto dal presidente Bukele, poco interessa, ha commentato, sono molto più importanti i contenuti che il nome.
Il 16 gennaio 1992 il governo firmò un Accordo di pace con la guerriglia di sinistra al castello di Chapultepec, a Città del Messico, mettendo fine a una guerra civile durata 12 anni e nella quale sono morte 75mila persone.
Gli Accordi di Pace inizialmente sono stati una cosa buona, ma tutto è rimasto lì, ha detto il Presule: “Non si è svolto il processo di pace richiesto, tutte le famiglie delle vittime sono rimaste deluse e tutta la popolazione è impotente davanti ad una legge dell’amnistia che non ha permesso la giustizia". "E' vero che il primo accordo è stato quello di vivere in democrazia, ma l'ingiustizia continua" ha sottolineato Mons. Escobar Alas.
"Sono trascorsi 29 anni da questa firma, e non si vede la vera riforma che si era proposta. E’ una cosa molto triste – ha affermato -. Per esempio, la riforma tributaria. Non si è fatto nulla al riguardo. I poveri continuano a pagare gli stessi tributi dei ricchi. La riforma delle pensioni, un altro caso simile. La riforma educativa, ancora niente. Solo con la riforma costituzionale dell'acqua siamo riusciti nell’intento, ma con molta fatica e senza le proposte di una vera riforma. Ecco perché questi Accordi di Pace non si vedono sotto questo aspetto. C'è sempre violenza. Ecco perché insistiamo che gli Accordi di Pace sono stati una cosa buona, ma si devono ancora realizzare, per dare origine ad una nuova società".
Poi ha sottolineato che "celebrare gli Accordi che non sono stati realizzati, è un vero peccato, non ha senso. Noi vogliamo giustizia, e giustizia per il popolo. Sono ormai 5 anni che abbiamo proposto la Legge di Riconciliazione, ma ancora niente" ha concluso l’Arcivescovo.
(CE) (Agenzia Fides 18/01/2021)
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AMERICA/BRASILE - I Vescovi di Amazonas e Roraima: “per l'amor di Dio, mandateci ossigeno per i malati di Covid-19”
 
Manaus (Agenzia Fides) – Di fronte alla crisi sanitaria provocata dalla seconda ondata di pandemia da Covid-19 che sta colpendo lo stato di Amazonas, e in particolare Manaus, la Regione Norte 1 della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), che comprende il Nord di Amazonas e Roraima, ha lanciato la campagna "Amazonas e Roraima contano sulla tua solidarietà". L'azione mira ad aiutare le vittime di Covid-19 che soffrono senza cure adeguate negli ospedali.
Nella nota pubblicata dai Vescovi si afferma: "Come Chiesa cattolica, chiediamo alle autorità di sforzarsi per prevenire il maggior numero possibile di morti, e alla popolazione amazzonica, affinché la cura e il rispetto dei decreti promulgati siano assunti da tutti e da tutte, come strumento per contribuire a contenere gli effetti della seconda ondata della pandemia. Ci auguriamo che i più poveri non siano esclusi dalle cure e che la solidarietà e la cura comune siano assunte da tutti e da tutte, tenendo presente la ‘consapevolezza di essere una comunità mondiale che viaggia sulla stessa barca’ (FT 32)".
L'Arcivescovo di Manaus, Mons. Leonardo Steiner, ha lanciato un appello attraverso un video diffuso sui social network: "Nella prima ondata, le persone sono morte a causa della mancanza di informazioni, della mancanza di letti negli ospedali, della mancanza di letti nella terapia intensiva di Amazonas e Roraima. Oggi, nella seconda ondata, le persone muoiono a causa della mancanza di posti letto negli ospedali, per la mancanza di letti nella terapia intensiva e, sorprendentemente, per la mancanza di ossigeno. Le persone, anche se ricoverate in ospedale, non hanno ossigeno. Noi Vescovi di Amazonas e Roraima facciamo un appello: per l'amor di Dio, mandateci ossigeno, forniteci ossigeno. Le persone non possono più morire per mancanza di ossigeno, per la mancanza di letti in terapia intensiva".
Secondo la Fundação de Vigilância em Saúde do Estado do Amazonas, dall’1 al 14 gennaio, il numero di contagi è aumentato a 21.786 persone, con una media di 1.556 casi giornalieri e 635 morti, in media 45 morti al giorno, la stragrande maggioranza a Manaus. Il numero di sepolture nei cimiteri di Manaus, dove il 13 gennaio sono state sepolte 198 persone fa pensare che il numero delle vittime del Covid-19 sia maggiore di quanto indicato dai dati ufficiali.
I Vescovi della Regione Norte 1 rilevano che il rilassamento delle misure di distanziamento e la mancanza di cure personali, soprattutto l'uso di mascherina e gel alcolico, sono state una costante negli ultimi mesi. “Insieme a questo, siamo indignati per la situazione che stiamo vivendo, visto che non sempre sono state ascoltate le segnalazioni di scienziati ed epidemiologi, che da diversi mesi annunciavano l'arrivo di una seconda ondata, e non sono state prese adeguate misure sanitarie”. (SL) (Agenzia Fides 18/1/2021)
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ASIA/VIETNAM - Dimissioni e nomina del Vescovo di Xuân Lôc
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il 16 gennaio 2021, il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Xuân Lôc (Viȇt Nam), presentata da S.E. Mons. Joseph Đình Đúc Đao. Gli succede S.E. Mons. John Do Văn Ngân, finora Vescovo titolare di Buleliana ed Ausiliare della medesima Diocesi. (SL) (Agenzia Fides 18/1/2021)

mercoledì 30 dicembre 2020

Vatican news 30 dicembre 2020

 


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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

The Chosen ...é sufficiente per me...posso fare molto con questo ..

Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occ...