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giovedì 10 dicembre 2020

Agenzia Fides 10 diember 2020

 

EUROPA/SVIZZERA - "La vita continua e i Cantori della Stella l'accompagnano con amore": videomessaggio di Mons. Alain de Raemy
 
Friburgo (Agenzia Fides) - Il Vescovo ausiliare di Friburgo, Mons. Alain de Raemy, incaricato della pastorale giovanile nella Conferenza episcopale svizzera, ha inviato un videomessaggio ai Cantori della Stella, per incoraggiare i bambini e i loro animatori a intraprendere la loro consueta azione missionaria di questo periodo di Natale nonostante la pandemia. Nel videomessaggio in tedesco, francese e italiano, il Vescovo esorta a seguire le misure di distanziamento sociale e sottolinea l'importanza dell'azione dei Cantori della Stella per i progetti sostenuti.
"La vita continua e voi Cantori della Stella accompagnate questa vita con amore” esorta Mons. Alain de Raemy invitando a trovare nuovi modi per svolgere la loro missione quest’anno e per benedire le persone colpite dalla pandemia. “La stella di Betlemme è l'espressione di questo amore e voi continuate a cantare sotto questa stella” afferma il Vescovo, che rileva anche il difficile contesto in cui si trovano i bambini che beneficiano dei progetti sostenuti dai Cantori della Stella e l'importanza di "continuare la loro missione".
La preoccupazione di adattare l'azione dei Cantori al contesto pandemico è stata portata avanti da diversi mesi dalla responsabile dell’Infanzia Missionaria, Nadia Brügger: "Gli animatori dei gruppi hanno avuto scambi via Zoom per fare proposte compatibili con la situazione. Abbiamo pubblicato una guida per promuovere l'azione dei Cantori durante il coronavirus, nonché un piano B se il porta a porta non si possa svolgere. Infine un tour virtuale dei Cantori della Stella permette di visitare le persone via internet".
"L'azione dei Cantori della Stella porta gioia e speranza, è particolarmente importante quest'anno - sottolinea Nadia Brügger nella nota inviata a Fides -. I bambini dei progetti sostenuti hanno bisogno dei Cantori della Stella più che mai". Infatti i Cantori non solo portano la benedizione di Dio nelle case della loro località nel tempo di Natale, ma raccolgono anche donazioni a favore dei progetti di aiuto ai bambini sostenuti dall’Infanzia Missionaria. (SL) (Agenzia Fides 10/12/2020)
LINK
Il videomessaggio di Mons. Alain de Raemy ai Cantori della Stella -> https://youtu.be/E_FEeTfUKtQ
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AFRICA/ETIOPIA - Almeno 25 missionari Salesiani intrappolati nella guerra nel Tigrai
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - Venticinque missionari salesiani sono bloccati senza comunicazioni nella regione del Tigrai - nel nord dell'Etiopia, al centro dello scontro tra i militari regolari e le milizie del Fronte di liberazione popolare del Tigrai (TPLF). "La situazione è molto tesa, da un momento all'altro può succedere di tutto e non abbiamo informazioni perché tutto è tagliato, sia internet che il telefono", afferma all'Agenzia Fides un Salesiano da Addis Abeba. Il missionario aggiunge che i Salesiani hanno quattro comunità nel Tigrai e che "l'ultimo collegamento con una di queste è stato dieci giorni fa - con le altre non è stato possibile - e ci hanno detto che i beni essenziali cominciavano a scarseggiare, come elettricità, benzina e cibo".
Uno dei missionari di cui non si hanno notizie è lo spagnolo Alfredo Roca, di Barcellona, che ha 87 anni. “È qui da tanti anni, è arrivato negli anni '80. Era già stato durante la guerra contro il governo comunista di Mengistu e nel conflitto contro l'Eritrea, e purtroppo ha molta esperienza in queste situazioni” racconta il missionario con cui ha parlato COPE.
I 25 Salesiani svolgono attività di evangelizzazione ed educazione in quattro comunità a Adrigrat, Adwa, Mekelle e Shire - nella regione del Tigrai -, con scuole, istituti tecnici e centri giovanili dove offrono attività per gli adolescenti più indigenti. Offrono servizio a più di 5.000 bambini e giovani e a migliaia di famiglie. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/COSTA D’AVORIO - Un fondo di riserva per la Caritas per sostenere le persone vulnerabili
 
Abidjan (Agenzia Fides) - Come da tradizione in Costa d'Avorio, ogni anno, la terza domenica di Avvento, la Chiesa locale dedica un'attenzione particolare al suo ramo sociale, la Caritas, attraverso la Giornata Nazionale della Caritas, il cui tema quest'anno è "Spinti dalla carità di Cristo, apriamo il nostro cuore alla miseria dei nostri fratelli e le nostre mani alla condivisione". Quest'anno è la diocesi di San Pedro, nel sud-est del Paese, che è stata scelta per ospitare le celebrazioni ufficiali, domenica 13 dicembre.
In preparazione alla giornata, la Direzione nazionale della Caritas ha deciso di precederla con una settimana di attività, la cui apertura è avvenuta domenica 6 dicembre presso la parrocchia di Saint Pierre d'Anoumabo comune di Marcory nell'arcidiocesi. da Abidjan. L'obiettivo è consentire all'intera comunità dei donatori di prepararsi al meglio.
In apertura della Settimana nazionale della Caritas, P. Jean Pierre Tiémélé, Segretario Esecutivo Nazionale della Caritas Costa d'Avorio ha fornito importanti informazioni contenute nel messaggio consegnato in questa occasione da Sua Ecc. Mons. Bruno Yedo Essoh Vescovo di Bondoukou e Presidente della Commissione episcopale per lo sviluppo umano integrale. Si tratta di istituire un Fondo di riserva della Caritas, per venire incontro alla volontà dei Vescovi ivoriani che desiderano rispondere in modo efficace alle esigenze dei più svantaggiati in ogni circostanza, in particolare durante le grandi crisi.
Ma, “una delle loro strutture, specializzata nella pastorale sociale, la Caritas, non ha risorse stabili e solide”, si legge nel messaggio di Mons. Bruno, da cui l'appello dei Vescovi a sostenere questo progetto di comunione della Chiesa cattolica” Il Fondo di Riserva della Caritas dovrebbe consentire di avviare attività generatrici di reddito per sostenere le persone vulnerabili sia a livello diocesano che a livello nazionale. La Settimana Nazionale della Caritas, il cui epicentro è domenica 13 dicembre, Giornata Nazionale della Caritas, è ricca di numerose attività tra cui incontri e visite ai malati attraverso la Caritas diocesana e parrocchiale. (S.S.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AFRICA/ZIMBABWE - L'Esortazione apostolica Christus Vivit per i giovani dell’Africa australe
 
Harare (Agenzia Fides) – Come far conoscere e fare propria l'Esortazione Apostolica Christus Vivit ai giovani dell’Africa australe? È quello che si sono chiesti cappellani e leader giovanili della Regione IMBISA (Inter-Regional Meeting of the Bishops of Southern Africa) che hanno tenuto una riunione virtuale per discutere l'accoglienza e l'attuazione dell'Esortazione Christus Vivit nei loro paesi.
I partecipanti hanno condiviso le varie iniziative in corso nei rispettivi paesi per promuovere il documento papale. Rispondendo alla chiamata di Papa Francesco a "discernere i percorsi in cui gli altri vedono muri, a riconoscere il potenziale dove gli altri vedono solo pericoli", i partecipanti hanno condiviso le varie piattaforme che sono state utilizzate per "mantenere viva" la pastorale giovanile durante la pandemia Covid-19 attraverso l'uso di piattaforme di social media come YouTube, Facebook, Whatsapp e Twitter.
I partecipanti alle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù di Panama 2019 si sono lamentati della mancanza di condivisione nel pellegrinaggio, a causa della barriera linguistica: l'evento era principalmente in spagnolo e non includeva altre lingue, mentre la maggior parte dei volontari non parlava inglese, per cui alcuni iscritti hanno svolto attività diverse rispetto a quelle previste per il pellegrinaggio. Altri problemi segnalati sono stati i costi troppo alti rispetto all'Europa, la scarsità dei collegamenti aerei che hanno costretto i pellegrini a prendere diversi voli di collegamento che hanno comportato ritardi e altri disagi.
Nonostante queste sfide, ai giovani “piace fare viaggi, scoprire nuovi luoghi e persone, fare nuove esperienze” (Papa Francesco). Per questo motivo i giovani della regione IMBISA sono incoraggiati a partecipare al prossimo pellegrinaggio intercontinentale in Portogallo 2023, ponendo l'accento sulla corretta pianificazione, valutazione e preparazione spirituale per i potenziali partecipanti.
Sottolineando che la solidarietà e la cooperazione regionale sono vitali, i partecipanti hanno discusso e concordato sulla necessità di creare piattaforme di condivisione delle informazioni per i giovani della regione; intensificare i rapporti di lavoro a livello diocesano, congressuale e regionale; creare un gruppo di lavoro IMBISA per i giovani.
È stato deciso di creare un cammino per i giovani IMBISA basato sulla Christus Vivit per giugno 2021, organizzato e facilitato dal Segretariato IMBISA. Tra i partecipanti erano presenti cappellani della gioventù e dirigenti giovanili di Eswatini, Lesotho, Sao Tomé, Sudafrica e Zimbabwe. Aderiscono all’IMBISA le Conferenze Episcopali di Angola, Botswana, Eswatini, Lesotho, Mozambico, Namibia, São Tomé e Príncipe, Sudafrica e Zimbabwe. (L.M.) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Nella Giornata dei diritti umani, il presidente Widodo solleva il nodo della libertà di culto
 
Jakarta (Agenzia Fies) - Ci sono ancora molti problemi legati ai diritti umani in Indonesia, uno di questi è la questione della libertà di culto. Tutte le forze sociali della nazione hanno il compito di affrontare in modo congiunto la questione: è quanto ha affermato il Presidente indonesiano Joko Widodo in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, che si celebra oggi, 10 dicembre. Come appreso dall'Agenzia Fides, Widodo nel discorso commemorativo della Giornata, ha detto: "Ci sono ancora problemi di libertà di culto in diversi luoghi della nazione. Per questo, chiedo che i funzionari del governo centrale e regionale siano attivi e reattivi per affrontarli pacificamente e saggiamente".
Widodo ha confermato che il governo assume lo stesso impegno in quanto "la protezione e il rispetto dei diritti umani sono pilastri importanti affinché l'Indonesia diventi una nazione più civile, resiliente e progredita". Per questo motivo, ha rimarcato, il governo promuove sforzi per sostenere i diritti umani: ad esempio, costruisce infrastrutture, promuove attività educative e iniziative di carattere socio-economico, soprattutto nelle aree remote e nelle isole periferiche, senza trascurare le persone più deboli o vulnerabili. "Prestiamo anche particolare attenzione ai nostri fratelli e sorelle con disabilità. Abbiamo formato una Commissione nazionale sulle disabilità e siamo orientati a un approccio che tuteli i diritti umani a tutti i livelli" ha detto il Presidente.
"Il governo - ha aggiunto - non ha mai smesso di affrontare le sfide legate al rispetto dei diritti umani con saggezza e dignità. Dobbiamo lavorare insieme, dedicando le nostre energie al progresso della nazione", ha affermato, illustrando lo speciale Piano d'azione nazionale per i diritti umani 2020-2025. Adottato dall'esecutivo, il Piano punta, tra l'altro, a promuovere la libertà di culto e a combattere l'intolleranza e l'estremismo religioso.
Il Presidente, come ha fatto già diverse volte in passato, ha rimarcato il valore della libertà di religione e di culto per ogni cittadino indonesiano, secondo la filosofia della "Pancasila", la Carta dei cinque principi che è alla base della nazione.
A conclusione del suo intervento per la Giornata dei diritti umani, Widodo ha esortato tutti i cittadini indonesiani a "giocare un ruolo attivo nel rispetto dei diritti delle altre persone, aumentando il rispetto, la protezione e l'adempimento dei diritti umani in Indonesia". L'Indonesia è un paese con 270 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali sono musulmani. Ci sono 24 milioni di cristiani nel Paese, e tra loro 7 milioni sono cattolici.
(ES-PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/INDIA - "Un anno negativo per i diritti umani in India": l'analisi di un Gesuita
 
New Delhi (Agenzia Fides) - "Il 2020, segnato dalla pandemia di Covid-19, è stato un anno particolarmente negativo per i diritti umani in India: in modo sistematico e brutale, i diritti legittimi delle persone sono stati repressi e negati. Le vittime principali sono i poveri e gli emarginati; gli adivasi e i dalit; donne e bambini; i lavoratori vulnerabili. In aggiunta, i difensori dei diritti umani che hanno criticato il governo, invocando la difesa della Costituzione e della democrazia, sono stati destinatari di provvedimenti che hanno il sapore della vendetta": lo dice all'Agenzia Fides il Gesuita p. Cedrik Prakash, impegnato per la promozione dei diritti umani e l'integrazione sociale in India. Padre Parakas sollecita un pieno e assoluto impegno del governo, di tute le forze sociali e religiose per la tutela dei diritti umani in India.
Il religioso ricorda, tra le recenti iniziative che confermano la situazione piuttosto critica, che il 26 novembre scorso oltre 250 milioni di persone in India hanno scioperato per protestare contro le politiche del governo nocive ai diritti degli agricoltori e dei lavoratori. "I contadini - nota il Gesuita - sono sul piede di guerra perché vedono negati i loro diritti. Non vogliono essere trattati con disprezzo o come 'una banca dei voti' , e chiedono la revoca di tre provvedimenti approvati dal governo".
Un'altra categoria debole è calpestata quella dei migranti e degli sfollati interni: "Abbiamo visto, nel marzo scorso, quando è stato annunciato il primo lockdown per la pandemia, milioni di migranti che sono rimasti bloccati senza cibo, denaro e alloggio”. “Ai lavoratori - prosegue padre Prakash - vengono negati i loro diritti: la classe operaia ha sofferto tremendamente durante la pandemia e molti lavoratori, alla mercé del loro datore di lavoro, hanno dovuto sopportare carichi superiori di lavoro ma con salari ridotti”.
Il Gesuita cita poi gli "adivasi", ovvero le popolazioni tribali, “delegittimati e abusati in quanto le aree in cui hanno abitato per secoli sono destinate all'industrializzazione, all'estrazione mineraria, alle cosiddette opere di "sviluppo" e ad altri mega-progetti. Oltre due milioni di loro, e altri abitanti delle foreste, rimangono a rischio di sfollamento forzato” nota.
Nell’intervento del religioso si parla poi della sofferente condizione delle minoranze religiose: "Musulmani e cristiani sono destinatari di velenosi discorsi di odio, denigrazione costante e persino aggressioni fisiche”, afferma, toccando un altro dei diritti umani fondamentali, la libertà religiosa.
Un altro punto è poi quello dedicato ai diritti ambientali che, come spiega l'enciclica “Laudato si’”, sono strettamente collegati ai diritti delle persone: “L'ambiente viene distrutto con la crescita delle industrie inquinanti senza le necessarie salvaguardie ambientali a causa dell'insensibilità e della corruzione” rimarca.
Il quadro risulta particolarmente allarmante perché, osserva p. Prakash, "questo governo non ammette dissenso e viola sistematicamente le prerogative dei difensori dei diritti umani e delle ONG, danneggiando una dimensione essenziale della democrazia”, come ha rilevato anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Emblematico risulta il caso del Gesuita padre Stan Swamy (vedi Fides 9/10 e 20/20/2020) e di altri quindici attivisti, ora in prigione ai sensi del draconiano "Unlawful Activities Prevention Act" , in base al quale sono accusati di complicità con gruppi terroristi o sovversivi.
(PA) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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ASIA/IRAQ - Patriarca caldeo Sako ai cristiani iracheni: la visita del Papa sia per noi un “ritorno alle sorgenti” della nostra vocazione missionaria
 
Baghdad (Agenzia Fides) – L’annunciata visita apostolica di Papa Francesco in Iraq sarà per i cristiani iracheni e di tutto il Medio Oriente una occasione provvidenziale per compiere un “pellegrinaggio” di conversione e un “ritorno alle nostre prime sorgenti”, per annunciare con più entusiasmo la salvezza promessa nel Vangelo, a vantaggio di tutti. Per questo tutti devono vigilare affinché questa circostanza propizia non passi “senza lasciare un segno in noi, nella nostra Chiesa e nel nostro Paese”. Lo scrive il Cardinale Louis Raphael Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, in un messaggio rivolto “ai cristiani e a tutti gli iracheni” in vista della visita che Papa Francesco ha intenzione di compiere in Iraq dal 5 all’8 marzo 2021 (vedi Fides 7/12/2020).
Il messaggio del Patriarca caldeo, pervenuto anche all’Agenzia Fides, contiene suggerimenti preziosi per vivere la visita del Papa in modo che “la Chiesa torni con più entusiasmo alla radicalità spirituale evangelica, e più vicina al popolo, servendolo con generosità e gioia con ogni mezzo, sull’esempio dei nostri Padri, dei nostri santi, e dei nostri martiri”. Il Cardinale Sako riconosce che “la nostra Chiesa caldea e le altre Chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente vivono pressioni e sfide diverse, politiche, economiche e sociali, a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus”.
Le tribolazioni e i problemi affrontati – prende atto il Patriarca caldeo – hanno rattristato il cuore e annebbiato lo sguardo di tanti. Ma anche in tale situazione – rimarca il Cardinale Sako – invece di ripiegarsi nel vittimismo e nella lamentela, conviene approfittare di tutto ciò che favorisce il “ritorno alle sorgenti” della propria fede. Solo “attingendo alle fonti, e non ai rivoli” confessa il Patriarca – si può riscoprire che “la nostra esistenza come cristiani in Iraq e nell’Oriente non è un caso”, e non ha come destino fatale l’esodo dell’emigrazione, ma si realizza nella storia “secondo un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà. Come pastori, dobbiamo continuamente capire la situazione presente, con mentalità aperta”.
Annunciare il Vangelo, dare ragione della propria speranza nelle circostanze del tempo presente e “rimanendo ancorati nella nostra autenticità orientale”, è la missione propria a cui sono chiamati i cristiani in Medio Oriente. Il Patriarca Sako riconosce che chi abbraccia questa vocazione può anche essere condotto a cambiare i modi e le strade utilizzati per condividere l’annuncio della salvezza: “Vivendo nel XXI secolo” si legge nel messaggio del Cardinale Sako, "dobbiamo capire l’importanza di rivedere e cambiare il modo della nostra riflessione teologica e spirituale, liturgica e pastorale, ecumenica e pedagogica, e anche il nostro comportamento come credenti, come servi consacrati chiamati dal Signore per pascere il suo gregge in modo armonico, lontano dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio”.
Questo orizzonte missionario, secondo il Patriarca Sako, è l’unica cornice adeguata in cui vanno collocate le domande sul presente e sul futuro delle comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, compresa la tentazione all’esodo e la ricerca delle ragioni e della forza per rimanere: “Questa” si legge nel messaggio patriarcale “è la nostra terra, non possiamo rinunciarvi, né immaginarla senza i suoi cristiani”. E i cristiani del Medio Oriente possono “rimanere” nelle terre dei loro padri solo riscoprendo anche la propria comunanza di destino con i loro connazionali, senza separare la propria strada dal comune cammino per la riconciliazione e la cura di ferite condivise.
Quella che sta a cuore al Patriarca Sako è la Chiesa “del dialogo ecumenico con le Chiese sorelle”, la “Chiesa della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam”. La Chiesa “che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia”. Anche nel Medio Oriente martoriato dei nostri tempi – conclude il Patriarca caldeo Sako nel suo messaggio – i cristiani possono restare “come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza”. (GV) (Agenzia Fides 10/12/2020)
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AMERICA/HONDURAS - Gli Stati Uniti prolungano fino ad ottobre il TPS: un aiuto alla ricostruzione dopo pandemia e uragani
 
Tegucigalpa (Agenzia Fides) – Il Presidente dell'Honduras, Juan Orlando Hernández, ha annunciato lunedì 7 dicembre che lo stato di protezione temporanea, noto come TPS (Temporary Protected Status), sarà esteso ai cittadini honduregni presenti negli Stati Uniti. Il TPS è una forma di aiuto umanitario concesso dagli Stati Uniti. "Durante il nostro incontro con il segretario ad interim del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, ci è stato detto che il TPS, che doveva terminare a gennaio, sarà prolungato" ha riferito Hernández.
Il ministro degli Esteri dell'Honduras, Lisandro Rosales, ha presentato la richiesta di persona, all'attuale direttore del Dipartimento per la sicurezza interna, Chad Wolf, nell'ambito di una visita guidata dal presidente Juan Orlando Hernández, che dal 3 dicembre è a Washington.
La motivazione della richiesta è stata che questa decisione degli Stati Uniti "aiuterà ad affrontare l'enorme sfida della ricostruzione sociale ed economica sostenibile, della post-pandemia e della distruzione che Eta e Iota hanno lasciato in Honduras". L'Honduras sostiene che i suoi cittadini inviano una media di 5 miliardi di dollari all'anno ai loro parenti, il che rappresenta un forte movimento nell'economia del paese.
Domenica scorsa, 6 dicembre, il Cardinale Óscar Andrés Rodríguez si era espresso riguardo alla ricostruzione del paese dopo gli uragani: "La ricostruzione dell'Honduras non sarà fatta da maghi o con il denaro che scorre da altri paesi, si tratterà di usare bene ciò che abbiamo e di non continuare a cedere alla tentazione di sfruttare chi ha meno, per alzare i prezzi". "È un momento difficile e desolato per il nostro povero Honduras" ha lamentato il Cardinale Arcivescovo di Tegucigalpa durante l'omelia domenicale, invitando a preparare la via del Signore che viene.
Un post sul sito web US Citizenship and Immigration Services (USCIS) ha confermato che il TPS per Honduras, El Salvador, Haiti, Nepal, Nicaragua e Sudan durerà fino all'ottobre 2021. Il TPS protegge le persone che andrebbero incontro a difficoltà estreme se costrette a tornare nei loro paesi di origine, devastati da conflitti armati o disastri naturali. La protezione riguarda le persone che sono già negli Stati Uniti. Il TPS per l'Honduras e per il Nicaragua è stato concesso per la prima volta dopo che l'uragano Mitch aveva colpito l'America centrale nel 1998. Alcuni beneficiari del programma vivono negli Stati Uniti da decenni.
(CE) (Agenzia Fides 10/12/2020)

giovedì 3 dicembre 2020

Agenzia Fides 3 dicembre 2020

 

VATICANO - Festa di San Francesco Saverio: “Moltissimi non si fanno cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani”
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La Chiesa e il mondo missionario festeggiano oggi, 3 dicembre, San Francesco Saverio (Javier 1506 – isola di Sancian 1552), tra i primi discepoli di Sant’Ignazio di Loyola, che fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. Vissuto appena 46 anni e 8 mesi, compì in poco più di 10 anni un lavoro missionario incredibile, portando il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo all'indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l'India e il Giappone, morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo in Cina.
Per il suo ardore missionario nel 1748 venne dichiarato Patrono dell’Oriente, nel 1904 della Pontificia Opera della Propagazione della Fede e nel 1927 di tutte le missioni, insieme a Santa Teresa di Gesù Bambino. Numerosi sono gli istituti missionari, maschili e femminili, che lo hanno scelto come modello di vita e di apostolato, come anche i seminari, gli istituti e le associazioni a lui intitolate.
Francesco Saverio è detto anche “il San Paolo delle Indie”, in quanto la sua opera missionaria fu decisiva per lo sviluppo del cristianesimo in Asia meridionale. Nella prima Lettera ai Corinzi l’Apostolo Paolo affermava “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere, guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16). Francesco Saverio ha fatto suo l’anelito di Paolo, e lo stesso grido è risuonato con vigore dalla bocca del Papa Giovanni Paolo II, all’inizio della sua Enciclica Redemptoris Missio. Dopo duemila anni di cristianesimo è ancora quel grido che Papa Francesco oggi rilancia con rinnovata attualità ed urgenza, nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, chiamando tutti i battezzati a prendere coscienza di essere “discepoli missionari”.
Nel suo breve ma intenso decennio di impegno missionario, San Francesco Saverio non si risparmiò, come racconta nelle sue Lettere a sant'Ignazio: “Talmente grande è la moltitudine dei convertiti che sovente le braccia mi dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo e i comandamenti nella loro lingua”. Nonostante questi risultati, che si potrebbero ritenere umanamente positivi e gratificanti, il suo cruccio era che “Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani”. Anche qui possiamo leggere un riverbero dell’Apostolo Paolo: “Ma come potranno invocare il Signore, se non hanno creduto? E come potranno credere in lui, se non ne hanno sentito parlare? E come ne sentiranno parlare, se nessuno lo annunzia? E chi lo annunzierà, se nessuno è inviato a questo scopo?” (Rm 10,14-15).
In questi giorni di dicembre dell’anno 1927, sotto la protezione di San Francesco Saverio, venivano pubblicati i primi dispacci della neonata “Agenzia Fides”, voluta dal Consiglio Superiore Generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, che si poneva a servizio della missione attraverso l’informazione, perché il popolo di Dio potesse conoscere la situazione delle missioni e gli argomenti religiosi e sociali delle missioni stesse.
Più di trent’anni dopo, il Concilio Vaticano II riconosceva il contributo dei mezzi di comunicazione sociale “a estendere e a consolidare il Regno di Dio” (Inter mirifica, 2). “Perché tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della Chiesa nel mondo e giunga loro la voce delle moltitudini che gridano: «Aiutateci», bisogna offrir loro dei ragguagli di carattere missionario con l'ausilio anche dei mezzi di comunicazione sociale: sentiranno così come cosa propria l'attività missionaria, apriranno il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini e potranno venir loro in aiuto. È necessario altresì coordinare queste notizie e cooperare con gli organismi nazionali e internazionali” (Ad Gentes, 36). In occasione dei 50 anni dell’Agenzia Fides, il 3 dicembre 1977, l’allora Prefetto di Propaganda Fide, il Card. Agnelo Rossi, rilevava: “La Fides è stata senza dubbio l’organo di stampa che ha reso il più vasto e qualificato servizio missionario di informazione e di animazione per tutta la Chiesa”.
Ai nostri giorni un impressionante volume di informazioni rimbalza senza sosta da una parte all’altra dei cinque continenti, e tutte vengono bruciate rapidamente. I rischi sono tanti, come la progressiva incapacità di approfondimento di temi e situazioni, aspetto particolarmente rilevante per il mondo missionario, o la realtà di tanti popoli tagliati fuori dal circuito informativo per motivi che a noi appaiono quasi banali, come la mancanza di energia elettrica. Nel panorama delle sfide poste oggi al mondo dei media, e in particolare a quelli che si dedicano alla causa dell’annuncio del Vangelo e non alla vendita di prodotti commerciali, l’Agenzia Fides intende continuare a raccontare la vita delle missioni e di quanti annunciano Gesù Cristo, perché non manchino i missionari e il sostegno alle missioni, nella consapevolezza che “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. (EG1). (SL) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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EUROPA/SPAGNA - Avviati i rimpatri dalle isole Canarie di chi non ha diritto alla protezione internazionale
 
Ceuta (Agenzia Fides) –"Sono ripresi i rimpatri dei marocchini dalle Isole Canarie" hanno assicurato ieri, 2 dicembre, al giornale El Espanol, fonti della polizia, senza specificare il numero dei rimpatriati. Si confermano così le informazioni fornite dall'Esecutivo delle Canarie, soddisfatto delle migliaia di posti stabili che il Governo sta installando nelle isole: "soprattutto, perché i posti sono stabili, ma non chi li occupa, ora i rientri sono stati riavviati e vengono incentivati con i paesi di origine e di transito".
In altre parole Marocco, Mauritania e Senegal stanno accettando il ritorno di "coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale” usando le parole dello stesso ministro Fernando Grande-Marlaska. Secondo la stampa spagnola, fonti del suo dipartimento non hanno voluto fornire dettagli su quanti rimpatriati ci sono stati o da quando queste operazioni sono state effettuate. Ma le fonti dell'Esecutivo delle Canarie parlano di "circa mille" in "poco più di una settimana".
Il processo sembra sia stato attivato da quando la Conferenza episcopale spagnola (CEE) ha pubblicato un documento, con data 20 novembre, con cui denunciava la terribile situazione dei migranti nelle Isole Canarie e invitava il Governo della Spagna e dell'Unione Europea a non eludere il problema e ad agire in merito. La nota, che raccoglie la lettera pastorale congiunta dei Vescovi delle Canarie e di Tenerife, avvertiva le autorità europee e spagnole che "non si possono creare ghetti isolani per eludere il problema migratorio", aggiungendo che il problema "non è solo nelle Isole Canarie, ma in tutta la Spagna, in Europa e nel mondo”.
Secondo le testimonianze pervenute a Fides, alle Canarie non si rispetta nessun protocollo anti Covid-19. Tutto quello che si fa è spostare qualcuno se risulta positivo.
Da quando è stata decretata la pandemia in Spagna, l'arrivo dei migranti è aumentato senza controllo. Nel 2020 sono sbarcate alle Canarie 16.760 persone. La Spagna non è riuscita a fare un solo rimpatrio attraverso i confini di Ceuta e Melilla, chiusi dal 13 marzo dal Marocco, che ha denunciato problemi sanitari a causa della pandemia di Covid-19.
(CE) (Agenzia Fides 03/12/2020)
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AFRICA/NIGERIA - Rilasciato il sacerdote rapito lo scorso 22 novembre
 
Abuja (Agenzia Fides) - “Ringraziamo Dio perché il nostro fratello p. Matthew Dajo è stato rilasciato sano e salvo, oggi mercoledì 2 dicembre”. Così Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Abuja ha annunciato ieri la liberazione di p. Matthew Dajo, il sacerdote cattolico rapito domenica 22 novembre (vedi Fides 30/11/2020). “Ringraziamo tutti coloro che hanno pregato per la sua liberazione” continua nel suo messaggio Mons. Kaigama. “Ringraziamo anche la famiglia di p. Dajo e tutti coloro che hanno collaborato ad assicurare il suo rilascio. Preghiamo affinché migliori la sicurezza nel Paese” conclude l’Arcivescovo di Abuja.
P. Matthew Dajo, è stato aggredito e rapito da uomini armati domenica 22 novembre nel suo domicilio nella parrocchia di Sant'Antonio, a Yangoji, ad Abuja. Secondo quanto ha appreso l’Agenzia Fides dall’Arcidiocesi di Abuja, la settimana scorsa la polizia era riuscita a circoscrivere l’area dove i rapitori erano nascosti con l’ostaggio, ma ha preferito attendere per non compromettere la vita del sacerdote. (L.M.) (Agenzia 3/12/2020)
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AFRICA/ETIOPIA - Corridoio umanitario per il Tigray, ma c'è il rischio di "deportazione di massa" dei profughi eritrei
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - Il governo etiope ha firmato un accordo con le Nazioni Unite per consentire la creazione di un corridoio umanitario "senza ostacoli", almeno per le aree sotto il controllo del governo federale, che permetta l’arrivo in Tigray di cibo, medicinali e altri aiuti essenziali. Dal 3 novembre, giorno in cui sono iniziati i combattimenti, la regione settentrionale dell’Etiopia è rimasta isolata. Le scorte alimentari e di carburanti si sono progressivamente esaurite. Per settimane le Nazioni Unite e altri hanno chiesto, senza successo, l’accesso alla regione per aiutare i sei milioni di abitanti. "Stiamo lavorando per assicurarci che l'assistenza sia fornita in tutta la regione e a ogni singola persona che ne abbia bisogno" - ha annunciato Saviano Abreu, un portavoce delle Nazioni Unite . "Chiediamo che tutte le parti in conflitto garantiscano che gli aiuti al Tigray arrivino a destinazione e siano distribuiti secondo i principi di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità" ha aggiunto.
La situazione umanitaria è grave. Si stima che più di un milione di persone nel Tigray siano sfollate, di cui oltre 45.000 sono fuggite nel vicino Sudan. La condizione peggiore è quella dei quasi 100.000 rifugiati eritrei i cui campi vicino al confine del Tigray erano sul fronte dei combattimenti. Alcuni rifugiati sarebbero stati uccisi o rapiti e sarebbero state perpetrate gravi violazioni delle norme internazionali.
"Scontri armati a parte - spiega all'Agenzia Fides p. Mussie Zerai, sacerdote eritreo impegnato nel sostegno ai rifugiati eritrei - nei campi profughi si profilano due minacce: il rischio di deportazione forzata in Eritrea e difficoltà di sussistenza enormi a causa della brusca interruzione di tutte le forme di assistenza e rifornimento anche dei beni più indispensabili".
La minaccia di deportazione riguarda in particolare il campo di Shimelba, quello più settentrionale e più vicino alla frontiera con l’Eritrea. Circolano da giorni notizie che circa seimila profughi sarebbero stati bloccati all’interno o nei dintorni del centro di accoglienza e rimpatriati in stato d’arresto da parte di reparti militari eritrei entrati in territorio tigrino, come alleati dell’esercito federale etiopico. "In sostanza, una vera e propria deportazione di massa - sostiene abba Mussie -, le cui vittime rischiano di diventare dei “desaparecidos” introvabili, perché tutti i registri dell’Unhcr sarebbero stati distrutti, in modo da non lasciare traccia degli ospiti del campo o comunque da rendere estremamente difficili le ricerche. L’Etiopia è tenuta a garantire l’incolumità e la libertà di quelle persone. Nessuno può ignorare, infatti, che tutti i profughi vengono considerati dal regime di Asmara 'traditori' e 'disertori': costringerli a tornare in Eritrea significa esporli a una vera e propria rappresaglia, fatta di galera e di morte. Ovvero, alla rivalsa e alla vendetta di quella dittatura che ogni rifugiato ha messo sotto accusa di fronte al mondo intero con la sua stessa fuga".
L’assistenza è un problema di crescente gravità che riguarda tutti i campi profughi. Fino alla guerra, assistenza e rifornimenti sufficienti per la vita quotidiana delle migliaia di profughi sono stati assicurati dal governo del Tigray e da aiuti umanitari internazionali. Dall’inizio del conflitto le forniture e i servizi si sono rapidamente ridotti fino a esaurirsi.
"Chiediamo con forza – conclude abba Mussie - interventi urgenti a tutte le principali istituzioni internazionali (in particolare a Nazioni Unite, Unione Africana, Unione Europea oltre allo stesso governo di Addis Abeba) con tre obiettivi prioritari: verificare la fondatezza della notizia dei rimpatri forzati in Eritrea di migliaia di profughi e, in caso ci siano state effettivamente delle deportazioni, intervenire con la massima rapidità e risolutezza; organizzare canali umanitari che consentano il trasferimento verso altri Stati delle migliaia di profughi che si sono trovati loro malgrado coinvolti nella guerra; riaprire subito le frontiere del Tigray agli aiuti umanitari".
(EC) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Messaggio ecumenico dei Vescovi: Dio cammina con noi in mezzo alla pandemia e alla sofferenza
 
Giacarta (Agenzia Fides) - "I cristiani sono chiamati a restare saldi nella fede in mezzo a tutte le lotte e le difficoltà della vita, poiché Dio porta luce nell'oscurità e dà speranza in mezzo alla disperazione": è quanto affermano i Vescovi cattolici e protestanti dell'Indonesia nel loro comune messaggio natalizio. Con l'inizio del periodo di Avvento, la Conferenza episcopale cattolica dell'Indonesia (KWI) e la Conferenza delle Chiese protestanti unite indonesiane (PGI), hanno scelto di elaborare e diffondere una riflessione congiunta per tutti i battezzati dell'Indonesia. In pieno spirito ecumenico, i Vescovi invitano tutti i cristiani in Indonesia a riflettere sul passo del Vangelo di Matteo "E lo chiameranno Emmanuele" (Mt 1,23).
Il messaggio, diffuso il 1° dicembre, rileva che l'umanità in tutto il mondo sperimenta il tremendo orrore della pandemia Covid-19. I leader cristiani riconoscono che questa pandemia ha distrutto molti aspetti della vita umana: molte famiglie sono nel dolore e nel lutto, perché hanno perso i loro cari; molte persone hanno perso il lavoro, gli studenti costretti a studiare online da casa, perdendo così opportunità di vita sociale.
I fedeli - nota il testo - sono a disagio perché non possono recarsi in chiesa per pregare e ricevere i sacramenti. Inoltre, rilevano i Vescovi, anche il numero dei crimini è aumentato. La situazione generale, in Indonesia, ha generato una ripresa delle spinte identitarie, rifiorite nella società, che provocano incitamento all'odio, intolleranza, radicalismo e divisione tra i gruppi sociali.
In questa cornice, si nota che "l'umanità è fragile fisicamente e psicologicamente". “Siamo facilmente intrappolati nei pesanti fardelli della vita, fragili per l'avidità che ci porta a corruzione e ingiustizia. Il virus conferma che gli uomini, indipendentemente da status sociale, religioni e istruzione, hanno bisogno l'uno dell'altro". In questa tempesta "la fede in Dio è come fonte di aiuto", affermano i Vescovi:
“Come cristiani, abbiamo sofferto come gli altri, ma possiamo vivere la nostra sofferenza in pace e nella fiducia che Dio cammina con noi, per affrontare insieme la sofferenza. Dio non ci lascerà mai nella paura: il potere della fede e dell'amore consente al cristiano di affrontare situazioni difficili con la pace e la fede”, osserva il messaggio.
Invitando tutti i cristiani ad "accogliere e sentire la presenza di Gesù come vera luce nell'oscurità", si afferma: “In Gesù, l'Emmanuele, Dio è veramente presente in mezzo a noi; la nostra fragilità è preziosa agli occhi di Dio. Il nome Emmanuele, Dio-con-noi, dice proprio che Dio è in mezzo a noi e opera per rinnovarci. Questa presenza consente ai cristiani di affrontare difficoltà nella vita”. il testo invita a scorgere la presenza di Dio nella storia del suo popolo, fin dall'Antico Testamento e poi nell'incarnazione di Gesù Cristo, Principe della pace.
“Incoraggiati da questa certezza e dalla forza dell'amore, tutti i cristiani devono coltivare la solidarietà verso gli emarginati e i sofferenti. La presenza di Dio deve ricordarci che ogni uomo è fatto a immagine di Dio, e questa è la dignità inalienabile dell'umanità. Pertanto, la vita umana è preziosa e dobbiamo prendercene cura e proteggerla" sottolinea il messaggio, invitando a "imitare Gesù nel fare il bene secondo la nostra missione".
In questo speciale periodo, i Vescovi chiedono ai cristiani di "stare alla larga da incitamenti all'odio, fake news, intolleranza e atti criminali", esortandoli a "testimoniare la compassione e la generosità di Dio in questa pandemia per aiutare il prossimo e portare i pesi gli uni degli altri.
L'Indonesia è un paese con 270 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali musulmani. Ci sono 24 milioni di cristiani in il Paese, e tra loro 7 milioni sono cattolici.
(ES-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/BANGLADESH - I cristiani bangladesi chiedono il rilascio del Gesuita p. Stan Swamy in India
 
Dhaka (Agenzia Fides) - I cristiani del Bangladesh si uniscono ai battezzati in India nel chiedere al governo indiano il rilascio immediato dell'83enne Gesuita padre Stan Swamy, arrestato in India per presunta complicità con i gruppi ribelli maoisti e accusato di sedizione (vedi Fides 9/10, 20/10 e 26/10/2020). Come appreso dall'Agenzia Fides, la "Bangladesh Christian Association" (BCA) ha scritto una lettera ufficiale al Premier indiano Narendra Modi chiedendo "il rilascio immediato di padre Stan Swamy".
Nella lettera pervenuta a Fides, firmata dal presidente della BCA, Nirmol Rozario, si legge: “Noi, comunità cristiana del Bangladesh, siamo seriamente preoccupati per la detenzione di padre Stan Swamy, SJ in India. L'8 ottobre 2020, l'83enne padre Stan Swamy, SJ, è stato arrestato dalla National Investigation Agency (NIA) di Ranchi, in India. Ora si trova nella prigione centrale di Talaja, Mumbai. Padre Stan Swamy è stato uno strenuo difensore dei diritti umani e ha lavorato per tutta la vita in favore dei poveri, dei dalit, dei tribali e degli emarginati, seguendo l'esempio di Gesù Cristo che è venuto a predicare la Buona Novella ai poveri, a proclamare la liberazione ai prigionieri e la restituzione della vista ai ciechi, a dare libertà a coloro che sono oppressi, a proclamare l'Anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).
Nella lettera i cristiani del Bangladesh si dicono allarmati per le condizioni fisiche di padre Stan: "Data l'età e le condizioni fisiche di padre Stan Swamy, è un atto brutale tenerlo in custodia mentre è pienamente disposto a collaborare per ulteriori indagini. Pertanto, noi, membri della Associazione Cristiana del Bangladesh, chiediamo di intervenire e far rilasciare padre Stan Swamy, SJ, ripristinando così il rispetto dei diritti umani come priorità per la nazione". I leader della BCA informano che vogliono condurre una manifestazione pacifica a Dhaka per il rilascio di padre Stan Swamy, ricordando che, data l'età e data l'assurdità delle accuse mosse contro di lui, il governo dovrebbe liberarlo immediatamente.
Recentemente una delegazione della Bangladesh Christian Association, guidata da Nirmol Rozario, ha incontrato l'Alto Commissario dell'India in Bangladesh, Vikram Doraiswamy, perorando la causa dell'urgente liberazione di p. Stan.
(FC-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/INDIA - I Gesuiti a Goa: "Sulle orme di san Francesco Saverio, restiamo accanto ai poveri e ai sofferenti"
 
Panaji (Agenzia Fides) - “Seguendo le orme di San Francesco Saverio, siamo chiamati a restare accanto ai poveri e chi non ha voce, diventando veri testimoni e annunciatori di Cristo": lo ha detto il Provinciale dei Gesuiti a Goa, p. Roland Coelho, ricordando, in occasione della sua festa, il 3 dicembre, la figura del santo evangelizzatore dell'Asia, che approdò a Goa, e fu poi proclamato "Patrono delle missioni". Nel messaggio pervenuto all'Agenzia Fides, p. Coelho afferma: "Lasciamo che l'amore di Cristo ci trasformi. Lasciamoci riempire dal fuoco dell'amore di Cristo per tutte le persone. Durante questa pandemia di Covid-19 possiamo essere testimoni e profeti, restando accanto alle persone bisognose o sofferenti, indipendentemente dalla loro religione. Siamo accanto ai contadini che protestano a Delhi, privati dei loro diritti. Siamo accanto a padre Stan Swam e altri prigionieri politici che hanno lottato per i diritti di tribali, dalit e oppressi. Siamo accanto ai vulnerabili, emarginati e senza voce".
Padre Roland ha ricordato "le lettere di Francesco Saverio, che hanno fatto conoscere in Europa la sua attività missionaria nei paesi asiatici, infiammando tanti cuori alla missione". E ha detto: “Francesco Saverio, confrontandosi con Ignazio di Loyola, si chiedeva: cosa ho fatto per Cristo? Cosa sto facendo per Cristo? Cosa devo fare per Cristo? Ignazio lo esortava a guardare oltre se stesso e ad abbracciare il mondo intero. Francesco Saverio avvertì il bisogno di predicare la Buona Novella al mondo intero". Ha proseguito il Provinciale: "Approdato a Goa, Francesco Saverio non conosceva la lingua locale. L'ha imparata, ha fatto tradurre il catechismo e l'ha insegnato nella lingua locale. All'inizio lo hanno deriso e insultato. Poi la gente ha visto la genuinità e la santità in quest'uomo e lo ha apprezzato come persona autentica, promotrice di pace e di bene".
Il Santo oggi unisce persone di tutte le fedi, come ha sottolineato nel suo messaggio il Primo Ministro di Goa, Pramod Sawant, rimarcandone "il carattere di unità e la benedizione che rafforza il tessuto sociale, in tempo di pandemia".
Per la prima volta in 400 anni, la solenne Eucarestia della festa di San Francesco Saverio, celebrata oggi, 3 dicembre, nella Basilica del Bom Jesu a Goa, è stata trasmessa online e in tv, a causa delle restrizioni imposte per il Covid-19: i fedeli hanno partecipato virtualmente dalle loro case. Per le stesse ragioni, non si è tenuto nel 2020 il consueto pellegrinaggio alla Basilica di Bom Jesu per la Novena di S. Francesco Saverio, che riuniva fedeli da tutta la nazione per chiedere guarigione e benedizione. Un solo rappresentante per parrocchia è stato ammesso a venerare il corpo di San Francesco Saverio, conservato nella Basilica.
(LM-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)


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ASIA/LIBANO - I Vescovi maroniti sollecitano la rapida applicazione dei controlli anti-corruzione nelle istituzioni pubbliche
 
Bkerké (Agenzia Fides) – I Vescovi maroniti “prendono atto” della iniziativa politica innescata dal Presidente Michel Aoun e volta a stabilire misure di controllo contabile per combattere la corruzione nelle istituzioni pubbliche libanesi. Nel contempo, sottolineano l’urgenza di approvare in Parlamento e emanare in tempi brevi, i dispositivi di legge necessari a mettere in atto le procedure anti-corruzione nei singoli dipartimenti e organismi dell’amministrazione pubblica nel Paese dei Cedri.
La sollecitazione a porre in essere in tempi brevi le regole e le disposizioni di legge anche penali volte a combattere la corruzione diffusa e a porre rimedio alla “mala gestio” delle istituzioni pubbliche libanesi è stata espressa dai Vescovi maroniti nel comunicato finale della loro riunione mensile, svoltasi mercoledì 2 dicembre presso la sede patriarcale di Bkerké, sotto la presidenza del Patriarca Cardinale Béchara Boutros Raï.
Di recente un audit (procedimento di valutazione) sul funzionamento e la trasparenza contabile della Banca del Libano, affidato alla società Alvarez & Marsal, era stato ostacolato dal rifiuto della stessa Banca di consegnare i documenti richiesti per il procedimento di valutazione, con il protesto di dover rispettare il “segreto bancario”. Dopo tale episodio, il Presidente Aoun ha inviato al Parlamento una lettera con la richiesta di garantire l’attuazione dei procedimenti di valutazione relativi alla Banca del Libano e a tutte le amministrazioni, le istituzioni e i fondi pubblici, in modo da avviare attraverso questi strumenti un processo di generale messa in sicurezza del sistema nazionale rispetto alla corruzione diffusa.
Nel loro comunicato, i Vescovi maroniti hanno anche espresso la volontà di unire la propria voce a "a quella del popolo libanese, insoddisfatti dei ripetuti tentativi di impedire la formazione di un nuovo governo, in contraddizione con le promesse dei blocchi parlamentari”. Nelle dichiarazioni ufficiali, i Partiti e gli schieramenti politici libanesi affermano il proprio sostegno alla costituzione di un governo di esperti indipendenti, che si faccia carico di avviare il processo di riforme necessarie al Paese. Poi, a livello concreto, la formazione del nuovo esecutivo è bloccata da mesi, e il Premier designato Saad Hariri non riesce a creare la sua squadra di governo.
Nella riunione svoltasi a Bkérké, il Patriarca Béchara Boutros Raï ha esposto ai Vescovi maroniti un breve resoconto del suo ultimo incontro con Papa Francesco, svoltosi in Vaticano sabato 28 novembre. Nel comunicato finale del loro incontro, i Vescovi maroniti ringraziano Papa Francesco per la sua vicinanza al Libano, espressa in maniera rinnovata anche dopo la catastrofica esplosione verificatasi il 4 agosto nel porto di Beirut. Nel corso dell’udienza papale concessa al Patriarca – riferisce un comunicato ufficiale del Patriarcato maronita – il Cardinale libanese ha rinnovato l’invito rivolto a Papa Francesco a compiere una visita pastorale in Libano. (GV) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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martedì 1 dicembre 2020

Agenzia Fides 1 dicembre 2020

 

AFRICA/ETIOPIA - La Chiesa continua a pregare per la pace mentre rimane incerta la situazione nel Tigrai
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) – Mentre il governo di Addis Abeba afferma di avere catturato la capitale regionale del Tigrai. Mekelle nel fine settimana, dichiarando la vittoria sul Fronte di liberazione popolare del Tigrai (TPLF), il leader tigrino Debretsion Gebremichael ha negato di essere fuggito in Sud Sudan e ha detto che le sue forze hanno catturato alcuni soldati della confinante Eritrea nei pressi Wukro, a circa 50 km (30 miglia) a nord di Mekelle, lasciando intendere che il conflitto non è finito e anzi rischia di estendersi ad altri Paesi.
Nel frattempo i cattolici in Etiopia continuano a pregare per la pace nel loro Paese. Con l'intensificarsi dei combattimenti, Sua Eminenza il Cardinale Berhaneyesus Souraphiel, Arcivescovo di Addis Abeba, ha sottolineato l'importanza di assistere i fratelli in un momento in cui il Paese è “sotto tensione”. Rivolgendosi ai funzionari della Commissione apostolica della Chiesa cattolica etiope, il Cardinale ha ricordato loro che la Chiesa era con loro in tutte le aree del Paese anche se la diocesi di Adigrat nella città di Mekelle non ha potuto partecipare.
All’inizio di novembre i Vescovi cattolici dell'Etiopia hanno chiesto la fine delle violenze e l'avvio di un dialogo pacifico nella regione del Tigrai (vedi Fides 6/11/2020).
Papa Francesco ha di recente invitato le parti a cessare i combattimenti. “Il Santo Padre segue le notizie che giungono dall’Etiopia, dove da alcune settimane è in corso uno scontro militare, che interessa la Regione del Tigrai e le zone circostanti. A causa delle violenze, centinaia di civili sono morti e decine di migliaia di persone sono costrette a fuggire dalle proprie case verso il Sudan" aveva riferito una dichiarazione del direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni.
Il portavoce dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Babar Baloch, ha avvertito il 17 novembre che "una crisi umanitaria su vasta scala si sta svolgendo mentre migliaia di rifugiati fuggono ogni giorno dai combattimenti in corso nella regione del Tigrai in Etiopia per cercare sicurezza nel Sudan orientale".
Baloch ha detto che le Nazioni Unite erano anche in trattative con le autorità federali e regionali per ottenere l'accesso umanitario alla regione del Tigrai. Secondo le Nazioni Unite, circa 40.000 rifugiati sono passati dall'Etiopia al Sudan. (L.M.) (Agenzia Fides 1/12/2020)

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AFRICA/CENTRAFRICA - Il Cardinale Nzapalainga ricorda l’imam Kobine Lamaya, “operatore di pace”
 
Bangui (Agenzia Fides) - "È un baobab che è caduto, perché quest'uomo è stato uno studioso, un uomo di saggezza, che ha saputo raccogliere, che aveva in bocca la parola dell'unità, che aveva rispetto e stima per l' altro”. Così Sua Eminenza il Cardinale Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, ha reso omaggio all’imam, Omar Kobine Lamaya, Presidente del Consiglio Islamico Superiore della Repubblica Centrafricana, morto a Bangui il 28 novembre all'età di 66 anni.
Rispettato da tutti, l’imam è stato uno dei fondatori della Piattaforma delle Confessioni Religiose della Repubblica Centrafricana (PCRC), che dal 2012 riunisce chiese cattoliche e protestanti, nonché la comunità musulmana da lui rappresentata. Il PCRC è stata un'importante organizzazione di mediazione nella guerra civile che ha sconvolto il Paese nel 2013. L'organizzazione ha anche ricevuto il Premio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 2015 in omaggio al suo lavoro per la pace.
“Abbiamo lottato insieme per preservare l’unità invitato al rispetto e alla stima dell’altro” - ricorda il Cardinale che ha definito l’imam scomparso “il mio fratello maggiore”.
Tra le recenti iniziative promosse dall’iman scomparso insieme agli altri leader religiosi ricordiamo la Partnership interconfessionale per il consolidamento della pace nella Repubblica Centrafricana (CIPP, vedi Fides 16/5/2016).), un progetto comune finanziato da un gruppo di ONG cristiane e islamiche per sostenere il processo di pacificazione nel Paese africano che sta compiendo importanti progressi per uscire dalla guerra civile, promosso dalla piattaforma interreligiosa per la pace del Centrafrica. (L.M.) (Fides 1/12/2020).
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ASIA/INDONESIA - I Vescovi indonesiani: urge sradicare il terrorismo e fare giustizia, per la prosperità dell'Indonesia
 
Jakarta (Agenzia Fides) - "Gli atti sanguinosi e violenti avvenuti a Poso sono al di là della nostra umanità e civiltà, sono totalmente contrari ai valori dell'umanità e agli insegnamenti religiosi". Con queste parole i Vescovi cattolici indonesiani stigmatizzano la recente strage di Sigi, nei pressi di Poso, dove quattro fedeli cristiani dell'Esercito della Salvezza sono stati uccisi da un commando terrorista del Mujahidin Indonesia Timur (MIT).
In un messaggio inviato all'Agenzia Fides, e pubblicato ieri, 30 novembre, i Vescovi e tutti i fedeli cattolici dell'arcipelago "esprimono profondo cordoglio alle famiglia delle vittime" e "condannano fermamente la brutalità avvenuta a Sigi che ha causato la morte di 4 persone la distruzione di diverse case e di un'aula liturgica".
Nel testo, firmato da Mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, Arcivescovo di Jakarta e Presidente della Conferenza Episcopale cattolica, i Vescovi ribadiscono di "sostenere fermamente il governo locale e federale, per affrontare con misure adeguate la lotta al terrorismo, fare giustizia e garantire la sicurezza sociale dei cittadini".
L'Episcopato indonesiano chiede con fermezza che sia "debellato il gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur fino alle sue radici in tutta la nazione", per garantire giustizia e preservare l'unità e la prosperità dell'Indonesia, in tute le sue pluralistiche componenti religiose.
La Chiesa cattolica in Indonesia, nel confermare il pieno sostegno alle istituzioni e alle forze dell'ordine, nella lotta al terrorismo e ogni forma di violenza e odio religioso, "incoraggia vivamente tutte le parti sociali a intessere buoni rapporti interreligiosi e a coltivare il dialogo, la convivenza e l'armonia", tratti tipici della cultura del popolo indonesiano, nel rispetto del motto nazionale "unità nella diversità".
La comunità cattolica in tutta l'Indonesia assicura preghiera e profonda solidarietà alle comunità colpite dal terrorismo e, nel tempo di Avvento, intensifica la preghiera per la pace a Cristo Gesù, principe della pace.
(PA) (Agenzia Fides 1/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Strage di Sulawesi, i cattolici: "No" al terrorismo e all'odio religioso
 
Poso (Agenzia Fides) - "Bisogna salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. Condanniamo ogni atto di terrore e fondamentalismo religioso, corruzione e distruzione dell'ambiente": è quanto affermano le organizzazioni cattoliche indonesiane all'indomani della strage di Poso, sull'isola indonesiana di Sulawesi, dove il 27 novembre sono stati uccisi quattro cristiani dell'Esercito della Salvezza, membri della medesima famiglia. Una vittima è stata giustiziata per decapitazione e le altre sono state uccise a colpi di arma da fuoco, poi i loro corpi sono stati dati alle fiamme. I quattro contadini cristiani sono stati avvicinati da un commando del gruppo terroristico Mujahidin Indonesia Timur (Mujahidin dell'Indonesia orientale, MIT). Il leader del gruppo terroristico Ali Kaliora ha ordinato alle quattro vittime di inginocchiarsi: improvvisamente le hanno giustiziate e poi hanno bruciato i loro corpi insieme a una chiesa e a diverse altre case.
L'Organizzazione delle Donne cattoliche Indonesiane (WKRI), l'Associazione degli Intellettuali Cattolici (ISKA) e l'organizzazione della Gioventù cattolica hanno espresso sgomento e preoccupazione per l'incidente, chiedendo alle istituzioni di intervenire con prontezza per salvare la nazione da pericolosi atti di terrore. I gruppi cattolici hanno condannato fermamente "gli atti brutali che colpiscono la vita umana e offuscano la coscienza della nazione", afferma una dichiarazione pervenuta all'Agenzia Fides.
"Chiediamo all'intera società indonesiana di avere il coraggio di fermare tali atti violenti e promuovere l'unità. Dobbiamo prendere parte attiva nello spezzare la catena della violenza e dell'intolleranza", ha asserito Karolin Margret Natasa, presidente della Gioventù cattolica.
L'attacco terroristico a Sulawesi ha scosso la nazione, provocando nella società civile un'ampia reazione di organizzazioni religiose di diverse fedi e una ferma condanna da parte dei leader politici. Il presidente dell'Indonesia, Joko Widodo, ha inviato un messaggio alla nazione ammonendo: "Non esiste alcun posto nel suolo indonesiano per atti terroristici". Il presidente ha annunciato di aver dato ordine diretto alle forze di polizia di effettuare un'operazione di caccia all'uomo per rintracciare gli autori della strage . "Questi brutali atti di terrore sono al di là della nostra umanità e civiltà", ha detto il presidente, annunciando aiuti finanziari alla famiglia delle vittime. Tali atti "intendono provocare terrore e distruggere l'unità nazionale. Ecco perché auspichiamo di restare uniti come nazione per smantellare questi gruppi terroristici".
Poso, nella provincia delle Sulawesi centrali, ha assistito a molte sanguinose violenze inter comunitarie tra il 1999 e il 2001, tra cristiani protestanti e gruppi radicali musulmani. Il conflitto si è ampliato quando ex combattenti jihadisti indonesiani delle Filippine e dell'Iraq si sono uniti ai musulmani locali per fare la guerra contro i cristiani. A dicembre 2001, una tregua è stata firmata dalle parti in guerra attraverso l'Accordo di pace di Malino.
Gli attentati terroristici sono continuati fino ad oggi, poiché alcuni ex combattenti riunitisi nel gruppo Mujahidin Indonesia Timur sono ancora in azione . Nel 2016 è stata creata nelle forse dell'ordine la "Tinombala Task Force", che ha dato la caccia ai jihadisti uccidendone il leader Santoso, detto Abu Wardah. Gli è succeduto al vertice dell'organizzazione Ali Kaliora che continua a promuovere atti di terrore come quello recente di Poso.
(MH-PA) (Agenzia Fides 1/12/2020)
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ASIA/TURCHIA - Patriarca Bartolomeo: l’unità dei cristiani non è “utopia ecumenicista”, ma volontà di Cristo stesso
 
Istanbul (Agenzia Fides) – Il cammino verso la piena unità dei cristiani non si è fermato, e può proseguire con tenacia, realismo e “piena fiducia nella provvidenza”, proprio perché non si fonda su una sterile “utopia ecumenicista” e non esprime alcun “minimalismo teologico”, ma rappresenta “il volere di Nostro Signore”. E’ un messaggio realista e pieno di fiducia sulla testimonianza che i cristiani uniti possono dare nel tempo presente quello espresso dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in occasione della festa patronale dell’apostolo Andrea, celebrata ieri, 30 novembre, nella sede patriarcale del Fanar. Nel suo intervento, pronunciato alla fine della divina liturgia, il Patriarca ecumenico ha rivolto parole di ringraziamento per la delegazione vaticana guidata dal Cardinale Kurt Koch (Prefetto del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani), giunta a a Istanbul per prendere parte alle celebrazioni patronali in onore di Sant’Andrea, nonostante le difficoltà di spostamento dovute alla pandemia. Il Patriarca ha sottolineato che proprio nel 2020 cadono i quarant’anni dall’inizio del dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, inaugurato nel 1980 con l’incontro a Patmos e Rodi, avendo fin dall’inizio come scopo dichiarato “il ristabilimento della piena comunione”, basata “sull’unità di fede secondo l’esperienza comune e la tradizione della Chiesa primitiva”, che “troverà la sua piena espressione nella comune celebrazione dell’Eucaristia”.
L’unità dei cristiani – ha proseguito il Patriarca nel suo intervento – è chiamata anche in questo tempo a diventare dono fecondo per tutto il genere umano, offrendo solidarietà a tutti anche nell’affronto delle emergenze sociali e morali che assediano il mondo. Secondo il Patriarca,il degradare del pluralismo in nichilismo e indifferentismo, che minaccia la tenuta delle società, “non può portare e alla rottura dell'identità e della dimensione cristiana nella vita ecclesiale”. Non è possibile per la Chiesa di Cristo “adattare i principi morali e antropologici divini delle ‘scelte alternative’ della moderna civiltà secolarizzata”. La vita della Chiesa stessa, SECONDO IL Patriarca Bartolomeo, “ è una risposta indistruttibile alle domande dell'antropologia e della morale”. E il crescere di differenze nel terreno dell’antropologia e della morale “rende difficile il progresso dei dialoghi tra cristiani”. Per questo, secondo il Patriarca, in questa fase storica “la formulazione di un'antropologia cristiana comunemente accettata e il rispetto pratico dei suoi principi saranno un importante sostegno al corso delle relazioni tra le nostre Chiese”. A questo riguardo, il Patriarca Bartolomeo, nel suo intervento, ha confermato in più passaggi la fraterna sintonia con cui condivide le premure pastorali di Papa Francesco, citando esplicitamente la recente Enciclica papale “Fratelli Tutti”: "Sosteniamo l'iniziativa” ha detto il Patriarca ecumenico “che promuove la pace e il cambiamento. Esprimiamo il messaggio filantropico della Chiesa promuovendo la fratellanza e la solidarietà, la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani. Siamo coinvolti nello sforzo di affrontare le cause e le conseguenze della grande crisi contemporanea dei rifugiati e dell'immigrazione. Siamo sconvolti dai tragici episodi di violenza in nome di Dio e della religione. Ciò rivela ancora una volta il valore del dialogo interreligioso, della pace e della cooperazione tra religioni”.
Alla liturgia in onore dell’Apostolo Andrea ha preso parte anche una delegazione proveniente dall’Ucraina, guidata dal Primo Ministro Denys Shmyhal. Salutando la delegazione ucraina, il Patriarca Bartolomeo ha confermato l’intenzione di visitare l’Ucraina nel 2021, nel trentennale dell’indipendenza del Paese. (GV) (Agenzia Fides 1/12/2020).
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AMERICA/HAITI - Tre giorni di preghiera e digiuno in tutte le diocesi: “Diamo una possibilità ad Haiti!”
 
Port au Prince (Agenzia Fides) – "Preghiera, digiuno e intercessione per la conversione e per la liberazione del paese" è quanto chiedono i Vescovi di Haiti ai fedeli, dal 5 al 7 dicembre, nelle parrocchie delle dieci diocesi del paese. In un messaggio a conclusione dell’Assemblea plenaria e in vista del Natale, con il titolo: "Non lasciatevi rubare la vostra speranza" (Papa Francesco), la Conferenza Episcopale di Haiti ha espresso preoccupazione sulla realtà di violenza e ha denunciato situazioni che devono cambiare.
"Oggi la nostra cara Haiti ha più che mai bisogno di salvezza, redenzione, pace, trasformazione profonda: trasformazione delle mentalità, delle strutture, del modo di governare e di fare politica. Da luglio 2018 non abbiamo mai smesso di chiedere ai protagonisti di tutti i settori della vita nazionale di unirsi. Durante questo anno 2020 abbiamo anche denunciato gli abusi dell'Esecutivo che, attraverso alcuni decreti, destano crescente preoccupazione" (vedi Fides 7/7/2020).
Il testo continua: "Siamo profondamente colpiti ed esprimiamo il nostro dolore e sgomento per il peggioramento della situazione nel paese, che sta sprofondando sempre più nella violenza, nella miseria e nell'insalubrità. Oggi assistiamo ad un avvelenamento della vita sociale a causa di una proliferazione di atti di rapimento, banditismo, stupro, omicidio e barbarie che seminano terrore, morte e lutto, inducendo le persone ad abbandonare le loro case”.
“Piangiamo e ripetiamo con tutte le nostre forze, con tutto il popolo haitiano esasperato ed esausto: No al caos! No alla violenza, no all'insicurezza, no alla miseria, ne abbiamo abbastanza! Il popolo haitiano è stufo! Quando è troppo è troppo! Quanto a voi che commettete tali atti, come a coloro che vi sostengono, chiediamo, in nome del Dio della vita: fermatevi! Le vostre azioni sono condannate da tutto il popolo haitiano, non vi porteranno da nessuna parte" si legge nel messaggio della CEH.
I Vescovi propongono una soluzione a tale grave situazione: "Abbiamo bisogno di un accordo nazionale interhaitiano per ricostruire la nazione. Dobbiamo trovare insieme la formula per tesserlo. Incoraggiamo le iniziative nazionali che vogliono unire le forze del Paese al fine di raggiungere un consenso per rimettere in piedi le istituzioni e ripristinare la fiducia del popolo…Perché la soluzione è nella speranza che attiva il consenso per un'amicizia sociale e una nuova cultura" affermano i Vescovi nel documento.
"Il paese non cambierà finché la mente e il cuore non cambieranno": ecco perché invitano ai tre giorni di preghiera e digiuno. Alla fine lanciano un appello: "Il Natale è la festa dell'Amore, la festa della Fraternità, la festa della Pace. Questa pace, cerchiamola insieme. Diamo una possibilità ad Haiti! Risparmiamo ulteriore sofferenza all'amato popolo haitiano. Bandite la violenza per sempre! Mettiamo definitivamente fine all'insicurezza e all'impunità!"
(CE) (Agenzia Fides 01/12/2020)
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AMERICA/ARGENTINA - La Caritas: no alla legge sull’aborto, proteggiamo la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili
 
Buenos Aires (Agenzia Fides) - "La pandemia che ancora soffriamo ha dato la priorità all'assistenza sanitaria di tutti gli abitanti dell'Argentina, come in ogni paese. La Caritas ha raddoppiato i suoi sforzi per soddisfare i bisogni fondamentali dei nostri fratelli. Ci ha sorpreso e ha causato grande dolore il fatto che ora siamo alle porte della discussione di una legge per legalizzare l'aborto, un disegno di legge che due anni fa non è stato approvato”. Lo afferma Mons. Carlos Tissera, Vescovo di Quilmes, Presidente di Caritas Argentina, in una nota pervenuta a Fides in cui esprime il rifiuto del progetto di legalizzazione dell'aborto e invita gli argentini a "proteggere la vita, in particolare dei più fragili e vulnerabili, fin dal loro concepimento".
Mons. Tissera prosegue: “La nostra missione come Caritas è quella di accogliere la vita come viene e di accompagnare le famiglie, aiutando le madri, i padri e i figli nelle loro necessità e proteggerli nelle loro fragilità, non solo cercando di includerli nella vita sociale, ma promuovendoli per integrarli, in modo che non siano solo beneficiari di programmi sociali, ma siano protagonisti di un progetto di paese per tutti gli argentini".
La Caritas accompagna le madri che affrontano gravidanze indesiderate, qualunque strada abbiano percorso, prosegue la nota. È difficile capire come i legislatori possano votare una legge con cui lo Stato toglie il principale diritto umano della vita ad alcune persone, che sono anche indifese. “Legalizzare l'aborto sarebbe una brutale battuta d'arresto come società umana, assimilabile all'eliminazione di altre vite nate e che a causa del loro status di povertà possono infastidire in modo particolare alcuni”.
“Se ci causa dolore una possibile legge sull'aborto - conclude mons. Tissera -, lo stesso dolore ci provoca vedere cristiani che difendono la vita non ancora nata e dimenticano la vita già nata; disonorando la dignità dei poveri sostenendo leggi di spogliamento dei diritti acquisiti; o coloro che lottano rumorosamente contro l'aborto e non muovono un dito per stare accanto alle madri che vivono la gravidanza in situazioni di povertà, scarto o sfruttamento".
Attraverso una recente lettera a Papa Francesco, un gruppo di donne dei villaggi e dei quartieri popolari ha espresso il suo sentimento: "ci sentiamo preda di una situazione in cui la nostra famiglia, le nostre figlie adolescenti e le generazioni future, stanno crescendo con l'idea che le nostre vite sono indesiderate e che non abbiano il diritto di avere figli perché sono povere". Di fronte all'imminente dibattito sull'aborto, Caritas Argentina vuole amplificare queste voci, come una delle istituzioni che lavorano quotidianamente per trasformare la vita delle famiglie e delle comunità vulnerabili in ogni angolo del paese. (SL) (Agenzia Fides 1/12/2020)

mercoledì 11 novembre 2020

Agenzia Fides 11 novembre 2020

 

VATICANO - Famiglia: Chiesa domestica, Chiesa missionaria
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – E’ dedicato alla famiglia cristiana oggi nel mondo l’ultimo numero del Bollettino della Pontificia Opera della Santa Infanzia (POSI) appena pubblicato. Citando vari documenti del magistero della Chiesa al riguardo, Suor Roberta Tremarelli, Segretaria Generale della POSI, rileva nell’editoriale: ”Anche oggi molte famiglie vivono nell’amore, nella fede e realizzano la propria vocazione di chiesa domestica, di chiesa missionaria, e di questo ringraziamo il Signore e lo Spirito Santo che continuamente aiuta e sostiene le famiglie nel ‘trovare nuove risorse e inventare nuovi metodi’.”
P. Dieu Béni Nicaise Yassigao, di Bangui (Repubblica Centroafricana) propone una riflessione su Gesù ragazzo e la sua esperienza nella famiglia umana: “Gesù bambino, il Figlio di Dio incarnato, ha avuto bisogno di un ambiente favorevole per sviluppare pienamente la sua missione sulla terra. Come ogni altro bambino la cui crescita richiede un ambiente familiare (per alcuni può essere la famiglia naturale, per altri un collegio, un orfanotrofio o altre strutture familiari), Egli aveva trovato nella casa di Nazareth un focolare favorevole per il suo pieno sviluppo”.
L’articolo centrale, dedicato alla “Formazione della fede dei bambini nelle famiglie cattoliche”, è di P. Linson K. Aradan, della diocesi indiana di Quilon. “In Asia, la famiglia occupa un posto centrale nella rete di relazioni e i bambini nella loro prima infanzia imparano il valore della famiglia e delle strutture familiari. Le esigenze dei bambini sono soddisfatte nella famiglia che fornisce loro sicurezza e senso di appartenenza. Imparano nella famiglia i valori dell'unità, della fratellanza, della cooperazione, della collaborazione e della simpatia.1 In famiglia, anche se i membri sono strettamente legati l'uno all'altro dal rapporto di sangue, lo sono ancor più profondamente per l'amore e la preoccupazione l'uno per l'altro”.
Anche questo numero del Bollettino riserva ampio spazio alle esperienze di impegno missionario dei ragazzi che non si arresta, ma assume forme e modalità diverse, durante la pandemia di Covid-19. Dalle Direzioni nazionali di Filippine, Libano, Messico, Kenya, Colombia, Malawi, Zambia, Angola vengono quindi le notizie su come i piccoli missionari mettano a frutto anche il tempo del confinamento continuando ad essere attivi e solidali. Viene quindi descritta la diffusione dell’Infanzia Missionaria nella parrocchia di sant’Ildefonso, diocesi di Lwena, in Angola, e altre notizie dalla diocesi di Pangkalpinang, in Indonesia, e delle attività in Benin e in Burkina Faso.
Dopo aver ripercorso la storia delle Pontificie Opere Missionarie in Guatemala, dalla fondazione nel 1973 fino ai giorni nostri, il Bollettino presenta alcuni progetti sostenuti dalla POSI: l’aiuto ai bambini con disabilità a Shimoga, in India; il sostegno ai bambini e alle loro famiglie nella diocesi di Paramaribo, in Suriname; l’organizzazione della pastorale dei bambini e dei giovani nella diocesi di Tshumbe, nella RDC Congo; la scuola materna per bambini diversamente abili nel nord-est del Kenya. Infine all’attenzione dei lettori viene proposta una pubblicazione realizzata dalle POM dell’Argentina che riunisce testi, racconti, riflessioni, giochi… sul tema della santità, con le testimonianze di bambini e adolescenti americani Santi ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa. (SL) (Agenzia Fides 11/11/2020)
LINK
Il Bollettino si può scaricare dal sito delle POM -> https://www.ppoomm.va
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AFRICA/CONGO RD - I Vescovi: “Il bene della popolazione deve essere al centro di ogni azione politica”
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – “Il benessere della popolazione deve prevalere su ogni altra considerazione politica. Nessun compromesso politico può essere al di sopra dell’esigenza, per il potere politico, di fare di tutto per assicurare il bene della popolazione”. È il cuore del messaggio che i Vescovi membri della Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO) hanno consegnato al Presidente Félix Tshisekedi nel loro incontro con il Capo dello Stato il 9 novembre 2020, in occasione delle consultazioni con gli esponenti politici, sociali e religiosi, al fine di trovare una soluzione alla crisi politica e istituzionale del Paese.
La coalizione governativa al potere dal gennaio 2019 comprendente esponenti legati al precedente Capo dello Stato, Joseph Kabila, è bloccata da spinte contrapposte dei suoi membri e sta frenando le ambizioni dichiarate di Tshisekedi di riformare un Paese segnato dalla corruzione e dalle violazioni dei diritti umani.
Per superare la crisi, il Presidente Tshisekedi il 23 ottobre ha promesso di avviare consultazioni con i leader politici e sociali per la creazione di un'unione della nazione. “Considerando che la salvezza del popolo è la legge suprema, ho deciso di avviare dalla prossima settimana una serie di contatti volti a consultare i leader politici e sociali più rappresentativi al fine di raccogliere le loro opinioni in merito creare un'unione sacra della nazione attorno agli obiettivi suddetti” aveva annunciato Tshisekedi, in un messaggio al popolo congolese.
Nel loro messaggio i Vescovi suggeriscono di affrontare la questione dal lato politico e da quello elettorale. Nel primo caso suggeriscono un chiarimento tra le componenti della coalizione governativa. “Una cosa ci appare certa” affermano. “La dinamica attuale della coalizione non permette la ricostruzione del Paese. Occorre una soluzione politica che rispetti il popolo congolese”.
Per quanto riguarda il percorso elettorale, la CENCO propone una riforma dell'apparato elettorale, insistendo soprattutto sulla "depoliticizzazione e rafforzamento dell'indipendenza dei membri della carica della Commissione Elettorale Indipendente (CENI)" e raccomanda "realistiche riforme consensuali della legge elettorale”.
La CENCO conclude riaffermando la sua disponibilità ad apportare il suo contributo ad ogni iniziativa che il Presidente prenderà per il bene della nazione. (L.M.) (Agenzia Fides 11/11/2020)
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AFRICA/TANZANIA - I missionari: riconoscenza ma anche timore verso il Presidente rieletto la scorsa settimana
 
Dar es Salaam (Agenzia Fides) - Riconoscenza, ma anche timore. Sono le reazioni dei missionari quando parlano del nuovo presidente tanzaniano John Magufuli, entrato in carica per un secondo mandato la scorsa settimana. «Nel primo mandato - spiegano a Fides alcuni missionari che chiedono l’anonimato -, il presidente si è distinto per il suo impegno nel realizzare le infrastrutture. Grazie all’aiuto della Cina, storico alleato della Tanzania, sono state costruiti strade, ferrovie. I collegamenti interni e internazionali sono migliorati. Non c’è paragone nei confronti del passato».
Magufuli si è impegnato molto anche sul fronte dell’educazione. «Su questo punto – continuano i missionari – non possiamo che lodare l’impegno del governo. Ha riorganizzato il corpo docente scegliendo gli insegnanti più qualificati e offrendo formazione a quelli meno preparati. Ha inoltre insistito affinché tutti i ragazzi avessero almeno un’istruzione di base. L’azione è stata capillare e ha interessato tutto il territorio. È un passo avanti importantissimo»
Un altro elemento giudicato positivamente è la lotta serrata alla corruzione. «Magufuli - continuano - è stato implacabile con i corrotti e con i concussi. Ha varato politiche severe che hanno ridotto drasticamente il fenomeno in tutto il Paese e a tutti i livelli». Questi investimenti hanno favorito l’espandersi dell’economia. Una crescita che è continuata anche nel 2020, nonostante l’epidemia di coronavirus. Il bilancio statale per l’anno fiscale 2020-21 prevede infatti una crescita del 5,5%, sebbene la Banca Mondiale ritenga che, pur essendo positiva, si attesterà intorno al 2,5%.
Sull’azione di governo di Magufuli si allungano, però, ombre non rassicuranti. «Ciò che ci spaventa – continuano i missionari – è lo stile con il quale agisce il presidente. Uno stile duro, deciso, a tratti dittatoriale». Secondo Freedom House, organizzazione che monitora il rispetto dei diritti umani e dei valori democratici nel mondo, «negli ultimi anni le autorità hanno intensificato gli sforzi per limitare i partiti di opposizione. Nel 2016, il governo ha vietato tutte le dimostrazioni e le manifestazioni politiche al di fuori del periodo elettorale, riducendo drasticamente la capacità dei partiti di mobilitare il sostegno pubblico. Nel gennaio 2019, il Chama Cha Mapinduzi [Ccm, partito al potere da 50 anni, ndr] ha utilizzato la sua maggioranza parlamentare per approvare emendamenti alla legge sui partiti politici che hanno ulteriormente eroso i diritti dei gruppi di opposizione».
Il governo ha arrestato diverse figure di alto profilo dell'opposizione nel 2019 e nel 2020, continuando una campagna di repressione. «Chiunque critichi il presidente - osservano i missionari – rischia di essere fermato dalla polizia e di finire in carcere. Durante le elezioni sono spariti politici dell’opposizione, giornalisti, membri delle organizzazioni non governative. I principi democratici sono in forse. Lo stesso presidente ha sta cercando di superare il limite dei due mandati per potersi candidare per la terza volta».
Oltre alla repressione preoccupa anche il carattere paternalistico del governo. «Nel Paese – concludono i missionari – non si parla né dell’emergenza Covid-19 né delle minacce dei jihadisti nei distretti meridionali. Il presidente assicura che stanno affrontando questi pericoli, ma non esiste alcun dibattito nazionale su di essi. I tanzaniani sono costretti a fidarsi e molti lo fanno. Affidandosi completamente a Magufuli e alle sue politiche». (E:C.) (Agenzia Fides 11/11/2020)

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AFRICA/EGITTO - Il Ministro (musulmano) delle dotazioni religiose: proteggere insieme da ogni attacco chiese e moschee
 
Il Cairo (Agenzia Fides) – Non c’è nessuna differenza tra chi muore per proteggere dagli attacchi una chiesa e chi condivide la stessa sorte per proteggere una moschea. Lo ha ripetuto con tono determinato il dottor Mohammed Mukhtar Juma, Ministro egiziano delle dotazioni religiose, durante il forum di iniziativa per la convivenza e il rispetto reciproco promossa al Cairo dalla Fondazione culturale Dar al Hilal. La tavola rotonda ha visto la partecipazione di membri del governo, intellettuali e rappresentanti di comunità ecclesiali e religiose. Durante il suo intervento, il Ministro Mukhtar Juma ha esposto argomenti volti ad attestare che l’Egitto, sotto la presidenza di Abdel Fattah al Sisi, sta diventando “un modello di coesistenza religiosa”, in grado di cancellare progressivamente ogni discriminazione di matrice settaria e affermare la piena uguaglianza tra i cittadini appartenenti a diversa comunità di fede. Il Ministro ha anche ribadito che le diverse tradizioni religiose rappresentano in se stesse un fattore di liberazione e di guarigione da ogni fanatismo, mentre ogni forma di violenza e intolleranza esercitata chiamando in causa parole e contenuti religiosi rappresenta in realtà una mistificazione e un rinnegamento delle identità e degli accenti spirituali di misericordia custoditi e spesso condivisi dalle diverse tradizioni religiose. “Abbiamo il dovere di proteggere insieme le nostre moschee e le nostre chiese” ha aggiunto il ministro, “perché in questo modo proteggiamo la nostra Patria”. (GV) (Agenzia Fides 11/11/2020)
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ASIA/INDONESIA - Organizzazioni cattoliche: giustizia per i catechisti uccisi in Papua
 
Jayapura (Agenzia Fides) - “Si fermino immediatamente le violazioni dei diritti umani in Papua, in particolare da parte dei membri delle forze di sicurezza indonesiane, e sia condotta senza indugio un'indagine indipendente e credibile sui casi dell’omicidio del catechista cattolico Rufinus Tigau e di Meinus Bagubau, coinvolgendo la Commissione nazionale per i diritti umani e i leader della Chiesa per portare i responsabili davanti alla giustizia”. Lo chiedono in un documento pervenuto all’Agenzia Fides, quattro organizzazioni della Chiesa cattolica nella Papua indonesiana: la Commissione “Giustizia e pace” della diocesi di Timika (SKP Timika); la Commissione “Giustizia e pace” dell’arcidiocesi di Merauke (SKP Kame); la Commissione “Giustizia e pace e salvaguardia del Creato” dei Francescani in Papua (SKPKC Fransiskan Papua); la Commissione “Giustizia e pace e salvaguardia del Creato” degli Agostiniani, nel Vicariato Cristus Totus in Papua (SKPKC OSA Papua); accanto a loro, inoltre, si è schierata e ha offerto il suo contributo l’Ong internazionale, accreditata all’Onu, “Franciscans International” (FI).
Si tratta di un rapporto molto dettagliato e documentato, frutto del lavoro di ricerca delle organizzazioni cattoliche, su un caso di omicidio avvenuto nella regione più orientale dell’Indonesia e sul caso del ferimento di un minorenne, avvenuto lo stesso giorno. Come riferito all'Agenzia Fides, la vicenda è ancora in attesa di un epilogo che renda giustizia alle vittime e alle famiglie. Nel rapporto “Extrajudicial killing of Mr Rufinus Tigau” si ricostruiscono i due casi di Rufinus Tigau e Meinus Bagubau, avvenuti il 26 ottobre 2020. Rufinus Tigau (28 anni), nativo papuano e catechista cattolico della diocesi di Timika (nella provincia di Papua), è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco da membri di un'operazione congiunta di esercito e polizia indonesiani a Kampung Jibaguge (nel distretto Sugapa, della Reggenza Intan Jaya a Papua). Anche Meinus Bagubau (12 anni), è stato colpito da colpi d'arma da fuoco e ha riportato diverse ferite nella stessa giornata.
Il rapporto ricostruisce le fasi dell’incidente del 26 ottobre di cui viene fornito un ampio background: “Dal dicembre 2019, nell'area di Intan Jaya Regency, si è svolta un'operazione congiunta tra esercito indonesiano (Tni) e polizia (Polri), nell'ambito degli sforzi per combattere un movimento indipendentista papuano denominato Tentara Pembebasan Nasional Papua Barat (Esercito di liberazione nazionale della Papua occidentale – TPN-PB). Vi sono stati diversi scambi di colpi di arma da fuoco – spiega il dossier – che hanno provocato vittime da entrambe le parti, così come nei civili che vivono nella zona”.
Già dopo l'uccisione del presbitero protestante Yeremia Zarambani, il 19 settembre 2020, spiega ancora il rapporto, “la Commissione nazionale indonesiana per i diritti umani (Komnas Ham) aveva rilasciato una dichiarazione pubblica sulle violenze nella Reggenza di Intan Jaya”, documentando almeno 18 casi di violenza che hanno coinvolto vittime civili e personale di sicurezza. Inoltre il rapporto ricorda che, oltre a episodi largamente noti, “quest'anno si sono verificati anche diversi incidenti nell'area delle attività minerarie di PT Freeport Indonesia”, in particolare nella miniera di Grasberg, nella regione di Timika, in Papua, e che “in due occasioni, i papuani indigeni sono stati erroneamente identificati come membri del TPN-PB e fucilati da membri delle forze militari e di sicurezza indonesiane” mentre la guerriglia ha giustiziato un lavoratore.
Si arriva così a ricostruire il tragico caso del 26 ottobre quando Rufinus Tigau si avvicina alle forze di sicurezza che hanno circondato la zona dove abita, e continuano a sparare. Rufinus vuole solo spiegazioni e cercare un gesto di conciliazione. Nota il rapporto: “Tigau si è avvicinato ai membri della sicurezza e ha detto: 'Per favore, smettete di sparare. Dobbiamo parlare con calma. Qual è il problema?' Un membro dell'operativo ha puntato una pistola contro di lui che ha immediatamente alzato le mani, in segno di sottomissione. Tuttavia, è stato ucciso sul posto”, a sangue freddo.
Nelle sparatorie che intanto vanno avanti, viene colpito anche Meinus. L’esercito nega l’incidente accusando Tigau di essere un membro del Gruppo armato separatista criminale (Kelompok Kriminal Separatis Bersenjata - Kksb), termine usato per indicare appartenerti al TPN-PB. “Tuttavia – scrive ancora il dossier – l'affermazione secondo cui Tigau era un membro del TPN-PB è stata respinta da padre Martin Kuayo, Amministratore della diocesi cattolica di Timika, Papua, che ha confermato che Rufinus Tigaus era un pacifico catechista della diocesi stessa”.
Le organizzazioni cattoliche denunciano un secondo omicidio avvenuto nei giorni precedenti: quello di Agustinus Duwitau, catechista cattolico nel villaggio di Emondi, distretto di Sugapa, fucilato il 7 ottobre 2020 mentre stava tornando o casa. Anch'egli, secondo fonti locali, sarebbe stato freddato perché sospettato di essere membro del TPN-PB.
La Intan Jaya Regency è la regione in cui si trova il Wabu Block, parte della concessione mineraria a Papua tra il governo indonesiano e l’azienda PT Freeport (che poi diventa PT Freeport Indonesia, poiché il governo indonesiano ha aumentato le proprie quote nella società). Nel luglio 2015, c'è stato un accordo tra il governo indonesiano e PT Freeport Indonesia per restituire il blocco Wabu – ricco di oro – al governo. Le organizzazioni per i diritti umani e le Chiese hanno più volte allertato il governo sulle violazioni dei diritti umani a Intan Jaya Regency. Diversi anni fa, il piano per estrarre le riserve auree della zona è stato rifiutato dagli abitanti che vivono nell'area per timore di gravi danni ambientali per le comunità indigene che vi risiedono.
La Papua (o Irian Jaya) è la provincia indonesiana che occupa la parte occidentale dell'isola della Nuova Guinea. Da decenni la popolazione locale lamenta discriminazione e abusi condotti dalle autorità e dalle forze di polizia indonesiane. La provincia, antica colonia olandese, è stata annessa dall’Indonesia nel 1969 in seguito a un controverso referendum. I papuani indigeni costituiscono circa la metà della popolazione, che rivendica un’indipendenza politica e chiede da anni un nuovo referendum, anche se nel 2002 il governo di Giacarta ha concesso alla regione un'autonomia speciale.
(MG-PA) (Agenzia Fides 11/11/2020)
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ASIA/COREA DEL SUD - La fede nella pandemia: confessionali anti-Covid nella Cattedrale cattolica di Seoul
 
Seoul (Agenzia Fides) - Il Covid-19 non deve avere l'effetto di privare i fedeli dell'accesso ai Sacramenti: come appreso dall'Agenzia Fides, con questa convinzione la Cattedrale cattolica di Seoul ha attrezzato dei confessionali appositamente adattati per permettere di celebrare il Sacramento della Riconciliazione in massima sicurezza, nel rispetto delle misure anti-Covid, sia per il sacerdote che per il penitente.
Nel complesso della Cattedrale di Myeongdong, nel cuore di Seul, i confessionali erano stati chiusi a febbraio del 2020, a causa della pandemia poiché il virus si diffonde facilmente via aerosol in spazi chiusi. Come riferisce una nota inviata a Fides dall'Ufficio Comunicazioni dell' Arcidiocesi, la Chiesa di Seoul ha riorganizzato le procedure operative e le strutture relative alle confessioni, aderendo alle linee guida di sanità pubblica emanate per la prevenzione della diffusione del coronavirus, rispettando i protocolli igienico-sanitari.
Nel nuovo assetto, lo spazio per il sacerdote e quello per il penitente nel confessionale sono ora completamente separati, mentre un apposito sistema di ventilazione è stato installato per impedire la trasmissione del virus tramite vie aeree. Inoltre, in ogni cabina è stata installata una protezione in plexiglas come barriera fisica tra il sacerdote e il penitente, per evitare l'esposizione alle goccioline respiratorie. Infine, dopo la celebrazione del Sacramento, l'intera cabina viene sanificata prima che il penitente successivo proceda alla confessione.
P. Matthias Young-yup Hur, portavoce dell'Arcidiocesi di Seoul e vicepresidente della Commissione diocesana per le Comunicazioni, commenta nella nota inviata a Fides: “La nostra comunità di fede ha dovuto affrontare tempi molto difficili, dato il prolungarsi della crisi pandemica. La riapertura dei confessionali completamente attrezzati è parte dei nostri sforzi per fornire assistenza pastorale ai fedeli. Per trasformare la crisi in un'opportunità, speriamo vi saranno altre iniziative efficaci nel campo del ministero pastorale anche nell'era post-Covid".
Secondo la Chiesa locale, afferma il sacerdote, la riapertura dei confessionali rappresenta un deciso segno di speranza che permette di guardare oltre la crisi, offrendo ai battezzati un messaggio essenziale: curare la vita spirituale, coltivare il contatto diretto con Dio, alimentare la fede attraverso i Sacramenti, sono la via maestra per superare, con la grazia di Dio, le difficoltà e le prove dell'esistenza. (PA) (Agenzia Fides 11/11/2020)
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AMERICA/PERU’ - Destituito dal parlamento il Presidente Vizcarra, il paese è politicamente destabilizzato
 
Lima (Agenzia Fides) – L'Arcivescovo di Lima, Mons. Carlos Castillo, ha affermato che al Congresso è mancato “il senso della misura" quando ha rimosso il Presidente Vizcarra, ciò è "qualcosa di molto serio". Questo commento dell'Arcivescovo segue la notizia che lunedì sera, 9 novembre, il Congresso peruviano ha destituito il Presidente Martín Vizcarra dopo che l'intero Parlamento lo ha dichiarato "moralmente incapace" nel processo politico aperto contro di lui per corruzione, per presunte tangenti ricevute nel 2014 quando era governatore. Il Presidente del Parlamento, del partito di Azione Popolare (AP), Manuel Merino, oppositore di Vizcarra, ha prestato giuramento ieri, martedì 10, come nuovo Presidente del Perù dinanzi al Congresso peruviano con tutti i membri presenti.
Le dimissioni del popolare Presidente sono state approvate con 105 voti favorevoli, 19 contrari e 4 astensioni, superando di gran lunga gli 87 voti richiesti, al termine di una maratona plenaria durata quasi otto ore.
Vizcarra ha dichiarato alla stampa che lascia il potere "a testa alta" e ha escluso di intraprendere un'azione legale per opporsi alla decisione del Congresso. "Lascio il palazzo del governo come sono entrato due anni e otto mesi fa: a testa alta" ha detto Vizcarra, circondato dei suoi ministri, nel cortile della sede del governo, annunciando che sarebbe andato immediatamente nella sua residenza privata.
"Me ne vado con la coscienza pulita e il mio dovere adempiuto" ha aggiunto Vizcarra, che ha goduto di livelli record di popolarità nei suoi 32 mesi di governo, tanto che ci sono state subito reazioni da parte della popolazione, come marce e “cacerolazos” a suo sostegno, nella capitale Lima e in altre città.
Questo processo di impeachment è stato una sorta di "remake" - ma con una conclusione diversa - di un altro processo di impeachment nel quale Vizcarra era uscito vincitore, il 18 settembre scorso. Vizcarra ha avuto un destino simile a quello del suo predecessore, Pedro Pablo Kuczysnki (2016-2018), che non è stato in grado di portare a termine il suo mandato poiché costretto a dimettersi a causa delle pressioni del parlamento.
Nel suo discorso di chiusura del mandato, Vizcarra, che si è caratterizzato per la lotta alla corruzione durante tutto il suo incarico, ha sottolineato che ci sono 68 parlamentari con processi in corso, senza che per questo motivo siano stati licenziati.
Il commento generale che circola è che l'unico a perdere in questa vicenda è proprio il Paese, perché ci sarà solo un Perù destabilizzato politicamente con un nuovo Presidente che è praticamente sconosciuto.
(CE) (Agenzia Fides 11/11/2020)
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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

The Chosen ...é sufficiente per me...posso fare molto con questo ..

Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occ...